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Introduzione
Sistema Nocicettina (N/OFQ) - recettore NOP e antagonisti specifici
La Nocicettina/orfanina FQ (N/OFQ) è un eptadecapeptide isolato per la
prima volta nel 1995 in estratti cerebrali di mammifero (Reinscheid et al.,
1995); essa si lega selettivamente al suo recettore simile a quello per gli
oppioidi, ORL-1 (recettore per la nocicettina/orfanina FQ), chiamato anche
NOP, recettore appartenente alla superfamiglia dei recettori associati a
proteine G, in questo caso, alle Gi/o.
Attraverso i progressi della biologia molecolare è stato possibile isolare il
recettore orfano ORL-1 ed identificarlo come recettore omologo ai
tradizionali recettori per gli oppioidi, ma il confronto con sequenze di cDNA
dei recettori per gli oppioidi presenti in banche dati non dimostrano una
completa analogia del recettore ORL-1 con questi e per questo motivo veniva
indicato come recettore “orfano”. Questa nomenclatura ha fatto sì che si
venisse a definire una nuova famiglia di peptidi noti come “orfanine” di cui la
nocicettina fa parte come capostipite e ligando del recettore ORL-1. Tuttavia
il recettore ORL-1 condivide molte caratteristiche con i recettori per gli
oppioidi; per esempio, ha una lunghezza simile a quella di tali recettori. La
somiglianza tra il recettore ORL-1 ed i recettori per gli oppioidi di tipo
classico è del 65%, mentre l’omologia è di circa il 50% (Mollereau et al.,
2000).
Le preparazioni sinaptosomiali rappresentano un utile strumento con il quale
può essere studiata la distribuzione di particolari recettori in differenti tipi
neuronali e mediante questa metodica è stata indagata la diretta modulazione
dei flussi di neurotrasmettitori. Nella corteccia cerebrale, gli studi sono stati
focalizzati sull’azione inibitoria della nocicettina sul rilascio di [ 3H]noradrenalina (Mulder et al., 1987), glutammato e GABA (Sbrenna et al.,
2000); alcuni studi hanno portato alla scoperta che la nocicettina è anche in
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grado di inibire il rilascio spontaneo o indotto della serotonina dai
sinaptosomi corticali.
La nocicettina inibisce anche il rilascio della sostanza P e di peptidi relativi
alla calcitonina dalle terminazioni nervose sensoriali (Helyes et al., 1997).
Insieme al suo recettore NOP, essa presiede a svariate funzioni biologiche a
livello del sistema nervoso centrale (SNC): trasmissione del dolore,
modulazione delle alterazioni dell’umore quali ansia e depressione, memoria
e apprendimento, movimento, alimentazione e abuso di droghe (Mogil e
Pasternak, 2001; Ciccocioppo et al., 2003). Il sistema N/OFQ – recettore NOP
è espresso estesamente nel SNC e localizzato prevalentemente nei neuroni
centrali degli strati superficiali delle corna dorsali del midollo spinale, nel
complesso sensorio del trigemino, nella sostanza grigia periacqueduttale e nel
nucleo del rafe.
L’antagonista selettivo del recettore NOP, [Nphe1, Arg14, Lys15]N/OFQNH2 (UFP-101) lega con affinità elevata (pKi=10.2) sia i recettori espressi in
preparazioni animali che quelli umani ricombinanti espressi nelle cellule
dell’epitelio ovarico di criceto cinese (CHO). E’ stato verificato che esso
antagonizza l’inibizione presinaptica di noradrenalina e serotonina, indotta da
N/OFQ in preparazioni corticali, ed inoltre previene l’iperpolarizzazione
mediata dai canali al K+ provocata dalla nocicettina sia nel locus coeruleus
che nei neuroni del rafe dorsale.
Per quanto riguarda gli effetti sul tono dell’umore, studi ottenuti combinando
approcci farmacologici e genetici hanno indicato che il blocco della
segnalazione del sistema N/OFQ - recettore NOP produce effetti
antidepressivi a livello cerebrale in differenti specie animali e in diversi
modelli sperimentali suggerendo che il recettore NOP come bersaglio
molecolare candidato allo sviluppo di farmaci antidepressivi innovativi (Calò
et al., 2005).
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1° Area di ricerca: la percezione e la modulazione del dolore
L’informazione nocicettiva nasce nei sensori periferici (i cosiddetti
nocicettori) e arriva ai neuroni del corno posteriore del midollo spinale.
Il dolore vero e proprio è la presa di coscienza delle informazioni nocicettive
integrate a livello corticale e limbico.
Nella percezione del dolore sono coinvolte diverse aree del sistema nervoso
centrale le quali sono funzionalmente distinte ma interagenti tra di loro con
dinamiche differenti a seconda del tipo di dolore. Tra queste strutture
ricordiamo la corteccia anteriore cingolata, la corteccia somatico sensoriale SI
e SII, la corteccia prefrontale, la corteccia insulare, l’ipotalamo, il talamo, la
sostanza grigia periacqueduttale, il cervelletto e i gangli della base.
I segnali afferenti del dolore sono trasportati da due differenti tipi di fibre
nervose sensoriali. Il dolore rapido, descritto come localizzato e acuto, viene
trasmesso da piccole fibre mielinizzate Aδ che hanno una velocità di
conduzione di 12-30 m/sec. Il dolore cronico o viscerale, descritto come più
sordo e diffuso, viene trasportato da piccole fibre C non mielinizzate che
hanno una velocità di conduzione pari a 0,5-2 m/sec. In pratica quando lo
stimolo ha origine in una zona lontana dal Sistema Nervoso Centrale (SNC),
per esempio quando si urta un dito del piede, prima si prova una fitta acuta
(dolore rapido) seguita in breve tempo da una pulsazione cronica (dolore
lento).
La conoscenza delle vie del dolore e dei meccanismi che lo controllano ha
permesso di identificare differenti tipi di dolore che possono essere classificati
in base alla terminologia anatomica, alle caratteristiche cliniche o ancora
all’eziologia (Besson et al., 1997).
Il dolore somatosensoriale può avere origine dalla pelle, dal tessuto
connettivo, dal muscolo, dall’osso, dalle articolazioni o dalle membrane
sinoviali. Esso deriva da un eccesso di nocicezione provocato da una
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stimolazione diretta dei nocicettori in condizioni d’integrità del sistema
nervoso. Se questo stimolo persiste, potranno comparire modificazioni in
questo meccanismo di trasduzione del dolore che sarà poi responsabile di
un’amplificazione del dolore (Devor, 1996).
Il dolore viscerale trae origine dai visceri e dal torace, ha spesso una
localizzazione vaga ed è accompagnato da riflessi autonomi e somatici.
Il dolore neurogeno è causato da un danno o da un’infiammazione di un nervo
(dolore periferico) o da un danno o da una malattia nel SNC (dolore centrale).
Esso è responsabile delle modificazioni secondarie del funzionamento del
sistema nervoso (Jensen, 1996).
Un’altra distinzione è stata fatta tra il dolore che risponde ai derivati morfinici
(dolore nocicettivo) e quello che risponde in modo parziale o non risponde ai
morfinici (dolore neuropatico o viscerale) (Hanks et al., 1993).
I recettori che percepiscono gli stimoli dolorifici e lo conducono al sistema
nervoso centrale (nocicettori) sono terminazioni nervose libere presenti in
tutto il corpo che rispondono a stimoli chimici, meccanici o termici. La
maggior parte delle afferenze Aδ e C che innervano i visceri sono
completamente inattivi (silenti) in tessuti normali, non lesi, non infiammati.
Come tali esse non possono essere attivati spontaneamente da stimoli
meccanici o termici, mentre diventano sensibili alla presenza di mediatori
dell’infiammazione. Infatti, varie molecole rilasciate dal tessuto danneggiato
attivano i nocicettori o li sensibilizzano abbassandone la soglia di attivazione.
I mediatori chimici della risposta al dolore comprendono chinine, istamina e
prostaglandine rilasciati dalle cellule danneggiate, così come la serotonina
rilasciata dalle piastrine attivate dal danno. La serotonina è più attiva
dell’istamina che tende a causare prurito, piuttosto che dolore. Entrambe
queste sostanze vengono rilasciate localmente nella sede del processo
infiammatorio.
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Tra le chinine le sostanze più attive sono la bradichinina e la callidina, due
peptidi strettamente correlati che vengono prodotti in condizioni di lesione
tissutale. La bradichinina è un potente algogeno che agisce in parte
promuovendo la liberazione di prostaglandine, che a loro volta aumentano
marcatamente l’azione diretta della bradichinina sulle terminazioni nervose.
Inoltre le prostaglandine, che di per sé non causano dolore, incrementano
notevolmente l’effetto dolorifico provocato da altre sostanze, quali la
serotonina.
La percezione del dolore avviene a livello di tutto l’organismo, in quanto
viene trasmesso ed elaborato da molteplici vie mediate da numerosi
trasmettitori. Il loro ruolo e quello dei rispettivi recettori è stato studiato
estesamente e in particolar modo è stata diffusamente valutata l’induzione, la
modulazione e l’espressione dei meccanismi di attivazione e inibizione del
dolore. Noradrenalina (NA) e serotonina (5-HT) sono i neurotrasmettitori più
coinvolti e più studiati tra quelli del sistema discendente, anche se altri
trasmettitori, non necessariamente colocalizzati con le vie monoaminergiche,
svolgono un ruolo importante.
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Rappresentazione delle vie discendenti del dolore
Sistema Nocicettina/recettore NOP e analgesia
Recentemente, molti studi sono stati focalizzati sul coinvolgimento della
nocicettina nella modulazione del dolore nei compartimenti spinali,
sopraspinali e periferici; tale ruolo risulta essere però, contraddittorio. Infatti,
a seconda delle vie di somministrazione, delle dosi utilizzate, del sesso e delle
differenti metodiche sperimentali utilizzate, i trattamenti con N/OFQ hanno
riportato i seguenti risultati: analgesia, iper-algesia, anti-iperalgesia oppure
nessun effetto (Mogil e Pasternak, 2001).
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Precedentemente, è stata descritta un’attività anti-oppioide della nocicettina
(Mogil et al., 1996): infatti, se somministrata a livello intra-cerebroventricolare, essa previene l’analgesia di farmaci che agiscono a livello
sopraspinale sui recettori µ-oppioidi, includendo la morfina (Lufty et al.,
1999), ma anche gli agonisti δ- e κ-oppioidi (Wang et al., 1999; Zhu et al.,
1998).
Anni fa, il nostro gruppo di ricerca ha studiato l’effetto sopraspinale di
analgesici non oppioidi, considerando che l’efficacia terapeutica di questa
classe di farmaci non può essere pienamente spiegata con un meccanismo
periferico o spinale.
Tra gli analgesici non oppioidi ci siamo focalizzati sull’azione antinocicettiva
del paracetamolo, per
diverse ragioni: 1) scarsa inibizione delle
prostaglandine periferiche; 2) scarsa attività antinfiammatoria; 3) buona
attività analgesica e antipiretica; 4) elevata liposolubilità (passa facilmente la
barriera emato-encefalica). Inoltre molti studi indicano che tale farmaco
esercita la sua attività attraverso il SNC, sia a livello spinale che sopraspinale
(McCormarck,
1994;
Bjorkman,
1995)
e
dimostrano
che
le
vie
serotoninergiche giocano un ruolo importante nel meccanismo di questo
analgesico (Pellissier et al., 1995; Pini et al., 1996); è stato infatti dimostrato
un incremento dei livelli di serotonina e un decremento del numero di
recettori 5-HT2 nella corteccia frontale e nel ponte del cervello di ratto (Pini et
al., 1996).
È stato anche visto che la nocicettina inibisce il rilascio di alcuni
neurotrasmettitori in importanti nuclei del sistema nervoso centrale sia in vivo
che in vitro; in particolare, essa modula il flusso di serotonina e noradrenalina
in preparazione sinaptosomiali, principalmente nella corteccia cerebrale
(Schilicker e Morari, 2000; Marti et al., 2003).
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Dati biochimici da noi ottenuti hanno dimostrato l’azione antinocicettiva del
paracetamolo e della nocicettina sui cambiamenti dei livelli di serotonina
nelle aree cerebrali maggiormente coinvolte nella modulazione del dolore
(ponte e corteccia frontale). È risultato che il paracetamolo aumenta le
concentrazione della 5-HT nelle citate aree a differenza della nocicettina che
invece inibisce il sistema (Sandrini et al., 2005).
Seguendo questo filone di ricerca, in questa prima parte della presente tesi si
propone di riportare i risultati relativi all’indagine sull’associazione del
paracetamolo con la nocicettina nei confronti del sistema serotoninergico
valutando, mediante metodica cromatografica, i livelli di serotonina nelle aree
d’interesse.
Come modello sperimentale per misurare la soglia algogena, abbiamo scelto il
test della piastra calda che produce dolore senza infiammazione. La
nocicezione è stata valuta considerando i tempi di reazione dell’animale ad
uno stimolo termico. I comportamenti del ratto rappresentano risposte
integrate a livello sopraspinale: la scelta di questo test è stata dettata dalla
volontà di valutare gli effetti della nocicettina e del paracetamolo a livello
sopraspinale in quanto sede delle aree cerebrali da noi studiate.
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2° Area di ricerca: neurobiologia dei disturbi dell’umore
La depressione è generalmente definita come patologia dell'umore ed è
caratterizzata da un insieme di sintomi legati alla sfera cognitiva,
comportamentale, somatica ed affettiva. Depressione maggiore e ansia sono
tra le patologie psichiatriche più diffuse e sono state spesso considerate e
trattate come due disturbi separati, anche se da evidenze in letteratura emerge
quanto i due disordini tendano molto sovente a coesistere.
E’ noto ormai da anni che alla base della terapia antidepressiva c’è
l’attivazione della via monoamminergica la quale agisce potenziando ed
incrementando i livelli di trasmissione della serotonina, noradrenalina e
dopamina. I progressi della biologia cellulare e molecolare ci hanno permesso
di avere oggi nuove conoscenze, nonché interessanti approfondimenti, sulle
vie di trasduzione intracellulare del segnale coinvolte e attivate dall’azione dei
farmaci antidepressivi, insieme all’espressione di determinati geni.
