Playback Theatre: teatro sociale e di comunità? Confronto con altre forme teatrali per definizioni, differenze, similitudini e peculiarità. Giacomo Volpengo Premessa Queste riflessioni nascono dalla mia esigenza di confrontare l’esperienza del Playback Theatre con altre forme di teatro analogo, che pescano nelle stesse finalità, che hanno gli stessi obiettivi, per individuare un po’ meglio le definizioni che stanno dietro alle varie forme teatrali, per fare maggior chiarezza in tal senso. Mi sono dedicato al Playback Theatre da un tempo relativamente breve, anche se ho trent’anni di esperienza teatrale, soprattutto nell’ambito sociale. Queste riflessioni mi aiutano anche a rivedere il mio percorso teatrale e a confrontare le varie modalità che ho via via incontrato, (teatro politico, di animazione, di improvvisazione, drammaterapia, teatro sociale e teatro di comunità) per definire man mano differenze, similitudini e caratteristiche prioritarie dei vari tipi di teatro. Uno spaccato personale che diventa uno spaccato social-teatrale da mettere a disposizione delle persone che praticano il Playback Theatre. Un forte stimolo arriva anche dal neonato Corso di Teatro di Sviluppo di Comunità, nel quale sono docente proprio per quanto riguarda il teatro d’improvvisazione e il Teatro Sociale. Vedo in questa iniziativa il bisogno di allargare i propri confini operativi per incontrare gli “altri teatri” per rendere fertile e feconda l’interazione, lo scambio e la possibile join venture con altre forme di teatro, per arrivare ad una maggior completezza nell’intervento teatrale. Ciò risulta possibile, a mio avviso, se capiamo “chi siamo e chi sono gli altri fratelli teatrali” per una chiara definizione dei confini di ciascuno per poterli coscientemente superare. Ovviamente il mio punto di vista è parziale e di parte. Confido nel fatto che il confronto con persone che hanno maggiore conoscenza ed esperienza nell’ambito del Playback Theatre possa arricchire questo piccolo contributo. Il Playback Theatre1 “Il Playback Theatre è una forma originale di improvvisazione teatrale in cui la gente racconta eventi reali della propria vita, e poi li guarda rappresentati al momento attraverso una rappresentazione scenica e musicale2. “Il Playback Theatre è un teatro comunitario…”3 1 Riporto qui solo gli elementi utili a fare i collegamenti con le altre forme teatrali. Do per scontata la sua conoscenza 2 Dal sito della Scuola Italiana di Playback Theatre (SIPT) www.playback-theatre.it Il Playback Theatre, ideato da Jonathan Fox, richiama il teatro della spontaneità di Moreno, anche se si è sviluppato su direttrici peculiari, che lo differenziano in vari aspetti dallo psicodramma.4 Qui ritroviamo le radici del Playback Theatre (PT), che Jonathan Fox ha più volte richiamato nei suoi scritti e nelle interviste: Storytelling e culture indigene. L’interesse per la narrazione delle storie delle persone deriva dall’importanza del raccontare. Importante per chi racconta, perché condividere la propria storia ha di per sé un valore terapeutico in quanto consente di “portare fuori”, oggettivizzare e dare valore all’esperienza vissuta. Importante per il resto del pubblico per il rispecchiamento in quanto è stato raccontato, che contribuisce a ritrovare gli elementi che ci accomunano alle altre persone ossia la nostra umanità, costituita dalle emozioni e dai bisogni esistenziali, soddisfatti o meno. In quest’ottica il PT diventa un momento di rafforzamento della comunità, o un tassello nella sua costruzione, oggi che l’individualismo imperversa nella nostra società e che il senso di comunità è in crisi. Ma nelle culture indigene troviamo l’origine stessa del teatro: nell’esperienza antropologica del rito e nelle sue varie rappresentazioni, nelle tradizioni sciamaniche, nella festa, nella rappresentazione del sacro. Il teatro sperimentale. È la rottura col teatro classico degli anni ’60. La drammaturgia viene realizzata dagli attori stessi, sotto lo stimolo del regista, attraverso l’improvvisazione. Non esiste un testo preconfezionato, ma nasce dal corpo e dalla voce degli attori - allenati dal training dell’attore - dalla