storia della religione la prova ontologica dell’esistenza di Dio – D.HEINRICH Menegoni Da Kant la prova dell’esistenza di Dio si chiama ONTOLOGICA od ontoteologica. Il pensare sarebbe certo di se stesso e contemp. Sarebbe al di là di sé. In Anselmo, Descartes ed Hegel il pensiero ONTOTEOLOGICO risolve il problema ontologico e della conoscenza. Ma oggi dalla filosofia è considerato acritico, UN FILOSOFARE RAZIONALISTICO oppure un sofisma che sbalordisce per la sua capziosità. Questi si difendono definendo il pensiero ontetologico una non-dimostrazione formale ma una testimonianza della certezza di Dio esposta razionalmente quindi + alta di ogni ragione. Da una parte stanno i critici che controbattono con tesi tomistiche, dall’altra coloro che esaltano la tesi ontot.come un “pensare” (ciò che tutto abbraccia). I critici tomisti hanno seguito Anselmo Tommaso nella Scolastica Anselmo d'Aosta 1 INTRODUZIONE Anselmo d'Aosta (Aosta 1033 ca. - Canterbury 1109 ca.), filosofo, teologo, santo e dottore della Chiesa. Abate del monastero di Bec, in Bretagna, Anselmo divenne celebre per la sua sapienza e la sua devozione, tanto che i monaci lo esortarono a trascrivere per loro le sue meditazioni, che costituirono i fondamenti dell'insegnamento da lui impartiti. Così compose il Monologion (1077), in cui elaborò delle dimostrazioni a posteriori dell'esistenza di Dio. Incoraggiato dall'accoglienza che venne riservata al libro, nel 1078 proseguì il suo progetto portando a termine il Proslogion (Discorso), in cui si trova la celebre dimostrazione a priori dell'esistenza di Dio, che nel XVIII secolo venne definita "prova ontologica". Nel 1093 Anselmo fu nominato arcivescovo di Canterbury in un'epoca di grande conflitto fra la Chiesa e la Corona inglese. Nonostante questi contrasti, che gli costarono l'esilio, Anselmo non interruppe la speculazione teologica, scrivendo Cur deus homo (Perché Dio si è fatto uomo), uno studio sull'incarnazione e la crocifissione di Cristo come strumenti di redenzione dal peccato. Quando ascese al trono Enrico I, Anselmo fece ritorno in Inghilterra, ma fu costretto nuovamente all'esilio a causa di nuove divergenze con il sovrano sulla questione delle investiture. Solo pochi anni prima di morire Anselmo fu nuovamente a Canterbury. Venne canonizzato nel 1163 e nominato dottore della Chiesa nel 1720. 2 L'ARGOMENTO DEI GRADI Punto d'avvio della ricerca di Anselmo era la convinzione secondo cui la ragione può dimostrare con le sue forze le verità fondamentali della religione, come l'esistenza di Dio. Così nel Monologion (Soliloquio) egli ricorreva all'"argomento dei gradi" (articolato a sua volta in tre prove): partendo dalla constatazione della gradualità di certe perfezioni presenti nelle cose sensibili (bontà, grandezza, essere), occorre risalire a Dio come al termine assoluto di ogni perfezione. 3 L'ARGOMENTO ONTOLOGICO 1 Nel Proslogion Anselmo seguì un'altra strada. Egli asserì che anche chi dubita dell'esistenza di Dio dovrebbe avere un'idea di ciò di cui dubita; più precisamente, dovrebbe concepire Dio come un essere di cui non si può pensare nulla di più grande. Ora, dal momento che l'esistenza nella realtà è maggiore dell'esistenza nel solo intelletto, chi nega l'esistenza di Dio cade in contraddizione poiché afferma che è possibile pensare qualcosa di più grande dell'essere di cui non si può pensare nulla di maggiore. Per definizione, dunque, Dio esiste necessariamente. Successivamente, nel Liber apologeticus, Anselmo, rispondendo alle critiche rivoltegli dal monaco Gaunilone, chiarì come l'argomento ontologico non è che l'esplicazione della fede in forma logica e presuppone pertanto già la fede in Dio. Gaunilone Gaunilone (secolo XI), filosofo e monaco dell'abbazia di Marmoutiers, in Francia. Nel suo Liber pro insipiente entrò in polemica con Anselmo d'Aosta, negando la validità della prova ontologica o a priori dell'esistenza di Dio. Secondo Gaunilone, infatti, non è possibile affermare l'esistenza reale di qualcosa sulla base di un'idea, ossia di un'entità mentale. Allo stesso modo dalla definizione di Dio come essere perfettissimo non si può passare all'affermazione della sua esistenza, di cui l'uomo ha esperienza solo attraverso la fede. La critica fondamentale mossa all'argomento ontologico o a priori di Anselmo consiste nel sostenere che non è possibile dedurre l'esistenza di qualcosa dall'analisi della sua definizione. Per primo il monaco Gaunilone, contemporaneo di Anselmo, si oppose a questo argomento, e così fecero in seguito anche i filosofi Tommaso d'Aquino e Immanuel Kant. Cionondimeno, René Descartes, Baruch Spinoza, Gottfried Wilhelm Leibniz e altri filosofi successivi rielaborarono l'argomento ontologico di Anselmo. Da Descartes in poi l’ontoteologia perde la sua originaria verità. O Dio è presente al puro pensiero oppure l’uomo pensando può arrivare a Dio qualora la ragione rinunci a sé stessa e riconosca l’Assoluto come suo limite.(svolta estatica di Schelling, paradosso di Kiekegaard). Questo limite porta quindi alla filosofia. NELLA METAFISICA DELL’ETA’MODERNA La prova di Sant’Anselmo era tenuta nel Medioevo in grande consideraz malgrado San Tommaso ma dinnanzi a Descartes ha ceduto soprat dopo la Controriforma. Ma Kant muove una forte critica a questa conoscenza razionale della prova dell’esistenza di Dio. Due i filoni consequenziali: 1. Descartes, Malebranche, Spinoza Neoplatonici di Cambridge e Leibniz fino alla Methphysica di Baumgarten Alexander (Berlino 1714 - Francoforte sull'Oder 1762), filosofo tedesco, fu allievo di Christian Wolff all'università di Halle e venne influenzato dall'opera di un altro grande pensatore tedesco, Gottfried Wilhelm Leibniz. Baumgarten fu il primo filosofo moderno che associò il termine estetica all'esperienza e alla definizione del bello, trattandone in modo sistematico nelle sue opere. Tra il 1750 e il 1758 pubblicò due volumi della sua Aesthetica. Scrisse anche Ethica philosophica (1763), Metaphysica (1739) e Philosophia generalis (1770). Da una parte Anselmo da Canterbury che lo considera ens perfectissimum, dall altra come ens necessarium . Nel primo caso Dio è immenso non come estensione ma come essenza: in Wolff le positive determinazioni si chiamano Realtà ma nn sono ancora perfezioni. Il sec caso invece lo si rappresenta come necessario POICHE’ DIPENDE SOLO DA SE STESSO, tesi sostenuta da Moses Mendelshon. 2 L’ens neces. Deriva dal Motore primo del tomismo aristotelico mentre l’ens perf fonda le sue radici sulla dimostrazione platonico-agostiniana. Con la morte di Cartesio torna l ens perf: con More e Cudworth infatti l ente è necessario quando il suo concetto di ente contiene la ragione della sua esistenza. Ma esistenza ha il doppio significato:e.pensata o e.nella cosa stessa I cartesiani scambiano il pensiero dell esistenza con l esistenza stessa. La Chiesa afferma che Dio è ragione e fine del mondo quindi rinuncia a provare l’ontoteologia. Kant difende Cartesio dai critici dell ontoteologia. I Principia philosophiae 1644 sono stati scritti nella tarda maturità come un manuale considera l’ente come necessario ed eterno sec cui nn è libero di pensare Dio senza l esistenza. Ma critica Anselmo ché fa derivare Dio dal solo nome. Per essere conoscenza oggettiva l esistenza di Dio deve: 1. Deve essere mostrato che la rappresentazione del perfettissimo può essere pensata in modo chiaro e distinto, che quindi è 1 idea vera 2. Oltre ad essere annoverata tra le perfezioni, ma deve anche indicare in che modo l esistenza è posta in rel con l essenza del perfettissimo. Cartesio risponde con la necessità, distinguendosi da S Anselmo.Tutto ciò in quanto perfettissimo. La sua potenza è la forza di essere x se stesso, cioè senza causa. Nella Secunda Responsio vuole dimostrare more geometrico l esistenza di Dio facendo da base all Ethica di Spinoza . Ma Cartesio stesso dubita di questa deduzione ontoteologica.ma sicur l ha difesa da Tommaso e si è distinto da S Anselmo. Il dubbio psicologico e il dubbio metafisico sono la stessa cosa. Arnauld ha criticato Descartes Arnauld, Antoine Arnauld, Antoine (Parigi 1612 - Bruxelles 1694), teologo e filosofo francese; soprannominato "le grand Arnauld", fu tra gli esponenti più famosi e importanti del giansenismo, movimento teologico e devozionale cattolico di tendenze radicali e non ortodosse, sorto nel XVII secolo e sviluppatosi nel XVIII secolo. Studiò diritto e teologia alla Sorbona, dove fruì della guida spirituale del teologo francese e abate di Saint-Cyran Jean Duvergier de Hauranne, uno dei fondatori del movimento giansenista. Dottore alla Sorbona nel 1641 e nello stesso anno ordinato sacerdote, nel 1643 pubblicò il trattato Della comunione frequente, che gli provocò l'ostilità dei gesuiti, da lui giudicati "seduttori di anime" e con i quali polemizzò aspramente per il resto della sua vita. Le sue Lettere (1655) tentarono di difendere Giansenio dall'accusa di eresia e offrirono ispirazione a Blaise Pascal per le sue Lettere provinciali. Arnauld fu per un certo periodo membro della comunità giansenista di Port-Royal, presso Parigi, e fu espulso dalla Sorbona per intervento dei gesuiti nel 1656; nonostante la protezione di re Luigi XIV, fu costretto all'esilio in Belgio nel 1679. Polemista accanito, continuò a scrivere contro i suoi avversari, tra cui si annoverano liberi pensatori e calvinisti. Soprattutto nel primo argomento. Malebranche e Spinoza Malebranche, Nicolas Malebranche, Nicolas (Parigi 1638-1715), filosofo francese, considerato il maggior esponente dell’occasionalismo. Compiuti gli studi di filosofia e teologia presso la Sorbona di Parigi, nel 1600 entrò nella congregazione dell'Oratorio, ricevendo nel 1664 l'ordinazione sacerdotale. La sua opera principale, La ricerca della verità (1674-75), prende le mosse dal dibattito interno al cartesianesimo sui rapporti tra mente e corpo, per ricondurre la causa di ogni azione all'infinita potenza di Dio. In tal modo, si rivela falsa la nostra credenza secondo cui, ad esempio, l’anima agisce sul corpo provocando il movimento, o viceversa il corpo agisce sull’anima producendo la sensazione. In realtà, in entrambi i 3 casi, tali effetti sono causati direttamente da Dio, cosicché quelle che noi riteniamo cause effettive del mutamento, si rivelano essere cause secondarie e occasionali, ossia semplici “occasioni” dell’intervento divino. Secondo Malebranche, che riprese elementi della tradizione agostiniana, anche la nostra conoscenza dipende da Dio, poiché nella sua mente sono iscritte le idee, ossia gli archetipi di tutte le cose, cui l’uomo ha accesso per mezzo della ragione. Tra le sue altre opere, il Trattato della natura e della grazia (1680), sul problema del male; le Meditazioni cristiane e metafisiche (1682); il Trattato di morale (1684); i Colloqui sulla metafisica e sulla religione (1688). Entrambi proseguono il cartesianesimo sec cui l intelletto riconosce l infinito anche se nn lo comprende. Sec Tommaso Dio è atto puro e la sua essenza racchiude l esistenza. A posteriori Dio esiste perché (metodo induttivo:1) il divenire, attestato dall'esperienza, è sempre passaggio dalla potenza all'atto e richiede, in ultima istanza, un atto puro; 2) la catena delle cause deve fondarsi su una causa prima non causata; 3) i fatti contingenti del mondo presuppongono un essere necessario che li ha determinati; 4) si può osservare nell'universo una gerarchia degli enti superiori e inferiori e ciò rimanda a una realtà perfetta al vertice della gerarchia; 5) l'ordine e l'armonia della natura richiedono che alla loro sorgente esista un essere che possiede la massima sapienza. Kant rifiuta Tommaso ma consente l esistenza di Dio per l’Etica, e tuttavia un atto di fede e di libertà. Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati. Gli avversari di Des affermano che il suo è solo un sofisma.Maleb sembra avvicinarsi molto a S Anselmo come Essere infinitamente perfetto che poi è l idea necessaria. Sec Spinoza l’assioma cartesiano è dimostrabile con la matematica e la geometria e qui si avvicinano x oggettività Schelling e Hegel. Spinoza afferma che è impossibile concepire a priori l esistenza di Dio Non occorrono quindi mediatori tra Dio e la ragione umana (in Ethica). Alla natura della sostanza appartiene l esistenza , scrive nelle sue proposizioni. Dopo Cartesio Jaquelot e Fénelon hanno portato l’eredità. Fénelon, François de Salignac de la Mothe Fénelon, François de Salignac de la Mothe (Fénelon, Périgord 1651 - Cambrai 1715), prelato, scrittore e teologo francese. Di nobili origini, studiò all'Università di Cahors e in un seminario parigino. Ordinato sacerdote nel 1675, fu nominato nel 1678 capo delle Nouvelles Catholiques, un'istituzione parigina per giovani donne convertitesi o in procinto di convertirsi al cattolicesimo. Nel 1685, in seguito alla revoca dell'editto di Nantes, fu inviato nella Francia occidentale a capo di una missione per convertire i calvinisti; divenuto il discepolo prediletto del prelato Jacques Bossuet, nel 1689 fu nominato tutore di Luigi, duca di Borgogna, nipote di Luigi XIV; per il suo giovane allievo scrisse una serie di opere intese a chiarire i doveri e gli obblighi di un buon governante. 4 Nel 1693 Fénelon venne ammesso all'Académie Française e nel 1695 divenne arcivescovo di Cambrai, ma si trovò coinvolto in una disputa con Bossuet riguardo alle dottrine quietistiche di Madame Guyon, dalla cui tendenza contemplativa Fénelon era attratto. La difesa del quietismo e delle posizioni di Miguel de Molinos nel volume Spiegazione delle massime dei santi (1697) fu attaccata da Bossuet. I due prelati si rivolsero a papa Innocenzo XII, che nel 1699 condannò alcuni capitoli del libro. Fénelon fu esiliato nella sua diocesi da Luigi XIV il quale, offeso dalle Avventure di Telemaco (l'opera più nota di Fénelon, scritta nel 1694 e pubblicata senza il consenso dell'autore nel 1699), si era schierato con Bossuet. Il libro, un romanzo pedagogico, sostiene che il re esiste solo in funzione del benessere dei suoi sudditi, ed esprime una condanna della tirannide, una fervida denuncia della guerra e un inno alla fratellanza tra le nazioni. Fénelon fu anche autore di opere filosofiche, sermoni, libelli polemici, scritti di critica letteraria e di un famoso Trattato sull'educazione delle giovani (1687). Scuola di Cambridge Scuola di Cambridge Scuola di filosofi cristiani inglesi, che gravitava attorno all'Università di Cambridge nel tardo XVII secolo. I neoplatonici di Cambridge, tra i quali Henry More (1614-1687), Benjamin Whichcote (1609-1683) e Ralph Cudworth (1617-1688), si ispiravano a Platone, cercando di conciliare l'etica cristiana con la razionalità filosofica, scientifica e umanistica del Rinascimento. Pur radicandosi nella cultura puritana, presero le distanze dalla separazione operata dai puritani fra teologia e morale. La scuola fu fondamentalmente avversa alle dottrine del filosofo inglese Thomas Hobbes, accusato di aver innalzato a dogma i sensi, ignorando le aspirazioni morali e religiose dell'uomo. Hanno anticipato molte idee di Leibniz Leibniz, Gottfried Wilhelm 1 INTRODUZIONE Leibniz, Gottfried Wilhelm (Lipsia 1646 - Hannover 1716), filosofo, matematico e uomo politico tedesco. Dopo aver studiato presso varie università tedesche, dal 1666 (anno in cui si laureò in diritto) fu al servizio dell'arcivescovo elettore di Magonza con vari incarichi giuridici, politici e diplomatici. Nel 1673 si recò a Parigi restandovi per tre anni e dedicandosi a studi di logica, matematica, fisica e filosofia. Nel 1676 fu nominato bibliotecario e consigliere privato alla corte di Hannover, mantenendo l'incarico fino alla morte. Gli interessi di Leibniz, considerato un genio universale dai contemporanei, spaziano nei più diversi campi del sapere, dalla matematica alla filosofia, dalla teologia alla fisica, ma investono anche i campi del diritto, della diplomazia, della politica, della storia e della filologia. Egli non lasciò tuttavia opere di carattere sistematico e la sua vastissima produzione filosofico-scientifica consiste di saggi brevi, oltre che di numerosi abbozzi rimasti per lungo tempo inediti. Tra gli scritti filosofici principali di Leibniz vi sono: Saggi di teodicea (2 voll., 1710), Monadologia (postuma, 1718-1720) e Nuovi saggi sull'intelletto umano (postumi, 1765). 2 MATEMATICA Leibniz contribuì alla matematica con la scoperta dei principi fondamentali del calcolo infinitesimale, e la notazione leibniziana venne adottata universalmente ( vedi Simboli matematici). Sulla priorità di questa scoperta si accese una polemica fra Leibniz e Newton: in realtà la scoperta di Leibniz, risalente al 1674 ma resa nota nel 1684 nel Nuovo metodo per la determinazione dei massimi e dei minimi , avvenne indipendentemente da quella di Newton, che aveva elaborato il suo sistema di calcolo nel 5 1666 senza renderlo pubblico fino al 1687. Nel 1672 Leibniz ideò inoltre una macchina calcolatrice capace di moltiplicare, dividere ed estrarre radici quadrate. 3 LOGICA La riflessione di Leibniz è fondamentale sia per la nascita della logica formale moderna, sia per la filosofia del linguaggio. Egli progettò anzitutto la costruzione di una lingua universale modellata sul calcolo matematico, nella quale i nessi fra i simboli dovevano esprimere le relazioni logiche fra i concetti. Inoltre egli distinse i giudizi logici in "verità di ragione" e "verità di fatto". Le prime (come ad esempio le verità matematiche) sono necessarie e sono regolate dal principio di non-contraddizione (secondo il quale è falso ciò che contiene una contraddizione ed è vero "ciò che è opposto o contraddittorio al falso"): si tratta di verità a priori, innate e pertanto necessarie (cioè il loro opposto implica contraddizione); tuttavia, esse non dicono nulla circa la realtà esistente di fatto, come ad esempio la definizione del triangolo, che prescinde completamente dal fatto che in natura vi sia una simile figura. Le seconde invece sono verità contingenti (cioè l'opposto di esse non implica contraddizione), inoltre non sono deducibili a priori dalla ragione, ma sono a posteriori e si fondano sull'esperienza. Verità di questo secondo tipo (ad esempio: "Cesare varcò il Rubicone") sono rette dal "principio di ragion sufficiente", secondo cui nulla accade senza che vi sia una ragione o una causa che giustifichi l'evento. 4 METAFISICA Leibniz occupa una posizione centrale nella storia del razionalismo moderno. Contro il dualismo della metafisica di Descartes e contro la sua limitata concezione meccanicistica della fisica, Leibniz fece valere un nuovo concetto di sostanza come "forza viva", centro di forza e di energia spirituale, che egli chiamò anche "monade". Inoltre, contro il monismo della filosofia di Spinoza, che riduceva tutte le manifestazioni dell'universo all'unica sostanza divina, egli fece valere sia il principio della pluralità dei singoli centri sostanziali o monadi, sia il principio della personalità di Dio. L'universo appare così costituito da innumerevoli "monadi" o atomi spirituali (sostanze semplici e inestese), disposte in un ordine con al vertice la monade suprema o Dio. Ogni monade rappresenta un microcosmo individuale, rispecchiando l'universo secondo gradi di perfezione crescente e sviluppandosi indipendentemente da tutte le altre monadi. L'attività di ciascuna monade consiste nell'esplicarsi in sempre nuove percezioni. Queste, a loro volta, non sono tutte chiare e distinte, come le idee di cui parlava Descartes, ma comprendono anche percezioni "oscure e confuse", ovvero, come si direbbe oggi, inconsce. Le monadi si distinguono pertanto tra loro per il diverso grado di chiarezza e di perfezione delle loro percezioni. La materia non è propriamente una sostanza corporea, ma un aggregato di un'infinità di monadi dotate di vita. "Ogni parte della materia", scrive Leibniz," può esser concepita come un giardino pieno di piante e uno stagno pieno di pesci. Ma ogni ramo della pianta, ogni membro dell'animale, ogni goccia dei suoi umori è ancora un giardino o uno stagno di tal fatta". 5 L'ARMONIA PRESTABILITA Le monadi non sono direttamente in comunicazione reciproca, ma ognuna è uno specchio del mondo, che rappresenta in maniera più o meno chiara tutte le altre. L'accordo fra le monadi è garantito e stabilito da Dio, monade suprema. Egli, nell'atto di creare una monade, la rende adatta all'insieme di 6 tutte le altre, in maniera di far corrispondere gli stati interni, o percezioni, di essa agli stati interni delle altre monadi. L'universo costituito da queste monadi è pertanto il risultato armonioso di un piano divino. Gli esseri umani, tuttavia, con le loro rappresentazioni limitate, non riescono ad accettare come parte dell'armonia universale mali come le malattie e la morte. Quest'universo leibniziano, "il migliore di tutti i mondi possibili", divenne oggetto dell'ironia di Voltaire nel romanzo Candido (1759). Il pensiero di Leibniz esercitò una grande influenza sulla filosofia tedesca successiva, soprattutto attraverso la sistemazione delle sue idee da parte di Christian Wolff, uno dei maggiori esponenti dell'illuminismo tedesco. Usano l argomento ontoteologico come Anselmo: More è scotista antitomista pre-cartesiano. Anticipano Leibniz e Wolff, Dio come essere necessario ma solo Baumgarten argomentò sistemticamente. Baumgarten, Alexander Baumgarten, Alexander (Berlino 1714 - Francoforte sull'Oder 1762), filosofo tedesco, fu allievo di Christian Wolff all'università di Halle e venne influenzato dall'opera di un altro grande pensatore tedesco, Gottfried Wilhelm Leibniz. Baumgarten fu il primo filosofo moderno che associò il termine estetica all'esperienza e alla definizione del bello, trattandone in modo sistematico nelle sue opere. Tra il 1750 e il 1758 pubblicò due volumi della sua Aesthetica. Scrisse anche Ethica philosophica (1763), Metaphysica (1739) e Philosophia generalis (1770). Sec More l ateo è nemico della logica poiché un pregiudizio gli impedisce di riconoscere 1 conseguenza che nn si può contraddire con ragioni (rif.a Gassendi). Sec More se dobbiamo tener fermo l argomento ontologico sennò l intera cosmologia diventa insostenibile, quindi A. Necessità è pensata insieme all assenza di Dio perché esistenza permanente è + perfetta di esistenza nn permanente B. Da questa necessità essenziale si può conoscere che Dio è necessariamente reale C. Quando spieghiamo la realtà dobbiamo presupporre un ente necessario dal quale dipendono tutte le cose contingenti nel mondo. Cudworth con The true intellectual System of the Universe segue More ma soprat Descartes in cui Dio esiste con necessità solo se reale ma qui sta l errore. Quindi anticipa Kant di un secolo. Anche gli atei riconoscono la necessità che nn necessariamente appartiene a Dio. Leibniz, Gottfried Wilhelm 1 INTRODUZIONE Leibniz, Gottfried Wilhelm (Lipsia 1646 - Hannover 1716), filosofo, matematico e uomo politico tedesco. Dopo aver studiato presso varie università tedesche, dal 1666 (anno in cui si laureò in diritto) fu al servizio dell'arcivescovo elettore di Magonza con vari incarichi giuridici, politici e diplomatici. Nel 1673 si recò a Parigi restandovi per tre anni e dedicandosi a studi di logica, matematica, fisica e filosofia. Nel 1676 fu nominato bibliotecario e consigliere privato alla corte di Hannover, mantenendo l'incarico fino alla morte. Gli interessi di Leibniz, considerato un genio universale dai contemporanei, spaziano nei più diversi campi del sapere, dalla matematica alla filosofia, dalla teologia alla fisica, ma investono anche i campi 7 del diritto, della diplomazia, della politica, della storia e della filologia. Egli non lasciò tuttavia opere di carattere sistematico e la sua vastissima produzione filosofico-scientifica consiste di saggi brevi, oltre che di numerosi abbozzi rimasti per lungo tempo inediti. Tra gli scritti filosofici principali di Leibniz vi sono: Saggi di teodicea (2 voll., 1710), Monadologia (postuma, 1718-1720) e Nuovi saggi sull'intelletto umano (postumi, 1765). 