LE POLITICHE PER LO SVILUPPO REGIONALE
NELL’UNIONE EUROPEA:
Dal trattato di Roma alla
programmazione 2007-2013
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1
Gli Stati membri della C.E. già nel Trattato di Roma
(1957) si prefiggono di ridurre le disparità tra le diverse
regioni ed il ritardo di quelle meno favorite per
assicurare lo sviluppo economico della Comunità.
In occasione della Conferenza al vertice tenutasi a
Parigi (1972), viene riconosciuta "un'alta precedenza
all'obiettivo di rimediare, nella Comunità, agli squilibri
strutturali e regionali che avrebbero potuto pregiudicare
la realizzazione dell'unione economica e monetaria".
Nel 1975 viene istituito il Fondo Europeo di Sviluppo
Regionale (FESR) attraverso il quale vengono erogati
contributi in conto capitale per investimenti produttivi
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2
L'Atto Unico Europeo (1987) ha dato inizio alla politica
di coesione economica e sociale ed alla riforma dei
Fondi Strutturali che costituiscono gli strumenti
finanziari della politica stessa.
Il fondamento normativo dei Fondi è costituito dal
Regolamento quadro 2052/88/CEE.
Specifici regolamenti disciplinano i singoli Fondi:
4254/88/CEE (FESR), 4255/88/CEE (FSE),
4256/88/CEE (FEAOG).
Viene istituito altresì uno nuovo strumento finanziario, il
Fondo di Coesione, destinato a quegli Stati Membri il
cui reddito nazionale pro-capite è inferiore al 90% della
media comunitaria (Grecia, Spagna, Portogallo e
Irlanda).
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3
La Riforma del 1988 definisce 5 obiettivi prioritari che la politica
strutturale comunitaria intende perseguire:
Obiettivo 1: promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle
regioni in ritardo di sviluppo, affinché possano integrarsi completamente
nello spazio comunitario
(Area: Mezzogiorno) - (Fondi: FESR, FSE, FEAOG);
- Obiettivo 2: riconvertire le regioni industriali in declino, aiutandole ad
orientarsi verso nuove attività
(Area: numerosi comuni del Centro-Nord) - (Fondi: FESR, FSE);
- Obiettivo 3: lottare contro la disoccupazione di lunga durata
(Area: tutto il territorio nazionale) - Fondi: FSE);
- Obiettivo 4: facilitare l'inserimento professionale dei giovani
(Area: tutto il territorio nazionale) - (Fondi: FSE);
- Obiettivo 5: promuovere un più veloce adattamento delle strutture di
produzione agricola (obiettivo 5a); favorire lo sviluppo delle zone rurali
con basso livello di sviluppo socio-economico (obiettivo 5b) (Area: alcuni
comuni del Centro-Nord) - (Fondi: FSE, FEAOG-orientamento).
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INTERREG II (1994-1999)
The Interreg Community Initiative, which was adopted in 1990, was intended to prepare border areas for a Community without internal frontiers. The aim of the
Regen Initiative launched in the same year was to help fill in some of the missing links in the trans-European networks for transport and energy distribution in the
Objective 1 regions.
Interreg II combined the functions of Interreg I and Regen. It had three distinct
strands with a total budget allocation of ECU 3,519 million in 1996 prices (of
which ECU 2613 million must go to Objective 1 and 6 regions):
•Interreg II A (1994-1999): cross-border co-operation
•Interreg II B (1994-1999): completion of energy networks
•Interreg II C (1997-1999) : co-operation in the area of regional planning, in particular management of water resources
Some examples of Interreg II A projects
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Nel 1988 era stata varata una prima riforma dei fondi strutturali, alla quale
hanno fatto seguito due periodi di programmazione: a dieci anni di distanza, i
dati ufficiali della
Commissione europea hanno dimostrato che nella loro applicazione i Fondi
hanno rappresentato una
nuova politica economica e sociale di sviluppo, e non una semplice politica
assistenzialistica di sostegno ai
Paesi più deboli.
