le filosofie ellenistiche

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LE FILOSOFIE ELLENISTICHE
Con Alessandro Magno e la spartizione del suo impero nei regni di Macedonia, Egitto e
Siria, la Grecia perde la sua libertà. Al cittadino dell’età classica subentra il suddito dell’età
ellenistica.
Le leggi non sono più quelle volute dai cittadini della polis, ma quelle imposte da uno Stato
impersonale, da un potere “lontano”, comunque estraneo. Si rompe l’identificazione del
cittadino nella polis e ad essa subentra un allontanamento dalla vita pubblica per ritrarsi
nella vita privata. Vivi nascosto è il “motto” che contrassegna questo periodo.
Pur occupandosi anche di altre tematiche, le filosofie ellenistiche concentrano però la loro
attenzione sull’etica, in quanto l’individuo scopre se stesso e cerca un modello di
saggezza, un percorso che gli consenta di trovare serenità e fiducia in sé.
EPICURO (341-270 A. c.)
Compito della filosofia è quello di indicare la via per raggiungere la felicità
L’assunto di base è che anima e corpo siano entrambe costituite da atomi. L’anima non è,
dunque, eterna, ma mortale. Il corpo contiene e trattiene, come un vaso, gli atomi
dell’anima, appena il corpo muore, gli atomi dell’anima si disperdono essendosi rotto il
recipiente che li conteneva.
Il fine ultimo dell’uomo, la felicità per Epicuro è il piacere (in greco edonè), non
occasionale, ma duraturo (in greco katastematico), cioè uno stato di calma tranquilla e
serenità, che è possibile in assenza di dolore per il corpo (in greco aponia) e in
assenza di turbamento per l’anima (in greco atarassìa).
Un obiettivo che secondo Epicuro, si può raggiungere con il cosiddetto quadri farmaco,
descritto nella “Lettera a Meneceo”, più nota come lettera sulla felicità.
1) Non dobbiamo aver paura degli dei. Essi vivono negli intermundia nella loro
serena beatitudine e non si occupano degli uomini
2) Non dobbiamo aver paura della morte. Con la morte gli atomi si disperdono e
viene meno ogni possibile sensazione. “La morte non è nulla, perché quando ci
siamo noi non c’è la morte e quando c’è la morte noi non ci siamo”
3) Il piacere, quando lo si intende correttamente è alla portata di tutti. Si identifica
con il soddisfacimento dei bisogni naturali e necessari
4) Il male è di breve durata ed è facilmente sopportabile. Il male fisico, se è lieve, è
sempre sopportabile e passa; se è cronico ci si abitua ad esso e finisce per non
essere più avvertito; se porta alla morte sappiamo che questa è uno stato di
assoluta insensibilità.
SCETTICISMO
Le cose non sono vere o false, belle o brutte per natura, ma solo per convenzione; è
impossibile indagare sulla natura delle cose, e pertanto queste risultano vere o false,
belle o brutte, non perché sono tali in realtà, ma perché gli uomini “hanno convenuto” che
siano tali. La conclusione è che la realtà in sé risulta inafferrabile, e cercare di afferrarla
creare turbamento. Meglio dunque restare senza opinione (in greco adòketos) e
sospendere il giudizio (in greco epochè), restando indifferenti. Solo così si raggiunge
l’atarassìa o imperturbabilità.
STOICISMO
Il primo istinto è quello di conservazione: è bene ciò che conserva e incrementa
l’essere e male ciò che lo distrugge e lo danneggia. L’uomo, solo fra tutte le cose, è però
composto oltre che dal corpo anche dall’anima, cioè dalla natura razionale, e per questo
per lui esistono due forme di bene: quello fisico, e quello morale, ovvero la conservazione
e l’incremento della sua razionalità, intesa come “frammento” del logos divino, cioè
dell’ordine cosmico. Tutto ciò che è relativo al corpo umano, dunque, sia che gli giovi o gli
nuoccia, è moralmente indifferente (in greco adiàfora), perché non riguardano la sua
natura razionale. Di fronte alle cose indifferenti l’atteggiamento dell’uomo saggio deve
essere l’impassibilità o apatia (in greco apathèia, assenza di passioni): se l’uomo si
lasciasse dominare dalle passioni vorrebbe dire che dipende dalle cose esterne,
mortificando la sua specifica natura, quella razionale. Qual è dunque la virtù? Vivere
secondo natura, cioè secondo quella Ragione o Logos che governa tutte le cose. La virtù,
dunque, è l’accettazione razionale del Fato: cambiarlo non solo non si può, non solo è uno
sforzo inutile, ma anche sbagliato. La razionalità umana deve cioè accordarsi a quella
divina e, così facendo armonizzarsi con essa. Così si è veramente liberi: la fortezza
permette di affrontare gli ostacoli frapposti dal Fato, la temperanza frena gli impulsi e
agevola l’apatìa, la prudenza assiste l’uomo nei compiti assegnatigli dal Destino. In questo
modo si può essere davvero liberi e sereni, perché volendo insieme al Fato ciò che il Fato
vuole, l’uomo è il solo a non subire le sue costrizioni.