2 MATEMATICA Leibniz contribuì alla matematica con la scoperta dei principi fondamentali del calcolo infinitesimale, e la notazione leibniziana venne adottata universalmente ( vedi Simboli matematici). Sulla priorità di questa scoperta si accese una polemica fra Leibniz e Newton: in realtà la scoperta di Leibniz, risalente al 1674 ma resa nota nel 1684 nel Nuovo metodo per la determinazione dei massimi e dei minimi , avvenne indipendentemente da quella di Newton, che aveva elaborato il suo sistema di calcolo nel 1666 senza renderlo pubblico fino al 1687. Nel 1672 Leibniz ideò inoltre una macchina calcolatrice capace di moltiplicare, dividere ed estrarre radici quadrate. 3 LOGICA La riflessione di Leibniz è fondamentale sia per la nascita della logica formale moderna, sia per la filosofia del linguaggio. Egli progettò anzitutto la costruzione di una lingua universale modellata sul calcolo matematico, nella quale i nessi fra i simboli dovevano esprimere le relazioni logiche fra i concetti. Inoltre egli distinse i giudizi logici in "verità di ragione" e "verità di fatto". Le prime (come ad esempio le verità matematiche) sono necessarie e sono regolate dal principio di non-contraddizione (secondo il quale è falso ciò che contiene una contraddizione ed è vero "ciò che è opposto o contraddittorio al falso"): si tratta di verità a priori, innate e pertanto necessarie (cioè il loro opposto implica contraddizione); tuttavia, esse non dicono nulla circa la realtà esistente di fatto, come ad esempio la definizione del triangolo, che prescinde completamente dal fatto che in natura vi sia una simile figura. Le seconde invece sono verità contingenti (cioè l'opposto di esse non implica contraddizione), inoltre non sono deducibili a priori dalla ragione, ma sono a posteriori e si fondano sull'esperienza. Verità di questo secondo tipo (ad esempio: "Cesare varcò il Rubicone") sono rette dal "principio di ragion sufficiente", secondo cui nulla accade senza che vi sia una ragione o una causa che giustifichi l'evento. 4 METAFISICA Leibniz occupa una posizione centrale nella storia del razionalismo moderno. Contro il dualismo della metafisica di Descartes e contro la sua limitata concezione meccanicistica della fisica, Leibniz fece valere un nuovo concetto di sostanza come "forza viva", centro di forza e di energia spirituale, che egli chiamò anche "monade". Inoltre, contro il monismo della filosofia di Spinoza, che riduceva tutte le manifestazioni dell'universo all'unica sostanza divina, egli fece valere sia il principio della pluralità dei singoli centri sostanziali o monadi, sia il principio della personalità di Dio. L'universo appare così costituito da innumerevoli "monadi" o atomi spirituali (sostanze semplici e inestese), disposte in un ordine con al vertice la monade suprema o Dio. Ogni monade rappresenta un microcosmo individuale, rispecchiando l'universo secondo gradi di perfezione crescente e sviluppandosi indipendentemente da tutte le altre monadi. L'attività di ciascuna monade consiste nell'esplicarsi in sempre nuove percezioni. Queste, a loro volta, non sono tutte chiare e distinte, come le idee di cui parlava Descartes, ma comprendono anche percezioni "oscure e 8 confuse", ovvero, come si direbbe oggi, inconsce. Le monadi si distinguono pertanto tra loro per il diverso grado di chiarezza e di perfezione delle loro percezioni. La materia non è propriamente una sostanza corporea, ma un aggregato di un'infinità di monadi dotate di vita. "Ogni parte della materia", scrive Leibniz," può esser concepita come un giardino pieno di piante e uno stagno pieno di pesci. Ma ogni ramo della pianta, ogni membro dell'animale, ogni goccia dei suoi umori è ancora un giardino o uno stagno di tal fatta". 5 L'ARMONIA PRESTABILITA Le monadi non sono direttamente in comunicazione reciproca, ma ognuna è uno specchio del mondo, che rappresenta in maniera più o meno chiara tutte le altre. L'accordo fra le monadi è garantito e stabilito da Dio, monade suprema. Egli, nell'atto di creare una monade, la rende adatta all'insieme di tutte le altre, in maniera di far corrispondere gli stati interni, o percezioni, di essa agli stati interni delle altre monadi. L'universo costituito da queste monadi è pertanto il risultato armonioso di un piano divino. Gli esseri umani, tuttavia, con le loro rappresentazioni limitate, non riescono ad accettare come parte dell'armonia universale mali come le malattie e la morte. Quest'universo leibniziano, "il migliore di tutti i mondi possibili", divenne oggetto dell'ironia di Voltaire nel romanzo Candido (1759). Il pensiero di Leibniz esercitò una grande influenza sulla filosofia tedesca successiva, soprattutto attraverso la sistemazione delle sue idee da parte di Christian Wolff, uno dei maggiori esponenti dell'illuminismo tedesco. La sua Monadologia spiega l esistenza di Dio a priori come ente necessario,ragion sufficiente di tutto ciò che succede nel mondo:prende da Agostino Agostino 9 1 INTRODUZIONE Agostino (Tagaste, Numidia 354 - Ippona 430), filosofo e santo, uno dei più eminenti padri e dottori della Chiesa. Figlio di padre pagano e di madre cristiana, nel 371 Aurelio Agostino si recò a Cartagine per compiervi gli studi di retorica. Qui ebbe un figlio, Adeodato ("dono di Dio"), da una donna con la quale visse in concubinaggio per circa quindici anni. 2 PERCORSO INTELLETTUALE All'età di diciannove anni, in seguito alla lettura dell'Ortensio di Cicerone, Agostino riconobbe in sé la vocazione alla filosofia; dopo breve tempo, aderì al manicheismo, religione di origine persiana largamente diffusa in Africa settentrionale. Insegnante di grammatica e retorica dal 373, prima a Tagaste, poi a Cartagine, nel 383 si recò a Roma, dove sperava di trovare studenti più disciplinati e migliori possibilità di carriera. A Roma, tuttavia, Agostino rimase poco più di un anno: nell'autunno del 384 si trasferì a Milano, avendo ottenuto, grazie all'aiuto di alcuni amici manichei, l'incarico di professore ufficiale di retorica della città. L'esperienza milanese segnerà una svolta radicale nella vita e nel pensiero di Agostino. L'incontro con il vescovo della città, Ambrogio, dal quale apprende il valore dell'esegesi allegorica delle Scritture, e la scoperta dei testi dei filosofi neoplatonici, in particolare le Enneadi di Plotino, nella traduzione latina del retore Mario Vittorino, contribuiscono alla sua conversione al cristianesimo: divenuto catecumeno nel 385, Agostino riceve il battesimo dalle mani di Ambrogio nel 387. Accostandosi al pensiero dei neoplatonici, Agostino intuisce la superiorità metafisica del cristianesimo, che risolve il problema del male definendolo come privazione o assenza d'essere, senza elevarlo al ruolo di principio sostanziale, come avevano fatto i manichei. Su tali basi la filosofia, intesa come conoscenza dell'essere, può illustrare razionalmente ciò che per la fede è certezza assoluta soltanto spostando il fuoco dell'indagine nel cuore di ogni uomo: secondo Agostino, infatti, il percorso svolto nell'interiorità dell'anima verso il riconoscimento della verità della fede corrisponde al cammino di salvezza che il cristianesimo incarna. Motivi centrali di questo percorso, del quale Agostino ci dà al tempo stesso una narrazione in chiave autobiografica e una meditazione interiore nelle Confessioni (397), sono i temi della memoria e del tempo. Agostino esplora la dimensione della memoria dell'uomo che, oltre ai ricordi degli eventi passati, custodisce le verità prime della scienza (secondo una concezione che risale alla dottrina platonica del conoscere come ricordare), i sentimenti e le passioni, ormai sedimentati e spogliati della loro originaria forza emotiva, fino a coincidere essa stessa con l'intera dimensione latente della coscienza e a rivelarsi come il luogo della presenza di Dio nell'anima. Questa tendenza a privilegiare l'interiorità della ricerca è riscontrabile anche a proposito dell'analisi del tempo, che secondo Agostino non è una realtà oggettiva, ma esiste solo nello spirito dell'uomo. Passato, presente e futuro vengono infatti ricondotti a tre differenti aspetti di una medesima "estensione dell'anima": il presente del passato, ossia la memoria delle cose passate; il presente del presente, cioè l'intuizione delle cose presenti; il presente del futuro, ossia l'aspettazione delle cose future. 3 VESCOVO E TEOLOGO Tornato a Tagaste nel 389, Agostino si dedicò allo studio e alla meditazione; nel 391 venne ordinato sacerdote e nel 397 fu nominato vescovo di Ippona, in un periodo di disordini politici e conflitti teologici: i barbari premevano ai confini dell'impero, mentre la Chiesa si vedeva minacciata da scismi 10 ed eresie. Agostino si dedicò totalmente alla lotta contro il manicheismo e le dottrine eretiche dei donatisti e dei pelagiani: i primi facevano dipendere la validità dei sacramenti dal rigore morale di chi li amministra, mentre i secondi negavano la dottrina del peccato originale. Nel corso di quest'ultimo conflitto, che fu lungo e aspro, Agostino elaborò le sue dottrine sul peccato originale, la grazia divina e la predestinazione. Cercando una mediazione fra gli estremi del pelagianesimo e del manicheismo, Agostino affermò la presenza del peccato nell'uomo e la necessità dell'intervento della grazia divina per conseguire la salvezza, al fine di confutare la dottrina pelagiana; contro i manichei, egli difese invece la coesistenza di libero arbitrio e grazia. 4 OPERE Nelle Confessioni Agostino tracciò il cammino intellettuale che porta l'uomo, nella sua interiorità, al progressivo riconoscimento della Verità e del fatto che questa Verità è Dio. Nella Città di Dio (412426), un'apologia del cristianesimo incentrata sul confronto con la civiltà pagana, Agostino elaborò una concezione teologica del progresso della civiltà, intendendo la storia come l'attuarsi nel tempo di un disegno provvidenziale di origine divina. Dieci dei ventidue libri dell'opera sono dedicati alla polemica contro il panteismo, mentre i rimanenti dodici descrivono l'origine, la crescita e il destino della Chiesa, considerata l'erede degli aspetti più nobili della cultura pagana: alla città terrena, mossa da stolti appetiti e destinata alla dannazione, si contrappone la città di Dio, comunità dei giusti che saranno salvati. Fra il 426 e il 427 Agostino compose le Ritrattazioni, in cui giudicò retrospettivamente tutte le proprie opere, correggendone gli errori. Tra gli altri suoi scritti vi sono le Epistole, che abbracciano il periodo compreso fra il 386 e il 429, i trattati Il libero arbitrio (388-395), La dottrina cristiana (397426), Sul battesimo contro i donatisti (401), La trinità (399-419), Sulla grazia contro Pelagio (415), e studi su vari libri della Bibbia, in particolare sul libro della Genesi. Ma la possibilità dell ente deve essere dimostrata. 