etica sociale i

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ETICA SOCIALE I
INTRODUZIONE
L’ etica sociale è una disciplina che appartiene alle scienze morali che stabilisce:
1. il comportamento etico tra le relazioni sociali
2. il fondamento etico agli ordinamenti giuridici e sociali
L’etica è una questione della modernità: nell’età classica e medioevale c’è un universo comune di
valori e una cosmologia unitaria; con l’affermarsi dell’individualismo questa unità viene a mancare;
da qui la necessità di dare un fondamento etico ai vari ordinamenti.
Il primo problema che ci si pone è legittimare la norma ( infatti mentre il comando morale parla a
me e a me solo pretende l’assolutezza, la norma giuridica può essere giudicata,quella etico morale
no). L’etica sociale inoltre, si sviluppa in relazione alla moderna separazione tra pubblico e privato
e dei concetti di sovranità e libertà.
Così con l’affermarsi dell’individualismo c’è la necessità di un’etica pubblica. Ambito
significativo di questa ricerca è il dibattito sulla libertà degli antichi a quella dei moderni, che
nell’epoca moderna comporta il confronto tra libertà formale(individuale) e libertà sostanziale
(sociale).Nel ‘900 con l’affermarsi dello stato sociale emerge e si sviluppa la democrazia attraverso
un’inclusione effettiva nei diritti di tutti i cittadini (tutti sono uguali con pari opportunità).
Oggi però assistiamo alla crisi del Welfare legata al diffondersi di etiche utilitaristiche e il ritorno
del naturalismo economico nell’età della globalizzazione e nella new economy, generando così la
crisi della democrazia e delle sue profonde radici etico sociali.
Alla fine dell’800 Dilthey tentò di definire i principi dell’etica sociale: egli parte dal presupposto
che, nella società, la legge giuridica o norma designa la qualità intesa come virtù, stabilendo ciò che
è “buono” e ciò che è “cattivo”. Ma nell’ambito dell’etica cosa si intende x buono o cattivo?
La vita assegna ad ogni individuo un compito da eseguire x cui il bene è virtù o morale.
E’ risaputo che la valutazione di un’azione si separa dalla considerazione delle sue conseguenze,
anche se resta legata al giudizio generale di tali conseguenze.
Vi sono modi d’agire e qualità che determinano una stretta connessione tra gli individui nel tutto
sociale. Tali qualità o modi d’agire, noi le indichiamo come virtù, buono , morale; e da ciò risulta la
chiara connessione tra coscienza e compiti reali della vita umana.
Da quanto affermato da Dilthey, emerge che l’etica sociale è una questione della modernità;infatti
la ricerca del fondamento etico dei comportamenti si rende necessaria quando viene a mancare una
cosmologia unitaria ed un universo comune di valori tipici dell’età classica e medioevale.
Infranto questo universo gerarchico e ordinato ci si avvia verso un’aperta competizione di
individualità spregiudicata.
Di etica sociale se ne occupò anche Piovani, il quale fa un’importante osservazione:”la nostra
civiltà non ha + nulla di unitario, non c’è + un’unica chiesa o un’unica religione. Occorre allora
sforzarsi nel tentativo di raggiungere una nuova armonia, x assicurare ovunque il rispetto dei diritti
d’ognuno, quei diritti che stanno alla base della natura umana (diritti naturali).
Alcuni studiosi come Vidal, preferiscono usare termini come etica civile, facendo riferimento nel
particolare al concetto di civitas e non di societas. Vidal ci riporta a 3 criteri:
1. l’etica sociale è la non aconfessionalità della vita sociale: infatti l’etica civile e la
aconfessionalità sociale sono 2 dimensioni opposte; aconfessionalità sociale, vuol dire
giustificare la realtà, considerando le persone credenti e le valutazioni dogmi.Al contrario
invece alla base dell’etica sociale c’è la laicità, come condizione indispensabile e la laicità
non è altro che razionalità e non aconfessionalità.
2. pluralismo dei progetti umani: è indispensabile correlare l’idea di etica civile con il
concetto di pluralismo morale; infatti il pluralismo morale esprime la maturità della libertà e
l’etica civile rende manifesta quell’unità. Ma la libertà è matura solo quando si realizza
nella ricerca del bene sociale e si parla di unità solo se si realizza un gioco libero e
democratico.quindi l’etica civile esprime la convergenza di + progetti umani di una società
libera e democratica.
3. possibilità teorica e pratica di un’etica laica: l’etica civile x definizione è basata sulla
razionalità umana, parte dalla condizione di accettare la razionalità condivisa, e rifiuta ogni
forma di intransigenza esclusivista.
In effetti con l’avvento della modernità, la garanzia di un universo morale gerarchicamente
ordinato, offerto dal giusnaturalismo, viene a mancare.
Il giusnaturalismo x molto tempo, come afferma Meinelle, aveva rappresentato la stella polare in
tutte le tempeste della storia (secondo il giusnaturalismo, la legge naturale è al di sopra di tutto).
Ad un certo punto però il giusnaturalismo, non è stato + in grado di contenere il germe di un’eterna
esigenza umana. Ma nonostante il fatto che l’individualismo ha rivendicato il ruolo dell’uomo
(l’individuo sta al centro di tutto), dice Mainelle, noi non possiamo fare a meno del giusnaturalismo,
che invece tuttora ha la sua efficacia.
Mainelle fu il primo ad avvertire questa grande crisi che attraversava tutta l’Europa, lacerata da anni
di guerra(1924), si delineavano sempre + stati di potenza, come la Germania di Weimar, e l’Unione
Sovietica della Nep. Regnava ovunque la menzogna e l’ipocrisia, a tal punto da pensare che l’idea
di una politica di potenza corrispondesse ad un concetto di moralità superiore.
Si sviluppò così un’etica di potenza, naturalistica e biologica.
Il giusnaturalismo di conseguenza non è + legge morale, x cui è solo un inutile richiamo ad un
imprecisato universalismo di valori.
All’indomani della tragedia dei totalitaristi e dopo l’olocausto, Meinecke sentì l’esigenza di
richiamare le funzioni e i limiti del diritto naturale, svelato come diritto razionale.
Come sappiamo sin dall’antichità l’atteggiamento giusnaturalistico del pensiero, dimostrava una
fede nell’immutabilità della natura e della ragione umana.
L’ignoranza e la passione umana, possono offuscare la ragione.Ma se la ragione è libera è capace di
trovare delle verità eterne, valori assoluti che corrispondono alla razionalità di tutto l’universo.
Se prima il giusnaturalismo assicurava un’unità morale e sociale, con il suo frantumarsi si apre una
realtà mobile e incerta. Con il pluralismo moderno si costituisce una cosmologia acosmica che non
combacia con la visione giusnaturalistico del mondo. Così nell’età dei grandi progressi della scienza
e dell’economia, l’etica stessa è assorbite da queste nuove incertezze.
Importante da ricordare è l’articolo pubblicato nel 1924 da Husserl, il quale richiamava
l’individualismo moderno, affinché non intaccasse i riferimenti degli organismi collettivi etici, che
garantiscono ogni condizione di libertà e di giustizia.
Husserl distingue l’etica pura da quella umana: l’etica pura è la scienza dell’essenza e delle varie
forme possibili di una tale vita nella pura generalità; l’etica umana empirica, unica invece ad
adeguare le norme dell’etica pura all’empirico, si da diventare guida x l’uomo terreno nelle
condizioni date. Ma l’etica non è la semplice morale che regola la buona condotta pratica dell’uomo
in nome dell’idea dell’amore x il prossimo.
La filosofia morale è solo una parte dell’etica. Ma l’etica è ben altro: è la scienza che abbraccia
l’intera vita attiva di una soggettività razionale dal punto di vista della ragione che regola tale vita.
Per cui etica e scienza della ragion pratica diventano concetti equivalenti.
Ma l’etica non è solo l’individuale, ma anche etica sociale.
E’ necessaria un’etica di comunità, di una comunità universale chiamata Umanità . Tra le varie
umanità abbiamo quella europea ed occidentale. (umanità equivale ad unità di cultura).
Ma cos’è la cultura? E’ l’insieme delle azioni messe in atto da uomini accomunati nelle loro
abituali attività. Con la cultura si genera una forma costante di accomunamento tra i vari uomini.
Ma la comunità è una soggettività personale che lega + teste tra di loro.
Le singole persone rappresentano i membri di una comunità che tra loro danno vita ad atti sociali
che uniscono una persona con l’altra (x Husserl quindi etica sociale è etica comunitaria).
Anche Troeltsch tentò di definire l’etica sociale, accentuando il carattere storicistico della morale
della vita sociale. Egli disse:”all’etica sociale appartengono tutte le determinazioni della morale
della solidarietà, in cui la coscienza naturale dei gruppi si trasforma in un abbandono fondato
moralmente su una totalità morale”.
Questa totalità (il ceto, la nazione, la famiglia, la stirpe), non è il semplice risultato del sangue o
della natura, ma questa totalità e percepita come una comunità del dovere nei valori etici.
Il gruppo si trasforma in comunità spirituale/morale attraverso l’unione e l’intreccio dei suoi
componenti. E i componenti della comunità devono sentire la dedizione come un dovere, in cui il
singolo supera se stesso, fino a sacrificarsi x la totalità in caso necessario.Ma in che cosa consistono
i valori etici del gruppo?E’ questo il problema che ci si pone e che porta a formare nuove domande
etiche. E’ opportuno sapere che attuare la regolazione morale è cosa molto complessa, così come la
moralizzazione dei gruppi è + difficile di quelle di ogni singolo individuo. Ma le esigenze che
emergono sono uguali, si tratti di giustizia e bontà, educazione,rispetto e promozione.
X cui nella comunità umana, i gruppi nazionali sono collegati tra loro moralmente e sono tra loro
sintonizzati.È questo il concetto morale o l’ideale di umanità.
C’è così un ritorno alle dottrine dell’umanità, dell’amore del prossimo, dei diritti umani e della
giustizia internazionale. Lo stoicismo ha allargato i confini dell’etica, così che la sfera morale si
costituisce di esigenze universalmente valide.
In tempi + recenti,alla ricerca di una teoria etico-sociale, capace di creare un equilibrio tra opzioni
morali individuali e azione sociale collettiva, Jonas e Dahrendorf espressero la necessità di una
dimensione etica sovraindividuale.
Jonas in particolare, critica l’imperativo categorico kantiano, rimproverandogli gli obblighi di
reciprocità tra gli esseri umani, su cui si fonda il dovere dell’uno verso l’altro.
Jonas all’imperativo categorico, contrappone l’etica della responsabilità (etica della non-reciprocità)
ponendo al centro il problema della prevedibilità degli effetti dell’azione umana, proponendo una
concezione basata sul primato del bene sul giusto, rifiutando la legge di Hure.
X meglio definire il tema della responsabilità x Jonas analizziamo un suo testo: un’importante
compito educativo è quello di fondare un sentimento per l’umanità, un sentimento però dettato dalla
ragione.La causa sopranazionale dell’umanità deve essere considerata la cosa + importante; questa
condizione però non deve essere imposta con la forza, altrimenti ci manderebbe in rovina.
Come sappiamo, secondo l’insegnamento biblico, l’uomo è stato creato a “immagine di Dio”, ma da
un punto di vista biologico, la specie umana è una specie come le altre, che può anche rischiare di
estinguersi. Ma l’uomo ha fatto tanto e non va bene se la specie umana si estingue.
E’ giusto verificare, come dice Shopenauer,lo “scellerato ottimismo”, ma non è neanche giusto
accettare uno scellerato fatalismo o pessimismo, x il quale molti stanno lì senza far nulla.
Noi tutti dobbiamo sapere che l’uomo deve essere.
Ma per fare ciò occorre un rinnovato sapere dell’essenza dell’uomo che promuove un’esigenza di
solidarietà tra gli uomini e in particolare di spingere gli uomini a guardare un futuro + lontano della
specie. Si potrebbe così annoverare tra i valori del mondo del domani, la metafisica.
