Tema n. 6 Atesimo e indifferenza religiosa XX secolo: il non credere

Tema n. 6
Atesimo e indifferenza religiosa
XX secolo: il non credere in un Dio trascendente è diventato un fenomeno di massa.
Varie forme di non-credenza: scientismo, umanesimo ateo, ateismo tragico, agnosticismo,
indifferenza religiosa, neo-paganesimo…
Radici dell’ateismo moderno:
1) La nascita della scienza moderna e la questione galileiana: «Dio ha scritto il gran libro
della natura in termini matematici». Se la verità scientifica diventa una verità assoluta
accanto a quella della Scrittura, la fede finisce per diventare un rifugio per gli ignoranti.
Errore degli apologeti cristiani dell’epoca moderna: porre incautamente i dati delle scienze
sperimentali come base della dimostrazione dell’esistenza di Dio, senza nessun riferimento
all’esperienza religiosa.
Evoluzionismo darwiniano: il caso prende il posto del Creatore e la selezione naturale
prende il posto della Provvidenza.
2) Umanesimo ateo. Ludwig Feuerbach (1804-1872): Dio è un’auto-rappresentazione
dell’uomo proiettata nell’aldilà. L’uomo aliena così la parte migliore di sé. Occorre
emanciparsi dall’idea di Dio per poter riacquistare la propria dignità.
Karl Marx (1818-1883) vede nella religione l’oppio dei popoli: conforta l’uomo oppresso
ma al tempo stesso annebbia la coscienza, impedisce di vedere e risolvere il problema. La
religione è vista quindi come uno strumento per tenere le folle nell’ignoranza e nella
sottomissione. La visione di Marx è materialista: considera l’uomo come il prodotto di
condizioni economiche.
Sono noti gli esiti di atesimo militante e di anticlericalismo violento sortiti da questa
ideologia. Con i regimi comunisti si impone l’ateismo di stato, che diventa quindi un
fenomeno di massa.
3) Ateismo tragico di Arthur Schopenhauer (1788-1860) e Giacomo Leopardi (1798-1837).
Il problema del male.
Risposte della Chiesa:
- Concilio Vaticano I: Condanna. Nella premessa alla Dei Filius il fenomeno dell’ateismo è
visto come il compimento dell’eresia (protestante: negazione del principio di autorità).
Ateismo come perversione morale più ancora che intellettuale.
- Concilio Vaticano II: l’ateismo è il non riconoscimento della massima dignità dell’uomo,
che è quella di essere chiamato alla comunione con Dio.
- Paolo VI, nell’enciclica Ecclesiam suam (agosto 1964), riconosce l’onestà di alcuni
atei e la responsabilità da parte dei cristiani (contro-testimonianza).
I nuovi atei:
Dopo il crollo dei regimi comunisti l’ateismo militante e politico si è fortemente ridotto. Ci
sono tuttavia ancora degli atei militanti di stampo scientista. Vedi i best-sellers di Richard
Dawkins (L’illusione di Dio) che ha epigoni in Italia in Piergiorgio Odifreddi e Margherita
Hack, del giornalista Christopher Hitchens (Dio non è grande) o del filosofo Michel Onfray
(Trattato di Ateologia).
Concetto di fede nei nuovi atei: un tentativo erroneo di arrivare a qualcosa che assomigli
alla conoscenza scientifica. Insomma, la fede deriverebbe da una serie di ipotesi per cui
mancano le dimostrazioni scientifiche.
Altri presupposti del nuovo ateismo: la lettura letterale della Bibbia; la fallacia genetica; la
teoria proiettiva; la convinzione che le scienze sperimentali potranno un giorno spiegare
tutto, eliminando così il bisogno di un Dio tappabuchi.
Ateismo adolescenziale: è una forma peculiare di non credenza alimentata dalla scuola:
sospetto e talvolta disprezzo nei confronti della Chiesa cattolica per gli “errori” del passato
(crociate, inquisizione, vendita delle indulgenze, ecc…) e per l’intransigenza di oggi. Le
incoerenze: la ricchezza eccessiva, lo scandalo dei preti pedofili o immorali. I cosiddetti
ritardi nei confronti della modernità: maschilismo, celibato dei preti, anti-abortismo, ecc...
Indifferenza religiosa: tipica del mondo occidentale contemporaneo, alimentata dal
consumismo. Un atteggiamento psicologico di disinteresse per Dio e per la fede, considerata
come qualcosa di superfluo, irrilevante o irreale.
Il percorso inizia con l’allontanamento dalla pratica religiosa e mano coinvolge i contenuti
della fede: Dio, Gesù Cristo, la morale, la preghiera, l’appartenenza alla comunità cristiana.
Soggettivismo: la salvezza e libertà non sono più inserite in un quadro generale (Dio nella
cultura cristiana; le grandi ideologie del Novecento). Tutto ha un valore se ha senso per me,
nell’attimo presente. Crisi di responsabilità. Enfasi sull’emozione.
