LA SOCIOLOGIA FORMALE - GEORG SIMMEL
(Capitolo 7/b)
Non è raro, quando si parla di Georg Simmel (1858-1918), di fare automaticamente
riferimento alla “sociologia formale” cioè a quella sociologia che ricerca le “forme
astoriche della sociazione” (le “forme dei rapporti sociali che rimangono invariate
nonostante i loro contenuti storici sempre diversi”).
Il pensiero di Simmel, in realtà, riflette, toccando temi diversi, i problemi del suo
tempo. L’industrializzazione e il fenomeno a essa connesso dell’urbanizzazione,
ricevono da Simmel una particolare attenzione. Non poca influenza ha la crisi del
movimento liberale che, da una parte, dopo aver realizzato i suoi ideali di
uguaglianza perde la forza propulsiva e, dall’altra, conseguentemente all’ascesa del
proletariato vede messa in discussione la sua funzione di partito guida oltre a dover
fare i conti con le crisi interne dovute soprattutto alla frattura, insanabile, tra gli ideali
di libertà del vecchio liberalismo e una politica di potenza espansionistica.
Per quanto riguarda più propriamente i condizionamenti culturali, egli risentì
dell’influenza della “psicologia dei popoli” la quale sosteneva la necessità del
superamento della psicologia individuale in quanto l’uomo va compreso come essere
sociale: gli individui con la loro attività comune creano la realtà oggettiva delle
forme culturali ma sono pure il prodotto di tali forme (spirito oggettivo). Risentì
l’influenza del positivismo nella sua espressione dell’evoluzionismo di Darwin e
soprattutto di Spencer anche se tali idee sono percepite in un clima culturale che non
poteva non mutarle radicalmente per quanto riguarda le metodologia (“non c’è
nessuna scienza il cui contenuto consista di meri fatti oggettivi: essa contiene invece
sempre un’interpretazione e un’attribuzione di forma ai fatti secondo categorie e
norme che per la scienza in questione sono a priori”) anzi, esse sono inquadrate
nell’ambito di un pensiero radicato nelle correnti filosofiche prevalenti nella
Germania del tempo anziché in quelle positivistiche. Per quanto riguarda il
marxismo Simmel ne subì una profonda influenza soprattutto in riferimento al
problema della reificazione dei rapporti anche se, in coerenza con lo storicismo
tedesco, ne ebbe a rifiutare la filosofia della storia (l’idea di uno schema di
interpretazione della realtà storico-sociale valido universalmente). Fortissima è
l’influenza di Kant e lo si vede nella ricerca delle forme di sociazione (è la mente a
fornire le categorie che rendono possibile la conoscenza e ciò vale anche per la
conoscenza storica: essa è possibile solo selezionando i problemi che si vogliono
studiare, classificando e ordinando i dati dell’esperienza e ogni settore della
conoscenza ha le sue categorie specifiche). Il pensiero di Schopenhauer e Nietzsche
apre Simmel a concezioni vitalistiche e irrazionalistiche alla “filosofia della vita”.
La differenziazione sociale (1890) - è la prima opera sociologica importante di
Simmel. La differenziazione sociale è un’opera di transizione dalla fase positivistica
alle fasi successive. Egli dedica il primo volume a questioni di ordine metodologico.
Secondo Simmel, la sociologia elabora risultati già raggiunti da altre scienze quali la
storiografia, l’antropologia, la statistica e la psicologia: quanto per queste scienze
costituisce un risultato dell’elaborazione della realtà studiata è per la sociologia il
problema da cui muovere. Essa interpreta dati già interpretati dalle altre scienze
perché nessuna scienza si rifà a fatti oggettivi non previamente interpretati. La realtà
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oggettiva appare a ogni scienza come realtà interpretata. La sociologia non può
giungere alla formulazione di leggi sociologiche generali perché l’uomo è un essere
complesso, risultato di forze eterogenee. Sugli individui e sulle loro scelte agisce una
pluralità di forze tale che ogni spiegazione la quale metta in luce questa o quella
forza risulterà necessariamente unilaterale e parziale: la totalità non può essere colta.
Poi, Simmel passa ad affrontare il problema della realtà sociale, che non è intesa
come realtà autonoma rispetto agli individui, né come somma di individui. Egli
intende l’unità della società come interazione tra le sue parti e tuttavia l’interazione
porta alla formazione di entità oggettive che hanno una loro autonomia rispetto ai
singoli.
