Quesito n. 114-2010/I Non proporzionalità della partecipazione al conferimento. Limiti. Si chiede se, successivamente alla costituzione di una s.r.l., il cui atto costitutivo non abbia derogato alla regola della proporzionalità della partecipazione al conferimento, si possa procedere a rettifica dello stesso, prevedendo la non proporzionalità di talune partecipazioni. Non pare possibile, in primo luogo, ricorrere ad una rettifica dell’atto costitutivo, posto che ciò che comunemente viene definito “atto di rettifica” è destinato ad incidere su elementi secondari e comunque ad operare in caso di errori materiali del negozio contenuto nell’atto pubblico, e non sembra questo il caso, trattandosi di una determinazione delle parti contraenti (quello dei derogare al principio della proporzionalità) che appare del tutto mancante. Si tratterebbe, semmai, di modifica dell’atto costitutivo, e non di mera rettifica. Sennonché, per le ragioni di cui appresso, neppure tale modifica appare consentita. Il legislatore prevede espressamente la possibilità di derogare alla regola della proporzionalità della partecipazione al conferimento tanto nella disciplina delle società azionarie che per quelle a responsabilità limitata, ma soltanto in sede di atto costitutivo (rispettivamente art. 2346, quarto comma e art. 2468, secondo comma c.c.) (sul punto, lo studio del Consiglio Nazionale del Notariato di SODI, L’assegnazione delle partecipazioni non proporzionale ai conferimenti nelle società di capitali, in Studi e materiali, 2008, 584 ss. e, in dottrina, in particolare, GUIDA, L’assegnazione di partecipazioni sociali in misura non proporzionale al conferimento, in Riv. dir. priv., 2008, 399). E si ritiene, in dottrina, che la deroga alla regola della proporzionalità si possa attuare anche in sede di aumento di capitale (MAGLIULO, L'assegnazione di partecipazioni sociali in misura non proporzionale al conferimento, in Notariato, 2003, 638, spec. 647), sulla base del rilievo per cui la disciplina dei conferimenti in sede di aumento è sostanzialmente modellata su quella dettata in sede di costituzione, e non vi sarebbe alcun motivo per discostarsene in tale sede. Ma, al di fuori di queste due ipotesi – costituzione ed aumento – non sembra che si possa intervenire sulla proporzionalità fra conferimento e partecipazione, modificando il rapporto e spezzando il nesso di proporzionalità, perché non si viene ad intervenire tanto su una regola organizzativa, quanto, piuttosto, nei rapporti fra i soci, realizzando spostamenti di ricchezza al di fuori degli schemi negoziali tipici e delle regole attraverso le quali si attua la circolazione delle partecipazioni, e quindi della ricchezza, fra sfere giuridiche autonome (così MALTONI, in Caccavale-Magliulo-Maltoni-Tassinari, La riforma della società a responsabilità limitata, Milano, 2004, 162 s.). La modifica del nesso di proporzionalità produce infatti l’acquisto di una maggior partecipazione di un socio a scapito dell’altro, un fenomeno di arricchimento/depauperamento che non attiene in alcun modo al momento organizzativo della società ma alle sfere patrimoniali dei singoli soci, ed è pertanto inquadrabile come “trasferimento”. E, a ben vedere, anche in sede di costituzione ed in sede di aumento, laddove pure il fattore conferimento viene ad avere un suo rilievo, la modifica del nesso di proporzionalità non è vicenda organizzativa, ma negoziale, tanto che, logicamente, in sede di costituzione v’è il necessario consenso di tutti i soci (contrattualità) mentre, in sede di aumento, la contrattualità impone che, alla maggioranza richiesta per deliberare l’operazione sul capitale, si accompagni quantomeno il consenso dei soci che, rispettivamente, a fronte del conferimento, vedono accrescersi o depauperarsi la partecipazione (in tal senso, SODI, L’assegnazione delle partecipazioni non proporzionale ai conferimenti nelle società di capitali, cit., 597, per il quale è necessaria «una maggioranza dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo, comprendente tutti coloro i quali sono destinati a sopportare il maggior “peso” economico dell’apporto “sotto la pari” effettuato dai beneficiari dell’assegnazione