La prova ontologica dell`esistenza di Dio

storia della religione
la prova ontologica dell’esistenza di Dio – D.HEINRICH
Menegoni
Da Kant la prova dell’esistenza di Dio si chiama ONTOLOGICA od ontoteologica.
Il pensare sarebbe certo di se stesso e contemp. Sarebbe al di là di sé.
In Anselmo, Descartes ed Hegel il pensiero ONTOTEOLOGICO risolve il problema ontologico e della conoscenza. Ma oggi dalla
filosofia è considerato acritico, UN FILOSOFARE RAZIONALISTICO oppure un sofisma che sbalordisce per la sua capziosità.
Questi si difendono definendo il pensiero ontetologico una non-dimostrazione formale ma una testimonianza della certezza di
Dio esposta razionalmente quindi + alta di ogni ragione.
Da una parte stanno i critici che controbattono con tesi tomistiche, dall’altra coloro che esaltano la tesi ontot.come un
“pensare” (ciò che tutto abbraccia).
I critici tomisti hanno seguito Anselmo
Tommaso nella Scolastica
Anselmo d'Aosta
1 INTRODUZIONE
Anselmo d'Aosta (Aosta 1033 ca. - Canterbury 1109 ca.), filosofo, teologo, santo e dottore della
Chiesa. Abate del monastero di Bec, in Bretagna, Anselmo divenne celebre per la sua sapienza e la sua
devozione, tanto che i monaci lo esortarono a trascrivere per loro le sue meditazioni, che costituirono i
fondamenti dell'insegnamento da lui impartiti. Così compose il Monologion (1077), in cui elaborò delle
dimostrazioni a posteriori dell'esistenza di Dio. Incoraggiato dall'accoglienza che venne riservata al
libro, nel 1078 proseguì il suo progetto portando a termine il Proslogion (Discorso), in cui si trova la
celebre dimostrazione a priori dell'esistenza di Dio, che nel XVIII secolo venne definita "prova
ontologica".
Nel 1093 Anselmo fu nominato arcivescovo di Canterbury in un'epoca di grande conflitto fra la Chiesa e
la Corona inglese. Nonostante questi contrasti, che gli costarono l'esilio, Anselmo non interruppe la
speculazione teologica, scrivendo Cur deus homo (Perché Dio si è fatto uomo), uno studio
sull'incarnazione e la crocifissione di Cristo come strumenti di redenzione dal peccato.
Quando ascese al trono Enrico I, Anselmo fece ritorno in Inghilterra, ma fu costretto nuovamente
all'esilio a causa di nuove divergenze con il sovrano sulla questione delle investiture. Solo pochi anni
prima di morire Anselmo fu nuovamente a Canterbury. Venne canonizzato nel 1163 e nominato dottore
della Chiesa nel 1720.
2 L'ARGOMENTO DEI GRADI
Punto d'avvio della ricerca di Anselmo era la convinzione secondo cui la ragione può dimostrare con le
sue forze le verità fondamentali della religione, come l'esistenza di Dio. Così nel Monologion
(Soliloquio) egli ricorreva all'"argomento dei gradi" (articolato a sua volta in tre prove): partendo dalla
constatazione della gradualità di certe perfezioni presenti nelle cose sensibili (bontà, grandezza,
essere), occorre risalire a Dio come al termine assoluto di ogni perfezione.
3 L'ARGOMENTO ONTOLOGICO
1
Nel Proslogion Anselmo seguì un'altra strada. Egli asserì che anche chi dubita dell'esistenza di Dio
dovrebbe avere un'idea di ciò di cui dubita; più precisamente, dovrebbe concepire Dio come un essere
di cui non si può pensare nulla di più grande. Ora, dal momento che l'esistenza nella realtà è maggiore
dell'esistenza nel solo intelletto, chi nega l'esistenza di Dio cade in contraddizione poiché afferma che è
possibile pensare qualcosa di più grande dell'essere di cui non si può pensare nulla di maggiore. Per
definizione, dunque, Dio esiste necessariamente. Successivamente, nel Liber apologeticus, Anselmo,
rispondendo alle critiche rivoltegli dal monaco Gaunilone, chiarì come l'argomento ontologico non è che
l'esplicazione della fede in forma logica e presuppone pertanto già la fede in Dio.
Gaunilone
Gaunilone (secolo XI), filosofo e monaco dell'abbazia di Marmoutiers, in Francia. Nel suo Liber pro
insipiente entrò in polemica con Anselmo d'Aosta, negando la validità della prova ontologica o a priori
dell'esistenza di Dio. Secondo Gaunilone, infatti, non è possibile affermare l'esistenza reale di qualcosa
sulla base di un'idea, ossia di un'entità mentale. Allo stesso modo dalla definizione di Dio come essere
perfettissimo non si può passare all'affermazione della sua esistenza, di cui l'uomo ha esperienza solo
attraverso la fede.
La critica fondamentale mossa all'argomento ontologico o a priori di Anselmo consiste nel sostenere
che non è possibile dedurre l'esistenza di qualcosa dall'analisi della sua definizione. Per primo il monaco
Gaunilone, contemporaneo di Anselmo, si oppose a questo argomento, e così fecero in seguito anche i
filosofi Tommaso d'Aquino e Immanuel Kant. Cionondimeno, René Descartes, Baruch Spinoza,
Gottfried Wilhelm Leibniz e altri filosofi successivi rielaborarono l'argomento ontologico di Anselmo.
Da Descartes in poi l’ontoteologia perde la sua originaria verità.
O Dio è presente al puro pensiero oppure l’uomo pensando può arrivare a Dio qualora la ragione rinunci a sé stessa e riconosca
l’Assoluto come suo limite.(svolta estatica di Schelling, paradosso di Kiekegaard).
Questo limite porta quindi alla filosofia.
NELLA METAFISICA DELL’ETA’MODERNA
La prova di Sant’Anselmo era tenuta nel Medioevo in grande consideraz malgrado San Tommaso ma dinnanzi a Descartes ha
ceduto soprat dopo la Controriforma.
Ma Kant muove una forte critica a questa conoscenza razionale della prova dell’esistenza di Dio.
Due i filoni consequenziali:
1.
Descartes, Malebranche, Spinoza
Neoplatonici di Cambridge e Leibniz fino alla Methphysica di Baumgarten Alexander
(Berlino 1714 - Francoforte sull'Oder 1762), filosofo tedesco, fu allievo di Christian Wolff all'università
di Halle e venne influenzato dall'opera di un altro grande pensatore tedesco, Gottfried Wilhelm Leibniz.
Baumgarten fu il primo filosofo moderno che associò il termine estetica all'esperienza e alla definizione
del bello, trattandone in modo sistematico nelle sue opere. Tra il 1750 e il 1758 pubblicò due volumi
della sua Aesthetica. Scrisse anche Ethica philosophica (1763), Metaphysica (1739) e Philosophia
generalis (1770).
Da una parte Anselmo da Canterbury che lo considera ens perfectissimum, dall altra come ens necessarium .
Nel primo caso Dio è immenso non come estensione ma come essenza: in Wolff le positive determinazioni si chiamano
Realtà ma nn sono ancora perfezioni.
Il sec caso invece lo si rappresenta come necessario POICHE’ DIPENDE SOLO DA SE STESSO, tesi sostenuta da Moses
Mendelshon.
2
L’ens neces. Deriva dal Motore primo del tomismo aristotelico mentre l’ens perf fonda le sue radici sulla dimostrazione
platonico-agostiniana.
Con la morte di Cartesio torna l ens perf: con More e Cudworth infatti l ente è necessario quando il suo concetto di
ente contiene la ragione della sua esistenza.
Ma esistenza ha il doppio significato:e.pensata o e.nella cosa stessa
I cartesiani scambiano il pensiero dell esistenza con l esistenza stessa.
La Chiesa afferma che Dio è ragione e fine del mondo quindi rinuncia a provare l’ontoteologia.
Kant difende Cartesio dai critici dell ontoteologia.
I Principia philosophiae 1644 sono stati scritti nella tarda maturità come un manuale considera l’ente come necessario
ed eterno sec cui nn è libero di pensare Dio senza l esistenza. Ma critica Anselmo ché fa derivare Dio dal solo nome.
Per essere conoscenza oggettiva l esistenza di Dio deve:
1. Deve essere mostrato che la rappresentazione del perfettissimo può essere pensata in modo chiaro e distinto, che
quindi è 1 idea vera
2. Oltre ad essere annoverata tra le perfezioni, ma deve anche indicare in che modo l esistenza è posta in rel con l
essenza del perfettissimo.
Cartesio risponde con la necessità, distinguendosi da S Anselmo.Tutto ciò in quanto perfettissimo. La sua potenza è
la forza di essere x se stesso, cioè senza causa. Nella Secunda Responsio vuole dimostrare more geometrico l
esistenza di Dio facendo da base all Ethica di Spinoza . Ma Cartesio stesso dubita di questa deduzione
ontoteologica.ma sicur l ha difesa da Tommaso e si è distinto da S Anselmo.
Il dubbio psicologico e il dubbio metafisico sono la stessa cosa.
Arnauld ha criticato Descartes
Arnauld, Antoine
Arnauld, Antoine (Parigi 1612 - Bruxelles 1694), teologo e filosofo francese; soprannominato "le grand
Arnauld", fu tra gli esponenti più famosi e importanti del giansenismo, movimento teologico e
devozionale cattolico di tendenze radicali e non ortodosse, sorto nel XVII secolo e sviluppatosi nel XVIII
secolo. Studiò diritto e teologia alla Sorbona, dove fruì della guida spirituale del teologo francese e
abate di Saint-Cyran Jean Duvergier de Hauranne, uno dei fondatori del movimento giansenista.
Dottore alla Sorbona nel 1641 e nello stesso anno ordinato sacerdote, nel 1643 pubblicò il trattato
Della comunione frequente, che gli provocò l'ostilità dei gesuiti, da lui giudicati "seduttori di anime" e
con i quali polemizzò aspramente per il resto della sua vita. Le sue Lettere (1655) tentarono di
difendere Giansenio dall'accusa di eresia e offrirono ispirazione a Blaise Pascal per le sue Lettere
provinciali.
Arnauld fu per un certo periodo membro della comunità giansenista di Port-Royal, presso Parigi, e fu
espulso dalla Sorbona per intervento dei gesuiti nel 1656; nonostante la protezione di re Luigi XIV, fu
costretto all'esilio in Belgio nel 1679. Polemista accanito, continuò a scrivere contro i suoi avversari, tra
cui si annoverano liberi pensatori e calvinisti.
Soprattutto nel primo argomento.
Malebranche e Spinoza
Malebranche, Nicolas
Malebranche, Nicolas (Parigi 1638-1715), filosofo francese, considerato il maggior esponente
dell’occasionalismo. Compiuti gli studi di filosofia e teologia presso la Sorbona di Parigi, nel 1600 entrò
nella congregazione dell'Oratorio, ricevendo nel 1664 l'ordinazione sacerdotale. La sua opera
principale, La ricerca della verità (1674-75), prende le mosse dal dibattito interno al cartesianesimo sui
rapporti tra mente e corpo, per ricondurre la causa di ogni azione all'infinita potenza di Dio. In tal
modo, si rivela falsa la nostra credenza secondo cui, ad esempio, l’anima agisce sul corpo provocando il
movimento, o viceversa il corpo agisce sull’anima producendo la sensazione. In realtà, in entrambi i
3
casi, tali effetti sono causati direttamente da Dio, cosicché quelle che noi riteniamo cause effettive del
mutamento, si rivelano essere cause secondarie e occasionali, ossia semplici “occasioni” dell’intervento
divino. Secondo Malebranche, che riprese elementi della tradizione agostiniana, anche la nostra
conoscenza dipende da Dio, poiché nella sua mente sono iscritte le idee, ossia gli archetipi di tutte le
cose, cui l’uomo ha accesso per mezzo della ragione.
Tra le sue altre opere, il Trattato della natura e della grazia (1680), sul problema del male; le
Meditazioni cristiane e metafisiche (1682); il Trattato di morale (1684); i Colloqui sulla metafisica e
sulla religione (1688).
Entrambi proseguono il cartesianesimo sec cui l intelletto riconosce l infinito anche se nn lo
comprende.
