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Brano : Ab urbe condita IV, 40
Autore : Livio
Originale
[40] Iam eo fama pugnae adversae castrorumque desertorum perlata erat, et ante omnia deplorati erant
equites non privato magis quam publico luctu, Fabiusque consul terrore urbi quoque iniecto stationem ante
portas agebat, cum equites procul visi non sine terrore ab dubiis quinam essent, mox cogniti tantam ex metu
laetitiam fecere, ut clamor urbem peruaderet gratulantium saluos victoresque redisse equites, et ex maestis
paulo ante domibus quae conclamauerant suos, procurreretur in vias, pauidaeque matres ac coniuges,
oblitae prae gaudio decoris, obviam agmini occurrerent, in suos quaeque simul corpore atque animo, vix
prae gaudio compotes, effusae. Tribunis plebi qui M. Postumio et T. Quinctio diem dixerant, quod ad Veios
eorum opera male pugnatum esset, occasio visa est per recens odium Semproni consulis renouandae in eos
invidiae. Itaque advocata contione cum proditam Veiis rem publicam esse ab ducibus, proditum deinde, quia
illis impune fuerit, in Volscis ab consule exercitum, traditos ad caedem fortissimos equites, deserta foede
castra vociferati essent, C. Iunius, unus ex tribunis, Tempanium equitem vocari iussit coramque ei "Sex.
Tempani" inquit, "quaero de te arbitrerisne C. Sempronium consulem aut in tempore pugnam inisse aut
firmasse subsidiis aciem aut ullo boni consulis functum officio; et tune ipse, victis legionibus Romanis, tuo
consilio equitem ad pedes deduxeris restituerisque pugnam; excluso deinde ab acie nostra tibi atque
equitibus num aut consul ipse subuenerit aut miserit praesidium; postero denique die ecquid praesidii
usquam habueris, an tu cohorsque in castra vestra virtute perruperitis; ecquem in castris consulem, ecquem
exercitum inueneritis an deserta castra, relictos saucios milites. Haec pro virtute tua fideque, qua una hoc
bello res publica stetit, dicenda tibi sunt hodie; denique ubi C. Sempronius, ubi legiones nostrae sint;
desertus sis an deserueris consulem exercitumque; victi denique simus an vicerimus."
Traduzione
40 L? era gi? arrivata notizia della sconfitta e dell'abbandono dell'accampamento e, pi? di ogni altra cosa,
era stata accolta con manifestazioni di lutto pubblico e privato la perdita dei cavalieri. Il console Fabio,
siccome anche a Roma regnava la paura, stava di guardia alle porte; quando in lontananza furono avvistati i
cavalieri, ci fu un momento di panico perch? non si sapeva chi fossero. Ma appena furono riconosciuti,
trasformarono la paura in una gioia cos? grande che la citt? tutta si riemp? delle grida di chi esultava per il
ritorno dei cavalieri salvi e vittoriosi. E dalle case che poco prima in lutto avevano pianto la morte dei loro, la
gente si rivers? per le strade; le madri e le mogli trepidanti, dimentiche per la gioia del loro decoro, corsero
incontro allo squadrone e si abbandonarono, con l'anima e col corpo, nelle braccia dei congiunti, riuscendo a
stento a controllarsi per la felicit?. I tribuni della plebe, che avevano citato in giudizio Marco Postumio e Tito
Quinzio ritenendoli responsabili della sconfitta subita presso Veio, colsero al volo l'occasione del recente
risentimento nei confronti di Sempronio per rinfocolare l'odio della gente verso di loro. Cos?, convocata
l'assemblea, andavano proclamando che a Veio la repubblica era stata tradita dai suoi generali e che in
s?guito, visto che i generali non erano stati puniti, anche il console aveva tradito l'esercito, impegnato a
combattere coi Volsci, mentre gli eroici cavalieri erano stati esposti al massacro e l'accampamento
vergognosamente abbandonato. Allora Gaio Giunio ordin? di far chiamare il cavaliere Tempanio e, una volta
avutolo di fronte, gli disse: ?Sesto Tempanio, io ti chiedo se pensi che il console Sempronio sia entrato in
battaglia al momento opportuno, se abbia rinsaldato il suo schieramento con le riserve, e se abbia in qualche
modo adempiuto ai doveri di un buon console; se sei stato proprio tu che, quando le legioni romane erano
ormai vinte, di tua iniziativa hai appiedato i cavalieri e risollevato le sorti della battaglia. E poi, quando tu e i
tuoi cavalieri siete rimasti tagliati fuori dal resto delle nostre truppe, se il console ? intervenuto di persona in
vostro aiuto o se ha mandato rinforzi. E ancora, se il giorno successivo hai infine ricevuto qualche soccorso,
o se tu e la tua coorte vi siete aperti la strada verso il campo solo con il vostro valore. E se
nell'accampamento avete trovato traccia del console e dell'esercito, o soltanto soldati feriti abbandonati in
mezzo alla desolazione. Oggi devi dire queste cose, in nome del tuo coraggio e della tua lealt? grazie ai
quali soltanto in questa guerra la repubblica non ? crollata. Devi dire dove si trovano adesso Gaio
Sempronio e le nostre legioni, se sei stato abbandonato o se tu hai abbandonato il console e l'esercito; e
infine se siamo vinti o vincitori.?
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