L’attivazione di queste vie di trasmissione è mediata dall’azione delle
proteine G, la cui funzione è quella di associare i recettori delle monoammine
a molecole effettrici: adenilato ciclasi e fosfolipasi C. Questi ultimi a loro
volta sono in grado di catalizzare la formazione di secondi messaggeri come:
cAMP, Ca++, diacilglicerolo (DAG) e inositolo trifosfato (IP3). I bersagli
finali di queste specifiche vie di trasduzione sono costituiti da fattori di
trascrizione che si trovano nel nucleo. Tra i principali fattori implicati nella
fisiopatologia della depressione abbiamo il peptide: cAMP Responsive
Element Binding (CREB) protein. Studi recenti hanno dimostrato che un
trattamento cronico con farmaci antidepressivi produce un’attivazione
prolungata del sistema intracellulare del cAMP ed un potenziamento della
funzione ed espressione di CREB e di conseguenza l’attivazione di una serie
di geni la cui espressione subisce una regolazione da parte di CREB (De
Cesare D. e Sassone-Corsi P).
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Quest’ultimo stimola la liberazione di fattori neurotrofici, come il brain
derived neurotrophic factor (BDNF), dai quali dipende, come effetto finale,
parte della plasticità, della crescita e della sopravvivenza neuronale.
Meccanismo d’azione degli antidepressivi
Il sistema dello stress deputato al controllo della risposta dell'organismo è
rappresentato dall'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). In risposta a uno
stress fisico o psicologico, i neuroni del
nucleo paraventricolare
dell'ipotalamo secernono il peptide CRH (CRF, fattore di rilascio della
corticotropina), che attraverso il circolo portale ipotalamo-ipofisario stimola il
rilascio di corticotropina (ACTH) dalla neuroipofisi. L'ACTH induce la
produzione e il rilascio di ormoni glucocorticoidi (cortisolo nell'uomo e
corticosterone nel ratto) da parte della corticale del surrene. L'attività dell'asse
è regolata, oltre che da un meccanismo di feedback inibitorio, anche da
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diverse aree del sistema limbico quali ippocampo, corteccia prefrontale e
amigdala. Queste aree, a loro volta, comunicano tra di loro e regolano
finemente la risposta del cervello ai diversi stimoli emotivi.
Meccanismi di retroazione negativa relativi all’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
La risposta adattativa allo stress modulato dal CRF non riguarda solo la
secrezione di ormoni dell’ipofisi ma coinvolge, attraverso connessioni
nervose dirette, la maggior parte dei neurotrasmettitori. Infatti, è stato visto
che un aumento di tale fattore determina un incremento della produzione di
catecolamine: nello specifico di noradrenalina e serotonina.
Quest’ultima è un neurotrasmettitore inibitorio, con ruolo determinante nei
processi neurobiologici, tra i quali la regolazione del sistema sonno-veglia.
Infatti i disturbi del sonno, o meglio un sonno disturbato, sono i primi segni di
stress e sono dovuti ad un abbassamento dei livelli di tale neurotrasmettitore
(Elhwueg, 2004). Le sue funzioni sono concertate da neuroni serotoninergici
localizzati sulla linea mediana del tronco cerebrale a livello del bulbo, ponte e
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mesencefalo dove si ritrovano concentrati soprattutto nel nucleo del rafe
dorsale (DRN) e mediano (MRN) da cui le proiezioni neuronali
serotoninergiche innervano diverse aree: la corteccia, il talamo, l’amigdala, i
nuclei della base, il pallido, il nucleo accumbens, e l’ippocampo, l’ipotalamo,
la neuroipofisi (Davis et al., 1995); dunque, una disfunzione a quest’ultimo
livello è associata alla depressione (Deakin, 1996). Il sistema serotoninergico
è altresì importante soprattutto nel controllo della secrezione di ormoni
steroidei; infatti, variazioni dei livelli plasmatici di questi ormoni sono indice
dell’efficacia terapeutica di farmaci serotoninergici in alcuni disturbi della
sfera psichica. A tale proposito una stimolazione serotoninergica mediata in
principal modo dai recettori 5-HT1A e 5-HT2A porta alla secrezione di ACTH
e dunque di ormoni della corticale del surrene, i quali possono per contro
modulare negativamente l’attività dei neuroni serotoninergici.
L’interazione tra i due sistemi controlla il ritmo circadiano, lo stress, l’ansia,
la depressione e i disturbi dell’alimentazione.
Sistema Nocicettina/recettore NOP e ansia
Studi condotti in topi e ratti (Jenck et al., 1997; Koster et al., 1999) hanno
documentato che la N/OFQ e l’agonista del recettore NOP, Ro 64-6198,
esercitano un chiaro effetto ansiolitico-simile. D’altronde, altri studi hanno
riportato che nel ratto utilizzando il paradigma sperimentale dell’elevated
plus-maze (Fernandez et al., 2004) si osserva effetto ansiogenico, piuttosto
che ansiolitico, in seguito alla somministrazione intracerebroventricolare di
N/OFQ. Tuttavia, se viene fatto un pre-trattamento con N/OFQ con lo scopo
di evocare tolleranza all’effetto sulla locomozione della N/OFQ (Devine et
al., 1996), si osserva un chiaro effetto ansiolitico nel ratto.
Come riportato nella base di partenza, intendiamo pretrattare gli animali con
una
somministrazione
di
N/OFQ
12
2
ore
prima
della
successiva
somministrazione dell’agonista del recettore NOP per sviluppare una pronta
tolleranza all’effetto ipolocomotorio da stimolazione del recettore NOP, il
quale disturberebbe l’esecuzione del test.
La somministrazione intracerebroventricolare di N/OFQ alle dosi di 1-10
nmol/ratto, inibisce l’attività locomotoria nei roditori (Reinscheid et al., 1995;
Devine et al., 1996); mentre dosi molto più basse (0.005-0.05 nmol),
aumentano la locomozione (Florin et al., 1997).
Iniezioni i.c.v. di N/OFQ o dell’agonista del recettore NOP Ro 64-6198,
hanno mostrato una riduzione della risposta comportamentale allo stress
(Greibel et al., 1999; Jenck et al., 1997, Jenck et al., 2000; Koster et al., 1999;
Varty et al., 2005). Topi knockout per la preproN/OFQ esprimono alti livelli
di comportamenti relativi all’ansia in test ansiometrici, suggerendo che per
una normale risposta all’ansia è necessario un sistema della nocicettina
integro (Koster et al., 1999). Inoltre, l’esposizione a stress acuti diminuisce il
contenuto di N/OFQ nei neuroni del prosencefalo, coinvolgendo la
neurotrasmissione di nocicettina endogena in risposta a stress fisiologici
(Devine et al., 2001). Evidenze contrarie indicano come la N/OFQ sia anche
capace di produrre risposte ansiogeniche, di aumentare la concentrazione
plasmatica dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH) e del corticosterone
(CORT) in ratti non stressati e di amplificare la risposta ormonale in ratti
mediamente stressati (Devine et al., 2002).
I dati presenti in letteratura non sono, perciò, in accordo tra loro: ci sono
risultati che suggeriscono un effetto ansiolitico della nocicettina (Jenck et al.,
1997; Greibel et al., 1999; Jenck et al., 2000;Wichmann et al., 2000;
Dautzenberg et al., 2001; Gavioli et al., 2002), ma altri riportano un’azione
ansiogenica per lo stesso peptide (Fernandez et al., 2004). N/OFQ è capace di
produrre un netto effetto sulla locomozione nei ratti, che và incontro a una
rapida tolleranza (Devine et al., 1996). Visto che tale effetto potrebbe essere
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associato a conseguenze emozionali, in particolare in condizioni di stress
severo, lo scopo di questa parte sperimentale è stato quello di valutare
l’effetto della nocicettina in seguito a somministrazioni acute o ripetute con
l’obiettivo di minimizzare la sua azione sulla locomozione.
Sono stati utilizzati due differenti test comportamentali nei ratti: l’elevated
plus maze (EPM) e il conditioned defensive burying (CDB), che misurano la
risposta ad eventi paurosi di natura differente, generata dall’esposizione a
condizioni ambientali stressanti. Questi paradigmi classici sono stati scelti per
la loro sensibilità ad ansiolitici convezionali e a composti ansiogenici di varia
natura, dotati di diversi meccanismi d’azione. In particolare, il modello
dell’EPM è basato sull’avversione innata del ratto a luoghi elevati e aperti ed
appartenenti al gruppo del paradigma dell’ansia incondizionata usato per
l’identificazione di possibili farmaci ansiolitici (Lister, 1990; Maisonnette et
al., 1993).
Nel caso del CDB, la risposta dell’animale si manifesta inseguito a stimoli
avversi (leggera scossa elettrica in seguito al contatto con una sonda
elettrificata). Quest’ultimo test è stato molto utilizzato per studiare il
meccanismo neuronale alla base della regolazione dell’ansia, ed è stato da noi
scelto per la sua sensibilità a rilevare cambiamenti sia fisiologici che
farmacologici nello stato ansioso dell’animale (Treit, 1985). I test sono stati
validati, alle nostre condizioni sperimentali, con composti ansiolitici di
riferimento (esempio Diazepam) e controllati per gli effetti sulla funzione
sensoriomotoria.
Per quest’area d’interesse, sono stati valutati i livelli sierici di corticosterone e
l’effetto dell’UFP-101 nei ratti trattati con doppia somministrazione i.c.v. di
N/OFQ, necessaria per un rapido sviluppo di tolleranza all’effetto sulla
locomozione.
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Sistema Nocicettina/recettore NOP e depressione
Usando il test del nuoto forzato (forced swimming test, FST), i diversi
antagonisti del recettore NOP [Nphe1]N/OFQ(1-13)-NH2, J-113397 e UFP101 hanno mostrato un chiaro effetto antidepressivo; in accordo con questi
risultati, topi privi del gene per il recettore NOP hanno ridotto il tempo
d’immobilità nel FST (Gavioli e Calò 2006).
Il modello d’esposizione cronica di ratti ad un regime di situazioni stressanti
di moderata intensità, originariamente descritto da Katz (1981) secondo un
protocollo caratterizzato da un numero di agenti più nettamente stressogeni,
rispetto a quello designato e sviluppato più avanti da Willner (1992).
Quest’ultimo è una versione più blanda che permette di raggiungere il
medesimo scopo e che assume pienamente tutte le caratteristiche di un
modello sperimentale sviluppato con l’obbiettivo esplicito di creare sintomi
molto simili a quelli rilevati nella depressione, in seguito all’esposizione
ripetuta ad una sequenza di stress di lieve intensità, nel rispetto però dei tre
criteri di validità:
“predittiva”: la condizione prodotta nel modello deve rispondere ai
farmaci antidepressivi e deve essere al contempo insensibile a
farmaci che non lo sono;
“sintomatologica” o anche detta “speculare”: il modello
comportamentale ottenuto deve rispecchiare i sintomi della
depressione (anedonia, nel presente studio);
“di costrutto”: il modello deve in tal caso corrispondere al
concetto razionale che ne è alla base.
Nella presente ricerca è stato utilizzato lo Stress Cronico Moderato (SCM,
insieme di condizioni lievemente stressanti, somministrate cronicamente e in
modo random) al fine di raggiungere situazioni relativamente realistiche per
indurre una tipica sintomatologia della depressione (D’Aquila et al., 1994).
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Sui ratti l’applicazione di uno stress cronico moderato porta ad anedonia
(parola greca composta dal prefisso negativo an e hēdonē:“ mancanza di
piacere”) nota appunto come una caratteristica peculiare della depressione
(Willner et al., 1992; Willner, 1997); nel caso specifico essa si manifesta
come riduzione del consumo di una soluzione zuccherina nei confronti
dell’acqua dopo che agli animali sono state messe entrambe a disposizione.
Successivamente a un periodo di diverse settimane in cui il ratto è sottoposto
a stress, quando si è instaurata la condizione d’anedonia, inizia il ciclo di
trattamento con farmaci antidepressivi.
È stato proposto che gli antagonisti del recettore NOP, [Nphe1]N/OFQ(1-13)NH2, J-113397 e UFP-101, possono avere effetto sui sistemi monoaminergici,
in particolare su quello serotoninergico (Gavioli et al. 2004; Gavioli e Calò
2006). Perciò, nel presente studio sono stati misurati i livelli di serotonina e
acido 5-idrossi-indolacetico (5-HT e 5-HIAA) nella corteccia frontale e nel
ponte (regioni cerebrali maggiormente ricche di neuroni serotoninergici).
I glucocorticoidi sono capaci di aumentare nei ratti, comportamenti tipici
della depressione, mentre le alterazioni comportamentali e neuroendocrine
indotte dal SCM possono essere revertite da farmaci antidepressivi (Soblosky,
1986; Kennet et al., 1986). A tal fine, anche i livelli sierici di corticosterone
(CORT) sono stati analizzati nel presente studio.
Infine, il fattore neurotrofico: brain derived neurotrophic factor (BDNF), che
è espresso ad alti livelli nell’ippocampo e nella corteccia frontale (SchmidtKastner et al., 1996; Conner et al., 1997), è stato proposto nel coinvolgimento
dell’azione dei farmaci antidepressivi (Duman e Monteggia, 2006). Lo stress
riduce i livelli di RNA messaggero del BDNF nell’ippocampo di ratto (Smith
et al., 1995), e somministrazioni ripetute di antidepressivi aumentano
l’espressione del gene per il BDNF (Zetterström et al. 1998; Russo-Neustadt
et al. 2000). Perciò, il messaggero di BDNF e la sua proteina sono stati
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valutati nel nostro modello, nei ratti non stressati e in quelli stressati con o
senza trattamento.
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Scopo della tesi
(ESPERIMENTO 1) Sulla base delle suddette premesse in riferimento
all’analgesia, lo scopo della tesi è stato quello di valutare:
Il possibile effetto antagonista della nocicettina sull’azione
analgesica indotta dal paracetamolo nel ratto usando il test della
piastra calda.
Le possibili modificazioni del sistema serotoninergico dovute
all’azione del paracetamolo e/o della nocicettina, in aree cerebrali
coinvolte nel sistema di modulazione del dolore (corteccia
frontale, corteccia temporo-parietale e ponte).
L’influenza della nocicettina sull’aumento dei livelli di serotonina
provocato dal paracetamolo nelle suddette aree cerebrali.
L’effetto
dell’UFP-101
(antagonista
del
recettore
NOP)
sull’interazione tra nocicettina e paracetamolo sia a livello
comportamentale che biochimico.
(ESPERIMENTO 2) In riferimento all’ansia, lo scopo è stato quello di:
Chiarire il ruolo della N/OFQ nella regolazione delle risposte
comportamentali allo stress tramite l’utilizzo di due test
ansiometrici, differenti come costrutto, in modo da discriminare
l’effetto ansiolitico da quello sulla locomozione.
