Lezione di Economia del Dott. Alberto Rebucci

Provincia di
Ravenna
Lectio Magistralis
del
Dott. Alberto Rebucci
sul tema dell’ Economia
02/02/2015, I.T.C.G. A. Oriani Faenza
Provincia di
L’ Economia: una scienza sociale
Ravenna
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Di economia si parla molto e ovunque ma come scrive il premio nobel Krugman spiegare l'
economia non è affatto semplice, sia perché alcuni concetti non sono così immediati sia perchè
in ogni giorno siamo letteralmente bombardati ,attraverso i media, da concezioni economiche
che ci vengono presentate come scontate, neutre e oggettive ma che non lo sono affatto.
L' Economia non è una scienza " esatta " come la matematica anche se usa tanta matematica
nei suoi modelli, è una scienza sociale e in economia vi sono visioni diverse, spesso opposte,
che stanno alla base dei modelli che le diverse scuole economiche hanno costruito e che sono
sempre semplificazioni della realtà.
Per correttezza: la mia piccola analisi economica di oggi non sarà affatto imparziale o
oggettiva;
Io ho studiato in un ambiente universitario a fine anni ’70 dove erano prevalenti impostazioni
economiche di scuola keynesiana,
alternative al modello marginalista o neoliberista che
teorizza la capacità del “mercato” di autoregolarsi e di conseguire sempre i migliori risultati
possibili.
Da Wikipedia: John Maynard Keynes, Cambridge, 5 giugno 1883 – Tilton (East Sussex), 21 aprile
1946, è stato un economista britannico, padre della macroeconomia e considerato uno dei più grandi
economisti del XX secolo.
I suoi contributi alla teoria economica hanno dato origine alla cosiddetta "rivoluzione keynesiana". In
contrasto con la teoria economica neoclassica ( che sia affida unicamente al mercato ) , ha sostenuto la
necessità dell'intervento pubblico statale nell'economia con misure di politica di bilancio e monetaria volte
ad accescere gli investimenti, la produzione e l’ occupazione , qualora una insufficiente domanda
aggregata non riesca a garantire la piena occupazione nel sistema capitalista, in particolare nella fase
bassa di crisi del ciclo economico.
Le sue idee sono state sviluppate e formalizzate nel dopoguerra dagli economisti della scuola keynesiana.
Io ritengo che quelle impostazioni economiche non siano perfette e vadano certamente
aggiornate (es. globalizzazione e ambientalismo) ma forniscano tutt’ora strumenti di analisi e
di intervento attivo utili per ottenere obiettivi economici importanti per la comunità specie in
termini di crescita e di occupazione.
Nessuna impostazione va però assunta in modo dogmatico come una ricetta sicura e per
sempre perché nel capitalismo più che le teorie contano gli “ spiriti animali “ e perché la realtà
è in costante aggiornamento e sono i modelli che debbono cambiare per saperla interpretare al
meglio non viceversa.
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L’obiettivo della Crescita
La crescita della produzione, del reddito e dell'occupazione viene
visto, anche da impostazioni economiche diverse, come un
obiettivo positivo e di primaria importanza.
E questo ancor più dopo una lunga fase di recessione, dal 2008 a
oggi
caratterizzata da caduta del reddito nazionale, da
impoverimento di intere fasce sociali e di disoccupazione di massa.
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Diverse visioni sulla crescita
Se l’obiettivo della crescita è comune a diverse concezioni e in
particolare alle due oggi prevalenti, il neoliberismo e il keynesismo
le modalità e le politiche per conseguirle sono profondamente
diverse.
Dal punto di vista
degli economisti di scuola keynesiana è
fondamentale distinguere il breve periodo dal medio-lungo
periodo.
Il breve periodo è quello dove possiamo considerare la capacità
produttiva (aziende, attrezzature, infrastrutture, forza lavoro e
loro grado di istruzione) come date.
Ebbene il livello dell' attività economica (PIL), a capacità
produttiva data, coincide con il livello della domanda aggregata o
della spesa complessiva di un determinato Paese composta da
Consumi+Investimenti+Spesa pubblica (al netto delle imposte) +
Esportazioni (al netto delle importazioni).