Egli afferma che l’attenzione è attratta non tanto dalla società come situazione
comune in cui gli uomini si trovano quanto piuttosto da ciò che differenzia gli
individui l’uno dall’altro. Di qui l’interesse per la differenziazione. Simmel esamina
alcuni casi specifici di differenziazione nella società e, in particolare, fa riferimento
alla “responsabilità penale” (se all’inizio il crimine era attribuito a tutto il gruppo, in
un secondo momento, la responsabilità del crimine è attribuita al singolo individuo,
fino a giungere ad una concezione sociologica in cui sono messi in luce i
condizionamenti sociali a cui tale crimine appare legato)
Simmel affronta poi il problema dell’espansione del gruppo in rapporto con la
differenziazione e quindi con l’emergere dell’individualità: quanto più ampio è il
gruppo tanto più evidente è il grado di diversità tra i componenti cosicchè tanto meno
forti sono i legami tra esso e i suoi membri: ciò rende possibile rapporti tra membri
di gruppi diversi. Mentre le mete del gruppo sono ben specifiche, il singolo che
agisce indipendentemente spesso non ha mete precise.
Con il sorgere di diversi livelli sociali (differenziazione verticale) diventa chiaro che i
livelli più alti sono sempre minoritari. L’evoluzione implica il superamento di ciò che
è vecchio, ed è quest’ultimo a dominare nelle maggioranze mentre l’innovazione è
opera di pochi.
Problemi della filosofia della storia (1892) - In quest’opera Simmel ribadisce il suo
rifiuto delle filosofie della storia proprie di positivisti, idealisti e marxisti secondo
quanto già affermato da Dilthey. In particolare, egli sostiene che il marxismo, come
strumento per comprendere l’azione di singoli uomini e gruppi in società si rivela
utilissimo, ma va rifiutato come filosofia onnicomprensiva perché non vi è fenomeno
storico il quale non possa essere ridotto alla psicologia degli individui e la
comprensione storica si ha per un processo di immedesimazione con i soggetti da
studiare. Poiché questa immedesimazione e questa proiezione sono limitate al singolo
studioso ne consegue che la conoscenza storica è sempre relativa. Simmel vuole
ricercare, secondo il principi kantiani, le categorie che rendono possibile la
conoscenza storica, così come Kant aveva ricercato le categorie che rendono
possibile la conoscenza della natura. Egli però giunge alla conclusione che non
esistono in storiografia categorie di validità universale quanto piuttosto principi che
orientano lo studio i quali rimangono sempre ipotetici e relativi.
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Filosofia del denaro (1900) - In quest’opera Simmel critica l’idea che Marx aveva
ereditato da alcuni economisti, secondo cui è il tempo medio di lavoro necessario per
produrre una merce a stabilirne il valore sul mercato. Secondo Simmel è lo scambio
a stabilire il valore della merce. Lo stesso vale per la “scarsità dei beni”: solo lo
scambio rende possibile che la scarsità assurga a momento di formazione di valore.
I rapporti tra uomini si estrinsecano attraverso scambi anche se questi scambi (amore,
dialogo) non necessariamente sono economici: questi ultimi sono caratterizzati dal
fatto che nello scambio si ha il sacrificio di beni utilizzabili.
Su queste considerazioni sul valore della merce che si realizza nello scambio,
Simmel fonda alcune considerazioni filosofiche di carattere generale circa il
relativismo.
Così come ogni oggetto acquista valore e significato in rapporto con altri oggetti ed è
solo questa relazione a creare il valore degli oggetti che noi percepiamo come realtà
autonome, anche le idee acquistano senso in rapporto con idee diverse. Scambio,
relazione, interazione, stanno dunque alla base di ogni significato e ogni valore sia
nel mondo delle idee, sia nel mondo degli oggetti, che appaiono a noi non come caos,
ma come insieme di oggetti distinti, proprio in quanto posti in relazione gli uni con
gli altri. Solo questa relazione dà a essi una realtà specifica, un senso e un valore
anche se, in pratica, gli uomini percepiscono gli oggetti come dotati di valori
autonomi. Il denaro è “il valore delle cose senza le cose stesse”.
L’atteggiamento di Simmel nei confronti del denaro è ambiguo: egli cerca di
metterne in evidenza i lati positivi e quelli negativi. Simmel afferma che lo scambio
di oggetti comporta sempre un senso di privazione in quanto tali oggetti sono
percepiti come insostituibili e quanto più essi sono percepiti come scambiabili e non
nella loro insostituibilità, tanto più sono percepiti come entità astratte. Il denaro
rappresenta la forma più pura dell’interazione, una forma che prescinde dai contenuti
della stessa interazione.
