INCONTRO ANAWIM DI SANTA SEVERA 28 Agosto 2011 PRIMA RIFLESSIONE IL DISCERNIMENTO SOTTO L’AZIONE DELLO SPIRITO (Discernere i segni dei tempi) (la riflessione sulla vita come esercizio di discernimento) Arricchiti ma anche bombardati da un nugolo di informazioni, abbiamo oggi la necessità di compiere continui discernimenti, anche per cogliere i ‘segni dei tempi’che siamo stati chiamati a vivere. “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2). Questo discernimento nella nostra Fraternità lo pratichiamo attraverso la ‘riflessione sulla vita’. Di quale genere sono queste informazioni che riceviamo? Che cosa significa discernere? Che cosa sono i ‘segni dei tempi’? Come possiamo fare questo discernimento nella ‘riflessione sulla vita’? Ecco le quattro parti dei questa introduzione. 1. - Una ricchezza inesauribile di dati e informazioni Nel mondo contemporaneo, uno dei problemi maggiori da risolvere è quello di sapersi orientare nella moltitudine di informazioni alle quali abbiamo accesso e che arricchiscono e insieme disorientano la nostra vita. Vi sono le informazioni legate alla nostra vita quotidiana, di famiglia, di lavoro, di amicizie. Queste sono le informazioni prioritarie, ma anche più riservate, alle quali deve andare in primo luogo tutta la nostra attenzione. Vi sono poi le innumerevoli informazioni che arrivano a noi o a cui possiamo accedere attraverso i mezzi della comunicazione sociale, e che ci dovrebbero aiutare a orientarci nelle scelte quotidiane, nella politica, nella cultura, nella scienza, ecc. Queste informazioni devono in qualche modo essere verificate, valutate, prima di essere catalogate o ordinate nella nostra mente. Per quanto numerose possano essere le informazioni che riceviamo in ciò che attiene il mondo della politica, non è affatto detto che senza un discernimento attento siano escluse delle scelte sbagliate. Alcuni dittatori, fra cui Hitler, sono andati al potere portati da elezioni nelle quali una maggioranza di votanti si è espressa a loro favore. Anche dal mondo della scienza riceviamo una straordinaria ricchezza di informazioni, e tuttavia anch’esse hanno bisogno di essere confrontate e verificate. In particolare, gli sviluppi straordinari della scienza contemporanea pongono anche dei problemi etici, che devono essere affrontati prima di deciderci ad agire in un senso o nell’altro: pensiamo all’energia nucleare, ma pensiamo anche ai problemi posti dalla bioetica, dalle possibili manipolazioni sull’uomo, e così via. Persino in campo religioso il patrimonio al quale è possibile attingere è diventato smisurato. Vi è innanzitutto il patrimonio contenuto nelle Sacre Scritture del Primo e del Nuovo Testamento. Il Primo Testamento i cristiani lo condividono con i fratelli ebrei, per cui le ricchezze della loro fede e vita spirituale possono essere di insegnamento anche per noi. Per entrambi i testamenti occorre poi conoscere quali sono le conclusioni più attendibili della esegesi condotta secondo il metodo storico- critico. Vi sono in secondo luogo le ricchezze spirituali che si sono sviluppate nei due millenni di cristianesimo, grazie all’apporto di innumerevoli santi, di mistici, di pensatori, di tante diverse scuole di teologia e di spiritualità. In terzo luogo, oggi che i cristiani sono invitati a conoscere meglio anche le ricchezze spirituali che si trovano in altre religioni, si è chiamati a confrontarsi anche con esse e ad esse è possibile attingere per la propria vita e la propria spiritualità. Fra gli infiniti input che ci giungono nel mondo di oggi, dalla scienza, dalla politica, dalla cultura, dalla vita quotidiana, ma anche dalla tradizione cristiana o dalle diverse tradizioni religiose dell’umanità, per potere orientarci e vivere nel modo giusto siamo chiamati a compiere dei discernimenti. Siamo chiamati cioè a riflettere, possibilmente insieme, per capire ciò che è vero, ciò che è giusto, ciò che si deve seguire. Una riflessione più necessaria oggi di quanto lo sia mai stata in passato. Per questo motivo i discernimenti che nella Fraternità Anawim siamo chiamati a fare attraverso la ‘riflessione sulla vita’ non costituiscono un adeguarsi a una proposta anacronistica ereditata dal passato, ma il corrispondere a una necessità più che mai attuale. Il fatto che essa sia stata concepita trentacinque anni or sono significa solo che sono state anticipate delle prospettive che mostrano proprio oggi tutta la loro attualità. 