Cattedrale Corpus Domini

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Diocesi di Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa: Servizio Documentazione
Cattedrale
Solennità Corpus Domini
Concelebrazione Eucaristica
22 giugno 2003
La processione per le vie del centro cittadino ha fatto seguito al termine della
Concelebrazione Eucaristica.
Letture: Genesi (14, 18–20; Salmo (109); 1 Corinzi (11, 23–26); Luca 9, 11b–17).
Presiede mons. Luciano Monari, Vescovo
Introduzione
È la solennità del “Corpo e del sangue del Signore”, cioè del Sacramento nel quale il Signore nel
segno di “un pezzo di pane spezzato e di un calice di vino versato”, ci ha regalato, donato, la sua
stessa vita, perché rimanga attraverso i tempi quel cibo che sostiene il cammino della Chiesa nel
mondo, e perché diventi per noi quella forza che ci edifica come corpo vivo del Signore.
Allora Celebriamo questa Eucaristia come sempre con stupore e con riconoscenza, perché il dono
che nel Sacramento dell’Eucaristia ci è donato possa davvero essere accolto nella nostra vita e possa
portare frutti abbondanti di grazia.
Per questo con umiltà chiediamo anzitutto al Signore il perdono dei nostri egoismi, delle nostre
infedeltà e incoerenze.
Omelia
1. Dal dono che il Signore ci fa della sua vita, parte una corrente di amore, di
generosità che tende a dilatarsi senza limiti fino a raggiungere tutti gli uomini
Non possiamo vivere senza l’Eucaristia. Per esserne convinti basterebbe il comando del Signore:
«Fate questo in memoria di me» (Lc 22, 19c).
Chi prende sul serio Gesù, chi sente di essere legato a Lui in modo indissolubile, non può che
accogliere queste parole con riconoscenza e docilità. Si deve riconoscere come merito alla fedeltà
della Chiesa il fatto che, dopo duemila anni, quel comando del Signore mantiene ancora tutta la sua
attualità, la sua forza.
Ma non si tratta solo di obbedire a un comando formale. Il motivo più profondo per cui non
possiamo vivere senza Eucaristia sta nelle parole stesse che Gesù ha pronunciato sul pane spezzato,
sul vino versato nella coppa:
«Questo è il mio corpo che è per voi (…) questo calice è la nuova alleanza nel mio
sangue» (Lc 22, 19b.20b).
Chi sa di essere debitore a Gesù della sua propria vita non può rimanere indifferente di fronte a
questo straordinario Sacramento, nel quale Gesù ha posto la sua stessa vita come dono per noi.
Diceva con stupore immenso san Paolo:
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«Mi ha amato e ha dato se stesso per me!» (Gal 2, 20b).
Come non accogliere un tale dono? Come non rispondere con tutto il desiderio del nostro cuore?
Quando ci accostiamo all’Eucaristia, esprimiamo col nostro gesto la disponibilità a ricevere il dono
di Gesù per noi, diciamo di sì alla sua volontà di amore e al suo sacrificio di riconciliazione.
E da qui, dal dono che il Signore ci fa della sua vita, parte una corrente di amore, di generosità
che tende a dilatarsi senza limiti fino a raggiungere tutti gli uomini, per coinvolgerli in un
circolo virtuoso di affetto e di servizio reciproco.
2. La Chiesa è il corpo di Cristo, l’amore oblativo di Dio
Per questo l’Eucaristia fa la Chiesa ed è, nello stesso tempo, una risorsa immensa offerta
all’esistenza del mondo.
Anzitutto l’Eucaristia fa la Chiesa, infatti, secondo l’affermazione ripetuta di san Paolo:
«la Chiesa è il corpo di Cristo» (Ef 1, 22-23; Col 1, 24; ecc.).