11 L’esistenza può essere concepita razionalmente solo come momento nell essenza, preludendo Hegel e Suarez. Solo l ente perfettissimo è ragione sufficiente della propria esistenza. Risp a Gassendi, Leibniz x cui l ente perfettissimo deve essere pensato contemporaneamente all esistenza (primo argomento) perché in esso l essenza è la ragione sufficiente dell esistenza (secondo argomento). Nel pf 43 della Monadologia stabilisce una connessione tra possibilità essenziale del finito e realtà dell infinito, quindi 1 connessione ideologica. Un ente è possibile quando la sua determinazione essenziale si rivela priva di contraddizioni. Negare una prova ontologica significa essere a priori convinti dell impossibilità di Dio. Wolff, Christian Wolff, Christian (Breslavia 1679 - Halle 1754), filosofo e matematico tedesco. Formatosi all'Università di Lipsia, grazie all'appoggio di Gottfried Leibniz nel 1706 fu nominato professore di matematica e di filosofia naturale all'Università di Halle. Tuttavia, le teorie razionaliste di Wolff entrarono in aspro contrasto con le concezioni religiose di alcuni colleghi, in particolare dei teologi. Accusato di ateismo, fu bandito dalla Prussia nel 1723 e si trasferì in Assia, dove insegnò all'Università di Marburgo fino al 1740. In quell'anno Federico II, re di Prussia, richiamò ad Halle Wolff che, nel 1743, divenne cancelliere dell'università. Esempio di rigorosa sistematicità, la filosofia di Wolff si incentra su una duplice suddivisione, in base alla quale si distinguono le scienze razionali dalle scienze empiriche e le scienze teoriche dalle scienze pratiche. In tal modo, Wolff utilizza le dottrine di Leibniz per costruire un ‘enciclopedia del sapere che, operando una riduzione logica delle verità di fatto alle verità di ragione, conferisca ordine e organicità ai procedimenti del pensiero e all'indagine empirica, entro una cornice concettuale di chiara matrice illuminista. La sua voluminosa produzione in lingua tedesca include i Pensieri razionali su Dio, il mondo e l'anima degli uomini (1719), Pensieri razionali sull'agire umano (1720), Pensieri razionali sulle operazioni della natura (1723), mentre tra le opere in latino si ricordano Philosophia rationalis sive Logica (1728), Philosophia prima sive Ontologia (1729), Theologia naturalis (1736-37). Dalla Cosmologia di Leibniz deduce un ens necessarium dalla contingenza del mondo, ma anche ens perfectissimum. L argomento ontologico nn solo segue immediatamente quello cosmologico ma è evident dipendente da questo. Sono parole riprese da Cartesio a Caterus. Baumgarten Allievo di Wolff, si avvale della cosmologia in quanto necessità,apprez da Kant come analitico ma come rif nei suoi corsi. B.ha preparato la fine della teologia metafisica pronta per Kant. Anche la materia può essere ente necessario.prende da Leibniz Anselmo More Cudworth ma tradisce il maestro Wolff .ma la perfectio è consensus in Dio, nn Realitaet , sotto un’unica ragione comune. Ma è Dio Creatore e ragione del mondo? Sec Baum anche la causa extramondana è ens necessarium (Metaphysica), quindi una prova a posteriori. 12 Nella crisi dell onteteologia fu coinvolta l intera metafisica, quindi da Baum l onto.si trovò sulla difensiva. Hume prima di Kant cominciò ad attaccare l ens necessarium e la cosmologia. Mendelssohn, Moses Mendelssohn, Moses (Dessau 1729 - Berlino 1786), filosofo tedesco. Autodidatta, nel 1754 si legò d'amicizia con Gotthold Ephraim Lessing, accostandosi alle posizioni dell'Illuminismo: fu Lessing che pubblicò anonimi i Dialoghi filosofici di Mendelssohn nel 1755. Nel 1763 vinse il premio dell'Accademia di Berlino per il miglior saggio di metafisica con lo scritto Sull'evidenza delle scienze metafisiche, prevalendo su Kant. Nel Fedone (1767), modellato sul dialogo omonimo di Platone, e nelle Ore mattutine (1785), rielaborò le prove dell'immortalità dell'anima e dell'esistenza di Dio ereditate dalla tradizione scolastica. Tra le altre sue opere si ricordano Sui principi fondamentali delle belle arti e delle scienze (1757) e Gerusalemme, o sul potere religioso e sull'ebraismo (1783). L empirismo si fece sentire in Germania attraverso Locke e Hume e l influenza di Crusius e Gassendi aveva gettato i semi anche all Accademia di Berlino. Come poteva l ontot dimostrare verità geometriche? Mendel è il + importante Wolffiano dal 1760, parte dalla non-esistenza x cui nn essere nn è.quindi l esistenza appartiene all essere assolutamente positivo, Dio. L ente + perfetto è o reale o contiene una contraddizione. LA CRITICA ALL ARGOMENTO ONTOLOGICO Quindi Dio come omnitudo della Realitaet e quello dell ente necessario. 1. OBIEZIONE LOGICA ;in via di principio può negare la possibilità che da un concetto si passi immediatamente alla certezza dell esistenza di ciò che in esso è concepito.Aristotelica, nn nega la metafisica 2. OB. EMPIRISITCA;nella omnitudo realitatis si può contestare la determinazione dell esistenza; se l esistenza nn è 1 realtà, dal pensiero della totalità della realtà nn deriva neppure l esistenza oggettiva di essa.dallo scetticismo di Gassendi e Locke 3. OB. CRITICISTICA; la critica può anche togliere il concetto di ente necessario e mostrare che la necessità può essere concepita sempre solo sotto 1 condizione e che quindi è sempre necessità ipotetica. Se la rappresentazione di ente necessario nn è comprensibile a partire da essa stessa, da questo concetto nn può mai derivare la certezza dell esistenza. Contesta l ente necessario Se la critica colpisce l ens necessarium , è colpito nella sua posizione + forte,nella conoscenza razionale di Dio. Kant abbatte l ontoteologia con la Critica della Ragion pura. 13 Kant, Immanuel 1 INTRODUZIONE Kant, Immanuel (Königsberg, oggi Kaliningrad 1724-1804), filosofo tedesco. Nato da genitori seguaci del pietismo, studiò presso il Collegium Fridericianum e frequentò poi l'Università di Königsberg, dove seguì i corsi di fisica, logica e matematica. Dopo la morte del padre fu costretto ad abbandonare la carriera accademica e si guadagnò da vivere come precettore privato. Nel 1755 conseguì la libera docenza e ottenne l'incarico di professore straordinario di matematica e filosofia all'Università di Königsberg; nei successivi quindici anni, partendo dalle posizioni di Christian Wolff e di Gottfried Leibniz, Kant tenne dapprima lezioni di fisica e matematica, ampliando gradatamente il campo dei suoi interessi fino a coprire quasi tutti i rami della filosofia. In questa prima fase della sua vita, scrisse numerosi trattati su vari argomenti scientifici, in particolare su questioni di geofisica. La sua più importante opera scientifica fu la Storia universale della natura e teoria del cielo (1755), nella quale avanzò l'ipotesi della formazione dell'universo da una nebulosa in moto rotatorio, congettura che in seguito venne sviluppata indipendentemente da Pierre-Simon de Laplace. Sebbene le lezioni accademiche e le opere scritte durante questo periodo consolidassero la sua reputazione di filosofo, egli non ottenne una cattedra all'università fino al 1770, anno in cui scrisse la dissertazione De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis e fu nominato professore ordinario di logica e metafisica. Durante i ventisette anni successivi proseguì l'attività di insegnamento accademico e attirò a Königsberg numerosi studenti. Le sue opinioni in campo religioso, che si fondavano sul razionalismo piuttosto che sulla rivelazione, lo condussero al conflitto con il governo prussiano e nel 1794 il re Federico Guglielmo II gli proibì di tenere lezioni pubbliche o di scrivere intorno ad argomenti religiosi. Kant obbedì formalmente a quest'ordine per tre anni, fino alla morte del sovrano; dopodiché si considerò libero da qualsiasi obbligo. Morì il 12 febbraio del 1804. 2 CRITICA DELLA RAGION PURA Dopo un periodo che gli studiosi chiamano "precritico", in cui meditò sia sui testi dei filosofi empiristi – in particolare sull'opera di Hume – sia sul pensiero dei razionalisti come Leibniz, Kant elaborò la chiave di volta della sua filosofia nella Critica della ragion pura (1781). In quest'opera egli esaminò i fondamenti e i limiti della conoscenza umana per delineare un approccio epistemologico capace di legittimare razionalmente le conquiste della scienza moderna. In modo simile ad alcuni filosofi precedenti, Kant differenziò le modalità del pensiero in giudizi analitici e giudizi sintetici. Un giudizio analitico è una proposizione nella quale il predicato è contenuto nel soggetto, come nell'asserzione: "i corpi sono estesi". La verità di questo tipo di proposizioni, che rispettando il principio di identità sono universali e necessarie, è evidente: asserire il contrario sarebbe autocontraddittorio. Tali giudizi sono quindi definiti "analitici", perché la verità è scoperta grazie all'analisi del concetto stesso, ma sono anche considerati infecondi sul piano conoscitivo, in quanto non estendono il sapere. I giudizi sintetici, 14 invece, sono le proposizioni cui non si può giungere grazie alla pura analisi razionale, ad esempio l'asserzione: "i corpi sono pesanti". In questo caso il giudizio è fecondo, poiché il predicato "pesanti" amplia la nostra conoscenza relativa al soggetto "i corpi", ma non è universale e necessario, in quanto dipende dall'esperienza. Tutte le proposizioni che risultano dall'esperienza sensibile sono pertanto dette "sintetiche". Nella Critica della ragion pura Kant afferma che è possibile formulare giudizi sintetici a priori (ad esempio: "ogni cambiamento ha una causa"), ossia giudizi fecondi dal punto di vista conoscitivo, ma nel contempo universali e necessari. Questa posizione filosofica è comunemente nota con il nome di "criticismo trascendentale". Descrivendo il modo in cui questo tipo di giudizio è possibile, Kant distinse tra i "fenomeni" (dal greco phainómenon "ciò che appare"), vale a dire gli "oggetti per noi", in quanto sono conosciuti dall'uomo e si collocano nel mondo dell'esperienza sensibile, e le "cose in sé O NOUMENI", cioè gli oggetti considerati a prescindere dalle modalità in cui appaiono e sono esperiti dal soggetto conoscente E QUINDI NELLA RAGIONE UMANA. I fenomeni, l'unica porzione di realtà conoscibile, consistono propriamente nella sintesi o unione fra il materiale grezzo delle nostre sensazioni e le forme a priori (cioè non desunte dall'esperienza) della nostra intuizione: lo spazio e il tempo. Kant asserì che, oltre a spazio e tempo, esiste anche un determinato numero di concetti a priori del nostro intelletto, che denominò "categorie". Egli ripartì le categorie in quattro gruppi: quelle concernenti la quantità, che sono unità, pluralità e totalità; quelle concernenti la qualità, che sono realtà, negazione e limitazione; quelle concernenti la relazione, che sono causalità e azione reciproca, e quelle concernenti la modalità, che sono possibilità e impossibilità, esistenza e non esistenza, e necessità. Le forme a priori e le categorie trovano la loro applicazione nel campo dell'esperienza, dando luogo a un sapere scientifico, cioè universale e necessario. Quando invece non sono applicate ai fenomeni, le categorie danno luogo alle "idee" della ragione (ad esempio: l'anima, la libertà, Dio), cui non può corrispondere alcun oggetto nell'esperienza e che non producono alcuna conoscenza effettiva. Ne deriva per Kant l'impossibilità di elevare la metafisica al rango di una scienza. Essa rimane solo un'aspirazione dell'animo umano. 3 ETICA Nella Fondazione della metafisica dei costumi (1785) e nella Critica della ragion pratica (1788) Kant delineò un sistema etico nel quale alla ragione è attribuita l'autorità suprema in campo morale. Egli riteneva che le azioni di qualunque tipo dovessero fondarsi su un dovere dettato dalla pura ragione e che nessuna azione, compiuta per convenienza o in mero ossequio alla legge o alla consuetudine vigente, potesse essere considerata morale. Kant descrisse due tipi di prescrizioni impartite dalla ragione: l'imperativo ipotetico, che impone un determinato corso dell'azione per raggiungere un fine specifico e l'imperativo categorico il quale impone un corso di azioni che deve essere seguito a cagione della sua correttezza e necessità. L'imperativo categorico è il fondamento della moralità e fu enunciato da Kant in questi termini: "Agisci come se la massima della tua azione dovesse diventare per mezzo della tua volontà una legge universale". Le posizioni etiche di Kant sono la conseguenza logica del suo credere nella fondamentale libertà dell'individuo, la quale, se rimane indimostrabile nel campo scientifico, trova nondimeno la sua legittimità da un punto di vista morale. Egli considerò la libertà essenzialmente come autonomia, ossia come capacità della nostra volontà di legiferare razionalmente e da se stessa in campo morale. 