sistematizzazione delle improvvisazioni cucite ad arte dal regista. Nel PT abbiamo una restituzione immediata del racconto del narratore, da parte degli attori e del musicista, senza alcun accordo o canovaccio, che costituiva invece lo scheletro delle rappresentazioni della Commedia dell’arte, che è tra le forme primigenite del teatro d’improvvisazione. Un elemento in comune tra PT e teatro sperimentale è il passaggio dall’interesse per la rappresentazione quasi esclusivamente attraverso la parola, all’interesse per la rappresentazione attraverso il movimento corporeo e all’uso della voce in quanto tale, attraverso suoni e non solo parole. 3 4 dal sito della Compagnia d Playback Theatre Alnair di Torino www.playback-theatre-alnair.it L. DOTTI Storie di vita in scena pag. 21 Il teatro sperimentale, come il PT d’altronde, è un teatro povero, dove gli elementi scenografici e i costumi sono ridotti all’essenziale, per dare valore e risalto al teatro stesso, che è “ciò che accade tra attore e spettatore”5. “Posso scegliere uno spazio vuoto e decidere che è un palcoscenico spoglio. Un uomo lo attraversa e un altro osserva: è sufficiente a dare inizio a un’azione teatrale”6 Lo psicodramma e il teatro della spontaneità di Moreno7. Fox è tra i pochi a riconoscere l’influenza di Moreno nel proprio teatro: ...quando qualcuno mi invitò ad un weekend di psicodramma. Quello che vidi era molto vicino alla mia più profonda visione del teatro: era intimo, personale, comunitario, intenso. Lo psicodramma era costruito sull’equilibrio paradossale tra il rispetto per l’individuo e il valore per il gruppo. In contrasto con le tipiche strutture sociali gerarchiche, lo psicodramma, col suo concetto di spontaneità, consente ad ogni partecipante di intraprendere il focus creativo in qualsiasi momento. Lo psicodramma invitava anche l’espressione delle emozioni profonde. Volevo quel bilanciamento, flessibilità e catarsi per il mio teatro. C’è stata qualche confusione a riguardo della relazione tra PT e psicodramma. In generale molti hanno considerato erroneamente il PT come una conseguenza dello psicodramma, o un suo ramo. … Mi sento più alleato al Teatro della spontaneità piuttosto che a ciò che fu in seguito sviluppato da Moreno8. Richiamo qui gli elementi principali presenti nel PT derivati da Moreno: Il doppio, dato dalla restituzione degli attori al narratore Il rispecchiamento del pubblico con ciò che avviene sul palco Le tecniche di riscaldamento e sociometria per attivare il pubblico L’utilizzo dell’io-ausiliario come rappresentazione di sé da parte del protagonista La funzione del conduttore, come ponte tra gli attori e il pubblico L’interesse per il carattere sociale delle storie, come nel Sociodramma. L’essenza del PT L’essenza del Playback Theatre si realizza nell’intreccio tra arte (contesto teatrale) e interazione sociale (situazioni comunitarie)9. Queste sono le due colonne che il Playback condivide con altre forme teatrali e in questa direzione vanno cercate similitudini e differenze. 5 J. GROTOWSKI Per un teatro povero Bulzoni P. BROOK Lo spazio vuoto Bulzoni 7 Non parlo qui del teatro moreniano, vista la stretta relazione, soprattutto il Italia, tra PT e Psicodramma. Rimando per approfondimenti alla letteratura di riferimento 8 On Theatre of the Oppressed, Psychodrama and Playback Theatre. Disponibile in Internet: http://www.playbackschool.org/pt_compared_psy_and_to.htm 9 L. DOTTI Storie di vita in scena Ananke pag. 44 6 Per intanto, va ricordato che si tratta di teatro. Il termine “teatro” deriva dal greco “theasthai” che significa “guardare, vedere”. La condizione perché esista il teatro è che ci sia un pubblico. Per chi assiste, significa entrare in risonanza emotiva con quanto sta avvenendo sul palco (catarsi), mentre chi sta recitando ha la possibilità di guardarsi durante l’azione, poiché “l’uomo è capace di vedere se stesso nell’atto di vedere, pensare alle proprie emozioni o essere toccato dai propri pensieri” (A. Boal). Quindi il teatro ha rilevanza per chi lo vede e per chi lo fa. Nel PT inoltre l’attore risuona con le emozioni portare dai narratori. Quali sono le altre forme di teatro o derivate