Allegato 3_Scheda tecnico-scientifica Operazione

Bando Pubblico
Operazione 4.1.2.3
Progetto pilota per la realizzazione di un
impianto di utilizzazione delle acque reflue
Piano di Sviluppo Locale 2007/2013
GAL Bradanica
Allegato 3
Scheda tecnico - scientifica
GAL Bradanica
Via Dante n.12 C/O Municipio 75010 Miglionico (MT)
Tel e Fax: 0835-559751
Sito Internet: www.gal-bradanica.it - Email: [email protected]
1. Finalità ed obiettivi del progetto pilota
Si vuole sperimentare e valutare l’opportunità di recupero delle sanse umide e delle acque di vegetazione, prodotti
di scarto della molitura delle olive, attraverso la trasformazione biologica delle stesse in un substrato naturale, derivante
da operazioni di compostaggio, quindi in un prodotto pronto per essere utilizzato come substrato di coltivazione di
funghi mangerecci o capace di migliorare la fertilità dei terreni coltivati.
Si persegue nel contempo l’obiettivo di riciclare in modo proficuo e a costi di trasformazione competitivi un
sottoprodotto semilavorato e facilmente reperibile ogni anno, in quantità notevoli, nelle zone dove la coltivazione
dell’olivo è predominante, per ottenere un prodotto finale valido dal punto di vista agronomico ed economicamente
vantaggioso per le aziende agricole, in particolare quelle ortoflorovivaistiche, al punto di ritenerne conveniente la
parziale sostituzione nell’uso dei comuni terricci.
Si potrebbe allora vedere la coltivazione dell’olivo come un “sistema biologico chiuso” in cui le sanse umide e le
acque di vegetazione perdono il connotato di prodotti di scarto della lavorazione delle olive, peraltro complicato e
oneroso da smaltire, per assumere quello di materia prima nella produzione di un fertilizzanti ed ammendanti
agronomicamente ed ecologicamente validi, capaci di restituire al suolo sostanza organica, favorendo un ritorno, nel
medio e nel lungo periodo, in termini di fertilità.
I sottoprodotti derivati dalla trasformazione delle olive sono costituiti da acqua di vegetazione (refluo liquido) e da
sansa vergine (refluo solido). Le acque di vegetazione, anziché essere sottoposte a trattamenti di depurazione, possono
essere smaltite su terreno agrario (fertirrigazione); anche le sanse vergini, che fino al recente passato sono state
prevalentemente destinate ai sansifici per l’estrazione mediante solventi chimici dell’olio che ancora contengono (olio
di sansa) e successivamente (sanse esauste) utilizzate come combustibile (destinazione non consentita per le sanse
vergini), possono essere impiegate, come ammendante, in agricoltura.
1.1. I SOTTOPRODOTTI DELL’ESTRAZIONE OLEARIA
1.1.2 – Le acque di vegetazione
Il principale sottoprodotto della lavorazione delle olive è dato dalle acque di vegetazione (AVO), che derivano
dall'acqua di costituzione della drupa, dall'acqua di lavaggio delle olive e degli impianti e, negli impianti continui a tre
fasi, anche dall'acqua impiegata per la diluizione della pasta di olive. L'acqua di costituzione delle olive ammonta al 4050% in peso della drupa, l'acqua di lavaggio corrisponde a circa il 5% del peso delle olive lavorate mentre l'acqua di
lavaggio degli impianti rappresenta il 5-10%. Pertanto le AVO prodotte nel processo di estrazione tradizionale
corrispondono al 50-65% del peso delle drupe lavorate; nel processo continuo a tre fasi si deve considerare anche
l'acqua necessaria a fluidificare la pasta di olive in fase di estrazione per agevolare la fuoriuscita dell'olio, di
conseguenza la produzione delle acque reflue aumenta fino al 90-120%.
La composizione delle AVO cambia notevolmente a seconda del processo di estrazione dell'olio (per pressatura o
per centrifugazione), delle caratteristiche e qualità delle olive e della pratica adottata per la loro raccolta. Tali reflui
contengono, in soluzione ed in sospensione, numerosi componenti, soprattutto organici, di origine vegetale e possono
essere considerati esenti da microrganismi e virus patogeni nonché da sostanze organiche e inorganiche xenobiotiche
potenzialmente inquinanti e/o tossiche (Balice et al., 1990).
Nella tabella 1.1 sono riportate le caratteristiche chimico-fisiche delle AVO provenienti da impianti tradizionali e
continui a tre fasi (Pacifico, 1989).