4 ESTETICA 15 Nella Critica del giudizio (1790) Kant intese fornire un'indagine intorno alla nostra capacità di giudizio estetico (o "gusto"). Il giudizio estetico, pur fondandosi sul sentimento, è però contraddistinto da una peculiare universalità, seppure di tipo soggettivo, per la quale quando diciamo che un certo oggetto è "bello" siamo consapevoli di oltrepassare il piano di ciò che è soltanto "piacevole" (e relativo a ciascun individuo), per affermare invece qualcosa che può essere condiviso, in linea di principio, da tutti. 5 LA RIFLESSIONE SULLA STORIA Il motivo saliente delle riflessioni di Kant sulla storia consiste nell'idea di un progresso culturale dell'umanità, rivolto in direzione di una società ideale in cui la ragione "avrebbe impegnato ogni legislatore a emanare le leggi in modo tale che esse avrebbero potuto essere scaturite dalla volontà unita di un intero popolo, e in modo da valutare ogni soggetto, nella misura in cui desidera essere un cittadino, su queste basi: se egli si sia conformato o meno a quella volontà". Nel suo trattato Per la pace perpetua (1795) Kant auspicò l'instaurazione di una federazione mondiale di stati repubblicani. Tra le altre opere di Kant vanno ricordati i Prolegomeni a ogni metafisica futura che voglia presentarsi come scienza (1783), i Principi metafisici della scienza della natura (1786), La religione nei limiti della semplice ragione (1793), La metafisica dei costumi (1797). LA critica nel XVII s: Gassendi, Pierre (Champtercier, Provenza 1592 - Parigi 1655), filosofo e scienziato francese. Studiò presso le università di Avignone e di Aix, dove nel 1617 venne nominato professore di filosofia; nel 1645 ottenne la cattedra di matematica al Collège Royal di Parigi, da cui si dimise nel 1648. Come filosofo, Gassendi divenne celebre innanzitutto per la sua opposizione alle teorie di Aristotele e per il dibattito con il filosofo francese René Descartes sulla natura della materia. Nel 1647 fu pubblicata la sua De vita et moribus Epicuri (Vita e costumi di Epicuro), seguita due anni più tardi da altre due opere sul filosofo greco Epicuro. Si ritiene che le teorie di Gassendi abbiano aperto la via alle teorie dell'empirismo moderno, anticipando quelle del filosofo britannico John Locke e del filosofo francese Etienne de Condillac; egli fu responsabile soprattutto del rinnovato interesse verso la filosofia dell'epicureismo in epoca moderna. Il suo contributo scientifico riguardò principalmente i campi dell'astronomia e della cartografia. Grande critico di Cartesio, saranno solo Hume e kant alla sua altezza ma bisogna arrivare a loro per la maturazione dell antiontoteologia.Nella Disquisitio Metaphysica del 1647 è divisa in una Dubitatio contro la provo ontol e l es del triangolo,la Responsio sul punto di vista cartesiano in cui nega la perfezione, e Istanze con dettagli degli argomenti contrari.Quindi x G. l ontot è un paralogismo( Ragionamento che deriva da una imperfezione insita nel procedimento Logico, e quindi erroneo, fallace; si distingue dal sofisma in cui l'errore nell'argomentazione è intenzionale. Dal greco paralogismós, composto di para- (2) e logismós `ragionamento'. )ma la sua critica alla metafisica rimane tuttavia incompleta. I gesuiti post-Gassendi Huetius, l’Herminier e Parker vollero combattere il cartesianesimo pericoloso X LA Chiesa. Werenfels, teologo di Basel cartesiano.contrario dell esistenza necessaria è la contingente. Jaquelot e i giornali francesi Confutazioni di Werenfels e interes dispute sull ontologia,ripresa di Des Maizeau di Gassendi 16 Sec J. Dio deve necessariamente possedere l esistenza, è necessaria perché posta nel suo concetto. J dice che perfezione è tutto ciò che ci comunica una realtà. La Lettre anglaise di Des Maizeau mostra il carattere sofistico dell arg ontologico di J. E solo Gassendi ne risolve il mistero. Ormai il seme scettico del XVIII s si era radicato. Mosheim L’ontot.del XVIII s si sposta in Germania se nn criticamente sulla scia dei francesi: citiamo Molsheim, Crusius, Bering, Ruediger anche se nessuno ha distrutto il punto di vista C cioè la distruzione di ente necessario, fino all influenza humiana ma soprat a KANT. Sec M.ideale qui significa mentale; la diff tra esistenza e essenza sta nel modus cogitationis (sec Descartes sono perfezioni, realtà sec Wolff, qualità sec Gassendi)ma solo Kant compie la critica all ‘ontoteologia. Ruediger e Crusius Ruediger anticipò Mosheim nella confutazione del pensiero ontologico a cui poi Cusius s è legato. L esistenza di Dio è riportata all ordine della natura nella sua Physica Divina; una definizione nominale è possibile la def reale. Cr.diventa noto per la sua opposizione a Wolff poiché l esistenza di Dio nn può essere ridotta a principio di contraddizione come x la matematica. Senza la prova ontologica non c’è teologia razionale; chi nega la possibilitè della prova ontolog nega anche la possibilità di ens a se. Bering Nn aggiunge nulla di nuovo da Moshein , presenta contro il primo argom ontologico l obiezione empiristica ,dove ha + fortuna, mentre al secondo vuole opporsi con l obiez logica,quindi Dio è possibile perché il suo concetto nn contiene contraddizione sec Leibniz.anticipa la Critica della ragion pura, l anno prima contro la deduzione di Anselmo anche se Kant nn l’ha mai citato ma sicuramente apprezzato.Diviene però allievo di Kant. L ESISTENZA nn può essere PERFEZIONE, ma CONTINGENTE O NECESSARIA così B. parla di divinità che esiste necessariamente piuttosto che di Dio. La necessità poi non è realtà ma mera posizione. Sec Baumgartner se la prima prova ontologica nn è valida, parlare dell ens necessarius nn significa nulla. Hume, David 1 INTRODUZIONE 17 Hume, David (Edimburgo 1711-1776), filosofo scozzese. Dopo aver studiato giurisprudenza presso l'Università di Edimburgo si trasferì a La Flèche, in Francia, dove scrisse il Trattato sulla natura umana (3 voll., 1739-40), opera che venne però ignorata dal pubblico. Tornato in Scozia, Hume si interessò di etica e di economia politica. I suoi Saggi morali e politici (2 voll., 1741-42) riscossero, diversamente dal Trattato, un successo immediato. In seguito, pubblicò la Ricerca sull'intelletto umano (1748) e la Ricerca sui principi della morale (1751), entrambe frutto di una rielaborazione dei temi del Trattato. Nel 1752, dopo la pubblicazione dei Discorsi politici, Hume ottenne un posto di bibliotecario a Edimburgo e poté dedicarsi alla stesura della Storia d'Inghilterra, cominciata nel 1754 e ultimata nel 1761. Nel 1763 si recò nuovamente in Francia, a Parigi, dove venne apprezzato dagli illuministi, in particolare da Jean-Jacques Rousseau, con il quale fece ritorno in Inghilterra; tuttavia, soprattutto a causa della nevrotica instabilità di carattere del filosofo ginevrino, l'amicizia fra i due si ruppe in breve tempo. Negli ultimi anni Hume visse a Edimburgo dedicandosi agli studi e alla cura editoriale delle sue opere. L'autobiografia venne pubblicata postuma nel 1777, come pure i Dialoghi sulla religione naturale (1779). 2 LA TEORIA DELLA CONOSCENZA Nella prospettiva di pervenire a una "scienza della natura umana", condotta con metodo sperimentale alla stessa maniera in cui Isaac Newton aveva costruito la scienza della natura fisica, Hume si rivolse a una indagine dell'esperienza e di quell'ingrediente elementare di essa che denominava "percezione". Hume riteneva che tutti i contenuti mentali, cioè le "percezioni", si potessero suddividere in due classi: le "impressioni" e le "idee". Le prime sono percezioni che presentano maggior forza e vivacità; le seconde sono immagini illanguidite delle impressioni originarie. La differenza fra impressione e idea è ad esempio quella che intercorre fra il dolore provocato da una fonte di calore e l'immagine o il ricordo di questo dolore nella memoria. In tal modo Hume affermò come Locke che ogni nostra conoscenza deriva dall'esperienza, ma, a differenza del fondatore dell'empirismo moderno, dubitò che l'esperienza rinviasse al di là di sé a delle cose, in quanto essa consiste interamente nelle impressioni che occupano la mente del soggetto percipiente e nelle copie di queste impressioni. Hume dissolse anche il soggettosostanza del pensiero metafisico tradizionale (difeso ancora dal filosofo empirista Berkeley), sostenendo che, dal momento che non è possibile avere esperienza di sé al di là di un'impressione o di un'idea, anche il concetto di "Io" si risolve in un "fascio di percezioni", senza che vi sia alcuna sostanza (cioè l'anima) a suo fondamento immutabile ed essenziale. 2.1 Critica del principio di causalità In campo epistemologico Hume negò inoltre la necessità logica del nesso di causalità, sostenendo che non è sufficiente aver osservato la presenza di una relazione di causa ed effetto tra due eventi in circostanze reiterate, per trarre la conclusione che tale relazione sia logicamente necessaria e universalmente valida. In altri termini, la presunta percezione di una relazione di causa ed effetto fra due eventi del mondo consiste in realtà nella proiezione sul mondo dell'attesa prodotta dall'associazione mentale di una sequenza temporale tra l'idea del primo evento e l'idea del secondo. Pertanto è impossibile conoscere in modo certo dati di fatto che oltrepassino le singole percezioni, benché Hume ammetta per la vita quotidiana il valore psicologico dell'abitudine a pensare in termini di causa e di effetto e a credere alla validità delle percezioni. In questo modo Hume esercitò una forma di scetticismo che metteva in dubbio non solo le pretese della metafisica di pervenire a conoscenze assolute, ma anche l'attribuzione al sapere scientifico di un carattere di certezza che pretendesse di sottrarsi al vaglio dell'esperienza. 18 2.2 "Relazioni di idee" e "questioni di fatto" Secondo Hume occorreva distinguere le semplici "relazioni di idee", che sono alla base delle dimostrazioni matematiche, dalle "questioni di fatto", che sono indagate dalle scienze empiriche. Mentre le prime danno luogo a una conoscenza astratta e a priori, che prescinde dal legame delle idee con le impressioni corrispondenti e che si basa sul solo principio di identità, nella conoscenza delle questioni di fatto ogni rapporto fra impressioni o fra idee è sempre dettato dall'esperienza. Ad esempio, data l'idea di triangolo, l'idea che esso contiene tre angoli ed è limitato da tre lati è ricavata come una conseguenza necessaria, e il contrario di questa relazione di idee implica contraddizione logica; data invece l'impressione del lampo, la credenza che seguirà quella del tuono non viene di necessità: è sempre possibile pensare il contrario di una questione di fatto, che possiede pertanto un valore conoscitivo soltanto probabile. 