E a capacità produttiva data, incide moltissimo sul livello della
spesa complessiva e quindi sul reddito e l’ occupazione il tipo di
politica che un Paese (o una Unione di Paesi come la UE o
federazione di Paesi come gli USA) decide di praticare appunto nel
breve periodo (ottica uno/due anni).
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Come si vede dalla foto di sotto ho paragonato gli andamenti economici dal 2012 al 2014,
assai negativi, dell' Italia e dei Paesi dell' area Euro della Unione Europea con gli altri
Paesi delle aree avanzate del mondo e in particolare con gli USA.
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L’Europa dell’Austerità
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Tali andamenti non sono casuali nè tanto dovuti a differenze di
carattere strutturale (che pure ovviamente ci sono).
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L' Europa, in questi anni e anche dopo la grande recessione del
2008 ha privilegiato una politica di AUSTERITA' per:
ridurre il debito pubblico
tener basso il livello dei prezzi (inflazione)
mantenere alto il valore dell’ Euro rispetto alle altre monete
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Una politica ispirata dalle teorie economiche neoliberiste e
monetariste per le quali il mercato va lasciato a sè stesso, perchè
produce sempre il "migliore dei risultati economici possibili “
(equilibrio generale di pieno utilizzo di tutte le risorse disponibili).
Il risultato è netto: dopo la grande caduta del 2008 l' Europa non
si è ripresa dalla recessione e anzi ha manifestato fenomeni di
deflazione (riduzione ) dei prezzi, che deprimono gli investimenti e
aggravano al disoccupazione.
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Lo spettro della
Deflazione in Europa
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Gli Stati Uniti dopo la grande crisi del 2008 hanno imboccato con il Presidente Obama e
con la FED una tipica politica espansiva di tipo keynesiano favorendo la ripresa della
domanda aggregata e in particolare di spesa pubblica, investimenti e consumi.
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Gli effetti, lenti inizialmente, stanno diventando di segno
estremamente positivo: crescita del 5% nell' ultimo trimestre
rilevato del 2014, calo sostanziale della disoccupazione, aumento
dei posti di lavoro, dati molto positivo di fiducia dei consumatori e
anche miglioramento del rapporto deficit/pil.
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I positivi dati
sull’ Occupazione in USA
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Prime novità in Europa
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Il Tasso di interesse zero e il calo dell’ Euro ( e del petrolio )
Il Quantitative Easing di Mario Draghi Governatore BCE
Il Piano di 350 miliardi di investimenti della Commissione Juncker
Il Tema della Flessibilità rispetto ai vincoli UE. Il difficile confronto con
Grecia, Italia e Francia
BASTERA’ ?
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Il lungo e lunghissimo periodo
Il secondo ragionamento che vi volevo proporre riguardava il tema
della Crescita economica in un'ottica di Lungo e addirittura
Lunghissimo periodo, utilizzando una piccola parte dello
straordinario contributo offerto dal recente libro dell' economista
francese Thomas Piketty denominato (non a caso)
IL CAPITALE nel XXI secolo, che vi consiglio di leggere.
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Popolazione, Produzione,
Produzione pro-capite
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Le previsioni di lunghissimo
periodo
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La crescita nel lungo periodo
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In un'ottica di lungo e lunghissimo periodo la crescita economica
dipende principalmente dal miglioramento della capacità
produttiva e dalla crescita della produttività per ora lavorata o per
addetto, dalla produttività/efficienza dell’intero sistema.
Tale miglioramento è legato all' evoluzione tecnologica e
organizzativa, alla disponibilità di energie sempre più potenti e
convenienti, al livello di istruzione diffusa tra lavoratori,
imprenditori e cittadini, dall’ efficienza della PA ecc.
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Esiste un rapporto tra le scelte di politica economica per favorire la
crescita nel breve periodo e il rafforzamento della capacità produttiva e il
miglioramento della produttività del sistema nel lungo periodo?
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A mio avviso esiste.