Anche Dharendorf, pose attenzione sul fatto che l’etica sociale deve cogliere gli aspetti della vita
legati da relazioni sociali, istituzioni, valori che danno senso all’azione umana.
X Dharendorf la vera forza è saper accettare la libertà altrui.non può esserci convivenza tra un
privato (famiglia) e pubblico (professione).
Analizzando attraverso un testo il suo pensiero: bisogna creare nuove legature e rifondare la società.
Di fronte a questa ricerca troviamo da un lato, i promotori dell’etica sociale che cercano le
“legature”, x sostituire i valori negativi della rivalità e della cupidigia; altri invece (i nuovi
conservatori), combinano i valori classici del successo e della competizione, con le vecchie legature
della famiglia, della chiesa e della nazione. Il risultato di questa ricerca resta molto incerto.
Ci ritroviamo così di fronte ad un’etica della fraternità “che tende a prendere il posto di ogni altra
cosa”. Il nodo dell’edificazione della società moderna attraverso il patto che riesca a garantire
libertà individuale e sicurezza insieme, continua a costituire il tormentato oggetto della riflessione
etica-sociale. Successivamente Taylor pose grande attenzione sulla positivizzazione della legge
naturale, definendola condizione necessaria x realizzare l’identità moderna, x cui l’individuo non
risulta + essere affidato alla legge naturale, quanto al diritto naturale, ossia il diritto soggettivo (che
accoglie l’individuo come pieno soggetto di diritto e lo rimette a determinare quelle condizioni nelle
quali si genera la norma), assegnando così un nuovo significato al diritto e alla legge positiva.
Ma in realtà, qual è la sostanziale differenza tra legge naturale e diritto naturale?Non obbligano ad
entrambi di fare o non fare qualcosa? Ma qui bisogna fare un po’ d ’attenzione: la differenza non sta
in ciò che viene vietato, ma sta nella posizione del soggetto.
La legge può assicurare il rispetto della mia vita, ma fondamentalmente io sono sotto la legge.
Quindi mentre il giusnaturalismo sta alla base della legge di natura o diritto naturale, il diritto
positivo o soggettivo esprime l’idea di libertà individuale (individualismo).
X cui la legalità è la condizione necessaria x la libertà dell’individuo, che si afferma come soggetto
di diritti (diritti che vengono rinunciati o rivendicati).
Alcuni autori come Rawls, Haberras e Taylor, vedono il principio di neutralità dello stato, come
unica soluzione di conflitti, attraverso il legittimo esercizio del potere.
CAP.II -Tra diritto e morale:la lotta contro l’arbitrio
Nella celeberrima opera il “Lievitano”, Hobbes osserva lo”stato di natura”, privo a suo parere di
alcun riferimento alla legge morale. X Hobbes non esiste né il fine ultimo dell’uomo, ne il bene
supremo di cui parlavano gli antichi moralisti.
La vera felicità non esiste, ma si riduce ad una continua ricerca x questo o quell’oggetto, e si passa
da un desiderio all’altro; l’uomo quindi, fino alla morte ha sempre desiderio di acquisire spazi di
potere. Lo stato di libertà dell’individuo che si tramuta in condizione di insicurezza, fa si che
l’uomo oscilli tra la condizione di oppressore e quella di oppresso; da qui la necessità di una tutela
della libertà del singolo attraverso il diritto.
Con la modernità, di conseguenza, c’è stata la perdita di un contesto capace e in grado di assicurare
principi etici universalmente validi. L’uomo moderno si ritrova a vivere nell’incertezza e nella
paura, da qui l’esigenza di nuovi riferimenti etici e normativi.
L’uomo vive in un’insopportabile stato di insicurezza a causa della sua condizione ferina( c’è
nell’uomo qualcosa di animalesco e razionale;Vico lo definisce il “bestione”; Hobbes lo definisce
“il lupo”; proprio x questo è necessario fondare la vita sociale su basi + nuove e + certe.
Nell’epoca moderna ci si pone il problema di legittimare la norma(e chi la emana).
Un altro problema nasce dalla coesistenza tra libertà individuale e limiti imposti dall’ordinamento
collettivo: da qui la necessità di sviluppare un’etica sociale, e separare ciò che appartiene alla sfera
del pubblico e ciò che fa parte del privato.
La centralità dell’individuo nella società moderna impone così una definizione di un’etica civile e
pubblica a causa di una pluralità di ordinamento che necessitano di una configurazione di sovranità
e dei loro limiti( xò deve accadere che il comando della legge risulti oppressivo x l’individuo).
Facendo riferimento a questo carattere del diritto moderno,Walzer definisce la figura del critico
sociale come colui che continuamente deve verificare se le norme comuni rispondono ai principi
etici. X realizzare una buona giustizia, è opportuno indagare le leggi nelle sue motivazioni.
Ma il diritto non esiste al di fuori del mondo concreto e storico, quindi bisogna esaminare il
rapporto tra idea di giustizia e caratteristiche che essa assume in relazione alla ragione che l’ ha
generato. Bisogna quindi chiedersi:
1. x quale motivo assoggettarsi al comando?
2. xkè bisogna rinunciare alla libertà individuale x sottoporsi invece al duro limite delle regole
comuni?
3. è necessario accettare l’obbedienza alla legge?
La vita sociale vive in eterno conflitto, in una esausta “lotta x il diritto” (c’è un evidente pericolo:il
diritto rischia di diventare strumento di arbitrio).
A tal proposito Walzer dice: dato che la morale è cosa + generica del diritto, la questione morale
viene posta, di solito, in termini + generali rispetto alla questione giuridica.
La morale stabilisce quelle proibizioni fondamentali, che il diritto specifica.
Queste proibizioni corrispondono alle preoccupazioni di ogni comunità locale.
Le proibizioni fondamentali sono una sorta di codice morale universale, si tratta di scoperte o
invenzioni filosofiche(sono i prodotti di un parlante).
Walzer dice:”non basta che io sia cosciente delle proibizioni x avere un’esperienza morale, ma ho
bisogno di giudizio”. Si tratta di proibizioni che emergono dopo anni, da esperienze ed errori e dalle
conoscenze parziali ed incerte di + parlanti.
Le proibizioni sono necessarie x determinare la forma di una morale sviluppata, formando quasi
un’infrastruttura x una possibile vita morale.
Ma x ottenere una cultura morale, con propri valori e giudizi,è necessario che le conoscenze si
solidificano e le conversazioni tra parlanti diventino continue.
Da questo codice minimo, non si può dedurre una cultura morale o un sistema giuridico.queste
culture sono specificazioni ed elaborazioni del codice (variazioni su di esso).
Attraverso le specificazioni, che hanno un carattere plurale, la comprensione della morale e del
diritto, non risulta + singola, ma ampia e varia.
La questione morale ha una forma generale dato che si riferisce sia al codice minimo, sia ai
significati sociali; invece la questione giuridica è + specifica, dato che si riferisce solo ai significati
sociali stabiliti dalla legge. Per cui noi possiamo inventare e scoprire una morale nuova e
sviluppata. Ma sia l’invenzione che la scoperta non provocano nessuna chiusura: vi è un loro
fallimento xkè vi è un rifiuto di possibili invenzioni o scoperte;inoltre come dice una massima:”ogni
scoperta o invenzione richiede un’interpretazione”. Ma l’interpretazione è la forma familiare della
discussione morale. Da non dimenticare che nella storia ci sono state invenzioni e scoperte cruciali:
nuovi mondi, la forza di gravità…Queste scoperte hanno trasformato il nostro modo di vivere e
pensare;però le trasformazioni avvengono con molta rapidità.
Emerge la necessità di ridefinire la relazione che intercorre tra legge morale e norma giuridica.
Spesso molti atteggiamenti illegali,secondo molti analisti sociali, sono attribuibili a cause di disagio
economico-sociale o ambientale, escludendo ogni implicazione etica.
La spiegazione socio-ambientale(che deriva dal positivismo), ritiene di avere certamente la
soluzione del problema. X cui secondo questa impostazione, ogni violenza è motivata da una
carenza, sia essa ambientale o economica, scaricando così sul comportamento della situazione la
responsabilità dell’intervento.
In realtà l’illegalità si riproduce in ambienti non classificabili da quelli degradati o marginali sotto
il profilo socio-economico. Anzi la presenza di una semplice rete di luoghi sociali(centri come
scuole,palestre, attività di socializzazione che migliorano i livelli di convivenza),di certo non
risolvono con la loro solo presenza, il problema di per sé.
Importante sapere che la legalità,rappresenta nell’età moderna il principio di garanzia e
salvaguardia dell’individuo.
Lo stato di diritto rappresenta l’esito di un processo storico fondato sul principio di uguaglianza e
sull’affermazione di una regola comune, che attraverso la formazione dello stato nazionale, giunge
al consolidamento dei diritti fondamentali fondati su una legalità, non separabile dalla fondazione
universalistica della norma. E’ importante sapere che l’assenza di legalità, impedisce che si
realizzano quelle condizioni che consentano l’instaurarsi di regole di giustizia.
“La via educativa comporta il primato della vita morale, x cui la spiegazione sociale richiede
sempre + la considerazione delle motivazioni morali in vista dell’assoggettamento delle pulsioni e
della competitività che ogni società del consumo, finisce x favorire”
La relazione tra diritto e morale nell’etica moderna presenta inediti aspetti, e a tal proposito,
Habermas nota che: stabilire quanto o in che misura una norma sia realmente motivata è cosa
difficile;inoltre le difficoltà derivano dall’applicare nel reale,regole spesso astratte rispetto a
situazioni complesse.Dovunque vi sono problemi e conflitti che richiedono decisioni univoche e
tempestive;per cui tocca alle norme giuridiche assorbire quelle incertezze e quei rischi che
interesserebbero qualora le faccende fossero rimaste ad un controllo semplicemente morale.
X Habermas la morale è interiorizzata, non è una norma,la morale è intima e oggettiva, così la
morale si introduce nel cuore del diritto.
L’obbligatorietà affettiva del rispetto della norma si ha solo se acquisiamo obbligatorietà giuridica
della stessa (così sapendo che tutti gli altri si devono comportare alla stessa maniera, allora e solo
allora noi obbediremmo alla norma).
Quindi quando parliamo di legge, dobbiamo ricordare la sua capacità a compensare le debolezze
tipiche della morale autonoma; solo così potremo meglio capire le caratteristiche del diritto
positivo. Il diritto positivo, deve la convenzionalità dei suoi lineamenti, al fatto che viene posto in
essere da una decisione del legislatore politico e può essere modificato a piacere.
Infatti mentre le norme morali sono dei fini di x sé,le norme giuridiche sono dei mezzi x realizzare
scopi politici. Quindi le norme giuridiche a differenza della morale, non esistono solo x comporre
dei conflitti d’azione, ma anche x attivare politicamente dei programmi.
Il diritto è a metà strada tra politica e morale. La questione circa la legittimità della legalità ha
finora spinto il tema”diritto e morale”. A noi interessa affrontare l’intreccio strutturale che si è
venuto a determinare tra morale e diritto. L amorale si introduce nel cuore del diritto positivo, senza
però annullarsi: abbiamo così diritto procedurale da un lato, e dall’altro morale proceduralizzata che
si controllano a vicenda.
Ma quanto detto non basta, dal momento che il diritto positivo può rivestirsi della stessa sostanza
dell’arbitrio, come dimostra la storia dell’assolutismo.Non a caso le caratteristiche dello statonazione sono state a lungo analizzate ed hanno costituito l’oggetto di studio privilegiato da parte
della scienza politica a partire da Macchiavelli. Lo stato con la sua formazione, emanava un senso
di sovranità, di garanzia dell’autorità della legge, ma deve anche l’idea di oppressione.
Infatti negli ultimi 2 o 3 secoli, l’occidente è vissuto in uno stato di equilibrio stupefacente tra 2
minacce: quello del dispotismo dello stato e quella della dissoluzione del legame sociale.