Sec Tommaso Dio è atto puro e la sua essenza racchiude l esistenza. A posteriori Dio esiste perché (metodo
induttivo:1) il divenire, attestato dall'esperienza, è sempre passaggio dalla potenza all'atto e richiede, in
ultima istanza, un atto puro; 2) la catena delle cause deve fondarsi su una causa prima non causata;
3) i fatti contingenti del mondo presuppongono un essere necessario che li ha determinati; 4) si può
osservare nell'universo una gerarchia degli enti superiori e inferiori e ciò rimanda a una realtà perfetta
al vertice della gerarchia; 5) l'ordine e l'armonia della natura richiedono che alla loro sorgente esista un
essere che possiede la massima sapienza.
Kant rifiuta Tommaso ma consente l esistenza di Dio per l’Etica, e tuttavia un atto di fede e di libertà.
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Gli avversari di Des affermano che il suo è solo un sofisma.Maleb sembra avvicinarsi molto a S
Anselmo come Essere infinitamente perfetto che poi è l idea necessaria.
Sec Spinoza l’assioma cartesiano è dimostrabile con la matematica e la geometria e qui si avvicinano x
oggettività Schelling e Hegel.
Spinoza afferma che è impossibile concepire a priori l esistenza di Dio
Non occorrono quindi mediatori tra Dio e la ragione umana (in Ethica).
Alla natura della sostanza appartiene l esistenza , scrive nelle sue proposizioni.
Dopo Cartesio Jaquelot e Fénelon hanno portato l’eredità.
Fénelon, François de Salignac de la Mothe
Fénelon, François de Salignac de la Mothe (Fénelon, Périgord 1651 - Cambrai 1715), prelato, scrittore
e teologo francese. Di nobili origini, studiò all'Università di Cahors e in un seminario parigino. Ordinato
sacerdote nel 1675, fu nominato nel 1678 capo delle Nouvelles Catholiques, un'istituzione parigina per
giovani donne convertitesi o in procinto di convertirsi al cattolicesimo. Nel 1685, in seguito alla revoca
dell'editto di Nantes, fu inviato nella Francia occidentale a capo di una missione per convertire i
calvinisti; divenuto il discepolo prediletto del prelato Jacques Bossuet, nel 1689 fu nominato tutore di
Luigi, duca di Borgogna, nipote di Luigi XIV; per il suo giovane allievo scrisse una serie di opere intese
a chiarire i doveri e gli obblighi di un buon governante.
4
Nel 1693 Fénelon venne ammesso all'Académie Française e nel 1695 divenne arcivescovo di Cambrai,
ma si trovò coinvolto in una disputa con Bossuet riguardo alle dottrine quietistiche di Madame Guyon,
dalla cui tendenza contemplativa Fénelon era attratto. La difesa del quietismo e delle posizioni di
Miguel de Molinos nel volume Spiegazione delle massime dei santi (1697) fu attaccata da Bossuet. I
due prelati si rivolsero a papa Innocenzo XII, che nel 1699 condannò alcuni capitoli del libro. Fénelon
fu esiliato nella sua diocesi da Luigi XIV il quale, offeso dalle Avventure di Telemaco (l'opera più nota di
Fénelon, scritta nel 1694 e pubblicata senza il consenso dell'autore nel 1699), si era schierato con
Bossuet. Il libro, un romanzo pedagogico, sostiene che il re esiste solo in funzione del benessere dei
suoi sudditi, ed esprime una condanna della tirannide, una fervida denuncia della guerra e un inno alla
fratellanza tra le nazioni. Fénelon fu anche autore di opere filosofiche, sermoni, libelli polemici, scritti di
critica letteraria e di un famoso Trattato sull'educazione delle giovani (1687).
Scuola di Cambridge
Scuola di Cambridge Scuola di filosofi cristiani inglesi, che gravitava attorno all'Università di Cambridge
nel tardo XVII secolo. I neoplatonici di Cambridge, tra i quali Henry More (1614-1687), Benjamin
Whichcote (1609-1683) e Ralph Cudworth (1617-1688), si ispiravano a Platone, cercando di conciliare
l'etica cristiana con la razionalità filosofica, scientifica e umanistica del Rinascimento. Pur radicandosi
nella cultura puritana, presero le distanze dalla separazione operata dai puritani fra teologia e morale.
La scuola fu fondamentalmente avversa alle dottrine del filosofo inglese Thomas Hobbes, accusato di
aver innalzato a dogma i sensi, ignorando le aspirazioni morali e religiose dell'uomo.
Hanno anticipato molte idee di Leibniz
Leibniz, Gottfried Wilhelm
1 INTRODUZIONE
Leibniz, Gottfried Wilhelm (Lipsia 1646 - Hannover 1716), filosofo, matematico e uomo politico
tedesco. Dopo aver studiato presso varie università tedesche, dal 1666 (anno in cui si laureò in diritto)
fu al servizio dell'arcivescovo elettore di Magonza con vari incarichi giuridici, politici e diplomatici. Nel
1673 si recò a Parigi restandovi per tre anni e dedicandosi a studi di logica, matematica, fisica e
filosofia. Nel 1676 fu nominato bibliotecario e consigliere privato alla corte di Hannover, mantenendo
l'incarico fino alla morte.
Gli interessi di Leibniz, considerato un genio universale dai contemporanei, spaziano nei più diversi
campi del sapere, dalla matematica alla filosofia, dalla teologia alla fisica, ma investono anche i campi
del diritto, della diplomazia, della politica, della storia e della filologia. Egli non lasciò tuttavia opere di
carattere sistematico e la sua vastissima produzione filosofico-scientifica consiste di saggi brevi, oltre
che di numerosi abbozzi rimasti per lungo tempo inediti. Tra gli scritti filosofici principali di Leibniz vi
sono: Saggi di teodicea (2 voll., 1710), Monadologia (postuma, 1718-1720) e Nuovi saggi sull'intelletto
umano (postumi, 1765).
2 MATEMATICA
Leibniz contribuì alla matematica con la scoperta dei principi fondamentali del calcolo infinitesimale, e
la notazione leibniziana venne adottata universalmente ( vedi Simboli matematici). Sulla priorità di
questa scoperta si accese una polemica fra Leibniz e Newton: in realtà la scoperta di Leibniz, risalente
al 1674 ma resa nota nel 1684 nel Nuovo metodo per la determinazione dei massimi e dei minimi ,
avvenne indipendentemente da quella di Newton, che aveva elaborato il suo sistema di calcolo nel
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1666 senza renderlo pubblico fino al 1687. Nel 1672 Leibniz ideò inoltre una macchina calcolatrice
capace di moltiplicare, dividere ed estrarre radici quadrate.
3 LOGICA
La riflessione di Leibniz è fondamentale sia per la nascita della logica formale moderna, sia per la
filosofia del linguaggio. Egli progettò anzitutto la costruzione di una lingua universale modellata sul
calcolo matematico, nella quale i nessi fra i simboli dovevano esprimere le relazioni logiche fra i
concetti. Inoltre egli distinse i giudizi logici in "verità di ragione" e "verità di fatto". Le prime (come ad
esempio le verità matematiche) sono necessarie e sono regolate dal principio di non-contraddizione
(secondo il quale è falso ciò che contiene una contraddizione ed è vero "ciò che è opposto o
contraddittorio al falso"): si tratta di verità a priori, innate e pertanto necessarie (cioè il loro opposto
implica contraddizione); tuttavia, esse non dicono nulla circa la realtà esistente di fatto, come ad
esempio la definizione del triangolo, che prescinde completamente dal fatto che in natura vi sia una
simile figura. Le seconde invece sono verità contingenti (cioè l'opposto di esse non implica
contraddizione), inoltre non sono deducibili a priori dalla ragione, ma sono a posteriori e si fondano
sull'esperienza. Verità di questo secondo tipo (ad esempio: "Cesare varcò il Rubicone") sono rette dal
"principio di ragion sufficiente", secondo cui nulla accade senza che vi sia una ragione o una causa che
giustifichi l'evento.
4 METAFISICA
Leibniz occupa una posizione centrale nella storia del razionalismo moderno. Contro il dualismo della
metafisica di Descartes e contro la sua limitata concezione meccanicistica della fisica, Leibniz fece
valere un nuovo concetto di sostanza come "forza viva", centro di forza e di energia spirituale, che egli
chiamò anche "monade". Inoltre, contro il monismo della filosofia di Spinoza, che riduceva tutte le
manifestazioni dell'universo all'unica sostanza divina, egli fece valere sia il principio della pluralità dei
singoli centri sostanziali o monadi, sia il principio della personalità di Dio. L'universo appare così
costituito da innumerevoli "monadi" o atomi spirituali (sostanze semplici e inestese), disposte in un
ordine con al vertice la monade suprema o Dio.
Ogni monade rappresenta un microcosmo individuale, rispecchiando l'universo secondo gradi di
perfezione crescente e sviluppandosi indipendentemente da tutte le altre monadi. L'attività di ciascuna
monade consiste nell'esplicarsi in sempre nuove percezioni. Queste, a loro volta, non sono tutte chiare
e distinte, come le idee di cui parlava Descartes, ma comprendono anche percezioni "oscure e
confuse", ovvero, come si direbbe oggi, inconsce. Le monadi si distinguono pertanto tra loro per il
diverso grado di chiarezza e di perfezione delle loro percezioni.
La materia non è propriamente una sostanza corporea, ma un aggregato di un'infinità di monadi dotate
di vita. "Ogni parte della materia", scrive Leibniz," può esser concepita come un giardino pieno di
piante e uno stagno pieno di pesci. Ma ogni ramo della pianta, ogni membro dell'animale, ogni goccia
dei suoi umori è ancora un giardino o uno stagno di tal fatta".
5 L'ARMONIA PRESTABILITA
Le monadi non sono direttamente in comunicazione reciproca, ma ognuna è uno specchio del mondo,
che rappresenta in maniera più o meno chiara tutte le altre. L'accordo fra le monadi è garantito e
stabilito da Dio, monade suprema. Egli, nell'atto di creare una monade, la rende adatta all'insieme di
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tutte le altre, in maniera di far corrispondere gli stati interni, o percezioni, di essa agli stati interni delle
altre monadi.
L'universo costituito da queste monadi è pertanto il risultato armonioso di un piano divino. Gli esseri
umani, tuttavia, con le loro rappresentazioni limitate, non riescono ad accettare come parte
dell'armonia universale mali come le malattie e la morte. Quest'universo leibniziano, "il migliore di tutti
i mondi possibili", divenne oggetto dell'ironia di Voltaire nel romanzo Candido (1759).
Il pensiero di Leibniz esercitò una grande influenza sulla filosofia tedesca successiva, soprattutto
attraverso la sistemazione delle sue idee da parte di Christian Wolff, uno dei maggiori esponenti
dell'illuminismo tedesco.
Usano l argomento ontoteologico come Anselmo: More è scotista antitomista pre-cartesiano.
Anticipano Leibniz e Wolff, Dio come essere necessario ma solo Baumgarten argomentò
sistemticamente.
Baumgarten, Alexander
Baumgarten, Alexander (Berlino 1714 - Francoforte sull'Oder 1762), filosofo tedesco, fu allievo di
Christian Wolff all'università di Halle e venne influenzato dall'opera di un altro grande pensatore
tedesco, Gottfried Wilhelm Leibniz. Baumgarten fu il primo filosofo moderno che associò il termine
estetica all'esperienza e alla definizione del bello, trattandone in modo sistematico nelle sue opere. Tra
il 1750 e il 1758 pubblicò due volumi della sua Aesthetica. Scrisse anche Ethica philosophica (1763),
Metaphysica (1739) e Philosophia generalis (1770).
Sec More l ateo è nemico della logica poiché un pregiudizio gli impedisce di riconoscere 1 conseguenza che nn si può contraddire
con ragioni (rif.a Gassendi).
Sec More se dobbiamo tener fermo l argomento ontologico sennò l intera cosmologia diventa insostenibile, quindi
A. Necessità è pensata insieme all assenza di Dio perché esistenza permanente è + perfetta di esistenza nn permanente
B. Da questa necessità essenziale si può conoscere che Dio è necessariamente reale
C. Quando spieghiamo la realtà dobbiamo presupporre un ente necessario dal quale dipendono tutte le cose contingenti
nel mondo.
Cudworth con The true intellectual System of the Universe segue More ma soprat Descartes in cui Dio esiste con
necessità solo se reale ma qui sta l errore. Quindi anticipa Kant di un secolo.
Anche gli atei riconoscono la necessità che nn necessariamente appartiene a Dio.