Fides et ratio: L’enciclica di Giovanni Paolo II richiama a fare il passaggio dal fenomeno
al fondamento, dalla molteplicità delle esperienze alla verità ultima che non cambia. È
questa la grande sfida culturale del nostro tempo.
I nuovi pagani: Salvatore Natoli nel saggio I nuovi pagani descrive una visione del mondo
che considera il finito come sufficiente a se stesso. Per il cristianesimo la finitudine
dell’uomo è creaturale. Senza Dio non ci sarebbe nulla. Per il neopaganesimo la misura del
finito è unicamente la morte. Siamo finiti semplicemente perché siamo mortali. Carpe diem:
cerchiamo di godere di quella gioia che l’attimo ci offre e di soffrire il meno possibile.
La salvezza non viene da fuori, o dall’alto, ma da se stessi. L’uomo di oggi vuol vivere la
sua vita, stare con la gente e stare bene, tutto qui. Il senso della vita è «saper stare al
mondo».
Per Natoli e altri filosofi affascinati dalla grecità, quest’idea dell’umanità è capace di
rendere migliore, più gradevole, più abitabile la nostra terra.
I “nuovi” cristiani: Col declino del senso di appartenenza alla Chiesa emergono nuove
figure chiave. Diminuiscono i tradizionali praticanti, crescono i pellegrini e i convertiti.
Danielle Hervieu-Léger, Il pellegrino e il convertito.
Il pellegrino ricerca luoghi dello spirito (santuari, monasteri, eremi) e figure carismatiche
che garantiscano un’esperienza di fede più intensa e coinvolgente. Il rischio è quello di
cadere in una religiosità infantile, egocentrica. È essenziale che anche il pellegrino coltivi, al
di là degli eventi eccezionali, la propria vita di fede nella quotidianità.
Il convertito è tornato alla vita di fede dopo un periodo più o meno lungo di distanza, spesso
grazie all’ingresso in un movimento e gruppo che garantisca un senso di appartenenza più
forte rispetto al tessuto comunitario blando della parrocchia. Il rischio è quello del
fondamentalismo che impedisce di vedere quei germi di bene che c’erano già nell’esistenza
prima della conversione.
Tema n. 7
Teologia delle religioni
I punti di vista nella teologia cristiana delle religioni sono essenzialmente tre: esclusivista,
inclusivista e pluralista.
1) Esclusivismo: il cristianesimo è l’unica via di salvezza. Le religioni sono tentativi
illusori e fallimentari di giungere a Dio. «Cristo contro le religioni»
2) Inclusivismo: le religioni hanno un ruolo salvifico nella misura in cui sono orientate a
Cristo. Cristo purifica le religioni e le porta a realizzare il loro scopo. «Cristo nelle
religioni».
3) Pluralismo: sostiene che tutte le religioni sono vie di salvezza equivalenti. Una versione
cristocentrica di questo modello tende a trasferire la categoria di «Cristo» anche ad altri
fondatori di religioni. «Cristo con le altre religioni».
La posizione ufficiale della Chiesa cattolica è quella inclusivista. L’esclusivismo, infatti, è
difficilmente conciliabile con le recenti aperture alla possibilità di un valore salvifico delle
religioni non cristiane (cf, in particolare, l’enciclica di Giovanni Paolo II Redemptoris
missio 28). La visione pluralista è stata definita «contraria alla fede della Chiesa» dalla
Congregazione per la Dottrina della Fede nella dichiarazione Dominus Iesus (n. 6)
Questioni scelte:
Esclusivismo: Extra Ecclesiam nulla salus
Nel saggio «Nessuna salvezza fuori della Chiesa?» (1971) il teologo J. Ratzinger mostra
come questo detto fosse usato dai Padri in riferimento a chi voleva dividere la Chiesa, non a
chi senza sua colpa non ha conosciuto Cristo. Ci dev’essere un elemento di colpevolezza.
In questa linea la condanna delle affermazioni:
- «Al di fuori della Chiesa non è concessa nessuna grazia» (Clemente XI, Unigenitus Filius,
DH 2429).
- «il non credente in ogni azione pecca necessariamente» (DH 2308).
Nel 1949 il Sant’Uffizio ha condannato l’interpretazione esclusivista del gesuita Joseph
Feeney secondo cui i non-cattolici vanno tutti all’inferno. (cf DH 3866-73) La lettera del S.
Uffizio su «Salvezza e Chiesa» si rifà ad interventi precedenti dei pontefici:
Pio IX nell’allocuzione Singulari quidam (1854) aveva parlato di un’«ignoranza
invincibile» che toglie la colpa davanti a Dio.
Pio XII nell’enciclica Mystici corporis di riconosce la possibilità di un «desiderio
inconsapevole» di Dio che porta alla salvezza. Per la salvezza è sufficiente un voto
implicito.