Studiare il coinvoligimento dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene
(HPA) nelle nostre condizioni sperimentali.
19
Esaminare come il blocco del segnale nel sistema N/OFQ-NOP
potesse influire su tale comportamento.
(ESPERIMENTO 3) E infine, per quanto riguarda la sessione inerente alla
depressione, l’obiettivo della tesi è stato quello di studiare:
Il possibile coinvolgimento del sistema N/OFQ – NOP in un
modello di depressione (SCM) che genera anedonia e gli effetti di
una somministrazione cronica dell’antagonista del recettore NOP
(UFP-101) con riferimento ad un antidepressivo classico
(Imipramina).
L’effetto della diminuzione del consumo di saccarosio (anedonia)
con i risultati ottenuti nel test comportamentale del nuoto forzato
che rispecchia un comportamento di “disperazione”.
Il possibile coinvolgimento del sistema serotoninergico, il controllo
dell’asse HPA e le alterazioni del BDNF in questo modello
sperimentale.
20
Materiali e metodi
Animali
Sono stati utilizzati ratti maschi di razza Wistar, forniti dalla ditta Harlan Italy
(Corezzana, MI), stabulati in gabbie di Plexiglas in gruppi di tre-quattro sotto
condizioni controllate (libero accesso a cibo ed acqua, cicli di 12-h di
buio/luce, temperatura 22°C, umidità al 60%), con un peso per ognuno di
circa 180-200 g all’inizio degli esperimenti. Le direttive etiche per condurre
un’indagine sperimentale su animali coscienti, sono state adeguatamente
eseguite, e tutte le procedure sono state condotte in accordo ai regolamenti
etici EEC per la ricerca sugli animali (Consiglio EEC 86/609; D.Lgs.
27/01/1992, No. 116).
Impianto di cannule
Sono state impiantate cannule d’acciaio nel ventricolo cerebrale destro per la
somministrazione di farmaci a livello centrale (Plastic One; Roanoke, VA,
USA). Gli animali sono stati anestetizzati con ketamina più xylazina 115+2
mg/kg per via intraperitoneale (i.p.), anestetici forniti dalle ditte
farmaceutiche Gellini, Aprilia Italia e dalla ditta Bayer, Milano, Italia.
I ratti sono quindi stati posti su un apparecchio stereotassico che ha permesso
di inserire le cannule ad una profondità di 0,5 mm secondo le coordinate:
Ap=-0,8, L=1,4; V=3,25 seguendo le indicazioni dell’atlante stereotassico
(Paxinos, 1997). Le cannule sono state mantenute in loco con cemento
acrilico dentistico e con delle viti poste nell’osso cranico. Esse sono state
tenute pervie da un filo d’acciaio rimuovibile, posto nel lume della cannula
per una profondità di 0,5 mm, che è stato rimosso al momento del trattamento.
Dopo l’operazione gli animali sono stati trasportati in una stanza
insonorizzata e a temperatura controllata per la durata di 5-7 giorni e quindi
21
sottoposti al test della piastra fredda scartando i ratti che presentavano
alterazioni grossolane del comportamento motorio. Le iniezioni per via
intracerebroventricolare (i.c.v.) sono state fatte in un volume di liquido pari a
0,5 l. Alla fine degli esperimenti i ratti sono stati anestetizzati e decapitati e
la corretta posizione delle cannule è stata verificata con un’iniezione di blu di
metilene.
Esperimento 1
Schema di trattamento
Dopo una settimana di recupero dall’impianto delle cannule, i ratti sono stati
trattati per via intracerebroventricolare (i.c.v.) con UFP-101 (20 nmoli/ratto) o
con fisiologica 5 minuti prima del trattamento con N/OFQ (10 nmoli/ratto).
In successione, la nocicettina o la fisiologica sono state somministrate 5
minuti prima del trattamento con paracetamolo (400 mg/kg i.p., disciolto in
veicolo consistente in 1,2-propandiolo al 12,5% in fisiologica) o col veicolo
stesso.
La dose di nocicettina usata è stata scelta in base ad una curva dose-effetto (da
1 a 10 nmol/ratto) da noi elaborata dove, la più efficace nell’antagonizzare
l’effetto antinocicettivo del paracetamolo nel test della piastra calda, si è
dimostrata essere quella di 10 (Tabella 1).
La dose di paracetamolo è stata scelta in base a risultati ottenuti
precedentemente nel nostro laboratorio con una serie di esperimenti volti a
dimostrare l’effetto antinocicettivo del paracetamolo (Pini et al., 1996).
Tutti gli animali sono stati sottoposti al test della piastra calda, per valutare la
modificazione della soglia algogena, 30 minuti dopo l’ultimo trattamento.
Immediatamente dopo il test, i ratti sono stati sacrificati per decapitazione e le
aree cerebrali (ponte, corteccia frontale e corteccia temporo parietale) sono
22
state prelevate e conservate a – 80°C fino all’analisi per la valutazione dei
livelli di serotonina.
Test comportamentali
Valutazione del dolore: test della piastra calda. Gli animali sono stati posti su
una superficie metallica riscaldata artificialmente e mantenuta a temperatura
costante di 540.4°C (Socrel DS Ugo Basile, Comerio, VA, Italia). Si registra
il tempo (in secondi) di latenza al leccamento delle zampe o al salto.
Sono determinati la latenza di base (BL) prima di qualsiasi trattamento.
L’effetto analgesico è stato valutato ed espresso come percentuale del
massimo effetto possibile (% MPE) secondo la formula % MPE= [(TL –
BL)/(45 – BL)] x 100 dove 45 secondi è il tempo massimo di interruzione del
test.
Valutazione dell’attività motoria. L’attività motoria spontanea è stata misurata
in una stanza sorda per mezzo di un actimetro equipaggiato con un rilevatore
di locomozione a raggi infrarossi (Ugo Basile, Comerio, VA, Italia) (Vincieri
et al., 1988). Il numero di movimenti orizzontali è stato registrato
continuamente per 20 minuti, 30 minuti dopo l’ultima somministrazione. I
dati sono suddivisi in due intervalli: 1-10 e 11-20 minuti.
Determinazione dei livelli di serotonina e acido indolacetico
Per il dosaggio della serotonina e del suo metabolita, si è fatto riferimento,
con le opportune modifiche apportate nel nostro laboratorio, al metodo
cromatografico messo a punto da Grossi e collaboratori (Grossi et al., 1990)
che prevede l’utilizzo di strumentazione HPLC (cromatografia liquida ad alta
pressione) con detector elettrochimico.
23
Condizioni cromatografiche
Apparecchiatura:
HPLC
Beckaman
Gold
connesso
con
detector
elettrochimico Coulochem II Esa corredato di cella analitica modello 5011,
interfaccia analogico modulo 406 e pompa modulo 118; colonna Hypersil 3
ODS (Octa-Decil-Silil) 10 cm x 4,6 mm e precolonna C18. Quest’ultima
possiede lo stesso impaccamento della colonna di lavoro e adsorbe
irreversibilmente le impurezze del solvente evitando il deterioramento della
colonna successiva.
Condizionamento della colonna e della cella: conservare la colonna in
Metanolo/H2O 70/30, equilibrare con tale miscela per 45 minuti, con H2O
per altri 45 minuti e infine con la fase mobile (solo ora accendere il detector)
e lasciare in ricircolo tutta la notte antecedente l’analisi.
Condizioni di lettura
fase mobile: Metanolo/Acetonitrile/50 mM NaH2PO4 (sciogliere 3,45 g di
fosfato diidrogeno di sodio in 500ml di H2O e portare a pH 2,8 con H3PO4
50%) 15/8/77 + 0,02% di SOS + 0,2 mM EDTA con aggiunta di 100 μl di
trietilammina per migliorare l’efficienza dell’analisi. La fase mobile viene in
ultimo filtrata sotto vuoto con filtri 0,22 μm forniti dalla ditta Millipore e
degassata con elio per evitere la formazione di bolle all’interno dello
strumento;
eluizione: isocratica (utilizzo di un unico solvente);
flusso: 0,8 ml/min costante;
detector: cella analitica E1 –100 mV, E2 +250 mV; R 1μA, filter 5 sec, offset
0%, output 1V. Acquisizione: canale B, display factor 10, data hertz 2, range
1V, offset 0%.
Pressione: circa 1,60 Kpsi
Temperatura ambiente.
24
Volume d’iniezione: 20 μl. Iniezione manuale tramite siringa per HPLC da
100 μl.
Tempo di ritenzione: Serotonina circa 7 minuti; DHBA circa 3 minuti,
indolacetico: 2,5 minuti.
Tempo della corsa: 10 minuti
Tempo tra un’iniezione e la successiva: 20 minuti
Campioni analizzati in un giorno: 20
Campioni totali: 60
Le iniezioni dei 60 campioni sono state fatte in una settimana alternando un
giorno di analisi ad un giorno per la pulizia dello strumento, al fine di
migliorarne l’efficienza.
Analisi statistica
Tutti i valori sono espressi come medie ± E.S.M.. L’analisi della varianza ad
tre vie è stata utilizzata per la valutazione degli effetti di paracetamolo,
N/OFQ o UFP-101 e la loro interazione nel test della piastra calda e nella
determinazione dei livelli di serotonina.
Il test post hoc Bonferroni è stato usato per l’analisi della varianza (ANOVA)
a tre vie quando gli effetti dell’UFP-101, di N/OFQ e del paracetamolo sono
stati considerati separatamente. Il livello di significatività è stato posto a
P<0.05.
25
Esperimento 2
Schema di trattamento
Dopo una settimana di recupero dall’impianto delle cannule, gli animali sono
stati così trattati:
- nella prima sessione del protocollo i ratti sono stati trattati con singole dosi
crescenti di N/OFQ (0.3, 0.5, 0.75, 1 e 1,5 nmoli/ratto, i.c.v.) o fisiologica per
la stessa via e sottoposti a ciascuno dei test comportamentali (EPM e CDB)
dopo 5 minuti.
- una seconda sessione del protocollo ha previsto un pre-trattamento con la
dose di 1 nmole/ratto di N/OFQ i.c.v. (o con fisiologica) 2 ore prima del
successivo trattamento con UFP-101 (10 nmoli/ratto) o fisiologica, 5 minuti
prima della somministrazione di N/OFQ (1 nmole/ratto) o di fisiologica
sempre per la stessa via.
Venti minuti dalla fine dell’ultimo esperimento i ratti sono stati decapitati, il
loro sangue prelevato e conservato a -20°C per le successive valutazioni sui
livelli sierici di corticosterone.
Test comportamentali
Elevated pluz maze test (EPM): l’apparato consiste in due bracci aperti e due
chiusi ognuno di 55x10 cm, con un pavimento scuro, uniti da una piattaforma
centrale comune, chiamata arena (10x10 cm).
I bracci aperti hanno delle pareti laterali di 1 cm e nulla ai terminali; quelli
chiusi hanno delle pareti di plexiglass di 40 cm. Il labirinto è elevato rispetto
alla terra di 80 cm. Dal quinto giorno dopo l’intervento, ogni animale, dopo il
trattamento, è sottoposto al test. Il ratto viene posizionato nell’arena, con il
muso rivolto al braccio aperto e il suo comportamento viene osservato per 5
minuti dallo sperimentatore. Al termine del tempo, l’animale viene rimosso e
26
il labirinto viene pulito per il prossimo ratto. Vengono registrati diversi
parametri relativi all’ansia, come il tempo impiegato dall’animale a muoversi
in ogni porzione del labirinto (indice per la valutazione dell’attività
locomotoria). Altri comportamenti considerati sono: il numero di entrate e il
tempo speso nei bracci chiusi e in quelli aperti e nell’arena.
Conditioned defensive burying test (CDB): in questo test è utilizzata una
gabbia rettangolare in plexiglass (27x38x38 cm) con della segatura sul
pavimento con un’altezza di 5 cm. La sonda continuamente elettrificata,
consiste in un pezzo di legno ricoperto da un filo metallico ed è posizionata in
modo da protrudere per 10,3 cm e sollevata dalla base di 7,5 cm. Il contatto
con la suddetta provoca una scossa da 1mA. Gli animali sono abituati a stare
nell’apparato, in assenza di corrente elettrica, per 15 minuti per 4 giorni
consecutivi.
Al 5° giorno i ratti sono testati individualmente per 30 minuti; l’altezza della
segatura viene misurata all’inizio e alla fine del test. I parametri
comportamentali osservati sono: latenza al primo contatto con la sonda ed alla
scossa, latenza al primo episodio di burying (ricoprimento della sonda con la
segatura), numero totale di scosse ricevute, altezza della segatura e durata di
ricoprimento (Pinel e Treit, 1978). In particolare, la latenza intesa come
tempo che intercorre tra la prima scossa e il primo episodio di burying riflette
inversamente la reattività dell’animale, mentre il tempo cumulato nel burying
suggerisce, in maniera specifica, il livello dello stato di ansia.
Dosaggio dei livelli di corticosterone
Il sangue è stato prelevato dal tronco, 24 ore dopo l’ultimo trattamento e dopo
la decapitazione del ratto. Per perfezionare la separazione del siero dal
sangue, i campioni sono stati fatti coagulare ad un’adeguata temperatura
27
prima della centrifuga a 1000 r.p.m. per 10 minuti. Il siero è stato trasferito in
provette sterili e conservato a -20° C fino al dosaggio. Tenendo ben presente
il ritmo circadiano del corticosterone, tutti i sacrifici sono stati eseguiti tra le
12.00 e le 14.00, cioè durante il periodo diurno quando la sua concentrazione
è relativamente costante. La valutazione dei livelli di corticosterone nel siero
è
stata
verificata
grazie
all'impiego
di
un
particolare
saggio
immunoenzimatico (EIA) che prevede l'utilizzo di un kit commerciale
convalidato (Assay Design Inc, Ann Arbor, MI, USA) che si serve di
micropiastre che vengono lette sfruttando una lunghezza d’onda di 405 nm. I
campioni di siero sono stati diluiti 1:20 in appropriate soluzioni tampone
perché rientrassero nel giusto intervallo di calibrazione della curva.
Analisi statistica
Tutti i valori sono espressi come medie ± E.S.M.. L’analisi della varianza ad
una via seguita dal test di Bonferroni è stata utilizzata per la valutazione degli
effetti delle dosi crescenti di nocicettina nei diversi test comportamentale e sui
livelli sierici di corticosterone.
