EPIFANIA DEL SIGNORE Stella, mia unica Stella Stella, mia unica stella. Nella povertà della notte, sola, per me, solo, rifulgi, nella mia solitudine rifulgi, ma, per me, Stella che mai non finirai d'illuminare un tempo ti è concesso troppo breve, mi elargisci una luce che la disperazione in me non fa che acuire. Giuseppe Ungaretti LA PAROLA Colletta O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo... Prima Lettura Is 60,1-6 Dal libro del profeta Isaìa Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. 1 Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l'abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore. Salmo Sal 71 R. Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio di re la tua giustizia; egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto. R. Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si spenga la luna. E dòmini da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra. R. I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni. Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti. R. Perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri. R. Seconda Lettura Ef 3,2-3a.5-6 Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. Acclamazione al vangelo Alleluia, alleluia. Abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorare il Signore. Alleluia. 2 Vangelo (Mt 2,1-12) Dal Vangelo secondo Matteo Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. LECTIO 1. PREMESSA Compiremo insieme un viaggio all’interno di questi versetti sperando sia utile per ciascuno di noi per il nostro itinerario formativo, per porci domande nuove e delineare tragitti freschi per fare ritorno alla nostra casa, al nostro cuore. Un viaggio fatto di silenzio, il luogo dove sempre dovremmo tornare, la nostalgia, potremmo dire, di spazi infiniti circondati dal silenzio. 2. IL PASSO EVANGELICO Matteo 2,1-12 3. IL CONTESTO: La dinamica narrativa di Matteo L’elemento più percepibile del Vangelo di Matteo, è dato dalle parole di Gesù, che come ben sappiamo si raccolgono in cinque grandi discorsi: il discorso della montagna cap. 5-7; il discorso apostolico cap.10; il discorso in parabole cap 13; il discorso ecclesiologico che sappiamo essere uno dei discorsi centrali in Matteo18; il discorso escatologico cap 24-25 Il Vangelo dell’infanzia in Matteo La narrazione di Matteo si apre con i capiti 1-2, che riconosciamo come i racconti dell’infanzia. Il capitolo primo potremmo definirlo gli “Ascendenti di Gesù Cristo Figlio di Davide e figlio di Abramo” (1,1-17) ed illustra il modo della nascita di Gesù Cristo, con il primo sogno di Giuseppe (1,18-25). Il capitolo secondo potremmo chiamarlo la visita dei Magi dall’oriente e il rifiuto di Gerusalemme (2,1-12), insieme al secondo sogno di Giuseppe, con la conseguente fuga in Egitto, la strage degli innocenti, cui segue il ritorno ed il dimorare a Nazareth (2,13-23). Spontaneamente, come alcuni autori prima di noi si sono chiesti, sorgono delle domande: - chi è Gesù?la risposta la troviamo in 1,1-17: È figlio di Davide e di Abramo, come dimostra la tavola dei nomi dei suoi antenati - qual è la sua identità? Egli è figlio di Davide tramite la paternità legale di Giuseppe discendente di Davide, ma è concepito dallo Spirito santo (1,18-25); 3 - dove è nato? Egli nasce a Betlemme, in quanto figlio di Davide, ma adorato dai Magi comincia a rivelarsi come figlio di Abramo (2,1-12); da dove viene? A causa della fuga in Egitto per sfuggire ad Erode, egli diventa il “figlio chiamato dall’Egitto” e non potendo ritornare in Giudea egli diventa il “Nazareno” . (2,13-25). L’identità di Gesù in Mt 1-2 É interessante notare come terminano i primi due capitoli: Il primo 1, 25 termina … che egli – Giuseppe - chiamò