FILOSOFIA E CRISTIANESIMO
FILOSOFIA GRECA
1) INDAGINE RAZIONALE, che si fonda sul perché, che nasce come “meraviglia” e
come superamento del mito, che si configura come ricerca sempre aperta
2) L’IDEA DI DIO La religione pubblica greca è politeista. Gli dei sono antropomorfi e sono
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partecipi delle vicende umane; la loro sede fisica è il monte Olimpo; non esistono testi sacri
né una casta sacerdotale. Vi è uno stretto rapporto tra uomo – natura – divinità
LA CREAZIONE DAL NULLA E’ estraneo al pensiero greco il concetto di creazione;
semmai si può parlare di generazione (Esiodo) o di ordinamento di una materia da sempre
esistente (il demiurgo platonico)
LA LEGGE MORALE Per i Greci l’agire mira alla eudaimonia (felicità) attraverso la
realizzazione dell’individuo che si libera dalle passioni ed esercita la razionalità
IL PECCATO ORIGINALE Nel pensiero greco (orfismo) esiste l’idea di una colpa
originaria come involontario distacco dall’unità (ric. Anassimandro), ma a questa i Greci
hanno sovrapposto l’idea di un uomo capace di liberarsi con le sue capacità e con la
conoscenza.
LA FEDE Per i Greci la fede è un’opinione applicata alle cose sensibili (pistis) involontaria
e passiva, mentre la conoscenza per eccellenza è la scienza (epistéme)
L’AMORE Per i Greci l’Eros nasce da un sentimento di mancanza che ci spinge verso ciò
che crediamo completi la nostra esistenza. E’ l’uomo che ama, non Dio.
L’IMMORTALITA’ DELL’ANIMA E LA RESURREZIONE DEI CORPI In tutte le filosofie
greche che ammettono l’immortalità dell’anima il corpo è mortale
LA STORIA Per i Greci la storia è ciclica: ricorrenti catastrofi restituiscono l’universo al suo
stato iniziale
CRISTIANESIMO
1) Dottrina di salvezza che si rivolge alla fede e si fonda sulla dottrina di Gesù e sulla
promessa del regno di Dio per tutti coloro che, riscattati dal peccato originale dal
sacrificio di Cristo, ameranno il Padre celeste (visione escatologica)
2) L’IDEA DI DIO: La natura del solo Dio (monoteismo) è trascendente e non può essere
partecipata da altre divinità.
3) LA CREAZIONE DAL NULLA Dio crea il mondo dal nulla, in modo libero, istituendo con
ciò una gerarchia di valori fondata sull’inferiorità dell’effetto (la creazione) rispetto alla
causa (il creatore)
4) LA LEGGE MORALE Quella cristiana è un’etica del dovere, è la legge divina che guida
l’uomo, non la ragione
5) IL PECCATO ORIGINALE E’ il peccato alla base del male nel mondo e si configura come
la disubbidienza dell’uomo al comando divino e nel suo volontario separarsi da Dio
6) LA FEDE La fede è superiore alla scienza e si insedia nella parte dell’anima dove agisce la
volontà, arricchendola della dimensione dello Spirito
7) L’AMORE E’ il più alto precetto del Cristianesimo: significa abbandonare ogni cura terrena,
rinunciare ad esaltare se stessi, donare se stessi agli altri e accogliere in noi l’amore di Dio.
E’ dono di sé inesauribile (Agape). E’ Dio che rivolge l’amore agli uomini: l’uomo ama in
quanto ripete in sé l’amore di Dio
8) L’IMMORTALITA’ DELL’ANIMA E LA RESURREZIONE DEI CORPI E’ l’individuo, nella
sua unità di anima e corpo che è immortale
9) LA STORIA La storia è nel segno di Cristo il quale, irrompendovi, la fornisce di senso.
L’umanità si svela a se stessa con lo svelarsi di Dio nel mondo e nella storia
LA PATRISTICA
Prende il nome dai Padri della Chiesa (“Patres Ecclesiae”), cioè da tutti gli scrittori cristiani
dell’antichità che hanno contribuito ad elaborare la dottrina del Cristianesimo. Due scopi: difendere
il Cristianesimo dagli attacchi e dalle polemiche del mondo pagano e garantire l’unità della dottrina.
Distinguiamo tre periodi:
a) Fino al 200 d. C., i Padri si dedicano a difendere il cristianesimo contro i suoi avversari
pagani
b) Dal 200 al 450 circa, la Patristica si dedica alla formulazione razionale delle credenze
cristiane. E’ l’epoca di Sant’Agostino, il più grande tra i Padri della Chiesa
c) Dal 450 fino alla metà dell’VIII secolo, le dottrine già espresse vengono rielaborate e
coordinate in un sistema organico
1) Formulazione definitiva del dogma della Trinità: Concilio di Nicea, 325 d. C. Dio è inteso
come una unica sostanza divina in tre persone uguali e distinte
2) Dogma dell’Incarnazione: concilio di Calcedonia, 451 d.C., secondo il quale in Gesù ci sono
due nature – umana e divina – in un’unica persona divina
3) Nei rapporto tra grazia e libertà viene adottata la soluzione di Sant’Agostino: la grazia
divina restituisce all’uomo la libertà che egli ha perduto con il peccato di Adamo
4) Rapporti Fede – Ragione: la fede non sostituisce ma stimola l’intelligenza così come
l’intelligenza non vanifica la fede, ma la rafforza e la chiarifica: Fede e Ragione sono
complementari.
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