dal teatro, oltre allo psicodramma, che si basano su principi simili al PT? Vediamo! Drammaterapia Il primo riferimento a Drammaterapia lo troviamo nel 1959 in Chid drama, di Peter Slade, tra i maggior artefici del teatro educativo in Gran Bretagna. Dobbiamo però arrivare alla fine degli anni ’60 per vedere l’applicazione dei presupposti teatrali in ambiti curativi e di benessere ad opera di Sue Jennings, col suo Remedial Theatre. La Drammaterapia non ha un unico fondatore, ma deve la sua evoluzione al contributo di vari autori e sperimentatori. Tra tutti, oltre a Sue Jennings, Roger Grainger e Robert Landy. “Drammaterapia è l’uso intenzionale (pianificato) degli aspetti curativi del dramma in un processo tereapeutico”10. Il termine “dramma” viene utilizzato nella sua accezione più antica: deriva dal greco drao e vuol dire azione. Azione del “come se” insita nella natura umana, dal gioco infantile in poi. La drammaterapia è un metodo di lavoro che utilizza i linguaggi ed i processi teatrali come veicolo per facilitare creatività, immaginazione, apprendimento, crescita ed introspezione. Il lavoro non è finalizzato ad una produzione artistica, ma focalizza la sua attenzione sul percorso stesso. I fruitori sono in genere persone con bisogni particolari. I linguaggi utilizzati sono il gioco teatrale, l’improvvisazione, il movimento, la voce, miti, riti, favole, burattini e maschere. Sono tutti linguaggi che derivano dal training teatrale, ma applicati in modo da favorire il “sentire”, il “portare fuori”, il “comunicare” Il percorso drammaterapeutico si sviluppa attraverso l’interazione di gruppo, che consente di rivisitare in modo simbolico e metaforico le esperienze personali, le relazioni e le dinamiche con gli altri in uno spazio sicuro, in un clima di tolleranza e collaborazione. 10 dal sito della British Association of Dramatherapists (BADth) www.badth.org.uk Mentre la drammaterapia lavora indirettamente sui vissuti autobiografici e sui contenuti inconsci ed emotivi della persona, lo psicodramma lavora direttamente sui contenuti . Si differenzia dallo Psicodramma per il fatto che esiste una distanza estetica 11 tra il paziente e la propria esperienza di vita, data appunto dal dramma. Ma sentiamo direttamente da Jonathan Fox in un suo articolo12: “Da un certo punto di vista, la Drammaterapia è più compatibile col PT che lo Psicodramma. Per prima cosa non insiste su quella che io chiamo la metafora drammatica primaria – l’abilità di discernere la realtà dalla fantasia – mentre lo Psicodramma è fondato sulla tecnica dell’inversione di ruolo, chiedendo che il protagonista sia in grado di negoziare il “come se” in modo conscio. La drammaterapia accetta voli nella seconda metafora, senza domandare a priori una relazione con la primaria. In altre parole, drammatizziamo la visione del narratore senza il bisogno di sapere se sta in relazione con essa, se la narrazione è reale o no. Secondariamente, una delle maggiori teorie della Drammaterapia include la distanza, con la quale il PT, con la sua insistenza affinchè il narratore guardi la drammatizzazione invece di partecipare ad essa, è certamente compatibile”. Il Teatro dell’Oppresso di Augusto Boal “Il Teatro dell'Oppresso è un metodo (in quanto costituito da una serie di strumenti pratici orientati da principi teorici comuni) che si sviluppa in alcune tecniche con lo scopo di promuovere e sostenere le azioni di emancipazione dalle oppressioni dei singoli e del gruppo”13. Lo spazio teatrale è uno spazio in cui esplorare la soluzione ai problemi personali e sociali da applicare alla vita reale. Ispirato alle idee di Paulo Freire, il Teatro dell'Oppresso nasce in Brasile negli anni ’70, in un clima di lotte operaie e contadine. In origine questo metodo era un mezzo per rendere coscienti le persone rispetto ai conflitti sociali. Nel suo passaggio in Europa, il teatro dell'oppresso è stato utilizzato per lavorare sui conflitti personali. Il Teatro dell’Oppresso (TdO) fa diventare lo spettatore protagonista dell’azione scenica e della conseguente azione liberatrice. Egli diventa spett-attore (da “spectare e actuare”: osservare ed agire). Per facilitare