Infatti si sono ridotte le disparità di reddito pro-capite tra gli Stati membri, anche
grazie al Fondo di
coesione che riguarda Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia; nelle regioni in
ritardo di sviluppo (ex obiettivo
1) il reddito pro-capite è passato dal 64,6% al 67,2% della media europea; sono
diminuite, anche se quasi
impercettibilmente, le disparità di reddito tra le regioni. Ma tutto ciò non bastava
perché: il livello della
disoccupazione e le disparità di reddito all'interno degli Stati membri
permangono tuttora su limiti
inaccettabili
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Il Trattato sull'Unione Europea firmato a
Maastricht (1992) ha fatto della coesione uno dei
tre pilastri della costruzione europea, accanto
all'UEM ed al mercato unico. Con il Trattato di
Amsterdam (1997) il ruolo della coesione è stato
ulteriormente potenziato in considerazione della
sua rilevanza nella lotta contro la disoccupazione
e nella prospettiva di allargamento a nuovi paesi
con livelli di sviluppo assai diversi
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Seconda riforma dei fondi strutturali giugno 1999
Programmazione 2000-2006
le linee guida della riforma sono avvenute nel 1997 con
l'adozione di Agenda
2000, il documento politico sulle strategie europee relative
all'allargamento, nel quale sono state abbozzate le
prime linee guida sulla riforma dei Fondi.
5
Con Agenda 2000 l'impostazione dei Fondi strutturali viene
profondamente modificata negli obiettivi, nei contenuti e nella
loro organizzazione, anche se i fondi
propriamente detti rimangono gli stessi.
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Le novità più rilevanti sono così riassumibili:
1. Il periodo di programmazione dell'utilizzo dei Fondi diventa più ampio, passando da 6 a 7 anni
(2000-2006).
2. Per quanto riguarda i Paesi candidati all'adesione è stato individuato un fondo specifico che
prosegue l'azione già avviata con i programmi Phare e Tacis.
3. Una maggiore concentrazione, dovuta al fatto che i singoli Fondi riguarderanno un numero inferiore
di obiettivi prioritari (che passano da 7 a 3) e la popolazione comunitaria che beneficerà degli obiettivi
1 e 2 scenderà ad una percentuale tra il 35 e 40% (attualmente è oltre il 50%); l'istituzione di una fase
di sostegno transitorio (phasingout) per le regioni che escono dall'obiettivo 1
4. La riduzione delle Iniziative comunitarie, che vengono ridotte a 4 (Interreg, Urban, Leader, Equal).
5. La semplificazione delle procedure, per una maggiore autonomia e snellezza nell'utilizzo
delle risorse.
6. La valorizzazione del partenariato, cioè una stretta concertazione tra Commissione, Stato,
autorità competenti (es. regioni), parti sociali, altri partner sociali, che riguarda tutte le fasi
della messa in opera.
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Con la riforma dei Fondi Strutturali del 21-22 Giugno 1999 vi è stato
un accorpamento degli obiettivi che risultano essere, fino al 2006, i
seguenti:
-Obiettivo 1: promuovere lo sviluppo e l'aggiustamento strutturale
delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo (FESR, FSE,
FEAOG-Orientamento, SFOP).
-Obiettivo 2: favorire la riconversione economica e sociale delle
zone con difficoltà strutturali (FESR, FSE).
- Obiettivo 3: favorire l'adeguamento e l'ammodernamento delle
politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione
(FSE).
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I FONDI STRUTTURALI
F.E.S.R. (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale)
F.S.E. (Fondo Sociale Europeo)
Il FEAOG (Fondo Europeo per l’Agricoltura sezione
"Orientamento" o sezione "Garanzia“)
S.F.O.P. (Lo strumento finanziario della pesca)
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Programmazione 2000-2006
I Fondi strutturali, per la programmazione 2000-2006,
contrariamente al periodo 1994-1999 che ne prevedeva
cinque,vengono collegati a soli tre Obiettivi
Obiettivo 1: ha lo scopo di promuovere lo sviluppo e
l'adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo; vi
rientrano in particolare le regioni il cui PIL è minore del 75% della
media europea,in particolare le Regioni del mezzogiorno di Italia.
Obiettivo 2: ha lo scopo di sostenere la riconversione
socioeconomica delle zone con difficoltà strutturali.
Obiettivo 3: mira a sostenere, per le regioni escluse dall'obiettivo
1, l'ammodernamento dei sistemi di istruzione, formazione e
occupazione
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Programmazione 2000-2006
La programmazione degli obiettivi a livello nazionale è regolata per
l'Obiettivo 1 e l'Obiettivo 3 dal Quadro Comunitario di Sostegno (QCS),
mentre il Documento Unico di Programmazione (DOCUP) fa riferimento
all'obiettivo 2.
