I – I periodi della storia romana: età regia, età repubblicana, età imperiale (principato e dominato). L’ ETÀ REGIA (753-509 A .C.). A ricostruzioni erudite elaborate in età storica risalgono per lo più i dati relativi alle vicende dei mitici sette re di Roma (Romolo [accanto al quale viene ricordata la presenza, pur temporanea, di un secondo re nella persona del sabino Tito Tazio], Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marcio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo) e la stessa data della fondazione appare basata su un elementare calcolo che attribuì una durata media di 35 anni a ciascuno dei sette regni, procedendo a ritroso dal 509, il primo anno contrassegnato dai nomi dei consoli nei Fasti. L’esistenza di un’età regia è postulata da antichi istituti come il rex sacrorum e l’interregnum, nonché dall’esistenza di edifici quali la regia o da antichissime testimonianze epigrafiche (recei si legge, ad esempio, nel vetustissimo Cippo del Foro). La storiografia più recente considera sicuro il succedersi di una monarchia “etrusca” (i due Tarquinii, con l’intermezzo di Servio) ad una prima fase di re latino-sabini (i primi quattro nomi della lista di sette), così come può ritenersi accertata l’esistenza di assemblee popolari (i comizi curiati, che durante il regno di Servio avrebbero ceduto la loro dignità di maximus comitiatus all’assemblea centuriata). Del tutto incerto è il contesto del passaggio dalla costituzione monarchica alla repubblicana, scaturito da una graduale perdita dei poteri originari del rex (sostituito nelle sue principali funzioni dai praetores delle tribù gentilizie), o forse determinato da un evento traumatico che portò al potere un magister populi (o dictator) detentore di un comando militare, inizialmente coadiuvato da un collega minor come il magister equitum. L’ ETÀ REPUBBLICANA (509 – 31 A .C.) Nei cinque lunghi secoli della c.d. “repubblica” (ma è bene ricordare che la locuzione latina res publica designa semplicemente lo Stato, inteso come commune, indipendentemente dalla forma di governo scelta di volta in volta per gestire la administratio rei publicae) possiamo distinguere un primo periodo (509-367), durante il quale fu faticosamente raggiunto un compromesso fra il patriziato, originariamente detentore in regime di monopolio del potere (e della magistratura cum imperio, il consolato), e la quasi totalità della cittadinanza, la plebe, che allo strapotere dei consoli oppose un vigoroso ruolo di contrasto nella persona dei tribuni plebis. Fu grazie all’azione di questi ultimi che la plebe poté difendere le proprie posizioni nelle assemblee popolari (prima con i concilia plebis tributa, poi anche nei comizi centuriati e nei comizi tributi) oltre che nel senato, e ottenne dai patrizi la pubblicazione di un codice di leggi (le famose Dodici Tavole, redatte negli anni 451-450) e ancora, più di un secolo dopo, non a caso all’indomani del traumatico evento dell’incendio gallico (a. 390), l’approvazione delle leggi Licinie-Sestie (a. 367), che sanciva una effettiva estensione del privilegio dal patriziato alla nobilitas c.d. patrizio-plebeia (formatasi con l’apporto delle più cospicue genti plebee, ammesse al consolato). Nel periodo compreso fra il 367 e il 133 la avvenuta composizione degli aspri conflitti fra plebe e patriziato, di fatto, consentì alla nuova oligarchia senatoria (ai patrizi si aggiunsero homines noui, che costituirono una nuova nobilitas, che monopolizzò, come già aveva fatto il patriziato, le magistrature repubblicane: questura, edilità, tribunato, pretura, consolato, comprese ovviamente la censura e la eventuale dittatura) di estendere il dominio militare dello stato romano prima sulle vicine città-stato della lega latina (338), poi sull’Italia peninsulare (290), e infine sulle maggiori potenze dell’ecumene antica: Cartagine (definitivamente rasa al suolo nel 146 a.C.) e i regni di Macedonia e di Siria, che finirono con il divenire “provincie” (ossia territori assoggettati e tributari), amministrate da governatori scelti nella cerchia ristretta dell’oligarchia senatoria. A partire dal 133, con l’azione dei Gracchi e il successivo sanguinosissimo conflitto fra Romani e socii italici (91-89), la repubblica entrava nel secolo di profonda crisi della “rivoluzione romana” (Syme), imboccando la via degli assolutismi e dei conflitti civili (Mario e Silla, Cesare e Pompeo, Antonio e Ottaviano), che si concluse con lo scontro decisivo nelle acque di Azio (31 a.C.). IL PRINCIPATO (31 A .C. – 284 D .C.). Dopo la battaglia