Gesù:; con l’imposizione del nome di Gesù da parte di Giuseppe. Il secondo 2,23 termina …appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: sarà chiamato Nazareno; cioè con Giuseppe, che, conducendo il bambino a Nazareth, rende possibile che sia chiamato Nazareno. In entrambi i capitoli troviamo lo stesso verbo: chiamare. In 2,15 il verbo “chiamare” non significa tanto “dare nome”, quanto “far venire”: dall’Egitto ho chiamato il mio Figlio. In questo caso il senso risulta molto vicino a quello di 2,7, dove Erode convoca gli scribi. In 2,23 invece si torna al significato anagrafico. L’uso è molto vicino a quello di 1,23. Il soggetto, in entrambi i casi, resta piuttosto velato: il significato sembra sempre orientato a intendere un riconoscimento attraverso un nome. Dal punto di vista del significato dei nomi i passi del secondo capitolo indicano delle caratteristiche che sono attribuite a Gesù: Chi è Gesù? In occasione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, Matteo riprenderà tale identità: Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: “Chi è costui? ”. E la folla rispondeva: “Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea” (21,10-11). All’inizio del suo Vangelo, quindi, Matteo narra l’origine umana e divina di Gesù (capitolo 1) e prospetta la vicenda futura di Gesù (capitolo 2), accolto dai lontani e non dai vicini. 4. IL TESTO: IL RACCONTO DELLA VENUTA DEI MAGI (Mt 2,1-12) Quale accoglienza è riservata a Gesù? Qualcuno lo accetta favorevolmente, riconoscendolo nella sua dignità; altri preferiscono ignorarlo o addirittura tentano di eliminarlo. La benevola accoglienza è visualizzata nella persona dei Magi, il rifiuto nella persona di Erode. Qual è la relazione con Gesù? Il racconto offre un quadro letterario completo della visita dei Magi, che arrivano, adempiono il loro programma e ripartono. Il brano risponde ad un'intima struttura interna che alterna, intorno al centro teologico che è Cristo, la duplice relazione Gerusalemme-Betlemme e Erode-Magi. La struttura evidenzia bene la centralità di Cristo, trovato dai Magi e non da Erode. Questi, vistosi beffato, causerà la drammatica sequenza della fuga in Egitto e dell'uccisione dei bambini di Betlemme (cf. 2,13-18). L’articolazione del testo si muove sullo sfondo di due scenari diversi: Gerusalemme (2,1-8) e Betlemme (2,9-12). Nel primo quadro, i Magi arrivano a Gerusalemme e chiedono dove è nato il re dei Giudei, motivando lo scopo e la causa della loro venuta vv.1-2. Ciò genera lo sconcerto di Erode e della città; Erode convoca i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, che offrono la loro risposta, facendo risuonare la profezia del profeta Michea (Mic 2,3-6). Erode convoca di nascosto i Magi e li invia a Betlemme vv.7-8. I Magi riprendono il loro cammino con la guida della stella, verso il luogo dove si trova il bambino vv.9-10. Entrati nel luogo indicato dalla stella, adorano il bambino e offrono i doni v.11. Infine, un sogno informa i Magi di non tornare da Erode e ritornano al loro paese, per un’altra strada v.12. 4 Potremmo dire al centro di queste scene c’è sempre Gesù, dove si rincorrono due città: Gerusalemme e Betlemme, e dove si intrecciano le dinamiche, il modo e le motivazioni di ricercare dell’uomo: erode, i magi e del loro conseguente relazionarsi con Gesù. 5. LA DINAMICA DEL RACCONTO Presentazione di alcuni personaggi Nel racconto emergono diversi personaggi: Gesù, i Magi, il re Erode, Maria, i sommi sacerdoti e gli scribi, la cittadinanza di Gerusalemme. Tra questi personaggi, alcuni hanno un ruolo principale, altri sono funzionali alla narrazione del fatto. I personaggi principali sono Gesù, il re Erode e i Magi. Gesù, come già accennato, è