Lo stato moderno nato tra il 500 e l’800 è di per sé una forma di organizzazione della tutela delle
classi dominanti rispetto alla società.
L’età moderna è stata caratterizzata da una forte lotta al dispotismo, intesa come tentativo di
dissolvere lo stato e le autorità che nutrono il diritto.
In realtà lo stato aveva tentato di monopolizzare l’autorità, ponendosi come la sola autorità del
mondo concreto. L’attacco all’autorità dello stato si è rilevato come un vero attacco all’autorità pura
e semplice, come se l’autorità in se x se si identificasse con quella versione storica che lo stato le
aveva dato. X cui l’ordine giuridico, viene reso legittimo, non solo dall’esercizio della sovranità, ma
dall’autorità, il cui valore di verità non è assicurato.
Così la questione del fondamento etico percorre l’intero mondo moderno e genera la crisi
dell’Ancieme Regime e all’avvento dei regimi costituzionali.
La figura storica dello stato si pone così come un ostacolo al riconoscimento del principio di
autorità.La continua rilevanza dei poteri economici è temperata proprio dall’azione politica e dallo
sforzo che essa compie x ricondurre l’economia nei limiti previsti dal patto associativo. Il diritto,
espressione della forza, viene temperato dalla ricerca dei principi della legittimità dell’autorità nella
libertà. Secondo Capograssi, nacque qui l’effettiva individuazione della persona quale fonte e
condizione legittima dell’autorità :”il diritto è la persona”.
L’autorità che si pone come regola di vita, è contenuta nella verità. Ogni volta che la volontà attua
nella vita questa regola,, ha in se la ragione, è questa l’autorità in atto.
L’individuo che concepisce il dovere di rispettare la legge morale e pretende che la legge morale sia
rispettata a suo favore, solo in quell’istante realizza l’autorità, ha sicurezza di autorità, dato che la
verità assoluta si realizza x mezzo dell’affermazione personale dell’uomo.
L’autorità è universalità, ma l’errore è stato fatto xkè, si è considerati l’universalità nel suo senso
esteriore. Invece l’universalità dell’autorità è di ordine interiore e spirituale, in quanto dipende
dall’universalità della verità che contiene.
La radice di ogni individuo, sta nella verità assoluta dalla quale nasce la legge fondamentale su cui
il diritto della persona è fondato.
Dunque il fondamento di ogni autorità è prima di tutto l’autorità essenziale della verità, e poi in
pratica l’autorità dell’uomo, che ha in se l’autorità della sua natura e il diritto che nasce dalla sua
essenza razionale. Senza queste autorità tutte le altre sono inconcepibili.
Purtroppo nell’epoca moderna si è radicata una mostruosa opinione “il diritto è creazione dello
stato”, per cui se aboliamo l’autorità, aboliamo il diritto.
Tutto ciò ha comportato che la crisi profonda di autorità sia stata risolta sostituendola con la
legittimazione “dell’opinione dei + numerosi” o con la convinzione che acquistino validità i
comportamenti + diffusi, solo x il fatto che lo siano, escludendo ogni considerazione valoriale.
Si sviluppa così un’educazione alla legalità intesa come verità del diritto x colmare almeno gli
effetti + visibili di una carenza formativa dell’ethos comune.
La funzione civile dell’etica è rilevante x la comparsa storica del moderno contrattualismo.
Piovani ha cercato di ricostruire la storia tormentata del contratto sociale:
il contrattualismo moderno è l’espressione insita nell’essere dell’uomo: il contratto sociale è lo
strumento attraverso cui gli individui vogliono cercare di stare insieme, senza però sacrificare la
loro indipendenza. Gli individui preoccupati del loro denso di abbandono x una inesperta
autonomia, trovano così una grande sicurezza nel contratto sociale.
Come sappiamo la forma principale dell’ideologia contrattualistica è “generale pacetum societas” di
Agostino,poi si sviluppa durante il Medioevo fino a delinearsi nell’epoca moderna.
Durante il Medioevo, l’affermarsi del contratto sociale recide i legami con i precedenti
giusnaturalistico x ricostruire un ordine completamente opposto a quello antico giusnaturalistico.
Tuttavia si ha una completa fiducia nella figura di Dio della “religio regis”.
Nell’epoca moderna anche questa fiducia viene a mancare, non c’è + nessuna garanzia di carattere
religioso, x questo viene richiesta una garanzia politica. Infatti il vero garante dal contratto stipulato
dal contrattualismo moderno è lo stato.
Certamente il precursore e teorico dello stato moderno è Hobbes, il quale x vincere la paura degli
umani, pensa e mira alla realizzazione di uno stato tanto forte da incutere la maggior paura
possibile: è questo secondo Hobbes l’unico fondamento ammissibile del diritto.
Ma un contratto che agisce solo attraverso la forza dello stato, non realizza i desideri del
contrattualismo dato che minaccia di mettere gli individui alla mercé dello stato. L’individuo si
sente creatore dello stato stesso,che è nato x garantire quel patto che non può + garantire all’uomo
moderno. X le sue funzioni lo stato è designato come Dio mortale e apparizione di Dio nel mondo.
In una coesistenza assicurata da un contratto, i diritti naturali (ossia diritti x i quali ogni uomo è x
natura titolare), non sono armonizzati.
Manca così una forza morale capace di garantire l’osservanza del patto sociale:c’è solo una forza
politica, quale quella dello stato, che non solo si sente di dare un contenuto etico, ma spesso si sente
invitato ad essere depositario di una sua eticità. Lo stato moderno rischia di compiere un
errore:scambiare l’eticità del suo saper essere Stato, con una pretesa sovra personale a divenire stato
etico. Ma il fenomeno + vasto che tocca il cuore della sovranità moderna è il disagio degli individui
che si sentono impari ai terribili doveri della loro affermata indipendenza, e per questo da un lato
tentano di consolidarla e afferrarla, dall’altro sono sempre ansiosi di costituire legami che li
vincolano. Il problema della coesistenza della libertà è visto come essenziale all’esistenza stessa
della libertà. Da ciò deriva la tendenza a legare i liberi ad ogni costo, anche a costo della libertà:è
questo il circolo vorticoso, entro cui si ritrova l’etica moderna.
Lo strumento contrattuale pur se affidato nelle mani dei prepotenti dello stato,può rimanere
strumento politico di politica convivenza liberamente convenuta(il patto è accordo tra i cittadini che
vogliono veder garantite le loro libertà politiche).
Qualsiasi siano le critiche rosse, l’idea del contratto può servire come causa della libertà degli
individui:anche se il contratto garantito dallo stato trasforma e deforma se medesimo, lo stato
garante può essere impegnato dal suo consacrare un libero accordo(da cui trae il suo potere) e può
essere obbligato ad assicurare il normale funzionamento del garantismo costituzionale.
Quindi il patto sociale garantito dallo stato, equivale alla Costituzione.
I diritti naturali sono i diritti soggettivi pubblici riconosciuti costituzionalmente al cittadino.
Il pensiero politico dell’800 e del 900 e le maggiori teorie costituzionalistiche considerano la
questione suddetta in specifici termini:lo stato è garante della libertà, è un’entità creata da uomini
fragili che meglio agiranno, quanto + restringeranno i poteri statali entro limiti chiaramente
controllabili, predisponendo opportuni sistemi di equilibrio e controllo,favorendo le varie forze
operanti nello stato. In questa versione i “diritti naturali”,divenuti diritti soggettivi costituzionali
garantiti, non sono assicurati dal meccanismo di nessun congegno naturale.
X la teoria moderna, il punto d’arrivo dei diritti naturali è: prima della storiografia, la storia ha
registrato la logica interna di questo itinerario.
Le dichiarazioni dei diritti, le carte costituzionali sono piene di spunti “giusnaturalistici” e di
rivendicazioni di diritti naturali che si realizzano storicizzandosi in articoli costituzionali.
Nel 1948, + stati hanno riconosciuto il valore basilare dei diritti umani positivizzatisi, così anche un
diritto internazionale. La positivizzazione è il destino dei diritti naturali moderni.
L’essere naturale dei diritti naturali è essere nella storia.
L’uomo deve sapere che bisogna agire nella consapevolezza che agire in questo modo vuol dire
afferrare positivamente la giuridicità di quei diritti(senza questo, l’uomo può incontrare + pericoli,
come il disprezzo,l’avvilimento).
Cessata ormai la sicurezza del mondo medioevale(che era assicurato dall’intervento della volontà
divina), non può essere che aleatoria, sempre esposta a cadute e ricadute.
La dottrina giusnaturalistica moderna, intesa come dottrina dei diritti naturali, deve sopportare il
rischio di questa alea.E’ una condizione malsicura, che non promette e non da all’uomo felicità, se
non la felicità del dovere e del lavoro,liberamente compiuti.
L’uomo libero che vive nella sua storia, vive in un mondo di uomini, privo di determinatezze sicure
e definitive di un mondo alleato ad una natura governata universalmente dall’aiuto.
CAP III -Etica e politica
La storia della civiltà(in particolare dell’occidente)si è caratterizzata come storia della conquista
della libertà e di quelle forme politico sociali nelle quali la libertà può essere garantita a tutti.
Possiamo così ricordare che la libertà dei moderni si afferma e si caratterizza come tale se coniuga
nella politica la tutela della sfera privata e individuale, attraverso regole collettive.
Su queste basi è cresciuto lo stato democratico e costituzionale, anche se ha conosciuto momenti
tormentati nel ’900 a causa dell’oppressione totalitaria. La relazione tra etica e politica risulta
sempre + difficile e complessa;inoltre la possibilità x la democrazia di riuscire a dare regole alla
vita economica e sociale appare ormai messa in discussione.
Max Weber (scomparso prima della stagione dei totalitaristi) ci ha lasciato una significativa
riflessione tra etica e politica,di tipo così semplice e importante x proseguire il nostro itinerario.
Dice Weber:”Qual è il rapporto reale tra etica e politica? “Sono davvero estranee l’una dall’altra, o
viceversa, la medesima etica vale x l’azione politica? “ .
La lotta da sempre è pura lotta,ma se osserviamo l’etica del sermone della montagna,allora le cose
cambiano. Si tratta di un’etica assoluta propria del Vangelo;il suo significato è tutto o nulla.
Così x esempio,se noi consideriamo la parabola del giovane ricco(il quale se ne andò tristemente
xkè possedeva già molte ricchezze)il precetto evangelico è preciso e incondizionato.
Un politico invece che osserva questa situazione,dirà che una pretesa del genere è socialmente
assurda. Prendiamo in esame il comando”poni l’altra guancia”: si tratta di un comando
incondizionato, che viene dato senza domandare all’altro quale diritto abbia questo di colpire;x
accettare questo comando bisogna essere santo in tutto,come Gesù e solo allora quell’etica ha un
senso e una dignità.In effetti se x l’etica dell’amore si comanda”non resistere al male con la
violenza”, viceversa il precetto che vale x il politico è”devi resistere al male con la violenza”.
Chi vuole agire secondo l’etica del Vangelo, si deve x coerenza, astenersi dagli scioperi e non
parlare di rivoluzione se pacifista che agisce secondo il Vangelo,rifiuterà di prendere le armi,
oppure le getterà via come dimostrò la Germania,ritenendolo un dovere morale,allo scopo di po fine
alla guerra. Inoltre la guerra è sempre proficua x i vincitori;finita la guerra si passa al momento
della verità( x l’etica assoluta il dovere della verità,è un dovere incondizionato).
Ma mentre l’etica assoluta senza preoccuparsi delle conseguenze,esprime il dovere della verità,la
politica non lo fa. Ogni agire in senso etico può oscillare tra 2 massime opposte e diverse:
1. il nostro agire può essere orientato secondo l’etica della convinzione
2. il nostro agire può essere orientato secondo l’etica della responsabilità.
