BOLLETTINO U.C.F.I. (UNIONE CATTOLICA FARMACISTI ITALIANI) – SEZIONE DI VERONA LUNGADIGE SAMMICHELI, 3 C.A.P. 37129 VERONA TEL. 045/8034396 E-MAIL: ethical@brembenet .it SITI INTERNET: www.ucfi.it e www.farmacieverona.it N. 1/10 Analisi di accuse di scienziati e pensatori atei contro la Chiesa IL TOTALIRSMO IDEOLOGICO DELLA SCIENZA L’articolo prende in esame l’accusa che scienziati e pensatori atei rivolgono alla Chiesa a motivo del suo invito alla scienza a non oltrepassare i limiti del proprio metodo e dei propri risultati e a mantenere aperta la ragione alla possibilità di una realtà trascendente. In questo modo si strumentalizza la scienza a una pregiudiziale ideologica che le è estranea e la si fa servire alla concezione materialistica della vita. Nell’esercizio dello scientismo si denuncia anche la larga predominanza della militanza atea e antireligiosa, che mira a precludere alla religione qualsiasi influenza nelle scelte sociali. Il viaggio di Benedetto XVI in Francia nel settembre del 2008 ha ridestato l’interesse per il cattolicesimo nella patria della laїcité, anche tra le fila degli uomini di cultura. Non sono mancate, né poteva essere altrimenti, certe reazioni negative ai discorsi del Papa che hanno toccato gli argomenti di più viva attualità. Un esempio. Un filosofo, Yvon Quiniou, si è dichiarato «scandalizzato» quando il Papa ha affermato che «una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa Dio sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi». Il motivo dello scandalo? «Il puro positivismo, con le sue conseguenze filosofiche materialiste, è la condizione assoluta affinché la ragione scientifica si realizzi nel suo progetto di conoscenza del mondo». E «uno spirito del suo livello [il Papa] lo nasconde o l’ignora»! Poi, dopo il solito elenco delle «vittime» della Chiesa, Galileo, Darwin, Freud, la stoccata finale: la Chiesa fa «totalitarismo ideologico», come fece con l’Inquisizione e la «intrusione nel dominio delle arti, malbeureusement». Niente di meno!. I colleghi italiani di Quiniou sono versati nelle medesime citazioni. Ma almeno essi non sogliono accusare il papato di aver favorito pittori e scultori e di aver eretto basiliche, piazze e palazzi. In Italia continua il dibattito tra cattolici e laicisti su ragione e fede e su scienza ed etica. Nella sua ultima fase sembra essersi focalizzato sul ruolo onnisciente che i laicisti attribuiscono alla scienza. Questa, secondo loro, sarebbe più tollerante per il progresso e più attenta agli interessi dell’uomo, mentre l’etica cattolica, «una sorta di monolite», intende soltanto salvaguardare la sua stessa tradizione. Tuttavia, l’impianto teorico del dibattito è formato dalla concezione positivistica accettata come un punto fermo non discutibile. Prima di esporre la posizione cattolica, vogliamo segnalare che anche in Italia, come in Francia, non mancano le posizioni risibili di autori che, al di fuori delle loro competenze professionali, si impancano a fare i moralisti. Ne citiamo due. Guido Rossi, noto esperto di diritto commerciale e societario, ritiene che Benedetto XVI abbai subìto un cortocircuito tra ragione e fede che lo conduce a negare la laicità dello Stato e potrebbe avviarlo, addirittura, verso posizioni ispirate a Clausewitz e Schmitt. Piergiorgio Odifreddi ha «dimostrato» che Dio non esiste e scrive, d’accordo con José Saramago, che il mondo sarebbe migliore se tutti gli uomini fossero atei. Ma, purtroppo, «la religione trova la sua ragion d’essere 1 nell’emisfero destro [del cervello], sede dell’istinto e della visceralità, e non viene minimamente scalfita dagli attacchi che le vengono sferrati dall’emisfero sinistro, sede della logica e della razionalità». A queste banalità ha risposto sarcasticamente Stefano Zecchi. E Giorgio Israel ha scritto: «L’”odifreddismo” sostituisce metodicamente i contenuti scientifici con contenuti politici e ideologici, con una battaglia laicista, atea, anticlericale, antiamericana, antisionista