1. Il contesto storico

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Studia Theologica III, 1/2005, 25 - 39
Wilhelm Tauwinkl
CONTESTO TEOLOGICO E STORICO
DELLE LETTERE A SERAPIONE DI ATANASIO
1. Il contesto storico
Le quattro Lettere a Serapione furono scritte a breve tempo una dopo
l’altra, nel periodo tra 356 e 362; la data più probabile è l’anno 359.1 In
questo periodo, dopo 10 anni tranquilli, senza nessun esilio, Atanasio era di
nuovo perseguitato, rifugiandosi presso i monaci del deserto, dopo che
l’imperatore Costanzio II (350-361) era riuscito a ottenere la sua condanna
da parte di quasi tutti i vescovi dell’impero.
Il Concilio di Arles (353) è stato convocato dall’imperatore proprio alla
proposta di Atanasio, però ai vescovi occidentali partecipanti è stato imposto
un documento preparato in anticipo che, in seguito a delle pressioni, tutti
hanno firmato, tranne uno. La scarsa conoscenza delle faccende di Atanasio
e Ario da parte dei vescovi occidentali ha favorito l’accetto.
Papa Liberio, che era dalla parte di Atanasio, ha voluto un altro
concilio, che si è tenuto a Milano. Anche qui, con delle pressioni,
l’imperatore ha ottenuto lo stesso risultato di Arles, con l’eccezione di
Eusebio di Vercelli, Lucifero di Cagliari e Dionigi di Milano, che hanno
pagato con l’esilio il rifiuto di firmare.
Il Papa è stato in seguito anche lui mandato in esilio, in Tracia, da
dove ha potuto ritornare a Roma solo dopo che ha firmato il documento
Cf. LEBON, J., “Introduction aux Lettres sur la divinité du Saint-Esprit”, in
Lettres à Sérapion sur la divinité du Saint-Esprit, Sources Chrétiennes 15, Cerf,
Paris, 1947, 31.
1
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preparato dagli anomei per il Concilio di Sirmio (357), che taceva i termini
di substantia e ÐmooÚsioj.2
Infine, l’imperatore ha mandato l’esercito a costringere Atanasio di
abbandonare la sua chiesa; Atanasio è riuscito a scappare come per miracolo
e ha trovato accoglienza presso i monaci egiziani del deserto della Tebaide.
Da lì continuò a seguire la Chiesa alessandrina ed è qui che con tutta
probabilità scambia le lettere con Serapione.
2. Il destinatario delle lettere3
Serapione, monaco egiziano, discepolo di Antonio il Grande, nel 339
divenne vescovo di Thmuis, nella delta del Nilo; era amico di Atanasio e
deciso difensore dell’ortodossia.
Secondo Atanasio stesso, sembra che Serapione ha partecipato al
Concilio di Sardica (342-343), difendendo Atanasio; il suo nome è presente
tra gli egiziani nella lista dei vescovi che hanno firmato i decreti del
concilio.4
Nel 356 è in testa di una delegazione di cinque vescovi, inviata da
Atanasio all’imperatore Costanzio II per difendere la propria causa.5
Nel 359 è scacciato dalla sua sede da parte dell’ariano Tolommeo.
Come commentatore delle Scritture, autore di scritti dottrinali ed
ascetici, pastore, avversario dell’eresia, liturgista, aveva i tratti di un
grande vescovo del IV secolo. Sozomene, nella sua Storia ecclesiastica,
descrive Serapione con parole di apprezzamento:
Cf. diretta da H. Jedin, Vol. II: L’Epoca dei Concili, Jaca Book, Milano,
1977, 45-47.
3 Cf. HAMMAN, A., “Serapione di Thmuis” in Dizionario patristico e di
antichità cristiane, Marietti, Casale Monferrato, Vol. II (1984) 3150; LEBON, 12-16;
45.
