Introduzione Sistema Nocicettina (N/OFQ) - recettore NOP e antagonisti specifici La Nocicettina/orfanina FQ (N/OFQ) è un eptadecapeptide isolato per la prima volta nel 1995 in estratti cerebrali di mammifero (Reinscheid et al., 1995); essa si lega selettivamente al suo recettore simile a quello per gli oppioidi, ORL-1 (recettore per la nocicettina/orfanina FQ), chiamato anche NOP, recettore appartenente alla superfamiglia dei recettori associati a proteine G, in questo caso, alle Gi/o. Attraverso i progressi della biologia molecolare è stato possibile isolare il recettore orfano ORL-1 ed identificarlo come recettore omologo ai tradizionali recettori per gli oppioidi, ma il confronto con sequenze di cDNA dei recettori per gli oppioidi presenti in banche dati non dimostrano una completa analogia del recettore ORL-1 con questi e per questo motivo veniva indicato come recettore “orfano”. Questa nomenclatura ha fatto sì che si venisse a definire una nuova famiglia di peptidi noti come “orfanine” di cui la nocicettina fa parte come capostipite e ligando del recettore ORL-1. Tuttavia il recettore ORL-1 condivide molte caratteristiche con i recettori per gli oppioidi; per esempio, ha una lunghezza simile a quella di tali recettori. La somiglianza tra il recettore ORL-1 ed i recettori per gli oppioidi di tipo classico è del 65%, mentre l’omologia è di circa il 50% (Mollereau et al., 2000). Le preparazioni sinaptosomiali rappresentano un utile strumento con il quale può essere studiata la distribuzione di particolari recettori in differenti tipi neuronali e mediante questa metodica è stata indagata la diretta modulazione dei flussi di neurotrasmettitori. Nella corteccia cerebrale, gli studi sono stati focalizzati sull’azione inibitoria della nocicettina sul rilascio di [ 3H]noradrenalina (Mulder et al., 1987), glutammato e GABA (Sbrenna et al., 2000); alcuni studi hanno portato alla scoperta che la nocicettina è anche in 1 grado di inibire il rilascio spontaneo o indotto della serotonina dai sinaptosomi corticali. La nocicettina inibisce anche il rilascio della sostanza P e di peptidi relativi alla calcitonina dalle terminazioni nervose sensoriali (Helyes et al., 1997). Insieme al suo recettore NOP, essa presiede a svariate funzioni biologiche a livello del sistema nervoso centrale (SNC): trasmissione del dolore, modulazione delle alterazioni dell’umore quali ansia e depressione, memoria e apprendimento, movimento, alimentazione e abuso di droghe (Mogil e Pasternak, 2001; Ciccocioppo et al., 2003). Il sistema N/OFQ – recettore NOP è espresso estesamente nel SNC e localizzato prevalentemente nei neuroni centrali degli strati superficiali delle corna dorsali del midollo spinale, nel complesso sensorio del trigemino, nella sostanza grigia periacqueduttale e nel nucleo del rafe. L’antagonista selettivo del recettore NOP, [Nphe1, Arg14, Lys15]N/OFQNH2 (UFP-101) lega con affinità elevata (pKi=10.2) sia i recettori espressi in preparazioni animali che quelli umani ricombinanti espressi nelle cellule dell’epitelio ovarico di criceto cinese (CHO). E’ stato verificato che esso antagonizza l’inibizione presinaptica di noradrenalina e serotonina, indotta da N/OFQ in preparazioni corticali, ed inoltre previene l’iperpolarizzazione mediata dai canali al K+ provocata dalla nocicettina sia nel locus coeruleus che nei neuroni del rafe dorsale. Per quanto riguarda gli effetti sul tono dell’umore, studi ottenuti combinando approcci farmacologici e genetici hanno indicato che il blocco della segnalazione del sistema N/OFQ - recettore NOP produce effetti antidepressivi a livello cerebrale in differenti specie animali e in diversi modelli sperimentali suggerendo che il recettore NOP come bersaglio molecolare candidato allo sviluppo di farmaci antidepressivi innovativi (Calò et al., 2005). 2 1° Area di ricerca: la percezione e la modulazione del dolore L’informazione nocicettiva nasce nei sensori periferici (i cosiddetti nocicettori) e arriva ai neuroni del corno posteriore del midollo spinale. Il dolore vero e proprio è la presa di coscienza delle informazioni nocicettive integrate a livello corticale e limbico. Nella percezione del dolore sono coinvolte diverse aree del sistema nervoso centrale le quali sono funzionalmente distinte ma interagenti tra di loro con dinamiche differenti a seconda del tipo di dolore. Tra queste strutture ricordiamo la corteccia anteriore cingolata, la corteccia somatico sensoriale SI e SII, la corteccia prefrontale, la corteccia insulare, l’ipotalamo, il talamo, la sostanza grigia periacqueduttale, il cervelletto e i gangli della base. I segnali afferenti del dolore sono trasportati da due differenti tipi di fibre nervose sensoriali. Il dolore rapido, descritto come localizzato e acuto, viene trasmesso da piccole fibre mielinizzate Aδ che hanno una velocità di conduzione di 12-30 m/sec. Il dolore cronico o viscerale, descritto come più sordo e diffuso, viene trasportato da piccole fibre C non mielinizzate che hanno una velocità di conduzione pari a 0,5-2 m/sec. In pratica quando lo stimolo ha origine in una zona lontana dal Sistema Nervoso Centrale (SNC), per esempio quando si urta un dito del piede, prima si prova una fitta acuta (dolore rapido) seguita in breve tempo da una pulsazione cronica (dolore lento). La conoscenza delle vie del dolore e dei meccanismi che lo controllano ha permesso di identificare differenti tipi di dolore che possono essere classificati in base alla terminologia anatomica, alle caratteristiche cliniche o ancora all’eziologia (Besson et al., 1997). Il dolore somatosensoriale può avere origine dalla pelle, dal tessuto connettivo, dal muscolo, dall’osso, dalle articolazioni o dalle membrane sinoviali. Esso deriva da un eccesso di nocicezione provocato da una 3 stimolazione diretta dei nocicettori in condizioni d’integrità del sistema nervoso. Se questo stimolo persiste, potranno comparire modificazioni in questo meccanismo di trasduzione del dolore che sarà poi responsabile di un’amplificazione del dolore (Devor, 1996). Il dolore viscerale trae origine dai visceri e dal torace, ha spesso una localizzazione vaga ed è accompagnato da riflessi autonomi e somatici. Il dolore neurogeno è causato da un danno o da un’infiammazione di un nervo (dolore periferico) o da un danno o da una malattia nel SNC (dolore centrale). Esso è responsabile delle modificazioni secondarie del funzionamento del sistema nervoso (Jensen, 1996). Un’altra distinzione è stata fatta tra il dolore che risponde ai derivati morfinici (dolore nocicettivo) e quello che risponde in modo parziale o non risponde ai morfinici (dolore neuropatico o viscerale) (Hanks et al., 1993). I recettori che percepiscono gli stimoli dolorifici e lo conducono al sistema nervoso centrale (nocicettori) sono terminazioni nervose libere presenti in tutto il corpo che rispondono a stimoli chimici, meccanici o termici. La maggior parte delle afferenze Aδ e C che innervano i visceri sono completamente inattivi (silenti) in tessuti normali, non lesi, non infiammati. Come tali esse non possono essere attivati spontaneamente da stimoli meccanici o termici, mentre diventano sensibili alla presenza di mediatori dell’infiammazione. Infatti, varie molecole rilasciate dal tessuto danneggiato attivano i nocicettori o li sensibilizzano abbassandone la soglia di attivazione. I mediatori chimici della risposta al dolore comprendono chinine, istamina e prostaglandine rilasciati dalle cellule danneggiate, così come la serotonina rilasciata dalle piastrine attivate dal danno. La serotonina è più attiva dell’istamina che tende a causare prurito, piuttosto che dolore. Entrambe queste sostanze vengono rilasciate localmente nella sede del processo infiammatorio. 4 Tra le chinine le sostanze più attive sono la bradichinina e la callidina, due peptidi strettamente correlati che vengono prodotti in condizioni di lesione tissutale. La bradichinina è un potente algogeno che agisce in parte promuovendo la liberazione di prostaglandine, che a loro volta aumentano marcatamente l’azione diretta della bradichinina sulle terminazioni nervose. Inoltre le prostaglandine, che di per sé non causano dolore, incrementano notevolmente l’effetto dolorifico provocato da altre sostanze, quali la serotonina. La percezione del dolore avviene a livello di tutto l’organismo, in quanto viene trasmesso ed elaborato da molteplici vie mediate da numerosi trasmettitori. Il loro ruolo e quello dei rispettivi recettori è stato studiato estesamente e in particolar modo è stata diffusamente valutata l’induzione, la modulazione e l’espressione dei meccanismi di attivazione e inibizione del dolore. Noradrenalina (NA) e serotonina (5-HT) sono i neurotrasmettitori più coinvolti e più studiati tra quelli del sistema discendente, anche se altri trasmettitori, non necessariamente colocalizzati con le vie monoaminergiche, svolgono un ruolo importante. 5 Rappresentazione delle vie discendenti del dolore Sistema Nocicettina/recettore NOP e analgesia Recentemente, molti studi sono stati focalizzati sul coinvolgimento della nocicettina nella modulazione del dolore nei compartimenti spinali, sopraspinali e periferici; tale ruolo risulta essere però, contraddittorio. Infatti, a seconda delle vie di somministrazione, delle dosi utilizzate, del sesso e delle differenti metodiche sperimentali utilizzate, i trattamenti con N/OFQ hanno riportato i seguenti risultati: analgesia, iper-algesia, anti-iperalgesia oppure nessun effetto (Mogil e Pasternak, 2001). 6 Precedentemente, è stata descritta un’attività anti-oppioide della nocicettina (Mogil et al., 1996): infatti, se somministrata a livello intra-cerebroventricolare, essa previene l’analgesia di farmaci che agiscono a livello sopraspinale sui recettori µ-oppioidi, includendo la morfina (Lufty et al., 1999), ma anche gli agonisti δ- e κ-oppioidi (Wang et al., 1999; Zhu et al., 1998). Anni fa, il nostro gruppo di ricerca ha studiato l’effetto sopraspinale di analgesici non oppioidi, considerando che l’efficacia terapeutica di questa classe di farmaci non può essere pienamente spiegata con un meccanismo periferico o spinale. Tra gli analgesici non oppioidi ci siamo focalizzati sull’azione antinocicettiva del paracetamolo, per diverse ragioni: 1) scarsa inibizione delle prostaglandine periferiche; 2) scarsa attività antinfiammatoria; 3) buona attività analgesica e antipiretica; 4) elevata liposolubilità (passa facilmente la barriera emato-encefalica). Inoltre molti studi indicano che tale farmaco esercita la sua attività attraverso il SNC, sia a livello spinale che sopraspinale (McCormarck, 1994; Bjorkman, 1995) e dimostrano che le vie serotoninergiche giocano un ruolo importante nel meccanismo di questo analgesico (Pellissier et al., 1995; Pini et al., 1996); è stato infatti dimostrato un incremento dei livelli di serotonina e un decremento del numero di recettori 5-HT2 nella corteccia frontale e nel ponte del cervello di ratto (Pini et al., 1996). È stato anche visto che la nocicettina inibisce il rilascio di alcuni neurotrasmettitori in importanti nuclei del sistema nervoso centrale sia in vivo che in vitro; in particolare, essa modula il flusso di serotonina e noradrenalina in preparazione sinaptosomiali, principalmente nella corteccia cerebrale (Schilicker e Morari, 2000; Marti et al., 2003). 7 Dati biochimici da noi ottenuti hanno dimostrato l’azione antinocicettiva del paracetamolo e della nocicettina sui cambiamenti dei livelli di serotonina nelle aree cerebrali maggiormente coinvolte nella modulazione del dolore (ponte e corteccia frontale). È risultato che il paracetamolo aumenta le concentrazione della 5-HT nelle citate aree a differenza della nocicettina che invece inibisce il sistema (Sandrini et al., 2005). Seguendo questo filone di ricerca, in questa prima parte della presente tesi si propone di riportare i risultati relativi all’indagine sull’associazione del paracetamolo con la nocicettina nei confronti del sistema serotoninergico valutando, mediante metodica cromatografica, i livelli di serotonina nelle aree d’interesse. Come modello sperimentale per misurare la soglia algogena, abbiamo scelto il test della piastra calda che produce dolore senza infiammazione. La nocicezione è stata valuta considerando i tempi di reazione dell’animale ad uno stimolo termico. I comportamenti del ratto rappresentano risposte integrate a livello sopraspinale: la scelta di questo test è stata dettata dalla volontà di valutare gli effetti della nocicettina e del paracetamolo a livello sopraspinale in quanto sede delle aree cerebrali da noi studiate. 8 2° Area di ricerca: neurobiologia dei disturbi dell’umore La depressione è generalmente definita come patologia dell'umore ed è caratterizzata da un insieme di sintomi legati alla sfera cognitiva, comportamentale, somatica ed affettiva. Depressione maggiore e ansia sono tra le patologie psichiatriche più diffuse e sono state spesso considerate e trattate come due disturbi separati, anche se da evidenze in letteratura emerge quanto i due disordini tendano molto sovente a coesistere. E’ noto ormai da anni che alla base della terapia antidepressiva c’è l’attivazione della via monoamminergica la quale agisce potenziando ed incrementando i livelli di trasmissione della serotonina, noradrenalina e dopamina. I progressi della biologia cellulare e molecolare ci hanno permesso di avere oggi nuove conoscenze, nonché interessanti approfondimenti, sulle vie di trasduzione intracellulare del segnale coinvolte e attivate dall’azione dei farmaci antidepressivi, insieme all’espressione di determinati geni. L’attivazione di queste vie di trasmissione è mediata dall’azione delle proteine G, la cui funzione è quella di associare i recettori delle monoammine a molecole effettrici: adenilato ciclasi e fosfolipasi C. Questi ultimi a loro volta sono in grado di catalizzare la formazione di secondi messaggeri come: cAMP, Ca++, diacilglicerolo (DAG) e inositolo trifosfato (IP3). I bersagli finali di queste specifiche vie di trasduzione sono costituiti da fattori di trascrizione che si trovano nel nucleo. Tra i principali fattori implicati nella fisiopatologia della depressione abbiamo il peptide: cAMP Responsive Element Binding (CREB) protein. Studi recenti hanno dimostrato che un trattamento cronico con farmaci antidepressivi produce un’attivazione prolungata del sistema intracellulare del cAMP ed un potenziamento della funzione ed espressione di CREB e di conseguenza l’attivazione di una serie di geni la cui espressione subisce una regolazione da parte di CREB (De Cesare D. e Sassone-Corsi P). 