al centro del racconto e tutto ruota intorno a Lui. Il brano si apre con l’informazione temporale (al tempo del re Erode) e geografica (a Betlemme di Giudea). È questo avvenimento che determina la ricerca dei Magi e il relativo turbamento di Erode e dell’intera città. Anche la disposizione dei personaggi conferma la centralità di Gesù, intorno al quale ruotano due tipi di umanità: i Magi, tipo dell’uomo in ricerca, ed Erode, tipo dell’uomo chiuso nelle proprie certezze e pretese. Il re Erode, il Grande, nacque verso il 73 a.C.. Era figlio di Antipatro maggiordomo di Giovanni Ircano II. Fu nominato nel 47 stratega della Galilea e poi della Celesira. Nel 41 divenne tetrarca della Giudea; poi re della Giudea, con nomina del senato romano. S’impadronì di Gerusalemme nel 37. Politico abile, grande costruttore, si appoggiò al partito dei farisei. Erode morì nell'a. 750 di Roma, che corrisponde al 4 a.C. Per un errore di calcolo, nel VI sec. l'inizio dell'era cristiana fu fissata all'a. 754 di Roma; Gesù è nato probabilmente tra il 7-6 a.C.; l'età dei bambini uccisi da Erode in 2, 16. Betlemme è a circa 10 km. a sud di Gerusalemme. I magi erano capi religiosi persiani. Per quanto riguarda i Magi occorre innanzitutto fare alcune precisazioni rispetto alla nostra attuale immaginazione popolare: non sono tre (il numero è ricavato dai tre tipi di doni) e non sono re (dato ricavato dall’influenza di alcuni testi profetici, come Is 60, e dal Sal 72). Chi sono i Magi? Il termine è ambiguo, perché oscilla tra un significato negativo, che lo rende sinonimo di stregone o incantatore, che pratica attività illecite o fortemente dubbie (cf. At 13,6.8), ed un significato positivo, che lo identifica con un erudito, esperto, tra l'altro, di astronomia. Come scrive lo storico Erodoto, il loro nome si riferiva originariamente a una tribù dei Medi che si sviluppò in casta sacerdotale. La loro presenza è attestata anche in Babilonia, Persia, Cappadocia e altrove. L'evangelista Matteo considera i Magi senza dubbio in una luce favorevole. Le sue informazioni sono sobrie, quasi castigate, perché li presenta in modo generico. Di loro fornisce con una certa approssimazione la provenienza, «da oriente» (2,1). Il che non esclude che si possa intendere l'Arabia o le zone confinanti, tutte genericamente a oriente della Palestina. Si può pensare che “essi rappresentano il meglio della dottrina pagana e della sensibilità religiosa che è stata capace di ricercare Gesù, affidandosi alla rivelazione scritta nella natura”.1 Betlemme Citazione di Mic 5, 1: E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall`antichità, dai giorni più remoti. 1 R.E. BROWN, La nascita..., p.214. 5 I sommi Sacerdoti " Sommi sacerdoti ", al plurale, indica il sommo sacerdote in carica e i suoi predecessori o i membri delle rispettive famiglie. Gli scribi erano i dottori della legge, i quali, con i sacerdoti e gli anziani del popolo, costituivano il sinedrio, cioè il gran Consiglio che si occupava degli affari religiosi e civili della nazione. Entrambi sono gli esperti che interrogati danno una risposta ai dubbi di Erode. Lo stesso gruppo compare anche in 21,15, dopo l’ingresso di Gesù in Gerusalemme. Anche la reazione della cittadinanza di Gerusalemme, per molti aspetti imprevedibile, richiama l’agitazione della città all’ingresso di Gesù in Gerusalemme (21,10). Infine il richiamo di Maria è probabilmente funzionale alla sottolineatura del concepimento verginale. I segni Nel racconto emergono due segni, entrambi riconducibili ai Magi: la stella, che guida il cammino dei Magi, e i doni offerti a Gesù. La Stella La stella è da intendere come un fenomeno luminoso nell'atmosfera terrestre. I doni I doni erano di quelli