Leibniz, Gottfried Wilhelm
1 INTRODUZIONE
Leibniz, Gottfried Wilhelm (Lipsia 1646 - Hannover 1716), filosofo, matematico e uomo politico
tedesco. Dopo aver studiato presso varie università tedesche, dal 1666 (anno in cui si laureò in diritto)
fu al servizio dell'arcivescovo elettore di Magonza con vari incarichi giuridici, politici e diplomatici. Nel
1673 si recò a Parigi restandovi per tre anni e dedicandosi a studi di logica, matematica, fisica e
filosofia. Nel 1676 fu nominato bibliotecario e consigliere privato alla corte di Hannover, mantenendo
l'incarico fino alla morte.
Gli interessi di Leibniz, considerato un genio universale dai contemporanei, spaziano nei più diversi
campi del sapere, dalla matematica alla filosofia, dalla teologia alla fisica, ma investono anche i campi
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del diritto, della diplomazia, della politica, della storia e della filologia. Egli non lasciò tuttavia opere di
carattere sistematico e la sua vastissima produzione filosofico-scientifica consiste di saggi brevi, oltre
che di numerosi abbozzi rimasti per lungo tempo inediti. Tra gli scritti filosofici principali di Leibniz vi
sono: Saggi di teodicea (2 voll., 1710), Monadologia (postuma, 1718-1720) e Nuovi saggi sull'intelletto
umano (postumi, 1765).
2 MATEMATICA
Leibniz contribuì alla matematica con la scoperta dei principi fondamentali del calcolo infinitesimale, e
la notazione leibniziana venne adottata universalmente ( vedi Simboli matematici). Sulla priorità di
questa scoperta si accese una polemica fra Leibniz e Newton: in realtà la scoperta di Leibniz, risalente
al 1674 ma resa nota nel 1684 nel Nuovo metodo per la determinazione dei massimi e dei minimi ,
avvenne indipendentemente da quella di Newton, che aveva elaborato il suo sistema di calcolo nel
1666 senza renderlo pubblico fino al 1687. Nel 1672 Leibniz ideò inoltre una macchina calcolatrice
capace di moltiplicare, dividere ed estrarre radici quadrate.
3 LOGICA
La riflessione di Leibniz è fondamentale sia per la nascita della logica formale moderna, sia per la
filosofia del linguaggio. Egli progettò anzitutto la costruzione di una lingua universale modellata sul
calcolo matematico, nella quale i nessi fra i simboli dovevano esprimere le relazioni logiche fra i
concetti. Inoltre egli distinse i giudizi logici in "verità di ragione" e "verità di fatto". Le prime (come ad
esempio le verità matematiche) sono necessarie e sono regolate dal principio di non-contraddizione
(secondo il quale è falso ciò che contiene una contraddizione ed è vero "ciò che è opposto o
contraddittorio al falso"): si tratta di verità a priori, innate e pertanto necessarie (cioè il loro opposto
implica contraddizione); tuttavia, esse non dicono nulla circa la realtà esistente di fatto, come ad
esempio la definizione del triangolo, che prescinde completamente dal fatto che in natura vi sia una
simile figura. Le seconde invece sono verità contingenti (cioè l'opposto di esse non implica
contraddizione), inoltre non sono deducibili a priori dalla ragione, ma sono a posteriori e si fondano
sull'esperienza. Verità di questo secondo tipo (ad esempio: "Cesare varcò il Rubicone") sono rette dal
"principio di ragion sufficiente", secondo cui nulla accade senza che vi sia una ragione o una causa che
giustifichi l'evento.
4 METAFISICA
Leibniz occupa una posizione centrale nella storia del razionalismo moderno. Contro il dualismo della
metafisica di Descartes e contro la sua limitata concezione meccanicistica della fisica, Leibniz fece
valere un nuovo concetto di sostanza come "forza viva", centro di forza e di energia spirituale, che egli
chiamò anche "monade". Inoltre, contro il monismo della filosofia di Spinoza, che riduceva tutte le
manifestazioni dell'universo all'unica sostanza divina, egli fece valere sia il principio della pluralità dei
singoli centri sostanziali o monadi, sia il principio della personalità di Dio. L'universo appare così
costituito da innumerevoli "monadi" o atomi spirituali (sostanze semplici e inestese), disposte in un
ordine con al vertice la monade suprema o Dio.
Ogni monade rappresenta un microcosmo individuale, rispecchiando l'universo secondo gradi di
perfezione crescente e sviluppandosi indipendentemente da tutte le altre monadi. L'attività di ciascuna
monade consiste nell'esplicarsi in sempre nuove percezioni. Queste, a loro volta, non sono tutte chiare
e distinte, come le idee di cui parlava Descartes, ma comprendono anche percezioni "oscure e
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confuse", ovvero, come si direbbe oggi, inconsce. Le monadi si distinguono pertanto tra loro per il
diverso grado di chiarezza e di perfezione delle loro percezioni.
La materia non è propriamente una sostanza corporea, ma un aggregato di un'infinità di monadi dotate
di vita. "Ogni parte della materia", scrive Leibniz," può esser concepita come un giardino pieno di
piante e uno stagno pieno di pesci. Ma ogni ramo della pianta, ogni membro dell'animale, ogni goccia
dei suoi umori è ancora un giardino o uno stagno di tal fatta".
5 L'ARMONIA PRESTABILITA
Le monadi non sono direttamente in comunicazione reciproca, ma ognuna è uno specchio del mondo,
che rappresenta in maniera più o meno chiara tutte le altre. L'accordo fra le monadi è garantito e
stabilito da Dio, monade suprema. Egli, nell'atto di creare una monade, la rende adatta all'insieme di
tutte le altre, in maniera di far corrispondere gli stati interni, o percezioni, di essa agli stati interni delle
altre monadi.
L'universo costituito da queste monadi è pertanto il risultato armonioso di un piano divino. Gli esseri
umani, tuttavia, con le loro rappresentazioni limitate, non riescono ad accettare come parte
dell'armonia universale mali come le malattie e la morte. Quest'universo leibniziano, "il migliore di tutti
i mondi possibili", divenne oggetto dell'ironia di Voltaire nel romanzo Candido (1759).
Il pensiero di Leibniz esercitò una grande influenza sulla filosofia tedesca successiva, soprattutto
attraverso la sistemazione delle sue idee da parte di Christian Wolff, uno dei maggiori esponenti
dell'illuminismo tedesco.
La sua Monadologia spiega l esistenza di Dio a priori come ente necessario,ragion sufficiente di tutto
ciò che succede nel mondo:prende da Agostino
Agostino
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1 INTRODUZIONE
Agostino (Tagaste, Numidia 354 - Ippona 430), filosofo e santo, uno dei più eminenti padri e dottori
della Chiesa. Figlio di padre pagano e di madre cristiana, nel 371 Aurelio Agostino si recò a Cartagine
per compiervi gli studi di retorica. Qui ebbe un figlio, Adeodato ("dono di Dio"), da una donna con la
quale visse in concubinaggio per circa quindici anni.
2 PERCORSO INTELLETTUALE
All'età di diciannove anni, in seguito alla lettura dell'Ortensio di Cicerone, Agostino riconobbe in sé la
vocazione alla filosofia; dopo breve tempo, aderì al manicheismo, religione di origine persiana
largamente diffusa in Africa settentrionale. Insegnante di grammatica e retorica dal 373, prima a
Tagaste, poi a Cartagine, nel 383 si recò a Roma, dove sperava di trovare studenti più disciplinati e
migliori possibilità di carriera. A Roma, tuttavia, Agostino rimase poco più di un anno: nell'autunno del
384 si trasferì a Milano, avendo ottenuto, grazie all'aiuto di alcuni amici manichei, l'incarico di
professore ufficiale di retorica della città.
L'esperienza milanese segnerà una svolta radicale nella vita e nel pensiero di Agostino. L'incontro con il
vescovo della città, Ambrogio, dal quale apprende il valore dell'esegesi allegorica delle Scritture, e la
scoperta dei testi dei filosofi neoplatonici, in particolare le Enneadi di Plotino, nella traduzione latina del
retore Mario Vittorino, contribuiscono alla sua conversione al cristianesimo: divenuto catecumeno nel
385, Agostino riceve il battesimo dalle mani di Ambrogio nel 387.
Accostandosi al pensiero dei neoplatonici, Agostino intuisce la superiorità metafisica del cristianesimo,
che risolve il problema del male definendolo come privazione o assenza d'essere, senza elevarlo al
ruolo di principio sostanziale, come avevano fatto i manichei. Su tali basi la filosofia, intesa come
conoscenza dell'essere, può illustrare razionalmente ciò che per la fede è certezza assoluta soltanto
spostando il fuoco dell'indagine nel cuore di ogni uomo: secondo Agostino, infatti, il percorso svolto
nell'interiorità dell'anima verso il riconoscimento della verità della fede corrisponde al cammino di
salvezza che il cristianesimo incarna.
Motivi centrali di questo percorso, del quale Agostino ci dà al tempo stesso una narrazione in chiave
autobiografica e una meditazione interiore nelle Confessioni (397), sono i temi della memoria e del
tempo. Agostino esplora la dimensione della memoria dell'uomo che, oltre ai ricordi degli eventi
passati, custodisce le verità prime della scienza (secondo una concezione che risale alla dottrina
platonica del conoscere come ricordare), i sentimenti e le passioni, ormai sedimentati e spogliati della
loro originaria forza emotiva, fino a coincidere essa stessa con l'intera dimensione latente della
coscienza e a rivelarsi come il luogo della presenza di Dio nell'anima. Questa tendenza a privilegiare
l'interiorità della ricerca è riscontrabile anche a proposito dell'analisi del tempo, che secondo Agostino
non è una realtà oggettiva, ma esiste solo nello spirito dell'uomo. Passato, presente e futuro vengono
infatti ricondotti a tre differenti aspetti di una medesima "estensione dell'anima": il presente del
passato, ossia la memoria delle cose passate; il presente del presente, cioè l'intuizione delle cose
presenti; il presente del futuro, ossia l'aspettazione delle cose future.
3 VESCOVO E TEOLOGO
Tornato a Tagaste nel 389, Agostino si dedicò allo studio e alla meditazione; nel 391 venne ordinato
sacerdote e nel 397 fu nominato vescovo di Ippona, in un periodo di disordini politici e conflitti
teologici: i barbari premevano ai confini dell'impero, mentre la Chiesa si vedeva minacciata da scismi
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ed eresie. Agostino si dedicò totalmente alla lotta contro il manicheismo e le dottrine eretiche dei
donatisti e dei pelagiani: i primi facevano dipendere la validità dei sacramenti dal rigore morale di chi li
amministra, mentre i secondi negavano la dottrina del peccato originale. Nel corso di quest'ultimo
conflitto, che fu lungo e aspro, Agostino elaborò le sue dottrine sul peccato originale, la grazia divina e
la predestinazione.
Cercando una mediazione fra gli estremi del pelagianesimo e del manicheismo, Agostino affermò la
presenza del peccato nell'uomo e la necessità dell'intervento della grazia divina per conseguire la
salvezza, al fine di confutare la dottrina pelagiana; contro i manichei, egli difese invece la coesistenza
di libero arbitrio e grazia.
4 OPERE
Nelle Confessioni Agostino tracciò il cammino intellettuale che porta l'uomo, nella sua interiorità, al
progressivo riconoscimento della Verità e del fatto che questa Verità è Dio. Nella Città di Dio (412426), un'apologia del cristianesimo incentrata sul confronto con la civiltà pagana, Agostino elaborò una
concezione teologica del progresso della civiltà, intendendo la storia come l'attuarsi nel tempo di un
disegno provvidenziale di origine divina. Dieci dei ventidue libri dell'opera sono dedicati alla polemica
contro il panteismo, mentre i rimanenti dodici descrivono l'origine, la crescita e il destino della Chiesa,
considerata l'erede degli aspetti più nobili della cultura pagana: alla città terrena, mossa da stolti
appetiti e destinata alla dannazione, si contrappone la città di Dio, comunità dei giusti che saranno
salvati. Fra il 426 e il 427 Agostino compose le Ritrattazioni, in cui giudicò retrospettivamente tutte le
proprie opere, correggendone gli errori. Tra gli altri suoi scritti vi sono le Epistole, che abbracciano il
periodo compreso fra il 386 e il 429, i trattati Il libero arbitrio (388-395), La dottrina cristiana (397426), Sul battesimo contro i donatisti (401), La trinità (399-419), Sulla grazia contro Pelagio (415), e
studi su vari libri della Bibbia, in particolare sul libro della Genesi.