di Azio Ottaviano, unico signore dell’impero, riceveva nel 27 a.C. il titolo di Augustus, che distinguerà d’ora in poi gli imperatori regnanti. Alla sua morte, nel 14 d.C., gli succede Tiberio, che nel 37 è rimpiazzato da Gaio (Caligola), eliminato nel 41 per far posto a Claudio, acclamato dai pretoriani. Claudio regna fino al 54, e viene eliminato da sua moglie Agrippina, che pone sul trono il proprio figlio Nerone. Nel 68 viene eliminato Nerone e con lui si conclude una prima fase del principato, caratterizzata dalla successione dinastica (la dinastia giulio-claudia). Galba, proclamato imperatore dalle sue truppe in Spagna viene presto eliminato da Otone, che a sua volta viene sostituito da Vitellio. In Oriente viene acclamato dalle truppe Vespasiano, che sconfigge i Vitelliani e si insedia sul trono, regnando dal 69 al 79, seguito dai figli Tito (7981) e Domiziano (81-96). L’uccisione di Domiziano e la scelta del nuovo imperatore nella persona di Nerva aprono la serie degli imperatori adottivi: Traiano (98117), Adriano (117-138), Antonino Pio (138-161), Marco Aurelio (161-180); quest’ultimo interrompe la serie degli adottivi innalzando (nel 177) al rango di coreggente il figlio Commodo, che regna dal 180 (anno della morte di suo padre) al 192. Commodo viene eliminato da una congiura il 31 dicembre del 192, e all’inizio dell’anno successivo regna Pertinace, che però nel marzo 193 viene eliminato da Didio Giuliano, a sua volta battuto da Settimio Severo nel giugno dello stesso anno (Pescennio Nigro, governatore della Siria, proclamatosi Augusto, viene eliminato nel 194; Clodio Albino, governatore della Britannia, è sconfitto e ucciso nel 197). Settimio Severo regna fino al 211, e dopo di lui regna Caracalla, che nel 212 sopprime l’Augusto Geta, suo fratello, ed emana la constitutio Antoniniana. Ucciso Caracalla nel 217 regna per breve tempo Opellio Macrino (primo cavaliere a ricevere il titolo di Augusto), eliminato nel successivo anno 218 dalla famiglia di Caracalla, che proclama imperatore Settimio Bassiano, detto Eliogàbalo (218-222), sostituito dopo qualche anno da Severo Alessandro (222-235), che però viene ucciso dai soldati, i quali proclamano imperatore Massimino il Trace. In Africa viene proclamato imperatore Gordiano I, che si associa suo figlio Gordiano II (marzo-aprile del 238), ma entrambi vengono eliminati dai soldati della legione III Augusta, fedele a Massimino. Nello stesso a. 238 Massimino viene peraltro ucciso dai suoi soldati, e il senato proclama imperatori Balbino e Pupieno, che però vengono dopo poco eliminati dai pretoriani, che proclamano imperatore Gordiano III, dodicenne, che regge l’impero dal 238 al 244 con l’appoggio del suocero Furio Sabino Aquila Timesiteo. Nel 244 è il prefetto del pretorio Filippo l’Arabo che elimina Gordiano e regna fino al 249, avendo la ventura di celebrare, nel 238, i mille anni dell’Urbe. Filippo viene eliminato da Decio (249), ma costui cade in battaglia contro i Goti nel 251. Si succedono sul trono Ostiliano (251), Treboniano Gallo (251-253), Volusiano (251-253), Emiliano (253) e infine Valeriano, di famiglia senatoria, che regna dal 253 al 260, ma finisce catturato dai Parti (da Shahpur I, della dinastia sassanide) e il regno resta a Gallieno, figlio di Valeriano (260-268). Nel marzo 268 Gallieno viene eliminato e gli succede Claudio II il Gotico, ucciso dalla peste nel 270 e sostituito da Aureliano, che in qualche modo restituisce unità all’impero battendo gli usurpatori Zenobia e Tetrico. Ucciso Aureliano in una congiura regnano Tacito (275-276), Probo (276282), Caro, prefetto del pretorio di Probo (282), che si associa i due figli Carino e Numeriano. Ucciso Caro sul Tigri nel 283, il comando venne preso da Apro, prefetto del pretorio, in nome del giovane Numeriano, che però subito dopo Apro fece eliminare, mentre la truppa acclamava come successore Valerio Diocle. Carino, rimasto a Roma, fu anch’egli eliminato dall’esercito e Valerio Diocle restò unico imperatore, assumendo il nome di Diocleziano. IL DOMINATO (284 – 476). Diocleziano regna dal 284 al 305, e dal 286 si associa Massimiano come Augusto; dal 293 ai due Augusti si affiancano due Cesari (secondo lo schema della tetrarchia), e viene avviata la radicale riforma dello stato: riforma amministrativa, riforma monetaria e calmiere. La successione dei due Cesari (Costanzo Cloro e Galerio) avviene regolarmente nel 305, e i due nuovi Augusti cooptano rispettivamente al ruolo di Cesari Flavio Severo e Massimino Daia. Ma già nel 306, ad appena un anno dall’entrata