9 Quest’ultimo stimola la liberazione di fattori neurotrofici, come il brain derived neurotrophic factor (BDNF), dai quali dipende, come effetto finale, parte della plasticità, della crescita e della sopravvivenza neuronale. Meccanismo d’azione degli antidepressivi Il sistema dello stress deputato al controllo della risposta dell'organismo è rappresentato dall'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). In risposta a uno stress fisico o psicologico, i neuroni del nucleo paraventricolare dell'ipotalamo secernono il peptide CRH (CRF, fattore di rilascio della corticotropina), che attraverso il circolo portale ipotalamo-ipofisario stimola il rilascio di corticotropina (ACTH) dalla neuroipofisi. L'ACTH induce la produzione e il rilascio di ormoni glucocorticoidi (cortisolo nell'uomo e corticosterone nel ratto) da parte della corticale del surrene. L'attività dell'asse è regolata, oltre che da un meccanismo di feedback inibitorio, anche da 10 diverse aree del sistema limbico quali ippocampo, corteccia prefrontale e amigdala. Queste aree, a loro volta, comunicano tra di loro e regolano finemente la risposta del cervello ai diversi stimoli emotivi. Meccanismi di retroazione negativa relativi all’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. La risposta adattativa allo stress modulato dal CRF non riguarda solo la secrezione di ormoni dell’ipofisi ma coinvolge, attraverso connessioni nervose dirette, la maggior parte dei neurotrasmettitori. Infatti, è stato visto che un aumento di tale fattore determina un incremento della produzione di catecolamine: nello specifico di noradrenalina e serotonina. Quest’ultima è un neurotrasmettitore inibitorio, con ruolo determinante nei processi neurobiologici, tra i quali la regolazione del sistema sonno-veglia. Infatti i disturbi del sonno, o meglio un sonno disturbato, sono i primi segni di stress e sono dovuti ad un abbassamento dei livelli di tale neurotrasmettitore (Elhwueg, 2004). Le sue funzioni sono concertate da neuroni serotoninergici localizzati sulla linea mediana del tronco cerebrale a livello del bulbo, ponte e 11 mesencefalo dove si ritrovano concentrati soprattutto nel nucleo del rafe dorsale (DRN) e mediano (MRN) da cui le proiezioni neuronali serotoninergiche innervano diverse aree: la corteccia, il talamo, l’amigdala, i nuclei della base, il pallido, il nucleo accumbens, e l’ippocampo, l’ipotalamo, la neuroipofisi (Davis et al., 1995); dunque, una disfunzione a quest’ultimo livello è associata alla depressione (Deakin, 1996). Il sistema serotoninergico è altresì importante soprattutto nel controllo della secrezione di ormoni steroidei; infatti, variazioni dei livelli plasmatici di questi ormoni sono indice dell’efficacia terapeutica di farmaci serotoninergici in alcuni disturbi della sfera psichica. A tale proposito una stimolazione serotoninergica mediata in principal modo dai recettori 5-HT1A e 5-HT2A porta alla secrezione di ACTH e dunque di ormoni della corticale del surrene, i quali possono per contro modulare negativamente l’attività dei neuroni serotoninergici. L’interazione tra i due sistemi controlla il ritmo circadiano, lo stress, l’ansia, la depressione e i disturbi dell’alimentazione. Sistema Nocicettina/recettore NOP e ansia Studi condotti in topi e ratti (Jenck et al., 1997; Koster et al., 1999) hanno documentato che la N/OFQ e l’agonista del recettore NOP, Ro 64-6198, esercitano un chiaro effetto ansiolitico-simile. D’altronde, altri studi hanno riportato che nel ratto utilizzando il paradigma sperimentale dell’elevated plus-maze (Fernandez et al., 2004) si osserva effetto ansiogenico, piuttosto che ansiolitico, in seguito alla somministrazione intracerebroventricolare di N/OFQ. Tuttavia, se viene fatto un pre-trattamento con N/OFQ con lo scopo di evocare tolleranza all’effetto sulla locomozione della N/OFQ (Devine et al., 1996), si osserva un chiaro effetto ansiolitico nel ratto. Come riportato nella base di partenza, intendiamo pretrattare gli animali con una somministrazione di N/OFQ 12 2 ore prima della successiva somministrazione dell’agonista del recettore NOP per sviluppare una pronta tolleranza all’effetto ipolocomotorio da stimolazione del recettore NOP, il quale disturberebbe l’esecuzione del test. La somministrazione intracerebroventricolare di N/OFQ alle dosi di 1-10 nmol/ratto, inibisce l’attività locomotoria nei roditori (Reinscheid et al., 1995; Devine et al., 1996); mentre dosi molto più basse (0.005-0.05 nmol), aumentano la locomozione (Florin et al., 1997). Iniezioni i.c.v. di N/OFQ o dell’agonista del recettore NOP Ro 64-6198, hanno mostrato una riduzione della risposta comportamentale allo stress (Greibel et al., 1999; Jenck et al., 1997, Jenck et al., 2000; Koster et al., 1999; Varty et al., 2005). Topi knockout per la preproN/OFQ esprimono alti livelli di comportamenti relativi all’ansia in test ansiometrici, suggerendo che per una normale risposta all’ansia è necessario un sistema della nocicettina integro (Koster et al., 1999). Inoltre, l’esposizione a stress acuti diminuisce il contenuto di N/OFQ nei neuroni del prosencefalo, coinvolgendo la neurotrasmissione di nocicettina endogena in risposta a stress fisiologici (Devine et al., 2001). Evidenze contrarie indicano come la N/OFQ sia anche capace di produrre risposte ansiogeniche, di aumentare la concentrazione plasmatica dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH) e del corticosterone (CORT) in ratti non stressati e di amplificare la risposta ormonale in ratti mediamente stressati (Devine et al., 2002). I dati presenti in letteratura non sono, perciò, in accordo tra loro: ci sono risultati che suggeriscono un effetto ansiolitico della nocicettina (Jenck et al., 1997; Greibel et al., 1999; Jenck et al., 2000;Wichmann et al., 2000; Dautzenberg et al., 2001; Gavioli et al., 2002), ma altri riportano un’azione ansiogenica per lo stesso peptide (Fernandez et al., 2004). N/OFQ è capace di produrre un netto effetto sulla locomozione nei ratti, che và incontro a una rapida tolleranza (Devine et al., 1996). Visto che tale effetto potrebbe essere 13 associato a conseguenze emozionali, in particolare in condizioni di stress severo, lo scopo di questa parte sperimentale è stato quello di valutare l’effetto della nocicettina in seguito a somministrazioni acute o ripetute con l’obiettivo di minimizzare la sua azione sulla locomozione. Sono stati utilizzati due differenti test comportamentali nei ratti: l’elevated plus maze (EPM) e il conditioned defensive burying (CDB), che misurano la risposta ad eventi paurosi di natura differente, generata dall’esposizione a condizioni ambientali stressanti. Questi paradigmi classici sono stati scelti per la loro sensibilità ad ansiolitici convezionali e a composti ansiogenici di varia natura, dotati di diversi meccanismi d’azione. In particolare, il modello dell’EPM è basato sull’avversione innata del ratto a luoghi elevati e aperti ed appartenenti al gruppo del paradigma dell’ansia incondizionata usato per l’identificazione di possibili farmaci ansiolitici (Lister, 1990; Maisonnette et al., 1993). Nel caso del CDB, la risposta dell’animale si manifesta inseguito a stimoli avversi (leggera scossa elettrica in seguito al contatto con una sonda elettrificata). Quest’ultimo test è stato molto utilizzato per studiare il meccanismo neuronale alla base della regolazione dell’ansia, ed è stato da noi scelto per la sua sensibilità a rilevare cambiamenti sia fisiologici che farmacologici nello stato ansioso dell’animale (Treit, 1985). I test sono stati validati, alle nostre condizioni sperimentali, con composti ansiolitici di riferimento (esempio Diazepam) e controllati per gli effetti sulla funzione sensoriomotoria. Per quest’area d’interesse, sono stati valutati i livelli sierici di corticosterone e l’effetto dell’UFP-101 nei ratti trattati con doppia somministrazione i.c.v. di N/OFQ, necessaria per un rapido sviluppo di tolleranza all’effetto sulla locomozione. 14 Sistema Nocicettina/recettore NOP e depressione Usando il test del nuoto forzato (forced swimming test, FST), i diversi antagonisti del recettore NOP [Nphe1]N/OFQ(1-13)-NH2, J-113397 e UFP101 hanno mostrato un chiaro effetto antidepressivo; in accordo con questi risultati, topi privi del gene per il recettore NOP hanno ridotto il tempo d’immobilità nel FST (Gavioli e Calò 2006). Il modello d’esposizione cronica di ratti ad un regime di situazioni stressanti di moderata intensità, originariamente descritto da Katz (1981) secondo un protocollo caratterizzato da un numero di agenti più nettamente stressogeni, rispetto a quello designato e sviluppato più avanti da Willner (1992). Quest’ultimo è una versione più blanda che permette di raggiungere il medesimo scopo e che assume pienamente tutte le caratteristiche di un modello sperimentale sviluppato con l’obbiettivo esplicito di creare sintomi molto simili a quelli rilevati nella depressione, in seguito all’esposizione ripetuta ad una sequenza di stress di lieve intensità, nel rispetto però dei tre criteri di validità: “predittiva”: la condizione prodotta nel modello deve rispondere ai farmaci antidepressivi e deve essere al contempo insensibile a farmaci che non lo sono; “sintomatologica” o anche detta “speculare”: il modello comportamentale ottenuto deve rispecchiare i sintomi della depressione (anedonia, nel presente studio); “di costrutto”: il modello deve in tal caso corrispondere al concetto razionale che ne è alla base. Nella presente ricerca è stato utilizzato lo Stress Cronico Moderato (SCM, insieme di condizioni lievemente stressanti, somministrate cronicamente e in modo random) al fine di raggiungere situazioni relativamente realistiche per indurre una tipica sintomatologia della depressione (D’Aquila et al., 1994). 15 Sui ratti l’applicazione di uno stress cronico moderato porta ad anedonia (parola greca composta dal prefisso negativo an e hēdonē:“ mancanza di piacere”) nota appunto come una caratteristica peculiare della depressione (Willner et al., 1992; Willner, 1997); nel caso specifico essa si manifesta come riduzione del consumo di una soluzione zuccherina nei confronti dell’acqua dopo che agli animali sono state messe entrambe a disposizione. Successivamente a un periodo di diverse settimane in cui il ratto è sottoposto a stress, quando si è instaurata la condizione d’anedonia, inizia il ciclo di trattamento con farmaci antidepressivi. È stato proposto che gli antagonisti del recettore NOP, [Nphe1]N/OFQ(1-13)NH2, J-113397 e UFP-101, possono avere effetto sui sistemi monoaminergici, in particolare su quello serotoninergico (Gavioli et al. 2004; Gavioli e Calò 2006). Perciò, nel presente studio sono stati misurati i livelli di serotonina e acido 5-idrossi-indolacetico (5-HT e 5-HIAA) nella corteccia frontale e nel ponte (regioni cerebrali maggiormente ricche di neuroni serotoninergici). I glucocorticoidi sono capaci di aumentare nei ratti, comportamenti tipici della depressione, mentre le alterazioni comportamentali e neuroendocrine indotte dal SCM possono essere revertite da farmaci antidepressivi (Soblosky, 1986; Kennet et al., 1986). A tal fine, anche i livelli sierici di corticosterone (CORT) sono stati analizzati nel presente studio. Infine, il fattore neurotrofico: brain derived neurotrophic factor (BDNF), che è espresso ad alti livelli nell’ippocampo e nella corteccia frontale (SchmidtKastner et al., 1996; Conner et al., 1997), è stato proposto nel coinvolgimento dell’azione dei farmaci antidepressivi (Duman e Monteggia, 2006). Lo stress riduce i livelli di RNA messaggero del BDNF nell’ippocampo di ratto (Smith et al., 1995), e somministrazioni ripetute di antidepressivi aumentano l’espressione del gene per il BDNF (Zetterström et al. 1998; Russo-Neustadt et al. 2000). Perciò, il messaggero di BDNF e la sua proteina sono stati 16 valutati nel nostro modello, nei ratti non stressati e in quelli stressati con o senza trattamento. 17 18 Scopo della tesi (ESPERIMENTO 1) Sulla base delle suddette premesse in riferimento all’analgesia, lo scopo della tesi è stato quello di valutare: Il possibile effetto antagonista della nocicettina sull’azione analgesica indotta dal paracetamolo nel ratto usando il test della piastra calda. Le possibili modificazioni del sistema serotoninergico dovute all’azione del paracetamolo e/o della nocicettina, in aree cerebrali coinvolte nel sistema di modulazione del dolore (corteccia frontale, corteccia temporo-parietale e ponte). L’influenza della nocicettina sull’aumento dei livelli di serotonina provocato dal paracetamolo nelle suddette aree cerebrali. L’effetto dell’UFP-101 (antagonista del recettore NOP) sull’interazione tra nocicettina e paracetamolo sia a livello comportamentale che biochimico. (ESPERIMENTO 2) In riferimento all’ansia, lo scopo è stato quello di: Chiarire il ruolo della N/OFQ nella regolazione delle risposte comportamentali allo stress tramite l’utilizzo di due test ansiometrici, differenti come costrutto, in modo da discriminare l’effetto ansiolitico da quello sulla locomozione. Studiare il coinvoligimento dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene (HPA) nelle nostre condizioni sperimentali. 19 Esaminare come il blocco del segnale nel sistema N/OFQ-NOP potesse influire su tale comportamento. (ESPERIMENTO 3) E infine, per quanto riguarda la sessione inerente alla depressione, l’obiettivo della tesi è stato quello di studiare: Il possibile coinvolgimento del sistema N/OFQ – NOP in un modello di depressione (SCM) che genera anedonia e gli effetti di una somministrazione cronica dell’antagonista del recettore NOP (UFP-101) con riferimento ad un antidepressivo classico (Imipramina). L’effetto della diminuzione del consumo di saccarosio (anedonia) con i risultati ottenuti nel test comportamentale del nuoto forzato che rispecchia un comportamento di “disperazione”. Il possibile coinvolgimento del sistema serotoninergico, il controllo dell’asse HPA e le alterazioni del BDNF in questo modello sperimentale. 