Tali documenti sono la base per gli interventi e per le spese concesse ai
Fondi strutturali.
Questi analizzano la situazione ex-ante socio-economica e ambientale
delle regioni interessate dallo specifico obiettivo e delineano le linee di
intervento all'interno dei cosiddetti assi prioritari che ordinano l'ampia
casistica dei materiali propositivi e progettuali di ogni singolo Programma
operativo (PO).
All'interno di ogni Obiettivo si sviluppano quindi i Programmi Operativi, che
si dividono in Programmi Operativi Nazionali (PON) e Programmi Operativi
Regionali (POR) che delineano gli obiettivi specifici all'interno degli assi
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Interreg III
Che cos'è interreg III?
interreg III è la nuova iniziativa comunitaria del FESR (Fondo europeo di
sviluppo regionale) per il periodo 2000-2006. I relativi orientamenti sono stati
approvati dalla Commissione il 28 aprile 2000 [GUCE C 143 del 23.5.2000.
L'obiettivo della nuova fase di INTERREG è rafforzare la coesione economica e
sociale nell'Unione europea promuovendo la cooperazione transfrontaliera,
transnazionale e interregionale e uno sviluppo equilibrato del territorio
comunitario. L'iniziativa è infatti imperniata su azioni che interessano le frontiere
e le zone di frontiera tra Stati membri e tra l'Unione europea e i paesi terzi.
Particolare attenzione sarà riservata:
alle frontiere esterne dell'Unione europea, soprattutto in prospettiva
dell'allargamento;
alla cooperazione con le regioni ultraperiferiche dell'Unione
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La riforma del 1999 ha guidato la programmazione 2000-2006
La successiva programmazione riguarda il periodo 2007-2013
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Programmazione 2007-2013
La nuova programmazione è basata sull'agenda di
Lisbona e ha introdotto diverse variazioni rispetto alla
programmazione del periodo precedente sia nella
definizione degli obiettivi che restano essenzialmente
tre,sia nella composizione dei Fondi strutturali di cui
alcuni cambiano nome e finalità come il FEOGA che
si trasforma in FEASR e lo SFOP in FEP.
Il Docup (documento unico di programmazione)
previsto dal periodo di programmazione precedente
per le Regioni obiettivo 2 è stato eliminato,tutte le
regioni beneficiano invece dei Programmi Operativi
Regionali
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Programmazione 2007-2013
I nuovi obiettivi sono:
Obiettivo "Convergenza"
Obiettivo "Competitività regionale e
occupazione”
Obiettivo "Cooperazione territoriale europea"
"
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Obiettivo "Convergenza
Questo obiettivo, in linea con l'attuale obiettivo 1, è
volto ad accelerare la convergenza degli Stati membri
e delle regioni in ritardo di sviluppo, migliorando le
condizioni di crescita e di occupazione. Esso riguarda
gli Stati membri e le regioni in ritardo di sviluppo. I
settori d'intervento sono i seguenti: qualità degli
investimenti in capitale fisico e umano, sviluppo
dell'innovazione e della società basata sulla
conoscenza, adattabilità ai cambiamenti economici e
sociali, tutela dell'ambiente nonché efficienza
amministrativa. Il finanziamento è effettuato tramite
FESR, FSE e Fondo di coesione.
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Obiettivo "Competitività regionale e occupazione"
Questo obiettivo punta, al di fuori delle regioni in ritardo di sviluppo, a
rafforzare la competitività, l'occupazione e le attrattive delle regioni. Esso
consentirà di anticipare i cambiamenti socio-economici, promuovere
l'innovazione, l'imprenditorialità, la tutela dell'ambiente, l'accessibilità,
l'adattabilità dei lavoratori e lo sviluppo di mercati di lavoro che
favoriscano l'inserimento. Si Il finanziamento è effettuato tramite FESR e
FSE. Le regioni ammissibili sono le seguenti:
le regioni attualmente ammissibili all'obiettivo 1 per il periodo di
programmazione 2000-2006, che non soddisfano più i criteri di
ammissibilità regionale dell'obiettivo convergenza e beneficiano pertanto
di un finanziamento transitorio. Spetta alla Commissione selezionare ed
adottare l'elenco delle regioni ammissibili, valido dal 2007 al 2013;
tutte le altre regioni della Comunità non ammissibili all'obiettivo
convergenza.