che si offrivano ai re. Forse Mt si riferisce tacitamente alle profezie sull'omaggio di pagani al vero Dio nell'era messianica: Is 49, 23 “I re saranno i tuoi tutori, le loro principesse tue nutrici. Con la faccia a terra essi si prostreranno davanti a te, baceranno la polvere dei tuoi piedi; allora tu saprai che io sono il Signore e che non saranno delusi quanti sperano in me”. Is 60, 5: “A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli”. Is 60, 6: Sono menzionate le tipiche ricchezze dell'Arabia. La liturgia accosta questo testo all'episodio dei Magi alla culla di Gesù, Mt 2, 1-12. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore. Per quanto riguarda i doni offerti dai Magi, notiamo il loro valore intrinseco e simbolico: L'oro è il metallo prezioso, tanto più in Palestina, che non aveva miniere di sfruttamento; l'Arabia, per esempio, era una delle zone di estrazione (cf. Sal 72,15). L'incenso era una resina profumata estratta da varie piante, probabilmente non presente in Palestina, sicuramente importato anche dall'Arabia (cf. Is 60,6). Era uno dei grandi elementi del culto divino, usato dai sacerdoti (cf. Es 30,34-38), posto alla presenza divina (cf. Lv 24, 7), espressione della preghiera che sale a Dio (cf. Sal 141,2). La mirra era un'altra resina profumata, presente in Arabia e in Etiopia, impiegata come profumo (cf. Est 2,12), come componente per l'olio santo dell'unzione e come aroma sepolcrale (cf. Gv 19, 39). I doni sono per la prima volta interpretati anche simbolicamente, sotto l'influsso di Is 60, 6 e del Sal 72, da Giustino Martire: essi simboleggiano la regalità, la divinità e l’umanità di Gesù. Le azioni Le azioni più significative si riferiscono ai Magi: il movimento (che contrasta con la staticità di Erode), il vedere, l’adorare e l’offrire, infine la partenza. Culmine di queste azioni dei Magi è un atteggiamento interiore rappresentato dalla gioia, che chiaramente contrasta con il timore provato da 6 Erode e da tutta la città di Gerusalemme (2,3). Sono azioni che testimoniano un coinvolgimento completo e totale dei Magi rispetto alla persona di Gesù. Per quanto riguarda l’adorazione, essa è l’azione centrale di tutto il brano. Un gesto che indica sottomissione davanti a qualcuno. È un verbo particolarmente amato da Matteo, che lo usa in 28,9: adorazione del Risorto da parte delle donne; in 28,17: adorazione del Risorto in Galilea da parte degli Undici; prima ancora in 14,33: adorazione e riconoscimento di Gesù nella barca da parte dei discepoli. Riprendere il cammino Gesù è il dono divino all’umanità. Lo si può incontrare solo se si incrociano l’iniziativa divina e la risposta dell’uomo. La vicenda dei magi è davvero, essenzialmente, l’emblematico cammino di uomini come noi alla ricerca della verità del mondo, di se stessi, della sapienza capace di dare sapore buono-nel senso di bontà e di vero bene!-alla vita….I Magi ci ricordano che la vera scienza, cioè la ricerca della verità cui tutti siamo chiamati, porta ad individuare e a percorrere “un’altra strada”. Si deve come invertire il senso di marcia e cambiare itinerario. Dall’oggetto esterno, altro- da –sé, e che apre alla verità, all’altro, a Dio, occorre ritornare sui propri passi, al proprio paese, a casa propria. Occorre, cioè, ritornare a se stessi per riconoscere i propri “ Erodi” e prendere le distanze da loro. Occorre purificare gli occhi della nostra mente e del nostro cuore, per capire e per amare il mondo che ci circonda e ci sovrasta, per aprirci alla comprensione degli altri.2 Una volta incontrato Cristo, non si può più tornare indietro per la stessa strada. Cambiando la vita, cambia la via. L'incontro con Cristo deve determinare una svolta, un cambiamento di