4 Cf. ATANASIO, Apologia contra Arianos, 50, PG 25, 339 A.
5 SOZOMENE, Historia ecclesiastica IV, 9, 6: SChr 418, 220.
2
26
'An¾r ™j t¦ m£lista tÕn b…on qespšsioj kaˆ lšgein
deinÒj (“Uomo particolarmente ammirevole per la vita e abile nel
parlare”).6
Sempre nello stesso modo lo descrive Girolamo, che per la sua cultura
teologica lo nomina scholasticus:
Serapione, vescovo di Thmuis, che per la finezza dell’ingegno meritò
il titolo di Scolastico, fu amico del monaco Antonio. Pubblicò un libro
eccellente contro i Manichei e un altro sul titolo dei Salmi; e
indirizzò epistole preziose a diversi destinatari. Sotto l’imperatore
Costanzo, raggiunse notevole fama nella professione di fede.7
La sua corrispondenza con Atanasio era frequente: Serapione
chiedeva il consiglio del grande vescovo in materie dottrinali e s’interessava
delle prove e la sorte che il suo superiore gerarchico doveva vivere.
L’iniziativa della corrispondenza sulla divinità dello Spirito Santo
appartiene a Serapione, segnalando l’apparizione nella sua chiesa di un
gruppo di nuovi eretici. Questi si opponevano all’arianesimo, confessando la
dottrina ortodossa sulla relazione tra Padre e Figlio e riconoscendo la
divinità del Figlio; erano però contrari alla divinità dello Santo Spirito,
presentandolo come una creatura, diversa dagli angeli solo per grado.
3. Il contesto teologico8
Le informazioni su questi eretici egiziani provengono esclusivamente
dalle Lettere a Serapione, che sono state scritte per difendere la divinità
dello Spirito Santo. Nel tempo c’erano però più tendenze di eresia
pneumatista.
SOZOMENE, ibid..
De uiris illustribus 99, PL 23, 700. Trad. E. CAMISANI, Opere scelte di San
Girolamo, Torino 1971, 194 apud CATTANEO, 12.
8 Cf. SIMONETTI, M., La crisi ariana nel IV secolo, Institutum Patristicum
“Augustinianum”, Roma 1975, 362-364; 484-485.
6
7
27
3.1. Premesse
Il problema dello Spirito non era stato sollevato a Nicea. Bisogna
aspettare il Concilio di Costantinopoli (381) per una formulazione in questo
senso.
Fino alla metà del IV secolo, la teologia dello Spirito Santo è stata in
ritardo rispetto alla cristologia, che già cominciava a svilupparsi nel II
secolo. Le cause di questo ritardo sono la figura preminente di Gesù nel
cristianesimo nascente, da una parte e, dall’altra parte, l’ambiguità del
termine pneàma nella Scrittura, che può riferirsi allo spirito umano, allo
spirito divino, spirito di Dio, spirito di Cristo, Spirito Santo, oppure spirito
in senso puro e semplice.
Comunque, durante i primi quattro secoli, nella pneumatologia ci
sono stati dei tentativi a precisare la posizione e la natura dello Spirito;
l’idea di persona uguale al Padre e al Figlio si fa strada gradualmente.
Per Tertulliano, lo Spirito Santo ha il terzo grado nella Trinità ed è
derivato dalla sostanza del Padre per opera del Figlio.
Origene riteneva lo Spirito una delle cose che sono venute
all’esistenza per mezzo del Figlio (v. Gv 1, 3). Lo Spirito è sì una creatura,
ma di rango divino. Questa idea è ripresa da Eusebio di Cesarea, che spiega
l’appartenenza dello Spirito (cioè una creatura) alla Trinità col fatto che esso
trascende in gloria e onore le altre creature.9 Si tratta della vita
intratrinitaria, senza fare riferimento all’aspetto economico.
Cirillo di Gerusalemme non consigliava la speculazione sull’origine
dello Spirito, affermando che bisogna attenersi alla Scrittura; tuttavia,
anche se non parla dell’origine e della sua natura, quello che afferma sullo
Spirito nella sua dottrina è vicino alla fede ortodossa del periodo successivo:
Lo Spirito è unito al Padre e al Figlio e partecipe della loro divinità, è
Cf. Praeparatio evangelica 11, 20, apud KELLY, J. N. D., Il pensiero
cristiano delle origini, Edizioni Dehoniane Bologna, 19993, 313.