e quant’altro». dell’Académie Internationale d’Histoire des sciences e già docente all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences sociales di Parigi. Riprendendo una tesi espressa nel 1906 da un insigne matematico italiano, Federico Enriques, l’Israel ritiene assurdo cercare nella scienza le norme della vita e attribuire alla scienza l’ufficio di dare senso al mondo e all’esistenza. In questo modo si strumentalizza la scienza a un fine ideologico e ad una pregiudiziale atea che le è estranea e la si fa servire alla concezione materialistica della vita. In questa ottica si spiega la divulgazione «scientifica» di carattere mediatico che monta, con notevole dispendio di denaro pubblico, campagne propagandistiche fatte passare per «cultura». Sembra scienza ed è scientismo. Che dire inoltre degli enormi interessi che gravitano intorno a certe ricerche, come quelle nel campo dell’ingegneria genetica, e al traffico dei brevetti, nelle quali è assente completamente il ruolo del valore morale delle scelte? Il matematico romano non esita a denunciare nell’esercizio dello scientismo la larga predominanza della militanza atea e antireligiosa, che lavora ad innalzare un muro tra scienza e religione con il fine ultimo di precludere alla religione qualsiasi influenza nelle scelte sociali. In ciò si distinguono gli orfani del marxismo che hanno sposato la fede acritica nel progresso tecnologico e rispolverato l’uso dell’emarginazione culturale di coloro che pensano diversamente. Perciò l’Israel, nei docenti che si opposero alla visita di Benedetto XVI alla «Sapienza» non ha visto la motivazione conclamata del principio astratto di laicità, ma l’opposizione ideologica al Papa che «osa» parlare di scienza e dei rapporti tra questa e la fede. E alcuni di quei docenti non hanno mai speso una parola contro l’integralismo islamico e contro la negazione della Shoah. «Oggi, mentre tecnologia e tecnoscienza dilagano senza freni, manipolando prima ancora di sapere, è fin troppo evidente che la scienza teorica (conoscitiva) soffre una crisi senza precedenti, al punto da far dire a taluno che si stia chiudendo un’era. È all’interno di questa crisi che un gruppo consistente di scienziati, svuotati di obiettivi propriamente scientifici e surrogandoli con quello della difesa a oltranza della manipolazione tecnologica, si sono trasformati in ideologi dell’ateismo». L’importanza di un dibattito A un lettore disattento, sensibile però ai magnifici risultati della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche, potrebbe riuscire strano il dibattito al quale accennavamo. E potrebbe pensare, con le sirene laiciste, che si tratti dell’ennesimo caso di oscurantismo della Chiesa. Le cose non stanno così. La Chiesa incoraggia un percorso di dialogo lungo il quale scienza e religione non si devono ignorare, non si devono combattere, non devono sostituirsi l’una all’altra. La Chiesa non vede nella scienza una concorrente, quando la scienza non si autoerige a religione e non eleva i suoi metodi e risultati ad assoluti. In fondo, la Chiesa contesta alla scienza una sola cosa: la pretesa di dichiarare l’inesistenza di Dio perché Dio non è un’ipotesi verificabile con i metodi della scienza sperimentale. Invece, gli scienziati atei contemporanei agiscono e parlano come se la metodologia della scienza sperimentale fosse la chiave unica per risolvere anche i problemi filosofici e morali, come se per questi non potesse darsi una metodologia propria di ricerca e di indagine. Quando Margherita Hack ha parlato dell’interrogativo sulla verità e sulla religione come di «ingenuità del passato», le è stato fatto giustamente osservare da un suo collega che, così giudicando, giudicava ingenui scienziati come Planck, Einstein, Heisenberg, Pauli, che non furono filosofi o teologi, eppure ricercarono per tutta la vita, oltre le leggi della natura, il senso ultimo dell’esistenza. E poi, la fisica moderna ha operato una rivoluzione epistemologica rispetto