Parametri
pH
Acqua (%)
Residuo secco a 105°C
Composti organici (%)
Sostanze grasse (%)
Sostanze azotate (%)
Zuccheri (%)
Acidi organici (%)
Polialcoli (%)
Pectine, tannini (%)
Polifenoli (%)
Sostanze minerali a 550°C
Fosforo
Potassio
Calcio
Magnesio
Tab. 1 - Composizione delle acque di vegetazione
Processo continuo a
centrifugazione
Minimo
Massimo
5.1
5.8
79.8
91.7
8.3
20
7.22
18.3
0.02
1
1.2
2.4
2
8
0.5
1.5
1
1.5
1.3
1.7
1.2
2.4
1
1.7
0.14
0.23
0.47
0.81
0.01
0.06
0.06
0.1
2
Processo discontinuo a
pressatura
Minimo
Massimo
4.7
5.5
90.4
96.5
3.5
9.6
2.6
8
0.5
2.3
0.17
0.4
0.5
2.6
Tracce
Tracce
0.9
1.4
0.23
0.5
0.3
0.8
0.2
0.5
0.03
0.07
0.11
0.24
0.01
0.03
0.01
0.03
Dall’analisi dei dati si rivela l'estrema variabilità, dal punto di vista quantitativo, della composizione delle AVO
mentre, sotto l'aspetto qualitativo, la loro composizione è identica, data la loro stessa origine e natura.
Il colore scuro (da bruno a nero) dell’acqua di vegetazione è dovuto alla presenza di un pigmento di natura
catecolmelaninica costituito da un polimero, a diverso peso molecolare, che si forma dagli o-difenoli di cui il refluo è
ricco, ed in particolare dall’oleocianina per azione della fenolossidasi ed in presenza di aria.
Il valore del pH, comunque basso, dipende soprattutto dalla varietà e dallo stato sanitario e di maturazione delle
olive. In particolare è determinato dal contenuto di acidi organici quali malico, citrico, tartarico, succinico e ossalico.
La frazione organica contiene zuccheri, tannini, composti fenolici, polialcoli, pectine, lipidi e sostanze azotate e
determina l'elevato potere inquinante delle acque di vegetazione caratterizzate da valori di COD (domanda chimica di
ossigeno) e BOD5 (domanda biologica di ossigeno) molto alti (Feria, 2000; Borja, 1997): COD 40-210 g/L , BOD5 20140 g/L. Gli zuccheri sono le sostanze organiche che prevalgono, specialmente gli zuccheri fermentescibili quali
glucosio (70%), mannitolo (14%), fruttosio (10%), saccarosio (5%), galattosio (1%) e cellulosa. Per quanto riguarda la
componente azotata sono stati riscontrati tutti gli aminoacidi in particolare l'acido glutammico e la prolina (Salvemini,
1985).
Bisogna inoltre tener presente che durante lo stoccaggio in vasconi di lavaggio, dove le AVO sostano per tempi
più o meno lunghi prima dello smaltimento, la concentrazione di alcuni composti organici facilmente fermentescibili
diminuisce per l'azione dei microrganismi aerobi ed anaerobi, il pH generalmente aumenta, mentre il BOD5 tende a
diminuire, così come la quantità di solidi sospesi che tendono a sedimentare.
Per quanto riguarda la caratterizzazione microbiologica delle AVO, dai dati disponibili emerge che la popolazione
microbica è prevalentemente costituita da batteri, tra i quali i più numerosi sono i cellulosolitici, mentre risultano assenti
i nitrificanti. Sono inoltre presenti lieviti e funghi, molti dei quali pectinolitici, risultano invece assenti gli attinomiceti.
1.1.3 – Le sanse
Dalla lavorazione delle olive in aggiunta alle AVO si ottengono altri sottoprodotti: la sansa vergine proveniente da
impianti a pressione e da impianti centrifughi a tre fasi e la sansa umida proveniente dai sistemi centrifughi a due fasi
(Amirante et al.,1993). Nelle tabelle 1.2 e 1.3 sono riportate alcune caratteristiche della sansa vergine e della sansa
umida (CNR-MURST, 2004).
Parametri
Umidità (105°C)
pH
Azoto totale %
Fosforo totale %
Carbonio organico totale %
Rapporto C/N
Tab. 2 - Caratteristiche della sansa da impianto tradizionale
Parametri
Umidità (105°C)
pH
Azoto totale %
Fosforo totale %
Carbonio organico totale %
Rapporto C/N
Tab. 3 - Caratteristiche della sansa umida da impianto centrifugo a due fasi
52
5,2
0,96
0,56
60,45
62,97
62
5.19
0.97
0.35
94.5
46.6
La sansa vergine viene normalmente ceduta al sansificio per l'estrazione mediante solvente (esano) dell'olio
residuo dopo un'opportuna essiccazione. È di fondamentale importanza infatti che la sansa sia prontamente essiccata, al
fine di evitare il suo deterioramento e per arrestare la fermentazione ad opera dei microrganismi presenti che potrebbe
portare a processi biologici alternativi dannosi poi per la qualità dell'olio di sansa, come ad esempio un innalzamento
dell'acidità. Il valore della sansa d'oliva dipende anche dal contenuto d'olio residuo e dal tenore d'umidità; le sanse
provenienti da impianti tradizionali e da quelli centrifughi a tre fasi risultano migliori delle sanse umide in quanto hanno
una più bassa concentrazione d'acqua ed un più alto contenuto d'olio.
Dall'estrazione dell'olio di sansa vergine si ottiene, come sottoprodotto, la sansa esausta, che viene usata
soprattutto come combustibile.
L'olio di sansa viene successivamente raffinato per essere utilizzato ai fini alimentari in miscela con olio vergine
d'oliva (Ministero delle politiche agricole, 2001).
