La liquidazione delle azioni in caso di recesso

La liquidazione delle azioni
in caso di recesso
Marco Reboa
La liquidazione delle azioni in caso di recesso
L’art. 2437-ter c.c., comma 2, nel tenere conto della
“consistenza patrimoniale”, delle “prospettive
reddituali” e “dell’eventuale valore di mercato”,
assume a principio ispiratore la nozione di valore
economico propria della dottrina aziendale.
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La liquidazione delle azioni in caso di recesso
Il valore economico può essere definito come: “il
prezzo fattibile fra soggetti informati che agiscono in
forma indipendente e senza nessun obbligo ad
acquistare o a vendere, caratterizzati da uguale
pienezza di informazione, capacità negoziale e forza
contrattuale”.
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La liquidazione delle azioni in caso di recesso
L’art. 2437-ter c.c. non indica alcun specifico approccio
valutativo da utilizzare obbligatoriamente, bensì definisce
le “dimensioni” rilevanti del valore aziendale da tenere
obbligatoriamente in considerazione nella stima di una
quota di capitale d’impresa.
Pertanto, la scelta dell’approccio (e del connesso criterio)
da adottare deve essere compiuta nello spettro dei “profili
di valore” suggeriti dalla norma, tenuto conto delle
caratteristiche specifiche dell’azienda oggetto di stima.
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La liquidazione delle azioni in caso di recesso
La “consistenza patrimoniale”: si apprezza sulla base del valore
corrente delle attività e passività
dell’azienda a prescindere dalle
capacità reddituali.
È propria dei criteri patrimoniali da applicare, in questo specifico
caso, nella “versione complessa”, valorizzando, cioè, autonomamente gli intagibles assets.
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La liquidazione delle azioni in caso di recesso
I metodi patrimoniali, ad eccezione di talune specifiche situazioni
(es. società immobiliari), non costituiscono una scelta
metodologica a se stante.
L’approccio patrimoniale sta tornando di grande attualità con il
criterio della Somma delle Parti (SOP o NAV), comunemente
utilizzato nella prassi per valutare le società multibusiness, che nei
suoi aspetti essenziali è assimilabile ad un approccio valutativo di
tipo patrimoniale.
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La liquidazione delle azioni in caso di recesso
Le “prospettive reddituali”:
vanno inquadrate come prospettive di risultato da identificare,
quindi, nell’approccio basato sui “flussi di risultato” in cui il
valore economico della società è calcolato sui flussi di reddito
o di cassa stabilmente producibili in futuro;
sono proprie dei criteri “reddituale” (puro o puntuale) e
“finanziario” (levered o unlevered), considerati i più aderenti al
concetto generale di “valore di un investimento”;
in questo specifico caso, devono avere una configurazione di
valore “classica”, cioè nell’ottica “as is” in cui le assumptions
non prevedono discontinuità rimarchevoli rispetto all’attuale
storico e, di conseguenza, escludono la considerazione degli
effetti positivi e negativi delle operazioni straordinarie che
hanno portato al recesso del socio.
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La liquidazione delle azioni in caso di recesso
“L’eventuale valore di mercato delle azioni”:
è essenzialmente espresso dai prezzi fatti in recenti transazioni
sul “mercato” di quote del capitale dell’azienda considerata,
ove esistenti e significativi;
in mancanza di prezzi fatti o di limitata significatività degli
stessi, il “valore di mercato” dell’azienda può essere ottenuto
anche con il ricorso a criteri indiretti (il più importante tra
questi è il criterio dei “multipli di mercato”).
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Applicazione congiunta della “consistenza patrimoniale” e delle
“prospettive reddituali”
È propria dell’approccio basato sul concetto di “economic profit”
(che trova la propria espressione più nota con il metodo misto
reddituale-patrimoniale). Per essere compiutamente attuato, la
dimensione patrimoniale deve costituire driver fondamentale nella
determinazione del valore dell’azienda considerata.
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L’art. 2437-ter c.c., comma 4, nel prevedere che un’apposita
clausola statutaria possa derogare ai criteri convenzionali di cui al
comma 2, “indicando gli elementi dell’attivo e del passivo del
bilancio che possono essere rettificati rispetto ai valori risultanti dal
bilancio, unitamente ai criteri di rettifica, nonché altri elementi
patrimoniali da tenere in considerazione”, rappresenta, più che una
deroga, una precisazione legata alle modalità applicative del
processo valutativo nel criterio patrimoniale a salvaguardia del
socio recedente.
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I premi di maggioranza e gli sconti di minoranza:
contribuiscono a dare ragione del gap tra nozione di valore
economico e il prezzo negoziato sul mercato.
In questo specifico caso:
i premi di maggioranza non si presentano nel processo
valutativo;
lo sconto di minoranza deve essere inteso in “senso stretto”;
il valore economico di un titolo di minoranza non deve
scontare lo specifico deprezzamento a condizione che il valore
medesimo sia già stato ottenuto sulla base di criteri e formule
in grado di catturare i drivers più appropriati in relazione al
tipo di titolo o di partecipazione (come ad esempio nei criteri di
borsa).
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L’art. 2437-ter c.c., comma 3, nel prevedere che “il valore di
liquidazione delle azioni quotate in mercati regolamentati è
determinato facendo esclusivo riferimento alla media aritmetica dei
prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la pubblicazione
ovvero ricezione dell’avviso di convocazione dell’assemblea le cui
deliberazioni legittimano il recesso”, non tiene in considerazione
delle circostanze che possono inficiare la significatività dei
risultati.
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Criticità dell’articolo 2437-ter c.c., comma 3:
risultati affidabili sono ottenibili solo se: la società ha adeguato
flottante; i titoli sono sufficientemente liquidi; le prospettive
del business sono apprezzabili in modo continuativo da un
congruo numero di analisti ;
la data cogente da cui far decorrere il periodo di rilevazione dei
prezzi può inficiare la significatività dei risultati qualora
l’annuncio dell’operazione che ha giustificato il recesso abbia
prodotto alterazioni del titolo;
nella prassi di mercato si impiega di norma la media ponderata
(sui volumi trattati) in luogo della media semplice aritmetica;
i prezzi assunti a base del calcolo sono rappresentati dai cd
“prezzi di riferimento” (pari alla media ponderata dell’ultimo
10% delle quantità negoziate) in luogo dei prezzi di chiusura
(negoziazioni ultimi 10 minuti).
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