a quella di Galileo e di Newton, ha cioè riconosciuto l’impossibilità di giungere, dal suo interno, a una comprensione esaustiva della realtà. Anche se si volesse limitare la totalità della realtà ai soli fenomeni fisici, la fisica attuale non potrebbe assicurare di poter arrivare alle radici della realtà. La critica più ferma e dotta alle pretese dello scientismo è quella di Giorgio Israel, professore ordinario di Matematiche complementari all’Università di Roma «La Sapienza», membro Al di là della spettacolarizzazione È stato ancora Giorgio Israel a richiamare l’attenzione su un fenomeno probabilmente tutto italiano. Gli uomini dello scientismo non usano della scienza soltanto per le loro battaglie laiciste e 2 antireligiose. La usano altresì scorrettamente a spettacolo diseducativo che nasconde lo studio e il rigore che la scienza autentica, in tutte le sue branche, esige. «Trovo veramente assurdo che si facciano delle sceneggiate tipo la competizione scacchistica tra il campione Spassky e quindici matematici che verranno inesorabilmente sconfitti. Mi chiedo quale vantaggio scientifico possa trarne un ragazzo che assista a una pagliacciata come questa». Ma ciò che meglio segnala la mistificazione ideologica che la battaglia scientista continua e pubblicizza è il silenzio che stampa e televisione ordinariamente osservano sugli scienziati che in qualche modo si professano credenti in una visione religiosa del mondo. Come se la scienza potesse andar d’accordo anche con lo show ma mai dovesse neppure accennare alla sua possibile conciliabilità con l’esperienza religiosa, men che meno cristiana. Sono rarissimi in Italia quelli che scrivono di un matematico come Roger Penrose, che ammette una realtà autosussistente che la mente umana è chiamata a scoprire con la scienza, o di un fisico come Paul Davies, che vede perfettamente conciliabile la fisica moderna con l’esistenza di Dio. Da noi, chi conosce Anthony Flew, professore di Filosofia della scienza a Oxford che, pur non ammettendo la Rivelazione divina, è passato dall’ateismo alla fede in una Intelligenza che sta dietro la complessità dell’universo fisico?. Chi conosce John Polkinghorne, fisico quantistico inglese, allievo di tre Premi Nobel, Paul Dirac, Murray Gell-Mann e Abdus Salam, ordinario di Fisica matematica a Cambridge, che alla soglia dei 50 anni, nel 1979, ha iniziato lo studio della teologia ed è diventato pastore anglicano?. È lecito allora domandarsi: da quale parte sta davvero il totalitarismo ideologico? Gli interventi pubblici della Chiesa non vogliono costituire un atto di sfiducia o di misconoscimento della scienza, ai cui risultati pragmatici il Magistero ha già reso le dovuti lodi. Vogliono soltanto essere l’invito a non enfatizzare la verità di quei risultati a danno della verità che trascende l’analisi empirica. Sono l’invito a non perdere di vista, disse una volta il card. Josef Ratzinger, «la laicità aperta, frutto di una ragione aperta, dell’umiltà dell’intelletto e dell’etica del limite e della responsabilità». Un invito cortese e severo rinnovato da Benedetto XVI nel suo discorso ai partecipanti al Convegno romano che ha celebrato il decennale dell’enciclica Fides et ratio: «La scienza non è in grado di elaborare princìpi etici: essa può solo accoglierli in sé e riconoscerli come necessari per debellare le sue eventuali patologie. La filosofia e la teologia diventano, in questo contesto, degli aiuti indispensabili con cui occorre confrontarsi per evitare che la scienza proceda da sola in un sentiero tortuoso, colmo di imprevisti e non privo di rischi. Ciò non significa affatto limitare la ricerca scientifica o impedire alla tecnica di produrre strumenti di sviluppo: consiste, piuttosto, nel mantenere vigile il senso di responsabilità che la ragione e la fede possiedono nei confronti della scienza, perché permanga nel solco del suo servizio all’uomo». GIANDOMENICO MUCCI (tratto da La Civiltà Cattolica, quaderno 3814 del 16 maggio 2009) 3