questo processo, Boal ha sviluppato dei concetti-chiave: Lo spazio estetico. Il teatro nasce quando l'essere umano scopre che può osservare se stesso. Quando scopre che, in questo atto di vedere, può vedersi: vedersi "in situazione". [...] Si crea una triade: l'io osservatore, l'io Quando l’individuo si trova esattamente tra i due estremi della iperdistanza e della ipodistanza, si trova ad una “distanza estetica” nella quale può sopraggiungere la catarsi…ed è capace di esperire una combinazione di pensiero ed emozione che gli consente di “vedere sentimentalmente”…ad una distanza estetica, l’individuo ricopre il ruolo dell’osservatore cognitivo, distante ed il ruolo dell’attore affettivo, emozionalmente coinvolto” R. LANDY Drammaterapia. Concetti teoria e pratica Ed. Universitarie Romane 12 On Theatre of the Oppressed, Psychodrama and Playback Theatre. Disponibile in Internet: http://www.playbackschool.org/pt_compared_psy_and_to.htm 13 A. GIGLI Teatro dell'oppresso in educazione 11 in situazione e il non-io, cioè l'altro. [...] Sta qui l'essenza del teatro: nell'essere umano che si osserva.14 Nello spazio estetico, chi agisce, agisce in questo spazio dicotomico: questa duplicità permette di "osservarsi in azione" e operare quindi dei cambiamenti coscienti nel proprio comportamento, di usare memoria (le idee che abbiamo avuto) e immaginazione (processo di amalgama tra emozioni e sensazioni) per cercare alternative al presente e progettare il futuro. Memoria e immaginazione rendono creativo tale spazio e chi vi entra. Catarsi (dal greco katharsis: purificazione) e metaxis Boal, sulla scia di Brecht, si allontana dal concetto aristoteliano di catarsi. Aristotele considera la tragedia come imitazione della realtà. La purificazione dell'animo dello spettatore avviene rivivendo intensamente le passioni, generate dalla tragedia, allo stato sentimentale. Questo processo consente allo spettatore di liberarsene. Tale identificazione col protagonista toglierebbe al pubblico, secondo Boal, la volontà di cambiamento. Secondo lui è fondamentale l'estrapolazione: l'oppresso sperimenta nella finzione teatrale l'azione liberatrice che gli consente poi di attivarsi nella vita reale, per superare l'oppressione. La metaxis, che in Platone designa il possibile transito tra il mondo delle idee e il mondo della realtà, indica la possibilità per lo spettatore di trasgredire il rituale teatrale convenzionale, “ponendosi completamente e simultaneamente in due mondi autonomi e differenti: l’immagine della realtà e la realtà dell’immagine” (A. Boal). Persona, personalità e maschera sociale La persona è un’entità multiforme, costituita da un patrimonio infinito di desideri, paure, virtù e vizi, impossibile da manifestare nella sua totalità e interezza e che ognuno esprime solo parzialmente per mantenere un equilibrio psichico. Questa riduzione che la persona subisce è per Boal la personalità. Questa inibizione etico-morale avviene per fattori personali e per fattori sociali. La maschera sociale è l'insieme dei blocchi espressivi che derivano dai ruoli sociali interpretati da ciascun individuo e che influenzano il repertorio comunicativo, corporeo, espressivo, cognitivo ed emozionale. Il Tdo ha l'obiettivo di destrutturare la maschera sociale per liberare le potenzialità espressive degli individui. 14 A. BOAL Il teatro degli oppressi Feltrinelli Osmosi È il riconoscimento dei racconti personali nei temi generali e viceversa. Questo avviene generalizzando e facendo assumere un carattere simbolico alle storie delle persone. Il processo per Boal è bidirezionale, poiché ciò che avviene sul palco è trasformabile dagli interventi del pubblico e il pubblico è attivato ad intervenire sul palco. Le tecniche. Il TdO si articola in diverse forme: Il Teatro-invisibile, i giochi-esercizi, il Teatro-immagine, il Teatro-Forum, le tecniche del “Flic dans la tête” (il poliziotto nella testa), il Teatrogiornale e il Teatro legislativo15. Il Giolli (Jolly) È il conduttore dei laboratori e del Teatro-forum. Costituisce la figura ponte tra narrazione teatrale e pubblico. “È un ruolo molto complesso, che richiede soprattutto la capacità di fare