Ma la possibilità dell ente deve essere dimostrata.
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L’esistenza può essere concepita razionalmente solo come momento nell essenza, preludendo Hegel e Suarez.
Solo l ente perfettissimo è ragione sufficiente della propria esistenza.
Risp a Gassendi, Leibniz x cui l ente perfettissimo deve essere pensato contemporaneamente all esistenza (primo argomento)
perché in esso l essenza è la ragione sufficiente dell esistenza (secondo argomento).
Nel pf 43 della Monadologia stabilisce una connessione tra possibilità essenziale del finito e realtà dell infinito, quindi 1
connessione ideologica.
Un ente è possibile quando la sua determinazione essenziale si rivela priva di contraddizioni.
Negare una prova ontologica significa essere a priori convinti dell impossibilità di Dio.
Wolff, Christian
Wolff, Christian (Breslavia 1679 - Halle 1754), filosofo e matematico tedesco. Formatosi all'Università
di Lipsia, grazie all'appoggio di Gottfried Leibniz nel 1706 fu nominato professore di matematica e di
filosofia naturale all'Università di Halle. Tuttavia, le teorie razionaliste di Wolff entrarono in aspro
contrasto con le concezioni religiose di alcuni colleghi, in particolare dei teologi. Accusato di ateismo, fu
bandito dalla Prussia nel 1723 e si trasferì in Assia, dove insegnò all'Università di Marburgo fino al
1740. In quell'anno Federico II, re di Prussia, richiamò ad Halle Wolff che, nel 1743, divenne
cancelliere dell'università.
Esempio di rigorosa sistematicità, la filosofia di Wolff si incentra su una duplice suddivisione, in base
alla quale si distinguono le scienze razionali dalle scienze empiriche e le scienze teoriche dalle scienze
pratiche. In tal modo, Wolff utilizza le dottrine di Leibniz per costruire un ‘enciclopedia del sapere che,
operando una riduzione logica delle verità di fatto alle verità di ragione, conferisca ordine e organicità
ai procedimenti del pensiero e all'indagine empirica, entro una cornice concettuale di chiara matrice
illuminista. La sua voluminosa produzione in lingua tedesca include i Pensieri razionali su Dio, il mondo
e l'anima degli uomini (1719), Pensieri razionali sull'agire umano (1720), Pensieri razionali sulle
operazioni della natura (1723), mentre tra le opere in latino si ricordano Philosophia rationalis sive
Logica (1728), Philosophia prima sive Ontologia (1729), Theologia naturalis (1736-37).
Dalla Cosmologia di Leibniz deduce un ens necessarium dalla contingenza del mondo, ma anche ens perfectissimum.
L argomento ontologico nn solo segue immediatamente quello cosmologico ma è evident dipendente da questo. Sono parole
riprese da Cartesio a Caterus.
Baumgarten
Allievo di Wolff, si avvale della cosmologia in quanto necessità,apprez da Kant come analitico ma come rif nei suoi corsi. B.ha
preparato la fine della teologia metafisica pronta per Kant.
Anche la materia può essere ente necessario.prende da Leibniz Anselmo More Cudworth ma tradisce il maestro Wolff .ma la
perfectio è consensus in Dio, nn Realitaet , sotto un’unica ragione comune.
Ma è Dio Creatore e ragione del mondo?
Sec Baum anche la causa extramondana è ens necessarium (Metaphysica), quindi una prova a posteriori.
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Nella crisi dell onteteologia fu coinvolta l intera metafisica, quindi da Baum l onto.si trovò sulla difensiva.
Hume prima di Kant cominciò ad attaccare l ens necessarium e la cosmologia.
Mendelssohn, Moses
Mendelssohn, Moses (Dessau 1729 - Berlino 1786), filosofo tedesco. Autodidatta, nel 1754 si legò
d'amicizia con Gotthold Ephraim Lessing, accostandosi alle posizioni dell'Illuminismo: fu Lessing che
pubblicò anonimi i Dialoghi filosofici di Mendelssohn nel 1755. Nel 1763 vinse il premio dell'Accademia
di Berlino per il miglior saggio di metafisica con lo scritto Sull'evidenza delle scienze metafisiche,
prevalendo su Kant. Nel Fedone (1767), modellato sul dialogo omonimo di Platone, e nelle Ore
mattutine (1785), rielaborò le prove dell'immortalità dell'anima e dell'esistenza di Dio ereditate dalla
tradizione scolastica. Tra le altre sue opere si ricordano Sui principi fondamentali delle belle arti e delle
scienze (1757) e Gerusalemme, o sul potere religioso e sull'ebraismo (1783).
L empirismo si fece sentire in Germania attraverso Locke e Hume e l influenza di Crusius e Gassendi
aveva gettato i semi anche all Accademia di Berlino.
Come poteva l ontot dimostrare verità geometriche?
Mendel è il + importante Wolffiano dal 1760, parte dalla non-esistenza x cui nn essere nn è.quindi l
esistenza appartiene all essere assolutamente positivo, Dio.
L ente + perfetto è o reale o contiene una contraddizione.
LA CRITICA ALL ARGOMENTO ONTOLOGICO
Quindi Dio come omnitudo della Realitaet e quello dell ente necessario.
1. OBIEZIONE LOGICA ;in via di principio può negare la possibilità che da un concetto si passi
immediatamente alla certezza dell esistenza di ciò che in esso è concepito.Aristotelica, nn nega la
metafisica
2. OB. EMPIRISITCA;nella omnitudo realitatis si può contestare la determinazione dell esistenza; se l
esistenza nn è 1 realtà, dal pensiero della totalità della realtà nn deriva neppure l esistenza oggettiva
di essa.dallo scetticismo di Gassendi e Locke
3. OB. CRITICISTICA; la critica può anche togliere il concetto di ente necessario e mostrare che la
necessità può essere concepita sempre solo sotto 1 condizione e che quindi è sempre necessità
ipotetica. Se la rappresentazione di ente necessario nn è comprensibile a partire da essa stessa, da
questo concetto nn può mai derivare la certezza dell esistenza. Contesta l ente necessario
Se la critica colpisce l ens necessarium , è colpito nella sua posizione + forte,nella conoscenza
razionale di Dio.
Kant abbatte l ontoteologia con la Critica della Ragion pura.
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Kant, Immanuel
1 INTRODUZIONE
Kant, Immanuel (Königsberg, oggi Kaliningrad 1724-1804), filosofo tedesco. Nato da genitori seguaci
del pietismo, studiò presso il Collegium Fridericianum e frequentò poi l'Università di Königsberg, dove
seguì i corsi di fisica, logica e matematica. Dopo la morte del padre fu costretto ad abbandonare la
carriera accademica e si guadagnò da vivere come precettore privato. Nel 1755 conseguì la libera
docenza e ottenne l'incarico di professore straordinario di matematica e filosofia all'Università di
Königsberg; nei successivi quindici anni, partendo dalle posizioni di Christian Wolff e di Gottfried
Leibniz, Kant tenne dapprima lezioni di fisica e matematica, ampliando gradatamente il campo dei suoi
interessi fino a coprire quasi tutti i rami della filosofia.
In questa prima fase della sua vita, scrisse numerosi trattati su vari argomenti scientifici, in particolare
su questioni di geofisica. La sua più importante opera scientifica fu la Storia universale della natura e
teoria del cielo (1755), nella quale avanzò l'ipotesi della formazione dell'universo da una nebulosa in
moto rotatorio, congettura che in seguito venne sviluppata indipendentemente da Pierre-Simon de
Laplace.
Sebbene le lezioni accademiche e le opere scritte durante questo periodo consolidassero la sua
reputazione di filosofo, egli non ottenne una cattedra all'università fino al 1770, anno in cui scrisse la
dissertazione De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis e fu nominato professore
ordinario di logica e metafisica. Durante i ventisette anni successivi proseguì l'attività di insegnamento
accademico e attirò a Königsberg numerosi studenti. Le sue opinioni in campo religioso, che si
fondavano sul razionalismo piuttosto che sulla rivelazione, lo condussero al conflitto con il governo
prussiano e nel 1794 il re Federico Guglielmo II gli proibì di tenere lezioni pubbliche o di scrivere
intorno ad argomenti religiosi. Kant obbedì formalmente a quest'ordine per tre anni, fino alla morte del
sovrano; dopodiché si considerò libero da qualsiasi obbligo. Morì il 12 febbraio del 1804.
2 CRITICA DELLA RAGION PURA
Dopo un periodo che gli studiosi chiamano "precritico", in cui meditò sia sui testi dei filosofi empiristi –
in particolare sull'opera di Hume – sia sul pensiero dei razionalisti come Leibniz, Kant elaborò la chiave
di volta della sua filosofia nella Critica della ragion pura (1781). In quest'opera egli esaminò i
fondamenti e i limiti della conoscenza umana per delineare un approccio epistemologico capace di
legittimare razionalmente le conquiste della scienza moderna. In modo simile ad alcuni filosofi
precedenti, Kant differenziò le modalità del pensiero in giudizi analitici e giudizi sintetici. Un giudizio
analitico è una proposizione nella quale il predicato è contenuto nel soggetto, come nell'asserzione: "i
corpi sono estesi". La verità di questo tipo di proposizioni, che rispettando il principio di identità sono
universali e necessarie, è evidente: asserire il contrario sarebbe autocontraddittorio. Tali giudizi sono
quindi definiti "analitici", perché la verità è scoperta grazie all'analisi del concetto stesso, ma sono
anche considerati infecondi sul piano conoscitivo, in quanto non estendono il sapere. I giudizi sintetici,
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invece, sono le proposizioni cui non si può giungere grazie alla pura analisi razionale, ad esempio
l'asserzione: "i corpi sono pesanti". In questo caso il giudizio è fecondo, poiché il predicato "pesanti"
amplia la nostra conoscenza relativa al soggetto "i corpi", ma non è universale e necessario, in quanto
dipende dall'esperienza. Tutte le proposizioni che risultano dall'esperienza sensibile sono pertanto dette
"sintetiche".
Nella Critica della ragion pura Kant afferma che è possibile formulare giudizi sintetici a priori (ad
esempio: "ogni cambiamento ha una causa"), ossia giudizi fecondi dal punto di vista conoscitivo, ma
nel contempo universali e necessari. Questa posizione filosofica è comunemente nota con il nome di
"criticismo trascendentale". Descrivendo il modo in cui questo tipo di giudizio è possibile, Kant distinse
tra i "fenomeni" (dal greco phainómenon "ciò che appare"), vale a dire gli "oggetti per noi", in quanto
sono conosciuti dall'uomo e si collocano nel mondo dell'esperienza sensibile, e le "cose in sé O
NOUMENI", cioè gli oggetti considerati a prescindere dalle modalità in cui appaiono e sono esperiti dal
soggetto conoscente E QUINDI NELLA RAGIONE UMANA. I fenomeni, l'unica porzione di realtà
conoscibile, consistono propriamente nella sintesi o unione fra il materiale grezzo delle nostre
sensazioni e le forme a priori (cioè non desunte dall'esperienza) della nostra intuizione: lo spazio e il
tempo.
Kant asserì che, oltre a spazio e tempo, esiste anche un determinato numero di concetti a priori del
nostro intelletto, che denominò "categorie". Egli ripartì le categorie in quattro gruppi: quelle
concernenti la quantità, che sono unità, pluralità e totalità; quelle concernenti la qualità, che sono
realtà, negazione e limitazione; quelle concernenti la relazione, che sono causalità e azione reciproca, e
quelle concernenti la modalità, che sono possibilità e impossibilità, esistenza e non esistenza, e
necessità. Le forme a priori e le categorie trovano la loro applicazione nel campo dell'esperienza, dando
luogo a un sapere scientifico, cioè universale e necessario. Quando invece non sono applicate ai
fenomeni, le categorie danno luogo alle "idee" della ragione (ad esempio: l'anima, la libertà, Dio), cui
non può corrispondere alcun oggetto nell'esperienza e che non producono alcuna conoscenza effettiva.
Ne deriva per Kant l'impossibilità di elevare la metafisica al rango di una scienza. Essa rimane solo
un'aspirazione dell'animo umano.