20 Materiali e metodi Animali Sono stati utilizzati ratti maschi di razza Wistar, forniti dalla ditta Harlan Italy (Corezzana, MI), stabulati in gabbie di Plexiglas in gruppi di tre-quattro sotto condizioni controllate (libero accesso a cibo ed acqua, cicli di 12-h di buio/luce, temperatura 22°C, umidità al 60%), con un peso per ognuno di circa 180-200 g all’inizio degli esperimenti. Le direttive etiche per condurre un’indagine sperimentale su animali coscienti, sono state adeguatamente eseguite, e tutte le procedure sono state condotte in accordo ai regolamenti etici EEC per la ricerca sugli animali (Consiglio EEC 86/609; D.Lgs. 27/01/1992, No. 116). Impianto di cannule Sono state impiantate cannule d’acciaio nel ventricolo cerebrale destro per la somministrazione di farmaci a livello centrale (Plastic One; Roanoke, VA, USA). Gli animali sono stati anestetizzati con ketamina più xylazina 115+2 mg/kg per via intraperitoneale (i.p.), anestetici forniti dalle ditte farmaceutiche Gellini, Aprilia Italia e dalla ditta Bayer, Milano, Italia. I ratti sono quindi stati posti su un apparecchio stereotassico che ha permesso di inserire le cannule ad una profondità di 0,5 mm secondo le coordinate: Ap=-0,8, L=1,4; V=3,25 seguendo le indicazioni dell’atlante stereotassico (Paxinos, 1997). Le cannule sono state mantenute in loco con cemento acrilico dentistico e con delle viti poste nell’osso cranico. Esse sono state tenute pervie da un filo d’acciaio rimuovibile, posto nel lume della cannula per una profondità di 0,5 mm, che è stato rimosso al momento del trattamento. Dopo l’operazione gli animali sono stati trasportati in una stanza insonorizzata e a temperatura controllata per la durata di 5-7 giorni e quindi 21 sottoposti al test della piastra fredda scartando i ratti che presentavano alterazioni grossolane del comportamento motorio. Le iniezioni per via intracerebroventricolare (i.c.v.) sono state fatte in un volume di liquido pari a 0,5 l. Alla fine degli esperimenti i ratti sono stati anestetizzati e decapitati e la corretta posizione delle cannule è stata verificata con un’iniezione di blu di metilene. Esperimento 1 Schema di trattamento Dopo una settimana di recupero dall’impianto delle cannule, i ratti sono stati trattati per via intracerebroventricolare (i.c.v.) con UFP-101 (20 nmoli/ratto) o con fisiologica 5 minuti prima del trattamento con N/OFQ (10 nmoli/ratto). In successione, la nocicettina o la fisiologica sono state somministrate 5 minuti prima del trattamento con paracetamolo (400 mg/kg i.p., disciolto in veicolo consistente in 1,2-propandiolo al 12,5% in fisiologica) o col veicolo stesso. La dose di nocicettina usata è stata scelta in base ad una curva dose-effetto (da 1 a 10 nmol/ratto) da noi elaborata dove, la più efficace nell’antagonizzare l’effetto antinocicettivo del paracetamolo nel test della piastra calda, si è dimostrata essere quella di 10 (Tabella 1). La dose di paracetamolo è stata scelta in base a risultati ottenuti precedentemente nel nostro laboratorio con una serie di esperimenti volti a dimostrare l’effetto antinocicettivo del paracetamolo (Pini et al., 1996). Tutti gli animali sono stati sottoposti al test della piastra calda, per valutare la modificazione della soglia algogena, 30 minuti dopo l’ultimo trattamento. Immediatamente dopo il test, i ratti sono stati sacrificati per decapitazione e le aree cerebrali (ponte, corteccia frontale e corteccia temporo parietale) sono 22 state prelevate e conservate a – 80°C fino all’analisi per la valutazione dei livelli di serotonina. Test comportamentali Valutazione del dolore: test della piastra calda. Gli animali sono stati posti su una superficie metallica riscaldata artificialmente e mantenuta a temperatura costante di 540.4°C (Socrel DS Ugo Basile, Comerio, VA, Italia). Si registra il tempo (in secondi) di latenza al leccamento delle zampe o al salto. Sono determinati la latenza di base (BL) prima di qualsiasi trattamento. L’effetto analgesico è stato valutato ed espresso come percentuale del massimo effetto possibile (% MPE) secondo la formula % MPE= [(TL – BL)/(45 – BL)] x 100 dove 45 secondi è il tempo massimo di interruzione del test. Valutazione dell’attività motoria. L’attività motoria spontanea è stata misurata in una stanza sorda per mezzo di un actimetro equipaggiato con un rilevatore di locomozione a raggi infrarossi (Ugo Basile, Comerio, VA, Italia) (Vincieri et al., 1988). Il numero di movimenti orizzontali è stato registrato continuamente per 20 minuti, 30 minuti dopo l’ultima somministrazione. I dati sono suddivisi in due intervalli: 1-10 e 11-20 minuti. Determinazione dei livelli di serotonina e acido indolacetico Per il dosaggio della serotonina e del suo metabolita, si è fatto riferimento, con le opportune modifiche apportate nel nostro laboratorio, al metodo cromatografico messo a punto da Grossi e collaboratori (Grossi et al., 1990) che prevede l’utilizzo di strumentazione HPLC (cromatografia liquida ad alta pressione) con detector elettrochimico. 23 Condizioni cromatografiche Apparecchiatura: HPLC Beckaman Gold connesso con detector elettrochimico Coulochem II Esa corredato di cella analitica modello 5011, interfaccia analogico modulo 406 e pompa modulo 118; colonna Hypersil 3 ODS (Octa-Decil-Silil) 10 cm x 4,6 mm e precolonna C18. Quest’ultima possiede lo stesso impaccamento della colonna di lavoro e adsorbe irreversibilmente le impurezze del solvente evitando il deterioramento della colonna successiva. Condizionamento della colonna e della cella: conservare la colonna in Metanolo/H2O 70/30, equilibrare con tale miscela per 45 minuti, con H2O per altri 45 minuti e infine con la fase mobile (solo ora accendere il detector) e lasciare in ricircolo tutta la notte antecedente l’analisi. Condizioni di lettura fase mobile: Metanolo/Acetonitrile/50 mM NaH2PO4 (sciogliere 3,45 g di fosfato diidrogeno di sodio in 500ml di H2O e portare a pH 2,8 con H3PO4 50%) 15/8/77 + 0,02% di SOS + 0,2 mM EDTA con aggiunta di 100 μl di trietilammina per migliorare l’efficienza dell’analisi. La fase mobile viene in ultimo filtrata sotto vuoto con filtri 0,22 μm forniti dalla ditta Millipore e degassata con elio per evitere la formazione di bolle all’interno dello strumento; eluizione: isocratica (utilizzo di un unico solvente); flusso: 0,8 ml/min costante; detector: cella analitica E1 –100 mV, E2 +250 mV; R 1μA, filter 5 sec, offset 0%, output 1V. Acquisizione: canale B, display factor 10, data hertz 2, range 1V, offset 0%. Pressione: circa 1,60 Kpsi Temperatura ambiente. 24 Volume d’iniezione: 20 μl. Iniezione manuale tramite siringa per HPLC da 100 μl. Tempo di ritenzione: Serotonina circa 7 minuti; DHBA circa 3 minuti, indolacetico: 2,5 minuti. Tempo della corsa: 10 minuti Tempo tra un’iniezione e la successiva: 20 minuti Campioni analizzati in un giorno: 20 Campioni totali: 60 Le iniezioni dei 60 campioni sono state fatte in una settimana alternando un giorno di analisi ad un giorno per la pulizia dello strumento, al fine di migliorarne l’efficienza. Analisi statistica Tutti i valori sono espressi come medie ± E.S.M.. L’analisi della varianza ad tre vie è stata utilizzata per la valutazione degli effetti di paracetamolo, N/OFQ o UFP-101 e la loro interazione nel test della piastra calda e nella determinazione dei livelli di serotonina. Il test post hoc Bonferroni è stato usato per l’analisi della varianza (ANOVA) a tre vie quando gli effetti dell’UFP-101, di N/OFQ e del paracetamolo sono stati considerati separatamente. Il livello di significatività è stato posto a P<0.05. 25 Esperimento 2 Schema di trattamento Dopo una settimana di recupero dall’impianto delle cannule, gli animali sono stati così trattati: - nella prima sessione del protocollo i ratti sono stati trattati con singole dosi crescenti di N/OFQ (0.3, 0.5, 0.75, 1 e 1,5 nmoli/ratto, i.c.v.) o fisiologica per la stessa via e sottoposti a ciascuno dei test comportamentali (EPM e CDB) dopo 5 minuti. - una seconda sessione del protocollo ha previsto un pre-trattamento con la dose di 1 nmole/ratto di N/OFQ i.c.v. (o con fisiologica) 2 ore prima del successivo trattamento con UFP-101 (10 nmoli/ratto) o fisiologica, 5 minuti prima della somministrazione di N/OFQ (1 nmole/ratto) o di fisiologica sempre per la stessa via. Venti minuti dalla fine dell’ultimo esperimento i ratti sono stati decapitati, il loro sangue prelevato e conservato a -20°C per le successive valutazioni sui livelli sierici di corticosterone. Test comportamentali Elevated pluz maze test (EPM): l’apparato consiste in due bracci aperti e due chiusi ognuno di 55x10 cm, con un pavimento scuro, uniti da una piattaforma centrale comune, chiamata arena (10x10 cm). I bracci aperti hanno delle pareti laterali di 1 cm e nulla ai terminali; quelli chiusi hanno delle pareti di plexiglass di 40 cm. Il labirinto è elevato rispetto alla terra di 80 cm. Dal quinto giorno dopo l’intervento, ogni animale, dopo il trattamento, è sottoposto al test. Il ratto viene posizionato nell’arena, con il muso rivolto al braccio aperto e il suo comportamento viene osservato per 5 minuti dallo sperimentatore. Al termine del tempo, l’animale viene rimosso e 26 il labirinto viene pulito per il prossimo ratto. Vengono registrati diversi parametri relativi all’ansia, come il tempo impiegato dall’animale a muoversi in ogni porzione del labirinto (indice per la valutazione dell’attività locomotoria). Altri comportamenti considerati sono: il numero di entrate e il tempo speso nei bracci chiusi e in quelli aperti e nell’arena. Conditioned defensive burying test (CDB): in questo test è utilizzata una gabbia rettangolare in plexiglass (27x38x38 cm) con della segatura sul pavimento con un’altezza di 5 cm. La sonda continuamente elettrificata, consiste in un pezzo di legno ricoperto da un filo metallico ed è posizionata in modo da protrudere per 10,3 cm e sollevata dalla base di 7,5 cm. Il contatto con la suddetta provoca una scossa da 1mA. Gli animali sono abituati a stare nell’apparato, in assenza di corrente elettrica, per 15 minuti per 4 giorni consecutivi. Al 5° giorno i ratti sono testati individualmente per 30 minuti; l’altezza della segatura viene misurata all’inizio e alla fine del test. I parametri comportamentali osservati sono: latenza al primo contatto con la sonda ed alla scossa, latenza al primo episodio di burying (ricoprimento della sonda con la segatura), numero totale di scosse ricevute, altezza della segatura e durata di ricoprimento (Pinel e Treit, 1978). In particolare, la latenza intesa come tempo che intercorre tra la prima scossa e il primo episodio di burying riflette inversamente la reattività dell’animale, mentre il tempo cumulato nel burying suggerisce, in maniera specifica, il livello dello stato di ansia. Dosaggio dei livelli di corticosterone Il sangue è stato prelevato dal tronco, 24 ore dopo l’ultimo trattamento e dopo la decapitazione del ratto. Per perfezionare la separazione del siero dal sangue, i campioni sono stati fatti coagulare ad un’adeguata temperatura 27 prima della centrifuga a 1000 r.p.m. per 10 minuti. Il siero è stato trasferito in provette sterili e conservato a -20° C fino al dosaggio. Tenendo ben presente il ritmo circadiano del corticosterone, tutti i sacrifici sono stati eseguiti tra le 12.00 e le 14.00, cioè durante il periodo diurno quando la sua concentrazione è relativamente costante. La valutazione dei livelli di corticosterone nel siero è stata verificata grazie all'impiego di un particolare saggio immunoenzimatico (EIA) che prevede l'utilizzo di un kit commerciale convalidato (Assay Design Inc, Ann Arbor, MI, USA) che si serve di micropiastre che vengono lette sfruttando una lunghezza d’onda di 405 nm. I campioni di siero sono stati diluiti 1:20 in appropriate soluzioni tampone perché rientrassero nel giusto intervallo di calibrazione della curva. Analisi statistica Tutti i valori sono espressi come medie ± E.S.M.. L’analisi della varianza ad una via seguita dal test di Bonferroni è stata utilizzata per la valutazione degli effetti delle dosi crescenti di nocicettina nei diversi test comportamentale e sui livelli sierici di corticosterone. L’ANOVA a due vie è stata usata per gli effetti del pre-trattamento con UFP101, del trattamento con nocicettina e per la loro interazione. Il test post hoc di Bonferroni è stato usato per l’ANOVA a due vie quando gli effetti dell’UFP-101 e N/OFQ sono considerati separatamente. Il livello di significatività è stato posto a P<0.05. 28 Esperimento 3 Test del saccarosio (1%) e procedura dello Stress Cronico Moderato Dopo due settimane di adattamento, gli animali sono stati posti all'interno di singole gabbie, in stanze insonorizzate, e sottoposti ad esperimenti comportamentali. All'inizio dell'esperimento i ratti sono stati abituati ad assumere la bevanda zuccherina proponendogliela simultaneamente con due biberon, in cui nelle prime 24 ore, entrambi contenevano soluzione di saccarosio all'1%, mentre nelle 24 ore successive, uno manteneva la soluzione zuccherina e l'altro solo acqua. Nelle 23 ore a seguire è stata tolta la possibilità di assumere sia cibo che acqua, e il ratto è stato sottoposto al primo test sulla preferenza al saccarosio: ad ogni animale sono stati presentati contemporaneamente due biberon pre-pesati, contenenti l'uno soluzione zuccherina l'altro acqua. Trascorsi 60 minuti i biberon sono stati rimossi e pesati (fine del test). Successivamente agli animali sono stati ridati cibo e acqua per 2 ore, e a seguito di un secondo periodo di 21 ore di privazione da cibo e acqua, gli animali sono stati nuovamente sottoposti al test della preferenza per il saccarosio (a 24 ore dal primo). Quattro giorni dopo, in seguito alla privazione da cibo e acqua di 24 ore, i nostri ratti hanno ricevuto il terzo test alla preferenza al saccarosio. Quest'ultimo test e il successivo sono stati condotti esattamente nella prima ora di buio (17.00-18.00). Dopo aver terminato il terzo test del saccarosio, i ratti sono stati divisi in otto gruppi, ciascuno di otto ratti, abbinati secondo il loro consumo di saccarosio valutato dal secondo e terzo test, e ciò per evitare che il consumo della soluzione zuccherina risultasse troppo differente tra i diversi gruppi. Nelle successive settimane sei gruppi di ratti sono stati sottoposti alla procedura dello Stress Cronico Moderato (SCM): due gruppi sono stati mantenuti senza alcuno stress eccetto per la privazione di cibo e acqua che precedeva ogni test 29 del saccarosio. Questo regime di stress consisteva nei seguenti eventi: modificazioni dei cicli di buio/luce e delle caratteristiche stesse della luce (illuminazione stroboscopica, inversione dei cicli di luce/buio, luci intermittenti); modificazioni nella disponibilità di acqua e cibo (eliminazione di cibo e/o acqua, biberon vuoti); alterazioni del loro habitat (gabbie inclinate, lettiere bagnate, due per gabbia). Sulla base di precedenti esperienze, sono state introdotte alcune modificazioni del metodo originale del SCM per ottimizzare il nostro modello. Perciò, gli stress che nelle nostre condizioni non erano sufficientemente stressanti, sono stati eliminati e ridotta la durata della privazione di cibo. Gli stress sono stati condotti per tutta la durata dell'esperimento, cioè sia durante il giorno che la notte, e ognuno di essi è stato applicato per un periodo di 8 o 24 h. La loro successione è stata randomizzata e ciò ha creato una situazione del tutto imprevedibile all'animale. Il consumo di saccarosio è stato monitorato, come suddetto, settimanalmente per circa un'ora dopo aver previamente lasciato l'animale per 24 h in assenza di acqua e cibo. Il peso corporeo di ogni animale è stato misurato una volta a settimana ogni lunedì mattina. L'assunzione di saccarosio è stata valutata come percentuale di bevanda dolce consumata rispetto al valore medio segnato durante i pre-test per ogni ratto (consumo di saccarosio). Schema di trattamento L’operazione di inserimento delle cannule è stata effettuata alla VII settimana dopo l’inizio dello stress quando il mantenimento della situazione di anedonia era già stato verificato. Dopo aver ripreso per una settimana il ciclo di stress degli animali operati, si è proceduto con i trattamenti farmacologici suddividendo i gruppi (N = 8) secondo il seguente schema: 30 1) non stressati trattati con Fisio i.c.v. per 21 gg. 2) non stressati trattati con UFP-101, 10 nmoli/ratto i.c.v. per 21 gg. 3) stressati trattati con Fisio i.c.v. per 21 gg. 4) stressati trattati con UFP-101, 5 nmoli/ratto i.c.v. per 21 gg. 5) stressati trattati con UFP-101, 10 nmoli/ratto i.c.v. per 21 gg. 6) stressati trattati con UFP-101, 20 nmoli/ratto i.c.v. per 21 gg. 7) stressati trattati con IMIPRAMINA (15 mg/kg, intraperitoneale, i.p.) per 21 gg. 8) gruppo supplementare di stressati, trattato con UFP-101 (10 nmoli/ratto, i.c.v.) per 14 gg. e, successivamente, sottoposto ad un doppio trattamento con UFP- 101 alla stessa dose e, 10 min dopo, con nocicettina (5 nmoli/ratto, i.c.v.). Il test sul consumo di saccarosio è stato effettuato a 5 e 10 giorni dall’inizio del trattamento con nocicettina. I test comportamentali sono stati sfasati di un giorno per non generare interferenze gli uni con gli altri e hanno seguito il seguente schema: - il test del saccarosio è stato effettuato, rispetto al trattamento, al T=0, T=7 gg, T=14 gg e T=21 gg. - il test dell’open field è stato effettuato al