Per quanto riguarda i programmi finanziati dal FSE, la Commissione
propone quattro priorità, in linea con gli orientamenti formulati nell'ambito
della Strategia europea per l’occupazione (SEO): accrescere
l'adattabilità dei lavoratori e delle imprese, potenziare l'accesso
all'occupazione, rafforzare l'inserimento sociale e avviare riforme nel
settore dell'occupazione e dell'inserimento
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Obiettivo "Cooperazione territoriale europea"
Questo nuovo obiettivo è inteso a rafforzare la cooperazione
transfrontaliera, transnazionale e interregionale, basandosi
sull' iniziativa Interreg. L’azione è finanziata dal FESR.
L'obiettivo consiste nel promuovere la ricerca di soluzioni
congiunte a problemi comuni tra le autorità confinanti, come lo
sviluppo urbano, rurale e costiero e la creazione di relazioni
economiche e reti di PMI. La cooperazione è orientata su
ricerca, sviluppo, società dell'informazione, ambiente,
prevenzione dei rischi e gestione integrata delle acque. Sono
ammissibili le regioni di livello NUTS III, situate lungo le
frontiere terrestri interne e talune frontiere esterne, nonché
alcune frontiere marittime adiacenti, separate da un massimo
di 150 chilometri.
L'articolazione territoriale degli interventi viene ripartita in :
PON (programmi operativi nazionali)
POR (programmi operativi regionali) monofondo
POIN (programmi operativi interregionali).
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La programmazione negoziata come strumento per le
politiche di sviluppo locale
Con riferimento alla normativa per la programmazione
negoziata, prevista inizialmente per l'attuazione degli
interventi straordinari per il Mezzogiorno (Legge 64/1986), e
diffusa nell'ordinamento giuridico italiano con la Legge
142/1990 sulle Autonomie locali e con La legge 662/1996
(art. 2 comma 203) sono stati individuati i seguenti
strumenti : l’intesa istituzionale di programma, l’accordo
di programma quadro, il patto territoriale, il contratto di
programma.
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L'Intesa Istituzionale di Programma, accordo tra il Governo
centrale e la Giunta Regionale per la realizzazione di un
programma pluriennale di interventi d'interesse comune.
L'Accordo di Programma Quadro, che in attuazione dell'intesa
istituzionale di programma, definisce un programma esecutivo di
interventi di interesse comune o funzionalmente collegati,
individuando le attività e gli interventi da realizzare nonché i tempi e
le modalità di attuazione, i soggetti responsabili dell'attuazione delle
singole attività ed interventi, le procedure necessarie per
l'attuazione dell'accordo, gli impegni di ciascun soggetto, le risorse
finanziarie occorrenti per le diverse tipologie di intervento.
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Il Patto Territoriale, l'accordo promosso dagli enti locali, dalle
parti sociali o da altri soggetti pubblici o privati per l'attuazione di
un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di
promozione dello sviluppo locale.
Il Contratto di Programma, stipulato tra l'amministrazione
pubblica competente e soggetti imprenditoriali, quali grandi
imprese, consorzi di medie e piccole imprese, rappresentanze di
distretti industriali, per la realizzazione di interventi oggetto di
programmazione negoziata, mediante mobilitazione, e
successivamente, localizzazione territoriale, di investimenti
rilevanti.
Il Contratto d'Area, strumento operativo, concordato tra le
amministrazioni, anche locali, le rappresentanze dei lavoratori e dei
datori di lavoro, nonché altri soggetti eventualmente interessati, per
la realizzazione di azioni finalizzate ad accelerare lo sviluppo e la
creazione di nuova occupazione in aree in situazioni di crisi
Programmazione 1994-1999
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In sintonia con l'ampio processo di decentramento e di
trasferimento di funzioni dal Centro verso le Regioni e le
Autonomie locali e che riguarda soprattutto competenze in campo
di sviluppo economico, è stato in seguito avviato il processo di
regionalizzazione degli strumenti di programmazione
negoziata per lo sviluppo locale.
Con il Decreto Legislativo n. 34 del 2004 viene infine introdotto
il contratto di localizzazione come nuovo strumento di
programmazione negoziata.