domande: domande che non suggeriscono, non suggestionano, non direzionano il pubblico verso una strategia; semplicemente domande che stimolano la partecipazione. È questa l'azione maieutica del Giolli: quella di ributtare la palla agli spett-attori, far sì che siano loro - e non lui o gli attori - i veri protagonisti dello spettacolo. Il Giolli non possiede dentro di sé nessuna risposta, è questo che differenzia la sua maieutica da quella socratica. Socrate stimolava la conoscenza facendo delle domande, ma sapeva quelle che sarebbero state le "giuste risposte"; cercava di far raggiungere alle persone la sua verità”16. Influenze e differenze col PT In un suo articolo17, Jonathan Fox racconta di esser stato influenzato, all’inizio del suo lavoro, dalle letture di Freire e di Boal,. Condivide col TdO (e lo psicodramma) il valore per il lavoro senza un testo di riferimento, la testimonianza per la verità che forze politiche e sociali vogliono sopprimere e in questo PT e TdO (e Psicodramma) sono pienamente alleate. Ma il PT si differenzia dal TdO: “Al contrario del Teatro-Forum, Il Playback Theatre non inizia col presupposto che potrebbe esserci una particolare oppressione nel pubblico, ma crede che i membri del gruppo, attraverso il medium delle loro storie personali, possano sollevare questioni importanti per loro. Non rifiutiamo il personale; accettiamo ogni storia su qualunque oggetto”.18 Il TdO cerca soluzioni, mentre non lo fa il PT. Le storie nel PT diventano invece un veicolo per un dialogo profondo che non richiede una risposta. Il PT fa meno affidamento sulla parola che il TdO (e lo psicodramma). In una performance di PT non c’è discussione, non c’è condivisione. Il processo drammatico del PT fa 15 per approfondimenti sulle tecniche, consultare i siti: www.giolli.it; www.theatreoftheoppressed.org o far riferimento alla letteratura sul TdO. Ottimo il già citato libro di A GIGLI Teatro dell'oppresso in educazione 16 A. BOAL Il teatro degli oppressi 17 J. FOX On Theatre of the Oppressed, Psychodrama and Playback Theatre. Disponibile in Internet: http://www.playbackschool.org/pt_compared_psy_and_to.htm 18 J. FOX Articolo citato affidamento integramente sull’immagine, suono e ritmo. Incorpora la narrazione ad un livello che aspira ad essere più profondo del pensiero conscio. Di seguito troviamo la lista delle similitudini e differenze riportate da Hannah Fox:19 Similitudini Teatro come veicolo per il cambiamento Teatro basato sull’immagine (il pensiero fatto visibile) Interattività di entrambi i teatri Creati circa nello stesso periodo (anni ‘60/’70) Influenza di Paolo Friere Uso di storie personali Entrambe le forme teatrali sono praticate in tutto il mondo Distinzioni Origini (paese, classe, cultura) Personale vs. politico: il PT per sua natura è più personale. Nel PT, la storia è mantenuta sacra e onorata nella sua pura forma. Nel TdO la storia è “usata” come una specie di trampolino per l’esplorazione pubblica ed è scavata per i suoi problemi socio-politici. Playback Theatre enfatizza gli elementi artistici e di performance Il PT è emozionale (catarsi); TO è pratico (dialogo, “prova per il futuro”) Nel TdO gli spettatori salgono sul palco come spett-attori” e si uniscono all’azione, mentre nel PT spettatori e narratori guardano la rappresentazione Rispetto allo Psicodramma, l’insieme di tecniche di TdO che più gli si avvicinano sono il “Poliziotto nella testa”. Esse esplorano le emozioni e relazioni interne delle persone, utilizzando essenzialmente immagini corporee e improvvisazioni, anche se il taglio e’ sul presente-futuro. Il TdO inoltre non ha valenza terapeutica poiché i suoi operatori, a differenza di chi pratica lo psicodramma, non hanno necessariamente una formazione psicologica. Teatro sociale20 Claudio Bernardi, professore di storia del teatro e dello spettacolo, afferma: “Il teatro sociale si occupa dell'espressione, della formazione e dell'interazione di persone, gruppi e comunità, attraverso attività performative che includono i diversi generi teatrali, il gioco, la festa, il rito, lo sport, il ballo, gli eventi e le manifestazioni culturali [...]