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1.2. RICOGNIZIONE DELL’ATTUALE NORMATIVA IN MATERIA
La gestione delle acque di vegetazione dei frantoi è stata regolata per lungo tempo dalla Legge Merli (Legge 10
maggio 1976, n. 319) che assimilandole alle acque reflue di altra provenienza ne proibiva lo spargimento sui terreni
agrari in relazione all’elevato carico organico, decretando l’obbligo di provvedere alla depurazione o di ricorrere allo
smaltimento in discarica.
Dopo numerosi decreti la materia è stata regolamentata ex novo dalla Legge 11 novembre 1996, n.574 recante
norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari e dal Decreto
Ministeriale del 6luglio 2005 che stabilisce i criteri e le norme tecniche generali per l’utilizzazione agronomica delle
acque di vegetazione e delle sanse umide.
In base alla legge n.574/1996 le sanse umide e le acque di vegetazione, residuate dalla lavorazione meccanica
delle olive che non hanno subito alcun trattamento né ricevuto alcun additivo possono essere oggetto di utilizzazione
agronomica attraverso lo spargimento controllato su terreni adibiti ad usi agricoli.
L’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione, previa comunicazione al sindaco del comune interessato, è
consentita in osservanza del limite di accettabilità di 50 m3 per ettaro nel periodo di un anno per le acque di vegetazione
provenienti dai frantoi a ciclo tradizionale mentre il limite è di 80 m3 per ettaro per quelle dei frantoi a ciclo continuo.
Tale spargimento, inoltre, deve essere realizzato assicurando un’idonea distribuzione ed incorporazione delle sostanze
sui terreni in modo da evitare di mettere in pericolo l’approvvigionamento idrico e di nuocere alle risorse viventi ed al
sistema ecologico.
Sono comunque esclusi:
• i terreni posti a distanza inferiore a dieci metri dai corsi d’acqua;
• i terreni situati a distanza inferiore a duecento metri dai centri abitati;
• i terreni investiti da colture orticole in atto;
• i terreni in cui siano localizzate falde;
• terreni gelati, innevati, saturi d’acqua e inondati;
• terreni con pendenza superiore al 15% privi di sistemazione idraulico agraria;
• boschi, giardini ed aree di uso pubblico ed aree di cava.
Per quanto riguarda le sansa umida, in riferimento alla legge n.574 del 1996, questa viene considerata come un
ammendante vegetale semplice non compostato (quindi applicata al terreno senza specifici limiti quantitativi) se
risponde ai requisiti di umidità (massimo 50%), pH (compreso tra 6 e 8,5), carbonio organico sul secco (minimo 40%),
azoto organico sul secco (almeno 80% dell’azoto totale), rame totale sul secco (massimo 150 ppm), zinco totale sul
secco (massimo 500 ppm), contenuto in torba sul tal quale (massimo 20% sul tal quale). Sono altresì fissati i seguenti
tenori massimi in metalli pesanti, espressi sulla sostanza secca: piombo totale 140 ppm, cadmio totale 1,5 ppm, nichel
totale 50 ppm, mercurio totale 1,5 ppm. Lo spandimento delle sanse umide sui terreni aventi destinazione agricola, deve
avvenire secondo le modalità previste dall’articolo 4 della legge 11 novembre 1996, n. 574 (citato in precedenza per la
modalità di spandimento delle acque di vegetazione).
L’utilizzo agronomico dei residui oleari deve essere inoltre condizionato da un attento controllo della
composizione chimica di tali reflui, al fine di individuare eventuali sostanze tossiche o nocive e quindi evitare fenomeni
di inquinamento del terreno che possano dar luogo ad alterazioni irreversibili (Amirante P., 1998; Amirante e Montel,
1999).
Per quanto riguarda lo stoccaggio delle acque di vegetazione e delle sanse in base al Decreto Ministeriale del 6
luglio 2005 è vietata la miscelazione con effluenti zootecnici, agroindustriali o con i rifiuti di cui al D.Lgs n. 152/06.
Il criterio guida per la fissazione da parte delle regioni del periodo di stoccaggio è quello di impedire gli
spargimenti fino a quando perdurano le piogge e fino a quando i terreni si presentano saturi d’acqua, al fine di tutelare i
corpi idrici superficiali e sotterranei.
I contenitori di stoccaggio devono quindi avere capacità sufficiente a contenere le acque di vegetazione nei periodi
in cui l’impiego agricolo è impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o da disposizioni normative; essi devono
altresì essere adeguatamente impermeabilizzati mediante materiale naturale o artificiale.
A fronte di questo orientamento normativo si deve ricordare che in assenza di utilizzazione agronomica, le acque
di vegetazione previa autorizzazione possono essere avviate allo scarico in pubblica fognatura e/o in corpi idrici
superficiali con conseguente applicazione delle norme contenute nel D.Lgs n. 152/06.
Da uno studio condotto da ARPAL in collaborazione con diverse Agenzie ambientali è emerso che la destinazione
delle AVO è per oltre il 60% dei casi, il suolo per uso agronomico, anche in considerazione del fatto che la maggior
parte dei frantoi è situata in aree rurali.