a regime della tetrarchia, Costantino si fa proclamare imperatore in deroga alla norma: nel 312 egli sconfigge Massenzio, nel 324 Licinio, e resta unico imperatore (al 325 si datano il concilio di Nicea e la riforma dell’esercito, con la creazione dei magistri militum e la distinzione fra comitatenses e limitanei). L’indiscussa centralità di Roma fu in qualche modo superata con la riforma tetrarchica, allorché le residenze dei due Augusti furono stabilite a Nicomedia di Bitinia (per Diocleziano) e a Mediolanum (per Massimiano), mentre quelle dei due Cesari furono dislocate a Sirmium in Pannonia (per Galerio) e a Treviri in Gallia (per Costanzo Cloro). Il primato di Roma subì il colpo più grave, nel 330, con la fondazione di Costantinopoli (sul sito dell’antica Bisanzio), che da allora divenne il centro dell’impero, in quanto residenza di Costantino (che aveva riunificato l’impero) e della sua corte. Morto Costantino nel 337, si scatena la lotta fra i suoi figli (Costantino II, Costanzo II e Costante) e alla fine resta unico imperatore Costanzo II, che regna fino al 361, lasciando alla sua morte il Cesare Giuliano, divenuto Augusto, unico imperatore. Giuliano, fautore di un effimero tentativo di restaurazione del paganesimo, muore in Mesopotamia nel 363. Gli succede Gioviano, sostituito nel 364 da Valentiniano I, che si associa il fratello Valente e, dal 367, anche il figlio Graziano, divenuto Augusto all’età di 9 anni. Nel 375 muore Valentiniano I, e viene proclamato Augusto Valentiniano II. Nel 378 l’Augusto Valente è sconfitto ed ucciso dai Goti ad Adrianopoli, e allora l’Augusto Graziano nomina Augusto per l’Oriente Teodosio. Teodosio elimina l’usurpatore Massimo (in Occidente) voncendolo a Siscia e a Poetovio nel 388, e restituisce unità all’impero. Morto Teodosio nel 395, l’impero viene diviso fra i principes pueri Arcadio e Onorio. Quest’ultimo regna in Occidente dal 395 al 423, ma la caduta in disgrazia di Stilicone (protettore dei pueri) segna il crollo dell’Occidente, che non offre resistenza apprezzabile all’invasione di Alarico (sacco di Roma del 410 e dimezzamento della plebs urbana dai 300 mila capita contati sotto Valentiniano I ai 120 mila). Alarico muore ed è sostituito da Ataulfo, che sposa Galla Placidia, sorella di Onorio (nel 414). Nel 423, morto Onorio dopo una breve usurpazione del primicerius Giovanni, sale sul trono Valentiniano III (425-455), figlio di Galla Placidia e di Flavio Costanzo: ancora un puer, che regna sotto la tutela della madre Galla Placidia e del generalissimo Aezio, che ancora nel 451 poteva sconfiggere Attila ai Campi Catalaunici: ultima grande vittoria di un esercito romano sui barbari. Nel 454 Valentiniano III si sbarazza di Aezio, ma viene ucciso nel 455, e regnano Petronio Massimo e poi Avito (455-456). In seguito Ricimero elimina Avito e pone sul trono Maioriano (457-461), poi Libio Severo (461-465). Segue un interregno di due anni, al termine del quale l’imperatore d’Oriente Leone nomina Augusto per l’Occidente Procopio Antemio (467-472). A lui succede Olibrio (472), nominato da Ricimero. Alla morte di Ricimero (472) il patricius Gundobaudo nomina imperatore Glicerio (3 marzo del 473), che non viene riconosciuto in Oriente. Nel 474 il patricius Oreste nomina imperatore Giulio Nepote, che però è dopo poco costretto a riparare in Dalmazia, il 28 agosto del 475. Il 31 ottobre dello stesso anno 475 Oreste nomina Augusto suo figlio Romolo, detto Augustolus per via della sua giovane età, ma non riconosciuto da Zenone. Il 28 agosto 476 – data fatidica – Odoacre elimina Oreste e depone Romolo, dopo il quale nessuno si cura più di assumere – in Occidente – il titolo di Augusto. L’ IMPERO BIZANTINO (476-568). E I REGNI ROMANO - BARBARICI D ’I TALIA In Oriente Teodosio aveva destinato sul trono Arcadio (395-408), cui successe il figlio Teodosio II (408-450). Regnarono poi Marciano (450-457), Leone (457-474), Zenone l’Isaurico (474-491), Anastasio (491-518), Giustino (518-527), Giustiniano (527-565). In Occidente, dopo il 476 (a.u.c. 1229) Odoacre fu rex gentium fino al 493, quando venne ucciso da Teoderico, che regnò sull’Italia iure gladii dal 493 al 526, anno della sua morte. In seguito il governo fu retto da sua figlia Amalasunta, per il tramite di Atalarico prima e poi di Teodato, che fece imprigionare Amalasunta, uccisa nel 535. Le parti gotiche furono allora rette da Vitige e poi da Totila, che finì col soccombe alle truppe di Bisanzio nel 552. L’Italia fu di nuovo ‘romea’ fino all’invasione dei Longobardi nel 568 (a.u.c. 1321).