Anno A 3ª DOMENICA DI AVVENTO Is 35,1-6a.8a.10 - Il nostro Dio viene a salvarci. Dal salmo 145 - Rit.: Vieni, Signore, a salvarci (oppure: Alleluia, alleluia, alleluia). Gc 5,7-10 – Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Lo spirito del Signore è su di me, mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri. Alleluia. Mt 11,2-11 - Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo attenderne un altro? Pazienza nell’attesa Nella 2a lettura abbiamo ascoltato un brano della lettera di s. Giacomo. L’Apostolo esorta i cristiani alla pazienza, sull’esempio dei profeti, nell’attesa della venuta del Signore. Il brano si intona a questo periodo di Avvento che è tempo di attesa. La pazienza (vv. 7a.8) S. Giacomo raccomanda a chi soffre per colpa altrui, nell’attesa fiduciosa dell’immancabile giustizia divina, la pazienza fino alla venuta del Signore. Il ritorno glorioso di Cristo è certo e ciò è motivo di consolazione perché egli ristabilirà pienamente la giustizia e retribuirà ognuno con equità. La data della venuta è incerta e perciò è necessaria la pazienza. La pazienza è la fermezza d’animo (cf 1 Ts 3,13) che caratterizza l’atteggiamento da assumere nel tempo della prova che precede la venuta del Signore. La pazienza, letteralmente la longanimità, frutto dello Spirito Santo (cf Gal 5,22) e quindi della grazia, è segno distintivo del vero cristiano. Sopportare pazientemente le prove può essere una grazia più grande della loro liberazione. Solo nelle prove si sperimenta il grado dell’umiltà e della pazienza. Accettare le croci con pazienza è patire con merito. Il Signore a volte tarda a esaudire le preghiere perché crescano i meriti. Il patire con pazienza è segno di predestinazione. La pazienza rende l’opera perfetta (cf Gc 1,4) perché non si mette nulla del nostro ma si accetta dalle mani di Dio la croce che egli manda. La pazienza fa i santi (cf Gc 1,4). Il cristiano si sottomette umilmente al mistero del dolore conservando la speranza della salvezza nel ritorno del Cristo glorioso (cf Fil 3,10; Rm 8,17). Con la pratica della pazienza si sperano i beni della vita futura (cf Lc 21,19). L’esempio dell’agricoltore (v. 7b) S. Giacomo incoraggia i lettori alla pazienza, prendendo come modello l’agricoltore, che attende pazientemente il maturare della messe sotto l’azione della pioggia autunnale e primaverile. In Palestina infatti le prime piogge cadono in autunno e servono per la semina; le ultime vengono in primavera e sono necessarie per la crescita della messe. La perseverante forza d’animo nelle avversità dipende soprattutto dalla speranza, la quale ha la certezza del felice esito nelle prove provvidenziali (cf Ef 6,12), così come l’agricoltore aspetta con fiducia la mietitura. Il cristiano semina e coltiva sulla terra con grande pazienza, ma il frutto del suo faticoso lavoro matura in cielo. Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo. Il seminatore all’andare se ne va in pianto portando una gettata di seme; al tornare viene in giubilo, 3ª Domenica di Avvento “A” - “Omelie per un anno - vol. 1”, Elledici 1 recando i suoi manipoli (cf Sal 126,6). Il seminatore quando affida alla terra il seme corre un rischio, soffre fatica, avanza tra le lacrime: l’ora dei canti sarà quella della mietitura. Il cristiano, come l’agricoltore, ha il senso dell’attesa, resiste e sopporta senza lamentarsi perché è sicuro di una beatitudine perfetta: già la vede venire, è vicina. Ecco perché questo brano di lettera collega con tanta insistenza la pazienza presente alla certezza della venuta del Signore, cioè alla presenza del Cristo, al suo ritorno trionfale, alla fine dei tempi, epoca del giudizio e delle ricompense. Non lamentatevi gli uni degli altri (vv. 9-10) Nell’attesa del Signore, s. Giacomo esorta i suoi lettori a non lamentarsi gli uni degli altri per non essere giudicati, il che significa che la pazienza da lui inculcata sta soprattutto nella vicendevole sopportazione. È certamente presente alla mente dell’Apostolo il monito di Gesù: «Non giudicate, per non essere giudicati: perché col giudizio col quale giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati» (Mt 7,1-2). S. Giacomo conclude: «Ecco, il giudice è alle porte». Chiama il Signore giudice, e vicino il suo giudizio. L’espressione alle porte non sottolinea l’imminenza cronologica della manifestazione finale di Cristo giudice – tant’è vero che nello stesso testo viene offerta una serie di moniti per organizzare la vita della comunità – quanto piuttosto la permanente presenza di tale realtà, proprio perché, essendone affatto sconosciuta la data, può avvenire da un momento all’altro. Perciò bisogna essere sempre pronti e vigilanti. Il brano si chiude con l’esortazione a prendere come modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore. Il richiamarsi all’esempio dei profeti è conforme alla tradizione giudaica che ne faceva dei martiri. Anche nella catechesi cristiana i profeti venivano ricordati come esempi di virtù, come del resto aveva già fatto Gesù. Riflessioni pratiche Nelle giornate nere della nostra vita usiamo pazienza; daremo un valore alle nostre prove, un senso alle nostre sofferenze; le sopporteremo con frutto (cf Gv 15,2) e le supereremo con dolcezza. La pazienza addolcisce i dolori, l’impazienza li esaspera. Abbiamo pazienza con noi stessi. In quelle cose che non possiamo cambiare prendiamoci come siamo, non come vorremmo essere. Applichiamo a noi stessi i buoni consigli che diamo agli altri nelle loro avversità. Non possiamo mostrare il bene insegnando se non sopportiamo pazientemente il male vivendo (cf Prv 19,11). Di fronte all’agire degli iniqui freniamo l’ardore e costringiamoci alla calma se non vogliamo meritare il rimprovero di Gesù (cf Lc 9,55). Consideriamo la pazienza e il silenzio del Figlio di Dio nel sostenere umiliazioni e oltraggi nella sua passione. Come agnello condotto al macello non aprì la bocca (cf Is 53,7; Ger 11,19). Gesù soffre con pazienza e noi forse ci ribelliamo alla croce. Egli innocente, per i peccati degli altri; noi peccatori, per i nostri peccati. Egli agnello senza macchia, noi pecorelle smarrite. Impariamo dall’umilissimo Gesù la mansuetudine e la pazienza nelle avversità. 3ª Domenica di Avvento “A” - “Omelie per un anno - vol. 1”, Elledici 2