3 ETICA
Nella Fondazione della metafisica dei costumi (1785) e nella Critica della ragion pratica (1788) Kant
delineò un sistema etico nel quale alla ragione è attribuita l'autorità suprema in campo morale. Egli
riteneva che le azioni di qualunque tipo dovessero fondarsi su un dovere dettato dalla pura ragione e
che nessuna azione, compiuta per convenienza o in mero ossequio alla legge o alla consuetudine
vigente, potesse essere considerata morale. Kant descrisse due tipi di prescrizioni impartite dalla
ragione: l'imperativo ipotetico, che impone un determinato corso dell'azione per raggiungere un fine
specifico e l'imperativo categorico il quale impone un corso di azioni che deve essere seguito a cagione
della sua correttezza e necessità. L'imperativo categorico è il fondamento della moralità e fu enunciato
da Kant in questi termini: "Agisci come se la massima della tua azione dovesse diventare per mezzo
della tua volontà una legge universale". Le posizioni etiche di Kant sono la conseguenza logica del suo
credere nella fondamentale libertà dell'individuo, la quale, se rimane indimostrabile nel campo
scientifico, trova nondimeno la sua legittimità da un punto di vista morale. Egli considerò la libertà
essenzialmente come autonomia, ossia come capacità della nostra volontà di legiferare razionalmente
e da se stessa in campo morale.
4 ESTETICA
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Nella Critica del giudizio (1790) Kant intese fornire un'indagine intorno alla nostra capacità di giudizio
estetico (o "gusto"). Il giudizio estetico, pur fondandosi sul sentimento, è però contraddistinto da una
peculiare universalità, seppure di tipo soggettivo, per la quale quando diciamo che un certo oggetto è
"bello" siamo consapevoli di oltrepassare il piano di ciò che è soltanto "piacevole" (e relativo a ciascun
individuo), per affermare invece qualcosa che può essere condiviso, in linea di principio, da tutti.
5 LA RIFLESSIONE SULLA STORIA
Il motivo saliente delle riflessioni di Kant sulla storia consiste nell'idea di un progresso culturale
dell'umanità, rivolto in direzione di una società ideale in cui la ragione "avrebbe impegnato ogni
legislatore a emanare le leggi in modo tale che esse avrebbero potuto essere scaturite dalla volontà
unita di un intero popolo, e in modo da valutare ogni soggetto, nella misura in cui desidera essere un
cittadino, su queste basi: se egli si sia conformato o meno a quella volontà". Nel suo trattato Per la
pace perpetua (1795) Kant auspicò l'instaurazione di una federazione mondiale di stati repubblicani.
Tra le altre opere di Kant vanno ricordati i Prolegomeni a ogni metafisica futura che voglia presentarsi
come scienza (1783), i Principi metafisici della scienza della natura (1786), La religione nei limiti della
semplice ragione (1793), La metafisica dei costumi (1797).
LA critica nel XVII s:
Gassendi, Pierre (Champtercier, Provenza 1592 - Parigi 1655), filosofo e scienziato francese. Studiò
presso le università di Avignone e di Aix, dove nel 1617 venne nominato professore di filosofia; nel
1645 ottenne la cattedra di matematica al Collège Royal di Parigi, da cui si dimise nel 1648.
Come filosofo, Gassendi divenne celebre innanzitutto per la sua opposizione alle teorie di Aristotele e
per il dibattito con il filosofo francese René Descartes sulla natura della materia. Nel 1647 fu pubblicata
la sua De vita et moribus Epicuri (Vita e costumi di Epicuro), seguita due anni più tardi da altre due
opere sul filosofo greco Epicuro. Si ritiene che le teorie di Gassendi abbiano aperto la via alle teorie
dell'empirismo moderno, anticipando quelle del filosofo britannico John Locke e del filosofo francese
Etienne de Condillac; egli fu responsabile soprattutto del rinnovato interesse verso la filosofia
dell'epicureismo in epoca moderna. Il suo contributo scientifico riguardò principalmente i campi
dell'astronomia e della cartografia.
Grande critico di Cartesio, saranno solo Hume e kant alla sua altezza ma bisogna arrivare a loro per la
maturazione dell antiontoteologia.Nella Disquisitio Metaphysica del 1647 è divisa in una Dubitatio
contro la provo ontol e l es del triangolo,la Responsio sul punto di vista cartesiano in cui nega la
perfezione, e Istanze con dettagli degli argomenti contrari.Quindi x G. l ontot è un paralogismo(
Ragionamento che deriva da una imperfezione insita nel procedimento Logico, e
quindi erroneo,
fallace; si distingue dal sofisma in cui l'errore nell'argomentazione è intenzionale.
Dal greco paralogismós, composto di para- (2) e logismós
`ragionamento'. )ma la sua critica alla metafisica rimane tuttavia incompleta.
I gesuiti post-Gassendi Huetius, l’Herminier e Parker vollero combattere il cartesianesimo pericoloso X
LA Chiesa.
Werenfels, teologo di Basel cartesiano.contrario dell esistenza necessaria è la contingente.
Jaquelot e i giornali francesi
Confutazioni di Werenfels e interes dispute sull ontologia,ripresa di Des Maizeau di Gassendi
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Sec J. Dio deve necessariamente possedere l esistenza, è necessaria perché posta nel suo concetto. J
dice che perfezione è tutto ciò che ci comunica una realtà.
La Lettre anglaise di Des Maizeau mostra il carattere sofistico dell arg ontologico di J. E solo Gassendi
ne risolve il mistero.
Ormai il seme scettico del XVIII s si era radicato.
Mosheim
L’ontot.del XVIII s si sposta in Germania se nn criticamente sulla scia dei francesi: citiamo Molsheim,
Crusius, Bering, Ruediger anche se nessuno ha distrutto il punto di vista C cioè la distruzione di ente
necessario, fino all influenza humiana ma soprat a KANT.
Sec M.ideale qui significa mentale; la diff tra esistenza e essenza sta nel modus cogitationis (sec
Descartes sono perfezioni, realtà sec Wolff, qualità sec Gassendi)ma solo Kant compie la critica all
‘ontoteologia.
Ruediger e Crusius
Ruediger anticipò Mosheim nella confutazione del pensiero ontologico a cui poi Cusius s è legato.
L esistenza di Dio è riportata all ordine della natura nella sua Physica Divina; una definizione nominale
è possibile la def reale.
Cr.diventa noto per la sua opposizione a Wolff poiché l esistenza di Dio nn può essere ridotta a
principio di contraddizione come x la matematica.
Senza la prova ontologica non c’è teologia razionale; chi nega la possibilitè della prova ontolog nega
anche la possibilità di ens a se.
Bering
Nn aggiunge nulla di nuovo da Moshein , presenta contro il primo argom ontologico l obiezione
empiristica ,dove ha + fortuna, mentre al secondo vuole opporsi con l obiez logica,quindi Dio è
possibile perché il suo concetto nn contiene contraddizione sec Leibniz.anticipa la Critica della ragion
pura, l anno prima contro la deduzione di Anselmo anche se Kant nn l’ha mai citato ma sicuramente
apprezzato.Diviene però allievo di Kant.
L ESISTENZA nn può essere PERFEZIONE, ma CONTINGENTE O NECESSARIA così B. parla di divinità
che esiste necessariamente piuttosto che di Dio.
La necessità poi non è realtà ma mera posizione.
Sec Baumgartner se la prima prova ontologica nn è valida, parlare dell ens necessarius nn significa
nulla.
Hume, David
1 INTRODUZIONE
17
Hume, David (Edimburgo 1711-1776), filosofo scozzese. Dopo aver studiato giurisprudenza presso
l'Università di Edimburgo si trasferì a La Flèche, in Francia, dove scrisse il Trattato sulla natura umana
(3 voll., 1739-40), opera che venne però ignorata dal pubblico. Tornato in Scozia, Hume si interessò di
etica e di economia politica. I suoi Saggi morali e politici (2 voll., 1741-42) riscossero, diversamente
dal Trattato, un successo immediato. In seguito, pubblicò la Ricerca sull'intelletto umano (1748) e la
Ricerca sui principi della morale (1751), entrambe frutto di una rielaborazione dei temi del Trattato.
Nel 1752, dopo la pubblicazione dei Discorsi politici, Hume ottenne un posto di bibliotecario a
Edimburgo e poté dedicarsi alla stesura della Storia d'Inghilterra, cominciata nel 1754 e ultimata nel
1761. Nel 1763 si recò nuovamente in Francia, a Parigi, dove venne apprezzato dagli illuministi, in
particolare da Jean-Jacques Rousseau, con il quale fece ritorno in Inghilterra; tuttavia, soprattutto a
causa della nevrotica instabilità di carattere del filosofo ginevrino, l'amicizia fra i due si ruppe in breve
tempo. Negli ultimi anni Hume visse a Edimburgo dedicandosi agli studi e alla cura editoriale delle sue
opere. L'autobiografia venne pubblicata postuma nel 1777, come pure i Dialoghi sulla religione naturale
(1779).
2 LA TEORIA DELLA CONOSCENZA
Nella prospettiva di pervenire a una "scienza della natura umana", condotta con metodo sperimentale
alla stessa maniera in cui Isaac Newton aveva costruito la scienza della natura fisica, Hume si rivolse a
una indagine dell'esperienza e di quell'ingrediente elementare di essa che denominava "percezione".
Hume riteneva che tutti i contenuti mentali, cioè le "percezioni", si potessero suddividere in due classi:
le "impressioni" e le "idee". Le prime sono percezioni che presentano maggior forza e vivacità; le
seconde sono immagini illanguidite delle impressioni originarie. La differenza fra impressione e idea è
ad esempio quella che intercorre fra il dolore provocato da una fonte di calore e l'immagine o il ricordo
di questo dolore nella memoria. In tal modo Hume affermò come Locke che ogni nostra conoscenza
deriva dall'esperienza, ma, a differenza del fondatore dell'empirismo moderno, dubitò che l'esperienza
rinviasse al di là di sé a delle cose, in quanto essa consiste interamente nelle impressioni che occupano
la mente del soggetto percipiente e nelle copie di queste impressioni. Hume dissolse anche il soggettosostanza del pensiero metafisico tradizionale (difeso ancora dal filosofo empirista Berkeley),
sostenendo che, dal momento che non è possibile avere esperienza di sé al di là di un'impressione o di
un'idea, anche il concetto di "Io" si risolve in un "fascio di percezioni", senza che vi sia alcuna sostanza
(cioè l'anima) a suo fondamento immutabile ed essenziale.
2.1 Critica del principio di causalità
In campo epistemologico Hume negò inoltre la necessità logica del nesso di causalità, sostenendo che
non è sufficiente aver osservato la presenza di una relazione di causa ed effetto tra due eventi in
circostanze reiterate, per trarre la conclusione che tale relazione sia logicamente necessaria e
universalmente valida. In altri termini, la presunta percezione di una relazione di causa ed effetto fra
due eventi del mondo consiste in realtà nella proiezione sul mondo dell'attesa prodotta
dall'associazione mentale di una sequenza temporale tra l'idea del primo evento e l'idea del secondo.
Pertanto è impossibile conoscere in modo certo dati di fatto che oltrepassino le singole percezioni,
benché Hume ammetta per la vita quotidiana il valore psicologico dell'abitudine a pensare in termini di
causa e di effetto e a credere alla validità delle percezioni. In questo modo Hume esercitò una forma di
scetticismo che metteva in dubbio non solo le pretese della metafisica di pervenire a conoscenze
assolute, ma anche l'attribuzione al sapere scientifico di un carattere di certezza che pretendesse di
sottrarsi al vaglio dell'esperienza.
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2.2 "Relazioni di idee" e "questioni di fatto"
Secondo Hume occorreva distinguere le semplici "relazioni di idee", che sono alla base delle
dimostrazioni matematiche, dalle "questioni di fatto", che sono indagate dalle scienze empiriche.
Mentre le prime danno luogo a una conoscenza astratta e a priori, che prescinde dal legame delle idee
con le impressioni corrispondenti e che si basa sul solo principio di identità, nella conoscenza delle
questioni di fatto ogni rapporto fra impressioni o fra idee è sempre dettato dall'esperienza. Ad esempio,
data l'idea di triangolo, l'idea che esso contiene tre angoli ed è limitato da tre lati è ricavata come una
conseguenza necessaria, e il contrario di questa relazione di idee implica contraddizione logica; data
invece l'impressione del lampo, la credenza che seguirà quella del tuono non viene di necessità: è
sempre possibile pensare il contrario di una questione di fatto, che possiede pertanto un valore
conoscitivo soltanto probabile.
