FENOMENO INDUZIONE Cosa nasce da un campo magnetico variabile? Nel nostro progetto abbiamo sfruttato quel fenomeno dell’elettromagnetismo sul quale si basa il funzionamento di tutte le macchine elettriche. Si tratta del principio dell’induzione elettromagnetica, secondo il quale la variazione del flusso del campo magnetico genera, ai capi di un conduttore immerso in tale flusso, una tensione. La corrente che genera il campo magnetico può essere continua oppure variabile nel tempo: nel primo caso anche il flusso è costante nel secondo è variabile. Consideriamo adesso un conduttore, del tutto inerte elettricamente, che venga "investito" dal flusso. Se il flusso è costante non si verifica alcun fenomeno particolare. Se invece varia nel tempo si verifica l’induzione elettromagnetica: ai capi del conduttore si genera una tensione e se lo si richiude vi scorre una corrente. Nel nostro caso la corrente in gioco è quella dell’impianto elettrico, mentre ai capi della bobina toroidale vi è una tensione. Vale la pena ricordare l’induttanza presente nelle bobine: Un circuito chiuso percorso da corrente genera un campo magnetico; variazioni di corrente producono variazioni di flusso che possono indurre tensioni in altri circuiti ma soprattutto inducono tensione nel circuito stesso. Il flusso concatenato [ c] cresce proporzionalmente alla corrente I e quindi il rapporto: L= c/I rimane costante. Il coefficiente L così definito si chiama coefficiente di autoinduzione o semplicemente induttanza del circuito elettrico. Per quanto riguarda l’avvolgimento toroidale di N spire si ha: B = u( N I / l ) Se invece la corrente in un circuito varia di I il flusso concatenato varia di c con: L = c/ I c=LI L’espressione dell’autoinduttanza considera solamente il flusso prodotto dalla corrente che circola nel circuito. La tensione autoindotta in un circuito in seguito alla variazione della sua corrente vale: Emed= c/ t=L( I/ t) Facendo tendere a zero l’intervallo di tempo t ricaviamo l’espressione della tensione in ogni istante e=L(di/dt). La tensione autoindotta è proporzionale alla rapidità di variazione della corrente, ma non al suo valore; una corrente anche molto forte, ma costante nel tempo, non induce alcuna tensione, mentre una corrente anche debole, ma rapidamente variabile, può indurre forti tensioni. Nel caso del trasformatore si parla invece di mutua induzione, poiché se uno dei suoi due avvolgimenti è percorso da corrente alternata si verifica ai suoi capi una caduta di tensione per il fenomeno dell'induzione elettromagnetica. Lo stesso flusso variabile investe anche il secondo avvolgimento, che è montato sullo stesso supporto all’interno del quale il flusso viene "imprigionato". Anche su questo avvolgimento, sempre per il fenomeno dell’induzione elettromagnetica, avviene una caduta di tensione, indotta dalla prima. Se a tale avvolgimento è collegato un circuito, questo è percorso da corrente alternata come la tensione indotta dal primo avvolgimento. Avviene allora la stessa catena di fenomeni: all’interno del secondo avvolgimento si genera un campo magnetico variabile, il flusso investe il primo e provoca in questo una tensione indotta. I due avvolgimenti, detti primario e secondario provocano dunque l’uno nell’altro una tensione indotta, da cui il nome mutua induzione. TORNA AL SOMMARIO