2. Il discernimento Il ‘discernimento dei segni dei tempi’, volto a comprendere in quale direzione evolve l’umanità o ci conduce lo Spirito, è una forma particolare del cosiddetto discernimento degli spiriti, di cui parla già Paolo nella prima lettera ai Corinzi, annoverandolo fra i doni dello Spirito, concessi per l’utilità comune (1 Cor 12,10). Questo discernimento come si è detto è particolarmente necessario nel mondo contemporaneo, considerata la sua complessità e la ricchezza delle informazioni che riceviamo. Tanto a livello personale, quanto a livello di chiesa e di società, ci troviamo continuamente posti di fronte a nuovi problemi o a nuovi eventi nei confronti dei quali è necessario cercare di capire meglio e di orientarsi rettamente. 2.1. - Discernimento come dono dello Spirito Il discernimento degli spiriti è uno dei doni spirituali o carismi, frutto dello Spirito, concessi nella comunità per l’utilità comune. Diakriseis pneumaton, discretio spirituum. Il verbo diakrino indica l’atto del discernere, distinguere, la capacità di una conoscenza e di un giudizio, o anche la capacità di interpretare. Oltre che a proposito dei carismi o doni dello Spirito, in 1 Cor 12,10, esso è utilizzato proprio per indicare la capacità di discernere i segni del tempo (meteorologico) e la correlativa incapacità di discernimento per i segni del tempo (messanico) da parte dei discepoli: Mt 16,3 (cf. Lc 12,56, che usa però dokimazo). Esso viene utilizzato anche in 1 Cor 6,5 (a proposito dei giudizi fra cristiani); 1 Cor 11,29.31, circa il discernimento da compiere intorno al corpo e al sangue del Signore; 14, 29, a proposito del giudizio sui profeti nelle assemblee; Eb 5,14 (il discernimento del bene e del male da parte dei ‘perfetti’). A questi testi possono essere accostati anche Rm 12,2 e Ef 5,17, con il loro invito a comprendere quale sia la volontà di Dio sulla nostra vita. In quanto dono dello Spirito il discernimento presuppone da parte nostra un atteggiamento di docilità, e cioè la prontezza e la disponibilità ad ascoltare e a lasciarci convertire dallo Spirito e ad accettarne le ispirazioni. Il dono del discernimento si può identificare con il dono della profezia, o almeno ne è un aspetto particolare. “La profezia è il dono di giudicare in conformità alla volontà salvifica di Dio in lui rivelata in maniera definitiva. E’, in altre parole, discernimento degli spiriti come di quei fattori che determinano la nostra realtà. La profezia rende perciò possibile la giusta decisione, il riconoscimento dei ‘segni dei tempi’ (GS 4), e precisamente non solo al singolo, ma anche a tutta la chiesa”1. “Il dono del discernimento degli spiriti permette di accertare infallibilmente se un ‘profeta’ parla veramente secondo lo Spirito di Dio o se, al contrario, è un falso profeta che parla secondo uno spirito menzognero”2. 2.2. – La necessità di un discernimento Un discernimento è indispensabile per poter comprendere nelle situazioni concrete quella che è l’autentica volontà di Dio sulla nostra vita. “Il discernimento è la misura dello spirito autenticamente cristiano. Né la devozione, né la generosità sono il criterio decisivo di una vita che voglia orientarsi al messaggio di Gesù. Il criterio è la capacità che l’uomo di fede ha di saper discernere le vie dello Spirito”3. Personalmente sono sempre rimasto colpito dalla sproporzione che esiste nella chiesa fra la moltitudine di preti e operatori pastorali impiegati per mandare avanti