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diverso dalle creature, onnipresente col Padre ed il Figlio e conglorificato
con loro.10
Per gli ariani, lo Spirito Santo era un’ipostasi. Ma, se il Padre e il
Figlio non erano della stessa sostanza, tanto meno lo Spirito rispetto al
Figlio e al Padre. Lo Spirito è ritenuto quindi come una creatura — sì, la più
eccelsa tra le creature —, ma appartenente alle t¦ p£nta create dal Padre
per mezzo del Figlio.
3.2. L’inizio delle eresie pneumatiste
In primo luogo c’è l’arianesimo radicale di Aezio, diacono di Antiochia,
che ha fatto nascere il gruppo degli anomei. Portando le conclusioni
dell’arianesimo all’estremo, dichiarava che il Figlio è assolutamente
¢nÒmoioj, dissimile rispetto al Padre. Cominciando dal 357, Aezio insieme
ad Eunomio sviluppano la loro tendenza, provocando uno scisma
nell’arianesimo.
La loro dottrina sulla relazione tra Spirito Santo e Figlio si basa su
un’analogia tra la relazione Padre-Figlio. Il Figlio è la prima creatura del
Padre e ontologicamente inferiore al Padre; così, anche lo Spirito Santo è la
prima creatura del Figlio, ontologicamente inferiore e sottomesso a lui. Ne
risulta una Trinità a più gradini, con un’unità basata sull’ineguaglianza.
Un’altra tendenza è dei macedoniani, apparso in degli ambienti
omeusiani collegati a Macedonio, che nel 360 fu espulso da Costantinopoli.
Si tratta di un partito ariano moderato, che — come anche i tropici di
Thmuis, l’oggetto delle lettere di Atanasio — erano ortodossi in quanto
concerne il Figlio, ma arrivavano a una inferiorità di natura dello Spirito,
dato che nessuna cosa è creata dallo Spirito, ma attraverso di lui. Quindi, lo
Spirito è sempre nominato solo in seguito al Padre e al Figlio e non può
essere glorificato insieme a loro.
Cf. Catecheses, 4, 16; 6, 6; 7, 11; 8, 5; 11, 12; 16, 3-4. 23-24; 17, 5. 38 apud
KELLY, 314.
10
29
Poi, verso il 380 il nome di macedoniani è arrivato a designare i
pneumatomachi in generale.
4. I tropici di Thmuis11
La terza tendenza è quella combattuta da Atanasio nelle lettere. Sono
nominati da Atanasio tropici, perché nella loro argomentazione utilizzavano
delle figure (trÒpoi) nell’esegesi dalla Scrittura al riguardo dello Spirito
Santo, interpretavano cioè le varie espressioni in senso figurato (tropikîj).
Sembra che il gruppo fosse formato da persone che possedevano una
certa formazione, all’inizio contrari a Nicea, poi arrivate all’opposizione
rispetto all’arianesimo, forse irritati da una ripresa particolarmente viva
della negazione della divinità del Figlio da parte degli ariani. Si può trattare
di una reazione rivolta proprio contro l’ala radicale degli ariani, quindi gli
anomei.
La dottrina dei tropici presenta delle somiglianze con i macedoniani
di Costantinopoli. Secondo gli studiosi, sembra però che i tropici non sono
propriamente detto dei macedoniani, ma un gruppo limitato al solo Egitto.
5. La pneumatologia dei tropici12
Le lettere inviate da Serapione ad Atanasio sono perdute e quindi le
informazioni sulla dottrina dei tropici provengono esclusivamente dalle
risposte di Atanasio nelle sue lettere.
Nella loro reazione all’arianesimo si sono avvicinati all’ortodossia in
quanto riguarda il rapporto tra Padre e Figlio e la divinità del Figlio. Nella
dottrina sullo Spirito Santo, invece, hanno continuato a mantenere delle
idee ariane, quindi contrarie alla divinità.
11
Cf. LEBON, 42; SIMONETTI, 365-366.