2.3 L'abitudine
Alla base di ogni scienza empirica Hume ritrovava quel principio di "uniformità della natura", secondo
cui noi crediamo che "il futuro sarà simile al passato": si tratta di un principio che fonda la possibilità
dell'induzione, cioè del passaggio dalla osservazione di casi individuali a una regola o legge generale
che deve valere anche per quei casi che ancora non sono stati osservati. Senonché, secondo Hume,
l'estensione al futuro dell'esperienza passata e presente non può a sua volta essere fondata
razionalmente, in quanto deriva dall'"abitudine"; ma l'abitudine è una sorta di istinto che regola la
nostra associazione fra idee anche indipendentemente dalla nostra coscienza; è l'abitudine che genera
dunque la nostra "credenza" nel carattere necessario delle leggi naturali.
3 ETICA
In campo etico Hume applicò la medesima forma di scetticismo, negando la possibilità di una
fondazione razionale assoluta della morale. La ragione infatti è per Hume del tutto impotente a guidare
le azioni umane, ovvero "è schiava delle passioni e non può rivendicare in nessun caso una funzione
diversa da quella di servire e obbedire a esse". Inoltre la ragione può solo conoscere un fatto e dire
come una cosa è, ma non dirci come una cosa "deve" essere. Una volta però che i fini delle azioni siano
stati posti dalle passioni, la ragione può indicare i mezzi più idonei a raggiungerli o mostrarci anche che
la cosa in cui la passione colloca un certo fine non esiste.
Egli affermò che, quando riteniamo oggettivamente corretta o scorretta un'azione, stiamo soltanto
proiettando entro un sistema di valori i nostri sentimenti di approvazione o disapprovazione. Tali
sentimenti scaturiscono dal fatto che ogni individuo, benché egoista, è anche legato agli altri da una
certa "simpatia", intesa come una tendenza a porsi in sintonia con i loro stati d'animo, come ad
esempio la felicità e l'infelicità. Se si pensa che un'azione renderà felici molte persone, la simpatia si
esprimerà nella forma di un sentimento positivo verso l'azione, cioè il sentimento dell'approvazione.
Molte delle riflessioni morali di Hume influiranno sull'utilitarismo ottocentesco, in particolare sulle
dottrine del filosofo britannico John Stuart Mill.
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Il punto di vista C di Bering era già stato assunto da Hume ma nn si sofferma mai contro l ontoteol se
nn di passaggio per cui le teorie metafisiche sono insostenibili.
1.esistenza è tutto ciò che è rappresentato (sis di mere Rapp)
2. realtà è tutte le IMPRESSIONI e i ricordi di impressioni che possediamo, in contrap alle mere
immaginazioni e ai pensieri (sis delle rappr sensibili).tutte le ns deduzioni dell esistenza si basano
sempre sul pensiero della causalità. 3. alla realtà accanto alle impressioni vi sono le rappresentazioni
(ideas) rif ad impressioni presenti e passate x mezzo della relazione di causa ed effetto (sis delle rapp
del mondo dell esperienza)
Coscienza di una rappresentazione è coscienza d una cosa rappres come esistente.
L uomo è convinto della realtà di molte cose anche senza averle percepite, solo per fiducia.
Noi abbiamo le facoltà di ripetere le ns impressioni e di ricordarci delle passate quando ne compiamo
delle nuove, facoltà x cui poniamo in relazione tra loro le ns percezioni: l abitudine è uno dei principi
attraverso i quali sono prodotte tali relazioni.
Il concetto cosmologico di Dio contraddice alle 3 conoscenze x conoscenza di cause:1 imposs fare di
esso 1 esperienza immediata 2 esso nn può essere associato costantem con 1 altra impressione 2
cause ed effetto sono pensate da esso come identiche, quindi quando si PARLA DI ENTE NECESSARIO
SI PARLA DI UN MERO NOME.ma la critica di Hume è rimasta quasi senza effetto.
Ma solo Kant ha saputo distruggere definitiv questa prova nella sua forma metafisica.
X concludere
1 l ontoteologia dell età moderna ha tratto dal ME:
a la prova di Anselmo, PRIMO ARGOMENTO TEOLOGICO
b l obiezione logica di Gaunilone, Tommaso e della magg parte della tarda scolastica
c la forma fondam del II argomento ontologico che già Tommaso attribuisce alla prova di Anselmo
2 l ontoteol moderna fu fondata da Descartes 1641 che distingue la seconda prova dalla prima, e che
nn considerò nemmeno
3 Gassendi ha svil l obiezione empristica contro la prima prova ma nn ha colpitO la II (cartesiana).
4 i cartesiani soprat Malebranche e Spinoza svilup 1 sistema sul fondamento della II prova e la difesero
contro la critica tomistica soprat di Huetius e l Herminer.
5 seconda fase sull ens necessarium con More 1674 e Cudwort 1678 giustificano la deduzione del
primo argomento ontolo soprat contro l obiezione logica di Parker 1665
6 nelle riviste Jaquelot 1700 dikiara che tutta la teologia razionale è imposs se la prova ontolo nn è
valida ma nn riesce a difendersi contro Des Maizeau.
20
7 Leibniz sostiene Cudworth e Jaquelot
8 Mosheim 1733 e Bering 1780 usano contro la I prova l obiez empiristica, Mendelsshon ribatte che
essa nn può confutare la II prova.
9 Baumgarten 1739 al seguito di Leibniz ha reso dipend la premessa della II prova,la def di ens
necessarium, dalla validità della prima prova.
10 Hume e Kant definiscono l ens necessarium un mero nome.
LA CRITIC DI KANT ALL ONTOTELOGIA
Kant ha letto Baumgarten e Bering e studiato Wolff, respinge l obiezione logica ma nn è nemmeno così
empiristica anche se lo è a tratti nella sua critica generale.
Il I argom ontol si può annullare mostrando che l esistenza nn è 1 realtà (Gassendi).
L’ideale della critica della ragion pura è il cap che tratta l argomento e diviso in 7 sezioni o in 3
momenti:
1 svolge il concetto di Dio come ente perfettissimo
2 critica le tre prove tradizionali
3 derivazioni ed applicazioni
Sec la critica la RAGIONE E’ UN FACOLTA’ X CONOSCERE UNA TOTALITA’
anche alla cosa singola.
quindi si può applicare
La ragione presuppone la rappresentazione della omnitudo di tutti i predicati, l’IDEALE
TRASCENDENTALE (= A PRIORI CHE RENDE POSSIBILI LE ESPERIENZE STESSE) quindi vi sono 2
classi di predicati, quelli che esprimono 1 determ qualità intrinseca senza limitazione (compatto
elastico buono ecc) e quelli che pongono soltanto 1 certo grado di qualità (comprensibile resistente
moderato ecc) .
Anche se la ragione nn pretende affatto che la omnitudo di ogni realtà sia data oggettiv. E costituisca 1
cosa.
L estetica trascendentale ha mostrato che tutte le cose date x l esperienza sono meri fenomeni.
Il contrario dell impossibile è il necessario, è impossibile che proprio nulla sia reale quindi qualcosa
esiste necessariamente.
Lo scritto del 1763 dimostra che esiste un ente primo che è poi la ragione di ogni realtà x cui tutto l
essere è posto sotto la condizione del pensiero.
Al fondo dell unico argomento possibile sta l ideale trascendentale.
21
La ragione nn prende le mosse dai concetti ma dall esperienza comune ma quest argomento nn regge
se nn si poggia sull assolutamente necessario. X Kant la critica della rag è stata la teoria della
conoscenza metafisica.
La tesi della IV antinomia è l origine dell ontoteologia.
SISTEMA E CRITICA DELLA TEOLOGIA RAZIONALE
A .deve tener conto della distinzione tra necessità logica e reale
B la necessità reale nn può essere compresa dai suoi effetti
Ma la prova apparente dell ideale trascen nn è la prova ontologica, a Dio spetta quindi necessariamente
l esistenza ma E’ UNA POSIZIONE NN UN PREDICATO perché ha predicati ciò che esiste(Brentano si è
scandalizzato su questa posizione perché l esistenza nn è un predicato).
Quindi ens necessarium e omnitudo realitatis nn sono equivalenti poiché necessarium è indeterminato.
Quindi La soggettivizzazione del concetto di necessità assoluta: nella tesi della IV antinomia il pensiero
cosmologico è inevitabile.
Lo ens neces è ciò il cui contrario è impossibile.
Nella coscienza dell Io penso che il conoscente ha di se stesso c è solo coscienza d 1 operazione che
collega in unità le rappresentazioni date per cui le categorie di relazione sono la forma fondam del
pensiero di 1 oggetto.
La ragione nn potrà mai porre da se stessa l esistenza e neppure comprendere la differenza tra
possibilità, realtà e necessità.
L uomo deve distinguere tra possibilità e realtà delle cose.
L eternità, essere in ogni tempo, ma anche la determinazione di sostanza nn sono oggetti in quanto
tali. Sec Kant la tesi cosmologica presuppone quella ontologica ma l esistenza nn è 1 realtà.
L ens perfectissimum è ens originarius.
Mentre l ens neces e omnitudo realitatis nn s implicano reciprocamente.
Come Hume e WOlff K.è convinto che Dio nn possa essere perfetto nemmeno creatore ma come
possibilità.ma la teologia razionale è impossibile.quindi fa 1 critica alla teologia razionale e all ens
neces ma da qua riparte l ontoteologia soprat Baumgarten.
1. L ontoteologia come ogni conoscenza razionale di Dio si fonda su di un fatto cioè che possiamo
pensare concetti determinati di qualcosa di esistente, cioè di determinato dalla realtà che ad
esso spetta.Se è un ente finito un pensiero determinato ne diventa possibile solo in relazione
al max gado di questa realtà ed al concetto di tutta la realtà in genere.solo quando poniamo il
finito in rel con esso possiamo pensarlo come limitatamente o complet determinato: questa
basta come prova dell esistenza di Dio nel duplice senso: presup la realtà di cose finite cioè la
prova ideologica dell esist di Dio (della teologia scolastica)collegandosi a Platone e al
22
Monologion di Anselmo.A liv trascendentale invece Dio è solo un concetto possibile allo scopo
di pensare le cose finite
2. La cosmoteologia inizia con la conclusione dell esistenza contingente e condizionata ad un ens
necessarium: un ente è necessario quando nn si puo’ pensare la possibilità dell esistenza del
suo opposto contradditorio
Kant distingue dappertutto la necessità logica da quella reale, la ragione logica da quella reale,
il concetto dalla cosa.
Se il concetto di ente necessario può ess pensato chiaramente persino la prova cosmologica
diviene superflua perché allora vale la sec prova dell esistenza di DIO molto + facile da
svolgere, ma quindi che nn esista nessuna realtà è possibile.
LA CRITICA DELL ONTOTEOLOGIA NEGLI SCRITTI PRECRITICI DI KANT
IL PRINCPIO DELLA RAGION SUFFICIENTE STA ALLA BASE DEL PENSIERO DI KANT verso la
teoria critica della causalità.
L ontotel kantiana nasce da un suo saggio Principiorum primo rum…dove viene separata la
distinzione tra ragione(Grund) formale e ragione reale.
Se esiste un ente nn esiste in virtù di qualche causa né di una ragione-Grund né in virtù di se
stesso ma solo perché il contrario della sua esistenza è impossibile. L’ontot è un sofisma.
L unico argomento possibile appare nella Nova dilucidatio x cui il concetto della necessità
assoluto deve essere determinato fondata dall obbiezione empiristica.
L esistenza nn è un predicato neppure della perfezione.
Alla fine
1 i principi di identità e di nn contraddizione sono condizioni necessarie formali della possibilità
di tutte le cose, ciò che in sé è contradditorio è intrinsecamente impossibile
2 nn sono però le condizioni sufficienti della possibilità perché x constatare una contradd e con
ciò 1 impossibilità occorre che la datità dalla quale può sorgere 1 contradd sia già posta: la
datità rappres l aspetto materiale della possibilità.
Impossibile è ciò che toglie impossibilità. Assolut necessario ciò il cui contrario è impossibile,
quindi 1 datità precedente ogni possibilità è assolut necessaria, quindi è un concetto, quindi la
DIMOSTRAZIONE E’AVVENUTA.