. Il teatro sociale è parte dell'impegno antropologico attuale i cui punti forti sono la costruzione sociale della persona; la dinamica delle relazioni interpersonali e le comprensioni intersoggettive; la struttura delle comunità e delle forme sociali di piccola scala; si propone quindi come azione o liturgia delle comunità, minacciate di estinzione dall'omogeneizzazione e personalizzazione della cultura da parte della società mediale, 19 Weaving Playback Theatre with Theatre of the Oppressed. Disponibile in Internet: http://www.playbackcentre.org/articles/FoxH_TO.pdf 20 Per approfondimenti: C. BERNARDI Il teatro sociale. L’arte tra disagio e cultura Carocci A. PONTREMOLI Teoria e tecniche del teatro educativo e sociale Utet e come ricerca del benessere psicofisico dei membri di qualsiasi comunità attraverso l'individuazione di pratiche comunicative, espressive e relazionali, capaci di attenuare il malessere e lo stress individuale tipico della società occidentale”21. In breve, “Per teatro sociale intendiamo quell’insieme di attività performative non strettamente professionistiche, che si svolgono in genere fuori dai convenzionali tempi e spazi dello spettacolo e che perseguono finalità socio-politiche, educative, terapeutiche”22 Nasce all'inizio degli anni Novanta e affonda le sue radici nel teatro politico23 e nell’animazione teatrale24 degli anni 60/70; nel teatro d’avanguardia e sperimentale del Living Theatre, dell’Odin Teatret di Barba, di Grotowski; nell'antropologia, nel teatro della spontaneità e nello psicodramma di Moreno e nelle artiterapie. Il Teatro Sociale viene usato in ambito educativo-formativo, psicosociale, riabilitativo e socio-culturale. Viene usato nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali e nei servizi socioassistenziali, nei centri di aggregazione, nei comuni, nei quartieri, nelle città. Viene usato coi ragazzi, coi giovani, con gli adulti, con gli anziani, con le persone diversamente abili, con gli stranieri e coi nomadi, con le donne25. Nella mia esperienza, il Teatro Sociale e di Comunità è uno strumento per il ben-essere dell’individuo e della comunità. Per l’individuo perché consente a ogni persona: di esprimersi di collegarsi alla propria storia e alla propria esperienza di riconnettersi con i propri ricordi ed emozioni di essere o ri-essere, indipendentemente dalla proprie caratteristiche fisiche, psichiche, sociali e culturali, soggetto attivo e cooperativo di vivere un’esperienza di gruppo basata sulla fiducia e il non giudizio Per la comunità perché è un teatro che: può essere connesso con la storia e la memoria del territorio C. BERNARDI Il teatro sociale, in L’ora di teatro. Orientamenti europei ed esperienze italiane nelle istituzioni educative pag. 157 22 MONICA DRAGONE in I fuoriscena Euresis Edizioni pag. 61 23 “Il teatro politico in genere, ha cercato un’attivazione dello spettatore, per perseguire i suoi scopi di attivazione dei cittadini di fronte ai problemi. Per far questo sono stati utilizzati diversi stratagemmi, dal semplice spettacolo seguito da dibattito, alle azioni degli agit-prop, del Living Theatre, alle drammaturgie di Brecht e Piscator, per citare alcuni dei più significativi. Lo spettatore diventa così un interlocutore con cui creare una comunicazione non solo estetica; si cerca di farlo discutere, di stupirlo, di farlo pensare, di scuoterlo, di provocarlo… perchè reagisca e non si limiti a consumare un prodotto.” Di R. MAZZINI disponibile su Internet: http://www.stalkerteatro.net/ufficiostampa/stagione09/mazzini.pdf 24 per approfondimenti: F. PASSATORE Animazione dopo. L’esperienza di animazione dal teatro alla scuola, dalla scuola al sociale Guaraldi 25 Per approfondimenti I fuoriscena. Esperienze e riflessioni sulla drammaturgia nel sociale Euresis. A cura di C.BERNARDI, B. CUMINETTI e S. DELLA PALMA 21 offre all’intera comunità, attraverso alcune tappe condivise del percorso e la rappresentazione dell’evento finale, occasioni per riflettere sul proprio agire, vivere e relazionarsi favorisce l’integrazione e valorizza l’espressione di soggetti con bisogni particolari diventa testimone di una comunità non più raccontata, ma vissuta viene