T=-48h, T=6gg, T=13 gg e T=20 gg. - il test del nuoto forzato è stato effettuato al T=-24h, T=8gg, T=15 gg e T=22 gg. Al 23° giorno gli animali sono stati sacrificati, i cervelli rimossi per la valutazione della serotonina nella corteccia frontale e nel ponte e il sangue raccolto per l’analisi sierica di corticosterone. Inoltre, l’ipotalamo, l’ipofisi e l’ippocampo sono stati prelevati per la valutazione dei livelli di BDNF. 31 Test del campo aperto (OF) E’ un test che viene eseguito per valutare l’attività locomotoria di un ratto in seguito ad un trattamento con antidepressivi. I ratti sono stati trasferiti nella stanza del test circa un'ora prima per permettere loro di ambientarsi. Un ratto alla volta viene introdotto in un’arena di forma quadrata (68 x 68 x 45cm) sul cui fondo sono stati tracciati dei quadrati più piccoli in modo da definirne l’area. Il ratto è collocato nel quadrato centrale ed osservato per 5 minuti. Lo sperimentatore misura: il numero totale di attraversamenti, il numero e il tempo speso negli innalzamenti totali (rearing, attività in posizione verticale sulle zampette posteriori e con quelle anteriori poggiate sulle pareti del recinto), il grooming ed il numero di boli fecali. Test del nuoto forzato (FST) Il test del nuoto forzato è stato descritto e delineato da Porsolt e colleghi (1977, 1978) come un test per valutare lo stato depressivo nei roditori. I ratti, costretti a nuotare in un ambiente ristretto e dal quale non esiste possibilità di fuga, dopo un breve periodo d’iperattività, adottano una posizione immobile caratteristica e non tentano più di scappare. Porsolt associò l’immobilità osservata nell’acqua ad una situazione di disperazione o di tono dell’umore depresso, come se gli animali avessero “perso la speranza” di poter scappare e pensò che gli antidepressivi avrebbero potuto ridurre il tempo di immobilità. Una prima sessione pre-test di 15 minuti di adattamento, è stata seguita 24 ore più tardi da una sessione di test per la durata di 5 minuti. Per questo test sono stati impiegati cilindri di Plexigas, per un'altezza di 30 cm e contenenti acqua ad una temperatura di 24-26 °C. Alla profondità dell’acqua scelta, i ratti non sono capaci di sostenersi toccando, con la coda o con le zampe posteriori, il fondo del contenitore. Al termine di ogni sessione di nuoto l'animale è stato 32 prelevato dal cilindro, asciugato con un asciugamano di carta, posto singolarmente 15 minuti in una gabbia perchè riposasse, si riprendesse e si asciugasse definitivamente e successivamente riposto nella propria gabbia. L’acqua del contenitore è stata cambiata ogni volta che è stato ripetuto il test. Sono stati valutati tre parametri comportamentali che hanno mostrato di essere attendibili e convalidati per il rilevamento dell'effetto del farmaco antidepressivo nel test: tempo d'immobilità (i.e. il tempo speso galleggiando nell'acqua, senza dimenarsi, bensì facendo solo quei movimenti necessari per mantenere il capo fuori dall'acqua); tempo di nuoto attivo (i.e. il tempo speso nel fare quei movimenti che sono propri del loro modo di nuotare, muovendosi intorno al cilindro); tempo di climbing (i.e. il tempo speso facendo attivi movimenti con le zampette anteriori su e giù dall'acqua, e specificamente diretti verso le pareti del cilindro). Un aumento di risposte comportamentali passive al test, come immobilità e diminuita attività, sono indice di una sintomatologia simile alla depressione. Dosaggio dei livelli di corticosterone (Vedi ESPERIMENTO 2) Estrazione del RNA totale dai tessuti centrali Il metodo utilizzato consente di separare l’RNA totale, costituito da RNA ribosomiale (80-85%), transfer (10-15%) e messaggero (1-5%) dalle altre macromolecole che compongono il tessuto. Si utilizza come solvente di estrazione TRIzol®, una soluzione monofasica di fenolo e guanidina isotiocianato (Invitrogen Corporation, Carlsbad, CA, USA). 33 Determinazione dei livelli di RNA messaggero del BDNF: RNAse Protection Assay (RPA) L’RPA è una tecnica estremamente sensibile e selettiva che permette di quantizzare nello stesso campione di RNA totale i livelli di diversi mRNA codificanti per proteine di interesse. Prima di tutto occorre sintetizzare le sonde marcate con 32 P (“probes”) di RNA complementare (cRNA) alla regione che codifica per il BDNF (215 bp) e lo standard interno (actina). L’RNA totale dei campioni in esame (10-25 μg), precipitato in ambiente etanolico, viene ibridizzato con le sonde. I cRNA si legano all’RNA totale in corrispondenza delle porzioni ad essi complementari, formando un ibrido cRNA-mRNA. Le ribonucleasi, aggiunte successivamente, idrolizzano l’RNA a singolo filamento (l’RNA non ibridizzato e la porzione della sonda non complementare all’mRNA). L’RNA a doppio filamento (ibridizzato), protetto così da digestione, viene purificato per mezzo di solventi organici; successivamente, gli ibridizzati vengono separati in base al proprio PM per migrazione elettroforetica su gel denaturante di acrilammide ed evidenziati mediante autoradiografia. I livelli di mRNA codificanti per i geni di interesse, sono determinati mediante la misurazione della densità ottica delle bande ottenute dall’autoradiografia grazie ad un analizzatore d’immagine (GS 690 Bio-Rad). I valori di BDNF, rapportati a quelli dello standard interno (β-actina) sono stati sottoposti ad analisi della varianza (ANOVA). Determinazione dei livelli di proteina del BDNF: ELISA Estrazione delle proteine dai tessuti. Si prelevano i tessuti dal freezer a -80°C e si mantengono a bassa temperatura su una piastra di ghiaccio secco, è importante che la temperatura sia bassa per bloccare l’attività enzimatica delle proteasi. Si pesano i tessuti e si aggiunge il tampone di omogenizzazione in 34 quantità pari a 20 volte il peso del tessuto: 20mL di tampone per ogni grammo di tessuto. Si aggiungono gli inibitori delle fosfatasi (NaPP 5 mM, NaF 20 mM, Na3VO4 1 mM) e l’inibitore delle proteasi (PMSF 30 μL stock per grammo di tessuto). Si omogenizza con Potter (Glas-Col), 12 colpi lentamente a 600 rpm. Si preleva un aliquota dell’omogenato: questa rappresenta l’estratto proteico totale. Si centrifuga a 5000 rcf per 5 minuti a 4°C: il surnatante ottenuto rappresenta l’estratto citoplasmatico, mentre il pellet l’estratto nucleare. Si risospende il pellet nel tampone di risospensione (3ml/g di tessuto), si aggiungono inibitori delle fosfatasi e inibitore delle proteasi alle stesse concentrazioni dell’omogeneizzazione: questa soluzione costituisce la frazione proteica arricchita in nuclei. ELISA. Per la determinazione della proteina di BDNF è stato utilizzato il seguente Kit: BDNF Emax® ImmunoAssay System Promega (Promega Corporation, Madison, WI, USA - cat. no. G6981). La lettura della piastra è stata effettuata ad una lunghezza d’onda di 450 nm. Determinazione dei livelli di serotonina e acido indolacetico (Vedi ESPERIMENTO 1) Analisi statistica Tutti i valori sono espressi come medie ± E.S.M.. I dati sul peso corporeo, il consumo di saccarosio e i test comportamentali sono stati analizzati usando l’analisi della varianza (ANOVA) a due vie per misure ripetute, seguita dal test di confronti multipli basati sulla differenza minima significativa tra medie (LSD). Per le valutazioni biochimiche, lo Student t-test è stato usato per i singoli stress e per l’effetto dei trattamenti sui livelli di BDNF, mentre per l’attività serotoninergica e per il contenuto di corticosterone, è stata fatta un’analisi a due vie. Successivamente, il test post hoc di Bonferroni è stato 35 adoperato per confrontare gli effetti di due gruppi sperimentali. Il livello di significatività è stato posto a P<0.05. 36 Risultati Esperimento 1 Piastra calda Il paracetamolo alla dose di 400 mg/kg ha aumentato significativamente i valori di MPE% nel test della piastra calda. La nocicettina alla dose di 10 nmoli/ratto non ha modificato i valori di MPE% rispetto ai controlli, ma ha completamente annullato l’effetto del paracetamolo, mentre le dosi di 1 e 5 nmoli/ratto hanno ridotto parzialmente tale effetto in differente modo (P<0.01). Il test d’interazione dimostra che le dosi di 5 e 10 nmoli/ratto di nocicettina risultano antagonizzare il paracetamolo con un alto livello d’interazione da parte della dose maggiore. Il pre-trattamento con UFP-101 alla dose di 20 nmoli/ratto non ha modificato né i livelli basali di MPE%, né la nocicezione indotta dal paracetamolo, ma ha annullato significativamente l’effetto della nocicettina sull’attività analgesica del paracetamolo (Tabella 1) (P<0.01). La dose di 10 nmoli/ratto è risultata inefficace (dato non mostrato). Un’ulteriore analisi fatta con il test di Bonferroni ha indicato che solo la dose maggiore di UFP 101 ha prevenuto significativamente l’azione della nocicettina sull’attività del paracetamolo. Attività locomotoria La nocicettina alla dose di 10 nmoli/ratto ha diminuito in modo lieve l’attività motoria 30 min dopo la fine del trattamento. Il paracetamolo non ha modificato l’attività motoria sia da solo che somministrato in associazione con la nocicettina. L’UFP-101 alla dose di 20 nmoli/ratto ha aumentato leggermente il numero dei movimenti 40 min dopo il trattamento, ma non ha 37 modificato l’effetto del paracetamolo. Tali modificazioni non risultano significative (Tabella 2). Valutazione dei livelli di serotonina Il paracetamolo ha provocato un aumento significativo dei livelli di serotonina nelle tre aree cerebrali che abbiamo considerato per i nostri esperimenti (corteccia frontale, corteccia temporo-parietale e ponte). L’entità dell’effetto è risultato simile nelle suddette aree. La nocicettina ha prevenuto significativamente l’aumento della concentrazione di serotonina provocata dal paracetamolo (P<0.05). La nocicettina e l’UFP-101 somministrati da soli e la loro associazione, non modificano i livelli basali di serotonina; l’UFP-101 reverte in modo significativo l’effetto antagonista della Nocicettina sull’aumento di serotonina provocato dalla somministrazione di paracetamolo. Tale interazione tra UFP-101, nocicettina e paracetamolo avviene in modo simile nelle tre aree considerate in questo lavoro (Figure 1, 2, 3) (P<0.05 per la corteccia frontale e per il ponte, P<0.01 per la corteccia temporo-parietale). 38 Tabelle e Figure esperimento 1 Tabella 1. Effetto della nocicettina sull’attività analgesica del paracetamolo nel test della piastra calda. Influenza dell’UFP 101. Trattamenti % MPE Fisiologica (Fis) 3.59±1.65 Fis + N/OFQ 10 + veic -2.97±2.91 UFP 20 + Fis + veic 5.57±2.01 UFP 20 + N/OFQ 10 + veic 2.58±1.15 Fis + Fis + PARA 46.97±7.13 * UFP 20 + Fis + PARA 55.40±5.20 * Fis + N/OFQ 1 + PARA 26.52±5.91 Fis + N/OFQ 5 + PARA 18.82±3.91 # Fis + N/OFQ 10 + PARA 9.33±2.16 # UFP 20 + N/OFQ 10 + PARA 44.95±4.86 * * P<0.05 vs. valori dei controlli, # P<0.05 vs. valori di Fis + Fis + PARA I risultati sono espressi come media delle percentuali di MPE% E.S.M. 39 Tabella 2. Effetti della nocicettina e del paracetamolo sull’attività locomotoria. Influenza dell’ UFP 101. Trattamento N° di movimenti Fisiologica 150.38±51.48 Fis + N/OFQ 10 + veic 134.81±28.43 UFP 20 + Fis + veic 177.14±27.76 UFP 20 + N/OFQ 10 + veic 145.48±27.95 Fis + Fis + PARA 148.34±25.92 UFP 20 +Fis + PARA 153.27±21.82 Fis + N/OFQ 10 + PARA 130.32±27.56 UFP 20 + N/OFQ 10 + PARA 158.42±60.52 I risultati sono espressi come media dei numeri di movimenti E.S.M. 40 Figura 1. Effetto della N/OFQ (10 nmol/rat, i.c.v.) sull’incremento dei livelli di serotonina provocati dal paracetamolo (PARA, 400mg/Kg, i.p.) nella corteccia frontale di ratto. Influenza dell’UFP 101 (UFP, 20 nmol/rat, i.c.v.) sull’associazione nocicettinaparacetamolo. *P<0.05 vs. valori dei controlli. I valori dell’asse y rappresentano la concentrazione di 5-HT espressa in ng/g di tessuto Corteccia frontale 900 800 700 * * * 600 ng/g 500 Fisiologica Fis+N/OFQ+veic 400 UFP+fis+veic UFP+N/OFQ+veic 300 Fis+fis+PARA 200 UFP+fis+PARA Fis+N/OFQ+PARA 100 UFP+N/OFQ+PARA 0 41 Figura 2. Effetto della N/OFQ (10 nmol/rat, i.c.v.) sull’incremento dei livelli di serotonina provocati dal paracetamolo (PARA, 400mg/Kg, i.p.) nella corteccia temporo-parietale di ratto. Influenza dell’UFP 101 (UFP, 20 nmol/rat, i.c.v.) sull’associazione nocicettinaparacetamolo. *P<0.05 vs. valori dei controlli. I valori dell’asse y rappresentano la concentrazione di 5-HT espressa in ng/g di tessuto Corteccia temporo-parietale 500 450 * * * 400 350 Fisiologica ng/g 300 Fis+N/OFQ+veic 250 UFP+fis+veic 200 UFP+N/OFQ+veic Fis+fis+PARA 150 UFP+fis+PARA 100 Fis+N/OFQ+PARA 50 UFP+N/OFQ+PARA 0 42 Figura 3. Effetto della N/OFQ (10 nmol/rat, i.c.v.) sull’incremento dei livelli di serotonina provocati dal paracetamolo (PARA, 400mg/Kg, i.p.) nel ponte di ratto. Influenza dell’UFP 101 (UFP, 20 nmol/rat, i.c.v.) sull’associazione nocicettina-paracetamolo. *P<0.05 vs. valori dei controlli. I valori dell’asse y rappresentano la concentrazione di 5-HT espressa in ng/g di tessuto Ponte 800 * 700 * * 600 ng/g 500 Fisiologica 400 Fis+N/OFQ+veic UFP+fis+veic 300 UFP+N/OFQ+veic Fis+fis+PARA 200 UFP+fis+PARA Fis+N/OFQ+PARA 100 UFP+N/OFQ+PARA 0 43 44 Esperimento 2 Test sull’ansia dopo singola iniezione di N/OFQ Nella prima sessione del protocollo, i ratti sono stati trattati con singole iniezioni i.c.v. di nocicettina a dosi crescenti da 0.3 a 1.5 nmoli/ratto. Alle dosi più basse (0.3 e 0.5 nmoli/ratto), N/OFQ) non induce alcun tipo di cambiamento nell’elevated pluz maze e tutti i parametri considerati non sono diversi da quelli ottenuti nei ratti controllo trattati con fisiologica. Le dosi più alte (0.75 e 1.5 nmoli/ratto) inducono una riduzione significativa nel tempo speso nei bracci aperti (P<0.01) ed un aumento, dello stesso parametro, in quelli chiusi e nell’arena (P<0.01). questi effetti sembrano verificarsi in maniera dose-dipendente e potrebbero essere considerati come una risposta ansiogenica. Inoltre, altri cambiamenti sono associati al primo esperimento: diminuzione significativa sia dell’attività locomotoria in entrambi i bracci (P<0.01), sia del numero di entrate nei bracci chiusi (P<0.01) (Tabella 1). Nel modello del conditioned difensive burying, la nocicettina (a tutte le dosi usate) non modifica la latenza alla prima scossa e neppure la latenza al primo episodio di burying (Tabella 2). In più, non ci sono differenze significative sul numero di volte in cui il ratto riceve la scossa in seguito al contatto con la sonda. Contrariamente, N/OFQ provoca una riduzione nel tempo cumulativo di burying associato con una diminuzione dell’altezza della segatura, che comincia ad essere significativa a partire dalla dose di 0.75 nmoli/ratto (P<0.01). Test sull’ansia dopo iniezioni ripetute di N/OFQ Nella seconda sessione del protocollo è stato effettuato un pre-trattamento con la stessa dose di nocicettina (1 nmole/ratto i.c.v.) 2 ore prima dei trattamenti. 