L’ANOVA a due vie è stata usata per gli effetti del pre-trattamento con UFP101, del trattamento con nocicettina e per la loro interazione. Il test post hoc
di Bonferroni è stato usato per l’ANOVA a due vie quando gli effetti
dell’UFP-101 e N/OFQ sono considerati separatamente. Il livello di
significatività è stato posto a P<0.05.
28
Esperimento 3
Test del saccarosio (1%) e procedura dello Stress Cronico Moderato
Dopo due settimane di adattamento, gli animali sono stati posti all'interno di
singole gabbie, in stanze insonorizzate, e sottoposti ad esperimenti
comportamentali. All'inizio dell'esperimento i ratti sono stati abituati ad
assumere la bevanda zuccherina proponendogliela simultaneamente con due
biberon, in cui nelle prime 24 ore, entrambi contenevano soluzione di
saccarosio all'1%, mentre nelle 24 ore successive, uno manteneva la soluzione
zuccherina e l'altro solo acqua. Nelle 23 ore a seguire è stata tolta la
possibilità di assumere sia cibo che acqua, e il ratto è stato sottoposto al primo
test sulla preferenza al saccarosio: ad ogni animale sono stati presentati
contemporaneamente due biberon pre-pesati, contenenti l'uno soluzione
zuccherina l'altro acqua. Trascorsi 60 minuti i biberon sono stati rimossi e
pesati (fine del test). Successivamente agli animali sono stati ridati cibo e
acqua per 2 ore, e a seguito di un secondo periodo di 21 ore di privazione da
cibo e acqua, gli animali sono stati nuovamente sottoposti al test della
preferenza per il saccarosio (a 24 ore dal primo). Quattro giorni dopo, in
seguito alla privazione da cibo e acqua di 24 ore, i nostri ratti hanno ricevuto
il terzo test alla preferenza al saccarosio. Quest'ultimo test e il successivo
sono stati condotti esattamente nella prima ora di buio (17.00-18.00). Dopo
aver terminato il terzo test del saccarosio, i ratti sono stati divisi in otto
gruppi, ciascuno di otto ratti, abbinati secondo il loro consumo di saccarosio
valutato dal secondo e terzo test, e ciò per evitare che il consumo della
soluzione zuccherina risultasse troppo differente tra i diversi gruppi. Nelle
successive settimane sei gruppi di ratti sono stati sottoposti alla procedura
dello Stress Cronico Moderato (SCM): due gruppi sono stati mantenuti senza
alcuno stress eccetto per la privazione di cibo e acqua che precedeva ogni test
29
del saccarosio. Questo regime di stress consisteva nei seguenti eventi:
modificazioni dei cicli di buio/luce e delle caratteristiche stesse della luce
(illuminazione stroboscopica, inversione dei cicli di luce/buio, luci
intermittenti); modificazioni nella disponibilità di acqua e cibo (eliminazione
di cibo e/o acqua, biberon vuoti); alterazioni del loro habitat (gabbie inclinate,
lettiere bagnate, due per gabbia). Sulla base di precedenti esperienze, sono
state introdotte alcune modificazioni del metodo originale del SCM per
ottimizzare il nostro modello. Perciò, gli stress che nelle nostre condizioni
non erano sufficientemente stressanti, sono stati eliminati e ridotta la durata
della privazione di cibo. Gli stress sono stati condotti per tutta la durata
dell'esperimento, cioè sia durante il giorno che la notte, e ognuno di essi è
stato applicato per un periodo di 8 o 24 h. La loro successione è stata
randomizzata e ciò ha creato una situazione del tutto imprevedibile
all'animale. Il consumo di saccarosio è stato monitorato, come suddetto,
settimanalmente per circa un'ora dopo aver previamente lasciato l'animale per
24 h in assenza di acqua e cibo. Il peso corporeo di ogni animale è stato
misurato una volta a settimana ogni lunedì mattina. L'assunzione di saccarosio
è stata valutata come percentuale di bevanda dolce consumata rispetto al
valore medio segnato durante i pre-test per ogni ratto (consumo di
saccarosio).
Schema di trattamento
L’operazione di inserimento delle cannule è stata effettuata alla VII settimana
dopo l’inizio dello stress quando il mantenimento della situazione di anedonia
era già stato verificato.
Dopo aver ripreso per una settimana il ciclo di stress degli animali operati, si
è proceduto con i trattamenti farmacologici suddividendo i gruppi (N = 8)
secondo il seguente schema:
30
1) non stressati trattati con Fisio i.c.v. per 21 gg.
2) non stressati trattati con UFP-101, 10 nmoli/ratto i.c.v. per 21 gg.
3) stressati trattati con Fisio i.c.v. per 21 gg.
4) stressati trattati con UFP-101, 5 nmoli/ratto i.c.v. per 21 gg.
5) stressati trattati con UFP-101, 10 nmoli/ratto i.c.v. per 21 gg.
6) stressati trattati con UFP-101, 20 nmoli/ratto i.c.v. per 21 gg.
7) stressati trattati con IMIPRAMINA (15 mg/kg, intraperitoneale, i.p.) per 21
gg.
8) gruppo supplementare di stressati, trattato con UFP-101 (10 nmoli/ratto,
i.c.v.) per 14 gg. e, successivamente, sottoposto ad un doppio trattamento con
UFP- 101 alla stessa dose e, 10 min dopo, con nocicettina (5 nmoli/ratto,
i.c.v.). Il test sul consumo di saccarosio è stato effettuato a 5 e 10 giorni
dall’inizio del trattamento con nocicettina.
I test comportamentali sono stati sfasati di un giorno per non generare
interferenze gli uni con gli altri e hanno seguito il seguente schema:
- il test del saccarosio è stato effettuato, rispetto al trattamento, al T=0, T=7
gg, T=14 gg e T=21 gg.
- il test dell’open field è stato effettuato al T=-48h, T=6gg, T=13 gg e T=20
gg.
- il test del nuoto forzato è stato effettuato al T=-24h, T=8gg, T=15 gg e T=22
gg.
Al 23° giorno gli animali sono stati sacrificati, i cervelli rimossi per la
valutazione della serotonina nella corteccia frontale e nel ponte e il sangue
raccolto per l’analisi sierica di corticosterone. Inoltre, l’ipotalamo, l’ipofisi e
l’ippocampo sono stati prelevati per la valutazione dei livelli di BDNF.
31
Test del campo aperto (OF)
E’ un test che viene eseguito per valutare l’attività locomotoria di un ratto in
seguito ad un trattamento con antidepressivi.
I ratti sono stati trasferiti nella stanza del test circa un'ora prima per
permettere loro di ambientarsi. Un ratto alla volta viene introdotto in un’arena
di forma quadrata (68 x 68 x 45cm) sul cui fondo sono stati tracciati dei
quadrati più piccoli in modo da definirne l’area. Il ratto è collocato nel
quadrato centrale ed osservato per 5 minuti. Lo sperimentatore misura: il
numero totale di attraversamenti, il numero e il tempo speso negli
innalzamenti totali (rearing, attività in posizione verticale sulle zampette
posteriori e con quelle anteriori poggiate sulle pareti del recinto), il grooming
ed il numero di boli fecali.
Test del nuoto forzato (FST)
Il test del nuoto forzato è stato descritto e delineato da Porsolt e colleghi
(1977, 1978) come un test per valutare lo stato depressivo nei roditori. I ratti,
costretti a nuotare in un ambiente ristretto e dal quale non esiste possibilità di
fuga, dopo un breve periodo d’iperattività, adottano una posizione immobile
caratteristica e non tentano più di scappare. Porsolt associò l’immobilità
osservata nell’acqua ad una situazione di disperazione o di tono dell’umore
depresso, come se gli animali avessero “perso la speranza” di poter scappare e
pensò che gli antidepressivi avrebbero potuto ridurre il tempo di immobilità.
Una prima sessione pre-test di 15 minuti di adattamento, è stata seguita 24 ore
più tardi da una sessione di test per la durata di 5 minuti. Per questo test sono
stati impiegati cilindri di Plexigas, per un'altezza di 30 cm e contenenti acqua
ad una temperatura di 24-26 °C. Alla profondità dell’acqua scelta, i ratti non
sono capaci di sostenersi toccando, con la coda o con le zampe posteriori, il
fondo del contenitore. Al termine di ogni sessione di nuoto l'animale è stato
32
prelevato dal cilindro, asciugato con un asciugamano di carta, posto
singolarmente 15 minuti in una gabbia perchè riposasse, si riprendesse e si
asciugasse definitivamente e successivamente riposto nella propria gabbia.
L’acqua del contenitore è stata cambiata ogni volta che è stato ripetuto il test.
Sono stati valutati tre parametri comportamentali che hanno mostrato di
essere attendibili e convalidati per il rilevamento dell'effetto del farmaco
antidepressivo nel test:
tempo d'immobilità (i.e. il tempo speso galleggiando nell'acqua, senza
dimenarsi, bensì facendo solo quei movimenti necessari per mantenere il capo
fuori dall'acqua);
tempo di nuoto attivo (i.e. il tempo speso nel fare quei movimenti che
sono propri del loro modo di nuotare, muovendosi intorno al cilindro);
tempo di climbing (i.e. il tempo speso facendo attivi movimenti con le
zampette anteriori su e giù dall'acqua, e specificamente diretti verso le pareti
del cilindro).
Un aumento di risposte comportamentali passive al test, come immobilità e
diminuita attività, sono indice di una sintomatologia simile alla depressione.
Dosaggio dei livelli di corticosterone (Vedi ESPERIMENTO 2)
Estrazione del RNA totale dai tessuti centrali
Il metodo utilizzato consente di separare l’RNA totale, costituito da RNA
ribosomiale (80-85%), transfer (10-15%) e messaggero (1-5%) dalle altre
macromolecole che compongono il tessuto. Si utilizza come solvente di
estrazione TRIzol®, una soluzione monofasica di fenolo e guanidina
isotiocianato (Invitrogen Corporation, Carlsbad, CA, USA).
33
Determinazione dei livelli di RNA messaggero del BDNF: RNAse Protection
Assay (RPA)
L’RPA è una tecnica estremamente sensibile e selettiva che permette di
quantizzare nello stesso campione di RNA totale i livelli di diversi mRNA
codificanti per proteine di interesse. Prima di tutto occorre sintetizzare le
sonde marcate con
32
P (“probes”) di RNA complementare (cRNA) alla
regione che codifica per il BDNF (215 bp) e lo standard interno (actina).
L’RNA totale dei campioni in esame (10-25 μg), precipitato in ambiente
etanolico, viene ibridizzato con le sonde. I cRNA si legano all’RNA totale in
corrispondenza delle porzioni ad essi complementari, formando un ibrido
cRNA-mRNA. Le ribonucleasi, aggiunte successivamente, idrolizzano l’RNA
a singolo filamento (l’RNA non ibridizzato e la porzione della sonda non
complementare all’mRNA). L’RNA a doppio filamento (ibridizzato), protetto
così da digestione, viene purificato per mezzo di solventi organici;
successivamente, gli ibridizzati vengono separati in base al proprio PM per
migrazione elettroforetica su gel denaturante di acrilammide ed evidenziati
mediante autoradiografia.
I livelli di mRNA codificanti per i geni di interesse, sono determinati
mediante la misurazione della densità ottica delle bande ottenute
dall’autoradiografia grazie ad un analizzatore d’immagine (GS 690 Bio-Rad).
I valori di BDNF, rapportati a quelli dello standard interno (β-actina) sono
stati sottoposti ad analisi della varianza (ANOVA).
Determinazione dei livelli di proteina del BDNF: ELISA
Estrazione delle proteine dai tessuti. Si prelevano i tessuti dal freezer a -80°C
e si mantengono a bassa temperatura su una piastra di ghiaccio secco, è
importante che la temperatura sia bassa per bloccare l’attività enzimatica delle
proteasi. Si pesano i tessuti e si aggiunge il tampone di omogenizzazione in
34
quantità pari a 20 volte il peso del tessuto: 20mL di tampone per ogni
grammo di tessuto. Si aggiungono gli inibitori delle fosfatasi (NaPP 5 mM,
NaF 20 mM, Na3VO4 1 mM) e l’inibitore delle proteasi (PMSF 30 μL stock
per grammo di tessuto). Si omogenizza con Potter (Glas-Col), 12 colpi
lentamente a 600 rpm. Si preleva un aliquota dell’omogenato: questa
rappresenta l’estratto proteico totale. Si centrifuga a 5000 rcf per 5 minuti a
4°C: il surnatante ottenuto rappresenta l’estratto citoplasmatico, mentre il
pellet l’estratto nucleare. Si risospende il pellet nel tampone di risospensione
(3ml/g di tessuto), si aggiungono inibitori delle fosfatasi e inibitore delle
proteasi alle stesse concentrazioni dell’omogeneizzazione: questa soluzione
costituisce la frazione proteica arricchita in nuclei.
ELISA. Per la determinazione della proteina di BDNF è stato utilizzato il
seguente Kit: BDNF Emax® ImmunoAssay System Promega (Promega
Corporation, Madison, WI, USA - cat. no. G6981).
La lettura della piastra è stata effettuata ad una lunghezza d’onda di 450 nm.
Determinazione dei livelli di serotonina e acido indolacetico (Vedi
ESPERIMENTO 1)
Analisi statistica
Tutti i valori sono espressi come medie ± E.S.M.. I dati sul peso corporeo, il
consumo di saccarosio e i test comportamentali sono stati analizzati usando
l’analisi della varianza (ANOVA) a due vie per misure ripetute, seguita dal
test di confronti multipli basati sulla differenza minima significativa tra medie
(LSD). Per le valutazioni biochimiche, lo Student t-test è stato usato per i
singoli stress e per l’effetto dei trattamenti sui livelli di BDNF, mentre per
l’attività serotoninergica e per il contenuto di corticosterone, è stata fatta
un’analisi a due vie. Successivamente, il test post hoc di Bonferroni è stato
35
adoperato per confrontare gli effetti di due gruppi sperimentali. Il livello di
significatività è stato posto a P<0.05.
36
Risultati
Esperimento 1
Piastra calda
Il paracetamolo alla dose di 400 mg/kg ha aumentato significativamente i
valori di MPE% nel test della piastra calda. La nocicettina alla dose di 10
nmoli/ratto non ha modificato i valori di MPE% rispetto ai controlli, ma ha
completamente annullato l’effetto del paracetamolo, mentre le dosi di 1 e 5
nmoli/ratto hanno ridotto parzialmente tale effetto in differente modo
(P<0.01). Il test d’interazione dimostra che le dosi di 5 e 10 nmoli/ratto di
nocicettina risultano antagonizzare il paracetamolo con un alto livello
d’interazione da parte della dose maggiore.