30
5.1. Una dottrina ortodossa riguardo al Figlio
Atanasio ci dice che i tropici “hanno abbandonato gli Ariani a causa
della loro bestemmia contro il Figlio di Dio”.13 Quindi, la dottrina sulla
natura di Cristo è ortodossa. Il Figlio non è una creatura, ma Creatore:
Essi [i tropici] non vogliono, e giustamente, che il Figlio di Dio sia
ritenuto una creatura [...]. A motivo dell’unità esistente tra il Padre
e il Verbo, non vogliono che il Figlio sia messo tra le cose prodotte
ma pensano, ciò che è verità, che egli è il Creatore di esse.14
Il Figlio è quindi consustanziale al Padre:
Il Figlio, che è nel Padre e in cui vi è il Padre, non è creatura ma
appartiene alla sostanza del Padre — questo infatti anche voi
[tropici] lo dite, almeno così sembra.15
5.2. La natura dello Spirito
La dottrina dei tropici sulla natura dello Spirito si basa su delle
interpretazioni della scrittura. Due passi decisivi sono Am 4, 13 e 1 Tm 5,
21.
Abbiamo letto, rispondono essi [i tropici], nel profeta Amos che Dio
dice questo: Ecco, sono io che consolido il tuono e creo lo pneàma e
annunzio agli uomini il suo Cristo; (sono io) che faccio l’alba e
l’oscurità, e che cammino nelle sommità della terra. Signore Dio
onnipotente è il suo nome (Am 4, 13 LXX). Questo passo ci ha indotto
a dare retta agli Ariani quando dicono che lo Spirito Santo è
creatura.16
Interpretando nel passo scritturistico citato pneàma nel senso di
“Spirito” e non di “vento”, traevano la conclusione che lo Spirito Santo è una
creatura.
Cf. LEBON, 53-56.
Epistulae ad Serapionem I, 1, 2: PG 26, 532 A.
14 Ibid., I, 2, 2: PG 26, 532 C – 533 A.
15 Ibid., I, 21, 3: PG 26, 580 C.
16 Ibid., I, 3, 2: PG 26, 536 B.
12
13
31
Questa creatura è piuttosto un genere di angelo17: l’affermazione si
basa sull’osservazione che a volte, nel Nuovo Testamento, ci sono delle
espressioni che enumerano il Padre, il Figlio e gli angeli: “Io ti scongiuro nel
cospetto di Dio e di Cristo Gesù e degli angeli eletti” (1 Tm 5, 21).18
[I tropici] affermano che, poiché dopo Dio e Cristo sono nominati gli
angeli, ne segue necessariamente che lo Spirito debba essere
annoverato con gli angeli e che appartenga anch’esso alla loro
categoria, essendo (solo) un angelo superiore agli altri.19
5.3. La relazione dello Spirito col Padre e col Figlio
Il Figlio ha la stessa natura del Padre in quanto è Figlio. In questa
logica, se lo Spirito è divino, deve possedere la divinità attraverso la nascita.
I tropici affermavano che se lo Spirito deriva dal Padre, questa derivazione
deve avvenire per generazione oppure per creazione.
Utilizzando una specie reductio ad absurdum, i tropici dimostrano
che la generazione dello Spirito dal Padre non è accettabile, quindi rimane
valida solo l’altra possibilità, cioè che lo Spirito è una creatura:
Se (lo Spirito) non è creatura né uno degli angeli, ma procede dal
Padre, allora anch’egli è figlio, e così ci sono due fratelli, lui e il
Verbo. E se è il fratello (del Verbo), questi come può essere
“unigenito”? Oppure, come mai non sono considerati uguali, ma l’uno
è nominato dopo il Padre e l’altro dopo il Figlio? Inoltre, se ha origine
dal Padre, come mai non è detto pure lui generato o figlio, ma
semplicemente Spirito Santo? Se invece lo Spirito è del Figlio, allora
il Padre è nonno dello Spirito.20
Già la concezione ariana rifiutava la possibilità di generazione nella
Trinità e per questo lo Figlio doveva essere necessariamente una creatura. I
tropici accettano la generazione nel caso del Figlio è, conseguentemente, la
Cf. ibid., I, 26, 6: PG 26, 593 A.
Cf. SESBOÜÉ, B., WOLINSKI, J., Le Dieu du salut, série Histoire des
dogmes, sous la direction de Bernard Sesboüé s.j., Desclée, 1994, 262-265.