2.3 L'abitudine Alla base di ogni scienza empirica Hume ritrovava quel principio di "uniformità della natura", secondo cui noi crediamo che "il futuro sarà simile al passato": si tratta di un principio che fonda la possibilità dell'induzione, cioè del passaggio dalla osservazione di casi individuali a una regola o legge generale che deve valere anche per quei casi che ancora non sono stati osservati. Senonché, secondo Hume, l'estensione al futuro dell'esperienza passata e presente non può a sua volta essere fondata razionalmente, in quanto deriva dall'"abitudine"; ma l'abitudine è una sorta di istinto che regola la nostra associazione fra idee anche indipendentemente dalla nostra coscienza; è l'abitudine che genera dunque la nostra "credenza" nel carattere necessario delle leggi naturali. 3 ETICA In campo etico Hume applicò la medesima forma di scetticismo, negando la possibilità di una fondazione razionale assoluta della morale. La ragione infatti è per Hume del tutto impotente a guidare le azioni umane, ovvero "è schiava delle passioni e non può rivendicare in nessun caso una funzione diversa da quella di servire e obbedire a esse". Inoltre la ragione può solo conoscere un fatto e dire come una cosa è, ma non dirci come una cosa "deve" essere. Una volta però che i fini delle azioni siano stati posti dalle passioni, la ragione può indicare i mezzi più idonei a raggiungerli o mostrarci anche che la cosa in cui la passione colloca un certo fine non esiste. Egli affermò che, quando riteniamo oggettivamente corretta o scorretta un'azione, stiamo soltanto proiettando entro un sistema di valori i nostri sentimenti di approvazione o disapprovazione. Tali sentimenti scaturiscono dal fatto che ogni individuo, benché egoista, è anche legato agli altri da una certa "simpatia", intesa come una tendenza a porsi in sintonia con i loro stati d'animo, come ad esempio la felicità e l'infelicità. Se si pensa che un'azione renderà felici molte persone, la simpatia si esprimerà nella forma di un sentimento positivo verso l'azione, cioè il sentimento dell'approvazione. Molte delle riflessioni morali di Hume influiranno sull'utilitarismo ottocentesco, in particolare sulle dottrine del filosofo britannico John Stuart Mill. 19 Il punto di vista C di Bering era già stato assunto da Hume ma nn si sofferma mai contro l ontoteol se nn di passaggio per cui le teorie metafisiche sono insostenibili. 1.esistenza è tutto ciò che è rappresentato (sis di mere Rapp) 2. realtà è tutte le IMPRESSIONI e i ricordi di impressioni che possediamo, in contrap alle mere immaginazioni e ai pensieri (sis delle rappr sensibili).tutte le ns deduzioni dell esistenza si basano sempre sul pensiero della causalità. 3. alla realtà accanto alle impressioni vi sono le rappresentazioni (ideas) rif ad impressioni presenti e passate x mezzo della relazione di causa ed effetto (sis delle rapp del mondo dell esperienza) Coscienza di una rappresentazione è coscienza d una cosa rappres come esistente. L uomo è convinto della realtà di molte cose anche senza averle percepite, solo per fiducia. Noi abbiamo le facoltà di ripetere le ns impressioni e di ricordarci delle passate quando ne compiamo delle nuove, facoltà x cui poniamo in relazione tra loro le ns percezioni: l abitudine è uno dei principi attraverso i quali sono prodotte tali relazioni. Il concetto cosmologico di Dio contraddice alle 3 conoscenze x conoscenza di cause:1 imposs fare di esso 1 esperienza immediata 2 esso nn può essere associato costantem con 1 altra impressione 2 cause ed effetto sono pensate da esso come identiche, quindi quando si PARLA DI ENTE NECESSARIO SI PARLA DI UN MERO NOME.ma la critica di Hume è rimasta quasi senza effetto. Ma solo Kant ha saputo distruggere definitiv questa prova nella sua forma metafisica. X concludere 1 l ontoteologia dell età moderna ha tratto dal ME: a la prova di Anselmo, PRIMO ARGOMENTO TEOLOGICO b l obiezione logica di Gaunilone, Tommaso e della magg parte della tarda scolastica c la forma fondam del II argomento ontologico che già Tommaso attribuisce alla prova di Anselmo 2 l ontoteol moderna fu fondata da Descartes 1641 che distingue la seconda prova dalla prima, e che nn considerò nemmeno 3 Gassendi ha svil l obiezione empristica contro la prima prova ma nn ha colpitO la II (cartesiana). 4 i cartesiani soprat Malebranche e Spinoza svilup 1 sistema sul fondamento della II prova e la difesero contro la critica tomistica soprat di Huetius e l Herminer. 5 seconda fase sull ens necessarium con More 1674 e Cudwort 1678 giustificano la deduzione del primo argomento ontolo soprat contro l obiezione logica di Parker 1665 6 nelle riviste Jaquelot 1700 dikiara che tutta la teologia razionale è imposs se la prova ontolo nn è valida ma nn riesce a difendersi contro Des Maizeau. 20 7 Leibniz sostiene Cudworth e Jaquelot 8 Mosheim 1733 e Bering 1780 usano contro la I prova l obiez empiristica, Mendelsshon ribatte che essa nn può confutare la II prova. 9 Baumgarten 1739 al seguito di Leibniz ha reso dipend la premessa della II prova,la def di ens necessarium, dalla validità della prima prova. 10 Hume e Kant definiscono l ens necessarium un mero nome. LA CRITIC DI KANT ALL ONTOTELOGIA Kant ha letto Baumgarten e Bering e studiato Wolff, respinge l obiezione logica ma nn è nemmeno così empiristica anche se lo è a tratti nella sua critica generale. Il I argom ontol si può annullare mostrando che l esistenza nn è 1 realtà (Gassendi). L’ideale della critica della ragion pura è il cap che tratta l argomento e diviso in 7 sezioni o in 3 momenti: 1 svolge il concetto di Dio come ente perfettissimo 2 critica le tre prove tradizionali 3 derivazioni ed applicazioni Sec la critica la RAGIONE E’ UN FACOLTA’ X CONOSCERE UNA TOTALITA’ anche alla cosa singola. quindi si può applicare La ragione presuppone la rappresentazione della omnitudo di tutti i predicati, l’IDEALE TRASCENDENTALE (= A PRIORI CHE RENDE POSSIBILI LE ESPERIENZE STESSE) quindi vi sono 2 classi di predicati, quelli che esprimono 1 determ qualità intrinseca senza limitazione (compatto elastico buono ecc) e quelli che pongono soltanto 1 certo grado di qualità (comprensibile resistente moderato ecc) . Anche se la ragione nn pretende affatto che la omnitudo di ogni realtà sia data oggettiv. E costituisca 1 cosa. L estetica trascendentale ha mostrato che tutte le cose date x l esperienza sono meri fenomeni. Il contrario dell impossibile è il necessario, è impossibile che proprio nulla sia reale quindi qualcosa esiste necessariamente. Lo scritto del 1763 dimostra che esiste un ente primo che è poi la ragione di ogni realtà x cui tutto l essere è posto sotto la condizione del pensiero. Al fondo dell unico argomento possibile sta l ideale trascendentale. 21 La ragione nn prende le mosse dai concetti ma dall esperienza comune ma quest argomento nn regge se nn si poggia sull assolutamente necessario. X Kant la critica della rag è stata la teoria della conoscenza metafisica. La tesi della IV antinomia è l origine dell ontoteologia. SISTEMA E CRITICA DELLA TEOLOGIA RAZIONALE A .deve tener conto della distinzione tra necessità logica e reale B la necessità reale nn può essere compresa dai suoi effetti Ma la prova apparente dell ideale trascen nn è la prova ontologica, a Dio spetta quindi necessariamente l esistenza ma E’ UNA POSIZIONE NN UN PREDICATO perché ha predicati ciò che esiste(Brentano si è scandalizzato su questa posizione perché l esistenza nn è un predicato). Quindi ens necessarium e omnitudo realitatis nn sono equivalenti poiché necessarium è indeterminato. Quindi La soggettivizzazione del concetto di necessità assoluta: nella tesi della IV antinomia il pensiero cosmologico è inevitabile. Lo ens neces è ciò il cui contrario è impossibile. Nella coscienza dell Io penso che il conoscente ha di se stesso c è solo coscienza d 1 operazione che collega in unità le rappresentazioni date per cui le categorie di relazione sono la forma fondam del pensiero di 1 oggetto. La ragione nn potrà mai porre da se stessa l esistenza e neppure comprendere la differenza tra possibilità, realtà e necessità. L uomo deve distinguere tra possibilità e realtà delle cose. L eternità, essere in ogni tempo, ma anche la determinazione di sostanza nn sono oggetti in quanto tali. Sec Kant la tesi cosmologica presuppone quella ontologica ma l esistenza nn è 1 realtà. L ens perfectissimum è ens originarius. Mentre l ens neces e omnitudo realitatis nn s implicano reciprocamente. Come Hume e WOlff K.è convinto che Dio nn possa essere perfetto nemmeno creatore ma come possibilità.ma la teologia razionale è impossibile.quindi fa 1 critica alla teologia razionale e all ens neces ma da qua riparte l ontoteologia soprat Baumgarten. 1. L ontoteologia come ogni conoscenza razionale di Dio si fonda su di un fatto cioè che possiamo pensare concetti determinati di qualcosa di esistente, cioè di determinato dalla realtà che ad esso spetta.Se è un ente finito un pensiero determinato ne diventa possibile solo in relazione al max gado di questa realtà ed al concetto di tutta la realtà in genere.solo quando poniamo il finito in rel con esso possiamo pensarlo come limitatamente o complet determinato: questa basta come prova dell esistenza di Dio nel duplice senso: presup la realtà di cose finite cioè la prova ideologica dell esist di Dio (della teologia scolastica)collegandosi a Platone e al 22 Monologion di Anselmo.A liv trascendentale invece Dio è solo un concetto possibile allo scopo di pensare le cose finite 2. La cosmoteologia inizia con la conclusione dell esistenza contingente e condizionata ad un ens necessarium: un ente è necessario quando nn si puo’ pensare la possibilità dell esistenza del suo opposto contradditorio Kant distingue dappertutto la necessità logica da quella reale, la ragione logica da quella reale, il concetto dalla cosa. Se il concetto di ente necessario può ess pensato chiaramente persino la prova cosmologica diviene superflua perché allora vale la sec prova dell esistenza di DIO molto + facile da svolgere, ma quindi che nn esista nessuna realtà è possibile. LA CRITICA DELL ONTOTEOLOGIA NEGLI SCRITTI PRECRITICI DI KANT IL PRINCPIO DELLA RAGION SUFFICIENTE STA ALLA BASE DEL PENSIERO DI KANT verso la teoria critica della causalità. L ontotel kantiana nasce da un suo saggio Principiorum primo rum…dove viene separata la distinzione tra ragione(Grund) formale e ragione reale. Se esiste un ente nn esiste in virtù di qualche causa né di una ragione-Grund né in virtù di se stesso ma solo perché il contrario della sua esistenza è impossibile. L’ontot è un sofisma. L unico argomento possibile appare nella Nova dilucidatio x cui il concetto della necessità assoluto deve essere determinato fondata dall obbiezione empiristica. L esistenza nn è un predicato neppure della perfezione. Alla fine 1 i principi di identità e di nn contraddizione sono condizioni necessarie formali della possibilità di tutte le cose, ciò che in sé è contradditorio è intrinsecamente impossibile 2 nn sono però le condizioni sufficienti della possibilità perché x constatare una contradd e con ciò 1 impossibilità occorre che la datità dalla quale può sorgere 1 contradd sia già posta: la datità rappres l aspetto materiale della possibilità. Impossibile è ciò che toglie impossibilità. Assolut necessario ciò il cui contrario è impossibile, quindi 1 datità precedente ogni possibilità è assolut necessaria, quindi è un concetto, quindi la DIMOSTRAZIONE E’AVVENUTA. L ONTOTEO NELL IDEALISMO SPECULATIVO Il rinnovamento hegeliano dell ontot La fine del XVIII s vede sparire la confutazione ontot ma Hegel la riprende attraverso Schelling e Weisse Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph 1 INTRODUZIONE Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph (Leonberg, Württemberg 1775 - Bad Ragaz, Svizzera 1854), filosofo tedesco, uno dei maggiori rappresentanti dell'idealismo tedesco. Schelling si formò allo Stift (collegio teologico) di Tubinga, dove fu in rapporto con Georg Wilhelm Friedrich Hegel e Friedrich Hölderlin. Laureatosi nel 1792 con una tesi di argomento mitologico, Schelling si confrontò poi con le filosofie di Immanuel Kant e di Johann Gottlieb Fichte, interessandosi contemporaneamente al dibattito sul panteismo di Baruch Spinoza e alla filosofia naturale del Rinascimento. Durante un soggiorno a Lipsia pubblicò scritti che fondono l'idealismo trascendentale con la filosofia della natura (Idee per una filosofia della natura, 1797; Sull'anima del mondo, 1798). Nel 1798 divenne 23 professore all'università di Jena; al 1799 risale il Primo abbozzo di un sistema di filosofia della natura. Del 1800 è il Sistema dell'idealismo trascendentale. Nel 1802 Schelling fondò con Hegel il "Giornale critico di filosofia" e nel 1804 pubblicò Filosofia e religione; con l'ascesa sulla scena culturale dell'astro di Hegel, Schelling si ritirò dall'insegnamento. Del 1809 sono le Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana . Nel 1827 riprese l'insegnamento, a Monaco di Baviera, e dal 1841 a Berlino. Alle sue lezioni assisterono alcuni fra i maggiori pensatori dell'età successiva: Kierkegaard, Feuerbach, Engels, Bakunin. 