Il Vaticano II fa diverse affermazioni circa la possibilità di salvezza dei non credenti in
LG 16, GS 22, AG 7. Nel 1990, Giovanni Paolo II fa sintetizza nell’enciclica Redemptoris
missio: «molti uomini non hanno la possibilità di conoscere o di accettare la rivelazione del
vangelo, di entrare nella Chiesa. Essi vivono in condizioni socio-culturali che non lo
permettono, e spesso sono stati educati in altre tradizioni religiose. Per essi la salvezza di
Cristo è accessibile in virtù di una grazia che, pur avendo una misteriosa relazione con la
chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li illumina in modo adeguato alla loro
situazione interiore ambientale. Questa grazia proviene da Cristo, è frutto del suo sacrificio
ed è comunicata dallo Spirito Santo: essa permette a ciascuno di giungere alla salvezza con
la sua libera collaborazione» (Redemptoris missio 10).
Pluralismo: Nessun altro nome? di Paul Knitter
Un esempio emblematico di teologia pluralista delle religioni.
Visione evoluzionista: nel confronto con il pluralismo religioso un’opportunità di crescita
nella comprensione del Vangelo.
Il processo evolutivo dell’interpretazione della figura di Gesù deve continuare ancora oggi.
Cristo unico Mediatore e Salvatore: è un linguaggio legato alla situazione della Chiesa delle
origini: linguaggio apocalittico, linguaggio influenzato dalla cultura greca, condizione di
minoranza e persecuzione che spingeva ad assolutizzare la figura di Cristo perché non
venisse distrutta o fagocitata dai culti rivali.
Entusiasmo dei primi cristiani, linguaggio del cuore successivamente recepito in chiave
metafisica e dogmatica.
Regnocentrismo: la validità di una religione emerge dalla prassi, se questa contribuisce alla
liberazione dei popoli oppressi dall’ingiustizia e dall’oppressione (teologia della
liberazione).
Risposte cattoliche:
- i condizionamenti culturali non sono ragione sufficiente per escludere la possibilità che la
verità sia comunicata agli uomini da parte di Dio. Escludere tale possibilità significherebbe
togliere serietà non solo al cristianesimo ma anche a tutte le altre religioni.
- le professioni di fede neotestamentarie non possono essere considerate formule provvisorie
a meno che non si rivedano prima completamente i concetti tradizionali di rivelazione e di
ispirazione.
- Il concetto di Regno di Dio è indicato da Knitter quale criterio di verifica dell’autenticità
del cristianesimo e delle religioni in generale. Il problema è come si possa applicare un
concetto cristiano alle altre religioni. Questo concetto infatti non si può comprendere se non
in riferimento a Gesù Cristo, alla Trinità e alla Chiesa.
Inclusivismo: Le mediazioni partecipate
«Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno
solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù»
(1Tm 2,4).
In Cristo tutti gli uomini sono stati predestinati all’adozione a figli (cf Ef 1,3-10). Tutte le
cose sono state create per mezzo di lui, sussistono in lui e per mezzo del sangue della sua
croce sono state riconciliate con Dio (cf Col 1,15-20).
Parallelismo paolino tra Adamo e Cristo: rilevanza universale del primo Adamo e
dell’Adamo ultimo e definitivo, Cristo salvatore (cf 1Cor 15,21-22; Rm 5,12-21).
Pietro afferma che solo in Gesù c’è salvezza: «non vi è infatti altro nome dato agli uomini
sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12).
Non ci può essere, quindi, un’autonomia salvifica delle religioni rispetto a Gesù Cristo.
Tuttavia esistono in esse elementi di verità, di grazia e di bene (cf AG 9), realtà germinali
che i Padri chiamavano «semi del Verbo» (AG 11).
In questa prospettiva, non si può escludere che le diverse religioni svolgano una
«mediazione» salvifica per i loro membri, aiutandoli a raggiungere la comunione con Dio:
«È attraverso la pratica di ciò che è buono nelle proprie tradizioni religiose e seguendo i
dettami della loro coscienza, che i membri delle altre religioni rispondono positivamente
all’invito di Dio e ricevono la salvezza in Gesù Cristo, anche se non lo riconoscono come il
loro Salvatore» (Dialogo e Annuncio, n. 29).
L’esistenza di «mediazioni partecipate» extra-ecclesiali non dipende da un’insufficienza
della rivelazione compiuta in Cristo ma manifestano ancora di più la pienezza e perfezione
della rivelazione cristiana.
Lo Spirito «soffia dove vuole» (Gv 3,8) e semina elementi di verità e di bontà capaci di
aprire gli uomini alla grazia sovrabbondante di Cristo e di ordinarli misteriosamente alla
Chiesa.
«È necessario tener congiunte queste due verità: la reale possibilità della salvezza in Cristo
per tutti gli uomini, e la necessità della Chiesa in ordine a tale salvezza, ambedue
favoriscono la comprensione dell’unico mistero salvifico» (Redemptoris Missio 9).