19 Epistulae ad Serapionem I, 10, 5: PG 26, 556 C.
20 Ibid. I, 15, 1: PG 26, 568 A.
17
18
32
sua natura divina. Ma poi, dimostrando che la generazione dello Spirito non
è possibile, da questo fatto rigettano la sua natura divina.
6. La risposta di Atanasio21
Nelle sue lettere a Serapione, Atanasio risponde alle obiezioni dei
tropici, affermando la divinità dello Spirito Santo e la sua uguaglianza col
Padre e col Figlio. Le lettere non sono un trattato De Spiritu Sancto
propriamente detto, e a volte si usa l’argomentazione ad hominem:”
Con coloro che sono caduti in errore circa lo Spirito Santo, conviene
ricercare e rispondere “seguendo un nesso logico”, per usare la loro
espressione.22
Tuttavia, le lettere contengono una pneumatologia che è stata
utilizzata in seguito, in delle opere più significative. I trattati De Spiritu
Sancto di Didimo e di Basilio fanno riferimento alle lettere di Atanasio a
Serapione.
Un tema importante nell’argomentazione di Atanasio è basato sulla
simmetria
della
Trinità.
Gli
Ariani
estendevano
il
rapporto
di
subordinazione tra Padre e Figlio anche al rapporto tra Figlio e Spirito. La
concezione ortodossa è invece di uguaglianza tra le tre persone della Trinità.
La presenza di una persona di natura diversa — come affermavano i tropici
nella loro concezione assimetrica della Trinità — non è coerente con l’unità e
la perfezione della Santissima Trinità.
6.1. La divinità dello Spirito Santo
Atanasio non attribuisce esplicitamente il nome di qeÕj allo Spirito
Santo. L’accento è messo sulla negazione della qualità di creatura o di
angelo e sulla descrizione degli attributi che lo differenziano dalle creature.
21
22
Cf. LEBON, 56-77; SIMONETTI, 484-485.
Epistulae ad Serapionem I, 2, 2: PG 26, 532 C.
33
Come detto sopra, prima di tutto è l’unità della Trinità, manifestata
anche tramite la formula del Battesimo, che richiede l’uguaglianza delle tre
persone e rende impossibile la presenza della creatura come una natura
estranea:
Questa è la fede della Chiesa cattolica; il Signore infatti l’ha fondata
e radicata nella Trinità, dicendo ai discepoli: Andate, ammaestrate
tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo (Mt 28, 19). Se lo Spirito fosse una creatura, non
l’avrebbe collocato insieme al Padre, per non rendere la Trinità
dissimile in se stessa con l’aggiungervi qualcosa di estraneo e di
diverso.23
Lo Spirito non può essere creatura anche perché sta dalla parte di chi
crea. Il Figlio non fa parte delle cose create, perché tutto è stato creato per
mezzo di lui, cioè è creatore, come il Padre. Atanasio estende il
ragionamenteo anche allo Spirito Santo, concludendo:
È chiaro allora che neppure lo Spirito è creatura, dato che di lui è
scritto nel CIII Salmo: Toglierai il loro spirito e verranno meno e
ritorneranno alla loro polvere; manderai il tuo Spirito e saranno
creati, e rinnoverai la faccia della terra (29-30).24
Un altro argomento per rigettare l’affermazione che lo Spirito fosse
una creatura è l’episodio dell’Es 33, quando Dio dice a Mosè che invierà il
suo angelo per scacciare i cananei. Mosè non accetta, ma chiede al Signore
di essere Egli stesso con lui. Dio gli promette di fare secondo la sua richiesta
e infatti, per guidare il popolo, lo Spirito discese da parte del Signore (Is 63,
14).
Atanasio conclude che lo Spirito è divino, dato che dal passo
precedente si capisce che la presenza dello Spirito è equivalente con la
presenza di Dio, diversa dal semplice invio di un angelo.
In conclusione, lo Spirito di Dio non potrebbe in alcun modo essere
preso per un angelo o per una creatura, ma è proprio della divinità
23
24
Ibid. III, 6, 3-4: PG 26, 633 C – 636 A.