Un recapito alternativo è risultato la rete fognaria. I trattamenti depurativi sulle AVO prima dello scarico sono
numericamente molto limitati o del tutto assenti: sono state segnalate vasche di decantazione e fosse Imhoff. In qualche
caso le scelte aziendali si sono orientate verso il trattamento con calce e decantazione dei fanghi smaltiti come rifiuto,
oppure la sedimentazione lamellare con flocculazione e ossidazione del refluo, l’ossidazione biologica e la correzione
del pH. I reflui trattati vengono conferiti al depuratore o ritirati da ditte autorizzate.
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Nel complesso le tecnologie depurative sono state adottate in non più del 10% dei casi e, secondo quanto rilevato,
solo in Liguria e in Toscana.
Le sanse vengono generalmente cedute ai frantoiani che dispongono di aree per lo stoccaggio temporaneo di solito
coperte, spesso impermeabilizzate, talvolta dotate anche di barriere di contenimento.
Al contrario, in qualche caso non sono attivate precauzioni di alcun genere. La cessione al sansificio non sempre è
possibile perché molti di essi hanno sospeso l’attività per le mutate condizioni di mercato.
Obiettivi della ricerca
Il Progetto scaturisce da una pluriennale esperienza scientifica nel settore del recupero a fini agronomici dei reflui
oleari. Il progetto nasce con l’intento di realizzare e sperimentare una tecnologia innovativa capace di rispondere in
modo efficace ai problemi connessi al recupero delle sanse vergini e delle acque di vegetazione prodotte dai frantoi
oleari.
La proposta progettuale intende raggiungere i seguenti obiettivi:
- Rendere applicabile la tecnologia in tutti i contesti olivicoli del territorio del GAL a prescindere dalla dimensione
produttiva e tecnologica dei singoli frantoi.
- Mettere a punto un sistema di gestione dei reflui oleari più efficiente e capace di migliorare la performance
produttiva del comprensorio olivicolo di riferimento.
- Valorizzare da un punto di vista qualitativo il prodotto finale allo scopo di raggiungere obiettivi economici più
vantaggiosi.
- Creare nuovi prodotti agronomicamente validi, a basso impatto ambientale e di più facile commercializzazione
ed utilizzo.
A questi obiettivi se ne aggiungono altri che indirettamente possono migliorare i risultati applicativi ed economici
della tecnologia, come:
- La possibilità di integrare il ciclo produttivo dell’impianto andando ad operare nello smaltimento di altri rifiuti
organici di origine agricola (scarti della lavorazione degli agrumi, residui mercatali, ecc);
- determinare il riconoscimento del prodotto come ammendante organico per le colture biologiche;
- uniformare e adeguare la normativa europea ed internazionale che regolamenta la gestione dei reflui oleari,
rendendola più in linea con i progressi tecnologici in atto.
- Valutazione dell’impiego agronomico, con particolare riferimento alla valorizzazione in ambito agro-industriale,
per la produzione di funghi eduli.
Concludendo il progetto risulta coerente con le finalità generali del PSL, integrandosi e complementandosi con le
iniziative proposte dalle misure ed azioni dello stesso. Esso è basato su un metodo innovativo di integrazione di
tecnologie esistenti e di risultati della ricerca noti. Ma è suscettibile di amplissima diffusione industriale in quanto
potenziale risolutore dello smaltimento delle acque di vegetazione residue degli oleifici, problema presente ancora oggi
in tutti gli impianti di trasformazione oleicola. Il livello di protezione ambientale ottenibile tramite l’impianto proposto
è superiore a qualunque standard esistente nel territorio di riferimento in quanto il carico di inquinamento dei reflui
oleari viene smaltito mediante l’uso di degradazione micotica in sostanza alimentare e nutritiva per il terreno.
2. Fasi di articolazione del progetto
Il progetto di durata annuale, è stato suddiviso in una prima parte prettamente propedeutica comprendente tre fasi:
a) fase Iniziale (raccolta ed analisi chimica della sansa), b) fase di Processo (compostaggio della sansa, analisi chimica
della sansa parzialmente compostata), c) fase Dimostrativa (utilizzazione del prodotto finale come substrato di
coltivazione di funghi eduli).
La seconda parte, in cui sarà predominante la fase dimostrativa “in campo”, si concluderà nel 2012. Durante
questa fase, frequenti monitoraggi sulle coltivazioni di funghi permetteranno di valutare l’eventuale effetto positivo del
prodotto impiegato e la sua capacità di inserimento sul mercato del consumo.
Le attività di studio e dimostrativa che sarà messa in campo è unica e mai realizzata nel territorio del GAL e, pur
rifacendosi a studi scientifici già effettuati in altri comprensori nazionali, data la loro “novità”, necessita di ulteriori
studi ed approfondimenti, al fine di meglio adattarli alle realtà locali.
Lo studio è strategico e comporterà benefici per le attività agricole ed olearie dell’intera area GAL.