Il pre-trattamento con UFP-101 alla dose di 20 nmoli/ratto non ha modificato
né i livelli basali di MPE%, né la nocicezione indotta dal paracetamolo, ma ha
annullato significativamente l’effetto della nocicettina sull’attività analgesica
del paracetamolo (Tabella 1) (P<0.01). La dose di 10 nmoli/ratto è risultata
inefficace (dato non mostrato). Un’ulteriore analisi fatta con il test di
Bonferroni ha indicato che solo la dose maggiore di UFP 101 ha prevenuto
significativamente l’azione della nocicettina sull’attività del paracetamolo.
Attività locomotoria
La nocicettina alla dose di 10 nmoli/ratto ha diminuito in modo lieve l’attività
motoria 30 min dopo la fine del trattamento. Il paracetamolo non ha
modificato l’attività motoria sia da solo che somministrato in associazione
con la nocicettina. L’UFP-101 alla dose di 20 nmoli/ratto ha aumentato
leggermente il numero dei movimenti 40 min dopo il trattamento, ma non ha
37
modificato l’effetto del paracetamolo. Tali modificazioni non risultano
significative (Tabella 2).
Valutazione dei livelli di serotonina
Il paracetamolo ha provocato un aumento significativo dei livelli di serotonina
nelle tre aree cerebrali che abbiamo considerato per i nostri esperimenti
(corteccia frontale, corteccia temporo-parietale e ponte). L’entità dell’effetto è
risultato
simile
nelle suddette
aree. La
nocicettina ha prevenuto
significativamente l’aumento della concentrazione di serotonina provocata dal
paracetamolo (P<0.05). La nocicettina e l’UFP-101 somministrati da soli e la
loro associazione, non modificano i livelli basali di serotonina; l’UFP-101
reverte in modo significativo l’effetto antagonista della Nocicettina
sull’aumento di serotonina provocato dalla somministrazione di paracetamolo.
Tale interazione tra UFP-101, nocicettina e paracetamolo avviene in modo
simile nelle tre aree considerate in questo lavoro (Figure 1, 2, 3) (P<0.05 per
la corteccia frontale e per il ponte, P<0.01 per la corteccia temporo-parietale).
38
Tabelle e Figure esperimento 1
Tabella 1. Effetto della nocicettina sull’attività analgesica del paracetamolo nel test della
piastra calda. Influenza dell’UFP 101.
Trattamenti
% MPE
Fisiologica (Fis)
3.59±1.65
Fis + N/OFQ 10 + veic
-2.97±2.91
UFP 20 + Fis + veic
5.57±2.01
UFP 20 + N/OFQ 10 + veic
2.58±1.15
Fis + Fis + PARA
46.97±7.13 *
UFP 20 + Fis + PARA
55.40±5.20 *
Fis + N/OFQ 1 + PARA
26.52±5.91
Fis + N/OFQ 5 + PARA
18.82±3.91 #
Fis + N/OFQ 10 + PARA
9.33±2.16 #
UFP 20 + N/OFQ 10 + PARA
44.95±4.86 *
* P<0.05 vs. valori dei controlli, # P<0.05 vs. valori di Fis + Fis + PARA
I risultati sono espressi come media delle percentuali di MPE%  E.S.M.
39
Tabella 2. Effetti della nocicettina e del paracetamolo sull’attività locomotoria. Influenza
dell’ UFP 101.
Trattamento
N° di movimenti
Fisiologica
150.38±51.48
Fis + N/OFQ 10 + veic
134.81±28.43
UFP 20 + Fis + veic
177.14±27.76
UFP 20 + N/OFQ 10 + veic
145.48±27.95
Fis + Fis + PARA
148.34±25.92
UFP 20 +Fis + PARA
153.27±21.82
Fis + N/OFQ 10 + PARA
130.32±27.56
UFP 20 + N/OFQ 10 + PARA
158.42±60.52
I risultati sono espressi come media dei numeri di movimenti  E.S.M.
40
Figura 1. Effetto della N/OFQ (10 nmol/rat, i.c.v.) sull’incremento dei livelli di serotonina
provocati dal paracetamolo (PARA, 400mg/Kg, i.p.) nella corteccia frontale di ratto.
Influenza dell’UFP 101 (UFP, 20 nmol/rat, i.c.v.) sull’associazione nocicettinaparacetamolo.
*P<0.05 vs. valori dei controlli.
I valori dell’asse y rappresentano la concentrazione di 5-HT espressa in ng/g di tessuto
Corteccia frontale
900
800
700
*
*
*
600
ng/g
500
Fisiologica
Fis+N/OFQ+veic
400
UFP+fis+veic
UFP+N/OFQ+veic
300
Fis+fis+PARA
200
UFP+fis+PARA
Fis+N/OFQ+PARA
100
UFP+N/OFQ+PARA
0
41
Figura 2. Effetto della N/OFQ (10 nmol/rat, i.c.v.) sull’incremento dei livelli di serotonina
provocati dal paracetamolo (PARA, 400mg/Kg, i.p.) nella corteccia temporo-parietale di
ratto. Influenza dell’UFP 101 (UFP, 20 nmol/rat, i.c.v.) sull’associazione nocicettinaparacetamolo.
*P<0.05 vs. valori dei controlli.
I valori dell’asse y rappresentano la concentrazione di 5-HT espressa in ng/g di tessuto
Corteccia temporo-parietale
500
450
*
*
*
400
350
Fisiologica
ng/g
300
Fis+N/OFQ+veic
250
UFP+fis+veic
200
UFP+N/OFQ+veic
Fis+fis+PARA
150
UFP+fis+PARA
100
Fis+N/OFQ+PARA
50
UFP+N/OFQ+PARA
0
42
Figura 3. Effetto della N/OFQ (10 nmol/rat, i.c.v.) sull’incremento dei livelli di serotonina
provocati dal paracetamolo (PARA, 400mg/Kg, i.p.) nel ponte di ratto. Influenza dell’UFP
101 (UFP, 20 nmol/rat, i.c.v.) sull’associazione nocicettina-paracetamolo.
*P<0.05 vs. valori dei controlli.
I valori dell’asse y rappresentano la concentrazione di 5-HT espressa in ng/g di tessuto
Ponte
800
*
700
*
*
600
ng/g
500
Fisiologica
400
Fis+N/OFQ+veic
UFP+fis+veic
300
UFP+N/OFQ+veic
Fis+fis+PARA
200
UFP+fis+PARA
Fis+N/OFQ+PARA
100
UFP+N/OFQ+PARA
0
43
44
Esperimento 2
Test sull’ansia dopo singola iniezione di N/OFQ
Nella prima sessione del protocollo, i ratti sono stati trattati con singole
iniezioni i.c.v. di nocicettina a dosi crescenti da 0.3 a 1.5 nmoli/ratto.
Alle dosi più basse (0.3 e 0.5 nmoli/ratto), N/OFQ) non induce alcun tipo di
cambiamento nell’elevated pluz maze e tutti i parametri considerati non sono
diversi da quelli ottenuti nei ratti controllo trattati con fisiologica. Le dosi più
alte (0.75 e 1.5 nmoli/ratto) inducono una riduzione significativa nel tempo
speso nei bracci aperti (P<0.01) ed un aumento, dello stesso parametro, in
quelli chiusi e nell’arena (P<0.01). questi effetti sembrano verificarsi in
maniera dose-dipendente e potrebbero essere considerati come una risposta
ansiogenica. Inoltre, altri cambiamenti sono associati al primo esperimento:
diminuzione significativa sia dell’attività locomotoria in entrambi i bracci
(P<0.01), sia del numero di entrate nei bracci chiusi (P<0.01) (Tabella 1).
Nel modello del conditioned difensive burying, la nocicettina (a tutte le dosi
usate) non modifica la latenza alla prima scossa e neppure la latenza al primo
episodio di burying (Tabella 2). In più, non ci sono differenze significative sul
numero di volte in cui il ratto riceve la scossa in seguito al contatto con la
sonda.
Contrariamente, N/OFQ provoca una riduzione nel tempo cumulativo di
burying associato con una diminuzione dell’altezza della segatura, che
comincia ad essere significativa a partire dalla dose di 0.75 nmoli/ratto
(P<0.01).
Test sull’ansia dopo iniezioni ripetute di N/OFQ
Nella seconda sessione del protocollo è stato effettuato un pre-trattamento con
la stessa dose di nocicettina (1 nmole/ratto i.c.v.) 2 ore prima dei trattamenti.
45
Nell’EPM ha abolito completamente l’effetto sulla locomozione indotto dalla
singola iniezione di N/OFQ e ha indotto un aumento significativo nel numero
di entrate e del tempo speso nei bracci aperti, riducendo, di conseguenza, il
tempo speso in quelli chiusi (P<0.01). E’ stato anche registrato un aumento
della locomozione nei bracci aperti (P<0.01). In questa sessione la nocicettina
non ha mostrato nessun effetto di riduzione sull’attività motoria ed ha rivelato
un’azione ansiolitica. Il trattamento con UFP-101, somministrato da solo alla
dose di 10 nmoli/ratto i.c.v., non ha indotto variazioni comportamentali
significative in questo test, ma è stato capace di annullare completamente
l’effetto di N/OFQ (1 nmole/ratto), riportando i parametri osservati a quelli
dei ratti controllo (Tabella 3).
Nel CDB, le somministrazioni ripetute di nocicettina falliscono nell’indurre
cambiamenti significativi nella latenza al burying (ricoprimento), nel numero
di scosse ricevute e nella latenza alla prima scossa. In altre parole, un
decremento nell’altezza e nella durata di burying sono stati valutati in
confronto con i ratti controllo, indicando un’azione non diversa da quella
osservata nella prima sessione di questa parte sperimentale (singole iniezioni
di nocicettina) nello stesso test. L’UFP-101 da solo non ha modificato i
parametri rispetto a quelli ottenuti nei controlli, ma ha prevenuto l’effetto
ansiolitico della nocicettina (Tabella 4).
Infine, i risultati ottenuti nei ratti controllo, pre-trattati con N/OFQ, non si
sono mostrati differenti da quelli ottenuti negli animali trattati con fisiologica
nella prima sessione.
Livelli sierici di corticosterone
Singole somministrazioni di N/OFQ hanno indotto un aumento, in maniera
non dose dipendente, nelle concentrazioni sieriche di corticosterone. La dose
più bassa effettiva che induce un aumento significativo è quella di 0.5
46
nmoli/ratto
(P<0.01).
Sorprendentemente,
l’elevato
contenuto
di
corticosterone viene riportato ai livelli osservati nei ratti controllo (Figura 1).
47
Tabelle e Figure esperimento 2
Tabella 1. Effetto della singola somministrazione delle dosi crescenti di N/OFQ nell’EPM. I risultati sono espressi come medieE.S.M.
TEMPO SPESO NEI
TEMPO SPESO NEI
TEMPO SPESO
N° ENTRATE
N° ENTRATE
ATTIVITA’ MOTORIA
ATTIVITA’ MOTORIA
BRACCI APERTI
BRACCI CHIUSI
NELL’ARENA
BRACCI APERTI
BRACCI CHIUSI
BRACCI APERTI
BRACCI CHIUSI
FISIOLOGICA
85.4±10.6
171.8±9.9
42.7±4.3
3.23±0.45
6.01±0.63
24.12±3.13
46.28±5.10
N/OFQ 0.3 nmol
78.8±9.7
181.2±10.7
40.1±4.2
3.13±0.56
5.63±0.61
22.17±4.97
39.78±5.97
N/OFQ 0.5 nmol
75±7.9
184.2±11.1
41.1±4.7
3.21±0.65
4.89±0.52
24.53±6.41
43.26±4.88
N/OFQ 0.75 nmol
8.9±4.6 *
218.6±9.7 *
72.5±6.9 *
2.87±0.81
2.57±0.78 *
4.91±2.01 *
16.51±6.01 *
N/OFQ 1.0 nmol
4.9±1.8 *
221.7±9.4 *
73.4±6.8 *
2.07±0.76
1.61±0.7 *
3.12±1.97 *
7.17±3.84 *
N/OFQ 1.5 nmol
0.9±1 *
224.3±10.1 *
75.1±7 *
2.23±0.79
1.29±0.94 *
0.48±0.4 *
6.51±3.44 *
TRATTAMENTO
Tabella 2. Effetto della singola somministrazione delle dosi crescenti di N/OFQ nel CDB. I risultati sono espressi come medieE.S.M.
TRATTAMENTO
LATENZA ALLA PRIMA SCOSSA
LATENZA TRA BURYING E SCOSSA
N° SCOSSE RICEVUTE
ALTEZZA
TEMPO DI BURYING
FISIOLOGICA
28.8±3.5
173.4±18.8
3.4±0.51
5.2±0.48
109.3±10.7
N/OFQ 0.3 nmol
34.6±5.1
218.4±20.3
4.5±0.56
4.9±0.52
95.9±15.9
N/OFQ 0.5 nmol
38.4±6.2
249.2±21.6
5.5±0.94
4.5±0.62
71.6±9.3
N/OFQ 0.75 nmol
30.9±3.8
231.2±20.5
3.7±0.87
1.9±0.4 *
43.6±8.4 *
N/OFQ 1.0 nmol
24.6±7.2
261.4±20.9
4.4±0.63
1±0.51 *
34.7±6.1 *
N/OFQ 1.5 nmol
33.7±5.7
217.2±19.9
5.3±0.77
0.6±0.45 *
27.9±7.3 *
48
Tabella 3. Effetti della doppia somministrazione di N/OFQ nell’EPM; influenza del pre-trattamento con UFP-101. I risultati sono espressi
come medie  E.S.M. per N=10. *P<0.05 vs. valori dei controlli (Fisiologica).