45 Nell’EPM ha abolito completamente l’effetto sulla locomozione indotto dalla singola iniezione di N/OFQ e ha indotto un aumento significativo nel numero di entrate e del tempo speso nei bracci aperti, riducendo, di conseguenza, il tempo speso in quelli chiusi (P<0.01). E’ stato anche registrato un aumento della locomozione nei bracci aperti (P<0.01). In questa sessione la nocicettina non ha mostrato nessun effetto di riduzione sull’attività motoria ed ha rivelato un’azione ansiolitica. Il trattamento con UFP-101, somministrato da solo alla dose di 10 nmoli/ratto i.c.v., non ha indotto variazioni comportamentali significative in questo test, ma è stato capace di annullare completamente l’effetto di N/OFQ (1 nmole/ratto), riportando i parametri osservati a quelli dei ratti controllo (Tabella 3). Nel CDB, le somministrazioni ripetute di nocicettina falliscono nell’indurre cambiamenti significativi nella latenza al burying (ricoprimento), nel numero di scosse ricevute e nella latenza alla prima scossa. In altre parole, un decremento nell’altezza e nella durata di burying sono stati valutati in confronto con i ratti controllo, indicando un’azione non diversa da quella osservata nella prima sessione di questa parte sperimentale (singole iniezioni di nocicettina) nello stesso test. L’UFP-101 da solo non ha modificato i parametri rispetto a quelli ottenuti nei controlli, ma ha prevenuto l’effetto ansiolitico della nocicettina (Tabella 4). Infine, i risultati ottenuti nei ratti controllo, pre-trattati con N/OFQ, non si sono mostrati differenti da quelli ottenuti negli animali trattati con fisiologica nella prima sessione. Livelli sierici di corticosterone Singole somministrazioni di N/OFQ hanno indotto un aumento, in maniera non dose dipendente, nelle concentrazioni sieriche di corticosterone. La dose più bassa effettiva che induce un aumento significativo è quella di 0.5 46 nmoli/ratto (P<0.01). Sorprendentemente, l’elevato contenuto di corticosterone viene riportato ai livelli osservati nei ratti controllo (Figura 1). 47 Tabelle e Figure esperimento 2 Tabella 1. Effetto della singola somministrazione delle dosi crescenti di N/OFQ nell’EPM. I risultati sono espressi come medieE.S.M. TEMPO SPESO NEI TEMPO SPESO NEI TEMPO SPESO N° ENTRATE N° ENTRATE ATTIVITA’ MOTORIA ATTIVITA’ MOTORIA BRACCI APERTI BRACCI CHIUSI NELL’ARENA BRACCI APERTI BRACCI CHIUSI BRACCI APERTI BRACCI CHIUSI FISIOLOGICA 85.4±10.6 171.8±9.9 42.7±4.3 3.23±0.45 6.01±0.63 24.12±3.13 46.28±5.10 N/OFQ 0.3 nmol 78.8±9.7 181.2±10.7 40.1±4.2 3.13±0.56 5.63±0.61 22.17±4.97 39.78±5.97 N/OFQ 0.5 nmol 75±7.9 184.2±11.1 41.1±4.7 3.21±0.65 4.89±0.52 24.53±6.41 43.26±4.88 N/OFQ 0.75 nmol 8.9±4.6 * 218.6±9.7 * 72.5±6.9 * 2.87±0.81 2.57±0.78 * 4.91±2.01 * 16.51±6.01 * N/OFQ 1.0 nmol 4.9±1.8 * 221.7±9.4 * 73.4±6.8 * 2.07±0.76 1.61±0.7 * 3.12±1.97 * 7.17±3.84 * N/OFQ 1.5 nmol 0.9±1 * 224.3±10.1 * 75.1±7 * 2.23±0.79 1.29±0.94 * 0.48±0.4 * 6.51±3.44 * TRATTAMENTO Tabella 2. Effetto della singola somministrazione delle dosi crescenti di N/OFQ nel CDB. I risultati sono espressi come medieE.S.M. TRATTAMENTO LATENZA ALLA PRIMA SCOSSA LATENZA TRA BURYING E SCOSSA N° SCOSSE RICEVUTE ALTEZZA TEMPO DI BURYING FISIOLOGICA 28.8±3.5 173.4±18.8 3.4±0.51 5.2±0.48 109.3±10.7 N/OFQ 0.3 nmol 34.6±5.1 218.4±20.3 4.5±0.56 4.9±0.52 95.9±15.9 N/OFQ 0.5 nmol 38.4±6.2 249.2±21.6 5.5±0.94 4.5±0.62 71.6±9.3 N/OFQ 0.75 nmol 30.9±3.8 231.2±20.5 3.7±0.87 1.9±0.4 * 43.6±8.4 * N/OFQ 1.0 nmol 24.6±7.2 261.4±20.9 4.4±0.63 1±0.51 * 34.7±6.1 * N/OFQ 1.5 nmol 33.7±5.7 217.2±19.9 5.3±0.77 0.6±0.45 * 27.9±7.3 * 48 Tabella 3. Effetti della doppia somministrazione di N/OFQ nell’EPM; influenza del pre-trattamento con UFP-101. I risultati sono espressi come medie E.S.M. per N=10. *P<0.05 vs. valori dei controlli (Fisiologica). TEMPO SPESO NEI TEMPO SPESO NEI TEMPO SPESO N° ENTRATE N° ENTRATE ATTIVITA’ MOTORIA ATTIVITA’ MOTORIA BRACCI APERTI BRACCI CHIUSI NELL’ARENA BRACCI APERTI BRACCI CHIUSI BRACCI APERTI BRACCI CHIUSI FISIOLOGICA 77.7±8.9 182.5±16.4 39.8±6.4 3.48±0.59 5.94±0.88 20.31±3.14 36.99±4.18 N/OFQ 1.0 nmol 136.2±13.7 * 115.2±9.8 * 48.6±5.7 9.97±1.73 * 5.32±0.62 58.76±5.99 * 29.35±4.01 UFP-101 10 nmol 83.4±9.6 174.3±14.6 42.3±6.1 2.74±0.61 6.09±0.79 27.52±2.41 31.1±2.99 UFP-101 + N/OFQ 71.3±7.8 178±15.3 50.7±8.1 3.33±0.44 4.94±1.03 21.98±1.84 27.72±4.18 TRATTAMENTO Tabella 4. Effetti della doppia somministrazione di N/OFQ nel CDB; influenza del pre-trattamento con UFP-101. I risultati sono espressi come medie E.S.M. per N=10. *P<0.05 vs. valori dei controlli (Fisiologica). TRATTAMENTO LATENZA ALLA LATENZA TRA N° SCOSSE ALTEZZA TEMPO DI BURYING PRIMA SCOSSA BURYING E SCOSSA RICEVUTE FISIOLOGICA 35.7±3.9 162.1±18.9 3.7±0.72 5.6±0.65 98.7±9.8 N/OFQ 1.0 nmol 32.5±6 138.5±16.8 5.3±0.66 1.4±0.41 * 28.9±7.6 * UFP-101 10 nmol 45.2±5.4 227.6±21 3.5±0.91 7.9±1.3 126.9±13.3 UFP-101 + N/OFQ 38.1±4.4 183.6±20.7 4.7±0.77 4.7±0.68 102.3±11.2 49 Figura 1. Effetto sui livelli sierici di corticosterone di nocicettina o fisiologica dopo singole iniezioni (0,3 - 1,5 nmoli/ratto, i.c.v.) o dopo pre-trattamento di 2 ore con N/OFQ (1 + 1 nmole/ratto dopo 2 ore). I risultati sono espressi come medie E.S.M. per N=10. *P<0.05 vs. valori dei controlli; #P<0.05 vs. il valore dei ratti trattati con singola dose di N/OFQ (1 nmole/ratto). I valori dell’asse y rappresentano i livelli sierici di corticosterone espresso in ng/ml 125 * * * 100 * Fisiologica N/OFQ 0,3 N/OFQ 0,5 N/OFQ 0,75 N/OFQ 1 N/OFQ 1,5 Fisiologica N/OFQ 1 + N/OFQ 1 ng/ml 75 # 50 25 0 50 Esperimento 3 Test del saccarosio Il consumo della soluzione di saccarosio rispetto all’acqua è rimasta costante durante tutto l’esperimento nei ratti non stressati mentre è diminuita iniziando dalla IVa settimana nei ratti stressati e raggiungendo livelli significativi alla Va settimana di esposizione allo stress; la riduzione del consumo di soluzione zuccherina si è mantenuta significativa fino all’ultimo test del saccarosio nei ratti stressati non trattati. Il trattamento con UFP-101 è iniziato alla VIIIa settimana di stress. Alla dose di 20 nmoli/ratto esso è risultato efficace nel ristabilire il consumo di saccarosio già dopo la prima settimana di trattamento. Dopo 15 gg anche la dose di 10 nmoli/ratto ha riportato l’assunzione della bevanda zuccherina ai livelli dei controlli e, dopo 21 giorni, tutte le tre dosi (quindi anche UFP-101, 5 nmoli). D’altra parte, l’imipramina (15 mg/kg, i.p.), utilizzata come farmaco antidepressivo di riferimento ha revertito l’anedonia dopo due settimane di trattamento. Inoltre, negli animali non stressati l’UFP-101 non ha effetto alla dose utilizzata (10 nmoli/ratto). Infine, il gruppo trattato con UFP-101 per 14 gg. (fino alla reversione dell’anedonia), e successivamente trattato con nocicettina (5 nmoli/ratto) ha evidenziato come il duplice trattamento della durata di 10 gg. sia in grado di riportare i livelli di consumo a quelli degli stressati non trattati e quindi anedonici (Figura 1). 51 Peso corporeo L’incremento ponderale, valutato, settimanalmente non ha subito una significativa riduzione dopo esposizione allo stress cronico. Nessuno dei trattamenti con UFP-101 (o con UFP + N/OFQ) ha prodotto alcuna variazione significativa nella crescita ponderale rispetto al gruppo di riferimento della settimana sia tra gli stressati che tra i non stressati. Al contrario, l’imipramina causa un blocco dell’accrescimento nel corso del trattamento (già alla seconda settimana di trattamento) con una significativa riduzione del peso corporeo al termine del trattamento stesso (Figura 2). Attività locomotoria: open field L’esposizione cronica a situazioni stressogene non previdibili non ha significativamente modificato l’attività di deambulazione valutata tramite il test dell’open field, prima dell’inizio dei trattamenti. Il trattamento con la dose di 20 nmoli/ratto di UFP-101 aumenta significativamente l’attività deambulatoria (totale e interna) e gli innalzamenti dopo 13 giorni di trattamento rispetto agli animali stressati non trattati; questo dosaggio, dopo trattamento cronico, sembra perciò incrementare l’attività esploratoria e la curiosità per l’ambiente (innalzamenti) nel test dell’open field. Le altre dosi di UFP-101 (da sole o in associazione con N/OFQ, per il gruppo addizionale) non sono risultate efficaci nel modificare i parametri presi in considerazione a nessun tempo valutato sia negli animali stressati che nel gruppo dei non stressati. L’imipramina non ha effetto né sulla deambulazione né sugli innalzamenti (Figura 3). 52 Test del nuoto forzato I risultati del test del saccarosio hanno trovato conferma anche tramite il test del nuoto forzato (di Porsolt). Prima dei trattamenti, i ratti stressati hanno mostrato un maggiore tempo di immobilità e un decremento nel tempo speso per il nuoto attivo e per l’arrampicamento (climbing), rispetto ai ratti non stressati. Dopo 8 gg di trattamento la dose di 20 nmoli/ratto di UFP-101 è in grado di riportare i tre parametri valutati a livello dei controlli. A 15 e 22 giorni le dosi di UFP-101 di 5 e 10 nmoli sono risultate efficaci nel ristabilire valori confrontabili con i ratti non stressati. La dose di 20 nmoli ha ridotto ulteriormente il tempo di immobilità e incrementato quello di climbing fornendo valori significativamente diversi dai non stressati non trattati. Il trattamento con imipramina ha riportato il tempo di immobilità, tempo di nuoto attivo e tempo di “climbing” a valori comparabili con quelli dei ratti non stressati non trattati a partire dalla Ia settimana di trattamento. I ratti trattati con UFP-101 + N/OFQ, al 10° giorno di trattamento con nocicettina hanno mostrato valori dei tre parametri indagati non significativamente differenti da quelli degli stressati non trattati, mostrando una reversione dell’effetto dell’UFP-101 da solo (Figure 4 A, 4 B e 4 C). Livelli sierici di corticosterone Il paradigma dello stress cronico moderato causa un incremento significativo dei livelli basali di corticosterone rispetto al gruppo dei non stressati. Questo aumento indotto dallo stress è significativamente ridotto in modo dosedipendente dalla somministrazione cronica di UFP-101 o di imipramina. Le dosi di 10 e 20 nmoli di UFP-101 sono in grado di riportare il contenuto di corticosterone a livello di quello basale nei non stressati. D’altronde l’UFP101 da solo nei non stressati non ha effetto di per sé sui livelli dell’ormone. 53 La somministrazione ripetuta di nocicettina negli stressati, associata all’antagonista dei recettori NOP, riporta i livelli del corticosterone a valori confrontabili con gli stressati non trattati revertendo l’effetto dell’UFP-101 in questo gruppo (stressati) (Figura 5). Livelli del RNA messaggero e della proteina di BDNF I livelli ippocampali del RNA messaggero e della proteina di BDNF non sono risultati significativamente differenti nei ratti stressati e non stressati trattati con fisiologica. I livelli di BDNF (mRNA e proteina) nell’ippocampo degli animali non stressati trattati con UFP-101 (10 nmol/ratto) o imipramina (15 mg/kg) per tre settimane non sono differenti da quelli dei non stressati trattati con fisiologica. 14 giorni di trattamento con UFP-101 (10 nmol/ratto) seguiti da 10 giorni di co-somministrazione con UFP-101 (10 nmol/ratto) più N/OFQ (5 nmol/ratto) non ha indotto alcuna significativa variazione dei livelli ippocampali di BDNF (mRNA e proteina) rispetto agli stressati non trattati (Figure 6 A e 6 B). Attività serotoninergica Per la corteccia frontale si assiste, nel gruppo degli stressati a un decremento del contenuto di serotonina rispetto ai controlli mentre i livelli del metabolita non variano significativamente. Questo è indice di un incremento del turnover della serotonina in questa area dopo stress cronico moderato. Dopo tre settimane di trattamento, UFP-101 è efficace nel riportare i valori di 5-HT a livello dei ratti non stressati mentre la co-somministrazione di nocicettina (10gg) reverte l’effetto dell’UFP-101 dando risultati simili a quelli degli stressati non trattati. Anche l’imipramina è in grado di revertire gli effetti sulla 5-HT provocati dallo stress (Tabella 1). 54 Nel ponte lo stress cronico provoca un aumento dei livelli di 5-HT mentre quelli dell’indolacetico rimangono invariati: si ottiene perciò un decremento del turn over della serotonina e quindi dell’attività serotoninergica. Il trattamento con UFP-101 provoca un ulteriore modesto incremento nei livelli di serotonina accompagnato da un significativo aumento anche nel contenuto di 5-HIAA, evento che porta il rapporto di turnover di serotonina a valori simili a quelli degli animali di controllo non stressati. Il trattamento cronico con imipramina reverte, negli stressati, gli effetti indotti sulla 5-HT portando i parametri indagati a livelli confrontabili col gruppo dei non stressati non trattati (Tabella 2). 55 Tabelle e Figure esperimento 3 Figura 1. Influenza del SCM e dei trattamenti sul consumo del saccarosio. I dati sono espressi come % di soluzione zuccherina rispetto al totale di fluido assunto (N=8). *P<0.05 vs. non stressati non trattati; #P<0.05 vs. stressati non trattati. No stress fis No stress UFP 10 Stress fis Stress UFP 5 Stress UFP 10 Stress UFP 20 Stress IMI 15 Stress UFP 10 + N 5 20 Trattamento Consumo di saccarosio % 10 0 # # # -10 -20 -30 -40 -50 I II III IV V VI VII VIII IX X XI Settimane 56 Figura 2. Influenza del SCM e dei trattamenti sulla variazione ponderale dei ratti durante l’esperimento (% di accrescimento rispetto al T=0).* P<0.05 vs. non stressati non trattati. Trattamento 70 No stress fis No stress UFP 10 Stress fis Stress UFP 5 Stress UFP 10 Stress UFP 20 Stress IMI 15 Stress UFP 10 + N 5 60 Peso corporeo % 50 40 X XI 30 20 10 0 0 I II III IV V VI VII VIII IX Settimane 57 Figura 3. Influenza del SCM e dei singoli trattamenti sul tempo totale di innalzamenti, espresso in secondi, nel test del campo aperto (open field) a diversi giorni dall’inizio dei trattamenti. I dati sono espressi come medie ± E.S.M. * P<0.05 vs. non stressati non trattati; # P<0.05 vs. stressati non trattati. No stress fis No stress UFP 10 Stress fis Stress UFP 5 Stress UFP 10 Stress UFP 20 Stress IMI 15 Stress UFP 10 + N 5 # * 40 Tempo innalzamenti 30 # * 20 # * # * # # * * # # * * # * 10 0 - 48 h 6 giorni 13 giorni 58 20 giorni Figura 4 A, B, C. Influenza del SCM e dei singoli trattamenti sul tempo d’immobilità, nuoto attivo e climbing valutati nel FST a diversi giorni dall’inizio dei trattamenti. I dati # sono espressi come medie ± E.S.M. * P<0.05 vs. non stressati non trattati; P<0.05 vs. stressati non trattati. No stress fis A) No stress UFP 10 Tempo d’immobilità (secondi) 250 Stress fis Stress UFP 5 * * 200 * * * Stress UFP 10 * * * * * * Stress UFP 20 * * Stress IMI 15 150 Stress UFP 10 + N 5 100 # 50 # # # # # # ## * # * # * B) 0 - 24 h 8 gg 15 gg C) 22 gg 150 120 # # # # # # # 90 60 * * *** * * * * * * * * 30 0 - 24 h 8 gg 15 gg 200 # 59 # # # * # # # # 150 # 100 * * * * ** * * * * * ** 50 0 22 gg # # * # # # # Tempo di climbing (secondi) Tempo di nuoto attivo (secondi) 250 - 24 h 8 gg 15 gg 22 gg Figura 5. Influenza del SCM e dei singoli trattamenti sui livelli sierici di corticosterone nel ratto. I dati sono espressi come medie ± E.S.M.. * P<0.05 vs. non stressati non trattati; # P<0.05 vs. stressati non trattati. 