Ibid. III, 4, 5: PG 26, 632 B.
34
stessa. Perciò se lo Spirito era in mezzo al popolo, vuol dire che Dio
stesso, mediante il Figlio, nello Spirito, era in mezzo a loro.25
Lo Spirito Santo è unico, mentre le creature sono multiple. Gli angeli
e le creature partecipano allo Spirito e possono perdere la partecipazione,
mentre lo Spirito rimane sempre lo stesso. Anche questa argomentazione si
basa sull’analogia con Figlio e la sua unicità.
Se il Figlio è Verbo del Padre, è unico come il Padre. [...] Le creature
invece sono molte e diverse. [...] Se allora il Figlio, poiché non rientra
nei molti ma è uno solo, come il Padre è uno solo, non è creatura, è
fuor dubbio che anche lo Spirito non può essere creatura, dato che
anch’esso non rientra nei molti ma è uno solo.26
Un altra differenza che fa lo Spirito dissimile alle creature è il fatto
che lo Spirito Santo è immutabile (cf. Sap 1, 5; 12, 1; 1 Cor 2, 11; 1 Pt 3, 4;
Gc 1, 17), mentre le creature hanno una natura mutevole. Anche gli angeli
sono mutevoli, come quelli caduti. La conclusione di Atanasio:
Se dunque le creature hanno una tale natura [...] mentre lo Spirito è
sempre lo stesso, inalterabile [...], quale uguaglianza ci può essere
tra l’immutabile e le cose mutevoli? È evidente che lo Spirito non è
creatura né appartiene per nulla alla sostanza degli angeli, dato che
questi sono mutevoli.27
Lo Spirito Santo è immenso e presente ovunque, mentre le creature
sono confinati. Atanasio riporta numerosi passi scritturistici che parlano
dell’onnipresenza dello Spirito. Anche per questo bisogna concludere che lo
Spirito è sopra della natura delle creature, degli angeli.
L’ultimo argomento, che Atanasio ritiene come decisivo alla fine della
III Lettera, è quello basato sull’eternità della Trinità. Se una delle persone
che compongono la Trinità è una creatura, questa non è eterna, e quindi
neanche la Trinità. Se è eterna, nessuna delle Persone non può essere una
creatura:
Ibid. I, 12, 5: PG 26, 561 B.
Ibid. III, 3, 5: PG 26, 629 B.
27 Ibid. I, 26, 4: PG 26, 592 B.
25
26
35
Per le creature sì ci fu un tempo in cui non esistevano. Ora, se lo
Spirito è creatura e se le creature sono dal nulla, bisogna concludere
che ci fu un tempo in cui non vi era Trinità ma diade. Ma si può dire
qualcosa di più lontano dalla retta fede?28
6.2. Il rapporto tra lo Spirito e le altre due Persone
L’unità della Santissima Trinità non consente essere mescolata con
qualcosa di estraneo. Quindi, data l’indivisibilità della natura, le tre
Persone sono uguali.
Il Padre opera ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo, e
cosí è mantenuta l’unità della Santa Trinità.29
La sostanza è la stessa in tutte le tre Persone della Trinità. I nomi di
“Padre” e “Figlio” applicati alle Persone della Trinità sono analogie e non
devono essere presi come significando esattamente la stessa cosa come nel
caso degli uomini:
Nella divinità invece non è così. Dio infatti non è come l’uomo e la
sua natura non è divisa in parti.30
Il Figlio infatti è frutto proprio generato dalla sostanza e dalla
natura del Padre, e questo è ciò che è significato dal nome. E lo
Spirito, che è detto “di Dio” e che è in lui, non è estraneo alla natura
del Figlio né alla divinità del Padre. Per questo nella Trinità — nel
Padre e nel Figlio e nello stesso Spirito — unica è la divinità.31
6.3. L’origine dello Spirito Santo
In primo luogo, Atanasio afferma, secondo Gv 15, 26, che lo Spirito
procede dal Padre32. Poi, come il Figlio è inviato dal Padre, a sua volta, il
Ibid. III, 7, 2: PG 26, 636 B.
Ibid. I, 28, 2: PG 26, 596 A.