2 LA FILOSOFIA DELLA NATURA Il pensiero di Schelling appare influenzato dal monismo di Spinoza, oltre che dai temi panteistici delle filosofie rinascimentali, come quella di Giordano Bruno. Esso nondimeno esprime nella maniera più compiuta esigenze e temi propri dell'età del romanticismo. Schelling prende le mosse dalla filosofia di Fichte, ma non ne condivide l'identificazione della natura con il "non-io", inteso come puro ostacolo all'attività infinita dell'io. Egli ritiene invece possibile ritrovare anche nella natura un'attività spirituale che, sebbene inconsapevole, si svolge finalisticamente. "La natura è lo spirito visibile", egli scrive, "lo spirito è la natura invisibile". In questa prospettiva Schelling afferma, nei suoi primi scritti, che nella natura risiede un principio vitale che collega gli esseri inorganici e gli organici in un organismo complessivo; tale principio è chiamato "anima del mondo". Le forze della natura inorganica (la gravità, il magnetismo, l'elettricità) si ripetono, a una potenza superiore, in quella organica (dove agiscono la sensibilità, l'irritabilità e la riproduzione), sicché a ogni stadio dello sviluppo naturale è possibile ritrovare una dialettica fra due poli opposti, ovvero fra una forza espansiva e una forza limitante (ad esempio fra attrazione e repulsione). Attraverso questi stadi di sviluppo, la natura, come "spirito assopito", emerge via via fino alla conquista della coscienza di sé nell'uomo. 3 L'ASSOLUTO E L'ARTE La filosofia della natura è peraltro solo un punto di vista che richiede di essere integrato all'interno di una prospettiva più ampia. Secondo Schelling, si tratta di riconoscere che l'Assoluto, cioè la totalità unitaria di tutte le realtà, è sia natura sia spirito, anzi consiste nella loro identità. Pertanto la realtà assoluta viene pensata da Schelling come né soggettiva né oggettiva, né consapevole né inconscia: essa è l'identità o indifferenza di soggettivo e oggettivo, di libertà e di necessità, di spirito cosciente e di natura inconscia. A questo punto non è tanto il pensiero razionale, quanto piuttosto l'arte, come attività creatrice che collega un'attività cosciente a un momento inconscio (la cosiddetta ispirazione), a cogliere l'identità dell'Assoluto: "l'arte", scrive Schelling, "è l'unico ed eterno organo della filosofia e nello stesso tempo il testimonio vivente della sua verità". Le prospettive romantiche della filosofia di Schelling relative all'Assoluto e all'arte, se influenzarono gli sviluppi dell'estetica della sua età, furono però ampiamente criticate da Hegel. 4 FILOSOFIA E RELIGIONE Negli ultimi anni di insegnamento acquista via via rilievo, nel pensiero di Schelling, un interesse per il problema religioso. Da un lato egli è portato a considerare l'opposizione di natura e spirito come il risultato di una "caduta" dall'Assoluto; dall'altro a cogliere nell'Assoluto stesso, ora interpretato religiosamente da Schelling secondo spunti che si rifanno alla mistica di Böhme, un contrasto fra bene e male. 24 Schelling si occupò inoltre del tema della mitologia, considerata essa stessa come rivelazione del divino. Egli condusse anche una critica serrata della filosofia di Hegel, che identificava la realtà con la ragione: per Schelling invece la ragione può tutt'al più giungere a conoscere l'essenza della realtà, ma non può cogliere la realtà esistente come tale, che è fuori dal pensiero e indipendente da esso. Si tratta di una tesi che non mancò di influire sul pensiero del filosofo danese Kierkegaard. Hegel intende il suo sistema come prova ontol dell esistenza di dio poiché l essere nn può venire determinat pensato x sé e contro il concetto contiene in sé l essere come momento perciò si determ anche ad oggettività. Unità DI CONCETTO ED ESSERE porta all ASSOLUTO, rientrando in ambito ontologico, come cammino dell intera logica e delle filosofie della natura e dello spirito. L idealismo speculativo ha visto però l opposizione di Schulze e Krug,neokantiani. Sec Hegel la storia della filosofia è1 parte del processo nella quale l Assoluto coglie il proprio concetto, dissimulate da riflessioni soggettive. Riprende KANT sull interpretazione dei filosofi molto meglio di quanto possano fare essi di loro stessi. Lui lo fece x tutta la vita su Kant, ma ne omette il criticismo e sopratt fraintende la critica kantiana con l obiezione logica. Il concetto di essere che è pensato nel conc di Dio, nn è perciò mero concetto, ma sebbene pensiero, il pensiero determinato del negativo dell autocoscienza di quel che è fuori del pensare.quindi uguale a K.sull obbiezione logica. L essere visto da H. come mera determinazione di forma. Ma l essere qui è affatto positivo, e l esistenza è vista come una proprietà. K.vede Dio come ragione di ogni realtà (Realitaet).ANCHE LA CRITIC EMPIRISTICA VIENE CONFERMATA DA HEGEL. Dio come puro reale in ogni reale o come somma di tutte le realtà, è la stessa indefinitezza e inconsistenza che il vuoto Assoluto, in cui tutto è uno. Dio come omnitudo realitatis, cioè Dio è l Essere, primo pensiero dell Assoluto. DIO è colui la cui essenza comprende l esistenza formando il concetto cosmologico di ente necessario a partire dal primo argomento ontol. Hegel riconduce Anselmo al II argo nt che deve a Descartes la sua forma + completa. H esce dal meccanismo metafisico per cui il I arg è fondamento del II. Solo Desc ha espresso oggettiv l unità di Dio e dell Essere e nn è + incidentalmente realtà soggettiva come in Anselmo. X Hegel Dio è necessità, nn come in Kant un mero nome(barbarie kantiane). Spinoza invece da matematico inizia sempre con definizioni mentre in filos il contenuto si deve conoscere come quel che è vero in sé e per sé. Il pensiero “essere” è la prima determinazione dell assoluto, una determinazione indipendente dal suo essere pensata. Il vero esame delle categorie diventa uno svolgimento delle pure determinazioni di pensiero da esse stesse. H. è convinto che la Fenomenologia dello spirito debba fare da introduzione alla Scienza della logica ma si deve discernere concetto ed essere prima. Pensare ed essere sono contrapposti: l assoluto stesso per H è nel significato oggettivo. Il concetto per H è la RAPPRESENTAZIONE e può essere compresa nella filosofia reale dello spirito. La categoria della causalità appartiene alla logica dell essenza che precede quella del concetto. Dio Causa sui (Kant) , quando il soggetto determina se stesso. 25 Dall Enciclopedia delle scienze filos di Heidelberg il concetto è semplic l agente e nn + la causa con l apparenza di produrre un altro ma l agente di se stesso. Sec H. Il concetto di essere che è pensato nel concetto di Dio non è perciò mero concetto, ma sebbene pensiero, il pensiero determinato del negativo dell autocoscienza, di quel ch’è fuori del pensare. Dio è la somma di tutte le realtà, il CONCETTO E’ ESSERE , anche se il concetto di necessario e essere universale hanno cambiato il significato. L arg ontol hegeliano verte su tre punti: 1. Tramite l idea della logica definire indipendenti dal concetto del soggetto pure determinazioni di pensiero 2. Attraverso l opposizione delle determinazioni concettuali di essere e concetto che si distinguono come il privo di determinazioni e la totalità delle determinazioni 3. Attraverso l unità di queste determinazioni nella totalità dell assoluto che in quanto totalità in ogni sua distinzione è sempre relazione in sé. DIO=ESSERE La filos deve allontanarsi dalla riflessione su di sé x entrare nella logica, nn può costruire, deve divenire Ragione che osserva lo svolgimento del pensiero dell assoluto. Perciò il pensiero dell Io è superiore al mondo felice dei greci mentre il mondo cristiano ha con immensa fatica prodotto il sé come principio e giunge al compimento solo quando toglie l opposizione che separa sé ed essere e attrav la quale il sé è solo un assoluto relativo, ancora finito. È la lotta del criticismo contro la speculazione idealistica cioè l obiezione logica contro l argomento ontologico: qui la soggettività è pensata come momento. Alla profondità umana , cioè lo spirito, appartiene la totalità del soggetto in se stesso, oggettività sostanziale, e con ciò opposizione infinita. Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph 1 INTRODUZIONE Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph (Leonberg, Württemberg 1775 - Bad Ragaz, Svizzera 1854), filosofo tedesco, uno dei maggiori rappresentanti dell'idealismo tedesco. Schelling si formò allo Stift (collegio teologico) di Tubinga, dove fu in rapporto con Georg Wilhelm Friedrich Hegel e Friedrich Hölderlin. Laureatosi nel 1792 con una tesi di argomento mitologico, Schelling si confrontò poi con le filosofie di Immanuel Kant e di Johann Gottlieb Fichte, interessandosi contemporaneamente al dibattito sul panteismo di Baruch Spinoza e alla filosofia naturale del Rinascimento. Durante un soggiorno a Lipsia pubblicò scritti che fondono l'idealismo trascendentale con la filosofia della natura (Idee per una filosofia della natura, 1797; Sull'anima del mondo, 1798). Nel 1798 divenne professore all'università di Jena; al 1799 risale il Primo abbozzo di un sistema di filosofia della natura. Del 1800 è il Sistema dell'idealismo trascendentale. Nel 1802 Schelling fondò con Hegel il "Giornale critico di filosofia" e nel 1804 pubblicò Filosofia e religione; con l'ascesa sulla scena culturale dell'astro di Hegel, Schelling si ritirò dall'insegnamento. Del 1809 sono le Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana . Nel 1827 riprese l'insegnamento, a Monaco di Baviera, e dal 1841 a Berlino. Alle sue lezioni assisterono alcuni fra i maggiori pensatori dell'età successiva: Kierkegaard, Feuerbach, Engels, Bakunin. 