4c16TO - salesiani don Bosco

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Omelie per un anno - vol. 2
16ª Domenica del Tempo Ordinario
 Gn 18,1-10a - Signore, non passar oltre senza fermarti dal tuo
servo.
 Dal Salmo 14 - Rit.: I puri di cuore abiteranno nella casa del
Signore.
 Col 1,24-28 - Il mistero nascosto da secoli, ora è manifestato ai
santi.
 Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. La tua Parola, Signore, è
verità: consacraci nel tuo amore. Oppure: Beati coloro che
custodiscono la parola di Dio in un cuore buono e sincero, e
portano frutto con perseveranza. Alleluia.
 Lc 10,38-42 - Marta lo accolse nella sua casa. Maria ha scelto la
parte migliore.
Le visite di Dio
Il motivo del Dio-ospite, che fa visita all’uomo, è presente in tutte le
religioni. È un modo immaginoso e fantastico di esprimere la
convinzione circa la reale presenza di Dio nella vita umana. Ma può
trattarsi di un Dio terribile, quasi una forza demoniaca che castiga e
distrugge, oppure di un Dio benefico, promettente e vivificante. La
Bibbia ha utilizzato tutte le categorie espressive che conosceva per
esprimere l’incontro di Dio da parte del popolo di Israele. Ed ha
assunto anche il modulo letterario della “visita” di Dio. Ciò che era
un’esperienza interiore ineffabile è diventato evento storico con Gesù
Cristo, il quale è vero uomo e vero Dio. Gesù Cristo diventa l’Ospite
divino reale degli uomini che credono in lui e lo accolgono, come
fecero Maria e Marta. Le odierne letture bibliche sono, dunque,
polarizzate su questo tema della presenza di Dio, più precisamente
sulla venuta promettente di Dio e sulla sua Parola. Il Dio biblico che si
fa presente e ospite dell’uomo è promessa di vita, di felicità, di
grazia.
Apparizione e promessa
L’episodio della 1ª lettura è narrato con vivacità e freschezza
straordinarie, tanto da attrarre e divertire il lettore. Ma il gusto della
bella narrazione è unito all’interesse teologico per il contenuto:
l’apparizione di un Dio promettente. Ecco un sapido commento di un
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Omelie per un anno - vol. 2
illustre esegeta: “Il tema di dèi che vanno in giro per il mondo in
forma umana per mettere alla prova l’ospitalità dei mortali, per
castigarli o premiarli, è un motivo letterario apprezzato nell’antichità
e, con certe variazioni, pure oggi tra gente semplice. Anche in
Canaan potevano circolare simili storie. Il narratore che applicò ad
Abramo la nota narrazione si trovò davanti risorse facili e problemi.
Era facile porre come premio dato dalla divinità proprio il figlio
desiderato e già annunciato, determinando la data prossima; era
facilissimo cambiare il luogo e i personaggi; per niente difficile era
aggiungere un particolare umano che spiegasse il nome del nascituro.
Dèi in forma umana possono rendere molto umana la narrazione,
senza perdere carattere e dignità... Nel versetto introduttivo l’autore
ci dice che IHWH appare, e subito Abramo vede tre personaggi, in
seguito oscilla tra il singolare e il plurale, alla fine gli uomini (senza
dirne il numero) si mettono in cammino mentre IHWH rimane con
Abramo” (L. Alonso Schökel).
Abbiamo dunque una storia adattata alla fede jahvista. La squisita
ospitalità di Abramo gli fa incontrare Dio stesso: diremmo che
l’amore, espresso nell’ospitalità, gli fa “vedere” Dio. Disse bene s.
Gregorio Magno: “Amor ipse notitia est” (“È l’amore stesso che fa
conoscere”). L’amore vero fa vedere esattamente; l’amore falso fa
vedere falsamente. Possiamo anche tradurre così la teologia della
fede racchiusa in questo brano genesiaco: Dio appare soltanto a chi lo
ama e lo accoglie. Abramo non è soltanto un curioso, non si atteggia
a ricercatore neutrale e indifferente, ma è pervaso da un amore
accogliente, che gli permette di avere l’apparizione di Dio stesso. Dio
appare a chi lo sceglie e lo accoglie, perché apparendo Dio si dona
liberamente e perciò richiede di essere accolto da una libertà aperta.
Ministro di Dio
La venuta di Dio nella vita umana si realizza anche nella figura dei
suoi “ministri”. Paolo è uno di questi, com’egli stesso spiega: “Sono
diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio stesso
presso di voi di realizzare la sua parola”. Attraverso la mediazione
storica del suo “ministro” Dio si manifesta come l’Assoluto
promettente che vuole realizzare la sua “parola” o il suo “mistero”,
cioè il piano di salvezza che egli ha da sempre pensato e preparato
per l’umanità (“il mistero nascosto da secoli e da generazioni”). Quel
piano si concretizza e si concentra tutto nel Figlio suo, Gesù Cristo. In
Gesù “Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero”:
Gesù, infatti, è il Salvatore di tutti, è Promessa di salvezza non solo
per i Giudei ma anche per i pagani.