Del denaro egli cerca di ricostruire la storia: dallo scambio si è passati al denaro che,
all’inizio, aveva anche un valore proprio (oro, argento), fino ad arrivare a concepirlo
come simbolo puramente rappresentativo. Tali mutamenti vanno di pari passo con i
mutamenti delle facoltà intellettuali: al denaro come pura rappresentazione simbolica
corrisponde una maggiore capacità di astrazione intellettuale rispetto alle fasi
precedenti.
Il denaro consente di raggiungere illimitati fini: ciò comporta una serie di
conseguenze. Quando il denaro è poco esso basta appena al soddisfacimento dei
bisogni primari; quando la disponibilità è molta le finalità raggiungibili diventano
enormi. In quest’ultimo caso si possono avere due atteggiamenti: l’atteggiamento
blasé (si ha quando non si avvertono differenze tra i valori) e l’atteggiamento cinico
(si ha quando i valori più alti sono riportati a quelli bassi). Se, invece, il denaro
anziché mezzo viene considerato come fine, si ha l’avidità e l’avarizia o anche la
prodigalità (il fine non è l’oggetto ma lo spendere). Si ha la povertà ascetica quando
si assume un atteggiamento negativo nei confronti del denaro (si considera il denaro
fonte di ogni male).
Simmel affronta il tema della libertà individuale affermando che essa aumenta man
mano che si passa dalla schiavitù all’obbligo di determinate prestazioni e, soprattutto,
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alla prestazione retribuita poiché l’individuo è libero di svolgere l’attività che crede
per affrancarsi dal vincolo. Introduce così il problema dell’uomo nella metropoli
della società a lui contemporanea: il moderno cittadino ha bisogno di tanti fornitori,
operai e collaboratori e con essi ha un rapporto assolutamente oggettivo, mediato dal
denaro. Il caso estremo è rappresentato dal distributore automatico che vede abolita
del tutto la mediazione umana. Questo processo di oggettivazione si ha anche nel
mondo dello stile di vita e della cultura: nell’economia monetaria tutti i rapporti tra
uomini tendono a farsi misurabili e calcolabili e si ha il prevalere del calcolo rispetto
al sentimento. Anche nella cultura diventa sempre più difficile che l’individuo possa
partecipare a ciò che fa aderendovi completamente, coinvolgendo totalmente la sua
personalità, e questo processo riguarda, oltre che la cultura in senso stretto, anche gli
stili di vita, il mondo dei significati nella vita dell’uomo contemporaneo. Pure il
consumo subisce questo processo di oggettivazione, in quanto la produzione di
massa, prevalendo sulla produzione su ordinazione, non permette una scelta
individuale del prodotto.
Simmel riprende alcune categorie già usate da Marx per affermare che il prodotto
isolato rimane privo di significato per il suo produttore, che il produttore è separato
dai mezzi di produzione e che questa separazione (oggettiva e soggettiva) è dovuta al
fatto che la forza lavoro è merce e quindi il lavoro perde il suo significato proprio.
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Qual è la forza che trascina la vita fuori da sé per superare le forme in cui
essa è prigioniera?
Marx aveva identificato nella struttura economica capitalistica la realtà da
superare e nel proletariato la forza che la avrebbe travolta, ponendo il problema in
termini storicamente specifici. Simmel, invece, ponendo il problema in termini
metastorici (= non soggetti alla contingenza della storia e che presenta caratteri di
immutabilità ed eternità) rimane chiuso in una visione pessimistica che non offre
alternative. Sono qui palesemente evidenti le influenze di Schopenhauer e Nietzsche.
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Che le forme da superare non siano definite potrebbe far pensare anche ad
un riavvicinamento a Hegel da parte di Simmel.
La differenza tra questi due autori è radicale. Per Hegel, il superamento di
ciò che si oppone allo spirito conduce a una fase storica più razionale in un processo
dialettico ininterrotto: razionalità e necessità storica del progresso sono fondamentali
nel pensiero hegeliano. In Simmel, non vi è alcuna garanzia di progresso e il
superamento delle forme in cui la vita si chiude appare piuttosto dovuto ad impulsi
irrazionali e vitalistici.
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