abitudini. Una domanda sola ci resti in cuore in questa Solennità dell’Epifania: Dov'è il re dei Giudei? Possa il Signore concederci di trovare la nostra 'stella', ed iniziare un cammino molto simile a quello dei Magi per essere davvero felici, tanto sereni... anche se, per trovare questa stella, dobbiamo uscire dal buio del mondo, capace solo di riempire di 'stelle materiali' le strade, i negozi, che nulla hanno a che fare con le 'stelle di Dio', che si affacciano agli spiriti grandi. I doni dei magi siano per noi rimando al Dono di Dio, al Suo Amore, alla Sua Presenza, resisi carne: "Cristo, pensoso palpito, Astro incarnato nell'umane tenebre, Fratello che t'immoli Perennemente per riedificare Umanamente l'uomo..." (G. Ungaretti, Mio fiume anche tu, 1943) 2 A. M. RAVAGLIOLI, Dentro il Natale, Ed Paoline, pp 61.66 7 APPENDICE ARTE - Le catacombe di Priscilla di JEAN-PAUL HERNANDEZ sj La Madonna e il profeta Una delle immagini più antiche raffiguranti Maria, con il bambino Gesù, si trova nelle catacombe di Priscilla, a Roma (siamo nel III secolo). Già dalle origini l’arte cristiana si impone come elaborazione teologica e non come semplice "illustrazione". Nelle catacombe di Priscilla, a Roma, troviamo una delle immagini più antiche di Maria. Siamo ancora nella generazione pioniera dell’arte figurativa cristiana, nel primo terzo del III secolo. Sull’affresco, in mediocre stato di conservazione, si distingue una figura femminile, probabilmente seduta, che regge contro di sé un bambino. Questi gira la testa di tre quarti verso l’osservatore e si appoggia con la sua destra sul petto della madre, in atto di allattare. Sopra la testa della donna si riconosce una stella, di cui alcuni studiosi contano dodici punte. A sinistra, un personaggio in piedi guarda la madre e indica col dito la stella. In quest’immagine, l’identificazione della figura materna con Maria è unanimemente accettata dalla comunità scientifica. Le stesse catacombe di Priscilla conservano una rappresentazione ancora più antica di Maria, in una scena di adorazione dei Magi datata della fine del II secolo, cioè degli anni in cui nasce l’arte figurativa cristiana. Si può dire che Maria accompagna l’arte cristiana fin dalla sua nascita. Un Cristo che si consegna nelle mani dell’umanità Certo, una figura di madre col bambino in braccia non rappresenta per forza Maria. Sempre nelle stesse catacombe di Priscilla, nel cubicolo della Velatio troviamo una madre con bambino la cui identificazione con Maria è del tutto improbabile. Datata del 250, si tratta semplicemente di una scena di vita quotidiana che richiama l’infanzia di colei che sarà poi velata. Ma nel nostro affresco l’elemento che toglie ogni dubbio sull’identità della donna allattante è la stella. Essa situa la scena a Betlemme e la collega direttamente alla tradizione dei Magi. Sorprende che queste prime generazioni di artisti cristiani non abbiano remore nel rappresentare la Vergine e il bambino. Si sa che per decenni essi eviteranno di rappresentare un Gesù adulto. Preferiranno offrirne delle prefigurazioni tratte dall’Antico Testamento, come per esempio Daniele nella fossa dei leoni o Noè nell’arca. Forse è proprio la quotidianità della scena di una madre con il suo bimbo che la rende subito rappresentabile. Se la paura dei primi artisti cristiani è quella di rappresentare la divinità, è proprio la scena del bambino con sua madre che permette loro di rappresentare Cristo sotto il "velo" di una scena quotidiana. Ma lo schema della madre allattante scelto nel nostro affresco non è del tutto nuovo nella storia dell’arte. Esso offre diversi paralleli. Colpisce la vicinanza iconografica con le immagini della dea Iside i cui epiteti saranno spesso