L’etica della convinzione coincide con la mancanza di responsabilità e l’etica della responsabilità
con la mancanza di convinzione. X l’etica della convinzione, il cristiano opera da giusto e rimette
l’esito nelle mani di Dio;x l’etica della responsabilità,bisogna invece rispondere delle conseguenze
delle proprie azioni,che se sono cattive,né sarà responsabile il mondo o la volontà divina che li ha
creati tali. Chi ragiona invece secondo l’etica della responsabilità,tiene conto di quei difetti presenti
nella media degli uomini;egli non si sente in grado di attribuire ad altri conseguenze della propria
azione,fin dove poteva prevederla.
L’uomo morale,secondo l’etica della convinzione,si sente “responsabile” solo quanto al dover di
tenere accesa la fiamma della convinzione pura,lo scopo delle sue azioni irrazionali e ravvivarla
continuamente. Ma è mio sapere che nessuna etica può determinare quando e in che misura lo scopo
veramente buono “giustifichi” i mezzi e le conseguenze morali pericolose.
X Weber l’etica e la politica non sono né la stessa cosa, ne sono totalmente estranee.
X la politica il mezzo decisivo è la forza:da qui già emerge il rapporto conflittuale tra mezzi e fini e
x meglio capirlo citiamo il caso dei socialisti rivoluzionari:il loro principio di base si potrebbe così
formulare:se ci si pone l’alternativa di scegliere tra qualche anno di guerra e la rivoluzione,oppure
subito la pace e nessuna rivoluzione,noi(i socialisti rivoluzionari) sceglieremo qualche anno di
guerra. Ponendo poi un’ulteriore domanda:2quali risultati potrà portare questa rivoluzione?” Ogni
socialista risponderà:”questo passaggio porterà alla formazione di una nuova economia borghese
che sarebbe stata in grado dio eliminare gli elementi feudali e i rischi dinastici.
Nella politica si apre un confronto continuo tra libertà formale e sostanziale.
La democrazia intesa come progressiva inclusione nei diritti,appare inquieta al cospetto della
possibilità che l’etica stessa sia negletta: incombe la minaccia della”liquidazione” delle ragioni etico
sociali della comunità,attraverso una concezione puramente quantitativa della democrazia.
L’età contemporanea ha sviluppato la convinzione che il modello democratico costituisce
l’obiettivo storico della moderna società,dato che solo la democrazia è in grado di assicurare le
regole della convivenza,dando il principio di fondamento x la maggioranza.
L’equivalenza tra democrazia e maggioranza ha garantito il riconoscimento dell’eguaglianza come
fondamento essenziale della società. La democrazia è una garanzia contro gli autoritarismi sociali e
dittature politiche. L’uguaglianza che si manifesta nell’opinione della maggioranza e nel voto
elettorale che la esprime,impedisce le oppressive dittature.
Spesso le comunità internazionali hanno discusso nei confronti di scelte politiche interne di alcuni
stati democratici, dando vita x esempio,in scelte elettorali,la formazione di governi di destra estrema
e antidemocratica. L’atteggiamento sanzionato viene giustificato:emerge spesso un’incompatibilità
tra decisioni interne,principi e orientamenti antitotalitari.
Il principio della democrazia non si mostra + affidabile dato che si basa su criteri puramente
quantitativi,ma purtroppo il principio di democrazia è bisognoso di fondamenti etici,gli unici in
grado di far corrispondere le libere scelte elettorali a quel principio.Spesso invece accade che
l’opinione dei “+” è fonte indiscussa della norma fino ad orientare gli indirizzi politici.
Varie sono le contraddizioni visibili nelle vicende della democrazia contemporanea;x fare un
esempio,basti pensare alla diffusione della pena di morte,applicata nonostante proteste mondiali.
In questo caso tale comportamento è sostenuto dal volere della maggioranza elettorale.
Bisognava dunque attendere che l’opinione dei + cambi x creare una norma che vieti la pena di
morte. Tocqueville è stato uno dei pochi ad individuare questa”insidia nella democrazia moderna
ed espresse il suo pensiero nel libro intitolato”Democrazia in America” dove si diceva:è mai
possibile che la maggioranza del popolo abbia il diritto di fare tutto?Ma cos’è la maggioranza se
non tanti individui con proprie opinioni e spesso interessi contrari?.
Altra critica viene mossa al criterio della volontà generale di Reausseau evolutosi tragicamente
verso lo stato etico. Spesso molti paesi protetti dallo scudo della sovranità nazionale,hanno usato la
forza senza imporre alla violenza nessun limite.
La cosiddetta”interferenza umana” è stata resa possibile grazie ad un nuovo principio secondo cui ci
sono confini etico sociali insuperabili in nome dei diritti dell’umanità.
Lo “Jus naturale” non può essere ignorato da nessuna maggioranza,dato che una legge non è certo
resa legittima solo perché ci sia una maggioranza pronta ad accoglierla.
Agli ordinamenti giuridici si sostituisce un “vonos” sopranazionale determinato dal nuovo ordine
economico globale. Il sentimento del “giusto”non è certamente il vonos globale, che invece è il
frutto della forza applicata su scala internazionale, in virtù della quale forza sono nati i diritti
individuali ed imperfetti.
Si sviluppa una nuova lex naturalis che vede i diritti dell’umanità solo entro meccanismi meccanici
economici che li producono(è questa la lex mercatoria; viene così a mancare un’etica capace di
scindere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto).
La “libertà da” concepita come libertà politica x eccellenza, è la libertà nata con la liberazione
dagli stati assoluti da ogni autoritarismo, con il desiderio di costituzione.
Oggi la libertà politica appare conquistata definitivamente e non contestata neppure da chi la nega
di fatto. “la libertà di” costituita dalla libertà di intraprendere relazioni,libertà di porre in atto ogni
comportamento atto a soddisfare la volontà individuale,appare molto + significativa nel
costituzionalismo americano e anglosassone che quello europeo, che invece apprezza di + la libertà
politica. Ma x cogliere la vera grande distinzione sul tema della libertà,bisogna fare una differenza
tra libertà formale e sostanziale:
1. la libertà formale costituisce la libertà apparente offerta a tutti, una realtà esercitatile solo
da pochi in possesso di mezzi materiali x realizzare questo tipo di libertà, richiede dalla
collettività(dallo stato) un’attività di regolamentazione,riducendo al minimo le funzioni
pubbliche(stato minimo);
2. la libertà sostanziale chiama in causa la comunità organizzata affinché realizzi libertà
sostanziali ed assicurate grazie ad uno sforzo comune, richiede un impegno di solidarietà e
di attrazione ai fini sociali(stato sociale).
Le libertà formali sono garantite a tutti egualmente,ma se tali libertà non sono accompagnate da
libertà sostanziali,allora le libertà formali finiscono x essere mere possibilità capaci di costruire solo
il quadro entro cui la libertà deve diventare un diritto effettivamente esercitato.
Ma cos’è che rende sostanziale la libertà? E’ la trasformazione del diritto in libertà.
Lo stato realizza i suoi fini solo se tutela le varie realtà sociali. La questione etica,finisce x essere un
problema centrale della democrazia,la quale xò secondo molti filosofi e politici,sarebbe realizzabile
solo affidando alla ragione le regole della convivenza sociale.
Wieviorka dice:osserviamo le condizioni necessarie x una democratizzazione della vita sociale e il
buon funzionamento della democrazia. Le minoranze costituiscono la somma della volontà altrui,le
cui scelte non sono egoistiche. Alcuni come Habermas, ci parlano di etica “della discussione”, altri
si interessano solo del contenuto della democrazia deliberativa,altri dicono di ispirarsi alla filosofia
di Dewey. Ma è possibile evitare gli abusi delle leggi dei grandi numeri,la tirannia della
maggioranza? Si è proprio sicuri che all’interno di un’assemblea ci sono tutti i punti di vista rispetto
ad un problema affrontato?
C’è ed è evidente uno sforzo filosofico di conciliare una morale precedente alla deliberazione
democratica,ed un’altra morale cha accorda con il primato della democrazia.
Ma in realtà il principio della deliberazione democratica non può essere ricondotta a valori
evidenziati solo x appoggiare un orientamento di tipo comunitario.
Un’etica comunitaria si può costruire solo rinunciando ai valori oggettivi e cercando di conseguire
la linea del giusto e anche del bene, attraverso una continua trattativa.
Il primato dell’economia che ormai domina in + recenti orientamenti della vita pubblica, ha favorito
l’ascesa verso il “trattativismo normativo”.
L’economia è giunta ad indirizzare la decisione politica, fino a portare all’affermazione di un’etica
del consumismo,intesa come criterio e dovere dell’azione del governo. Queste condizioni vengono
sempre + assicurate dal processo di globalizzazione economica.
Un osservatore,George Soros, ha ammesso che il rapporto tra capitalismo e democrazia è tutt’altro
che automatico. I regimi repressivi non rinunciano al potere e spesso godono della complicità di
interessi privati e nazionali,specie in paesi dove sono in palio risorse come il petrolio e i diamanti.
Il capitalismo dunque crea ricchezza,ma non da garanzia del rispetto della libertà,di democrazia e
dello stato di diritto. Gli interessi personali non bastano a proteggere lo stesso mercato:i partecipanti
sono in competizione x vincere. Eppure un simile modello deve essere come unico criterio della
norma e delle relazioni sociali,l’interesse individuale non corrisponde certamente alla tutela della
legalità. Es. x un modello simile,il contrabbando potrebbe xfino non essere catalogato come
illegalità. Lo stesso Soros ha affermato che: “compito tradizionale dello stato nazionale era
difendere l’interesse comune. Ma con l’espansione dei mercati globali,i poteri statali si sono ridotti
di molto. Oggi la capitale,può evitare stati che impongono tasse e regolamentazioni e i governi
vanno incontro alle sue richieste.
La libera concorrenza produce + ricchezza,ma la globalizzazione impedisce agli stati di abusare del
proprio potere,offrendo però un livello di libertà che nessuno può garantire.
La globalizzazione presenta le sue contraddizioni:i mercati finanziari sono instabili, la libera
concorrenza crea disuguaglianze;gli interessi collettivi, il rispetto dei diritti umani, la protezione
ambientale, sono tenuti in scarsa considerazione. Tutto è apparso con l’homo aeconomicus che ha
ritenuto di trovare ogni soluzione nell’affermare gli interessi particolari liberamente, con il solo
limite della salvaguardia degli interessi reciproci.
Il destino dei + deboli non è affidato al riconoscimento pubblico dei diritti fondamentali e
sociali,ma alla pura salvaguardia dell’ordine sociale che scaturisce dalla libera competizione priva
di svincoli(un tempo tale tutela derivava dal principio di uguaglianza).
La crisi dello stato e della sua sovranità ha riprodotto le condizioni x il superamento delle quali la
modernità ha riprodotto le condizioni x il superamento delle quali la modernità aveva edificato lo
stato. Baumann fa riferimento alla condizione dell’insicurezza dell’uomo contemporaneo che
accompagna il “bellum omnium contra omnes”che lega l’uomo moderno.
Baumann da una sua versione dello stato attuale di natura:nell’ambiente sociale, uomini e
donne,vivono in una grande incertezza e paura. Non ci sono regole precise da seguire,ma si va
avanti come meglio si può. Le pene e i mali di molti individui restano li da parte dato che nessuno
innalza una causa comune,in modo da unire le forze ed andare avanti.
Il declino della comunità è un fenomeno che si autoalimenta;+ i legami umani si spezzano,e + non
c’è nessuno a fermare la loro disintegrazione. L’uomo solo e dolorante, combatte, ma la salvezza è
qualcosa di già svanito. C’è così un evidente contrasto celato nel rapporto pubblico privato.
Il lungo cammino che ha condotto la civiltà etico politica e giuridica ad introdurre la tutela pubblica
dell’interesse singolare (attraverso la specificazione del bene) e dell’interesse generale,appare ormai
giunta al suo epilogo; la nostra civiltà si ritrova davanti a tanti pericoli e insidie,pericoli causati
dalla libertà della volontà particolare che sostituisce l’onnipotenza degli interessi particolari di
fronte alla volontà generale.