150 No stress fis No stress UFP 10 Stress fis Stress UFP 5 Stress UFP 10 Stress UFP 20 Stress IMI 15 Stress UFP 10 + N 5 120 # ng/ml 90 # 60 30 0 60 # Figura 6. Influenza del SCM e dei singoli trattamenti sui livelli ippocampali di RNA messaggero e della proteina di BDNF nel ratto. I dati sono espressi come medie ± E.S.M.. A) BDNF mRNA 140 120 100 % 80 60 40 20 No stress fis 0 B) % No stress UFP 10 Stress fis BDNF proteina 140 Stress UFP 10 120 Stress IMI 15 100 Stress UFP 10 + N 5 80 60 40 20 61 Tabella 1. Effetti del SCM e del trattamento cronico con UFP-101 o Imipramina sul 5HIAA, sulla 5-HT e sul loro turnover nella corteccia frontale di ratto. FIS = trattati con fisiologica; UFP = UFP-101 (nmol/rat, i.c.v.), N/OFQ = nociceptin/orphainin FQ (nmol/rat, i.c.v.), IMI = imipramine (i.p.). I valori sono espressi come medie ± S.E.M.. *P<0.05 vs no stress Fis. CORTECCIA FRONTALE 5-HIAA 5-HT 5-HIAA/5-HT NO STRESS FIS 351.7 12.7 502.7 24.7 0.71 0.04 NO STRESS + UFP 10 360.4 14.8 525.3 26.4 0.68 0.05 STRESS FIS 322.7 11.4 350.4 12.4 * 0.92 0.04 * STRESS + UFP 5 331.4 15.2 471.2 22.7 0.70 0.03 STRESS + UFP 10 344.2 16.5 489.1 29.9 0.69 0.04 STRESS + UFP 20 353.9 18.2 509.4 21.7 0.67 0.06 STRESS + UFP 10 + N/OFQ 5 341.0 17.5 374.4 13.9 * 0.91 0.08 * STRESS + IMI 15 mg/kg 368.1 14.9 518.4 28.4 0.71 0.06 62 Tabella 2. Effetti del SCM e del trattamento cronico con UFP-101 o Imipramina sul 5HIAA, sulla 5-HT e sul loro turnover nel ponte di ratto. FIS = trattati con fisiologica; UFP = UFP-101 (nmol/rat, i.c.v.), N/OFQ = nociceptin/orphainin FQ (nmol/rat, i.c.v.), IMI = imipramine (i.p.). I valori sono espressi come medie ± S.E.M.. *P<0.05 vs no stress Fis. PONTE 5-HIAA 5-HT 5-HIAA/5-HT NO STRESS FIS 300.8 11.7 637.8 39.6 0.48 0.03 NO STRESS + UFP 10 322.5 16.8 657.1 40.1 0.51 0.02 STRESS FIS 304.7 11.4 859.2 68.4 * 0.33 0.03 * STRESS + UFP 5 440.5 31.2 * 920.1 71.8 * 0.48 0.04 STRESS + UFP 10 532.2 42.5 * 970.9 78.1 * 0.55 0.04 STRESS + UFP 20 564.3 45.7 * 1002.1 83.4 * 0.56 0.03 STRESS + UFP 10 + N/OFQ 5 301.4 18.1 868.1 53.7 * 0.32 0.04 * STRESS + IMI 15 mg/kg 305.2 15.7 648.8 37.9 0.48 0.02 63 64 Discussione e conclusione Nella prima area di ricerca, riguardante il possibile coinvolgimento del sistema N/OFQ-NOP sulla modulazione dell’analgesia, abbiamo dimostrato che la nocicettina è in grado di antagonizzare in modo dose dipendente l’effetto analgesico del paracetamolo nel test della piastra calda. In precedenza, alcuni autori hanno osservato che la nocicettina previene l’analgesia indotta da morfina dimostrando la capacità di tale peptide di modulare il sistema oppioidergico (Harrison, 2000). Fino ad oggi non erano note informazioni riguardanti l’effetto della nocicettina sull’attività antinocicettiva di farmaci analgesici non oppioidi. La piastra calda, scaldata a temperatura costante, produce due risposte comportamentali: il leccamento delle zampe posteriori e il salto, che possono essere misurate come tempi di reazione e che rappresentano risposte integrate a livello sopraspinale (Le Bars et al., 2001). Ciò ci ha permesso di confermare l’importanza della componente centrale del meccanismo d’azione del paracetamolo suggerendo anche che l’interazione tra nocicettina e paracetamolo potrebbe verificarsi a livello sopraspinale. Tali dati sono stati ottenuti senza alcuna variazione dell’attività locomotoria nei ratti trattati con i tre farmaci da soli o in associazione. L’azione della nocicettina si esplica attraverso il suo recettore (NOP) e ciò è confermato dalla capacità dell’UFP-101 di prevenire, in modo significativo anche se parziale, l’effetto antagonista della nocicettina sull’azione analgesica del paracetamolo. L’UFP-101 è, infatti, un’antagonista competitivo dei recettori NOP ed è capace di antagonizzare in vivo, molti degli effetti indotti dalla Nocicettina (Corradini et al., 2001). 65 Una prima conclusione che possiamo trarre dai dati ottenuti è che l’antagonismo della nocicettina sul paracetamolo è mediata attraverso i recettori NOP. Sulla base di risultati già presenti in letteratura, abbiamo poi ipotizzato un ruolo della serotonina sull’effetto antagonista della nocicettina nei confronti dell’attività analgesica del paracetamolo. Infatti, questo effetto sembra mediato dalla serotonina sia a livello spinale (Pellisier et al., 1995; Courade et al., 2001) che sopraspinale (Pini et al., 1997); inoltre studi in vitro hanno dimostrato che il paracetamolo aumenta la liberazione di [3H]5-HT prodotta da ioni K+, aggiungendo nuove evidenze sul fatto che il paracetamolo agisca sulla neurotrasmissione serotoninergica centrale. Dati recenti hanno anche evidenziato una modulazione nella liberazione di [3H]5-HT da parte della nocicettina in sinaptosomi della corteccia di ratto (Marti et al., 2003). Tenendo in considerazione tali osservazioni, abbiamo deciso di studiare la possibile implicazione della serotonina nell’interazione tra nocicettina e paracetamolo. Abbiamo scelto le tre aree già menzionate in quanto particolarmente implicate nella modulazione del sistema nocicettivo. Riferendoci al primo esperimento, si può concludere che ci sia una correlazione tra i risultati comportamentali e biochimici, che potrebbe spiegare l’antagonismo della nocicettina sull’effetto analgesico del paracetamolo. Queste osservazioni confermano la componente centrale del meccanismo d’azione del paracetamolo e dimostrano che l’interazione con la nocicettina avviene a livello cerebrale. L’effetto di prevenzione da parte dell’UFP 101 sull’antagonismo della nocicettina sul paracetamolo avviene in modo simile nelle tre aree cerebrali studiate. 66 I nostri dati evidenziano che le concentrazioni basali di serotonina nella corteccia temporo-parietale sono più basse rispetto a quelle delle altre aree da noi studiate, suggerendo una minore innervazione serotoninergica di tale area; ciononostante la percentuale di aumento della serotonina prodotta dal paracetamolo è della stessa entità rispetto a quella osservata nella corteccia frontale e nel ponte. Questo ultimo dato indicherebbe che l’aumento di tale neurotrasmettitore potrebbe essere un fenomeno generale che si verifica in molte aree cerebrali. La corteccia temporo-parietale sembra avere una minore importanza nelle vie nocicettive, ma possiede un ruolo chiave in alcune malattie psichiatriche come gli attacchi di panico e la depressione (Meyer et al., 2000). Inoltre i nostri dati indicano come la nocicettina e il paracetamolo agiscano in modo opposto sulla liberazione di serotonina nel cervello. Questa interazione non sembra un effetto di sommazione in quanto il paracetamolo produce un aumento dei livelli di serotonina più forte rispetto al leggero calo provocato dalla nocicettina. Si può ipotizzare che la nocicettina provochi una diminuzione della liberazione di serotonina solo quando essa è aumentata oltre i livelli fisiologici (Gavioli et al., 2004). In base ai risultati presentati possiamo ipotizzare che il blocco dei recettori NOP da parte dell’UFP-101 nel cervello possa prevenire l’effetto della nocicettina sugli stessi recettori. Tramite questo meccanismo, l’aumento delle concentrazioni di serotonina provocato dal paracetamolo viene ripristinato e di conseguenza anche il suo effetto analgesico. Dobbiamo però tener conto che il meccanismo con cui il paracetamolo esercita il suo effetto a livello del SNC non è stato ancora completamente chiarito; infatti, altri studi hanno proposto il coinvolgimento delle cicloossigenasi, del sistema oppioide, noradrenergico, colinergico per spiegare l’effetto di tale farmaco. 67 serotoninergico e Perciò il ruolo di altri sistemi trasmettitoriali sull’azione della nocicettina e del suo recettore, non può essere escluso. I risultati dello studio inerenti al coinvolgimento del sistema N/OFQ– recettore NOP nella modulazione dell’ansia, mostrano che nell’EPM, una singola somministrazione i.c.v. di nocicettina agisce sul comportamento del ratto in maniera simile ad un agente ansiogenico. Tuttavia, lo stato di ipomotilità può interferire con le risposte comportamentali. Effettuando un pre-trattamento di 2 ore con N/OFQ, non è stata osservata alcuna riduzione nell’attività locomotoria e, nel test dell’EPM, si è riscontrato un effetto ansiolitico del nostro peptide; inoltre diversi dati presenti in letteratura mostrano effetti comportamentali simili per farmaci ansiolitici nell’elevated plus maze effettuato in roditori (Handley e Mithani, 1984; Yellow e File, 1986; Jenck et al., 1997). Nel modello del CDB, l’altezza e la durata del ricoprimento della sonda risultano entrambi diminuire nei ratti trattati con singole somministrazioni di N/OFQ (a partire da 0,75 nmol/ratto) o in quelli che hanno ricevuto il doppio trattamento con 1 nmol/ratto di nocicettina. I farmaci ansiolitici, come il diazepam, diminuiscono la durata e l’altezza del ricoprimento, indicando che questi parametri possono essere considerati come indice per la valutazione di un eventuale stato di ansia (Pinel e Treit, 1978; Treit et al., 1981; LopezRubalcava et al., 1996; Lopez-Rubalcava et al., 1999). In questo test l’attività locomotoria potrebbe essere meno importante per l’ottenimento dei risultati; infatti un netto effetto ansiolitico, si è osservato sia dopo singola che doppia somministrazione intracerebroventricolare di nocicettina. Inoltre, il fatto che, entrambi i tipi di trattamento con il suddetto peptide abbiano riportato effetti simili nel modello del conditioned defensive burying, supporta una potenzialità ansiolitica di questo farmaco. 68 Il pre-trattamento con UFP-101, alla dose di 10 nmoli/ratto, previene l’effetto della nocicettina (dopo doppia somministrazione) in entrambi i test da noi utilizzati, indicando come la sua azione ansiolitica possa essere mediata dal recettore NOP. La nostra ricerca è in accordo con altre che riportano un effetto ansiolitico della N/OFQ o dell’agonista del recettore NOP, Ro 64 6198, osservato in topi e in ratti attraverso diversi modelli comportamentali che generano differenti tipi di stati ansiosi (Jenck et al., 1997; Jenck et al., 2000; Greibel et al., 1999). L’effetto ansiogenico misurato nell’EPM dopo singola iniezione di N/OFQ potrebbe essere spiegato sulla base del verificarsi simultaneo dell’intenso effetto ipolocomotorio indotto dal peptide, effetto che genera una rapida tolleranza dopo iniezioni ripetute (Devine et al., 1996). Fernandez ed i suoi colleghi (2004) riportano che iniezioni i.c.v. di N/OFQ (0,001 – 1 nmoli/ratto), aumentano il comportamento relativo all’ansia nei ratti, usando tre tipi di test ansiometrici incluso l’EPM; questi dati comportamentali sono associati con l’aumento delle concentrazioni di corticosterone circolante. Il presente studio indica che l’azione della nocicettina nei test d’ansia potrebbe essere influenzato da conseguenze emozionali del suo effetto ipolocomotorio in condizioni di stress; inoltre sarebbe interessante indagare l’effetto delle somministrazioni ripetute di N/OFQ anche negli altri test utilizzati dal gruppo di Fernandez. La tolleranza all’effetto ipolocomotorio potrebbe dipendere dalla desensibilizzazione e/o internalizzazione del recettore NOP dopo ripetute somministrazioni dell’agonista. Spampinato e collaboratori (2001, 2002) hanno riportato che la nocicettina è in grado di promuovere l’internalizzazione del recettore NOP umano (hNOP) in linee cellulari di neuroblastoma Sk-N-BE, e che la β-arrestina-2 è coinvolta in questo processo. 69 Infine, alle nostre condizioni sperimentali, la nocicettina, in maniera dose dipendente, aumenta i livelli sierici di corticosterone in seguito a somministrazione acuta. Ciò è in accordo con precedenti studi che mostrano come N/OFQ attiva l’asse HPA in ratti non stressati e aumenta la risposta ormonale in presenza di lievi condizioni stressanti (Devine et al., 2001; Devine et al., 2002). Interessante è il dato che il pre-trattamento con nocicettina riduca bruscamente l’effetto del peptide sul corticosterone. L’aumento dei livelli di corticosterone è provocato da somministrazioni acute sia di farmaci ansiolitici che ansiogeni, e la correlazione tra questi farmaci e le risposte emozionali sembrano non essere molto chiare (Marc e Morselli, 1969; Yellow e File, 1985; Matheson et al., 1988; de Boere et al., 1991; Bitran et al., 1998; Fernandez et al., 2004). I risultati di questo studio indicano che il trattamento i.c.v. con N/OFQ produce un netto effetto ansiolitico solo in condizioni tali in cui è assente una modificazione sulla locomozione. I livelli sierici di CORT non sembrano essere correlati con uno stato di ansia alle nostre condizioni sperimentali. Considerati globalmente, questi dati rappresentano un importante stadio per chiarire il ruolo della nocicettina nelle risposte a stati acuti di ansia. Infine, essi rafforzano l’ipotesi secondo la quale la N/OFQ potrebbe partecipare nella normale processazione degli stimoli emozionali e stressanti, e che la disregolazione del sistema N/OFQ-recettore NOP potrebbe essere coinvolta in disordini psichiatrici associati con un’alterata attività dell’asse HPA e/o stati patologici ansiosi. Nello studio riguardante il sistema N/OFQ-NOP e depressione, terzo esperimento, abbiamo valutato l’effetto dell’antagonista del recettore NOP, UFP-101, nel paradigma sperimentale dello Stress Cronico Moderato (SCM) in ratti Wistar. L’esposizione per 6 settimane a SCM ha prodotto anedonia 70 (ridotta preferenza alla soluzione di saccarosio 1%). Iniezioni i.c.v. giornaliere di UFP-101 non hanno modificato l’assunzione di soluzione di saccarosio in ratti non stressati, ma hanno ristabilito il consumo basale di saccarosio in ratti sottoposti a stress. L’UFP-101 ha anche ridotto il tempo di immobilità dei ratti stressati nel test di Porsolt; ha abolito l’aumento dei livelli sierici di corticosterone e le modificazioni cerebrali dei livelli di 5-HT. Questi dati forniscono ulteriore evidenza sperimentale a favore dell’effetto antidepressivo di antagonisti del recettore NOP. Si è inoltre osservato come la procedura dello SCM non riduca i livelli ippocampali di mRNA e della proteina del fattore neurotrofico BDNF. Parallelamente, l’UFP-101 ha annullato gli effetti dello stress nel test di Porsolt in modo tempo-dipendente. La co-somministrazione ripetuta di N/OFQ previene completamente gli effetti comportamentali dell’UFP-101 indicando un coinvolgimento diretto a livello recettoriale. Il valore del presente lavoro risiede nell’utilizzo di un modello animale nel quale i ratti abbiano esperienze depressogene prima della somministrazione del composto di cui vogliamo valutare il potenziale effetto antidepressivo, ponendoci quindi in condizioni simili a quelle presenti nella pratica clinica. La procedura del SCM da noi adottata ha indotto, inoltre, un incremento significativo nel tempo di immobilità nel FST mentre l’UFP-101 ha completamente ristabilito la reattività dell’animale e il suo comportamento di “combattività”. Originalmente descritto da Porsolt e colleghi (1977, 1978), il FST risulta il test comportamentale più comunemente utilizzato per lo screening di agenti antidepressivi. Infatti, categorie differenti di antidepressivi riducono il tempo speso nel tentativo di scalare le pareti del cilindro (climbing) (Cryan et al., 2002; Detke et al., 1995; Lucki, 1997). Numerosi studi hanno riportato come gli antagonisti del recettore NOP inducano effetti antidepressivi in roditori naive nel FST (Gavioli et al., 2003, 2004; Rizzi et 71 al., 2007); inoltre, quest’azione è assente in topi deficienti per il gene del recettore NOP i quali, in aggiunta, mostrano un fenotipo “anti-depresso” (Gavioli et al., 2003). Nel nostro studio l’esposizione dei ratti al SCM non modifica in modo significativo, nell’open field, il parametro (numero di innalzamenti) che rispecchia l’interesse per l’esplorazione di un nuovo ambiente ma, è in grado di diminuire l’attività