Una politica economica attiva, che utilizzi le leve (di bilancio e di
politica monetaria) di cui dispongono lo Stato e le Banche Centrali
per accrescere il livello di investimenti pubblici e privati, materiali
(dalle infrastrutture agli investimenti in aziende e tecnologie) e
immateriali (dall'istruzione alle attività di ricerca) oltre quello che
spontaneamente assicurerebbe il mercato, che produce due
effetti:
- accrescere nel breve periodo la domanda di beni di investimento
e poi dei consumi determinando dunque un livello dell' attività
economica e dell'occupazione più elevata di quanto il “mercato”
da solo avrebbe assicurato;
-contribuire anche, grazie a tali investimenti " produttivi " a
rafforzare dal lato dell’ “ offerta “ la capacità produttiva nel lungo
periodo ponendo le basi per un miglioramento strutturale della
produttività e del benessere pro-capite, tanto più diffuso ed equo
quanto più diffuso è il livello della istruzione e del livello culturale.
DUNQUE A MIO MODESTO AVVISO LA CHIAVE DI UNA BUONA
POLITICA ECONOMICA E’ MANOVRARE IN MODO FLESSIBILE E “
LAICO “ LA LEVA DEGLI INVESTIMENTI MATERIALI E
IMMATERIALI, che sono il volano dell’ economia.
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Dalla crescita economica, allo sviluppo sostenibile, dal PIL
al BES, la prospettiva del Green New Deal.
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Nel XXI secolo il tema della crescita non può non confrontarsi
con il tema della sostenibilità, della effettiva compatibilità con le
risorse naturali disponibili (ampie ma comunque limitate) sul
nostro meraviglioso e unico pianeta.
Bastano pochi dati a evidenziare il tema :
Una popolazione mondiale di 7 Miliardi destinata a raggiungere i
9/10 miliardi nel corso del secolo;
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Un reddito pro-capite medio di circa 10.000 euro; un PIL
mondiale di 70.000 miliardi di Euro
Aree del mondo (Cina e India in particolare) con miliardi di
abitanti che stanno vivendo una crescita del PIL del 7-8% all’
anno da circa un decennio e che aspirano a condizioni di vita
vicine a quelle da noi conosciute in occidente.
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La questione Ambientale
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E dall’ altra parte sono note le emergenze ambientali:
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l’ effetto serra, riconosciuto da migliaia di scienziati di tutto il mondo,
dovuto alle crescenti emissioni di CO2 in atmosfera e i conseguenti
cambiamenti climatici già in atto che mettono in pericolo la vita sulla terra
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la potenziale carenza di acqua dolce,
l’ accumulo di enormi quantità di rifiuti,
l’inquinamento del mare e delle acque,
il crollo della biodiversità (a ritmi conosciuti solo nella famosissima crisi del
famosissimo Jurassico ).
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Lo Sviluppo sostenibile
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Voi sapete che nel linguaggio “ politicamente corretto “ al termine crescita si è
via via sostituito il termine di SVILUPPO SOSTENIBILE.
La prima definizione di sviluppo sostenibile nasce nel 1987 e poi ripreso dalla Conferenza mondiale sull’
ambiente e lo sviluppo dell’ ONU:
“Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la
possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni“
Successivamente tale definizione,
“antropocentrica “.
Nel
ancora
largamente
usata
è
stata
vista
come
eccessivamente
1991
si
è
quindi
coniata
una
nuova
definizione
di
ordine
più
globale:
“ un miglioramento della qualità della vita senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di
supporto dai quali dipende”
Da queste definizioni si comprende che il passaggio dal concetto di crescita a
quello di sviluppo sostenibile contiene certo in primo luogo il tema della
sostenibilità AMBIENTALE dello sviluppo ma anche l’idea di privilegiare
l’evoluzione qualitativa dello sviluppo piuttosto che la pura crescita
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quantitativa.
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Siamo sicuri che il PIL o anche il più significativo PIL pro-capite siano
misuratori del benessere davvero adatti e sufficienti a questa fase storica
in cui appunto il tema è far progredire “ lo sviluppo sostenibile “ ?
Ormai molti economisti, statistici e ambientalistici rispondono negativamente.