Vogliamo dire anzitutto che la Chiesa è un corpo, cioè una realtà sociale visibile, non è un puro
ideale mentale. La Chiesa non si sperimenta attraverso un’appartenenza puramente interiore, è
realtà esterna, visibile e concreta, che si inserisce attivamente nella storia del mondo. E tuttavia quel
corpo, che è la Chiesa, “è il corpo di Cristo”, è cioè un corpo vivificato e plasmato dallo Spirito di
Cristo, in modo tale che la forma sociale della Chiesa manifesta la presenza di Cristo oggi nel
mondo.
 La parola che la Chiesa annuncia non è sua ma di Cristo.
 I Sacramenti che la Chiesa celebra non sono suoi ma di Cristo.
 L’amore che la Chiesa cerca di vivere non è amore che provenga da lei,
ma da Cristo il Signore.
Per questo chi incontra la Chiesa può, in lei e attraverso di lei, incontrare realmente Cristo, di là
delle manchevolezze e dei limiti che sono inevitabili in persone come noi.
Se fossimo senza l’Eucaristia, come potrebbe la Chiesa crescere effettivamente come corpo verso il
suo capo, Cristo (cfr. Col 1, 18)? Certo, avremmo la Parola di Dio. La Parola di Dio è come un
seme che dà forma alla vita della Chiesa; le dà la forma del Verbo di Dio, di Cristo (cfr. Gal 4, 19).
Ma la Parola ha bisogno di interpretazione, che non è sempre facile; si può porre l’accento su un
elemento o su un altro, riconoscere il centro in un tema o in un altro. Con l’Eucaristia, la Parola ha
il suo criterio perfetto d’interpretazione:
«Questo è il mio corpo che è dato per voi».
Dunque, amore, amore oblativo fino al dono supremo di sé. Allora non cerchiamo e non troviamo
altro nella Bibbia: troviamo «il corpo di Cristo», la rivelazione in questo corpo dell’amore oblativo
di Dio. Di un Dio che vuole, senza invidia, la vita dell’uomo e che per garantire questa vita non ha
risparmiato il suo Figlio, il suo unico Figlio.
3. Il mondo diventa un po’ migliore se ci sono alcuni che conoscono e vivono
l’Eucaristia
Ma l’Eucaristia è nello stesso tempo una risorsa offerta all’esistenza del mondo. Voglio dire che il
mondo stesso diventa un po’ migliore se ci sono alcuni che conoscono e vivono l’Eucaristia.
Perché che cosa produce l’Eucaristia? Che cosa viene immesso nelle strutture del mondo, attraverso
l’Eucaristia, se non una forza di amore, di perdono e di riconciliazione? E non sono proprio
l’amore, il perdono e la riconciliazione quelle forze che tengono in piedi il mondo?
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C’è qualcuno che ritiene che il mondo sia sostenuto dall’intreccio dei tanti e diversi egoismi.
Ciascuno cerca il suo interesse e la società si forma perché gl’interessi di uno sono intrecciati con
quelli degli altri; per questo ci sopportiamo e sosteniamo a vicenda. Non dico che questa analisi sia
del tutto errata, ma certo è gravemente incompleta, e se viene presa in assoluto è disastrosa.
Il mondo sta in piedi perché ci sono persone che amano, e che amano davvero, che portano non solo
il peso della propria vita, ma anche il peso della vita degli altri, che rinunciano ai propri successi e
fasti per lasciare spazio all’affermazione degli altri e al loro bene. Togliete tutto questo e il mondo
diventa un inferno; e quando il mondo diventa un inferno, scompare il desiderio stesso di vivere e il
desiderio di dare vita ad altri.