2.1. UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE DELLE OLIVE
La progressiva diminuzione del contenuto di sostanza organica nei suoli sottoposti ad agricoltura intensiva è
particolarmente preoccupante in Italia. L'impoverimento dei terreni può provocare un profondo cambiamento delle loro
caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche; di conseguenza si verrebbe a determinare una serie di fenomeni
degenerativi, di cui l'erosione e la perdita di fertilità sono gli aspetti più evidenti. L’utilizzazione agronomica di
biomasse di rifiuto e di scarto, come i sottoprodotti dei frantoi oleari, ha quindi assunto particolare interesse quale
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mezzo per reintegrare la perdita di sostanza organica, per riciclare in maniera corretta gli elementi nutritivi ed infine per
smaltire questi rifiuti al più basso costo possibile.
Le acque di vegetazione, molto ricche di potassio, azoto, fosforo e magnesio, possono fornire parte degli elementi
nutritivi apportati dalla fertilizzazione classica ed essendo prevalentemente costituite da sostanza organica
rappresentano un ottimo substrato per lo sviluppo della microflora permettendo così un miglioramento delle proprietà
chimico-fisiche del suolo. Pertanto, sia pure in linea di principio, le AVO possono essere considerate ammendanti
vegetali liquidi di origine naturale e la loro utilizzazione agronomica realizza il duplice scopo di consentire la loro
degradazione chimica e biologica e di arricchire il suolo in sostanza organica ed elementi minerali (Ciancabilla et al.,
2004). La valorizzazione agronomica dei reflui oleari dipende da fattori quali le modalità e le dosi di spargimento, la
tipologia del refluo, le caratteristiche del suolo, il tipo di coltivazione presente sul suolo, la natura e la profondità della
falda acquifera, le condizioni climatiche e i regimi irrigui, pertanto l'applicazione dei reflui oleari "tal quali" sul suolo
ha dato risposte molto diverse e contraddittorie tra loro. Si spiega quindi la difficoltà di formulare una normativa unica
ed operativa che consenta di definire i siti, le modalità e le dosi di applicazione dei reflui oleari "tal quali", in modo da
garantirne gli effetti benefici per il suolo e per le colture e la salvaguardia dell'ambiente, senza ricorrere a potenziali
rischi.
Il problema dello smaltimento delle acque reflue sul terreno agrario è stato investigato sotto molti aspetti, in
particolare sotto quello degli effetti sulle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del suolo stesso (Ministero delle
politiche agricole, 2001).
2.2. UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DELLE SANSE
Le sanse derivano dalla parte fibrosa del frutto e dai frammenti di nocciolo e contengono una quantità molto
variabile di acqua di vegetazione in funzione del tipo di estrazione attuata.
L’evoluzione dei sistemi di estrazione dell’olio dai discontinui (estrazione per pressione) ai continui
(centrifugazione delle paste) ha determinato, infatti, un aumento del contenuto in acqua delle sanse.
In particolare, agli inizi degli anni ‘90, sono stati introdotti sul mercato modelli di decanter in grado di effettuare la
separazione dell’olio con una limitato o assente aggiunta di acqua.
Tale soluzione, che ha ridotto o eliminato i problemi relativi allo smaltimento delle acque di vegetazione,
determina la produzione di sansa vergine più umida (contenuto di acqua dal 55 al 70%).
A causa dell’elevato contenuto in acqua delle sanse, l’estrazione dell’olio residuo diventa difficile e costosa,
richiedendo un preliminare processo di essiccamento o l’uso di macchine centrifughe, tanto che i sansifici sempre più
frequentemente rifiutano queste sanse.
Negli ultimi anni il problema è andato aggravandosi anche a causa della riduzione dei consumi, e quindi del valore
commerciale, dell’olio di sansa.
Di conseguenza, mentre in passato la sansa costituiva una fonte di reddito per il frantoiano, cosa che non ha
stimolato la ricerca di impieghi alternativi, attualmente sta diventando, al pari delle acque di vegetazione, un
sottoprodotto da smaltire, e quindi un onere.
Recentemente, sono state intensificate le ricerche per trovare soluzioni alternative, con particolare riferimento
all’utilizzazione agronomica diretta delle sanse o alla produzione di composti attraverso un processo di trasformazione
biologica aerobica.
L’utilizzazione delle sanse come ammendante su terreni agrari sembra offrire ottime prospettive ma, ovviamente, è
necessario valutare, in relazione alle caratteristiche del tipo di refluo, tutte le implicazioni sul piano colturale e sul
terreno per ottimizzarne l’uso ed evitare rischi ambientali.
Le sanse hanno un pH acido, un elevato contenuto in polifenoli e in sostanze grasse.
Poche sono le ricerche effettuate. Apporti fino a 70 t/ha di sanse umide in oliveti non hanno determinato effetti
negativi sulla quantità di prodotto. Distribuzioni di quantità variabili da 20 a 40 t/ha di sansa vergine non hanno indotto
conseguenze negative, né sul terreno né sulla produzione, neanche in vigneti e in colture di pomodoro.
È ipotizzabile che l’assenza di effetti positivi sull’entità di produzione siano dovuti sia alle basse quantità di sansa
utilizzata, sia alla lentezza di degradazione della stessa con conseguente ritardo dell’effetto fertilizzante rispetto alle
osservazioni eseguite. In effetti i reflui, considerando anche la temporanea immobilizzazione dell’azoto che
determinano nel terreno, possono essere considerati fertilizzanti a lento effetto.