strutture ereditate dal passato (i tribunali ecclesiastici, i seminari, ecc.), e il numero estremamente esiguo di persone che si impegnano in una riflessione e in un discernimento sulla loro utilità e validità. I primi inoltre sono circondati dalla stima e dalla fiducia della comunità, senza che venga avvertito il pericolo che essi possano essere travolti da un attivismo, che impedisce una più pacata riflessione; mentre nei confronti di coloro che nella comunità cristiana ritengono di corrispondere a una loro vocazione impegnandosi nella riflessione e nella ricerca, esiste un atteggiamento di diffidenza, da una parte perché la loro riflessione appare senza un riscontro e un frutto immediato, ma dall’altra e soprattutto perché si temono le conclusioni della loro riflessione e le novità cui esse potrebbero condurre. 2.3. - Discernimento personale e discernimento comunitario Il discernimento è in primo luogo un compito che riguarda il singolo: di fatto esso è compiuto innumerevoli volte nella nostra giornata, anche per fatti di non grande importanza, ogni volta che si è chiamati a prendere delle decisioni. ‘Avere discernimento’, anche nel linguaggio comune, significa saper prendere delle decisioni sagge e opportune nelle diverse circostanze dell’esistenza. “Il discernimento consiste in un’esperienza strettamente personale, l’esperienza dell’amore cristiano. Tale amore, che invade la vita affettiva del credente, fa scaturire nell’uomo una sensibilità e una conoscenza profonda (Fil 1, 9-10) che scopre, grazie a una certa spontaneità e connaturalità, quanto piace al Signore”4. Esso tuttavia riguarda anche la comunità cristiana in quanto tale. Il discernimento, in qualche modo, è infatti compito di tutta la comunità, la quale, in virtù del battesimo, è investita dell’ufficio profetico di Cristo (cf. LG 12). Per questo, anche quando viene compiuto a livello personale, esso viene compiuto in comunione con tutta la chiesa, ed appartiene a un compito che è di tutta la chiesa (cf. 1 Cor 14,29; 1 Tss 5,21; 1 Gv 4,1). La sottolineatura del carattere comunitario del discernimento la troviamo soprattutto nel concilio Vaticano II, in cui lo ‘scrutare i segni dei tempi’ non è mai indicato come compito dei singoli, ma di tutta la comunità, laici, preti, teologi (GS 4; 11; 44)5. 1 K.H.NEUFELD, Profezia, in Lessico di Teologia Sistematica, Queriniana Brescia 1990, p. 527. R.KOCH, voce Carisma, in Dizionario di teologia biblica, ed. J:B.Bauer, Morcelliana Brescia 1965, p.216. 3 J.M.CASTILLO, “L’imitazione di Cristo” e “Cammino”: dal discernimento privatizzato alla soppressione del discernimento, in Concilium 1978, 9, 74. 4 J.M.CASTILLO, “L’imitazione di Cristo” e “Cammino”: dal discernimento privatizzato alla soppressione del discernimento, in Concilium 1978, 9, 63. 5 In GS 4 si afferma che è compito della chiesa quello di scrutare i segni dei tempi, in GS 11 si dice che questo è compito del popolo di Dio. Ad una obiezione sollevata in sede di concilio, che non voleva l’equiparazione delle due 2 Il discernimento comunitario esige comunque un certo metodo: una capacità di ascolto reciproco, il desiderio di trovare insieme la verità, la capacità di mettersi in discussione e di cambiare le proprie vedute sulla base di quanto ci dicono gli altri, in una parola una docilità allo Spirito, in un clima di preghiera e di accoglienza. Il limite di tante esperienze spirituali del passato è legato soprattutto alla mancanza di un confronto e di un dialogo con gli altri, con i fratelli della comunità6. “Qui non si tratta più di una relazione interpersonale, ma di un gruppo o di una comunità che cerca la luce su un orientamento da prendere, su una scelta da fare. Il segno che questo intervento corrisponde a una vera operazione di discernimento non sarà mai dato solo dall’unanimità o dalla maggioranza assoluta o dalla relazione che conclude la ricerca. Dipenderà anche dall’ascolto vicendevole, dall’impegno reciproco, dalla