non proporzionale. Nessuna norma o principio generale sembra imporre, infatti, che il maggior sacrificio economico derivante dall’assegnazione debba essere sostenuto proporzionalmente da tutti gli altri soci, ed il contesto di forte autonomia all’interno del quale la previsione si colloca sembra indirizzare verso la soluzione opposta, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza ed evitando ogni possibile “abuso di maggioranza”». Per le diverse ricostruzioni, v. ancora SODI, L’assegnazione delle partecipazioni non proporzionale ai conferimenti nelle società di capitali, cit., 596 ss. e gli AA. ivi citati). Una conferma, in tal senso, la si desume anche la legge delega per la riforma del diritto societario (legge 3 ottobre 2001, n. 366) in cui la contrattualità è evocata sia con riguardo alle s.r.l. (art. 3, comma 2, lett. c) : « dettare una disciplina dei conferimenti tale da consentire l'acquisizione di ogni elemento utile per il proficuo svolgimento dell'impresa sociale, a condizione che sia garantita l'effettiva formazione del capitale sociale; consentire ai soci di regolare l'incidenza delle rispettive partecipazioni sociali sulla base di scelte contrattuali») sia con riferimento alle s.p.a. (art. 4, comma 5, lett. a) : «dettare una disciplina dei conferimenti tale da consentire l'acquisizione di ogni elemento utile per il proficuo svolgimento dell'impresa sociale, a condizione che sia garantita l'effettiva formazione del capitale sociale; consentire ai soci di regolare l'incidenza delle rispettive partecipazioni sociali sulla base di scelte contrattuali»). Ecco perché, come si è efficacemente affermato, si tratta di atti di disposizione di sfere patrimoniali autonome, ai quali “dovrà riconoscersi un effetto necessariamente attributivo – traslativo, anche se realizzato mediante uno schema negoziale dotato del carattere dell’atipicità, che non può essere contrabbandato per effetto meramente modificativo dell’organizzazione societaria” (così, ancora, MALTONI, La riforma della società a responsabilità limitata, cit., 163. Sulle possibili diverse ricostruzioni del profilo causale dell’istituto, MAGLIULO, L'assegnazione di partecipazioni sociali in misura non proporzionale al conferimento, cit., NOTARI, Commento all’articolo 2345, commi 1-5, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Azioni artt. 2346-2362 c.c., Milano, 2008, 44 ss. ONZA, Partecipazione al capitale e partecipazione al rapporto sociale (appunti sulla derogabilità convenzionale della proporzione tra conferimento e quota), in Riv. dir. civ., II, 2007, p. 709 ed ivi p. 718). Ma, al di fuori delle due ipotesi (costituzione ed aumento), in cui la vicenda della modifica del nesso di proporzionalità, che permane negoziale, viene occasionalmente ad inserirsi in una più ampia vicenda organizzativa, non appare possibile invocare il disposto dell’art. 2468 comma 2, c.c. per realizzare, durante societate, una modificazione della proporzionalità fra conferimento e partecipazione, dandosi vita, altrimenti, ad una vicenda traslativa che va assoggettata ad altre regole, sia civilistiche (art. 2470 c.c.), sia fiscali. Né, a tal fine, appare possibile, come già rilevato dalla citata dottrina (MALTONI, La riforma della società a responsabilità limitata, cit., 163 s.) rinvenire un argomento favorevole nel disposto del comma 4 dello stesso art. 2468 c.c., che prevede la modificabilità, con il consenso unanime (salvo che non sia altrimenti disposto dall’atto costituivo, ma riconoscendosi in tal caso il recesso in favore del socio assente o dissenziente), dei particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili. Tale disposizione, infatti, non attiene al rapporto proporzionale fra conferimento e partecipazione, né incide sull’entità di quest’ultima, ma solo sull’ampiezza dei diritti amministrativi e patrimoniali connessi alla partecipazione, che risulta modificata qualitativamente ma non quantitativamente. Quanto sopra implica, pertanto, che la divisata modifica della proporzionalità non può attuarsi né mediante modifica dell’atto costitutivo, né, tantomeno, attraverso una “rettifica” dello stesso. Alessandra Paolini e Antonio Ruotolo