TEMPO SPESO NEI
TEMPO SPESO NEI
TEMPO SPESO
N° ENTRATE
N° ENTRATE
ATTIVITA’ MOTORIA
ATTIVITA’ MOTORIA
BRACCI APERTI
BRACCI CHIUSI
NELL’ARENA
BRACCI APERTI
BRACCI CHIUSI
BRACCI APERTI
BRACCI CHIUSI
FISIOLOGICA
77.7±8.9
182.5±16.4
39.8±6.4
3.48±0.59
5.94±0.88
20.31±3.14
36.99±4.18
N/OFQ 1.0 nmol
136.2±13.7 *
115.2±9.8 *
48.6±5.7
9.97±1.73 *
5.32±0.62
58.76±5.99 *
29.35±4.01
UFP-101 10 nmol
83.4±9.6
174.3±14.6
42.3±6.1
2.74±0.61
6.09±0.79
27.52±2.41
31.1±2.99
UFP-101 + N/OFQ
71.3±7.8
178±15.3
50.7±8.1
3.33±0.44
4.94±1.03
21.98±1.84
27.72±4.18
TRATTAMENTO
Tabella 4. Effetti della doppia somministrazione di N/OFQ nel CDB; influenza del pre-trattamento con UFP-101. I risultati sono espressi
come medie  E.S.M. per N=10. *P<0.05 vs. valori dei controlli (Fisiologica).
TRATTAMENTO
LATENZA ALLA
LATENZA TRA
N° SCOSSE
ALTEZZA
TEMPO DI BURYING
PRIMA SCOSSA
BURYING E SCOSSA
RICEVUTE
FISIOLOGICA
35.7±3.9
162.1±18.9
3.7±0.72
5.6±0.65
98.7±9.8
N/OFQ 1.0 nmol
32.5±6
138.5±16.8
5.3±0.66
1.4±0.41 *
28.9±7.6 *
UFP-101 10 nmol
45.2±5.4
227.6±21
3.5±0.91
7.9±1.3
126.9±13.3
UFP-101 + N/OFQ
38.1±4.4
183.6±20.7
4.7±0.77
4.7±0.68
102.3±11.2
49
Figura 1. Effetto sui livelli sierici di corticosterone di nocicettina o fisiologica dopo
singole iniezioni (0,3 - 1,5 nmoli/ratto, i.c.v.) o dopo pre-trattamento di 2 ore con N/OFQ
(1 + 1 nmole/ratto dopo 2 ore). I risultati sono espressi come medie  E.S.M. per N=10.
*P<0.05 vs. valori dei controlli; #P<0.05 vs. il valore dei ratti trattati con singola dose di
N/OFQ (1 nmole/ratto).
I valori dell’asse y rappresentano i livelli sierici di corticosterone espresso in ng/ml
125
*
*
*
100
*
Fisiologica
N/OFQ 0,3
N/OFQ 0,5
N/OFQ 0,75
N/OFQ 1
N/OFQ 1,5
Fisiologica
N/OFQ 1 + N/OFQ 1
ng/ml
75
#
50
25
0
50
Esperimento 3
Test del saccarosio
Il consumo della soluzione di saccarosio rispetto all’acqua è rimasta costante
durante tutto l’esperimento nei ratti non stressati mentre è diminuita iniziando
dalla IVa settimana nei ratti stressati e raggiungendo livelli significativi alla
Va settimana di esposizione allo stress; la riduzione del consumo di soluzione
zuccherina si è mantenuta significativa fino all’ultimo test del saccarosio nei
ratti stressati non trattati.
Il trattamento con UFP-101 è iniziato alla VIIIa settimana di stress. Alla dose
di 20 nmoli/ratto esso è risultato efficace nel ristabilire il consumo di
saccarosio già dopo la prima settimana di trattamento. Dopo 15 gg anche la
dose di 10 nmoli/ratto ha riportato l’assunzione della bevanda zuccherina ai
livelli dei controlli e, dopo 21 giorni, tutte le tre dosi (quindi anche UFP-101,
5 nmoli).
D’altra parte, l’imipramina (15 mg/kg, i.p.), utilizzata come farmaco
antidepressivo di riferimento ha revertito l’anedonia dopo due settimane di
trattamento.
Inoltre, negli animali non stressati l’UFP-101 non ha effetto alla dose
utilizzata (10 nmoli/ratto).
Infine, il gruppo trattato con UFP-101 per 14 gg. (fino alla reversione
dell’anedonia), e successivamente trattato con nocicettina (5 nmoli/ratto) ha
evidenziato come il duplice trattamento della durata di 10 gg. sia in grado di
riportare i livelli di consumo a quelli degli stressati non trattati e quindi
anedonici (Figura 1).
51
Peso corporeo
L’incremento ponderale, valutato, settimanalmente non ha subito una
significativa riduzione dopo esposizione allo stress cronico.
Nessuno dei trattamenti con UFP-101 (o con UFP + N/OFQ) ha prodotto
alcuna variazione significativa nella crescita ponderale rispetto al gruppo di
riferimento della settimana sia tra gli stressati che tra i non stressati.
Al contrario, l’imipramina causa un blocco dell’accrescimento nel corso del
trattamento (già alla seconda settimana di trattamento) con una significativa
riduzione del peso corporeo al termine del trattamento stesso (Figura 2).
Attività locomotoria: open field
L’esposizione cronica a situazioni stressogene non previdibili non ha
significativamente modificato l’attività di deambulazione valutata tramite il
test dell’open field, prima dell’inizio dei trattamenti.
Il trattamento con la dose di 20 nmoli/ratto di UFP-101 aumenta
significativamente l’attività deambulatoria (totale e interna) e gli innalzamenti
dopo 13 giorni di trattamento rispetto agli animali stressati non trattati; questo
dosaggio, dopo trattamento cronico, sembra perciò incrementare l’attività
esploratoria e la curiosità per l’ambiente (innalzamenti) nel test dell’open
field.
Le altre dosi di UFP-101 (da sole o in associazione con N/OFQ, per il gruppo
addizionale) non sono risultate efficaci nel modificare i parametri presi in
considerazione a nessun tempo valutato sia negli animali stressati che nel
gruppo dei non stressati.
L’imipramina non ha effetto né sulla deambulazione né sugli innalzamenti
(Figura 3).
52
Test del nuoto forzato
I risultati del test del saccarosio hanno trovato conferma anche tramite il test
del nuoto forzato (di Porsolt).
Prima dei trattamenti, i ratti stressati hanno mostrato un maggiore tempo di
immobilità e un decremento nel tempo speso per il nuoto attivo e per
l’arrampicamento (climbing), rispetto ai ratti non stressati. Dopo 8 gg di
trattamento la dose di 20 nmoli/ratto di UFP-101 è in grado di riportare i tre
parametri valutati a livello dei controlli. A 15 e 22 giorni le dosi di UFP-101
di 5 e 10 nmoli sono risultate efficaci nel ristabilire valori confrontabili con i
ratti non stressati. La dose di 20 nmoli ha ridotto ulteriormente il tempo di
immobilità
e
incrementato
quello
di
climbing
fornendo
valori
significativamente diversi dai non stressati non trattati.
Il trattamento con imipramina ha riportato il tempo di immobilità, tempo di
nuoto attivo e tempo di “climbing” a valori comparabili con quelli dei ratti
non stressati non trattati a partire dalla Ia settimana di trattamento.
I ratti trattati con UFP-101 + N/OFQ, al 10° giorno di trattamento con
nocicettina hanno mostrato valori dei tre parametri indagati non
significativamente differenti da quelli degli stressati non trattati, mostrando
una reversione dell’effetto dell’UFP-101 da solo (Figure 4 A, 4 B e 4 C).
Livelli sierici di corticosterone
Il paradigma dello stress cronico moderato causa un incremento significativo
dei livelli basali di corticosterone rispetto al gruppo dei non stressati. Questo
aumento indotto dallo stress è significativamente ridotto in modo dosedipendente dalla somministrazione cronica di UFP-101 o di imipramina. Le
dosi di 10 e 20 nmoli di UFP-101 sono in grado di riportare il contenuto di
corticosterone a livello di quello basale nei non stressati. D’altronde l’UFP101 da solo nei non stressati non ha effetto di per sé sui livelli dell’ormone.
53
La somministrazione ripetuta di nocicettina negli stressati, associata
all’antagonista dei recettori NOP, riporta i livelli del corticosterone a valori
confrontabili con gli stressati non trattati revertendo l’effetto dell’UFP-101 in
questo gruppo (stressati) (Figura 5).
Livelli del RNA messaggero e della proteina di BDNF
I livelli ippocampali del RNA messaggero e della proteina di BDNF non sono
risultati significativamente differenti nei ratti stressati e non stressati trattati
con fisiologica.
I livelli di BDNF (mRNA e proteina) nell’ippocampo degli animali non
stressati trattati con UFP-101 (10 nmol/ratto) o imipramina (15 mg/kg) per tre
settimane non sono differenti da quelli dei non stressati trattati con fisiologica.
14 giorni di trattamento con UFP-101 (10 nmol/ratto) seguiti da 10 giorni di
co-somministrazione con UFP-101 (10 nmol/ratto) più N/OFQ (5 nmol/ratto)
non ha indotto alcuna significativa variazione dei livelli ippocampali di
BDNF (mRNA e proteina) rispetto agli stressati non trattati (Figure 6 A e 6
B).
Attività serotoninergica
Per la corteccia frontale si assiste, nel gruppo degli stressati a un decremento
del contenuto di serotonina rispetto ai controlli mentre i livelli del metabolita
non variano significativamente. Questo è indice di un incremento del turnover della serotonina in questa area dopo stress cronico moderato.
Dopo tre settimane di trattamento, UFP-101 è efficace nel riportare i valori di
5-HT a livello dei ratti non stressati mentre la co-somministrazione di
nocicettina (10gg) reverte l’effetto dell’UFP-101 dando risultati simili a quelli
degli stressati non trattati. Anche l’imipramina è in grado di revertire gli
effetti sulla 5-HT provocati dallo stress (Tabella 1).
54
Nel ponte lo stress cronico provoca un aumento dei livelli di 5-HT mentre
quelli dell’indolacetico rimangono invariati: si ottiene perciò un decremento
del turn over della serotonina e quindi dell’attività serotoninergica.
Il trattamento con UFP-101 provoca un ulteriore modesto incremento nei
livelli di serotonina accompagnato da un significativo aumento anche nel
contenuto di 5-HIAA, evento che porta il rapporto di turnover di serotonina a
valori simili a quelli degli animali di controllo non stressati. Il trattamento
cronico con imipramina reverte, negli stressati, gli effetti indotti sulla 5-HT
portando i parametri indagati a livelli confrontabili col gruppo dei non
stressati non trattati (Tabella 2).
55
Tabelle e Figure esperimento 3
Figura 1. Influenza del SCM e dei trattamenti sul consumo del saccarosio. I dati sono
espressi come % di soluzione zuccherina rispetto al totale di fluido assunto (N=8). *P<0.05
vs. non stressati non trattati; #P<0.05 vs. stressati non trattati.
No stress fis
No stress UFP 10
Stress fis
Stress UFP 5
Stress UFP 10
Stress UFP 20
Stress IMI 15
Stress UFP 10 + N 5
20
Trattamento
Consumo di saccarosio %
10
0
#
#
#
-10
-20


-30





-40
-50
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
Settimane
56
Figura 2. Influenza del SCM e dei trattamenti sulla variazione ponderale dei ratti durante
l’esperimento (% di accrescimento rispetto al T=0).* P<0.05 vs. non stressati non trattati.
Trattamento
70
No stress fis
No stress UFP 10
Stress fis
Stress UFP 5
Stress UFP 10
Stress UFP 20
Stress IMI 15
Stress UFP 10 + N 5
60
Peso corporeo %
50
40


X
XI
30
20
10
0
0
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
Settimane
57
Figura 3. Influenza del SCM e dei singoli trattamenti sul tempo totale di innalzamenti,
espresso in secondi, nel test del campo aperto (open field) a diversi giorni dall’inizio dei
trattamenti. I dati sono espressi come medie ± E.S.M. * P<0.05 vs. non stressati non
trattati; # P<0.05 vs. stressati non trattati.
No stress fis
No stress UFP 10
Stress fis
Stress UFP 5
Stress UFP 10
Stress UFP 20
Stress IMI 15
Stress UFP 10 + N 5
#
*
40
Tempo innalzamenti
30
#
*
20
#
*
#
*
#
#
*
*
#
#
*
*
#
*
10
0
- 48 h
6 giorni
13 giorni
58
20 giorni
Figura 4 A, B, C. Influenza del SCM e dei singoli trattamenti sul tempo d’immobilità,
nuoto attivo e climbing valutati nel FST a diversi giorni dall’inizio dei trattamenti. I dati
#
sono espressi come medie ± E.S.M. * P<0.05 vs. non stressati non trattati;
P<0.05 vs.
stressati non trattati.
No stress fis
A)
No stress UFP 10
Tempo d’immobilità (secondi)
250
Stress fis
Stress UFP 5
*
*
200
*
*
*
Stress UFP 10
*
*
* *
*
*
Stress UFP 20
*
*
Stress IMI 15
150
Stress UFP 10 + N 5
100
#
50
#
#
#
#
#
#
##
*
#
*
#
*
B)
0
- 24 h
8 gg
15 gg
C)
22 gg
150
120
#
#
#
#
#
#
#
90
60
*
*
***
*
*
*
*
*
*
*
*
30
0
- 24 h
8 gg
15 gg
200
#
59
#
#
#
*
#
#
#
#
150
#
100
*
*
*
*
**
*
*
*
*
*
**
50
0
22 gg
#
#
*
#
#
#
#
Tempo di climbing (secondi)
Tempo di nuoto attivo (secondi)
250
- 24 h
8 gg
15 gg
22 gg
Figura 5. Influenza del SCM e dei singoli trattamenti sui livelli sierici di corticosterone nel
ratto. I dati sono espressi come
medie ± E.S.M.. * P<0.05 vs. non stressati non trattati; # P<0.05 vs. stressati non trattati.
150

No stress fis
No stress UFP 10
Stress fis
Stress UFP 5
Stress UFP 10
Stress UFP 20
Stress IMI 15
Stress UFP 10 + N 5

120
#
ng/ml
90
#
60
30
0
60
#
Figura 6. Influenza del SCM e dei singoli trattamenti sui livelli ippocampali di RNA
messaggero e della proteina di BDNF nel ratto.
I dati sono espressi come medie ± E.S.M..
A)
BDNF mRNA
140
120
100
%
80
60
40
20
No stress fis
0
B)
%
No stress UFP 10
Stress fis
BDNF proteina
140
Stress UFP 10
120
Stress IMI 15
100
Stress UFP 10 + N 5
80
60
40
20
61
Tabella 1. Effetti del SCM e del trattamento cronico con UFP-101 o Imipramina sul 5HIAA, sulla 5-HT e sul loro turnover nella corteccia frontale di ratto. FIS = trattati con
fisiologica; UFP = UFP-101 (nmol/rat, i.c.v.), N/OFQ = nociceptin/orphainin FQ
(nmol/rat, i.c.v.), IMI = imipramine (i.p.). I valori sono espressi come medie ± S.E.M..