relazione della ricerca di questa comunità con le altre comunità alle quali essa è organicamente legata, dalla coerenza dell’orientamento da prendere e dalla questione posta con il proposito fondamentale di questa comunità... Simili interventi, se dovessero creare conseguenze di discordia, di tristezza, di frutti contrari a quelli di cui parla san Paolo (Gal 5, 22), non sarebbero dell’ordine del discernimento secondo il vangelo. L’autenticità spirituale del discernimento si misura infatti dai suoi frutti”7. “La comunità ‘piccola’ è un punto di riferimento della vita religiosa... Sul piano della decisione non è un surrogato per sfocare la propria responsabilità, ma rappresenta l’ambiente vitale in cui quest’ultima nasce e si sviluppa. La comunità deve animare, arricchire, persuadere e autenticare, ma non costringere;... la comunità dovrebbe essere la fucina e la scuola del tirocinio spirituale nella preghiera e nell’umiltà. Nella comunità il cristiano impara a guardare alle persone con lo sguardo benedicente perché, attraverso la scorza amara che tutti abbiamo, possiamo scorgere negli altri il volto del Povero”8. 2.4. Il ruolo dei “profeti” e le disposizioni personali per il discernimento Il fatto che il compito del discernimento sia un compito di tutta la comunità non esclude che venga riconosciuto il ruolo di coloro che in essa hanno ricevuto a questo fine un dono particolare, un carisma. In altri termini occorre riconoscere che è possibile che nella comunità vi siano alcuni che hanno ricevuto un particolare dono dello Spirito, e che la comunità riconosce anche oggi come profeti, che possono guidare altri nei discernimenti da compiere. Essi sono però chiamati ad esercitarli nella comunità, non in maniera individualistica e isolata. Tali persone possono essere considerate come preparate dallo stesso Spirito ad accogliere il dono del discernimento, con apertura e docilità, grazie all’esercizio delle diverse virtù. “Ci sembra da parte nostra che il discernimento degli spiriti sia generalmente legato ad uomini e donne in via di riconciliazione con se stessi, aperti alla vita divina ed alla logica dello Spirito, dotati di un’intelligenza cordiale degli uomini e delle situazioni, benevoli verso la comunità in cui sono radicati”9. Il discernimento è un dono dato da Dio per l’utilità comune, al servizio dell’annuncio della buona novella, affinché essa risulti “luminosa, calorosa e feconda”, un annuncio compiuto “da parte di un uomo o di una donna che cerca di viverla umilmente e realmente, ad uomini e donne disposti ad accoglierla nella loro vita perché essa ne divenga il centro luminoso”10 . espressioni, la commissione conciliare rispose che i due termini sono da considerare equivalenti, e che la lettura dei segni dei tempi deve essere compiuta dalla chiesa tutta assieme. 6 Su questo punto rimando anche a quanto scrive F. URBINA, Spirito e storia, in Concilium 1978,9, p. 178. 7 J.R.BOUCHET, Il discernimento degli spiriti, in Concilium 1979, 8, p. 169-170. 8 J.R.BELLOSO, Chi è capace di discernere?, in Concilium 1978, 9, p. 139. 9 J.R.BOUCHET, Il discernimento degli spiriti, in Concilium 1979, 8, p. 168. 10 Ibid., 171. 3. I segni dei tempi La chiesa è in cammino attraverso la storia, cresce con la crescita dell’umanità, il cammino del credente come di ogni persona si accompagna al cammino della chiesa e del genere umano. In questo cammino attraverso la storia i ‘segni dei tempi’ possono costituire un punto di riferimento per capire quale sia la volontà di Dio sulla nostra vita. 3.1. Storicità della condizione della chiesa e del credente L’accettazione del concetto dei segni dei tempi presuppone il riconoscimento della condizione storica dell’uomo e della stessa rivelazione e salvezza. Il tempo è un tempo aperto a un futuro sempre nuovo. Da una concezione statica della verità, della rivelazione, della salvezza, si passa a una visione più dinamica ed evolutiva. La volontà di Dio sull’umanità