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Brano : Ab urbe condita III, 19
Autore : Livio
Originale
[19] Pace parta, instare tum tribuni patribus, ut P. Valeri fidem exsoluerent, instare C. Claudio, ut collegae
deos manes fraude liberaret, agi de lege sineret. Consul antequam collegam sibi subrogasset negare
passurum agi de lege. Hae tenuere contentiones usque ad comitia consulis subrogandi. Decembri mense
summo patrum studio L. Quinctius Cincinnatus, pater Caesonis, consul creatur qui magistratum statim
occiperet. Perculsa erat plebes consulem habitura iratum, potentem fauore patrum, uirtute sua, tribus liberis,
quorum nemo Caesoni cedebat magnitudine animi, consilium et modum adhibendo ubi res posceret priores
erant. Is ut magistratum iniit, adsiduis contionibus pro tribunali non in plebe coercenda quam senatu
castigando uehementior fuit, cuius ordinis languore perpetui iam tribuni plebis, non ut in re publica populi
Romani sed ut in perdita domo lingua criminibusque regnarent: cum Caesone filio suo uirtutem, constantiam,
omnia iuuentutis belli domique decora pulsa ex urbe Romana et fugata esse; loquaces, seditiosos, semina
discordiarum, iterum ac tertium tribunos, pessimis artibus, regia licentia uiuere. 'Aulus' inquit, 'ille Verginius,
quia in Capitolio non fuit, minus supplicii quam Appius Herdonius meruit? Plus hercule aliquanto, qui uere
rem aestimare uelit. Herdonius, si nihil aliud, hostem se fatendo prope denuntiauit ut arma caperetis; hic
negando bellum esse arma uobis ademit nudosque seruis uestris et exsulibus obiecit. Et uos?C. Claudi pace
et P. Valeri mortui loquar?prius in cliuum Capitolinum signa intulistis quam hos hostes de foro tolleretis?
Pudet deorum hominumque. Cum hostes in arce, in Capitolio essent, exsulum et seruorum dux profanatis
omnibus in cella Iouis optimi maximi habitaret, Tusculi ante quam Romae sumpta sunt arma. In dubio fuit
utrum L. Mamilius, Tusculanus dux, an P. Valerius et C. Claudius consules Romanam arcem liberarent; et
qui ante Latinos ne pro se quidem ipsis, cum in finibus hostem haberent, attingere arma passi sumus, nunc,
nisi Latini sua sponte arma sumpsissent, capti et deleti eramus. Hoc est, tribuni, auxilium plebi ferre,
inermem eam hosti trucidandam obicere? Scilicet si quis uobis humillimus homo de uestra plebe, quam
partem uelut abruptam a cetero populo uestram patriam peculiaremque rem publicam fecistis, si quis ex his
domum suam obsessam a familia armata nuntiaret, ferendum auxilium putaretis: Iuppiter optimus maximus
exsulum atque seruorum saeptus armis nulla humana ope dignus erat? Et hi postulant, ut sacrosancti
habeantur, quibus ipsi di neque sacri neque sancti sunt? At enim, diuinis humanisque obruti sceleribus,
legem uos hoc anno perlaturos dictitatis. Tum hercule illo die quo ego consul sum creatus, male gesta res
publica est, peius multo quam cum P. Valerius consul periit,?si tuleritis. Iam primum omnium' inquit, 'Quirites,
in Volscos et Aequos mihi atque collegae legiones ducere in animo est. Nescio quo fato magis bellantes
quam pacati propitios habemus deos. Quantum periculum ab illis populis fuerit si Capitolium ab exsulibus
obsessum scissent, suspicari de praeterito quam re ipsa experiri est melius.'
Traduzione
19 Una volta ristabilita la pace, i tribuni cominciarono a incalzare i senatori chiedendo loro di mantenere la
promessa fatta da Publio Valerio. A Gaio Claudio rivolgevano invece l'invito a liberare gli d?i Mani del collega
dall'ombra dell'inganno, permettendo cos? di riavviare la discussione sulla legge. Ma il console replic? che
non avrebbe permesso di ricominciare il dibattito sulla legge fino a quando non gli fosse stato affiancato un
collega regolarmente eletto. Queste schermaglie tennero banco fino alle elezioni consolari. A dicembre,
grazie allo straordinario zelo dimostrato dai senatori, Lucio Quinzio Cincinnato, padre di Cesone, viene
nominato console ed entra immediatamente in carica. La plebe era spaventata all'idea di avere un console
accecato dal rancore nei suoi confronti, e oltretutto forte del favore senatoriale e del proprio valore, nonch?