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Certo il PIL ( valore monetario a prezzi costanti quale somma di tutti i valori aggiunti
registrati nei vari settori dell’ economia ) è stato un indicatore importante e ha l’ enorme
pregio del carattere sintetico che consente di paragonare e di sommare situazioni
strutturali diversissime tra loro.
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Ma il PIL come è stato ricordato ha difetti evidenti e non solo perché ci sono attività che
non vengono registrate ( dalle attività “ in nero “, al volontariato puro fino al vastissimo
e preziosissimo lavoro casalingo e “di cura “ ) ma soprattutto entrano del PIL e nei suoi
ritmi di crescita elementi che non c’entrano proprio nulla con il benessere umano: le
guerre, l’ accrescersi degli armamenti ecc. E’ stato ricordato ad esempio che
paradossalmente la congestione del traffico urbano che rappresenta un disagio
fortissimo per miliardi di cittadini e un enorme danno ambientale e per la salute,
imponendo di consumare più carburante fa aumentare il PIL mentre appunto il lavoro
prezioso di tanti volontari che operano a favore di poveri o malati non viene per nulla
registrato.
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Senza contare che il PIL non riesce a calcolare in alcun modo il depauperamento del
capitale naturale che una crescita economica dissennata può provocare.
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E da questo punto di vista si è giustamente osservato che concentrarsi sul solo PIL
sarebbe come in una azienda valutare solo il “ conto economico “ disinteressandosi del
ben più strutturale “ Stato Patrimoniale “.
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Dal PIL al BES
Per questo si stanno sperimentando con il contributo di economisti
famosi (es. Fitoussi) nuovi misuratori del Benessere più ampi,
complessivi, olistici.
In una foto in fondo ho inserito il richiamo al BES, Benessere Equo
e Sostenibile su cui l’ISTAT sta compiendo una vasta
sperimentazione in collaborazione con un gruppo di Province tra
cui la Provincia di Ravenna
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Dagli indicatori che esso comprende possiamo ben capire che esso è uno
strumento potente per capire effettivamente l’ evoluzione del benessere di un
territorio anche in paragone ad altri territori e per consentire alla politica, anche
regionale e locale di intervenire positivamente e in modo mirato su punti di forza e
punti di debolezza che il BES evidenzia abbastanza chiaramente.
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E’ POSSIBILE TENERE ASSIEME IN UN’UNICA STRATEGIA
L’INSIEME DI CONSIDERAZIONI, CHE HO CERCATO DI
DELINEARE?
Io penso di sì e utilizzando uno slogan ormai usatissimo ritengo
che possa tradursi nel “ nuovo libro “ del GREEN NEW DEAL , della
nuova frontiera verde.
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UNA NUOVA IDEA DI SVILUPPO
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Tutti sappiamo che cosa è stato il New Deal di Roosvelt per uscire dalla grande
depressione degli anni ’30 del 900 con nuove politiche ispirate da Keynes che
hanno cambiato la storia di una parte dell’umanità.
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E io penso che il tema della sostenibilità ambientale non possa non essere
centrale per una nuova fase di sviluppo capace di durare nel tempo e aprire
davvero una nuova fase di benessere senza precedenti per l’umanità nel
contempo in condizione di pace tra gli uomini e con la natura.
Nel concetto del GREEN NEW DEAL di cui abbiamo bisogno c’è:
L’idea di uno sviluppo “ trainato “ non più dal consumismo di massa ( come
negli anni 30) o dalla forte crescita immobiliare ( dagli anni 80 fino alla grande
recessione del 2008 ) ma da investimenti in risparmio energetico e in nuove
energie rinnovabili, nella cosiddetta green economy, nelle tecnologie pulite
che in tutti i settori debbono sempre più consentirci di produrre senza
inquinare e “chiudendo il cerchio” senza produrre scorie o rifiuti che
danneggino le risorse naturali.
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Ma anche la proposta di puntare su investimenti che migliorino il patrimonio
dei cosiddetti “ beni comuni“, i grandi beni collettivi, governati o regolati in
qualche forma dal settore pubblico, quali l’ambiente, l’acqua, la cultura e
l’istruzione, la salute, i trasporti pubblici e collettivi, le reti telematiche, la
ricerca scientifica e industriale.
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