e sulla storia viene conosciuta via via che viene attualizzata. Tutta la nostra vita cristiana è un cammino di discernimento senza fine. I principi della fede, i dati della rivelazione, restano gli stessi attraverso tutti i tempi; e tuttavia essi si sono incarnati nella storia e nelle culture, si sono espressi attraverso formulazioni umane, hanno dovuto tenere conto delle capacità di comprensione dell’uomo, sono passate attraverso la nostra percezione e la nostra comprensione del vero, e sono quindi aperti a una ricomprensione sempre nuova e più profonda. La ricerca dei segni dei tempi si inserisce in questa accettazione della storicità. Essa presuppone la convinzione che Dio continui a rivelarsi nella storia, e che essa costituisca in qualche modo un luogo teologico, nel quale si manifesta lo Spirito. Il discernimento dei segni dei tempi consente di comprendere nella luce della fede il senso più profondo della storia, così come essa è guidata da Dio secondo regole da lui stesso create11. Eventi puramente esteriori o occasionali possono essere riconosciuti nello Spirito mediante una presa di coscienza come segni di una storia condotta da Dio, di una volontà di Dio sulla storia. 3.2. Discernere i ‘segni dei tempi’ I segni dei tempi sono dei punti di riferimento in questo cammino, una improvvisa rivelazione della volontà di Dio che si manifesta negli avvenimenti e che comprendiamo alla luce dello Spirito. Questa espressione, che trova il suo fondamento negli evangeli, dove tuttavia si parla soprattutto dei segni del tempo messianico (cf. Mt 16,3), è stata fortemente valorizzata da Giovanni XXIII 12 e da Paolo VI13, e soprattutto dal concilio Vaticano II. L’utilizzazione che ne viene fatta nel concilio Vaticano II in GS 4 e l’accostamento a GS 11 ci mostra che i segni dei tempi, per il concilio, sono appunto i “segni della presenza e dell’azione di Dio” nella storia. Essi devono essere riconosciuti attraverso “gli avvenimenti, le richieste e le aspirazioni, cui il Popolo di Dio prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo” (GS 11). Il concilio identifica fra i segni dei tempi il movimento ecumenico (UR 4), ricorda il dovere che i presbiteri hanno di riconoscere i segni dei tempi in dialogo con i laici (PO 9), e fa riferimento implicito ai segni dei tempi in diverse occasioni (GS 44; PO 6; AA 14, a proposito della crescente solidarietà fra gli uomini; DH 15 a proposito del riconoscimento della libertà religiosa da parte degli stati). Cf. J.M.Maldamé, L’azione di Dio nell’evoluzione, in Complessità, evoluzione, uomo, a cura di F.Facchini, Jaca Book, 2011, pp. 226. 12 Bolla Humanae Salutis, del 25.12.1961; Enciclica Pacem in Terris, dell’11.4.1963. 13 Enciclica Ecclesiam Suam, del 6.8.1964. 11 L’enciclica Pacem in Terris aveva comunque già identificato e proposto alcuni ‘segni dei tempi’, che conservano una loro attualità: la socializzazione, lo sviluppo degli organismi e delle relazioni internazionali, lo sviluppo e la promozione delle classi e dei popoli meno abbienti, la promozione della donna e il suo ingresso nella vita pubblica. 3.3. I segni a livello personale e a livello comunitario I segni da discernere sono segni che ci sono dati a livello personale ma anche a livello comunitario. A livello personale nel discernimento dei segni si devono prendere in esame segni come la salute, le attitudini, la preparazione, ecc. Nelle decisioni da prendere per la mia vita sono invitato a tenere conto dei ‘segni’ che posso discernere e comprendere, in quanto è legittimo ritenere che Dio mi parli e mi manifesti la sua volontà attraverso questi segni. A livello comunitario, dobbiamo cercare di ascoltare il mondo di oggi, e essere pronti ad accoglierlo con benevolenza, pensando che lo Spirito opera anche in esso. A questo livello, il criterio per giudicare se i segni dei tempi sono positivi o negativi ci è dato dal loro contribuire allo sviluppo della persona, al bene della persona, e soprattutto dal criterio dell’amore. Tutto ciò che fa crescere nell’amore di Dio e degli altri e nella comunione è da intendersi come un segno dei tempi positivo. Lo stesso Vaticano II costituisce certamente un segno dei tempi, per cui camminare nella linea del concilio significa camminare nella linea indicata dallo Spirito per il nostro tempo. 