locomotoria in campo aperto, espressa dal numero totale di attraversamenti. Questo nostro dato è in accordo con i risultati di altre ricerche che hanno rilevato come il SCM fosse in grado di ridurre la locomozione dei ratti nello stesso test (D’Aquila et al., 2000). Per contro, il fatto che i ratti trattati con UFP-101 mostrino un incremento nel numero di attraversamenti che li riporta ai valori degli animali non stressati può riflettere un ripristino dell’attività esploratoria. Inoltre, il trattamento con UFP-101 non induce delle alterazioni in senso negativo nell’accrescimento ponderale dei ratti, fenomeno che invece avviene dopo somministrazione ripetuta di imipramina. Una riduzione nel peso corporeo in corso di trattamento cronico con imipramina, precedentemente descritta da diversi gruppi, può essere considerata un fattore confondente e, cosa di maggiore rilevanza, un effetto avverso soprattutto per il test del saccarosio. Infatti, l’attività anoressizzante degli antidepressivi più comunemente utilizzati rappresenta un importante effetto collaterale che deve essere preso in considerazione nella pratica clinica. Lo stress e la depressione risultano essere associati in diversi modi; alcuni disturbi legati allo stress sembrano dipendere dalla patofisiologia della depressione (Kioukia-Fougia et al., 2002). Inoltre, è noto che gli ormoni dello stress, come i glucocorticoidi, possono modulare la funzionalità neuronale nel SNC in risposta a stimoli stressanti. Alcuni autori hanno anche dimostrato come possa effettuarsi un danno prolungato dell’asse HPA in ratti stressati in 72 modo cronico e in pazienti con depressione conclamata dal punto di vista clinico (Morley-Fletcher et al., 2004; Tafet e Bernardini, 2003). Nella nostra ricerca i ratti sottoposti a SCM mostrano un incremento nella liberazione di corticosterone. Studi precedenti avevano indicato come una secrezione elevata di corticosterone, così come un’ipertrofia delle ghiandole surrenali potesse essere revertita dalla somministrazione di antidepressivi classici (Reul et al., 1993; McEwen, 2005). Inoltre, la stimolazione e il mantenimento dell’attività dell’asse HPA possono essere anche modulati dalle proiezioni provenienti da varie aree del SNC verso l’ipotalamo grazie al rilascio del CRF attraverso una rete di neurotrasmettitori che comprendono la serotonina, la noradrenalina, il glutammato e l’acetilcolina (Herman e Cullinan, 1997). I nostri risultati attuali mostrano che anche l’UFP-101 è efficace nel ridurre l’incremento dei livelli sierici di corticosterone indotto dallo stress. Questi effetti sono confrontabili con quelli provocati da un trattamento con imipramina sia alle nostre condizioni sperimentali sia da quanto si evince dai dati di letteratura (Duncan et al., 1998). E’ probabile che le azioni dell’UFP-101 e di altri antagonisti altamente selettivi del recettore NOP dipendano esclusivamente dalla loro abilità di bloccare il sistema di segnalazione della nocicettina mediato dal recettore NOP. Precedenti risultati hanno indicato che la nocicettina, di per sé inefficace nel FST, era altresì capace di annullare gli effetti dell’UFP-101 e di altri antagonisti del recettore NOP nel topo (Gavioli et al., 2003). I nostri risultati attuali mostrano, infatti, che una co-somministrazione ripetuta di nocicettina e UFP-101 è in grado di prevenire completamente sia gli effetti comportamentali che biochimici dell’UFP-101 in singola somministrazione. Questo dato è di supporto all’ipotesi di un coinvolgimento specifico e diretto del recettore NOP a questo riguardo. 73 La maggior parte dei farmaci antidepressivi attualmente per uso clinico condividono meccanismi d’azione simili, agendo in ultima istanza, mediante un incremento dei livelli di monoamine nello spazio sinaptico (Nutt, 2002). E’ stato dimostrato che UFP-101 antagonizza selettivamente l’inibizione presinaptica di noradrenalina (Marti et al., 2003) e di serotonina (Calò et al., 2002) indotta da somministrazione di nocicettina in preparati corticali e previene l’iperpolarizzazione, mediata dai canali del K+, provocata dalla nocicettina nel nucleo del rafe dorsale (Gavioli et al., 2004). In questo modo, UFP-101 potrebbe agire su un bersaglio terminale simile a quello di un antidepressivo classico, cioè determinando un incremento nella concentrazione sinaptica di serotonina a livello corticale, e tuttavia agendo a diversi livelli e con meccanismi differenti. Effettivamente è stato confermato come l’UFP-101 sia in grado di revertire, in modo dose-dipendente, i cambiamenti nell’attività serotoninergica nella corteccia frontale e nel ponte, indotti da esposizione a SCM. Questo risultato corrobora l’ipotesi di un coinvolgimento serotoninergico nell’azione antidepressiva degli antagonisti del recettore NOP. Infine, risulta noto che, in modelli animali di stress cronico, i neuroni dell’ippocampo rispondono con una riduzione di fattori neurotrofici quali BDNF. Il trattamento cronico con diversi antidepressivi risulta in grado di incrementare l’espressione del mRNA di questa neurotrofina nel cervello di ratto, in particolare nell’ippocampo (Nibuya et al., 1995) e per questo è stato ipotizzato che tale effetto possa portare ad un miglioramento dei sintomi della depressione (D’Sa e Duman, 2002). Ciononostante, studi che mostrano gli effetti di trattamenti cronici con antidepressivi sull’espressione di queste neurotrofine hanno mostrato come la sovra-regolazione dei suddetti peptidi non sia comune a tutti i trattamenti farmacologici che sono risultati efficaci in trial clinici; inoltre questo fenomeno è spesso associato alla dose utilizzata 74 (Russo-Neustadt et al., 1999; Xu et al., 2003; Coppell et al., 2003). In base ai dati ottenuti nell’ultima parte del mio dottorato, si può dire che né l’esposizione al SCM né il trattamento cronico per tre settimane con UFP-101 sono in grado di modificare i livelli di BDNF nell’ippocampo. Questi risultati suggeriscono anche che l’efficacia dell’UFP-101 nell’annullare i sintomi tipici della depressione (anedonia) nel modello del SCM possano non dipendere direttamene da variazioni di BDNF. In conclusione, i nostri dati mostrano che l’azione antidepressiva dell’UFP101 si manifesta più rapidamente rispetto agli antidepressivi classici (dopo una settimana al contrario dell’imipramina per la quale sono necessarie due settimane di trattamento). La reversione degli effetti sul consumo di saccarosio e sul test del nuoto forzato operata dalla concomitante somministrazione di nocicettina per 10 giorni, somministrazione che riporta gli animali ad uno stato di anedonia confrontabile con quello degli stressati non trattati, fa propendere per il coinvolgimento di un meccanismo di azione di tipo recettoriale. È stato inoltre confermato un coinvolgimento di tipo inibitorio del meccanismo di feedback dell’asse HPA nel nostro modello sperimentale di stress. Il modello dello stress cronico moderato è in grado di indurre anche cambiamenti neurochimici, in particolare, nell’attività serotoninergica che sono area-specifici e vengono revertiti sia da antidepressivi classici come l’imipramina che dall’UFP-101, confermando ancora una volta il coinvolgimento di questo circuito neurochimico nelle basi biologiche della depressione e fornendo maggiori chiarimenti sul meccanismo d’azione di potenziali nuovi agenti antidepressivi. Molti pazienti affetti da depressione non hanno una risposta rapida alla terapia con agenti antidepressivi classici e la loro efficacia clinica risulta evidente 75 solo dopo 4-6 settimane di trattamento. In questo modo, un agente antidepressivo con una comparsa d’azione più rapida potrebbe rappresentare una “conquista” interessante in farmacoterapia. I risultati ottenuti dai diversi gruppi che collaborano sul progetto PRIN sulla nocicettina, compreso il nostro, hanno confermato come il sistema nocicettina/recettore NOP sia ubiquitario, e come, attraverso tale via, il neuropeptide N/OFQ sia in grado di regolare diverse funzioni biologiche sia centrali (dolore, locomozione, disordini dell’umore, memoria, alimentazione) che periferiche (sistema cardiovascolare, uro-genitale, polmonare e gastroenterico). Obiettivi futuri avranno lo scopo di studiare antagonisti del recettore NOP di natura non peptidica, da sostituire a quelli classici, oggetto degli studi condotti finora, per facilitare il passaggio della barriera ematoencefalica ed avvicinarsi, così, a studi pre-clinici. Per quanto riguarda le mie ricerche, ho osservato il coinvolgimento a livello recettoriale del sistema nocicettina – recettore NOP, nei campi di studio da me indagati corroborando le evidenze sperimentali che si sono col tempo accumulate su questo sistema peptidergico. Tutto ciò rappresenta un supporto all’ipotesi secondo la quale il recettore NOP possa rappresentare un candidato target per lo sviluppo di nuove terapie in campo neurologico, come nocicezione, ansia e depressione. 76 Bibliografia Besson JM. La complexitè des aspects physiopharmacologiques de la douleur. Drugs 1997; 53 (Suppl.2): 1-9. Bitran D., M. Shiekh, J.A. Dowd, M.M. Dugan and P. Renda, Corticosterone is permissive to the anxiolytic effect that results from the blockade of hippocampal mineralcorticoid receptors, Pharmacol Biochem Behav 60 1998, pp. 879–887. Björkman R., Central antinociceptive effects of non-steroidal antiinflammatory drugs and paracetamol. Experimental studies in the rat. Acta Anaesthesiol. Scand. 1995, 39(Suppl.3), 7-43. Calò G., Rizzi A., Rizzi G., Bigoni R., Guerrini R., Marzola G., Marti M., McDonald J., Morari M., Lambert D.G., Salvatori S., Regoli D. [Nphe1,Arg14,Lys15]nociceptin-NH2, a novel, potent and selective antagonist of the nociceptin/orphanin FQ receptor. Br. J. Pharmacol. (2002)136:303-311. Calò G., R. Guerrini, A. Rizzi, S. Salvadori, M. Burmeister and D.R. Kapusta. PUFP-101, a peptide antagonist selective for the nociceptin/orphanin FQ receptor, CNS Drug Rev 11 (2005) (2), pp. 97–112. Ciccocioppo R., Economidou D., Fedeli A., Massi M. The nociceptin/orphanin FQ/NOP receptor system as a target for treatment of alcohol abuse: a review of recent work in alcohol-preferring rats. Physiol Behav. (2003) 79:121-128. Conner J.M., Lauterborn J.C., Yan Q., Gall C.M., Varon S. Distribution of brain-erived neurotrophic factor (BDNF) protein and mRNA in the normal adult rat CNS: evidence for anterograde axonal transport. J. Neurosci. (1997) 17:2295-2313. 77 Coppell A.L., Pei Q., Zetterström T.S. Bi-phasic change in BDNF gene expression following antidepressant drug treatment. Neuropharmacology (2003) 44:903-910. Corradini L., Briscini L., Ongini E., Bertorelli R. Putative OP4 antagonist, [Nphe1]nociceptin (1-13)NH2, prevents the effects of nociceptin in neuropathic rats. Brain Res. 2001 905(1-2), 127-133. Courade J.P., Caussade F., Martin K., Besse D., Delchambre C.. Hanoun N., Hamon M., Eschalier A., Cloarec A.. Effects of acetaminophen on monoaminergic systems in the rat central nervous system. NaunynSchmiedebergs Arch. Pharmacol. 2001364, 534-537. Cryan J.F., Markou A., Lucki I. Assessing antidepressant activity in rodents: recent developments and future needs. Trends Pharmacol. (2002) Sci. 23:238-245. D’Aquila P.S., Brain P., Willner P. Effects of chronic mild stress on performance in behavioural tests relevant to anxiety and depression. Physiol. Behav. (1994) 56:861-867. D’Aquila P.S., Peana A.T., Carboni V., Serra G. Different effects of desipramine on locomotor activity in quinpirole-treated rats after repeated restraint and chronic mild stress. J. Psychopharmacol. (2000) 14:347-352. D’Sa C., Duman R.S. Antidepressant and plasticity. Bipolar Disord. (2002) 4:184-194. Dautzenberg F.M., J. Wichmann, J. Higelin, G. Py-Lang, C. Kratzeisen and P. Malherbe. Pharmacological characterization of the novel nonpeptide orphanin FQ/nociceptin receptor agonist Ro 64-6198: rapid and reversible desensitization of the ORL1 receptor in vitro and lack of tolerance in vivo, J Pharmacol Exp Ther 298 (2001) (2), pp. 812–819. 78 Davis S., Heal D.J. e Standford S.C. Long-lasting effect of acute stress on the neurochemistry a d function of 5-hydroxytryptaminergic neurones in mouse brain. Psychopharmacology 1995118: 267–272. De Cesare D. e Sassone-Corsi P. Trascriptional by Cyclic AMP-Responsive Factors. Progres in Nuclic Acid Research and Molecular Biology 2000, vol. 64. Academic Press. Deakin J. 5 -HT, antidepressant drugs and the psychosocial origins of depression. Psychopharmacol. 199610: 31-38. de Boer S.F., J.L. Slagen and J. Van der Gugten, Effects of buspirone and chlordiazepoxide on plasma catecholamine and corticosterone levels in stressed and nonstressed rats, Pharmacol Biochem Behav 38 (1991), pp. 299–308. Detke M.J., Rickels M., Lucki I. Active behaviours in the rat forced swimming test differentially produced by serotonergic and noradrenergic antidepressants Psychopharmacology (Berl) (1995) 121:66-72. Devine D.P., L. Taylor, R.K. Reinscheid, F.J. Monsma Jr., O. Civelli and H. Akil, Rats rapidly develop tolerance to the locomotor-inhibiting effects of the novel neuropeptide orphanin FQ, Neurochem Res 21 (1996), pp. 1387– 1396. Devine D.P., M.T. Hoversten, Y. Ueda and H. Akil, Nociceptin/orphanin FQ content is decreased in forebrain neurons during acute stress, J Neuroendocrinol 15 (2002), pp. 69–74. Devine D.P., S.J. Watson and H. Akil, Orphanin FQ regulates neuroendocrine function of the limbic–hypothalamic–pituitary–adrenal axis, Neuroscience 102 (2001), pp. 541–553. Devor M. Pain mechanisms and syndromes. In Campbell NJ (Eds): Pain 1996-an updated review. IA-PAS Press, Seattle, 1996; 103-112. 79 Duman R.S., Monteggia L.M. A neurotrophic model for stress-related mood disorders. Biol. Psychiatry (2006) 59:1116-1127. Duncan G.E., Knapp D.J., Carson S.W. e Breese G. Differential Effects of Chronic Antidepressant Treatment on Swim Stress- and FluoxetineInduced Secretion of Corticosterone and Progesterone. The Journal of Pharmacology and Experimental Therapeutics 1998 285: 579-587. Elhwuegi A.S. Central monoamines and their role in major depression. Prog Neuropsychopharmacol. Biol. Psychiatry. 