La democrazia sembra essere giunta davanti ad un bivio:nella società è inevitabile la formazione di
una maggioranza di fronte a singoli temi;il criterio di utilità che emerge impone alle scelte sociali e
legislative di limitarsi a registrare la somma delle singole volontà.
Data questa impostazione si nota come una comunità internazionale possa sia negare legittimità ai
governi che sono frutto della libera volontà di un popolo,sia esercitare pressioni nei confronti di
legislazioni favorevoli la pena capitale.
Secondo Habermas, l’ignoranza umanitaria,nella sovranità nazionale,accresce il voto di legittimità.
Habermas vuole affermare il maggiore significato dell’ordine giuridico rispetto a quello morale. E
porta l’attenzione sui diritti fondamentali, ma alla fine, finisce x delegittimare la stessa politica dei
diritti umani,accusata di mascherare azioni di polizia, fatte x imporre guerre che finiscono x
assumere perfino una valenza morale.
CAP. IV –La questione dei diritti fondamentali
Nel 900 si sviluppa una questione importante:quella dei diritti fondamentali.
Come sappiamo la dichiarazione dei diritti degli uomini,realizzata nel 1948,rappresenta un atto che
configura un modello seguito anche successivamente(si tratta dell’affermazione di diritti che sono
tali a prescindere che lo stato li riconosca o meno).
La dichiarazione dei diritti non è una semplice carta,ma rappresenta un passaggio epocale
(l’umanità sente l’esigenza di difendersi).
Come sappiamo il rapporto etica/politica,si svolge nello stato,che però perde sempre + la sua
consistenza,e ciò avviene durante l’emergere del fenomeno”globalizzazione”:si determina la crisi
delle sovranità nazionali,x cui la sovranità dello stesso stato viene delimitata;di conseguenza
l’orizzonte ove si esercita la politica non è + lo stato.
La modernità non solo ha rotto gli schemi del giusnaturalismo,ma ha dato vita ad un pluralismo
politico e culturale:si afferma così il principio della molteplicità degli orientamenti giuridici.
Ma se il senso di sovranità dello stato è ormai nullo,quali norme potranno vigere in queste
condizioni e chi le determinerà? Così la globalizzazione ha posto un enorme problema riguardo le
norme.Nel 900 il rapporto etica/politica viene ripensato:si positivizzano i diritti naturali.
Resosi conto di questa situazione, Messner, pubblicò l’opera “Social Ethis”.
In quest’opera egli affronta i nodi che,dopo il processo di Norimberga e con l’istauratosi della
guerra fredda,si ponevano intorno all’umanità (ricordiamo che il processo di Norimberga è il
tribunale istituito dagli alleati x giudicare i crimini di guerra).
I diritti che riguardano la libertà sociale vengono chiamati, nell’epoca moderna, diritti dell’uomo:si
tratta di diritti propri dell’uomo,fondati nella sua dignità personale:tali principi appartengono al
diritto naturale primario. Così dopo Norimberga vengono poste le prime questioni relative al
fondamento etico del comando giuridico.
Perché questa esigenza? Xkè come ricorderemo,il XX secolo fu caratterizzato da spietati
stermini,dall’olocausto alla strage di Hirishima.
Si sentì l’esigenza di richiamare i principi giusnaturalistici,affinché si potessero stabilire norme
etiche valide universalmente(che andavano al di là della sovranità nazionale),in modo da garantire
all’umanità,la possibilità di non partecipare + ad uno squallore nato dalle tragedie e dagli stermini.
Nel 1974, Piovani,ricordò a tutti che negli anni delle 2 guerre,si era sviluppato un tema di
fondo”esistono valori non caduchi x cui valga la pena battersi”. Ormai l’umanità nella seconda metà
del 900,lacerata e disillusa,si affidò,all’indomani del processo di Norimberga, alla “Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo”.
Capograssi, in quegli stessi anni,ebbe una pressione:l’imminente crisi che il diritto introduceva
nella vita dello stato moderno. Dice Capograssi: l’uomo ormai è privo di diritti, rappresenta e agisce
con forza,x cui lo stato,che è la mia casa,diventa ormai il mio + grande nemico”nemico dei propri
sudditi”. Ovunque c’è miseria, certezza, irrequietudine,pericolo;l’uomo ha + aspirazioni, nascono +
conflitti e questioni e tutto ciò porta allo sviluppo di focolai di guerra ovunque nel mondo.
Dice Capograssi:gli stati sono chiamati a rispondere della violazione del diritto di ciascun essere
umano,in nome di un principio di sovranità superiore.
Al riguardo,Meinecke, alla fine della I guerra mondiale,cerca di trarre un po’ le conclusioni e
dice:l’uomo deve tendere tanto + al senso di responsabilità verso lo stato,tanto + la civiltà moderna
si mostra terribile e pericolosa.
Ormai la fase storica caratterizzata dalle sovranità nazionali e dalla difficile ricerca di un equilibrio
tra autorità e libertà,sembra ormai tramontata.
Alain Touraine,ha tentato di descrivere il lungo itinerario che ha portato all’estensione del Welfare
State in quasi tutta l’Europa occidentale,nel dopoguerra.
Dice Touraine: grazie ad una serie di mutamenti(New Deal,il Fronte popolare francese,la
democrazia industriale),gli stati hanno creato un equilibrio tra libertà in espansione e giustizia (x cui
la ricchezza va distribuita);c’è così un’energica azione anticatastrofe,che spesso colpiscono le
popolazioni:dalle malattie agli infortuni(è di questo che si occupa anche lo stato sociale).
Inoltre i legami sociali stanno alla base della convivenza,ma nella società di massa ormai,il
contratto sociale non riesce a dare nessuna garanzia e nessuna tutela all’individuo.
Le norme, di conseguenza, necessitano di un orientamento etico comune, e di una tutela giuridica
dei principi individuati.
Robert Bellah, in questa direzione, fa una riflessione,mettendo in luce che ci può essere
salvaguardia dei diritti individuali solo prendiamo in esame il valore solidaristico (la solidarietà),
che come sappiamo,assume la tutela sulle comunità + deboli. Con l’avvento della globalizzazione e
il declino della sovranità nazionale,il concetto fondamentale dell’eguaglianza, è di conseguenza
entrato in crisi. La crisi della democrazia si rileva come crisi del Welfare.
Come sappiamo nel 900,lo stato sociale ha rappresentato il punto di equilibrio essenziale della
democrazia e del processo di inclusione affettiva nei diritti di tutti i cittadini, e perfino,lo stato
sociale considerava legittimo il principio della superiorità etica. Con la crisi del criterio sociale,la
diffusione di etiche utilitaristiche e il ritorno ad un naturalismo economico,nell’età della
globalizzazione e della new economy,si è generata una forte crisi della democrazia e delle sue radici
etico sociali. Queste trasformazioni(la crisi della democrazia e del welfare) hanno alterato il
significato dell’etica pubblica,x cui il cittadino non è + stimolato a compiere i propri doveri, né ad
esercitare i propri diritti. La democrazia viene così sostituita da una tecnocrazia di mercato.
L’uomo politico rinuncia ad ogni considerazione etica e l’efficienza resta l’unico valore
universalmente riconosciuto. Così mentre lo stato e la stessa società si erano sviluppati attraverso
l’affermazione dei diritti e dei principi sociali, la modernità pone fine al criterio sociale.
Le differenze sociali, che una volta rappresentavano i fini generali x richiamare la giustizia sociale,
ora diventano pure constatazioni sociologiche e particolari. Così nella seconda metà del 900, la
democrazia va in crisi di pari passo con il Welfare:si assiste così ad una marginalizzazione delle
politiche pubbliche sociali. In particolare nella società si crea una lacerazione tra la società degli
inclusi(coloro che ritengono di appartenervi anche x brevi periodi) e la società degli esclusi. Lo
sviluppo del mercato globale a portato la società a considerare un unico punto di riferimento:il
consumo.La grande questione del I decennio del III millennio,appare così l’esclusione sociale.
Con la perdita della sovranità nazionale,entra in crisi il significato vero del diritto,quale regolatore
dell’agire umano.
Latouche, al riguardo dice:la caduta del vincolo sociale, equivale alla fine della ragione etica del
mondo sociale. La morale ormai, è solo un’ipocrita facciata,non + una realtà sentita.
I diritti sociali fanno parte dei diritti fondamentali e vengono garantiti dall’azione pubblica;il tema
dei diritti sociali,ha rappresentato lo sforzo concreto fatto dello stato,nel 900, x assicurare a
ciascuno i diritti soggettivi fondamentali.
Achille Ardirò, al riguardo, ci ha ricordato che bisogna considerare il servizio sociale, pura
espressione dell’eguaglianza dei cittadini, che sta alla base dello stato democratico costituzionale.
La povertà non è una condizione assoluta, ma è una condizione relativa, che chiama in causa le
relazioni gerarchiche di superiorità e inferiorità. Lo stato moderno si tramuta in stato sociale,quando
ai diritti di I generazione,si accompagnano quelli di II generazione, ossia i diritti sociali che sono
diritti fondamentali x assicurare il contenuto sostanziale della libertà.
Durante il 900,tutto ciò ha portato un’acuta riflessione etico/politica sullo stato e sulla nazione,da
Macchiavelli ad Hobbes. Già Hobbes aveva ricordato le condizioni dell’uomo moderno come
Homo Aeconomicus,un uomo mosso da qualcosa x possedere sempre qualcos’altro (pronto x questo
xfino ad uccidere). Già Montesquie aveva avvertito che:il commercio porta la pace e migliora le
relazioni. Nonostante ciò però, dice Montesquie,il commercio stabilisce le “consuetudines”,ma di
certo,non migliora gli uomini moralmente.
Dice Latouche: oggi le leggi della competizione e le leggi dell’economia sono divenute leggi
politiche. È cosa certa che l’occidente,negli ultimi 2 o 3 secoli, è vissuto in uno stato di equilibrio
tra 2 minacce: il dispotismo dello stato e la dissoluzione del legame sociale.
Nonostante ciò, contro il mostro dello stato nazione, si è posta la vitalità dello stato
civile,rappresentato dall’azione di associazioni e sindacati.
Nel 1913, Sombart,cogliendo i temi della trasformazione dell’etica moderna,rivolge la sua
attenzione all’ideale,cioè quei valori fondamentali verso cui tende l’uomo economico moderno.
L’uomo con i suoi sbagli e le sue esigenze, non è + la “misura di tutte le cose”, è stato messo da
parte,sostituito dal senso del guadagno e dell’affare.
Da ciò emerge che la mondializzazione di certo non è portatrice di eguaglianza e né dei diritti
fondamentali;inoltra la mondializzazione si completa con l’economizzazione (ossia ridurre tutto a
questioni economiche,ogni cosa non è un bene, ma una merce).
Con la globalizzazione,di certo non sono stati affermati valori universali,come la democrazia, i
diritti dell’uomo, la fraternità. Oggi c’è la mercificazione del corpo(basti pensare al trapianto degli
organi che nasconde un giro di denaro). Oggi la scienza si ritiene perfino in grado di definire i
confini della vita e della morte.
Wilhelm Dreir parla di etica scientifica;egli afferma che l’etica si è economicizzata, bisogna quindi
rimuovere il suo senso e indirizzare l’etica sociale verso nuove vie, attraverso cui realizzare una
vera convivenza sociale. Così all’indomani dei progressi nella scienza medica e biotecnologia, si
rileva sempre + un’indifferenza x la vita umana che, invece, ne dovrebbe rappresentarne il fine.
Così la new economy,non solo modifica l’assetto del mercato in termini finanziari,ma modifica il
ruolo dell’economia e della libertà derivante da questa.
CAP V- Il principio d’eguaglianza
Con l’aumento della modernità, si affermava la centralità dell’uomo-individuo,ma nonostante ciò,il
principio dell’uguaglianza che sta alla base della libertà di ognuno,resta non ancora realizzato.
La scienza con i suoi numerosi sviluppi e le sue numerose scoperte(dalla scissione dell’atomo alla
creazione di varie forme di energia),non si è posta limite nella sua ricerca.