4. La ‘riflessione sulla vita’ come forma di discernimento dei segni dei tempi All’interno della Fraternità degli anawim, il compito del discernimento dei segni dei tempi viene realizzato attraverso il metodo che nella Carta e nella Nota aggiuntiva vengono indicate con il nome di “riflessione sulla vita”. 4.1. La “riflessione sulla vita” La riflessione sulla vita è il metodo attraverso cui viene realizzato in concreto un discernimento di ciò che è giusto buono e vero, secondo il messaggio dell’evangelo e secondo un criterio di piena umanità, discernimento che come si è detto compete a tutto il popolo di Dio, investito in virtù del battesimo dell’ufficio profetico di Cristo. Tale discernimento costituisce un’applicazione concreta di quello che viene indicato come metodo induttivo: partire dal mondo nel quale viviamo, osservare ciò che lo caratterizza, essere aperti con benevolenza alle novità (da discernere, senza volerle respingere o accettare a priori), per capire quale sia l’orientamento della storia secondo la volontà di Dio. Questo discernimento ha luogo sotto l’azione dello Spirito, sorgente incessante di novità, di superamento, di rottura con il passato. Esso costituisce in qualche modo una forma di obbedienza alla parola di Gesù: “”E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” (Lc 12,57). Non si tratta di anticipazioni e di estrapolazioni, come si può fare oggi nelle previsioni sul futuro; ma di una particolare sintonia interiore da una parte con lo Spirito che ci abita, dall’altra con il popolo al quale si appartiene, per cui si cerca di comprendere ciò che è giusto pensare e si anticipano delle prospettive che alla lunga verranno riconosciute valide e che potranno essere fatte proprie da molti altri. L’obiettivo ultimo di questo discernimento è quello di aiutare a realizzare il regno di Dio. 4.2. - Criteri per il discernimento nella “riflessione sulla vita” Il discernimento deve essere compiuto innanzitutto in riferimento alla parola della Scrittura. Questa evidentemente non va letta in maniera fondamentalista (un determinato testo che offre una risposta immediata al problema proposto), ma tenendo conto di tutto l’insieme della Scrittura e della rivelazione e facendo riferimento al metodo storico –critico per la sua interpretazione. Nella tradizione della chiesa cattolica vi è inoltre un frequente riferimento ai ‘criteri’ da seguire per il discernimento: la verità, la serietà e utilità, una luce intellettuale particolare, discrezione e misura, umiltà, docilità, fiducia, spirito di pace, purezza d’intenzione, abbandono al Signore, forza nella debolezza... Fra questi criteri quello più importante deve essere ritrovato in riferimento a Gal 5,22. “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé...”. Lasciarsi guidare dallo Spirito (Gal 5,18) significa verificare in se stessi la presenza di questo frutto: qualora una scelta, una decisione, un comportamento, porta un tale frutto, colmandoci interiormente di gioia e di pace, possiamo essere sicuri di avere fatto la scelta giusta nella luce dello Spirito. Un altro criterio fondamentale è offerto comunque dalla comunione ecclesiale, dalla comunione fraterna: il discernimento non ci può portare a nessuna rottura e a nessuna contrapposizione, ma ci invita a restare nella comunione, in piena carità verso tutti. 