L ONTOTEO NELL IDEALISMO SPECULATIVO
Il rinnovamento hegeliano dell ontot
La fine del XVIII s vede sparire la confutazione ontot ma Hegel la riprende attraverso Schelling
e Weisse
Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph
1 INTRODUZIONE
Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph (Leonberg, Württemberg 1775 - Bad Ragaz, Svizzera 1854),
filosofo tedesco, uno dei maggiori rappresentanti dell'idealismo tedesco. Schelling si formò allo Stift
(collegio teologico) di Tubinga, dove fu in rapporto con Georg Wilhelm Friedrich Hegel e Friedrich
Hölderlin. Laureatosi nel 1792 con una tesi di argomento mitologico, Schelling si confrontò poi con le
filosofie di Immanuel Kant e di Johann Gottlieb Fichte, interessandosi contemporaneamente al dibattito
sul panteismo di Baruch Spinoza e alla filosofia naturale del Rinascimento.
Durante un soggiorno a Lipsia pubblicò scritti che fondono l'idealismo trascendentale con la filosofia
della natura (Idee per una filosofia della natura, 1797; Sull'anima del mondo, 1798). Nel 1798 divenne
23
professore all'università di Jena; al 1799 risale il Primo abbozzo di un sistema di filosofia della natura.
Del 1800 è il Sistema dell'idealismo trascendentale.
Nel 1802 Schelling fondò con Hegel il "Giornale critico di filosofia" e nel 1804 pubblicò Filosofia e
religione; con l'ascesa sulla scena culturale dell'astro di Hegel, Schelling si ritirò dall'insegnamento. Del
1809 sono le Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana . Nel 1827 riprese l'insegnamento, a
Monaco di Baviera, e dal 1841 a Berlino. Alle sue lezioni assisterono alcuni fra i maggiori pensatori
dell'età successiva: Kierkegaard, Feuerbach, Engels, Bakunin.
2 LA FILOSOFIA DELLA NATURA
Il pensiero di Schelling appare influenzato dal monismo di Spinoza, oltre che dai temi panteistici delle
filosofie rinascimentali, come quella di Giordano Bruno. Esso nondimeno esprime nella maniera più
compiuta esigenze e temi propri dell'età del romanticismo. Schelling prende le mosse dalla filosofia di
Fichte, ma non ne condivide l'identificazione della natura con il "non-io", inteso come puro ostacolo
all'attività infinita dell'io. Egli ritiene invece possibile ritrovare anche nella natura un'attività spirituale
che, sebbene inconsapevole, si svolge finalisticamente. "La natura è lo spirito visibile", egli scrive, "lo
spirito è la natura invisibile". In questa prospettiva Schelling afferma, nei suoi primi scritti, che nella
natura risiede un principio vitale che collega gli esseri inorganici e gli organici in un organismo
complessivo; tale principio è chiamato "anima del mondo". Le forze della natura inorganica (la gravità,
il magnetismo, l'elettricità) si ripetono, a una potenza superiore, in quella organica (dove agiscono la
sensibilità, l'irritabilità e la riproduzione), sicché a ogni stadio dello sviluppo naturale è possibile
ritrovare una dialettica fra due poli opposti, ovvero fra una forza espansiva e una forza limitante (ad
esempio fra attrazione e repulsione). Attraverso questi stadi di sviluppo, la natura, come "spirito
assopito", emerge via via fino alla conquista della coscienza di sé nell'uomo.
3 L'ASSOLUTO E L'ARTE
La filosofia della natura è peraltro solo un punto di vista che richiede di essere integrato all'interno di
una prospettiva più ampia. Secondo Schelling, si tratta di riconoscere che l'Assoluto, cioè la totalità
unitaria di tutte le realtà, è sia natura sia spirito, anzi consiste nella loro identità. Pertanto la realtà
assoluta viene pensata da Schelling come né soggettiva né oggettiva, né consapevole né inconscia:
essa è l'identità o indifferenza di soggettivo e oggettivo, di libertà e di necessità, di spirito cosciente e
di natura inconscia. A questo punto non è tanto il pensiero razionale, quanto piuttosto l'arte, come
attività creatrice che collega un'attività cosciente a un momento inconscio (la cosiddetta ispirazione), a
cogliere l'identità dell'Assoluto: "l'arte", scrive Schelling, "è l'unico ed eterno organo della filosofia e
nello stesso tempo il testimonio vivente della sua verità". Le prospettive romantiche della filosofia di
Schelling relative all'Assoluto e all'arte, se influenzarono gli sviluppi dell'estetica della sua età, furono
però ampiamente criticate da Hegel.
4 FILOSOFIA E RELIGIONE
Negli ultimi anni di insegnamento acquista via via rilievo, nel pensiero di Schelling, un interesse per il
problema religioso. Da un lato egli è portato a considerare l'opposizione di natura e spirito come il
risultato di una "caduta" dall'Assoluto; dall'altro a cogliere nell'Assoluto stesso, ora interpretato
religiosamente da Schelling secondo spunti che si rifanno alla mistica di Böhme, un contrasto fra bene
e male.
24
Schelling si occupò inoltre del tema della mitologia, considerata essa stessa come rivelazione del
divino. Egli condusse anche una critica serrata della filosofia di Hegel, che identificava la realtà con la
ragione: per Schelling invece la ragione può tutt'al più giungere a conoscere l'essenza della realtà, ma
non può cogliere la realtà esistente come tale, che è fuori dal pensiero e indipendente da esso. Si tratta
di una tesi che non mancò di influire sul pensiero del filosofo danese Kierkegaard.
Hegel intende il suo sistema come prova ontol dell esistenza di dio poiché l essere nn può venire
determinat pensato x sé e contro il concetto contiene in sé l essere come momento perciò si determ
anche ad oggettività. Unità DI CONCETTO ED ESSERE porta all ASSOLUTO, rientrando in ambito
ontologico, come cammino dell intera logica e delle filosofie della natura e dello spirito.
L idealismo speculativo ha visto però l opposizione di Schulze e Krug,neokantiani.
Sec Hegel la storia della filosofia è1 parte del processo nella quale l Assoluto coglie il proprio concetto,
dissimulate da riflessioni soggettive. Riprende KANT sull interpretazione dei filosofi molto meglio di
quanto possano fare essi di loro stessi. Lui lo fece x tutta la vita su Kant, ma ne omette il criticismo e
sopratt fraintende la critica kantiana con l obiezione logica.
Il concetto di essere che è pensato nel conc di Dio, nn è perciò mero concetto, ma sebbene pensiero, il
pensiero determinato del negativo dell autocoscienza di quel che è fuori del pensare.quindi uguale a
K.sull obbiezione logica. L essere visto da H. come mera determinazione di forma.
Ma l essere qui è affatto positivo, e l esistenza è vista come una proprietà.
K.vede Dio come ragione di ogni realtà (Realitaet).ANCHE LA CRITIC EMPIRISTICA VIENE
CONFERMATA DA HEGEL.
Dio come puro reale in ogni reale o come somma di tutte le realtà, è la stessa indefinitezza e
inconsistenza che il vuoto Assoluto, in cui tutto è uno. Dio come omnitudo realitatis, cioè Dio è l
Essere, primo pensiero dell Assoluto. DIO è colui la cui essenza comprende l esistenza formando il
concetto cosmologico di ente necessario a partire dal primo argomento ontol. Hegel riconduce Anselmo
al II argo nt che deve a Descartes la sua forma + completa. H esce dal meccanismo metafisico per cui
il I arg è fondamento del II. Solo Desc ha espresso oggettiv l unità di Dio e dell Essere e nn è +
incidentalmente realtà soggettiva come in Anselmo.
X Hegel Dio è necessità, nn come in Kant un mero nome(barbarie kantiane). Spinoza invece da
matematico inizia sempre con definizioni mentre in filos il contenuto si deve conoscere come quel che è
vero in sé e per sé. Il pensiero “essere” è la prima determinazione dell assoluto, una determinazione
indipendente dal suo essere pensata.
Il vero esame delle categorie diventa uno svolgimento delle pure determinazioni di pensiero da esse
stesse. H. è convinto che la Fenomenologia dello spirito debba fare da introduzione alla Scienza della
logica ma si deve discernere concetto ed essere prima.
Pensare ed essere sono contrapposti: l assoluto stesso per H è nel significato oggettivo.
Il concetto per H è la RAPPRESENTAZIONE e può essere compresa nella filosofia reale dello spirito.
La categoria della causalità appartiene alla logica dell essenza che precede quella del concetto. Dio
Causa sui (Kant) , quando il soggetto determina se stesso.
25
Dall Enciclopedia delle scienze filos di Heidelberg il concetto è semplic l agente e nn + la causa con l
apparenza di produrre un altro ma l agente di se stesso.
Sec H. Il concetto di essere che è pensato nel concetto di Dio non è perciò mero concetto, ma sebbene
pensiero, il pensiero determinato del negativo dell autocoscienza, di quel ch’è fuori del pensare.
Dio è la somma di tutte le realtà, il CONCETTO E’ ESSERE , anche se il concetto di necessario e essere
universale hanno cambiato il significato.
L arg ontol hegeliano verte su tre punti:
1. Tramite l idea della logica definire indipendenti dal concetto del soggetto pure determinazioni di
pensiero
2. Attraverso l opposizione delle determinazioni concettuali di essere e concetto che si distinguono
come il privo di determinazioni e la totalità delle determinazioni
3. Attraverso l unità di queste determinazioni nella totalità dell assoluto che in quanto totalità in
ogni sua distinzione è sempre relazione in sé.
DIO=ESSERE
La filos deve allontanarsi dalla riflessione su di sé x entrare nella logica, nn può costruire, deve
divenire Ragione che osserva lo svolgimento del pensiero dell assoluto. Perciò il pensiero dell Io
è superiore al mondo felice dei greci mentre il mondo cristiano ha con immensa fatica prodotto
il sé come principio e giunge al compimento solo quando toglie l opposizione che separa sé ed
essere e attrav la quale il sé è solo un assoluto relativo, ancora finito.
È la lotta del criticismo contro la speculazione idealistica cioè l obiezione logica contro l
argomento ontologico: qui la soggettività è pensata come momento.
Alla profondità umana , cioè lo spirito, appartiene la totalità del soggetto in se stesso,
oggettività sostanziale, e con ciò opposizione infinita.
Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph
1 INTRODUZIONE
Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph (Leonberg, Württemberg 1775 - Bad Ragaz, Svizzera 1854),
filosofo tedesco, uno dei maggiori rappresentanti dell'idealismo tedesco. Schelling si formò allo Stift
(collegio teologico) di Tubinga, dove fu in rapporto con Georg Wilhelm Friedrich Hegel e Friedrich
Hölderlin. Laureatosi nel 1792 con una tesi di argomento mitologico, Schelling si confrontò poi con le
filosofie di Immanuel Kant e di Johann Gottlieb Fichte, interessandosi contemporaneamente al dibattito
sul panteismo di Baruch Spinoza e alla filosofia naturale del Rinascimento.
Durante un soggiorno a Lipsia pubblicò scritti che fondono l'idealismo trascendentale con la filosofia
della natura (Idee per una filosofia della natura, 1797; Sull'anima del mondo, 1798). Nel 1798 divenne
professore all'università di Jena; al 1799 risale il Primo abbozzo di un sistema di filosofia della natura.
Del 1800 è il Sistema dell'idealismo trascendentale.
Nel 1802 Schelling fondò con Hegel il "Giornale critico di filosofia" e nel 1804 pubblicò Filosofia e
religione; con l'ascesa sulla scena culturale dell'astro di Hegel, Schelling si ritirò dall'insegnamento. Del
1809 sono le Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana . Nel 1827 riprese l'insegnamento, a
Monaco di Baviera, e dal 1841 a Berlino. Alle sue lezioni assisterono alcuni fra i maggiori pensatori
dell'età successiva: Kierkegaard, Feuerbach, Engels, Bakunin.
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2 LA FILOSOFIA DELLA NATURA
Il pensiero di Schelling appare influenzato dal monismo di Spinoza, oltre che dai temi panteistici delle
filosofie rinascimentali, come quella di Giordano Bruno. Esso nondimeno esprime nella maniera più
compiuta esigenze e temi propri dell'età del romanticismo. Schelling prende le mosse dalla filosofia di
Fichte, ma non ne condivide l'identificazione della natura con il "non-io", inteso come puro ostacolo
all'attività infinita dell'io. Egli ritiene invece possibile ritrovare anche nella natura un'attività spirituale
che, sebbene inconsapevole, si svolge finalisticamente. "La natura è lo spirito visibile", egli scrive, "lo
spirito è la natura invisibile". In questa prospettiva Schelling afferma, nei suoi primi scritti, che nella
natura risiede un principio vitale che collega gli esseri inorganici e gli organici in un organismo
complessivo; tale principio è chiamato "anima del mondo". Le forze della natura inorganica (la gravità,
il magnetismo, l'elettricità) si ripetono, a una potenza superiore, in quella organica (dove agiscono la
sensibilità, l'irritabilità e la riproduzione), sicché a ogni stadio dello sviluppo naturale è possibile
ritrovare una dialettica fra due poli opposti, ovvero fra una forza espansiva e una forza limitante (ad
esempio fra attrazione e repulsione). Attraverso questi stadi di sviluppo, la natura, come "spirito
assopito", emerge via via fino alla conquista della coscienza di sé nell'uomo.