identificato dalla comunità come cassa di risonanza per riconnettersi con le proprie storie, vissuti ed emozioni crea dei luoghi d’incontro in spazi non più adibiti a tale funzione (cortili, piazze, strade chiuse al traffico, ecc.) Caratteristiche e metodologia: Il teatro non è un fine, ma un mezzo: il processo, inteso come il percorso che il gruppo compie, è significativo in ogni sua tappa e culmina nell’evento finale. Il laboratorio non forma attori, ma pone l’accento sulla persona e sul gruppo. Accoglie persone di differenti fasce d’età, o per fasce di età e persone con bisogni particolari. Tutti possono partecipare indipendentemente dalle loro abilità e caratteristiche fisiche, psichiche, culturali e sociali. Particolare attenzione viene data al clima protetto e di non giudizio, alla libertà e varietà espressiva, all’aspetto relazionale, al setting. Non si fa riferimento ad un particolare ed unico genere teatrale. È sostenuto generalmente dall’Ente Pubblico locale o di riferimento di categoria Il percorso: - Ha continuità nel tempo. - Sviluppa l’attitudine al gruppo ad accogliere e sostenere gli altri, a collaborare e cooperare solidalmente, a riconoscere e valorizzare dividersi ruoli e compiti, ad individuare e rispettare regole. - Aiuta la persona a superare momenti difficili (lutti, passaggi, crisi). - Valorizza peculiarità e capacità individuali. - Sviluppa l’auto-ironia La drammaturgia si basa sul materiale espresso, elaborato e prodotto dal gruppo durante gli incontri di laboratorio (improvvisazioni, autobiografia individuale e collettiva, ricordi, emozioni e storie). La messa in scena rimanda alle caratteristiche del “Teatro povero”, in cui si dà valore al materiale umano ed emotivo trascurando l’aspetto formale e dei mezzi a disposizione, come scene e costumi. I conduttori, oltre alla conoscenza e alla pratica del linguaggio teatrale hanno competenze relazionali e psico-pedagogiche. I confini del teatro sociale sono labili. Me ne sono accorto nella realizzazione di una rassegna di Teatro sociale e di comunità, che dura da tre anni a San Gillio, comune dove vivo. Per esempio: cosa distingue il teatro sociale dal teatro professionista? E dai gruppi teatrali amatoriali? In un periodo di crisi di finanziamento al teatro da parte degli enti pubblici, ogni occasione di lavoro è un’occasione appetibile per i professionisti teatrali. Alcuni compiono dei percorsi egregi, portando in scena prodotti estetici molto validi, derivati dalla raccolta di materiale in una specifica comunità, sia essa una fabbrica, un quartiere, una comunità extracomunitaria… Allora propongo la definizione di Teatro civico per il teatro professionale che ha le caratteristiche appena descritte26, mentre il Teatro sociale si caratterizza per il fatto di avere sul palco attori sociali non professionisti o soggetti con bisogni particolari, anche se l’uso di attori di professione non può essere escluso. Il teatro amatoriale si caratterizza invece per la comune passione, da parte dei componenti il gruppo, per il teatro. In genere gli spettacoli prodotti si basano su un testo teatrale esistente, in lingua italiana o in dialetto. Non esiste qui l’attore come soggetto sociale. In questo senso, il PT è un teatro sociale, dove l’attore sociale è il suo pubblico, coinvolto attivamente nel processo di attivazione e riscaldamento, che lo porta a potersi raccontare attraverso le sue emozioni e le sue storie. Questo concetto è valido indipendentemente dal fatto che la compagnia di PT svolga un’attività professionista o meno. 26 All’interno del Teatro Civico troviamo anche gran parte del teatro di narrazione, che ha in Fo, Paolini, Baliani, Curino e Celestini i maggiori esponenti. Per approfondire: Teatro di narrazione di Gerardo Guccini saggio pubblicato sulla rivista Hystrio, n. 1, gennaio-marzo 2005 Teatro di comunità Prendo spunto dal manifesto del progetto Teatro Comunità della città di Torino, fornito da Alessandra Rossi Ghiglione, consulente del progetto e coautrice del manifesto, a Claudio Bernardi per fare una riflessione:27 1. Teatro Comunità è nello stesso tempo un'azione sociale, culturale e artistica. 