Concludendo, i sottoprodotti della lavorazione delle olive sono ricchi in potassio e, in minore misura, in azoto,
fosforo e magnesio. Di conseguenza, possono sostituire/integrare gli elementi nutritivi apportati con la concimazione.
Inoltre, l’elevato contenuto in sostanza organica consente il miglioramento delle proprietà chimico-fisiche del
suolo.
Questo ultimo aspetto, tenendo conto della preoccupante progressiva riduzione del contenuto di sostanza organica
nei suoli sottoposti a coltivazioni intensive, è particolarmente interessante, soprattutto per le aree agricole meridionali
dove la degradazione della sostanza organica è più rapida.
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2.3. SPERIMENTAZIONE IN AMBITO AGRO-INDUSTRIALE DI SUBSTRATI A BASE DI REFLUI
OLEARI PER LA COLTIVAZIONE DI FUNGHI EDULI
2.3.1. Preparazione del substrato
L’elevato quantitativo di reflui, prodotti in un breve periodo dell’anno, impone la necessità di provvedere in modo
rapido ed economico alloro corretto smaltimento/gestione. In Italia, le procedure di smaltimento più utilizzate dai
frantoiani sono lo spandimento diretto in campo delle acque di vegetazione e delle sanse umide, il conferimento delle
acque di vegetazione ai sistemi locali di depurazione e, in maniera sempre meno frequente, il conferimento delle sanse
non umide ai sansifici. Tra queste, lo spandimento in campo rappresenta di gran lunga il metodo più adottato anche se,
per le caratteristiche geomorfologiche del territorio italiano, non sempre risulta agevole e/o economico il reperimento,
in prossimità dei frantoi, di suoli adatti allo spandimento, secondo quanto prescritto dalla norma 574/96 e suoi
successivi recepimenti a livello Regionale.
Pertanto, gli operatori del settore manifestano un crescente interesse verso sistemi alternativi di
smaltimento/valorizzazione dei sottoprodotti del frantoio, anche in considerazione del fatto che l’estrazione dell’olio
residuo dalle sanse non costituisce più un’attività remunerativa né per il frantoiano né per il sansificio, soprattutto nel
caso delle sanse umide.
Considerando che la biomassa di scarto dei frantoi rappresenta una preziosa fonte di carbonio organico e nutrienti
utili per migliorare la fertilità e per contrastare la desertificazione dei suoli, si ritiene che l’impiego agronomico dei
reflui oleari rappresenti la soluzione più idonea per gestire e valorizzare i sottoprodotti del frantoio oleario.
La tecnologia che si vuole adottare si adatta alle diverse tipologie estrattive ed esigenze gestionali; opera in linea
con il frantoio e risulta particolarmente conveniente se associata ai sistemi estrattivi a due fasi; nel caso di frantoi a tre
fasi, è prevista la miscelazione delle sanse e delle acque di vegetazione all’uscita dal frantoio affinché sia unico il refluo
da trattare.
La tecnologia di ottenimento dei substrati per la coltivazione di funghi eduli prevede quattro successivi passaggi:
la denocciolatura della sansa vergine, la miscelazione del refluo denocciolato con altri componenti organici igroscopici,
il confezionamento del prodotto miscelato in sacchi a rete e lo stoccaggio aerobico della massa confezionata.
Con la fase di denocciolatura la componente legnosa (endocarpo) viene separata mediante centrifugazione dal
refluo oleario, producendo il nocciolino, un sottoprodotto adatto alla combustione o ad altre utilizzazioni industriali.
Il refluo oleario residuo viene condotto, attraverso sistemi automatici, in una vasca dove si attua la miscelazione e
la triturazione degli additivi igroscopici aggiunti (trucioli e segature provenienti da legname naturale non trattato, paglia
di graminacee, cascame di lana).
Si riduce in tal modo l’umidità della massa fino ad ottenere un prodotto finale non percolante che viene
confezionato in sacchi a rete e stoccato in condizioni aerobiche. Il prodotto finale ottenuto si caratterizza per un più
basso rapporto C/N rispetto al refluo oleario d’origine grazie all’aggiunta di materiali organici ricchi di azoto (es.
cascame di lana).
Lo stoccaggio del prodotto confezionato viene effettuato in modo tale da stratificare i sacchi in una pila al riparo
dagli eventi meteorici; tale procedura può essere prolungata senza inconvenienti e consente alla miscela di subire una
parziale disidratazione ed una maturazione aerobica operata principalmente da lieviti e batteri, che contribuisce a
migliorarne le caratteristiche chimico-fisiche.
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2.3.2. Produzione dei funghi eduli
Con l’intervento progettuale proposto si intende avviare un’attività di sperimentazione per la valutazione del loro
utilizzo come substrato per la coltivazione di funghi eduli.
Dovrà essere valutata la compatibilità delle miscele a base di reflui oleari nella composizione di substrati di crescita
per funghi eduli.
L’azienda (o le aziende) selezionata dovrà pertanto mettere a disposizione le proprie strutture ed il proprio
personale tecnico in modo tale da ospitare le prove di coltivazione: una riguardante Pleurotus ostreatus (Jacq.) P.