30 Ibid. I, 16, 4: PG 26, 569 B.
31 Ibid. IV, 3, 7: PG 26, 641 B.
32 Cf. ibid. I, 2, 4: PG 26, 533 B; I, 11, 6; PG 26, 560 B.
28
29
36
Figlio manda lo Spirito. Il Figlio glorifica il Padre e lo Spirito glorifica il
Figlio.33
Il problema dell’origine dello Spirito Santo è stato sollevato dai tropici
per dimostrare la natura di creatura. Come detto sopra, i tropici
utilizzavano l’argomentazione dei gradi di parentela tra le Persone,
affermando che nel caso in quale lo Spirio non è creato, Dio Padre dovrebbe
essere nonno. Quest’argomentazione è qualificata da Atanasio come
“scherzare con la divinità”34.
Lasciando da parte l’aspetto divertente delle domande dei tropici,
rimane da chiarificare l’obiezione seguente: se lo Spirito e il Figlio derivano
tutti e due dal Padre, qual’è la differenza tra loro?
La risposta di Atanasio, che si attiene strettamente alle affermazioni
delle Scritture, è di rigettare le affermazioni dei tropici e di ribadire che
Figlio e Spirito sono distinti nell’identica divinità, senza spiegare in che cosa
consiste la distinzione.35
Sarebbe segno di stoltezza chiedersi se lo Spirito non sia anch’egli
figlio. Neppure però lo si separi dalla natura e proprietà di Dio col
pretesto che non sta scritto così, ma la fede segua la Scrittura. Non
si venga dunque a dire: “Perché è così e non così?”. Con tali
ragionamenti uno comincia a pensare e a chiedersi: “Dov’è dunque
Dio? E com’è?”, e finirà per sentire (rivolto a sé quel versetto): Lo
stolto ha detto nel suo cuore: Dio non c’è (Sal 13, 1).36
7. Conclusione
Le lettere di Atanasio sullo Spirito Santo mettono in rilievo il legame
tra la cristologia e la pneumatologia. Infatti, si sofferma a lungo a trattare il
Cf. ibid. I, 20, 7-8: PG 26, 580 A.
Cf. ibid. IV, 7, 1: PG 26, 648 A.
35 Cf. ibid. IV 3, 7: PG 26, 641 B.
36 Ibid. IV 5, 1: PG 26, 644 B.
33
34
37
posto del Figlio all’interno della Trinità, convinto che una retta dottrina
sullo Spirito Santo dipende da una sana cristologia.
Un avversario della divinità dello Spirito non può essere ortodosso
nemmeno in quanto concerne la relazione tra Padre e Figlio, benchè in
apparenza così era: Atanasio sottolinea la simmetria e l’unità intrinseca
della Trinità. Avendo una concezione erronea su uno degli elementi, l’intera
fede trinitaria è sconvolta.
D’altra parte, il gruppo dei tropici ha anticipato le posizioni
pneumatomache sviluppate più tardi, anche se sembra che non ha avuto
rapporti con altri gruppi simili, restando una setta locale.37 Quindi, le
lettere di Atanasio sulla divinità dello Spirito Santo sono un lavoro di
avanguardia che anticipano lo sviluppo ulteriore delle controversie e che è
stato utilizzato nei lavori pneumatologici sistematici del periodo successivo.
37
Cf. KELLY, 315.
38
BIBLIOGRAFIA
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Spirito Santo, Collana di testi patristici 55, Città Nuova, Roma, 1986.
GIROLAMO, De uiris illustribus, PL 23, 601-720.
SOZOMENE, Historia ecclesiastica, Sources Chrétiennes 306; 418.
2. Studi
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* * * Storia della Chiesa, diretta da H. Jedin, Vol. II: L’Epoca dei Concili,
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COCCHINI, F., “Tropici” in Dizionario patristico e di antichità cristiane,
Marietti, Casale Monferrato, Vol. II (1984) 3523-3524.
HAMMAN, A., “Serapione di Thmuis” in Dizionario patristico e di antichità
cristiane, Marietti, Casale Monferrato, Vol. II (1984) 3150.
KELLY, J. N. D., Il pensiero cristiano delle origini, Edizioni Dehoniane
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