Omelie per un anno - vol. 2
12ª Domenica del Tempo Ordinario
 Zc 12,10-11 - Guarderanno a colui che hanno trafitto.
 Dal Salmo 62 - Rit.: Ha sete di te, Signore, l’anima mia.
 Gal 3,26-29 - Quanti siete stati battezzati, vi siete rivestiti di
Cristo.
 Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Io vi ho chiamati amici, dice
il Signore, perché tutto ciò che ho udito dal Padre ve l’ho fatto
conoscere. Alleluia.
 Lc 9,18-24 - Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell’uomo deve molto
soffrire.
Chi è Gesù? chi siamo noi?
“Voi chi dite che io sia?”
Commentando il passo del Vangelo che viene proposto in questa
domenica, s. Ambrogio si domanda: “Se all’apostolo Paolo basta
Gesù, non saper altro che Cristo Gesù e questi crocifisso (1 Cor 2,2),
che cosa dovrei io desiderare di conoscere oltre Cristo?”. Domanda
attuale e urgente oggi come ai tempi di Ambrogio.
Il frate padre Mariano da Torino, che ricordiamo con ammirazione e
gratitudine per il dono della parola e per la splendida testimonianza di
fede e di amore, non si stancava di proporre questa domanda, titolo
di una sua rubrica alla televisione: “Chi è Gesù?”. Se a molti, divenuti
del tutto indifferenti al problema religioso (ma quanto è difficile
giudicare in proposito!) questa domanda non dice nulla, sono molti
quelli che se la pongono, e sono diverse le risposte che dànno, assai
più che quelle ricordate nel passo di Luca: “Per alcuni Giovanni il
Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto”.
L’importante è trovare la risposta vera, quella data da Pietro: “Il
Cristo di Dio”, integrata da tutto il Nuovo Testamento e dalla fede
della Chiesa. Dev’essere nostro impegno renderci questa risposta
sempre più chiara, con lo studio e la meditazione della Parola di Dio,
con l’ascolto di quanto c’insegna la Chiesa, con quell’incontro
personale con Cristo nella preghiera, soprattutto nell’Eucaristia, che ci
permette di entrare sempre di più nel suo mistero.
S. Agostino, commentando il salmo responsoriale, esorta: “Nel tuo
nome alzerò le mie mani. Leva dunque le mani nella preghiera! Ha
levato per noi il Signore le sue mani sulla croce; le sue mani si sono
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aperte per noi. Ma queste sue mani si aprirono sulla croce, affinché le
nostre fossero protese ad opere buone”. E ancora: “Ci sono infatti
alcuni che hanno sete, ma non di Dio. Chiunque vuole ottenere
qualcosa, brucia dal desiderio; tale desiderio è la sete dell’anima. E
vedete quanti desideri vi sono nel cuore degli uomini: uno desidera
l’oro, un altro desidera l’argento, un altro ancora desidera le
proprietà, un altro l’eredità, un altro denari in abbondanza, un altro
numerose greggi, un altro una casa grande, un altro la moglie, uno
gli onori terreni e un altro ancora dei figli. Voi sapete di questi
desideri e come essi sono nel cuore degli uomini. Tutti gli uomini
ardono dal desiderio: ma quanto è difficile trovare uno che dica: di te
l’anima mia ha avuto sete!”.
Dev’essere nostro impegno aiutare i fratelli, con la parola, con la
diffusione di libri e periodici, con l’uso dei mezzi di comunicazione
sociale, e soprattutto con la testimonianza della vita, a incontrarsi con
Cristo.
“Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto”
“Deve”: è un’espressione forte, sostenuta dal contesto del Vangelo di
Luca, che insiste sulla necessità della passione di Gesù nel disegno
divino di storia della salvezza. È il primo annunzio della passione,
primo sulla bocca di Gesù, perché i profeti l’avevano predetta
ripetutamente e largamente. La 1ª lettura riporta una profezia di
Zaccaria che verrà richiamata da Giovanni, al termine del racconto
della passione (Gv 19,37) e al principio dell’Apocalisse (1,7). “I
Giudei”, spiega s. Massimo, “trafiggono il Signore quando lo
coronano, lo trafiggono quando lo inchiodano alla croce. Perciò dice la
sacra Scrittura: “Guarderanno a colui che hanno trafitto””. La Chiesa
dedica un tempo apposito dell’anno liturgico al ricordo della passione
di Gesù, o meglio del mistero pasquale, che comprende la passione,
la morte e la risurrezione. Ma questo mistero è sempre presente alla
memoria dei credenti, che vedono in esso la sorgente della salvezza.
Il richiamo è particolarmente affidato alla pasqua settimanale di cui
parla il Concilio, alla domenica, nella quale la comunità “fa la
memoria della risurrezione del Signore... unitamente alla sua beata
passione” (Sacrosanctum Concilium, 102).
Ma quello che viene subito dopo nel Vangelo ci ammonisce che la
passione non può essere un episodio limitato alla vicenda di Gesù:
“Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la
sua croce ogni giorno e mi segua”. Parole dure, ma parole di Gesù. Il
salmista poneva la sua fiducia nell’aiuto di Dio: “Se penso a te che sei
stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali. A te si stringe
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l’anima mia e la forza della tua destra mi sostiene”. A maggior
ragione deve confidare il cristiano, che può ripetere con Paolo: “Tutto
posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13). Quello “spirito di grazia e di
consolazione” che il Signore promette di riversare “sopra la casa di
Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme”, lo riversa tanto più
abbondante su noi che siamo “figli di Dio per la fede in Cristo Gesù”,
che siamo “battezzati in Cristo... rivestiti di Cristo”.
“Tutti voi siete uno in Cristo Gesù”
“Battezzati in Cristo”, cioè, come spiega altrove Paolo, “battezzati
nella sua morte... sepolti insieme a lui nella morte, perché come
Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così
anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). La
realtà a cui ci richiama Paolo, che tutti siamo “figli di Dio”, che tutti
siamo “uno in Cristo Gesù”, che siamo “eredi secondo la promessa”,
ha la sua sorgente nel mistero pasquale. Motivo di gratitudine a
Cristo, che “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20), al
Padre che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”
(Gv 3,16). Richiamo e stimolo all’amore che deve unirci tutti, senza
distinzione di censo, di condizione sociale, di cultura.
Che cosa avviene in pratica? Troppo spesso, sotto altra forma, quello
che deplorava al suo tempo s. Massimo: “Ciò che più deve far pena è
questo, che un cristiano, divenuto ora padrone di un altro cristiano,
non ne abbia compassione e non voglia riflettere che, se quello per
condizione è schiavo, nell’ordine della grazia tuttavia gli è fratello;
anche lui infatti s’è rivestito di Cristo, partecipa agli stessi sacramenti,
è figlio come te dello stesso Dio Padre. Perché dunque non dovrebbe
essere trattato da te come fratello?”. Facciamo un esame di coscienza
e un deciso proposito di conversione, impegnandoci a vivere in
comunione sempre più piena di amore operoso e pronti a seguire
Gesù portando la nostra croce di ogni giorno.
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