d-giussani (clero)
“QUESTA È LA VITA ETERNA”
Omilia del Vescovo per mons. Luigi Giussani
Novara, Cattedrale, 1 marzo 2005, “in die septima”
Saluto voi tutti. Celebro volentieri con voi la S. Messa “in die septima” per Mons.
Luigi Giussani. Mentre prego per lui, questo è un momento favorevole a ciascuno di voi
perché rinnoviate la disponibilità e la decisione di far fruttificare nel tempo, lungo tutta
la vostra vita, il dono di grazia che, attraverso di lui, il Signore ha fatto giungere al
vostro cuore.
Mi unisco a voi perché, là dove c’è un “carisma” dato dallo Spirito Santo, esso,
come ci ricorda l’apostolo Paolo, è dato “per il bene comune”, e cioè in favore del
cammino di tutta la Chiesa. Quando mi interrogo sugli aspetti fondamentali di questo
carisma, mi trovo a pensare che lo caratterizza in modo speciale la rilevanza, e anzi la
centralità, data al mistero dell’incarnazione: quell’avvenimento attraverso il quale, come
scrive Ireneo, Dio si è fatto partecipe di tutta la vita dell’uomo, tranne il peccato, perché
l’uomo partecipasse alla vita di Dio”. È questo pensiero che mi ha condotto a scegliere,
come letture di questa celebrazione, la prima pagina della prima lettera ai Corinti e un
passo del Vangelo secondo Giovanni al cap. 17.
1. Scrive l’apostolo Paolo:
“Voi siete in Cristo Gesù,
il quale per opera di Dio è diventato per noi
sapienza, giustizia, santificazione e redenzione
perché, come sta scritto:
Chi si vanta, si vanti nel Signore”.
Nulla di ciò che qui viene detto di Cristo e di ciò che egli ha fatto in nostro favore
sarebbe possibile alle sole nostre forze e alla nostra buona volontà.
È lui la sapienza, non noi. Senza di lui, che cosa sapremmo del senso della vita e
del destino dell’uomo? Ma, per grazia, noi siamo sapienti perché “abbiamo il pensiero
di Cristo”. È lui la giustizia e la santificazione per noi. Noi non siamo i salvatori di noi
stessi. Ma, grazie a lui, tutta la nostra vita viene salvata dall’amore di Dio che ci
protegge come il bambino non ancora nato è protetto e cresce nel grembo della madre.
È lui la nostra redenzione: siamo stati comprati a prezzo del suo prezioso sangue.
Davvero un caro prezzo. “Per le sue piaghe – scrive l’apostolo Pietro – siete stati
guariti”. Sono mille le schiavitù che ci possono incatenare. Cristo è il liberatore. Come
scrive Paolo ai Galati: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi”. E come dice
Agostino commentando la pagina delle tentazioni di Gesù nel deserto: “Egli ci ha come
trasfigurati in sé, quando volle essere tentato da Satana. In Cristo eri tentato anche tu. Se
siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo” (Ufficio delle
Letture, prima domenica di Quaresima).
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Persuaso che Cristo è per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione,
giustamente don Giussani non vi ha parlato altro che di Cristo. Proprio in questo modo,
a partire da questa profondità che vi ha parlato dell’uomo e del mistero di grazia che ne
costituisce la vocazione grande e vera.
2. Se poi ci soffermiamo sulla pagina del Vangelo secondo Giovanni, quella che
raccoglie il testamento di Gesù, non possiamo non leggere con stupore queste parole:
“Questa è la vita eterna:
che conoscano te, l’unico vero Dio,
e colui che hai mandato, Gesù Cristo”.
La rivelazione portata da Gesù illumina e rinnova il nostro sguardo sull’intera
esistenza. Permette di parlare non solo della vita, ma della “vita eterna”. Come diceva
S. Atanasio, per colui che è in Cristo Gesù, morto e risorto per noi, la morte “è come
una fogliolina secca sul fuoco”, e cioè nulla.
È ciò che Gesù lasciava intuire alla donna samaritana quando le diceva (e l’abbiamo
sentito nella liturgia di ieri, terza domenica di Quaresima): “Se tu conoscessi il dono di
Dio e chi è colui che ti dice; «Dammi da bere!», tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti
avrebbe dato acqua viva”. E aggiunge poi: “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non
avrà più sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui sorgente di acqua che
zampilla per la vita eterna”.
Gesù Cristo non soltanto ci disseta, ma diventa sorgente dentro di noi: una sorgente
che, essendo divina e frutto di amore, è inesauribile. Tutto questo, in germe, è già realtà.
Per noi la pienezza non c’è ancora, ma verrà. Don Giussani vi è già stato ammesso
insieme con Maria, gli apostoli, i martiri e tutti i santi. Ma a causa di ciò che già da ora
abbiamo ricevuto, noi possiamo dirci “beati”: uomini e donne che conoscono la felicità.
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Ieri la Liturgia delle Ore, nell’Ufficio delle Letture (terza settimana di Quaresima,
lunedì) ci proponeva una bellissima pagina di S. Basilio. Ho annotato alcune parole che
vi dono come consolazione in un momento nel quale non mancano tristezza e lacrime:
“La grandezza dell’uomo,
la sua gloria e la sua maestà
consistono nel conoscere
ciò che è veramente grande,
nell’attaccarsi ad esso
e nel chiedere la gloria dal Signore della gloria” (Omilia 20 sull’umiltà, cap.3).
Non è quello che vi ha insegnato don Giussani? Sia dunque gioia nel vostro cuore e
pienezza di speranza. Coraggio e gratitudine.
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