È questo il caso di Oppenheimer che,lavorando sull’atomo,sviluppò e creò la bomba atomica.
Ma ben presto egli si rese conto del danno che aveva recato all’umanità denunciando il progresso
della scienza che, al contrario,non reca progresso all’umanità.
Lo stato,è questa la critica mossa,non pone alcun limite etico alla scienza che invece,opera
indisturbata. Così indebolita la sovranità statale e afferratasi un processo di economicizzazione,le
ragioni dell’eguaglianza si sono trascurate.Nella modernità il trionfo del soggetto si consolida come
trionfo dell’egoismo. Nasce in questo periodo, un aspro dibattito tra liberali e comunitaristi.
I liberali(universalisti),sono coloro che intendono superare la volontà dello stato.
I comunitaristi sono a favore del bene della comunità.
A tal proposito ricordiamo Latouche che dice: in assenza di altre forme di organizzazione sociale,lo
stato nazione, risulta l’unico modo x esprimere un’esistenza collettiva. Nonostante ciò, il
nazionalismo si restringe a dimensioni di comunità omogenea, entro la quale si sviluppano le
aspirazioni comunitarie ed identitarie.
Oggi ancora di +, si sviluppa un relativismo culturale ed etico.
L’entità rappresentata dal giusnaturalismo teologico,viene sostituito da un giusnaturalismo che
assicura solo, e di + non può fare,la sopravvivenza dell’uomo. L’uomo sente di vivere immerso in
un villaggio globale,un mondo che offre straordinarie possibilità della comunicazione, che però
presenta non poche illusioni. Tutto ciò ha aumentato la dimensione di appartenenza di ognuno alla
propria comunità statale,generando un processo di mondializzazione della cittadinanza,così il
cosmopolitismo diviene la dimensione essenziale della vita comune.
Eppure tale processo rischia di svelarsi illusorio,finendo così x racchiudere gli individui in gruppi
sempre + ristretti (così ogni individuo sente di appartenere ad un gruppo comune x 3 fattori eguali
condivisi:società,etnia,lingua).
Così, la globalizzazione ha realizzato solo un’unica dimensione,quale quella comunicativa;x il resto
non c’è x niente unità,non ci sono valori comuni o un’unica morale.
Tra i maggiori comunitaristi,ricordiamo Selznick che esprime una riflessione x meglio farli
comprendere la distinzione tra liberal universalisti e liberal comunitaristi.
Se noi prendiamo in esame il discorso di Gettysburg (che Lincol pronunciò x abolire la schiavitù) o
la Dichiarazione di Indipendenza di Jefferson (uno dei padri della nazione americana, che nel ’76
dichiarò l’indipendenza dell’Inghilterra) il senso di eguaglianza coincide con l’eguaglianza morale.
X l’eguaglianza morale, tutti gli uomini hanno lo stesso intrinseco valore.
Infatti apparentemente tutti gli uomini sono diversi tra di loro (magari x il loro contributo sociale),
ma in realtà tutti hanno lo stesso valore.
Ogni uomo è un attore che promuove un’azione,ma è un attore morale responsabile(ciò è quello che
avviene in età adulta). E indipendentemente dall’età,ogni persona è oggetto di considerazione
morale. Questa idea non è né liberale né moderna,ma ha le sue radici + profonde nel mondo
religioso. Con la modernità si ha una concezione laica della responsabilità (ogni individuo deve
essere pienamente responsabile). La dottrina laica dell’eguaglianza morale, è diventata una potente
arma contro quei principi che presuppongono forme di gerarchia sociali.
Dando forza a questo ideale, il liberalismo ha dato il suo massimo contributo alla causa di umanità.
Ma questione complessa è la connessione tra eguaglianza morale e eguaglianza sociale(o
giuridica). L’eguaglianza x l’assistenza sanitaria non è certo regolata da un’etica morale, ma da
un’etica sociale (ossia attraverso una legge).
Ma come si passa da un’etica morale ad un’etica sociale? Che problema è affrontato dal
liberalismo? Il liberalismo classico parlava solo di eguaglianza morale,escludendo quella sociale.
Anatole France dice: lo stato afferma che siamo tutti uguali, ma si tratta di un vero paradosso.
Inoltre si è creata una differenza nel modo di concepire il liberalismo nel contesto americano e in
quello europeo. Infatti in america il New Deal di Roosvelt, ha rappresentato un fatto decisivo che ha
portato a riconoscere la povertà e la disoccupazione, esigendo e richiamando una responsabilità
collettiva. Il liberalismo popolare è arrivata a pensare che ogni tipo di privilegio offende sia la
dignità del soggetto come persona che l’eguaglianza morale. Sono questi i liberal universalisti che
vengono accusati di astrazione + totale(loro non fanno riferimento ad una comunità).
Spesso in molte questioni,come l’educazione separate tra ragazzi e ragazze,c’è la realizzazione di
situazioni ingiustificate. Così i liberal universalisti finiscono con il fare peggio e danneggiare il
soggetto. Gli stati e la comunità locali vengono limitati nelle scelte. Si ha così un passaggio troppo
semplice dall’eguaglianza morale all’autonomia morale (ognuno ha una morale a proprio uso e
consumo). C’è così un relativismo morale. Il rischio dei comunisti, però è che l’individuo diviene
soltanto all’interno della propria comunità a causa anche di pregiudizi.
John Rowls, liberale universalista x eccellenza, dice: quello che appare accomunarci salta.
Con il liberalismo universale,l’unità massima porta la massima differenza(caos).
Ma grazie al principio della differenza, io uomo rivendico i miei diritti,ma non in nome
dell’umanità,ma in nome della diversità. L’eguaglianza morale prevede il rispetto della diversità.
X capire meglio facciamo un esempio: dare una reazione di cibo eguale x tutti, non vuol dire
eguaglianza,poiché noi non siamo uguali:sarebbe una disuguaglianza.
Così i liberal universalisti rifiutano l’etnocentrismo ( x etnocentrismo intendeva porre al centro la
propria cultura e giudicare tutto secondo la mia cultura).
Così gli universalisti affermavano la supremazia dei diritti umanitari fondamentali.
Riconoscere inoltre l’eguaglianza morale richiede il rispetto della diversità. Ma quando ci viene
detto che, x esempio, l’assimilazione culturale equivale ad un genocidio,allora abbiamo il dovere di
protestare con la forza. Tutto ciò ha portato una frammentazione in quell’unità che chiamano
comunità. I comunitaristi si distinguono dagli universalisti xkè parlano di grandi comunità o gruppi
che hanno il diritto di essere rispettate. I comunitaristi, valorizzavano la loro cultura, ma in virtù
della storia. Quindi io posso migliorarmi con il susseguirsi della storia,rivendicando i miei usi e
costumi. Di fronte al susseguirsi della storia, io ho l’obbligo di una morale,adattandomi alla società
in cui vivo, senza però trascurare la mia cultura e la mia identità.
Bernard Williams, ispirato a Kant (ogni uomo merita eguale rispetto in quanto agente morale),
ritiene che tutti gli esseri umani sono eguali in relazione alla capacità di darsi degli obiettivi.
Nagel pone l’eguaglianza economica come elemento base dell’eguaglianza,che distribuisce
egualmente i beni,in base alle necessità individuali più urgenti.
Arneson concepisce l’eguaglianza come eguali possibilità offerte x raggiungere il soddisfacimento
delle proprie preferenze. X lui la differenza tra vantaggio e vantaggio,si annullava con il concetto di
responsabilità. Così dopo un lungo percorso storico,si assiste alla dissoluzione di principi etici
universali a causa proprio del relativismo culturale.
Abou si occupa del tema del principio di eguaglianza. Egli parla della separazione logica tra le
culture, in base al rapporto di casualità,facendo + i poteri. Bisogna migliorare l’umanità: deve
essere questa la finalità della storia da determinare valori universali.
Se questi non ci sono,non si può distinguere una cosa buona e una no:rispettare e lodare sarebbe la
stessa cosa. Inoltre le culture devono interagire tra loro creando l’universalità dei valori.
La storia è fatta di cadute e di riprese,ma non è detto che ci sia una linea da seguire.
Bisogna rispettare le identità, stabilendo valori o diritti fondamentali.
La culturalizzazione ha valorizzato l’identità del popolo attraverso l’integrazione voluta e non
imposta. Ma la culturalizzazione è avvenuto anche attraverso etnocidi (basti pensare al
colonialismo). La difesa di identità si tramuta in razzismo, negando così la necessità
dell’universale,il relativismo culturale, riduce l’uomo al suo essere sociale,spogliando delle libertà
di pensiero e di azione, finisce x opprimere i suoi stessi sostenitori formano una ghettizzazione in
ogni ambito. Strauss, replica dicendo: le democrazie occidentali si mostrano aperte al pluralismo;le
nazioni invece, governata da un partito unico,si ripiegano sulla loro eredità culturale ed etnica.
Il relativismo ha spinto i popoli verso l’etnicità,comportando la loro chiusura, dato che chi
appartiene ad una cultura chiusa,non sviluppa il suo senso critico,né ci sono rivendicazioni.
Devereux, dice: bisogna ammettere che il diritto alla differenza ammette l’oppressione, che la
società esercita in nome della cultura.
Bruckner, mette in risalto questa conseguenza, dice: esistono parole x spiegare il cannibalismo, la
mutilazione sessuale, il taglio delle mani dei ladri, pratiche diffuse in africa e in Medio Oriente.
Finkielkraut riprende lo stesso argomento e spiga cosa vuol dire rispettare gli immigrati,accettare
la loro cultura anche se questa prevede l’uso della violenza? Finkielkraut ironizza dicendo che non
ci può essere il rispetto di tutte le culture, dato che ciò vorrebbe dire rispettare l’ingiustizia e la
violenza. Così il diritto alla differenza, porta come esito il diritto dell’oppressione sbandiereranno,
così il relativismo culturale.
Susan Moller Okin, filosofa del femminismo,definisce le numerose contraddizioni che mostra il
multiculturalismo da un lato, e il riconoscimento irrinunciabile della libertà dall’altro.
La Okin interpreta la cultura in funzione del ruolo della donna, affermando che la diversità esige
rispetto. Bisogna difendere l’identità di genere,ma anche la figura della donna;ammettere però le
due cose, vuol dire opprimere la donna. Ma cos’è il multiculturalismo?
Si fa riferimento all’avvicinamento di + culture determinando però una crisi dell’identità nazionale.
Il multiculturalismo si confonde con la globalizzazione erroneamente. Infatti mentre la
globalizzazione ha a che fare con il mondo economico(mercato aperto), il multiculturalismo è un
problema strettamente culturale: sfere culturali si incontrano originando sfide e scontri,provocando
un inglobamento di una cultura inferiore rispetto ad un’ altra maggiore. E tale processo può
avvenire in + modi. A volte la fusione può essere scontrosa(fusione della lingua); di fronte ad un
tale processo,l’occidente mostra grande impreparazione;inoltre spesso le donne arrivano da culture,
che le penalizzano, secondo i parametri della cultura occidentale.
Così il multiculturalismo ha portato + problemi. Negli anni ’80, scoppiò un’aspra disputa
riguardante studentesse magrabine che rivendicavano il loro diritto di indossare il velo. La sinistra
si interessò del problema,rivendicando il rispetto delle diversità, mentre l’opinione pubblica rimase
in silenzio,mostrando indifferenza al problema. Quando + tardi emerse la questione della poligamia,
le cose cambiarono,destando agitazione nell’opinione pubblica.
Intanto in questi anni il governo francese, aveva tacitamente consentito agli immigrati di condurre +
di una moglie nel paese (sono circa 200 mila,le famiglie francesi poligame attuali). Alcuni
giornalisti ebbero l’idea di intervistare queste donne poligame x capire come concepire la
poligamia. Il risultato fu che le donne poligame immigrate in Francia, non sopportavano questa
condizione né nei loro paesi d’origine, né nella stessa Francia. I problemi derivanti dalla poligamia,
erano sempre maggiori: gli appartamenti erano sovraffollati e si creava violenza tra le mogli e i figli
dell’una e dell’altra. Il Welfare francese, al riguardo ha riconosciuto solo una moglie, considerando
nulli tutti i matrimoni. Ma che fine fanno le altri mogli e gli altri figli? Il governo francese se n’è
lavato le mani. In realtà tale questione, illustra un problema profondo: c’è una forte tensione tra il
femminismo e il desiderio di multiculturalismo.
