la parola della domenica Anno liturgico B omelia di don Angelo

la parola della domenica
Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella prima Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni Battista
secondo il rito ambrosiano
2 settembre 2012
Is 29,13-21
Sal 84
Eb 12,18-25
Gv 3,25-36
Tocca ai testimoni non tradire l’immagine, ma consegnarla in verità, in tutta la sua bellezza.
Un compito affascinante ma anche rischioso che toccò anche al Battista, la cui figura si
affaccia nel vangelo di questa domenica, la domenica che segue la commemorazione del
suo martirio.
Quale immagine di Dio dunque testimoniare? Questo è il vero nodo: “Perché di Dio” ripeteva
spesso uno dei testimoni più limpidi del nostro tempo, Padre David Maria Turoldo, “di Dio si
può dare vere o false immagini. E forse questo è il vero problema: più che il problema
dell’esistenza di Dio, quale immagine di Dio. Il problema non è Dio, ma è in quale Dio
credere. Credere in un Dio sbagliato è il più grande disastro che possa capitare” (David
Maria Turoldo, Anche Dio è infelice).
C’è il rischio che di Dio, della fede, della religione, anziché trasmettere la vera immagine, se
ne trasmetta, più o meno, una deformata. Ne abbiamo una riprova nel racconto del brano di
Giovanni che oggi abbiamo ascoltato, solo che si pensi quale immagine di fede e di
religione, immagine meschina, trasmettono, con la loro reazione, i discepoli di Giovanni.
Che, dopo aver avuto una discussione con un giudeo sui riti di purificazione, vanno a porre
la questione al Battista e gli dicono: “Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano
e al quale hai dato testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui”.
Succede purtroppo. Sono espressione di una religione misurata sui consensi: e c’è chi si
vanta di averne di più e chi si rovina la vita per il fatto che ne ha di meno, dove ci si misura
su gruppi, su movimenti contrapposti. Sui leader: il tuo conta di più, il tuo conta di meno. Ma
ditemi dove è Dio in tutto questo!
E’, voi mi capite, lo snaturamento della fede, la perversione della religione: non conta più
Dio, conta il nostro gruppo, conta il nostro movimento, contano i sondaggi. Cattivo servizio a
Dio, rinchiuderlo nelle nostre piccinerie, nelle nostre meschinità, nelle nostre rivalità. Alla fin
fine conta esibire noi: è la fiera delle vanità e degli interessi, le vanità e gli interessi verniciati
di religione.
Oggi dal profeta Isaia abbiamo ascoltato parole che smascheravano una religione che si fa
bella con le esibizioni: “Questo popolo” è scritto “ si avvicina a me solo con la sua bocca e mi
onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e la venerazione che ha verso
di me è un imparaticcio di precetti umani”.Ed ecco emergere l’immagine di Dio e ha
dell’incredibile, perché dopo una disamina così dura, quasi spietata, noi ci aspetteremmo
che Dio gridi il suo allontanamento. E, confessiamolo, quante volte abbiamo dato corpo a
questa immagine di Dio. Ebbene dopo aver fotografato questa situazione desolata, che cosa
aggiunge Dio, che cosa aggiunge alla sua puntuale analisi? Sentite: “perciò..” - e questo
perciò ha dell’inimmaginabile - “perciò, eccomi, io continuerò a operare meraviglie e miracoli
con questo popolo”. “Perciò, eccomi…”. E’ sbalorditivo. Ci aspetteremmo che dicesse: “Me
ne vado!”. Dice: “Eccomi, io non me ne vado e resto… a compiere meraviglie e prodigi”.
Grande, grande Dio, voi mi capite, non nell’immagine del castigamatti, ma di un innamorato
del suo popolo. Quale immagine di Dio dunque?
E quale immagine di Gesù? Una immagine preziosa e commovente di lui ce la rimanda
Giovanni il battezzatore. Lui, il testimone che gli ha aperto la strada. Ed e proprio una
immagine in risposta a quella reazione meschina dei suoi discepoli, l’immagine è quella dello
sposo. Giovanni indica un altro, non è lui il Cristo, non è lui lo sposo dell’umanità, lui è solo
l’amico dello sposo. Come siamo lontani dalle immagini di un Dio inquisitore, avversario
delle gioie dell’umanità. Dio si mette nella immagine che dice la passione di un uomo per la
sua donna, una passione spinta sino alla follia, la follia della croce. Questa emozionante
l’immagine di Dio. E attenti a non sbagliare immagine: “Credere in un Dio sbagliato è il più
grande disastro che ci può capitare”.
E indicando l’altro, Gesù di Nazaret, come lo sposo, che cosa aggiunge il Battista? Parole
che andrebbero stampate negli occhi a memoria, aggiunge, e dovrebbero essere parole
della chiesa, le nostre parole: “L’amico dello sposo, che è presente, e l’ascolta, esulta di
gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui, deve crescere, io, invece,
diminuire”. Sembra di ascoltare il Cardinale Martini!
Isolo, ma semplicemente per un ritaglio di indugio, due espressioni molto belle che
dovrebbero riguardarci.
La prima: “L’amico dello sposo esulta di gioia alla voce dello sposo, ora questa mia gioia è
piena”. Mi colpisce la parola “voce”, forse vado oltre il testo, esultare alla voce di Gesù,
prima ancora che alle parole. Non è forse questo che ci insegnano coloro che si vogliono
bene, che si amano, innamorati della voce dell’altro prima ancora che delle parole. Gesù lo
riconosci e te ne innamori per il tono delle sue parole, per una vibrazione che le abita, una
vibrazione di passione per te e quella voce fa la tua gioia.
Perdonate, ma su questo aspetto ho indugiato in queste ore, chiedendomi il perché di tanta
commozione, palpabile per il cardinale che ci ha lasciati. Laici e credenti insieme. E mi sono
detto che forse era perché ci riconosceva alla voce e noi lo riconoscevamo alla voce. Le
parole venivano dopo, prima si prendeva cura di questa nostra umanità. Alla fine dei suoi
giorni lo guardavi, ti sfuggivano le sue parole inghiottite dalla malattia. Rimane un soffio di
voce, esempio luminoso di come dovrebbe essere una chiesa.
Seconda notazione: “Lui deve crescere, io, invece, diminuire”. Sì, perché se cresco io, se mi
esibisco io, se voglio i riflettori su di me, a perdere in attenzione, in intensità è lui. Parole
dimenticate ogni volta che la sua chiesa cede all’ossessione del protagonismo, del
gigantismo e pensa, si illude, di fare un buon servizio al vangelo. Ce la stampassimo nella
memoria queste parole, testimoniate da un Vescovo! E incominciassimo a pensare che è
una grazia, se stiamo al vangelo, che noi diminuiamo, anche come chiesa e che a crescere
sia lui, il nostro unico Signore.
Per la riflessione
Immagini di Dio portano con sé immagini dell’uomo: potremmo recensirle.
La voce: li hai ascoltati dalla voce e dal viso quelli che in questi giorni hanno offeso la
memoria del cardinale Martini? E la voce e il viso di quelli che lo amavano?