*P<0.05 vs no stress Fis.
CORTECCIA FRONTALE
5-HIAA
5-HT
5-HIAA/5-HT
NO STRESS FIS
351.7  12.7
502.7  24.7
0.71  0.04
NO STRESS + UFP 10
360.4  14.8
525.3  26.4
0.68  0.05
STRESS FIS
322.7  11.4
350.4  12.4 *
0.92  0.04 *
STRESS + UFP 5
331.4  15.2
471.2  22.7
0.70  0.03
STRESS + UFP 10
344.2  16.5
489.1  29.9
0.69  0.04
STRESS + UFP 20
353.9  18.2
509.4  21.7
0.67  0.06
STRESS + UFP 10 + N/OFQ 5
341.0  17.5
374.4  13.9 *
0.91  0.08 *
STRESS + IMI 15 mg/kg
368.1  14.9
518.4  28.4
0.71  0.06
62
Tabella 2. Effetti del SCM e del trattamento cronico con UFP-101 o Imipramina sul 5HIAA, sulla 5-HT e sul loro turnover nel ponte di ratto. FIS = trattati con fisiologica; UFP
= UFP-101 (nmol/rat, i.c.v.), N/OFQ = nociceptin/orphainin FQ (nmol/rat, i.c.v.), IMI =
imipramine (i.p.). I valori sono espressi come medie ± S.E.M.. *P<0.05 vs no stress Fis.
PONTE
5-HIAA
5-HT
5-HIAA/5-HT
NO STRESS FIS
300.8  11.7
637.8  39.6
0.48  0.03
NO STRESS + UFP 10
322.5  16.8
657.1  40.1
0.51  0.02
STRESS FIS
304.7  11.4
859.2  68.4 *
0.33  0.03 *
STRESS + UFP 5
440.5  31.2 * 920.1  71.8 *
0.48  0.04
STRESS + UFP 10
532.2  42.5 * 970.9  78.1 *
0.55  0.04
STRESS + UFP 20
564.3  45.7 * 1002.1  83.4 *
0.56  0.03
STRESS + UFP 10 + N/OFQ 5
301.4  18.1
868.1  53.7 *
0.32  0.04 *
STRESS + IMI 15 mg/kg
305.2  15.7
648.8  37.9
0.48  0.02
63
64
Discussione e conclusione
Nella prima area di ricerca, riguardante il possibile coinvolgimento del
sistema N/OFQ-NOP sulla modulazione dell’analgesia, abbiamo dimostrato
che la nocicettina è in grado di antagonizzare in modo dose dipendente
l’effetto analgesico del paracetamolo nel test della piastra calda.
In precedenza, alcuni autori hanno osservato che la nocicettina previene
l’analgesia indotta da morfina dimostrando la capacità di tale peptide di
modulare il sistema oppioidergico (Harrison, 2000). Fino ad oggi non erano
note informazioni riguardanti l’effetto della nocicettina sull’attività
antinocicettiva di farmaci analgesici non oppioidi.
La piastra calda, scaldata a temperatura costante, produce due risposte
comportamentali: il leccamento delle zampe posteriori e il salto, che possono
essere misurate come tempi di reazione e che rappresentano risposte integrate
a livello sopraspinale (Le Bars et al., 2001). Ciò ci ha permesso di confermare
l’importanza della componente centrale del meccanismo d’azione del
paracetamolo suggerendo anche che l’interazione tra nocicettina e
paracetamolo potrebbe verificarsi a livello sopraspinale. Tali dati sono stati
ottenuti senza alcuna variazione dell’attività locomotoria nei ratti trattati con i
tre farmaci da soli o in associazione.
L’azione della nocicettina si esplica attraverso il suo recettore (NOP) e ciò è
confermato dalla capacità dell’UFP-101 di prevenire, in modo significativo
anche se parziale, l’effetto antagonista della nocicettina sull’azione analgesica
del paracetamolo.
L’UFP-101 è, infatti, un’antagonista competitivo dei recettori NOP ed è
capace di antagonizzare in vivo, molti degli effetti indotti dalla Nocicettina
(Corradini et al., 2001).
65
Una prima conclusione che possiamo trarre dai dati ottenuti è che
l’antagonismo della nocicettina sul paracetamolo è mediata attraverso i
recettori NOP.
Sulla base di risultati già presenti in letteratura, abbiamo poi ipotizzato un
ruolo della serotonina sull’effetto antagonista della nocicettina nei confronti
dell’attività analgesica del paracetamolo. Infatti, questo effetto sembra
mediato dalla serotonina sia a livello spinale (Pellisier et al., 1995; Courade et
al., 2001) che sopraspinale (Pini et al., 1997); inoltre studi in vitro hanno
dimostrato che il paracetamolo aumenta la liberazione di [3H]5-HT prodotta
da ioni K+, aggiungendo nuove evidenze sul fatto che il paracetamolo agisca
sulla neurotrasmissione serotoninergica centrale. Dati recenti hanno anche
evidenziato una modulazione nella liberazione di [3H]5-HT da parte della
nocicettina in sinaptosomi della corteccia di ratto (Marti et al., 2003).
Tenendo in considerazione tali osservazioni, abbiamo deciso di studiare la
possibile implicazione della serotonina nell’interazione tra nocicettina e
paracetamolo.
Abbiamo scelto le tre aree già menzionate in quanto particolarmente implicate
nella modulazione del sistema nocicettivo.
Riferendoci al primo esperimento, si può concludere che ci sia una
correlazione tra i risultati comportamentali e biochimici, che potrebbe
spiegare
l’antagonismo
della
nocicettina
sull’effetto
analgesico
del
paracetamolo.
Queste osservazioni confermano la componente centrale del meccanismo
d’azione del paracetamolo e dimostrano che l’interazione con la nocicettina
avviene a livello cerebrale. L’effetto di prevenzione da parte dell’UFP 101
sull’antagonismo della nocicettina sul paracetamolo avviene in modo simile
nelle tre aree cerebrali studiate.
66
I nostri dati evidenziano che le concentrazioni basali di serotonina nella
corteccia temporo-parietale sono più basse rispetto a quelle delle altre aree da
noi studiate, suggerendo una minore innervazione serotoninergica di tale area;
ciononostante la percentuale di aumento della serotonina prodotta dal
paracetamolo è della stessa entità rispetto a quella osservata nella corteccia
frontale e nel ponte.
Questo ultimo dato indicherebbe che l’aumento di tale neurotrasmettitore
potrebbe essere un fenomeno generale che si verifica in molte aree cerebrali.
La corteccia temporo-parietale sembra avere una minore importanza nelle vie
nocicettive, ma possiede un ruolo chiave in alcune malattie psichiatriche
come gli attacchi di panico e la depressione (Meyer et al., 2000).
Inoltre i nostri dati indicano come la nocicettina e il paracetamolo agiscano in
modo opposto sulla liberazione di serotonina nel cervello. Questa interazione
non sembra un effetto di sommazione in quanto il paracetamolo produce un
aumento dei livelli di serotonina più forte rispetto al leggero calo provocato
dalla nocicettina. Si può ipotizzare che la nocicettina provochi una
diminuzione della liberazione di serotonina solo quando essa è aumentata
oltre i livelli fisiologici (Gavioli et al., 2004).
In base ai risultati presentati possiamo ipotizzare che il blocco dei recettori
NOP da parte dell’UFP-101 nel cervello possa prevenire l’effetto della
nocicettina sugli stessi recettori. Tramite questo meccanismo, l’aumento delle
concentrazioni di serotonina provocato dal paracetamolo viene ripristinato e
di conseguenza anche il suo effetto analgesico.
Dobbiamo però tener conto che il meccanismo con cui il paracetamolo
esercita il suo effetto a livello del SNC non è stato ancora completamente
chiarito; infatti, altri studi hanno proposto il coinvolgimento delle cicloossigenasi, del
sistema
oppioide,
noradrenergico,
colinergico per spiegare l’effetto di tale farmaco.
67
serotoninergico
e
Perciò il ruolo di altri sistemi trasmettitoriali sull’azione della nocicettina e
del suo recettore, non può essere escluso.
I risultati dello studio inerenti al coinvolgimento del sistema N/OFQ–
recettore NOP nella modulazione dell’ansia, mostrano che nell’EPM, una
singola somministrazione i.c.v. di nocicettina agisce sul comportamento del
ratto in maniera simile ad un agente ansiogenico. Tuttavia, lo stato di
ipomotilità può interferire con le risposte comportamentali. Effettuando un
pre-trattamento di 2 ore con N/OFQ, non è stata osservata alcuna riduzione
nell’attività locomotoria e, nel test dell’EPM, si è riscontrato un effetto
ansiolitico del nostro peptide; inoltre diversi dati presenti in letteratura
mostrano effetti comportamentali simili per farmaci ansiolitici nell’elevated
plus maze effettuato in roditori (Handley e Mithani, 1984; Yellow e File,
1986; Jenck et al., 1997).
Nel modello del CDB, l’altezza e la durata del ricoprimento della sonda
risultano entrambi diminuire nei ratti trattati con singole somministrazioni di
N/OFQ (a partire da 0,75 nmol/ratto) o in quelli che hanno ricevuto il doppio
trattamento con 1 nmol/ratto di nocicettina. I farmaci ansiolitici, come il
diazepam, diminuiscono la durata e l’altezza del ricoprimento, indicando che
questi parametri possono essere considerati come indice per la valutazione di
un eventuale stato di ansia (Pinel e Treit, 1978; Treit et al., 1981; LopezRubalcava et al., 1996; Lopez-Rubalcava et al., 1999). In questo test l’attività
locomotoria potrebbe essere meno importante per l’ottenimento dei risultati;
infatti un netto effetto ansiolitico, si è osservato sia dopo singola che doppia
somministrazione intracerebroventricolare di nocicettina. Inoltre, il fatto che,
entrambi i tipi di trattamento con il suddetto peptide abbiano riportato effetti
simili nel modello del conditioned defensive burying, supporta una
potenzialità ansiolitica di questo farmaco.
68
Il pre-trattamento con UFP-101, alla dose di 10 nmoli/ratto, previene l’effetto
della nocicettina (dopo doppia somministrazione) in entrambi i test da noi
utilizzati, indicando come la sua azione ansiolitica possa essere mediata dal
recettore NOP.
La nostra ricerca è in accordo con altre che riportano un effetto ansiolitico
della N/OFQ o dell’agonista del recettore NOP, Ro 64 6198, osservato in topi
e in ratti attraverso diversi modelli comportamentali che generano differenti
tipi di stati ansiosi (Jenck et al., 1997; Jenck et al., 2000; Greibel et al., 1999).
L’effetto ansiogenico misurato nell’EPM dopo singola iniezione di N/OFQ
potrebbe essere spiegato sulla base del verificarsi simultaneo dell’intenso
effetto ipolocomotorio indotto dal peptide, effetto che genera una rapida
tolleranza dopo iniezioni ripetute (Devine et al., 1996).
Fernandez ed i suoi colleghi (2004) riportano che iniezioni i.c.v. di N/OFQ
(0,001 – 1 nmoli/ratto), aumentano il comportamento relativo all’ansia nei
ratti, usando tre tipi di test ansiometrici incluso l’EPM; questi dati
comportamentali sono associati con l’aumento delle concentrazioni di
corticosterone circolante.
Il presente studio indica che l’azione della nocicettina nei test d’ansia
potrebbe essere influenzato da conseguenze emozionali del suo effetto
ipolocomotorio in condizioni di stress; inoltre sarebbe interessante indagare
l’effetto delle somministrazioni ripetute di N/OFQ anche negli altri test
utilizzati dal gruppo di Fernandez.
La
tolleranza
all’effetto
ipolocomotorio
potrebbe
dipendere
dalla
desensibilizzazione e/o internalizzazione del recettore NOP dopo ripetute
somministrazioni dell’agonista. Spampinato e collaboratori (2001, 2002)
hanno
riportato
che
la
nocicettina
è
in
grado
di
promuovere
l’internalizzazione del recettore NOP umano (hNOP) in linee cellulari di
neuroblastoma Sk-N-BE, e che la β-arrestina-2 è coinvolta in questo processo.
69
Infine, alle nostre condizioni sperimentali, la nocicettina, in maniera dose
dipendente, aumenta i livelli sierici di corticosterone in seguito a
somministrazione acuta. Ciò è in accordo con precedenti studi che mostrano
come N/OFQ attiva l’asse HPA in ratti non stressati e aumenta la risposta
ormonale in presenza di lievi condizioni stressanti (Devine et al., 2001;
Devine et al., 2002). Interessante è il dato che il pre-trattamento con
nocicettina riduca bruscamente l’effetto del peptide sul corticosterone.
L’aumento dei livelli di corticosterone è provocato da somministrazioni acute
sia di farmaci ansiolitici che ansiogeni, e la correlazione tra questi farmaci e le
risposte emozionali sembrano non essere molto chiare (Marc e Morselli,
1969; Yellow e File, 1985; Matheson et al., 1988; de Boere et al., 1991;
Bitran et al., 1998; Fernandez et al., 2004).
I risultati di questo studio indicano che il trattamento i.c.v. con N/OFQ
produce un netto effetto ansiolitico solo in condizioni tali in cui è assente una
modificazione sulla locomozione. I livelli sierici di CORT non sembrano
essere correlati con uno stato di ansia alle nostre condizioni sperimentali.
Considerati globalmente, questi dati rappresentano un importante stadio per
chiarire il ruolo della nocicettina nelle risposte a stati acuti di ansia.
Infine, essi rafforzano l’ipotesi secondo la quale la N/OFQ potrebbe
partecipare nella normale processazione degli stimoli emozionali e stressanti,
e che la disregolazione del sistema N/OFQ-recettore NOP potrebbe essere
coinvolta in disordini psichiatrici associati con un’alterata attività dell’asse
HPA e/o stati patologici ansiosi.