Okin considera i rischi di omogeneizzazione con le culture;ciò ha rappresentato solo una
cosa:oppressione. Come sappiamo l’eguaglianza democratica, comporta l’obbligo di trattare tutti
allo stesso modo, x cui gli stati ospitanti devono dimostrarsi aperti ed inclusivi.
Kymlicka afferma che bisogna aprirsi al dialogo rapportandosi ad altre culture. I gruppi che
emigrano in un paese,possono richiedere delle tutele,i cosiddetti diritti speciali.
Okin critica questa posizione dato che,spesso gruppi minoritari discriminano la figura della donna;
cos attraverso i diritti speciali, questa discriminazione viene legittimata.
C’è poi un’altra proposta avanzata da alcuni: secondo costoro gruppi che dimostrano valori non
sani, devono essere lasciati soli e messi da parte; ma questo porterebbe un grave rischio e pericolo.
Okin resta comunque, ostile verso i diritti speciali. Però è stata accusata di essere eurocentrista
(parte dal presupposto che tutti i suoi valori risiedano solo in Europa). Ma le cose non stanno così.
Il multiculturalismo, inevitabilmente danneggia le donne: x prevenire tutto ciò, bisogna far
riferimento ad un’etica senza dialogo.
CAP. VI- Il rapporto tra etica ed economia.
All’indomani dello sviluppo dell’economia nell’era della globalizzazione, l’etica ha tentato di
richiamare l’economia affinché questa avesse vincoli morali.
Purtroppo però la competizione e la concorrenza (leggi dell’economia) sono oggi leggi della
politica. Così alla base del legame sociale vi è un solo elemento: lo scambio di merci.
Così la globalizzazione mette in crisi non solo l’etica, ma lo stesso diritto, superando i limiti dello
stato. Così + il mercato si mondializza, e + fioriscono valori universali, capaci di garantire la libertà
individuale. Così entra in crisi il concetto di sovranità, che nel giusnaturalismo, offriva tutela del
diritto di cittadinanza. L’economia così occupa la totalità dello spazio sociale.
Le leggi sull’economia diventano così obbligo, che nessuno può contestare. Così la globalizzazione,
rafforza i localismi e i particolarismi sociali. Inoltre i progressi della scienza e gli orizzonti del
benessere economico finiscono x divenire le uniche etiche possibili, all’inizio del III millennio.
Latouche osserva: con l’avvento dell’economizzazione del mondo viene ad annullarsi il fine
sociale, che un tempo era rappresentato dallo stato,nostro garante. Ora lo stato non riesce + a
controllare le forze economiche private.
L’economia ha messo in crisi la dimensione sociale dell’etica. Il relativismo fa nascere i localismi,
inoltre le diversità dei singoli e dei popoli non sono + legittimate.
Dahrendorf si chiede cosa succede alla democrazia: sempre + i problemi e le decisioni sono
considerate in termini politici. Ma il mondo politico come sappiamo fa riferimento a regole instabili
del mercato. Il rapporto stato cittadino risulta alterato poiché l’economia non offre una tutela sociale
dei diritti umani fondamentali. Così il processo di globalizzazione porta ad una crisi del Welfare.
Amartya Sen (economista indiano) afferma che non possiamo esaminare nulla se non facciamo
riferimento ai valori. Come sappiamo i valori sono tanti, ma quelli possibili, sono quelli che hanno
un carattere universale e sono applicabili in tutte le condizioni.
Lui ci parla del senso del Well Being. X stabilirlo dobbiamo considerare alcuni indicatori come
l’istruzione, i servizi alla persona, la sanità. In tale contesto il reddito non è un indicatore, ma solo
uno strumento x raggiungere il Well Being.
Inoltre l’etica è cosa essenziale, ma come l’etica ha bisogno dell’economia, l’economia ha bisogno
dell’etica. Egli apre una riflessione sullo spirito del capitalismo e nota che la questione della
responsabilità sociale e le valutazioni etiche legate alla soddisfazione dell’attore che produce, ha
creato un equilibrio economico decisivo x lo sviluppo dell’intero sistema sociale e civile.
Sen afferma: l’umanità ha bisogno di etica, dato che l’etica influisce sui nostri valori; ma è anche
vero che l’economia può dare un contributo all’etica,dato che le + grandi condizioni etiche
riguardano questioni dove l’economia è al centro. Bisogna integrare l’etica con l’economia, poiché
l’etica conta in economia e viceversa.
Inoltre il giudizio etico, non può prescindere dall’azione umana e dalla sua conseguenza, che spesso
operano attraverso l’economia( l’economia è un legame forte tra azioni umane e le loro
conseguenze). È questo il reale motivo x il quale l’etica ha bisogna dell’economia.
Sen fu un’analisi di Adam Smith (padre fondatore dell’economia moderna) e così lo interpreta:
molti hanno sempre pensato che Smith auspicava ad una economia senza regole; in realtà anche
Smith impone delle regole etiche all’economia. Egli si è interessato dei costi sociali e della
condizione di povertà, intesa non solo come mancanza di mezzi di sussistenza, ma la povertà è una
condizione relativa (non assoluta). L’uomo deve partecipare alla vita sociale poiché, poiché in
quanto animale sociale deve partecipare alla vita di comunità. Se ciò non si realizza, allora l’uomo
vive in uno stato di privazione (povertà), solo comprendendo questo stato di privazione, si può
comprendere il senso di povertà.
Egli notò che i livelli naturali di consumo (ossia le merci necessarie x vivere come gli altri)
dipendono dal livello medio del benessere del proprio paese. Se vivo in un paese sviluppato,ho
l’esigenza di avere bei vestiti (ma se vivo nel III mondo, questa x me non sarà una necessità).
Smith così ha dimostrato che la privazione relativa di reddito può portare ad una privazione
assoluta. Quindi osservando tale prospettiva, il senso di povertà determina l’esclusione sociale.
Tale concetto è stato espresso da Elenoire, in Francia, nel 1974. così Smith lo anticipa di circa 200
anni. Così la povertà, intesa come esclusione sociale, non è solo denutrizione.
Inoltre Sen dice: un sistema economico, non può fare a meno delle condizioni di libertà. Egli critica
il concetto di sviluppo sostenibile, dicendo che deve essere allargato, includendo il sostegno delle
libertà individuali, fino a sostenerle ed aumentarle.. inoltre la storia della democrazia, si basa sulla
interdipendenza tra etica ed economia. Alcuni studiosi però hanno notato che la responsabilità
morale individuale, diventa sempre meno ricavante a causa dei condizionamenti morali e biologici,
che indirizzano l’azione. Le cause biologiche e sociali (prodotte socialmente) condizionano l’azione
morale, individuale, generando disuguaglianze, determinate da varie cause:
1. cause naturali (determinatesi affettivamente)
2. cause sociali (determinatesi storicamente e x volontà soggettiva)
Da queste distinzioni possiamo valutare “le visioni del mondo” concependo 2 etiche:
1. un’etica che si rifà alle visioni liberali, liberal democratiche, soggettivizzanti (si realizza
soggettivamente). Questo tipo di etica considera la disuguaglianza l’elemento grazie al quale
deriva la virtù individuale.
2. un’etica che si rifà alle visioni giacobine e socialiste, che si realizza + oggettivamente.
Secondo quest’etica, l’uomo anche se nasce libero, si ritrova in catene. Bisogna sconfiggere
il reale creando un’organizzazione sociale egualitaria.
Nel primo caso si esprime una visione pessimistica sulla natura umana (l’uomo x natura è cattivo, ci
vuole solo la forza x farlo diventare civile).
Nel secondo caso invece, si esprime una visione dell’ottimista (la società è maligna, ma l’uomo è
buono: occorre ripristinare la condizione naturale di giustizia).
Ma di fronte a queste condizioni, sia ottimiste che pessimiste, l’unico strumento che disponiamo è
l’eguaglianza che costituisce l’obiettivo x cui la responsabilità individuale resta fondamentale x
identificare l’azione umana qualificandola.
Bisogna che le scienze sociali esprimano una valutazione sul tema della responsabilità individuale.
Solo attraverso l’individuazione dell’evoluzione storica delle forme sociali, è possibile giungere a
tipologie non imposte. Da sempre però c’è stata un’aspra questione costituita dal rapporto che esiste
tra etnos (relativo alla comunità) e ethos comune (determinato da caratteristiche universali, es.
diritti umani). Sul problema della responsabilità individuale, c’è stato un tentativo: ottenere, con
l’uso della statistica, la definizione delle leggi generali del comportamento umane( che avrebbero
potuto fornire tipi attendibili), e perfino dare un fondamento etico alle legislazioni.
Gabelli (uno dei sostenitori dei materiali statistici) afferma che:la statistica riesce a descrivere la
“fisica sociale”, ma non riesce a decifrare la “chimica sociale”.
Inoltre Roemer ci ricorda che c’è una pura economicizzazione del diritto sociale.
Un tempo l’eguaglianza rappresentava l’obiettivo sociale della democrazia; ora invece con
l’avvento della new economy, si determina la stessa crisi della democrazia. Inoltre a causa del
processo di globalizzazione e economizzazione, i cittadini pensano che al di fuori del circuito
economico non c’è né progresso né sviluppo (+ si consuma e + si sta meglio, questo tipo di
benessere x qualcuno è a discapito di qualcun altro).
Con l’avvento di un giusnaturalismo economico, viene meno la natura solidale del lavoro. Così il
lavoro + qualificato, diviene lavoro competitivo, isolato ed individualizzato.
Inoltre in queste condizioni, il critico sociale (citato da Walzer) è limitato nel suo agire, dato che
non riesce + ad effettuare un’opera di verifica dell’ordine sociale con l’ordine morale.
La democrazia non coincide + con le ragioni etiche e la dimensione quantitativa diviene il
connotato essenziale delle scelte comuni. Nella società attuale, non è possibile equilibrare
equamente l’etica e l’economia. Bisogna fare 2 osservazioni:
1. Smith propone il concetto della mano invisibile(che corrisponde allo stato): questa mano
regola tutto, x cui bisogna lasciare che le cose seguano il loro corso (lasciate fare alla
razionalità economica)
2. il rapporto etica/economia è in crisi. L’assenza nell’etica dell’economia comporta,
inevitabilmente, un indebolimento del senso della democrazia.
Così si impone un nuovo giusnaturalismo che agisce in nome della libertà dell’agire economico,
lasciando così indifesi i + deboli e non realizzando l’eguaglianza. Così l’integrazione dell’umanità
nel “tecnocosmo” si compie, ma al prezzo di una desocializzazione concreta, di una
decomposizione del legame sociale.
Capograssi, nel 1940, aveva già valutato con preoccupazione il rapporto etica/economia. L’aiuto
economico è pura attività di tornaconto: da qui sono nati i problemi, così l’attività economica, si
priva della sua interiore eticità.
CAP. VII – Sulle teorie della giustizia
Nella società moderna, l’orizzonte etico, rischia di ridursi nei circoscritti territori che i gruppi
dominanti indicano alla scienza, all’economia e alla stessa politica.
Nel ‘900 c’è un’insistenza x ritrovare la “stella polare”. La mondializzazione si profila come la
conclusione di un processo di liquidazione della sovranità degli stati. Così la fiducia nelle leggi
naturali dell’economia, propone un inedito giusnaturalismo ottimista.
Noberto Bobbio (studioso dell’evoluzione del giusnaturalismo) mette in luce ed insidiosa
connessione tra utilitarismo economico e teoria della giustizia o proposito del giusnaturalismo di
Hobbes. Hobbes infatti x primo, a posto a nudo la realtà, dato che senza regole, chi è + forte
prevarrà sul + debole, deve quindi accettare le regole, accettando il potere: solo così possiamo
costituire una società civile, trasformando le leggi naturali, in leggi positive.