4.3. - Coraggio e parresia nel discernimento attuato con la riflessione sulla vita Il discernimento non è comunque mai facile: ciò che appare costruttivo, può rivelarsi alla lunga distruttivo, e viceversa. Le vicende della vita sociale, economica, politica, dello stesso progresso scientifico e tecnico, ci mostrano come scelte che nell’immediato apparivano giuste e necessarie, alla lunga si sono rivelate errate. Per questo occorre cercare di essere lungimiranti, guardando al di là dell’immediato, e pronunciarsi con molta discrezione e umiltà. Questa discrezione ed umiltà eviterà di cadere in un atteggiamento autoritario e arrogante, caratterizzato dalla pretesa di avere sempre ragione. E’ il pericolo in cui cadono talvolta gli uomini che si credono “spirituali”14, quando applicano a se stessi, isolandola dal contesto e stravolgendola, la parola di Paolo: “L’uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno” (1 Cor 2,15). Nessun argomento dovrebbe essere escluso a priori, e anche i discernimenti in campo politico appaiono necessari e opportuni. Se tuttavia alla fine e nonostante tutta la prudenza lo Spirito sembra indicare strade inattese, occorre avere il coraggio di lasciarsi guidare dallo Spirito e di esprimersi con parresia, dopo avere attentamente cercato di capire se questa ispirazione può essere dettata da interesse o ambizione personale, oppure se è veramente frutto di ispirazione disinteressata. Particolarmente importante è l’impegno di attuare nel corso degli incontri tutte le fasi della riflessione sulla vita: sia la proposta dei problemi (molto importante perché un problema esposto ad alta voce può già in parte essere risolto), sia lo svisceramento del tema scelto (il ‘vedere’), sia la riflessione e il discernimento alla luce della Parola per comprendere la soluzione giusta da adottare (il ‘discernere’), sia infine anche il giungere a conclusioni concrete e operative (l’agire). La vita dei gruppi dipende in larga misura dalle decisioni concrete prese nella riunioni (impegni di servizio e di solidarietà, lettura della sacra scrittura, studio di determinati problemi, ecc.). Conclusione Se le riflessioni proposte in queste pagine sono esatte (e si chiede a tutti coloro che le leggono di proporre eventuali correzioni, integrazioni, sviluppi) ne emerge la piena attualità e il grande valore 14 Questo pericolo è diventato molto concreto nel monachesimo, soprattutto in Oriente. In occasione del concilio di Firenze, ma anche in molte altre occasioni, i monaci hanno imposto il loro punto di vista, che consideravano superiore a quello del concilio e del patriarca, quando spesso era solo il frutto di ignoranza e ristrettezza di vedute. della ‘riflessione sulla vita’, un metodo che ci consente anche di ricevere un ‘consiglio spirituale’ non da un singolo direttore di spirito ma da tutta una comunità. Questo metodo della ‘riflessione sulla vita’ è stato proposto nonostante la presenza nella chiesa di molte altre esperienze e metodologie simili. Non è una ‘revisione di vita’, non è il riprendere un testo prefissato per tutto l’anno o per un certo ciclo, e così via. La sua proposta viene fatta nella convinzione che esso possa essere più efficace per determinare un cambiamento di mentalità o di stile di vita, soprattutto se si arriva al termine di ogni riflessione a conclusioni pratiche ed effettive. Per non perdere quanto è stato acquisito attraverso la riflessione ogni gruppo dovrebbe tenere un diario, e le conclusioni raggiunte dovrebbero poter essere comunicate agli altri gruppi mediante un inserimento nel sito. Un mondo nuovo si è aperto davanti a noi. Questo è essere sale e lievito della terra, questo è corrispondere nello Spirito all’amoroso disegno di Dio sulla nostra chiesa e sulla nostra umanità, questo è sapere discernere i segni dei tempi e rendersi obbedienti alla volontà di Dio per il nostro tempo. Dopo avere riletto quanto espresso in queste pagine, ci pare di poterlo condividere? Quali punti non ci convincono o meritano di essere approfonditi? Cosa fare per rendere sempre più corrette e fedeli al progetto le nostre ‘riflessioni sulla vita’? scriveteci le vostre riflessioni in modo da pubblicarle sul sito o nella ‘lettera della fraternità’.