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Omelie per un anno - vol. 2
Attraverso la predicazione del suo “ministro”, Dio viene incontro
all’uomo e si fa “vedere” come sua salvezza e speranza. Ma il Dio
promettente e salvante è Gesù Cristo, per cui Paolo afferma: “È lui
che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni uomo con ogni
sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo”.
La parola della predicazione apostolica è, dunque, la forma umana in
cui Gesù Cristo “appare” e si fa incontro all’uomo, più precisamente
alla coscienza libera dell’uomo che vuole accoglierlo. In modo
particolare, Gesù è presente nella sua parola quando essa viene
proclamata nella liturgia.
Una sola cosa è necessaria
Secondo il racconto evangelico di oggi, Gesù entrò in un villaggio e
una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. L’ospitalità è
una delle virtù sempre altamente raccomandate e apprezzate dalla
Bibbia. L’ospite è una misteriosa presenza di Dio e va accolto con tutti
i riguardi. L’accoglienza dell’altro, infatti, è vivere la carità verso il
prossimo, è accogliere quindi la visita di Dio.
Marta e Maria conoscevano Gesù da lungo tempo, e come Lazzaro,
loro fratello, erano in rapporti di amicizia profonda con lui. Gesù però
non rinuncia mai ad essere quello che è ed esige sempre anzitutto
l’ascolto obbediente della sua parola.
Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascolta la sua parola: ella è
l’immagine vivente del perfetto discepolo, del credente al quale
interessa, più di tutte le cose, il regno di Dio, cui si accede mediante
l’adesione alla parola di Gesù. Maria sa che nella sua parola Gesù
svela il suo mistero e introduce alla partecipazione al regno di Dio.
Con la sua parola Gesù fa dono di se stesso e Maria risponde col dono
di sé, mettendosi in ascolto del suo Maestro, lasciandosi
completamente affascinare dalla sua parola di vita. Maria è
“innamorata” del suo Maestro divino: diventa il suo amato, vuole
custodire nel cuore le sue parole, che accoglie dentro di sé con libera
adesione. Questo essere innamorata si traduce in attenzione
amorosa, in preghiera di ascolto, contemplazione.
Non sappiamo quali discorsi Gesù abbia fatto. Non importa. Per Luca,
Maria è divenuta il simbolo perfetto dell’autentico uomo di fede, che
crede in Gesù. Marta invece è tutta occupata nelle faccende di casa e
dice: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a
servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta,
Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa
di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà
tolta”.
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Gesù non rimprovera Marta per la “troppa” cura nelle faccende
domestiche, ma la mette in guardia dal pericolo di “preoccuparsi e
agitarsi”. Si possono fare molte cose, purché non ci si lasci prendere
dall’agitazione preoccupata, che fa perdere la calma, la pace
interiore, la gioia e lo scopo. L’evangelista non intende mettere una
sorella contro l’altra né possiamo pensare che Gesù volesse fare un
antipatico confronto tra le sue due amiche. L’episodio serve
all’evangelista non per fare una semplice cronaca, ma per illustrare il
detto di Gesù: “Una sola è la cosa di cui c’è bisogno”. Tutta la
situazione non è che rievocazione di un quadro di vita particolarmente
adatto perché Gesù introducesse e facesse comprendere il suo
principio. Ciò che importa non è il contrastante atteggiamento delle
due sorelle, ma ciò che dice Gesù. Ancora una volta egli occupa tutta
la scena evangelica.
Gesù è il “Signore”, l’unica cosa necessaria è lasciarsi imbevere e
guidare dalla sua parola. Tutti gli altri “servizi” non sono ugualmente
“necessari”. La vita cristiana è “ascoltare e praticare la parola di Dio”
(Lc 8,21).
Sarebbe sbagliato chiedere al brano evangelico di optare per il
pregare o per il fare. Non è questa l’intenzione di Gesù, per il quale
non esiste alternativa tra azione e preghiera. Dio “fa visita” a Marta e
Maria, ossia viene nella nostra vita, per fare unità tra preghiera e
azione attraverso la sua parola. La parola di Gesù rende il nostro
pregare come quello di Gesù, ci fa guardare a Dio come fa lui,
guardare a noi e agli altri con gli occhi di Dio; ma la sua parola ci
rende anche capaci di agire come ha agito lui, di fare le scelte che ha
fatto lui, di assumere la sua “forma” di vita. Infatti Dio viene a
“visitarci” non per esonerarci dal fare e dal vivere il nostro mestiere di
uomini, ma per renderlo autentico e vero.
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