Ma cosa sono le leggi naturali? Dice Hobbes: non sono altro che il prodotto del calcolo dell’utilità.
Macpherson, circa 20 anni dopo, richiama l’attenzione su Hobbes, definendolo un mercantilista,
poiché incoraggia solo la produttività e l’accumulazione del capitale, affidando il compito di tutto
questo nelle mani dello stato. Così il diritto positivo, modella, in termini di giustizia, le relazioni
naturali. Inoltre la globalizzazione, non solo ridimensiona il ruolo degli stati storici, ma modifica
profondamente le forme di socializzazione.
C’è sempre + l’esigenza di un ordinamento comune,capace di garantire il rispetto della dignità
umana, e i diritti fondamentali ne rappresentano questa esigenza.
Così l’individualismo, cardine della modernità, finisce x ridurre il senso della morale, a pura
volontà di potenza. Così l’unico possibile fondamento dell’etica sociale e giuridica, resta solo la
sofferta ricerca compiuta dall’umanità nella storia.
Il senso della storia è compreso dall’individuo nella concretezza della sua esistenza, a patto di
ritrovare il senso dell’esperienza comune (l’esperienza però, non si deve fermare alla constatazione
dei fatti, ma deve scoprire il senso riposto nella storia comune); solo così facendo si potrebbero
tutelare i diritti sociali e politici di ciascuno, se ciò non avviene vi è solo, sopraffazione ed
oppressione. In questa prospettiva si è delineata una rinascita del giusnaturalismo attraverso la
definizione di “Teorie economiche della giustizia”.
Scrive Zamagni: il singolo non deve immediatamente aderire alla norma, ma prima deve
interpretarla e capire se questa norma corrisponde a determinati bisogni.
Bisogna quindi ricercare norme dotate di caratteri universali, riconoscendo razionalmente quelle
regole come qualcosa che ha a ke fare non con questa o quella volontà del singolo, ma come
interesse della ragione.
In particolare Macpherson fa una critica ai maggiori autori di teoria della giustizia, dicendo: tra i
filosofi contemporanei, i + discussi sono di certo Rawls e Nozick; entrambi si riferiscono ad un
modello mercantile di uomo e di società, ma tra loro vi è una sostanziale differenza.
Mentre Rawls propone interventi del Welfare State in un capitalismo però, ammettendo un loro
ampliamento, Nozick, sostiene invece un ritorno allo Stato minimo.
Entrambi però sostengono i rapporti fondamentali tra l’economia di mercato e i suoi istituti
proprietari. Loro considerano l’uomo come uomo di mercato che tende sempre + a realizzare i
propri interessi. In particolare Rawls si rifà a Kant: gli uomini hanno bisogno di diritto e dello stato,
io devo garantire a tutti, nella società, una condizione paritaria, stabilendo norme imparziali:
principio di reciprocità. Ma x realizzare tutto ciò, occorrono 2 condizioni indispensabili:
1. la posizione originaria: posizione in cui si trovano i contraenti del patto
2. il velo d’ignoranza: stabilisce norme che valgono x tutti e che uno spettatore imparziale
stabilirebbe;affinché tutti partecipino al patto,bisogna stendere un velo d’ignoranza.
Solo così si potrebbe ottenere un senso di giustizia nella distribuzione dei beni e generare una scelta
razionale di regole imparziali.
Rawls però successivamente, corregge la sua posizione iniziale dicendo che è un errore descrivere
la teoria della giustizia, come teoria di una scelta razionale. X meglio comprendere ciò, Rawls ci
riporta un tema: “le cooperazioni sociali in relazione ai poteri morali”.
Rawls dice: consideriamo l’idea di persona e notiamo che la giustizia intesa come equità, è nata
dall’idea che la società sia un sistema di cooperazione equo e adotta una concezione della persona,
che si adotta a quest’idea. Dai tempi dell’antica Grecia, sia nella filosofia che nel diritto, l’uomo è
inteso come colui che è in grado di svolgere un ruolo nella vita sociale; diciamo allora che si
definisce una persona, chi può essere un cittadino, ovvero un membro della società.
Inoltre i cittadini non entrano nella società volontariamente, ma già vi nascono.
Alla luce della tradizione democratica, i cittadini sono persone libere ed uguali.
Diciamo allora che tutti i cittadini sono uguali, poiché tutti, in misura minima hanno quei poteri, x
poter essere membri della società di cooperazione.
Avere così un senso di giustizia, vuol dire avere la capacità di comprendere, e agire sulla base
della concezione pubblica della giustizia che definisce i termini equi della cooperazione sociale.
Avere inoltre la concezione del bene, vuol dire avere la capacità di formarsi e perseguire una
concezione del proprio vantaggio razionale.
Così che la concezione di bene si rivela come un sistema di scopi finali, nell’attaccamento alle altre
persone e nei vincoli di realtà che legano + gruppi.
Tali legami generano affetti e devozioni. Così l’avere un senso di giustizia e avere una percezione
del bene costituiscono i 2 poteri morali dell’individuo. Così in un contesto liberale e democratico
l’individuo ha questi 2 poteri. In realtà oggi tra professionisti e conservatori, c’è sempre + un aspro
dibattito sul diritto della proprietà privata, e sulla legittimità delle politiche sociali (Welfare State).
Secondo alcuni critici, il contrattualismo di Rawls(a causa della centralità assunta dalla posizione
originaria), ha finito x realizzare un particolare giusnaturalismo fondato sulla fiducia, nell’armonia
degli interessi e nelle leggi naturali dell’economia.
Alcuni critici esortano a non badare + ad Hobbes e Montesquie, ma rivalutare la figura di Smith,
che nell’opera “La ricchezza delle Nazioni”, dimostra come in ambito economico, il libero gioco
“dell’amor di sé” (ossia l’interesse personale), origini il bene comune.
Sen ha dedicato grande attenzione all’opera di Smith, valutando i profili etico- sociali della sua
riflessione. Prendendo in esame le opere di Smith, Sen fa una sintesi del rapporto etica- economia.
Delle opere di Smith ricordiamo “Teoria dei sentimenti morali” che non si occupa solo dei
sentimenti delle persone riferiti a questioni morali,ma anche rispetto a questioni politiche e di azioni
della “ragion politica”. La ragion politica, ha non solo aspetti etici, ma anche aspetti scientifici in
relazione alle questioni economiche. Smith osserva l’agire della politica, basata su specifiche
intenzioni, ma se le ragioni scientifiche, ci dimostrano che quelle aspettative non si realizzeranno,
allora bisognerebbe imitare la politica. Ne “La ricchezza delle Nazioni” egli affronta + temi:come
funzionano i mercati, quali sono le implicazioni di certi atti di governo e così via.
Smith collocò quest’opera nell’ambito della “Teoria dei sentimenti morali”:opera economica di
rilievo. Secondo molti Smith è il padre della scienza moderna economica. In quest’opera Smith
analizza l’uso della ragione in relazione all’azione e alla formulazione dei giudizi. È un’opera sulla
psicologia morale della gente, cioè dal nostro modo di percepire ciò che è buono e ciò che non lo è,
ma è anche un grande libro di etica. Egli si interessa agli aspetti morali della vita sociale e definisce
concetti come ” spettatore imparziale”. Dice Smith: esistono nella vita sociale un gran numero di
motivazioni che determinano l’agire: c’è la motivazione legata al proprio interesse, che a volte, può
assumere una forma meno nota:l’amore di sé. Ma l’amor di sé non conduce al perseguimento del
proprio interesse, che invece avviene attraverso la prudenza.
Ci sono poi altre motivazioni:la simpatia né è un esempio. Così si pongono tutta una serie di
interrogativi. Smith è stato mal considerato dato che lui non mira solo all’interesse individuale
come fine ultimo; afferma: l’attenzione risulta solo al proprio interesse, è un elemento applicabile
solo nell’ambito dello scambio. Ma se invece noi consideriamo la vita in società, allora bisogna far
riferimento ad altre motivazioni(come lo spirito pubblico, la generosità,la simpatia ecc.)
Questo ha rappresentato una grande intuizione. Un’altra importante definizione di Smith è quella
dello”spettatore imparziale”. Smith si occupa dell’idea di impersonalità che stava assumendo rilievo
nell’etica. Anche Kant, contemporaneo di Smith, si occupa del tema dell’impersonalità nell’ambito
delle sue idee sull’imperativo categorico (comando universale).
L’idee Kantiane hanno di certo influenzato Smith; ma x capire la differenza tra Kant e Smith,
consideriamo il loro modo di concepire il tema dell’impersonalità (il problema di come andare oltre
la propria personalità, prestando attenzione ai desideri e ai bisogni della persona).
L’indirizzo di Kant ha sviluppato un modello di negoziazione(contratto sociale), ripreso poi da
Rawls nel suo libro “Una teoria sulla giustizia”. Qui Rawls, ispirato a Kant, invita noi tutti a dire
quali tipi di regole ci vorrebbero se ci trovassimo in un’ipotetica posizione originaria, in cui gli
individui non sanno cosa diventeranno.
Ora se consideriamo questo modello con il concetto di spettatore imparziale, noteremo che i 2
concetti stanno tra loro come la negoziazione sta all’arbitrato.
Ma mentre la negoziazione è una relazione tra + persone coinvolte, l’arbitrato coinvolge solo un
personaggio esterno(arbitro) : “ E’ questa la mano invisibile, lo spettatore imparziale” di Smith.
Smith afferma. Lo spettatore imparziale, mi assicura un confronto nella negoziazione, giungendo
così ad una conclusione. Al contrario la posizione originaria, non è in grado di assicurarmi ciò, dato
che il modello dello spettatore imparziale è + ampio e può offrirci di +.
Sen afferma: la filosofia morale può trarre profitto se considerasse oltre a Kant, anche Smith.
Inoltre alcuni autori finiscono x lacerare il velo con cui si tende di distinguere il liberalismo del
puro economismo. E’ questo il caso di Nozick il quale osserva: la società è un’arma; qualcuno resta
avanti e qualcuno resta indietro. Egli considera lo stato come stato minimo, limitandone la sua
attività fino all’azione, x cui lo stato è ridotto alle sole funzioni di protezione contro la forza della
frode e del furto. Il suo quindi è un liberalismo puramente economico.
Nozick riconosce e individua i principi di giustizia nelle procedure attraverso le quali i soggetti
acquisiscono risorse e diritti. “La teoria del titolo valido” gli consente di individuare regole capaci
di essere esse stesse il valore di criteri di giudizio e di valutazione dell’agire economico,
diventando il fondamento dell’esperienza etico- giuridica.
Questa posizione nota come libertarismo, rappresenta un’esaltazione dell’individualismo assoluto.
Tutto ciò porta verso lo stato sociale. Queste teorie rifiutano la centralità dei legami sociali x
costituire una convivenza civile. A questa teoria si oppone il com’unitarismo.
In particolare Boswell, con il suo com’unitarismo democratico, contrappone il principio della
solidarietà. Inoltre x i comunitaristi, ci deve essere il primato del giusto sull’utile:è questa la tesi
sostenuta da Taylor. Bisogna attraverso le regole della giustizia, dare una garanzia istituzionale.
Così mentre i liberali si inspirano ad un’etica kantiana, i comunitaristi si ispirano a quella di
Aristotele. Così i neokantiano accentuano l’aspetto del bene, i neo aristotelici accentuano l’aspetto
del giusto. Da ciò nasce un confronto tra privato e pubblico e tra etica individuale (ispirata a Kant),
ed etica comunitaria (ispirata ad Aristotele).
Conclude Dahrendorf: oggi si ha necessità di una nuova etica sociale, questo perché l’umanità è
alla ricerca di quella stella polare, attraverso cui la vita sociale e il comportamento dei singoli, può
ottenere una valutazione morale.
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