Si tratta infatti di un contratto di diritto privato,attualmente
utilizzato nel Mezzogiorno, che viene stipulato tra Sviluppo Italia,
Pubblica Amministrazione, Enti Locali e impresa e rappresenta la
combinazione di due strumenti: uno specifico Accordo di
Programma Quadro per il finanziamento delle opere
infrastrutturali, il sostegno della R&S, la formazione,
l'accelerazione del coordinamento procedurale e un Contratto di
Programma per la gestione delle agevolazioni a favore
dell'investimento
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I Progetti Integrati Territoriali
In stretta relazione con il processo di decentramento nell'ultimo decennio, in Italia e i molti
altri Paesi UE, si sono avviate numerose iniziative di sviluppo locale basate su un nuovo
approccio concettuale fondato su di un insieme di principi di carattere metodologico/operativo
legati alla promozione di politiche di sviluppo organizzate per “cicli di progetto orientati ad unità
territoriali di dimensioni ridotte (spesso sub provinciali) e realizzati attraverso forme di
partecipazione attiva e responsabilizzazione degli stake-holders locali”.
Un importante punto di svolta è stato rappresentato dall'introduzione dei Progetti Integrati
Territoriali (PIT) quale modalità attuativa degli interventi cofinanziati nell'ambito dei POR delle
Regioni Obiettivo 1, in linea con i principi ispiratori della programmazione 2000-06 in Italia:
l'integrazione, la concertazione e il partenariato. Nelle regioni del Centro-Nord, dove, come
noto, i Programmi per i diversi fondi comunitari sono promossi in modo disgiunto e senza le
attività di coordinamento legate all'adozione del QCS, modelli simili a quello dei PIT sono stati
largamente adottati, attraverso scelte autonome delle Regioni, per l'attuazione dei DocUP
Obiettivo 2 configurando però una realtà molto più eterogenea e complessa di quella
dell'Obiettivo 1.
In quest'ottica la progettazione integrata territoriale assume le caratteristiche di approccio
metodologico identificato da alcune caratteristiche specifiche riassumibili, nell'approccio
territoriale ed integrato, che identifica la specificità del contesto operativo di riferimento
(piccolo e sistemico invece che vasto e settoriale) e nell'approccio partecipativo, partenariale
e decentrato, che indica l'esigenza prioritaria di coinvolgere e responsabilizzare maggiormente
i destinatari finali delle politiche
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La Pianificazione Strategica
Nel dibattito che coinvolge gli attori dello sviluppo locale rilevanti in
materia di Pari Opportunità sono anche le ultime novità come la
pianificazione strategica che può essere considerata
un'evoluzione/implementazione della programmazione negoziata e
della progettazione integrata. La Pianificazione strategica “può
essere definita come la costruzione collettiva di una visione
condivisa del futuro di un dato territorio, attraverso processi di
partecipazione, discussione, ascolto: un patto tra amministratori,
attori, cittadini e partners diversi per realizzare tale visione attraverso
una strategia e una serie conseguente di progetti, variamente
interconnessi, giustificati, valutati e condivisi; e infine come il
coordinamento delle assunzioni di responsabilità dei differenti attori
nella realizzazione di tali progetti”.3 Può quindi costituire una nuova
modalità di inclusione dei criteri di equità come la sicurezza
economica e sociale, l'inclusione sociale, la coesione sociale il
mainstreaming di genere e l'empowerment attraverso processi di
partecipazione e discussione.
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Gli attori dello sviluppo locale
In un'ottica di valorizzazione di ogni elemento del territorio i principali attori delle iniziative
di sviluppo locale, sono gli Enti Locali; le Associazioni di categoria; le Organizzazioni
sindacali; le Associazioni femminili; le Camere di Commercio; gli Istituti di credito e il
sistema finanziario; le Istituzioni educative (Enti di Formazione Professionale, Università,
etc.); le Imprese; gli Istituti di ricerca, il Settore no-profit (economia sociale) e le Istituzioni
di Parità.
Al di là delle considerazioni metodologiche, tutti gli attori locali concordano sul ruolo
chiave svolto dalla concertazione, metodologia che viene posta al centro soprattutto
dei Patti Territoriali. Una metodologia vincente a livello macro e micro poiché, a fronte
della rilevanza e delle differenze specifiche degli attori coinvolti in un'azione di sviluppo
locale, punta su quella cultura del “non spreco” che è parte essenziale di una visione
moderna di sviluppo eco-sostenibile, per individuare gli schemi di sviluppo più efficaci per
rilanciare la situazione socio-economica locale. Metterla in pratica correttamente
costituisce uno degli elementi di successo dei progetti di sviluppo locale perché attiva un
processo di reciproca legittimazione e legittimazione del progetto di sviluppo.
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