2. Teatro è arte della scena che coniuga istanza etica e forma estetica, sempre nel rispetto dei soggetti coinvolti, della loro storia e delle loro aspirazioni. Comunità sono gli abitanti che condividono nel radicamento al territorio una medesima esperienza di vita. 3. Nell'azione di Teatro di Comunità, la comunità è insieme finalità e condizione necessaria del processo creativo. 4. A tutti i livelli di azione Teatro Comunità significa fare esperienza della pluralità come risorsa creativa e sociale. 5. È un'azione che si sviluppa secondo una struttura di progetto e con costante carattere di visibilità territoriale nei diversi momenti e modalità di intervento: creazioni di rete, percorsi di laboratorio teatrale, momenti di comunicazione spettacolare e festiva, momenti di riprogettazione e verifica. 6. Il lavoro è realizzato in équipe con una pluralità di competenze che comprendono quella artistico-teatrale, psicosociale, educativa e di comunità. Conoscenza e radicamento e continuità sono presupposti necessari dell'azione teatrale. 7. La prospettiva artistica privilegia, nei linguaggi, nei temi e nel processo creativo, la drammaturgia di comunità: gli artisti danno voce alla comunità. 8. Il lavoro teatrale e progettuale sta costantemente in contatto con la verità del processo sociale creato: i soggetti coinvolti nel processo teatrale sono collettivamente gli autori delle forme e dei contenuti artistici. 9. I tempi e i modi della comunicazione teatrale sono scelti in rapporto alle esigenze del percorso di gruppo e alle opportunità d'incontro offerte dalla rete di comunità. 10. La finalità è una democratizzazione della creatività che promuova il cambiamento sociale secondo una visione dinamica e integrata della comunità. Possiamo da qui evincere la differenza tra Teatro di Comunità e Teatro Sociale, che sono molto simili e a volte sovrapposti: nel Teatro Sociale, gli attori sociali variano a seconda delle situazioni di riferimento, ed in genere sono una specifica categoria di persone (studenti, anziani, donne, stranieri, carcerati, pazienti…), mentre nel Teatro di Comunità, gli attori sociali sono “la Comunità, sono gli abitanti che condividono nel radicamento al territorio una medesima esperienza di vita”, come riportato nel punto 2. In tal senso il PT, se non in casi particolari, non si configura come Teatro di Comunità, ma sicuramente come teatro “comunitario” o “a sviluppo di comunità” perché è: un processo di interazione sociale con il compito di servizio per il suo pubblico, un compito che la maggior parte degli altri tipi di teatro non condividono28 e: il pubblico del playback si costituisce come interfaccia della società più ampia in cui è inserito. Le storie personali narrate nella performance echeggiano tematiche e contraddizioni sociali che vanno olttre il singolo narratore e il pubblico presente al momento29 : Riportato in C. BERNARDI Il teatro sociale. L’arte tra disagio e cultura Carocci pag. 156 J. SALAS What is “Good” Playback Theatre? In Gathering voices: essays on playback theatre Tusitala 29 L. DOTTI Storie di vita in scena Ananke pag. 58 27 28 e dal sottotitolo del libro di Gigi Dotti: Il teatro di improvvisazione al servizio del singolo, del gruppo, della comunità. Il PT è uno strumento versatile, da utilizzare in diversi contesti e con differenti attori sociali come pubblico. Un limite riscontrabile è l’utilizzo in situazioni in cui si rende necessario un intervento continuativo coi destinatari. Il Playback theatre, secondo J. Fox30, è frequentemente utilizzato in training di psicodramma e drammaterapia e un certo numero di praticanti, riconoscendo la complementarietà degli approcci, hanno sviluppato un format che include playback theatre e TdO. Nella formazione è utilizzato coi metodi attivi moreniani o come follow up al termine di un percorso. Per essere pienamente al servizio della comunità, il PT si può coniugare con altre forme teatrali, o derivate dal teatro, per dare una risposta esauriente ad ogni necessità: dove c’è apertura, c’è crescita… Articolo citato On Theatre of the Oppressed… Vedere anche, nello stesso sito: Hannah FOX Weaving Playback Theatre with Theatre of the Oppressed. 30