di altri tre figli, nessuno dei quali era inferiore a Cesone per abnegazione e coraggio, ma tutti superiori a lui
nella capacit? di usare la moderazione e l'assennatezza nelle occasioni in cui erano necessarie. Appena
entrato in carica, Cincinnato non perdeva occasione di arringare la gente dai banchi del tribunale, e
mostrava nel reprimere la plebe un'energia pari a quella mostrata nel muovere aspre censure al senato. A
sua detta, proprio a causa dell'apatia dell'ordine senatoriale i tribuni della plebe esercitavano ormai una sorta
di tirannide permanente, a parole e con azioni nefaste, lecita in una casa privata ormai allo sfacelo, ma non
nella gestione degli affari del popolo romano. Con suo figlio Cesone, il coraggio, la forza e tutte le nobili
qualit? della giovent? in pace e in guerra erano state cacciate da Roma e messe in fuga. E invece, dei
parolai pronti solo a seminare zizzania e sedizioni erano stati eletti tribuni per una seconda e una terza volta
e vivevano con magnificenza regale, grazie alle loro pessime arti. ?Aulo Verginio,? disse, ?che sul
Campidoglio non c'era, meritava forse una punizione pi? lieve di quella toccata ad Appio Erdonio? Se si
considera attentamente l'andamento dei fatti, per Ercole, ne meriterebbe una molto pi? dura! Erdonio, se non
altro, professandosi nemico, in qualche modo vi intim? di prendere le armi. Costui invece, sostenendo che
non ci fosse una guerra in atto, vi tolse di mano le armi esponendovi inermi ai vostri schiavi e agli esuli. E
non ? forse vero - sia detto questo con buona pace di Gaio Claudio e del defunto Publio Valerio - che vi
buttaste all'attacco su per il Campidoglio prima di aver liberato il foro dai nemici? Una vergogna di fronte agli
d?i e agli uomini. Quando sulla cittadella e sul Campidoglio c'erano i nemici e il capo degli esuli e degli
schiavi si era installato, per colmo di profanazione, addirittura nei penetrali del tempio di Giove Ottimo
Massimo, i Tuscolani avevano preso le armi prima dei Romani. Quanto poi alla liberazione della cittadella, si
? arrivati a dubitare se essa vada attribuita a Lucio Mamilio comandante delle truppe di Tuscolo oppure ai
consoli Publio Valerio e Gaio Claudio. E noi che prima di quell'episodio non avevamo mai permesso ai Latini
di mettere le mani sulle armi, neppure in caso di autodifesa o di fronte a un'invasione nemica, in quel
frangente saremmo stati catturati e distrutti se i Latini non fossero intervenuti di loro spontanea volont?. Ma ?
questo, o tribuni, quello che voi chiamate soccorrere la plebe, e cio? consegnare della gente inerme in pasto
al nemico? ? ovvio che se il pi? insignificante membro della vostra plebe - cio? di quella porzione di
popolazione che voi avete trasformato in una vostra patria, in una cosa vostra, dopo averla sradicata dal
resto del popolo -, se uno di questi individui fosse venuto a riferirvi di avere la casa assediata dai propri
schiavi armati, voi vi sareste sentiti in dovere di intervenire in suo aiuto: ma Giove Ottimo Massimo assediato
da una banda armata di esuli e schiavi non meritava forse il soccorso degli uomini? E costoro pretendono
poi di essere considerati sacri e inviolabili, quando ai loro occhi neppure gli d?i in persona lo sono! E infatti,
pur essendovi macchiati di orrende colpe nei confronti di uomini e d?i, vi ostinate a ripetere che quest'anno
voi farete passare la legge. Ma, per Ercole, il giorno che sono stato eletto console diventer? una data
funesta per il paese, ancor pi? di quella in cui mor? il console Publio Valerio, se riuscirete a far passare la
legge! Prima di ogni altra cosa,? concluse, ?io e il mio collega abbiamo in mente di guidare le legioni contro
Volsci ed Equi. Non so per quale destino il favore degli d?i ci arride pi? quando siamo sul piede di guerra
che non in tempo di pace. Il pericolo che questi popoli avrebbero potuto rappresentare se fossero venuti a
sapere dell'assedio del Campidoglio da parte degli esuli ? meglio cercare di desumerlo dalle esperienze
passate piuttosto che sperimentarlo dal vivo.?
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