3 L'ASSOLUTO E L'ARTE
La filosofia della natura è peraltro solo un punto di vista che richiede di essere integrato all'interno di
una prospettiva più ampia. Secondo Schelling, si tratta di riconoscere che l'Assoluto, cioè la totalità
unitaria di tutte le realtà, è sia natura sia spirito, anzi consiste nella loro identità. Pertanto la realtà
assoluta viene pensata da Schelling come né soggettiva né oggettiva, né consapevole né inconscia:
essa è l'identità o indifferenza di soggettivo e oggettivo, di libertà e di necessità, di spirito cosciente e
di natura inconscia. A questo punto non è tanto il pensiero razionale, quanto piuttosto l'arte, come
attività creatrice che collega un'attività cosciente a un momento inconscio (la cosiddetta ispirazione), a
cogliere l'identità dell'Assoluto: "l'arte", scrive Schelling, "è l'unico ed eterno organo della filosofia e
nello stesso tempo il testimonio vivente della sua verità". Le prospettive romantiche della filosofia di
Schelling relative all'Assoluto e all'arte, se influenzarono gli sviluppi dell'estetica della sua età, furono
però ampiamente criticate da Hegel.
4 FILOSOFIA E RELIGIONE
Negli ultimi anni di insegnamento acquista via via rilievo, nel pensiero di Schelling, un interesse per il
problema religioso. Da un lato egli è portato a considerare l'opposizione di natura e spirito come il
risultato di una "caduta" dall'Assoluto; dall'altro a cogliere nell'Assoluto stesso, ora interpretato
religiosamente da Schelling secondo spunti che si rifanno alla mistica di Böhme, un contrasto fra bene
e male.
Schelling si occupò inoltre del tema della mitologia, considerata essa stessa come rivelazione del
divino. Egli condusse anche una critica serrata della filosofia di Hegel, che identificava la realtà con la
ragione: per Schelling invece la ragione può tutt'al più giungere a conoscere l'essenza della realtà, ma
non può cogliere la realtà esistente come tale, che è fuori dal pensiero e indipendente da esso. Si tratta
di una tesi che non mancò di influire sul pensiero del filosofo danese Kierkegaard.
È fondamen. X Schelling la differenza tra filosofia positiva e negativa e si rifà alla teoria della prova
ontologica dell esistenza di Dio, rifacendosi a Descartes e contrastando Hegel ma anche Kant. Dichiarò
che aveva risolto il malinteso di Cartesio . Kant ha separato il negativo dal positivo in filosofia.
27
Affronta un’OBIEZIONE LOGICA sec cui Dio è ciò che esiste necessariamente ma è necessariamente ciò
che esiste necessariamente; l esistenza è pura attualità. Il sommo oggetto del pensiero è proprio l”’è”,
il pensiero in quanto tale.il pensiero pensa sempre pensieri già determinati
Esistenza è pura attualità ; per Schelling l’Essere è al centro della sua filosofia in cui la filos negativa si
ribalta sulla positiva. L essere di Dio nn derivava + dall idea di Dio stesso, ma dal pensiero del filosofo.
Il pensiero, privo di determinazioni,dell essere trapassa immediatam nella certezza dell esistenza reale.
Il pensiero sa di raggiungere una cosa precedente a se stesso quando pensa l essere.
Contro Hegel, la realtà nn è solo quella il cui concetto si pensa per cui l’Idealismo soprattutto e non la
realtà. Lo spirito ,anche quello di Dio, è contro questo essere non quindi l assoluto.
La filosofia logica dell identità È solo filosofia negativa perché pensa l essere solo concettualmente
racchiuso nella ragione e nel concetto.
La filos positiva salvaguarda il giusto rapporto tra essere e concetto.
L essere diviene per la ragione la potenza pura,la ragione, limite assoluto. Quindi la filosf negativa è
quella del concetto ‘poiché Dio è l essere perfettissimo , esiste realmente’.
C.H. Weisse e la fine dell ontologia.
Christian Hermann Weisse (Lipsia, 10 agosto 1801 – 19 settembre 1866) è stato un filosofo e teologo tedesco. Fu
un filosofo della religione protestante.
Studiò all'università di Lipsia, aderendo inizialmente alla scuola hegeliana per poi mutare orientamento e giungere a
condividere le idee di Schelling. Sviluppò un nuovo teismo speculativo, divenendo avversario dell'idealismo
panteistico di Hegel. Nel suo discorso sul futuro della Chiesa protestante (Reden über die Zukunft der evangelischen
Kirche, 1849), individuò l'essenza del cristianesimo nella concezione formulata da Gesù del padre celeste, del Figlio
dell'Uomo e del Regno dei Cieli. Nel suo lavoro sulla dogmatica filosofica (Philosophische Dogmatik oder Philosophie
des Christentums, 3 volumi. 1855-1862) tentò di ridurre tutti i dogmi del cristianesimo a postulati naturali della ragione
o della coscienza attraverso la loro idealizzazione.
Fu il primo teologo a proporre la teoria delle due fonti come soluzione del problema sinottico (1838), la teoria
dominante moderna, secondo la quale il Vangelo secondo Marco fu scritto per primo, ed usato, assieme ad una fonte
perduta detta fonte Q, come documento di base per la compilazione indipendente del Vangelo secondo Matteo e
del Vangelo secondo Luca.
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Opere [modifica]

Die Idee der Gottheit (1833)

Die philosophische Geheimlehre von der Unsterblichkeit des menschlichen Individuums (1834)

Büchlein von der Auferstehung (1836)

Die evangelische Geschichte, kritisch und philosophisch bearbeitet (2 volumi, 1838)

Die Evangelienfrage in ihrem gegenwärtigen Stadium (1856)

Psychologie und Unsterblichkeitslehre (curato da R Seydel, 1869).
Bibliografia [modifica]
Sec il neokantismo la ragione della certezza di tutti gli enunciati sull idealità di un principio sommo
(della origine) è il fatto della scienza matematica della natura infatti nel positivismo lo si può definire
attrav la sua teoria del pensiero concettuale, in conseguenza del quale tutti i concetti sono funzione
dell ordine di datità presenti. S.ha dedotto nella prima parte della fil la libertà di Dio.
Per W.la filosofia è disciplina peirastica, vede Dio non in maniera estatica ma come integrazione della
direttività della logica mentre in termini reali riprende Hegel.la ragione serve per rientrare nei suoi
diritti , si solleva pensando l essere come il primo poiché l essere reale deve essere il primo del tutto.
S.accetta il postulato hegeliano del sapere assoluto poiché ogni conoscenza presuppone un sistema di
principi determinati: quindi forma provvisoria della fil positiva che nel contenuto procede dall
originarietà delle essere e dell esperienza, concepisce la libertà della personalità e l irrazionalità del
contingente nella natura come loro contrario. Ma il passo vs il neokantismo lo fece l allievo di W. Lotze
che ha fatto del metodo genetico il metodo dell intera filosofia. Le determinazioni logiche di pensiero
sono pensieri puri di Dio ma nn si deve pensare come Ragione dei pensieri logici.
Come Agostino W. esplica la sua Trinità dell anima nell unità della soggettività divina. Cerca di rendere
comprensibili le proprietà fond di ciò che è materiale a partire dalla loro origine nella volontà divina. W.
Vuole sottrarre la realtà di Dio al processo di pensiero della logica salvaguardando la libertà di Dio.sec
W.la realtà nn è comprensibile attraverso la logica.
Qui s’avvicina al platonismo.
Sec W.1 principio è valido quando 1. Quando è 1 cond necessaria della possibilità delle conoscenza a
diff dei concetti delle empirismo 2 quando nn è prodotto dalla soggettività a diff delle categorie di Kant
3 quando x diventare reale ha bisogno della realtà d 1 soggetto e nn è x sé principio reale.
29
Parla pure di concetti di valore e validità che l allievo Lotze mette in circolazione.
W.vuole fondare di nuovo il cristianesimo, l’essenza di Dio; i concetti di numero, tempo e spazio son
categorie della logica, Spazio e Tempo devono accogliere qualcosa di spaziale per essere determinati
complet. La sua è l’ultima prova ontologica nella storia della filosof fin ad oggi.
l’obiezione logica di W.
W.condivide con Schelling l ‘obiez logica contro l argomento ontologico, x cui le categ della logica sono
mera forma della possibilità del reale. L esistenza stessa della logica dev essere distinta dalla realtà la
quale si accresce al Logico solo nello spirito di Dio e tramite il suo innalzamento a natura.
W.distingue il quid dell essenza divina dal suo quod, da Hegel in poi in Weisse torna la relazione DEL
CONCETTO (ESSENZA) CON LA REALTA’.Vuole costruire un intero scientifico. Dio esiste come
conclusione di un sillogismo, come necessità logica.il concetto di necessario è complet indipend
nella ragione umana dal concetto di Dio dell esperienza religiosa,è ragione prima e necessaria.la
prova ontol quindi è l espressione del valore conoscitivo della scienza della logica che nn è la
scienza dell esistente, è valida l obiezione logica contro l argomento ontologico. Ogni logica
oggettiva deve quindi iniziare col pensiero dell essere, quindi il consapevole ritorno del dubbio.
TUTTO CIO’ CHE E’,DEVE ANCHE ESSERE. La diff tra essere ed esistenza tenendo conto del
giudizio è che il primo è la copula, il secondo il predicato. Qui s avvicina ad Hegel, fino a
giungere alla determinazione di numero, spazio e tempo; assieme all essere come copula sono
implicate le pure determinazioni di pensiero.nel concetto di Dio è unificata ogni realtà, unico
argomento possibile kantiano. la prova ontol dell esistenza di Dio conduce soltanto al concetto
della necessità logica ma non dimostra l esistenza di Dio. Un’unione tra ontologia e cosmologia.
Per cui DIO E’REALE.
LE CATEGORIE vengono svolte nel cammino della logica ,sono quindi 1 risultato che deriva dal pensiero
dell essere, e non viceversa (cat. IMMANENTI CIOE’ CHE RIMANGONO NELL AMBITO DELL
ESPERIENZA E NON NE SORPASSANO I LIMITI).essere ed esistenza non sono predicati, una
determinazione del pensiero. Necessario concettualmente è un giudizio in cui la necessità dell
essere s incontra con la necessità del pensiero.la scienza della logica è quindi scienza del
logicamente necessario.Realtà sono l esistenza formale del logico quanto la libera esistenza dell
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esistenza divina, ma la realtà divina nn può essere dimostrata in via puramente razionale.Sec
Fichte però l’esistenza che viene applicata a spazio e tempo nn è affatto un concetto bensì una
rappresentazione.ma sec W. Lo spazio è forma esistente.
IL PROBLEMA DELL ONTOTEOLOGIA NELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
Una prova ontologica è possibile solo quando la filos sistematica a cui appartiene soddisfi tre condizioni
1deve indagare prima di tutto ciò che può essere pensato,l ente sommo nn può essere pensato senza
esistenza, deve essere distinto dal dio aristotelico o dei greci. Ha il carattere dell indeterminato.In
Fichte è il concetto primo della conoscenza, in Hegel, dello spirito,ciò che racchiude la totalità del
pensabile.
2 l Ont. Ha x presupposto il pensiero della differenza ontologica
3 un’ont è tale là dove l essenza , la cui differenza con l esistenza è in questione,viene pensata come
determinata in sé per sé, presuppone quindi il principio dell Eidos che nn può la sua relazione con un
soggetto pensante.l ontologismo è una dottrina del totale parallelismo del pensiero soggettivo con le
determinazioni pure dell essere, nn accettato da Hegel. Agostino nn era in grado di distinguersi dai
greci, mentre vi riuscì Anselmo.
Il neokantismo ha dominato tra il 1860 e il 1920 ed è morto senza aver richiamato in vita l
ontoteologia
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