utilizzati nella tradizione mariana. Si tratta di uno schema primordiale di fertilità e cura. Con questa scelta i primi artisti cristiani hanno voluto sottolineare un Cristo vicino, umile, che si consegna nelle mani dell’umanità. Il Cristo allattato dalla Vergine è la storia di un Dio "nutrito di umanità", un Dio che decide di farsi così povero da ricevere tutto dall’uomo. Un Dio diventato 8 "Figlio dell’uomo". Nella nostra immagine delle catacombe, il realismo del gruppo madre-bambino, nei suoi volumi e nel suo movimento, accentua ulteriormente questa fisicità dell’incarnazione. Il bambino sembra sorpreso dallo spettatore che entra così spontaneamente nella scena. «Allattato dalla madre, ma palesato da una stella». Una forte tensione concettuale intercorre fra la piccolezza del bambino e la stella che ne rappresenta la dimensione cosmica. Proprio questo paradosso fra l’allattamento e la stella colpiva ancora sant’Agostino alcune generazioni più tardi: «Era allattato dalla madre, ma veniva adorato dai popoli pagani; era allattato dalla madre, ma veniva annunziato dagli angeli; era allattato dalla madre, ma veniva palesato da una stella fulgente» (Agostino, Discorso 239). La stella rimanda spontaneamente al cielo, alla divinità. Allora il nostro affresco rappresenta Gesù come figlio di Maria e al tempo stesso come figlio del Cielo. La stella sta per la luce divina che "adombra" Maria. Da notare che l’appellativo «Figlio della Stella» era noto in Israele. Nel 135 d.C. una delle ultime grandi rivolte messianiche antiromane fu capeggiata proprio dal «Figlio della Stella» (in ebraico: Bar Kochba). La stella occupa idealmente il posto del Padre e non a caso si trova esattamente sull’asse dell’inclinazione della testa di Maria. Quella stella è ciò che dona il senso della vita di Maria e la rende partecipe di una storia che la supera e la precede. Lo stesso Agostino vede nella stella un segno della preesistenza di Cristo. Egli commenta così una variante del Salmo 109,3: «Dopo aver detto: Nello splendore dei santi, fin dal grembo materno, aggiunge immediatamente: Prima della stella del mattino ti ho generato. Vuole in questa maniera salvaguardare la nostra fede, impedire cioè che nei riguardi di Cristo noi pensiamo che la sua esistenza sia cominciata con la sua concezione nel grembo della Vergine» (Agostino, Esposizione sul Sal 92). Ma se la nostra stella è la «stella del mattino» allora essa rappresenta anche Gesù stesso. Cristo come «sole che sorge» (Lc 1,78), «luce del mondo» (Gv 13,46), «luce che splende nelle tenebre» (Gv 1,5). Il Messia afferma nell’Apocalisse (22,16): «Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino». Rappresentare Gesù bambino come «stella del mattino» significa sottolineare la sua forza sorgiva. Questo bambino è l’inizio del "Giorno" per eccellenza che sarà la sua vita: inizio della creazione nuova. Lui e sua madre sono l’inizio di una nuova umanità. Se poi è vero che la stella ha dodici punte, allora l’artista ha voluto designare Cristo come l’inizio del Nuovo Israele. Più tardi, la tradizione identificherà Maria con la "stella del mattino". È lei che "fa nascere" il Giorno che è Cristo. San Tommaso vede nella luce della stella un simbolo della verginità di Maria. «Poiché come la stella emette il raggio senza corruzione e senza diminuzione né perdita di luce, così la Beata Vergine genera suo Figlio senza l’apertura violenta della carne» (Tommaso d’Aquino, Lux orta, 2). Il profeta che preannuncia la nascita del Cristo Nella nostra immagine, la stella è additata dalla figura in piedi. La maggior parte degli studiosi sono d’accordo nel descrivere questa figura come un profeta che preannuncia la nascita del Cristo. La nostra immagine