Per questo il mondo ha bisogno dell’Eucaristia. Non dico evidentemente che l’Eucaristia sia l’unica
sorgente di amore nel mondo; per fortuna Dio ha messo la capacità e il desiderio di amare in ogni
cuore, e l’esperienza stessa di nascere, di essere accolto da qualcuno diventa un impulso forte che ci
spinge ad amare. Ma dico che di fatto l’Eucaristia è una sorgente immensa di amore concreto. E se
qualcuno ripercorre la storia della carità in occidente, cioè nella nostra cultura, potrà rivedere
quanto di questa carità ha avuto la sua sorgente nell’Eucaristia; quanto dell’attenzione ai poveri, ai
malati, agli anziani, ai bambini… quanto di tutto questo sia debitore dell’esperienza dell’Eucaristia;
o quanto della letizia di san Francesco, del suo amore alla povertà, abbia avuto la sua motivazione
segreta proprio nell’Eucaristia.
4. Non possiamo vivere senza l’Eucaristia, non possiamo trovare da qualche
altra parte l’energia di amore di cui abbiamo bisogno
Non possiamo vivere senza l’Eucaristia. Il senso chiaramente è che non possiamo vivere da
cristiani, non possiamo trovare da qualche altra parte l’energia di amore di cui abbiamo
bisogno. La nostra condizione è esattamente quella descritta dal Vangelo di oggi: sommando
insieme tutte le nostre risorse possiamo contare su «cinque pani e due pesci» (Lc 9, 13); che non
sono da buttare via, ma certo sono poca cosa. Eppure, il Signore vuole queste nostre piccole risorse,
i “cinque pani e i due pesci”, per restituircele moltiplicate, in modo che possano soddisfare la fame
nostra e di una folla immensa con noi.
Pensate a quello che stiamo facendo, tra poco porteremo sull’altare un poco di pane e un poco di
vino che sono il “frutto della terra e del lavoro dell’uomo” – “offertorio”, si diceva una volta;
“presentazione delle offerte”, preferiscono dire oggi i liturgisti. Ma la cosa interessante è vedere la
povertà di quello che presentiamo e offriamo: “un poco di pane e un poco di vino”, qualcosa, quasi
niente. Eppure, “questo poco”, messo nelle mani del Signore, compie un miracolo:
«questo è il mio corpo che è per voi… è la nuova alleanza nel mio sangue…».
 L’“alleanza” è il legame di solidarietà con Dio (cfr. Lc 1, 72).
 Dio è per noi come nostro salvatore (cfr. Lc 1, 31 = Mt 1, 21).
 Noi siamo per Dio come suo popolo (cfr. Lc 1, 68).
 Da Dio ci è data gratuitamente la certezza di essere amati e accolti (cfr.
Rm 3, 24).
 A Dio restituiamo con gratitudine l’amore verso i fratelli (cfr. Lc 10,
27).
5. A Dio restituiamo con gratitudine l’amore verso i fratelli, questa è la legge
dell’Eucaristia
Dicevamo sopra che l’Eucaristia mette in movimento un circolo d’amore e di riconoscenza che
tende ad allargarsi all’infinito. Il punto di origine è che
«Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2, 20).
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Non posso certo restituire a Cristo quello che mi ha dato, ma posso restituirlo a coloro che Cristo
ama, quindi ai miei fratelli. Per riconoscenza, dunque, cercherò di amare gli altri e di prendermi
cura di loro; ed essi, a loro volta, trasmetteranno il medesimo amore ad altri e ad altri ancora, fino a
che, idealmente, il dinamismo dell’amore non raggiunga tutti e tutti vi siano coinvolti; questa è la
legge dell’Eucaristia.
Siamo così portati a desiderare un mondo nuovo. Costruirlo sul serio richiederà un’attenzione
precisa alla realtà delle cose. In questo senso l’Eucaristia non è la soluzione di tutto; e però per far
la fatica di conoscere il mondo così com’è, per accingersi a cambiarlo con la necessaria fortezza
d’animo, abbiamo bisogno di energia spirituale. E non esiste fonte più abbondante di energia
spirituale che il dono dell’amore di Dio incarnato nella vita e nella morte di Cristo (cfr. Eb 1, 1-4).
* Cv. Documento rilevato come amanuense dal registratore, scritto in uno stile didattico e con riferimenti biblici, ma
non rivisto dall’autore.
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