26 2 LA FILOSOFIA DELLA NATURA Il pensiero di Schelling appare influenzato dal monismo di Spinoza, oltre che dai temi panteistici delle filosofie rinascimentali, come quella di Giordano Bruno. Esso nondimeno esprime nella maniera più compiuta esigenze e temi propri dell'età del romanticismo. Schelling prende le mosse dalla filosofia di Fichte, ma non ne condivide l'identificazione della natura con il "non-io", inteso come puro ostacolo all'attività infinita dell'io. Egli ritiene invece possibile ritrovare anche nella natura un'attività spirituale che, sebbene inconsapevole, si svolge finalisticamente. "La natura è lo spirito visibile", egli scrive, "lo spirito è la natura invisibile". In questa prospettiva Schelling afferma, nei suoi primi scritti, che nella natura risiede un principio vitale che collega gli esseri inorganici e gli organici in un organismo complessivo; tale principio è chiamato "anima del mondo". Le forze della natura inorganica (la gravità, il magnetismo, l'elettricità) si ripetono, a una potenza superiore, in quella organica (dove agiscono la sensibilità, l'irritabilità e la riproduzione), sicché a ogni stadio dello sviluppo naturale è possibile ritrovare una dialettica fra due poli opposti, ovvero fra una forza espansiva e una forza limitante (ad esempio fra attrazione e repulsione). Attraverso questi stadi di sviluppo, la natura, come "spirito assopito", emerge via via fino alla conquista della coscienza di sé nell'uomo. 3 L'ASSOLUTO E L'ARTE La filosofia della natura è peraltro solo un punto di vista che richiede di essere integrato all'interno di una prospettiva più ampia. Secondo Schelling, si tratta di riconoscere che l'Assoluto, cioè la totalità unitaria di tutte le realtà, è sia natura sia spirito, anzi consiste nella loro identità. Pertanto la realtà assoluta viene pensata da Schelling come né soggettiva né oggettiva, né consapevole né inconscia: essa è l'identità o indifferenza di soggettivo e oggettivo, di libertà e di necessità, di spirito cosciente e di natura inconscia. A questo punto non è tanto il pensiero razionale, quanto piuttosto l'arte, come attività creatrice che collega un'attività cosciente a un momento inconscio (la cosiddetta ispirazione), a cogliere l'identità dell'Assoluto: "l'arte", scrive Schelling, "è l'unico ed eterno organo della filosofia e nello stesso tempo il testimonio vivente della sua verità". Le prospettive romantiche della filosofia di Schelling relative all'Assoluto e all'arte, se influenzarono gli sviluppi dell'estetica della sua età, furono però ampiamente criticate da Hegel. 4 FILOSOFIA E RELIGIONE Negli ultimi anni di insegnamento acquista via via rilievo, nel pensiero di Schelling, un interesse per il problema religioso. Da un lato egli è portato a considerare l'opposizione di natura e spirito come il risultato di una "caduta" dall'Assoluto; dall'altro a cogliere nell'Assoluto stesso, ora interpretato religiosamente da Schelling secondo spunti che si rifanno alla mistica di Böhme, un contrasto fra bene e male. Schelling si occupò inoltre del tema della mitologia, considerata essa stessa come rivelazione del divino. Egli condusse anche una critica serrata della filosofia di Hegel, che identificava la realtà con la ragione: per Schelling invece la ragione può tutt'al più giungere a conoscere l'essenza della realtà, ma non può cogliere la realtà esistente come tale, che è fuori dal pensiero e indipendente da esso. Si tratta di una tesi che non mancò di influire sul pensiero del filosofo danese Kierkegaard. È fondamen. X Schelling la differenza tra filosofia positiva e negativa e si rifà alla teoria della prova ontologica dell esistenza di Dio, rifacendosi a Descartes e contrastando Hegel ma anche Kant. Dichiarò che aveva risolto il malinteso di Cartesio . Kant ha separato il negativo dal positivo in filosofia. 27 Affronta un’OBIEZIONE LOGICA sec cui Dio è ciò che esiste necessariamente ma è necessariamente ciò che esiste necessariamente; l esistenza è pura attualità. Il sommo oggetto del pensiero è proprio l”’è”, il pensiero in quanto tale.il pensiero pensa sempre pensieri già determinati Esistenza è pura attualità ; per Schelling l’Essere è al centro della sua filosofia in cui la filos negativa si ribalta sulla positiva. L essere di Dio nn derivava + dall idea di Dio stesso, ma dal pensiero del filosofo. Il pensiero, privo di determinazioni,dell essere trapassa immediatam nella certezza dell esistenza reale. Il pensiero sa di raggiungere una cosa precedente a se stesso quando pensa l essere. Contro Hegel, la realtà nn è solo quella il cui concetto si pensa per cui l’Idealismo soprattutto e non la realtà. Lo spirito ,anche quello di Dio, è contro questo essere non quindi l assoluto. La filosofia logica dell identità È solo filosofia negativa perché pensa l essere solo concettualmente racchiuso nella ragione e nel concetto. La filos positiva salvaguarda il giusto rapporto tra essere e concetto. L essere diviene per la ragione la potenza pura,la ragione, limite assoluto. Quindi la filosf negativa è quella del concetto ‘poiché Dio è l essere perfettissimo , esiste realmente’. C.H. Weisse e la fine dell ontologia. Christian Hermann Weisse (Lipsia, 10 agosto 1801 – 19 settembre 1866) è stato un filosofo e teologo tedesco. Fu un filosofo della religione protestante. Studiò all'università di Lipsia, aderendo inizialmente alla scuola hegeliana per poi mutare orientamento e giungere a condividere le idee di Schelling. Sviluppò un nuovo teismo speculativo, divenendo avversario dell'idealismo panteistico di Hegel. Nel suo discorso sul futuro della Chiesa protestante (Reden über die Zukunft der evangelischen Kirche, 1849), individuò l'essenza del cristianesimo nella concezione formulata da Gesù del padre celeste, del Figlio dell'Uomo e del Regno dei Cieli. Nel suo lavoro sulla dogmatica filosofica (Philosophische Dogmatik oder Philosophie des Christentums, 3 volumi. 1855-1862) tentò di ridurre tutti i dogmi del cristianesimo a postulati naturali della ragione o della coscienza attraverso la loro idealizzazione. Fu il primo teologo a proporre la teoria delle due fonti come soluzione del problema sinottico (1838), la teoria dominante moderna, secondo la quale il Vangelo secondo Marco fu scritto per primo, ed usato, assieme ad una fonte perduta detta fonte Q, come documento di base per la compilazione indipendente del Vangelo secondo Matteo e del Vangelo secondo Luca. 28 Opere [modifica] Die Idee der Gottheit (1833) Die philosophische Geheimlehre von der Unsterblichkeit des menschlichen Individuums (1834) Büchlein von der Auferstehung (1836) Die evangelische Geschichte, kritisch und philosophisch bearbeitet (2 volumi, 1838) Die Evangelienfrage in ihrem gegenwärtigen Stadium (1856) Psychologie und Unsterblichkeitslehre (curato da R Seydel, 1869). Bibliografia [modifica] Sec il neokantismo la ragione della certezza di tutti gli enunciati sull idealità di un principio sommo (della origine) è il fatto della scienza matematica della natura infatti nel positivismo lo si può definire attrav la sua teoria del pensiero concettuale, in conseguenza del quale tutti i concetti sono funzione dell ordine di datità presenti. S.ha dedotto nella prima parte della fil la libertà di Dio. Per W.la filosofia è disciplina peirastica, vede Dio non in maniera estatica ma come integrazione della direttività della logica mentre in termini reali riprende Hegel.la ragione serve per rientrare nei suoi diritti , si solleva pensando l essere come il primo poiché l essere reale deve essere il primo del tutto. S.accetta il postulato hegeliano del sapere assoluto poiché ogni conoscenza presuppone un sistema di principi determinati: quindi forma provvisoria della fil positiva che nel contenuto procede dall originarietà delle essere e dell esperienza, concepisce la libertà della personalità e l irrazionalità del contingente nella natura come loro contrario. Ma il passo vs il neokantismo lo fece l allievo di W. Lotze che ha fatto del metodo genetico il metodo dell intera filosofia. Le determinazioni logiche di pensiero sono pensieri puri di Dio ma nn si deve pensare come Ragione dei pensieri logici. Come Agostino W. esplica la sua Trinità dell anima nell unità della soggettività divina. Cerca di rendere comprensibili le proprietà fond di ciò che è materiale a partire dalla loro origine nella volontà divina. W. Vuole sottrarre la realtà di Dio al processo di pensiero della logica salvaguardando la libertà di Dio.sec W.la realtà nn è comprensibile attraverso la logica. Qui s’avvicina al platonismo. Sec W.1 principio è valido quando 1. Quando è 1 cond necessaria della possibilità delle conoscenza a diff dei concetti delle empirismo 2 quando nn è prodotto dalla soggettività a diff delle categorie di Kant 3 quando x diventare reale ha bisogno della realtà d 1 soggetto e nn è x sé principio reale. 29 Parla pure di concetti di valore e validità che l allievo Lotze mette in circolazione. W.vuole fondare di nuovo il cristianesimo, l’essenza di Dio; i concetti di numero, tempo e spazio son categorie della logica, Spazio e Tempo devono accogliere qualcosa di spaziale per essere determinati complet. La sua è l’ultima prova ontologica nella storia della filosof fin ad oggi. l’obiezione logica di W. W.condivide con Schelling l ‘obiez logica contro l argomento ontologico, x cui le categ della logica sono mera forma della possibilità del reale. L esistenza stessa della logica dev essere distinta dalla realtà la quale si accresce al Logico solo nello spirito di Dio e tramite il suo innalzamento a natura. W.distingue il quid dell essenza divina dal suo quod, da Hegel in poi in Weisse torna la relazione DEL CONCETTO (ESSENZA) CON LA REALTA’.Vuole costruire un intero scientifico. Dio esiste come conclusione di un sillogismo, come necessità logica.il concetto di necessario è complet indipend nella ragione umana dal concetto di Dio dell esperienza religiosa,è ragione prima e necessaria.la prova ontol quindi è l espressione del valore conoscitivo della scienza della logica che nn è la scienza dell esistente, è valida l obiezione logica contro l argomento ontologico. Ogni logica oggettiva deve quindi iniziare col pensiero dell essere, quindi il consapevole ritorno del dubbio. TUTTO CIO’ CHE E’,DEVE ANCHE ESSERE. La diff tra essere ed esistenza tenendo conto del giudizio è che il primo è la copula, il secondo il predicato. Qui s avvicina ad Hegel, fino a giungere alla determinazione di numero, spazio e tempo; assieme all essere come copula sono implicate le pure determinazioni di pensiero.nel concetto di Dio è unificata ogni realtà, unico argomento possibile kantiano. la prova ontol dell esistenza di Dio conduce soltanto al concetto della necessità logica ma non dimostra l esistenza di Dio. Un’unione tra ontologia e cosmologia. Per cui DIO E’REALE. LE CATEGORIE vengono svolte nel cammino della logica ,sono quindi 1 risultato che deriva dal pensiero dell essere, e non viceversa (cat. IMMANENTI CIOE’ CHE RIMANGONO NELL AMBITO DELL ESPERIENZA E NON NE SORPASSANO I LIMITI).essere ed esistenza non sono predicati, una determinazione del pensiero. Necessario concettualmente è un giudizio in cui la necessità dell essere s incontra con la necessità del pensiero.la scienza della logica è quindi scienza del logicamente necessario.Realtà sono l esistenza formale del logico quanto la libera esistenza dell 30 esistenza divina, ma la realtà divina nn può essere dimostrata in via puramente razionale.Sec Fichte però l’esistenza che viene applicata a spazio e tempo nn è affatto un concetto bensì una rappresentazione.ma sec W. Lo spazio è forma esistente. IL PROBLEMA DELL ONTOTEOLOGIA NELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA Una prova ontologica è possibile solo quando la filos sistematica a cui appartiene soddisfi tre condizioni 1deve indagare prima di tutto ciò che può essere pensato,l ente sommo nn può essere pensato senza esistenza, deve essere distinto dal dio aristotelico o dei greci. Ha il carattere dell indeterminato.In Fichte è il concetto primo della conoscenza, in Hegel, dello spirito,ciò che racchiude la totalità del pensabile. 2 l Ont. Ha x presupposto il pensiero della differenza ontologica 3 un’ont è tale là dove l essenza , la cui differenza con l esistenza è in questione,viene pensata come determinata in sé per sé, presuppone quindi il principio dell Eidos che nn può la sua relazione con un soggetto pensante.l ontologismo è una dottrina del totale parallelismo del pensiero soggettivo con le determinazioni pure dell essere, nn accettato da Hegel. Agostino nn era in grado di distinguersi dai greci, mentre vi riuscì Anselmo. Il neokantismo ha dominato tra il 1860 e il 1920 ed è morto senza aver richiamato in vita l ontoteologia 31