rivela così una tensione diacronica. Non siamo in presenza della semplice rappresentazione "realistica" (come sarebbe quella dei Magi), ma il nostro affresco è una 9 costruzione teologica che mette sapientemente in relazione figure appartenenti a tempi diversi. Una sorta di esegesi in immagine. Questo "affresco teologico" traduce perfettamente ciò che dai Vangeli in poi i primi secoli cristiani si sforzano di mostrare: Cristo come il compimento delle profezie di Israele. Ma di che profeta si tratta? Il versetto appena citato dell’Apocalisse (22,16) ci fornisce una doppia pista: la profezia sulla discendenza di Davide e la profezia sul Messia come "stella". La «radice di Iesse» è un’espressione che troviamo in Isaia 11,10 a proposito del Messia come discendente di Davide (cf anche Is 11,1). Lo stesso Isaia aveva proposto poco prima un altro simbolo per lo stesso Messia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9,1). La stella della nostra immagine può allora rappresentare la "grande luce", il promesso discendente di Davide, cioè colui che raduna le dodici tribù di Israele, le dodici punte della stella. Una seconda pista sono le profezie di Balaam, nel libro dei Numeri (capitoli 22-24). Balaam è un indovino a cui il re di Moab chiede di maledire Israele. Ma quando Balaam apre bocca non può impedirsi di benedire Israele al posto di maledirlo, con grande sconcerto di Moab. Balaam pronuncia quattro benedizioni su Israele. La quarta è una vera e propria profezia in cui si legge: «Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe, e uno scettro sorge da Israele; spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set» (Nm 24,17). Ora, l’antica versione aramaica di questo passo, al posto di «stella» ha tradotto «Messia»: la stella diventa così un simbolo messianico, come attesta il racconto dei Magi. Il legame fra la profezia di Balaam e i Magi del Vangelo è sottolineato da numerosi Padri della Chiesa, contemporanei del nostro affresco. Così Origene identifica Balaam con Zarathustra e fa dei Magi i suoi discepoli. In modo simile Tertulliano, Clemente di Alessandria, Gregorio Magno e Cromazio di Aquileia non si scandalizzano di questa presenza dell’indovino nella Bibbia, bensì vedono in questa "profezia pagana", così come nel cammino dei Magi, il convergere di tutta la ricerca umana in Gesù Cristo. Il nostro affresco si rivela così una vera "crasi (=fusione) iconografica" che mette insieme in una sola figura tre tradizioni: Isaia (profezia ebraica), Balaam (profezia pagana), Magi (Vangelo). È interessante notare che circa mezzo secolo prima, Giustino aveva già intrecciato le tre tradizioni scrivendo: «Sorgerà un astro da Giacobbe e un fiore crescerà dalla radice di lesse, e le nazioni spereranno nel suo braccio. Questo astro radioso che sorge, questo fiore che germoglia dalla radice di lesse è Cristo» (Giustino Martire, Apologia I). Ancora più vicino al tempo del nostro affresco, Ireneo attribuisce a Isaia la profezia di Balaam (Ireneo, Adversus Haereses, III,9,2). Ancora una volta, l’arte cristiana delle origini si impone come elaborazione teologica e non come semplice "illustrazione". In una sola immagine, il nostro affresco è capace di coagulare numerosissimi rimandi che si arricchiscono a vicenda e che nel linguaggio verbale avrebbero avuto bisogno di innumerevoli concetti senza ottenere lo stesso impatto emotivo, senza produrre lo stesso evento spirituale. A noi rimane un’immagine di Maria per «serbare tutte queste cose nel cuore». 10 IMMAGINI Adorazione dei Magi, catacombe di Priscilla, Roma. Iside che allatta. Lo schema della dea che allatta era corrente nell’arte antica. Madre con bambino, nel cubicolo della Velatio (catacombe di Priscilla). 11