2004 28(3): 435-451. Fernandez F., M.A. Nociceptin/orphanin Misilmeri, FQ J.C. increases Felger and anxiety-related D.P. Devine, behaviour and circulating levels of corticosterone during neophobic tests of anxiety, Neuropsychopharmacology 29 (2004) (1), pp. 59–71. Florin S., C. Suaudeau, J.C. Meunier and J. Costentin, Nociceptin stimulates locomotion and exploratory behaviour in mice, Eur J Pharmacol 317 (1996), pp. 9–13. Florin S., I. Leroux-Nicolett, J.C. Meunier and J. Costentin, Autoradiographic localization of [3H]nociceptin binding sites from telencephalic to mesencephalic regions of the mouse brain, Neurosci Lett 230 (1997), pp. 33–36. Gavioli E.C., G.A. Rae, G. Calò, R. Guerrini and T.C. De Lima, Central injections of nocistatin or its C-terminal hexapeptide exert anxiogenic-like effect on behavior of mice in the plus-maze test, Br J Pharmacol 136 (2002) (5), pp. 764–772. Gavioli E.C., Calò G. Antidepressant- and anxiolytic-like effect of nociceptin/orphanin FQ receptor ligands Naunyn-Schmiedeberg’s Arch. Pharmacol. (2006) 372:318-330. Gavioli E.C., Marzola G., Guerrini R., Bertorelli R., Zucchini S., De Lima T.C., Rae G.A., Salvatori S., Regoli D., Calò G. Blockade of the 80 nociceptin/orphanin FQ-NOP receptor sygnaling produces antidepressantlike effects: pharmacological and genetic evidences from the mouse forced swimming test. Eur. J. Neurosci. (2003) 17:1987-1990. Gavioli E.C., Vaughan C.W., Marzola G., Guerrini R., Mitchell V.A., Zucchini S., De Lima T.C., Rae G.A., Salvadori S., Regoli D., Calò G. Antidepressant-like effects of the nociceptin/orphainin FQ receptor antagonist UFP-101: new evidence from rats and mice. NaunynSchmiedeberg’s Arch. Pharmacol. (2004) 369:547-553. Greibel G., G. Perrault and D.J. Sanger, Orphanin FQ, a novel neuropeptide with anti-stress-like activity, Brain Res 836 (1999), pp. 221–224. Grossi G., Bargossi A., Sprovieri G., Benagozzi V., Pasquale R. Full automation of serotonin determination by column switching and HPLC. Chromatographia (1990) 30:61-68. Handley S.L and J.S. Mithani, Effects of alpha-adrenoceptor agonists and antagonists in a maze-exploration model of ‘fear’-motivated behaviour, Naunyn-Schmiedeberg's Arch Pharmacol 327 (1984), pp. 1–5. Hanks G.W., Portenoy R.K., Mac Donald N. et al. Difficult pain problems. In Doyle D, Hanks GW, Mac Donald N (Eds): Oxford University Press, Oxford, 1993; 257-274. Harrison L.M., Grandy D.K.,. Opiate modulating properties of nociceptin/orphanin FQ. Peptides 2000 21; 151-172. Helyes Z., Nemeth J., Pinter E., Szolcsanyi J. Inibition by nociceptin of neuronergic inflammation and the release of SP and CGRP fromsensory nerve terminals. Br J Pharmacol 1997; 121: 613-5. Herman J.P., Cullinan W.E. Neurocircuitry of stress. Central control of the hypothalamo-pituitary adrenocortical axis. Trends Neurosci. (1997) 20:7884. 81 Jenck F., J. Wichmann, F.M. Dautzenberg, J.-L. Moreau, A.M. Ouagazzal and J.R. Martin. A synthetic agonist at the orphanin FQ/nociceptin receptor ORL1: anxiolytic profile in the rat, Proc Natl Acad Sci USA 97 (2000), pp. 4938–4943. Jenck F., J.-L. Moreau, J.R. Martin, G.J. Kilpatrick, R.K. Reinscheid and F.J. Monsma Jr. Orphanin FQ acts as an anxiolytic to attenuate behavioural responses to stress, Proc Natl Acad Sci USA 94 (1997), pp. 14854–14858. Jensen T.S. Mechanism of neuropatic pain. In Campbell NJ (Eds): Pain 1996an updated review. IA-PAS Press, Seattle, 1996; 77-86. Katz R.J., Roth K.A., Carroll B.J. Acute and chronic stress effects on open field activity in the rat: implication for a model of depression. Neurosci. (1981) Biobehav. Rev. 5:247-251. Kennet G.A., Chaouloff F., Marcou M., Curzon G. Female rats are more vulnerable than males in an animal model of depression: the possible role of serotonin. Brain Res (1986). 382:416-421. Kioukia-Fougia N., Antoniou K., Bekris S., Liapi C., Christofidis I., Papadopouolu-Daifoti Z. The effect of stress exposure on the hypothalamic-pituitary-adrenal axis, thymus, thyroid hormones and glucose levels. Prog. Neuro-Psychopharmacol. (2002) 26:823-830. Koster A., A. Montkowski, S. Schulz, E.M. Stube, K. Knaudt and F. Jenck. Targeted disruption of the orphanin FQ/nociceptin gene increases stress susceptibility and impairs stress adaptation in mice, Proc Natl Acad Sci USA 96 (1999), pp. 10444–10449. Le Bars D., Gozariu M., Cadden S.W. Animal models of nociception. Pharmacol. Rev. 2001 53, 597-652. Lister G.G. Ethologically based animal models of anxiety disorders, Pharmacol Ther 46 (1990) (1), pp. 321–340. 82 Lopez-Rubalcava C., A. Fernandez-Guasti and R. Urba-Holmgren, Agedependent differences in the rat's conditioned difensive burying behavior: effect of 5-HT1A compounds, Dev Psychobiol 29 (1996) (2), pp. 157–169. Lopez-Rubalcava C., S.L. Cruz and A. Fernandez-Guasti, Blockade of the anxiolytic-like action of ipsapirone and buspirone, but not that of 8-OHDPAT, by adrenalectomy in male rats, Psychoneuroendocrinology 24 (1999) (4), pp. 409–422. Lucki I. The forced swimming test as a model for core and component behavioral effects of antidepressant drugs. Behav. Pharmacol. (1997) 8:523-532. Lufty K., Sharza A., Maidment N.T. Tolerance develops to the inhibitory effect of orphanin FQ on morphine-induced antinociception in the rat. Neuroreport 1999.10, 103-106. Maisonnette S., S. Morato and M.L. Brandao, Role of resocialization and 5HT1A receptor activation on the anxiogenic effects induced by isolation in the elevated plus-maze test, Physiol Behav 54 (1993) (4), pp. 753–758. Marc V. and P.L. Morselli, Effect of diazepam on plasma corticosterone levels in the rat, J Pharm Pharmacol 21 (1969), pp. 784–786. Marti. M., Stocchi S., Paganini F., Mela F., De Risi C., Calò G., Guerrini R., Barnes T.A., Lambert D.G., Beani L., Bianchi C. e Morari M. Pharmacological profiles of presinaptic nociceptin/orphanin FQ receptors modulating 5-hydroxytryptamine and noradrenaline release in the rat neocortex. Br. J. Pharmacol 2003 138, 91-98. Matheson G.K., D. Gage, G. White, V. Dixon and D. Gipson, A comparison of the effects of buspirone and diazepam on plasma corticosterone levels in rat, Neuropharmacology 27 (1988), pp. 823–830. McCormack N. Non-steroidal anti-inflammatory drugs and spinal nociceptive processing. Pain 1994 59, 9-43. 83 McEwen B.S. Glucocorticoids, depression, and mood disorders: structural remodeling in the brain. Metabolism (2005) 54:20-23. Meyer H.J., Swinson R., Kennedy S.H., Brown G.M. Increased left posterior parietal-temporal cortex activation after D-fenfluoramine in women with panic disorder. Psychiatry Res 2000 98, 133-134. Mogil J.S., Griesel J.E., Reinscheid R.K., Civelli O., Belknap J.K., Grandy D.K. Orphanin FQ is a functional anti opioid peptide. Neuroscience 1996 15, 333-337. Mogil Y.S., Pasternak G.W. The molecular and behavioural pharmacology of orphanin FQ/nociceptin peptide and receptor family. Pharmacol. Rev. 2001 45, 381-415. Mollereau C, Mouledous L. Tissue distribution of the opioid receptor-like (ORL1) receptor. Peptides (2000) 21:907-917. Morley-Fletcher S, Darnaudery M, Mocaer E, Froger N, Lanfumey L, Laviola G, Casolini P, Zuena AR, Marzano L, Hamon M, Maccari S. Chronic treatment with imipramine reverses immobility behaviour, hippocampal corticosteroid receptors and cortical 5-HT1A receptor mRNA in prenatally stressed rats. Neuropharmacology (2004) 47: 841-847. Mulder AH, Hogenboom F, Wardeh G, Schoffelmeer AN. Morphine and enkephalins potently inhibit [3H] noradrenaline release from rat brain cortex synaptosomes: further evidence for a presynaptic localization of mu opioid receptors. J Neurochem 1987; 48: 1043-1047. Nibuya M, Morinobu S, Duman RS. Regulation of BDNF and trkB mRNA in rat brain by chronic electroconvulsive seizure and antidepressant drug treatments. J. Neurosci. (1995) 15:7539-7547. Nutt D.J. The neuropharmacology of serotonin and noradrenaline in depression. Int. Clin. Psychopharmacol. 2002 17: S1-S12. 84 Pasternak G.W. Pharmacological mechanisms of opioid analgesics. Clin Neuropharmacol 1993 16: 1-18. Paxinos G, Watson C The Rat Brain in Stereotaxic Coordinates. Academic Press (1986), Orlando Pellissier T., Alloui A., Paeile C., Eschalier E. Evidence on central antinociceptive effect of paracetamol involving spinal 5-HT3 receptors. Neuroreport 1995 6, 983-993. Pellow S. and S.E. File, Anxiolytic and anxiogenic drug effects on exploratory activity in an elevated plus maze: a novel test of anxiety in the rat, Pharmacol Biochem Behav 24 (1986), pp. 525–529. Pellow S. and S.E. File, The effect of putative anxiogenic compounds (FG 7142, CGS 8216 and Ro 15-1788) on the rat corticosterone response, Physiol Behav 35 (1985), pp. 587–590. Pinel J.P.J. and D. Treit, Burying as defensive response in rats, J Comp Physiol Psychol 92 (1978), pp. 708–712. Pini L.A., Sandrini M., Vitale G. The antinociceptive action of paracetamol is associated with changes in the serotonergic system in the rat brain. Eur. J. Pharmacol 1996 308, 31-40. Porsolt RD, Anton G, Blavet N, Jalfre M. Behavioural despair in rats: a new model sensitive to antidepressant treatments. Eur. J. Pharmacol. (1978) 47:379-391. Porsolt RD, Le Pichon M, Jalfre M. Depression: a new animal model sensitive to antidepressant treatments. Nature (1977) 266:730-732. Reinscheid R.K., H.P. Nothacker, A. Bourson, A. Ardati, R.A. Henningsen and J.R. Bunzow et al., Orphanin FQ: a neuropeptide that activates an opioid-like G-protein-coupled receptor, Science 270 (1995), pp. 792–794. 85 Reul JMHM, Stec I, Soder M, Holsbore F. Chronic treatment of rats with the antidepressant amitryptiline attenuates the activity of the hypothalamicpituitary-adrenocortical system. Endocrinology (1993) 133:312-320. Rizzi A, Gavioli EC, Marzola G, Spagnolo B, Zucchini S, Ciccocioppo R, Trapella C, Regoli D, Calò G. Pharmacological characterization of the nociceptin/orphanin FQ receptor antagonist SB-612111 [(-)-cis-1-methyl7-[[4-(2,6-dichlorophenyl)piperidin-1-yl]methyl]-6,7,8,9-tetrahydro-5Hbenzocyclohepten-5-ol]: in vivo studies. J. Pharmacol. Exp. Ther. (2007) 321:968-974. Russo-Neustadt AA, Beard RC, Cotman CW. Exercise, antidepressant medications, and enhanced brain derived neurotrophic factor expression. Neuropsychopharmacology (1999) 21:679-682. Russo-Neustadt AA, Beard RC, Huang YM, Cotman CW. Physical activity and antidepressant treatment potentiate the expression of specific brain derived neurotrophic transcripts in the rat hippocampus. Neuroscience (2000) 101:305-312. Sandrini M., Vitale G., Pini L.A., Lopetuso G., Romualdi P., Candeletti S. Nociceptin/orphanin FQ prevents the antinociceptive action of paracetamol on the rat hot plate test. Eur. J. Pharmacol 2005 507, 43-48. Sbrenna S, Marti M, Morari M, Calò G, Guerrini R, Beani L, Bianchi C. Modulation of 5-hydroxytryptamine efflux from rat cortical synaptosomes by opioids and nociceptin. Bri J Pharmacol 2000; 130: 425-433. Schlicker E., Morari M. Nociceptin/orphanin/FQ and neurotransmitter release in central nervous system. Peptides 2000 21, 1023-1029. Smith MA, Makino S, Kvetnansky R. Post RM Stress and glucocorticoids affect the expression of brain derived neurotrophic factor and neurotrophin-3 mRNA in the hippocampus. J. Neurosci. (1995) 15:17681777. 86 Soblosky JS. Biochemical and behavioural correlates of chronic stress: effects of tricyclic antidepressants. Pharm. Biochem. Behav. (1986) 24:13621368. Spampinato S., R. Di Toro and A.R. Qasem, Nociceptin-induced internalization of the ORL1 receptor in human neuroblastoma cells, Neuroreport 12 (2001), pp. 3159–3163. Spampinato S., R. Di Toro, M. Alessandri and G. Murari, Agonist-induced internalization and desensitization of the human nociceptin receptor expressed in CHO cells, Cell Mol Life Sci 59 (2002), pp. 2172–2183. Schmidt-Kastner R, Wetmore C, Olson L. Comparative study of brain-derived neurotrophic factor messenger RNA and protein at the cellular level suggests multiple roles in hippocampus, striatum and cortex. Neuroscience (1996) 74:161-183. Tafet GE and Bernardini R. Psychoneuroendocrinological links between chronic stress and depression. Prog. Neuro-Psychopharmacol. (2003) 27:893-903. Treit D. Animal models for the study of antianxiety agents: a review, Neurosci Biobehav Rev 9 (1985), pp. 203–222. Treit D., J.P.J. Pinel and H.C. Fibiger. Conditioned defensive burying: a new paradigm for the study of anxiolytic agents, Pharmacol Biochem Behav 15 (1981), pp. 619–626. Varty G.B., L.A. Hyde, R.A. Hodgson, S.X. Lu, M.F. McCool and T.M. Kazdoba. Characterization of the nociceptin receptor (ORL-1) agonist, Ro64-6198, in test of anxiety across multiple species, Psychopharmacology 182 (2005), pp. 132–143. Vincieri F.F., Celli S., Mulinacci N., Speroni E. An aproach to the study of the biological activity of Escholtzia californica Cham. Pharmacol Res Com 1988 20 (Suppl. V), 41-48. 87 Wang J.L., Zhu C., Cao X.D., Wu G.C. Distinct effect of intracerebroventricular and intrathecal injection of nociceptin/orphanin FQ in the rat formalin test. Reg. Pept. 1999 79, 159-163. Wichmann J., G. Adam, S. Rover, M. Hennig, M. Scalone and A.M. Cesura. Synthesis of (1S,3aS)-8-(2,3,3a,4,5,6-hexahydro-1H-phenalen-1-yl)-1- phenyl-1,3,8-triaza-spiro[4. 5]decan-4-one, a potent and selective orphanin FQ (OFQ) receptor agonist with anxiolytic-like properties, Eur J Med Chem 35 (2000), pp. 839–851. Willner P. Dopamine and depression: a review of recent evidences. II Theoretical approaches. Brain Res (1983). 287:225-236. Willner P. Validity, reliability and utility of the chronic mild stress model of depression: a 10-year review and evaluation. Psychopharmacology (Berl) (1997) 134:319-329. Willner P, Muscat R, Papp M. Chronic mild stress-induced anhedonia: a realistic animal model of depression. Neurosci. Biobehav. Rev. (1992) 16:525-534. Xu H, Steven Richardson J, Li XM. Dose-related effects of chronic antidepressants on neuroprotective proteins BDNF, Bcl-2 and Cu/Zn-SOD in rat hippocampus. Neuropsychopharmacology (2003) 28:53-62. Zetterström TSC, Pei Q, Ainsworth K, Grahame-Smith DG. Effects of antidepressant treatments on BDNF gene expression in rat brain Br. J. Pharmacol. (1998) 123 (Proc. Suppl.):211. Zhu C.B., Zhang X.L., Cao X.D., Wu G.C., Li M.Y., Cui D.F., Qi Z.W. Antagonistic effect of orphanin FQ on opioid analgesia in rat. Acta Pharmacol 1998. Sin. 19, 10-14. 88 RINGRAZIAMENTI Voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno offerto la possibilità di raggiungere, dopo la tesi di laurea, questo secondo traguardo di formazione universitaria, per me molto importante per un futuro nel campo della ricerca. In particolare il Professor Maurizio Sandrini dell’Università degli studi di Modena per avermi seguito come tutor durante questi anni di Dottorato e per la supervisione costante alle nostre ricerche; il professor Giosuè Baggio, la professoressa Tiziana Rossi, il Professor Luigi Alberto Pini e la Professoressa Rossana Arletti per aver contribuito, a vario titolo, allo sviluppo del mio periodo di formazione del Dottorato e alla Professoressa Rosa Maria Gaion dell’Università degli studi di Padova, coordinatrice del Dottorato che ho frequentato, per l’ottima organizzazione del corso. Un grazie particolare lo dedico al Dottor Giovanni Vitale, maestro di questi anni e spero dei prossimi. La sua costante presenza, la sua disponibilità e pazienza, i suoi consigli (in campo accademico e non) ed i suoi insegnamenti mi hanno permesso di acquisire ed approfondire diverse competenze in campo scientifico e soprattutto ampliare il mio bagaglio culturale ed umano. Grazie alla Dott.ssa Monica Filaferro, amica, collaboratrice ed ottimo supporto tecnico e scientifico per tutti questi anni: la sua esperienza e preparazione sono uniche. Grazie a tutti i ragazzi/e ed ai tecnici della sezione di Farmacologia per aver reso più piacevoli e divertenti le ore di lavoro; al gruppo della Professoressa Brunello ed in particolare alla Dott.ssa Silvia Alboni per aver contribuito alla realizzazione ed elaborazione dei dati sul BDNF presenti in questa tesi. 89 Ringrazio il Professor Maurizio Massi dell’Università di Camerino, coordinatore dell’Unità del progetto PRIN 2006 sulla nocicettina, per la supervisione della parte relativa agli effetti sulla depressione. Infine un ringraziamento anche all’Università degli Studi di Ferrara nelle figure del Professor Domenico Regoli, coordinatore del Progetto PRIN 2006 sulla nocicettina, del Dott. Girolamo Calò per il supporto scientifico e del Dott. Remo Guerrini per la disponibilità delle sostanze da loro sintetizzate (agonisti e antagonisti del recettore NOP) e da noi utilizzate. 90