Nello studio riguardante il sistema N/OFQ-NOP e depressione, terzo
esperimento, abbiamo valutato l’effetto dell’antagonista del recettore NOP,
UFP-101, nel paradigma sperimentale dello Stress Cronico Moderato (SCM)
in ratti Wistar. L’esposizione per 6 settimane a SCM ha prodotto anedonia
70
(ridotta preferenza alla soluzione di saccarosio 1%). Iniezioni i.c.v.
giornaliere di UFP-101 non hanno modificato l’assunzione di soluzione di
saccarosio in ratti non stressati, ma hanno ristabilito il consumo basale di
saccarosio in ratti sottoposti a stress. L’UFP-101 ha anche ridotto il tempo di
immobilità dei ratti stressati nel test di Porsolt; ha abolito l’aumento dei livelli
sierici di corticosterone e le modificazioni cerebrali dei livelli di 5-HT. Questi
dati forniscono ulteriore evidenza sperimentale a favore dell’effetto
antidepressivo di antagonisti del recettore NOP. Si è inoltre osservato come la
procedura dello SCM non riduca i livelli ippocampali di mRNA e della
proteina del fattore neurotrofico BDNF. Parallelamente, l’UFP-101 ha
annullato gli effetti dello stress nel test di Porsolt in modo tempo-dipendente.
La co-somministrazione ripetuta di N/OFQ previene completamente gli effetti
comportamentali dell’UFP-101 indicando un coinvolgimento diretto a livello
recettoriale.
Il valore del presente lavoro risiede nell’utilizzo di un modello animale nel
quale i ratti abbiano esperienze depressogene prima della somministrazione
del composto di cui vogliamo valutare il potenziale effetto antidepressivo,
ponendoci quindi in condizioni simili a quelle presenti nella pratica clinica.
La procedura del SCM da noi adottata ha indotto, inoltre, un incremento
significativo nel tempo di immobilità nel FST mentre l’UFP-101 ha
completamente ristabilito la reattività dell’animale e il suo comportamento di
“combattività”. Originalmente descritto da Porsolt e colleghi (1977, 1978), il
FST risulta il test comportamentale più comunemente utilizzato per lo
screening di agenti antidepressivi. Infatti, categorie differenti di antidepressivi
riducono il tempo speso nel tentativo di scalare le pareti del cilindro
(climbing) (Cryan et al., 2002; Detke et al., 1995; Lucki, 1997). Numerosi
studi hanno riportato come gli antagonisti del recettore NOP inducano effetti
antidepressivi in roditori naive nel FST (Gavioli et al., 2003, 2004; Rizzi et
71
al., 2007); inoltre, quest’azione è assente in topi deficienti per il gene del
recettore NOP i quali, in aggiunta, mostrano un fenotipo “anti-depresso”
(Gavioli et al., 2003).
Nel nostro studio l’esposizione dei ratti al SCM non modifica in modo
significativo, nell’open field, il parametro (numero di innalzamenti) che
rispecchia l’interesse per l’esplorazione di un nuovo ambiente ma, è in grado
di diminuire l’attività locomotoria in campo aperto, espressa dal numero
totale di attraversamenti. Questo nostro dato è in accordo con i risultati di
altre ricerche che hanno rilevato come il SCM fosse in grado di ridurre la
locomozione dei ratti nello stesso test (D’Aquila et al., 2000). Per contro, il
fatto che i ratti trattati con UFP-101 mostrino un incremento nel numero di
attraversamenti che li riporta ai valori degli animali non stressati può riflettere
un ripristino dell’attività esploratoria.
Inoltre, il trattamento con UFP-101 non induce delle alterazioni in senso
negativo nell’accrescimento ponderale dei ratti, fenomeno che invece avviene
dopo somministrazione ripetuta di imipramina. Una riduzione nel peso
corporeo in corso di trattamento cronico con imipramina, precedentemente
descritta da diversi gruppi, può essere considerata un fattore confondente e,
cosa di maggiore rilevanza, un effetto avverso soprattutto per il test del
saccarosio.
Infatti,
l’attività
anoressizzante
degli
antidepressivi
più
comunemente utilizzati rappresenta un importante effetto collaterale che deve
essere preso in considerazione nella pratica clinica.
Lo stress e la depressione risultano essere associati in diversi modi; alcuni
disturbi legati allo stress sembrano dipendere dalla patofisiologia della
depressione (Kioukia-Fougia et al., 2002). Inoltre, è noto che gli ormoni dello
stress, come i glucocorticoidi, possono modulare la funzionalità neuronale nel
SNC in risposta a stimoli stressanti. Alcuni autori hanno anche dimostrato
come possa effettuarsi un danno prolungato dell’asse HPA in ratti stressati in
72
modo cronico e in pazienti con depressione conclamata dal punto di vista
clinico (Morley-Fletcher et al., 2004; Tafet e Bernardini, 2003). Nella nostra
ricerca i ratti sottoposti a SCM mostrano un incremento nella liberazione di
corticosterone. Studi precedenti avevano indicato come una secrezione
elevata di corticosterone, così come un’ipertrofia delle ghiandole surrenali
potesse essere revertita dalla somministrazione di antidepressivi classici (Reul
et al., 1993; McEwen, 2005). Inoltre, la stimolazione e il mantenimento
dell’attività dell’asse HPA possono essere anche modulati dalle proiezioni
provenienti da varie aree del SNC verso l’ipotalamo grazie al rilascio del CRF
attraverso una rete di neurotrasmettitori che comprendono la serotonina, la
noradrenalina, il glutammato e l’acetilcolina (Herman e Cullinan, 1997). I
nostri risultati attuali mostrano che anche l’UFP-101 è efficace nel ridurre
l’incremento dei livelli sierici di corticosterone indotto dallo stress. Questi
effetti sono confrontabili con quelli provocati da un trattamento con
imipramina sia alle nostre condizioni sperimentali sia da quanto si evince dai
dati di letteratura (Duncan et al., 1998).
E’ probabile che le azioni dell’UFP-101 e di altri antagonisti altamente
selettivi del recettore NOP dipendano esclusivamente dalla loro abilità di
bloccare il sistema di segnalazione della nocicettina mediato dal recettore
NOP. Precedenti risultati hanno indicato che la nocicettina, di per sé
inefficace nel FST, era altresì capace di annullare gli effetti dell’UFP-101 e di
altri antagonisti del recettore NOP nel topo (Gavioli et al., 2003). I nostri
risultati attuali mostrano, infatti, che una co-somministrazione ripetuta di
nocicettina e UFP-101 è in grado di prevenire completamente sia gli effetti
comportamentali che biochimici dell’UFP-101 in singola somministrazione.
Questo dato è di supporto all’ipotesi di un coinvolgimento specifico e diretto
del recettore NOP a questo riguardo.
73
La maggior parte dei farmaci antidepressivi attualmente per uso clinico
condividono meccanismi d’azione simili, agendo in ultima istanza, mediante
un incremento dei livelli di monoamine nello spazio sinaptico (Nutt, 2002). E’
stato dimostrato che UFP-101 antagonizza selettivamente l’inibizione presinaptica di noradrenalina (Marti et al., 2003) e di serotonina (Calò et al.,
2002) indotta da somministrazione di nocicettina in preparati corticali e
previene l’iperpolarizzazione, mediata dai canali del K+, provocata dalla
nocicettina nel nucleo del rafe dorsale (Gavioli et al., 2004). In questo modo,
UFP-101 potrebbe agire su un bersaglio terminale simile a quello di un
antidepressivo
classico,
cioè
determinando
un
incremento
nella
concentrazione sinaptica di serotonina a livello corticale, e tuttavia agendo a
diversi livelli e con meccanismi differenti. Effettivamente è stato confermato
come l’UFP-101 sia in grado di revertire, in modo dose-dipendente, i
cambiamenti nell’attività serotoninergica nella corteccia frontale e nel ponte,
indotti da esposizione a SCM. Questo risultato corrobora l’ipotesi di un
coinvolgimento serotoninergico nell’azione antidepressiva degli antagonisti
del recettore NOP.
Infine, risulta noto che, in modelli animali di stress cronico, i neuroni
dell’ippocampo rispondono con una riduzione di fattori neurotrofici quali
BDNF. Il trattamento cronico con diversi antidepressivi risulta in grado di
incrementare l’espressione del mRNA di questa neurotrofina nel cervello di
ratto, in particolare nell’ippocampo (Nibuya et al., 1995) e per questo è stato
ipotizzato che tale effetto possa portare ad un miglioramento dei sintomi della
depressione (D’Sa e Duman, 2002). Ciononostante, studi che mostrano gli
effetti di trattamenti cronici con antidepressivi sull’espressione di queste
neurotrofine hanno mostrato come la sovra-regolazione dei suddetti peptidi
non sia comune a tutti i trattamenti farmacologici che sono risultati efficaci in
trial clinici; inoltre questo fenomeno è spesso associato alla dose utilizzata
74
(Russo-Neustadt et al., 1999; Xu et al., 2003; Coppell et al., 2003). In base ai
dati ottenuti nell’ultima parte del mio dottorato, si può dire che né
l’esposizione al SCM né il trattamento cronico per tre settimane con UFP-101
sono in grado di modificare i livelli di BDNF nell’ippocampo. Questi risultati
suggeriscono anche che l’efficacia dell’UFP-101 nell’annullare i sintomi
tipici della depressione (anedonia) nel modello del SCM possano non
dipendere direttamene da variazioni di BDNF.
In conclusione, i nostri dati mostrano che l’azione antidepressiva dell’UFP101 si manifesta più rapidamente rispetto agli antidepressivi classici (dopo
una settimana al contrario dell’imipramina per la quale sono necessarie due
settimane di trattamento).
La reversione degli effetti sul consumo di saccarosio e sul test del nuoto
forzato operata dalla concomitante somministrazione di nocicettina per 10
giorni, somministrazione che riporta gli animali ad uno stato di anedonia
confrontabile con quello degli stressati non trattati, fa propendere per il
coinvolgimento di un meccanismo di azione di tipo recettoriale.
È stato inoltre confermato un coinvolgimento di tipo inibitorio del
meccanismo di feedback dell’asse HPA nel nostro modello sperimentale di
stress.
Il modello dello stress cronico moderato è in grado di indurre anche
cambiamenti neurochimici, in particolare, nell’attività serotoninergica che
sono area-specifici e vengono revertiti sia da antidepressivi classici come
l’imipramina
che dall’UFP-101,
confermando
ancora
una
volta il
coinvolgimento di questo circuito neurochimico nelle basi biologiche della
depressione e fornendo maggiori chiarimenti sul meccanismo d’azione di
potenziali nuovi agenti antidepressivi.
Molti pazienti affetti da depressione non hanno una risposta rapida alla terapia
con agenti antidepressivi classici e la loro efficacia clinica risulta evidente
75
solo dopo 4-6 settimane di trattamento. In questo modo, un agente
antidepressivo con una comparsa d’azione più rapida potrebbe rappresentare
una “conquista” interessante in farmacoterapia.
I risultati ottenuti dai diversi gruppi che collaborano sul progetto PRIN sulla
nocicettina, compreso il nostro, hanno confermato come il sistema
nocicettina/recettore NOP sia ubiquitario, e come, attraverso tale via, il
neuropeptide N/OFQ sia in grado di regolare diverse funzioni biologiche sia
centrali (dolore, locomozione, disordini dell’umore, memoria, alimentazione)
che periferiche (sistema cardiovascolare, uro-genitale, polmonare e gastroenterico). Obiettivi futuri avranno lo scopo di studiare antagonisti del
recettore NOP di natura non peptidica, da sostituire a quelli classici, oggetto
degli studi condotti finora, per facilitare il passaggio della barriera ematoencefalica ed avvicinarsi, così, a studi pre-clinici.
Per quanto riguarda le mie ricerche, ho osservato il coinvolgimento a livello
recettoriale del sistema nocicettina – recettore NOP, nei campi di studio da
me indagati corroborando le evidenze sperimentali che si sono col tempo
accumulate su questo sistema peptidergico.
Tutto ciò rappresenta un supporto all’ipotesi secondo la quale il recettore
NOP possa rappresentare un candidato target per lo sviluppo di nuove terapie
in campo neurologico, come nocicezione, ansia e depressione.
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FQ (OFQ) receptor agonist with anxiolytic-like properties, Eur J Med
Chem 35 (2000), pp. 839–851.
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Pharmacol 1998. Sin. 19, 10-14.
88
RINGRAZIAMENTI
Voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno offerto la possibilità di
raggiungere, dopo la tesi di laurea, questo secondo traguardo di formazione
universitaria, per me molto importante per un futuro nel campo della ricerca.
In particolare il Professor Maurizio Sandrini dell’Università degli studi
di Modena per avermi seguito come tutor durante questi anni di Dottorato e
per la supervisione costante alle nostre ricerche; il professor Giosuè Baggio,
la professoressa Tiziana Rossi, il Professor Luigi Alberto Pini e la
Professoressa Rossana Arletti per aver contribuito, a vario titolo, allo sviluppo
del mio periodo di formazione del Dottorato e alla Professoressa Rosa Maria
Gaion dell’Università degli studi di Padova, coordinatrice del Dottorato che
ho frequentato, per l’ottima organizzazione del corso.
Un grazie particolare lo dedico al Dottor Giovanni Vitale, maestro di
questi anni e spero dei prossimi. La sua costante presenza, la sua disponibilità
e pazienza, i suoi consigli (in campo accademico e non) ed i suoi
insegnamenti mi hanno permesso di acquisire ed approfondire diverse
competenze in campo scientifico e soprattutto ampliare il mio bagaglio
culturale ed umano. Grazie alla Dott.ssa Monica Filaferro, amica,
collaboratrice ed ottimo supporto tecnico e scientifico per tutti questi anni: la
sua esperienza e preparazione sono uniche.
Grazie a tutti i ragazzi/e ed ai tecnici della sezione di Farmacologia per
aver reso più piacevoli e divertenti le ore di lavoro; al gruppo della
Professoressa Brunello ed in particolare alla Dott.ssa Silvia Alboni per aver
contribuito alla realizzazione ed elaborazione dei dati sul BDNF presenti in
questa tesi.
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Ringrazio il Professor Maurizio Massi dell’Università di Camerino,
coordinatore dell’Unità del progetto PRIN 2006 sulla nocicettina, per la
supervisione della parte relativa agli effetti sulla depressione.
Infine un ringraziamento anche all’Università degli Studi di Ferrara nelle
figure del Professor Domenico Regoli, coordinatore del Progetto PRIN 2006
sulla nocicettina, del Dott. Girolamo Calò per il supporto scientifico e del
Dott. Remo Guerrini per la disponibilità delle sostanze da loro sintetizzate
(agonisti e antagonisti del recettore NOP) e da noi utilizzate.
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