Kumm., l’altra con l’utilizzo di Agaricus bisporus (J.E. Lange) Singer, realizzate su vasta scala, tentando di inserire
nella preparazione del substrato di coltivazione, in accordo con standard aziendali ben consolidati, il nuovo ingrediente
(miscela sperimentale a base di reflui oleari) al posto di parte della pollina.
Prova coltivazione di Pleurotus ostreatus
Per questa prova dovrà essere utilizzata la paglia di grano come substrato base (controllo) aggiungendo farina di
soia al 10% fino ad un rapporto teorico C/N=42; le tesi a confronto devono contenere rispettivamente il 50% (50P) e
l’80% (20P) di miscela-substrato precedentemente descritta.
I substrati di crescita saranno confezionati in sacchi di plastica riempiti ciascuno con circa 15 Kg di materiale. I
sacchi dovranno quindi essere avviati al trattamento termico di pastorizzazione seguendo la metodologia tradizionale.
L’inoculazione, effettuata con cariossidi di miglio infungate, dovrà essere praticata in ambiente chiuso, pulito e
disinfettato, nel quale dovrà essere immessa aria filtrata ad alta efficienza.
I sacchi saranno poi incubati a 28°C in assenza di luce per un periodo di circa 20 giorni. Terminata la fase di
incubazione, i sacchi dovranno essere trasferiti in un locale, tenuto ad una temperatura di 14-16°C, con umidità dell’aria
pari al 95-98% e con una intensità di luce di 150 lux per 12 ore al giorno fino al termine della prova per ottenere la
produzione dei basidiomi.
Durante le diverse volate (la simultanea maturazione dei funghi è chiamata flush, volata nel gergo dei coltivatori
commerciali) saranno effettuati rilievi produttivi (produzione totale espressa in g di funghi per kg di substrato) e
qualitativi (percentuale di Sostanza secca, Ceneri, Azoto totale, Proteine solubili, Zuccheri solubili e Polifenoli) dei
carpofori.
Prova coltivazione di Agaricus bisporus
La prova dovrà essere condotta seguendo i protocolli di produzione messi a punto dall’azienda (o aziende)
selezionata trattando la miscela sperimentale a base di reflui oleari come un nuovo componente da aggiungere al
substrato standard in parziale sostituzione della pollina e adattando, di conseguenza, la presenza delle altre fonti azotate
8
in modo da mantenere il rapporto C/N ad un livello ottimale (circa 22).
Dopo la miscelazione il composto dovrà essere avviato alla fase di fermentazione in tunnel a circa 70 °C per un
periodo di 11 giorni intervallati da un rimescolamento e un reintegro dell’acqua persa per evaporazione.
Successivamente la massa sarà trasferita nei tunnel di pastorizzazione e mantenuta ad alta temperatura (60 °C) per
8-9 ore, per essere poi lentamente raffreddata, tenendola a 45-50°C per 5-6 giorni allo scopo di agevolare lo sviluppo di
attinomiceti termofili.
Questi, trasformando l’azoto ammoniacale in proteine, rendono il substrato selettivo per la crescita dell’Agaricus
bisporus.
Dopo questa fase il composto raffreddato a 25 °C sarà trasferito nelle stanze di incubazione dove avverrà la semina
del micelio e la sua crescita. In queste stanze il composto dovrà essere mantenuto per 13 giorni ad una temperatura di
24-26°C permettendo così al micelio di svilupparsi ed invadere tutta la massa.
Dopo l’incubazione il composto sarà stratificato nei letti delle stanze di coltivazione e ricoperto con uno strato di
circa 5 cm di una miscela di torbe e terra di barbabietola, necessario alla fase di fruttificazione.
Le stanze di coltivazione dovrebbero essere dotate di sistemi automatici per il controllo ed il monitoraggio dei
principali parametri ambientali di interesse: temperatura e umidità relativa dell’aria, concentrazione di CO 2 atmosferica.
Durante le diverse volate (la simultanea maturazione dei funghi è chiamata flush, volata nel gergo dei coltivatori
commerciali) saranno effettuati rilievi produttivi (produzione totale espressa in g di funghi per kg di substrato) e
qualitativi (percentuale di Sostanza secca, Ceneri, Azoto totale, Proteine solubili, Zuccheri solubili e Polifenoli) dei
carpofori; saranno presi in considerazione anche gli aspetti merceologici della produzione, legati alla forma, pezzatura e
assenza di macchie sui carpofori.
3. Analisi ambientale del progetto
L’elevato quantitativo di reflui prodotti in un breve periodo dell’anno dall’industria olearia impone la necessità di
provvedere in modo rapido ed economico alla loro corretta gestione.
In Italia, la procedura di smaltimento più utilizzata dai frantoiani è lo spandimento diretto in campo, anche se tale
opzione, per le caratteristiche geo-morfologiche del territorio italiano, non sempre risulta agevole e/o economica.
Considerando che la biomassa di scarto dei frantoi rappresenta una preziosa fonte di carbonio organico e nutrienti
utili per migliorare la fertilità e per contrastare la desertificazione dei suoli, la tecnologia proposta è in grado di
trasformare i reflui oleari in uscita dal frantoio in ottimo prodotto per essere utilizzato in sostituzione dei normali
substrati di coltivazione dei funghi eduli.
Il tutto abbattendo i costi di smaltimento, i pericoli di contaminazioni ambientali legati allo spargimento dei reflui
oleari in campo ed alle emissioni dei sansifici.
La tecnologia prevede il recupero del nocciolino dalla sansa vergine in uscita dal decanter, la successiva
miscelazione del residuo con matrici organiche igroscopiche, ed, infine, il confezionamento immediato del prodotto in
sacchi a rete che consentono una naturale ventilazione della massa.
I reflui oleari potranno dimostrare a livello agroindustriale una compatibilità d’uso nella formulazione di substrati
di crescita per funghi eduli. Infatti, le prove di coltivazione di Pleurotus ostreatus e Agaricus bisporus, si prevede siano
soddisfacenti sia in termini di performance produttive sia per la qualità del residuo di coltivazione che in genere viene
riciclato nella formulazione di terricci per floro-vivaismo.
9
4. Cronoprogramma del progetto
DIAGRAMMA DI PROCESSO
Si prevede che la fase sperimentale del progetto possa ragionevolmente iniziare nel novembre 2012 con la raccolta delle
sanse per concludersi nel luglio 2013 al termine di una lunga fase dimostrativa in campo.
Raccolta dei sottoprodotti
oleari
Frantoi
del territorio GAL
Avvio del Progetto Pilota
con la I Fase relativa al
prelievo campioni per
analisi chimiche iniziali
Trasporto presso il centro
di compostaggio
Azienda produttrice di
funghi (o vivaistica)
Preparazione dei substrati
presso l’azienda vivaistica
Analisi chimiche dei
campioni durante le diverse
fasi del compostaggio
Utilizzazione dei substrati
per la produzione di funghi
eduli
Analisi chimiche dei
prodotti derivanti
dall’attività di
produzione dei funghi
AVVIO DELLA FASE
DIMOSTRATIVA E
PRODUTTIVA
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Azienda produttrice di
funghi
5. Risultati attesi del progetto
I risultati attesi dal Progetto riguardano aspetti sia di carattere tecnico-gestionale che di carattere ambientale.
Per quanto riguarda i primi, i risultati attesi prevedono la realizzazione di un impianto di riutilizzazione dei prodotti
di scarto dei frantoi che dimostri l’efficacia della metodologia proposta sia in termini di processo che di gestione.
In particolare l’impianto deve essere applicabile in ogni contesto olivicolo del GAL a prescindere dalla dimensione
produttiva e del sistema di trasformazione adottato dai frantoi, deve essere competitivo rispetto ad altri sistemi di
smaltimento, deve poter produrre substrati di qualità e deve raggiungere degli obiettivi economici positivi.
I principali benefici ambientali attesi dal progetto riguardano la riduzione dell’impatto ambientale del processo
produttivo legato alla filiera olivicola.
CONCLUSIONI
L’elevato quantitativo di reflui prodotti in un breve periodo dell’anno dall’industria olearia impone la necessità di
provvedere in modo rapido ed economico alla loro corretta gestione. In Italia, la procedura di smaltimento più utilizzata
dai frantoiani è lo spandimento diretto in campo, anche se tale opzione, per le caratteristiche geo-morfologiche del
territorio italiano, non sempre risulta agevole e/o economica. Considerando che la biomassa di scarto dei frantoi
rappresenta una preziosa fonte di carbonio organico e nutrienti utili per migliorare la fertilità e per contrastare la
desertificazione dei suoli, si propone un sistema in grado di trasformare i reflui oleari in uscita dal frantoio in ottimo
ammendante. Il tutto abbattendo i costi di smaltimento, i pericoli di contaminazioni ambientali legati allo spargimento
dei reflui oleari in campo ed alle emissioni dei sansifici.
La tecnologia prevede il recupero del nocciolino dalla sansa vergine in uscita dal decanter, la successiva
miscelazione del residuo con matrici organiche igroscopiche, ed, infine, il confezionamento immediato del prodotto in
sacchi a rete che consentono una naturale ventilazione della massa.
La maturazione della biomassa durante lo stoccaggio, operata prevalentemente da lieviti e batteri, potrà essere
protratta per parecchi mesi, determinando un miglioramento delle proprietà chimiche e fisiche del prodotto finale e
consentendo il suo impiego in campo nei periodi più opportuni dell’anno.
Le prove in campo in campo dovranno evidenziare eventuali interferenze sulla composizione della comunità
vegetale spontanea. Effetti benefici si avranno inoltre in termini di aumento della biodiversità della componente micro e
macro fungina del suolo.
Pertanto i reflui oleari trattati con la tecnologia proposta saranno utilizzabili anche a livello agroindustriale nella
formulazione di substrati di crescita per funghi eduli. Infatti, le prove di coltivazione di Pleurotus ostreatus e Agaricus
bisporus, sono state pienamente soddisfacenti sia in termini di performance produttive ottenute sia per la migliore
qualità del residuo di coltivazione che in genere viene riciclato nella formulazione di terricci per floro-vivaismo
A seguito di eventuali positivi risultati delle prove permetteranno di passare al trasferimento applicativo in aziende
produttive dei protocolli d’impiego messi a punto nella sperimentazione, con riferimento all’intera area GAL.
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