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La Resurrezione della Chiesa
don Maurizio Prandi
III Domenica di Pasqua (Anno C) (18 aprile 2010)
Anche in questa domenica la liturgia della Parola ci dà la possibilità di riconoscere la presenza del
Risorto là dove a prima vista non penseremmo possa o debba essere.
Il Risorto incontra i discepoli e li incontra là dove li ha visti la prima volta, al lago di Tiberiade,
sul posto di lavoro. Quasi non si noterebbe la differenza tra il primo incontro e questo, se non fosse
per la specificazione dell'evangelista che scrive: il Risorto si manifestò così: è la prima cosa che
abbiamo notato nelle comunità, ascoltando questa pagina di vangelo: i discepoli sono tornati alle
cose di sempre, alle cose normali; e che stacco rispetto al capitolo precedente, quando Gesù era
entrato nel cenacolo, aveva effuso lo Spirito di pace e di perdono inviando i discepoli nel mondo
per essere quel segno di bontà e di misericordia che avrebbe riempito e cambiato i cuori degli
uomini. Che differenza! Sembrerebbe tutto finito, tutto tornato alla normalità. Aiutati anche dalla
lettura che di questo brano di vangelo fanno la comunità di Bose e don Bruno Maggioni, ci siamo
detti che qui non solo si parla di una apparizione di Gesù Risorto, ma addirittura si racconta della
resurrezione dei discepoli e quindi della prima comunità ecclesiale. Chi ha scritto il capitolo 21
del vangelo di Giovanni ha voluto raccontare la resurrezione dei discepoli, presi ancora una volta
per mano da Gesù e restituiti alla loro chiamata, alla loro vocazione: credo che siano bellissimi e
applicabili a ciascuno di noi i passaggi che, come ci racconta il vangelo, vivono i discepoli:
1) Dalla notte al mattino
2) Dal non riconoscere Gesù al riconoscerlo
3) Dall'insuccesso alla pesca abbondante
4) Dal non avere niente da mangiare al pasto preparato per loro
Questi cambiamenti, questi continui passaggi dalla morte alla vita, sono prodotti dalla presenza
del Signore Risorto: è il suo dono della vita che rende possibili le risurrezioni dei discepoli e le
nostre risurrezioni.
A volte, ci dice il vangelo, si fanno dei passi indietro... Enzo Bianchi, priore della comunità di
Bose, parla di veri e propri casi di DE-VOCAZIONE e non posso non pensare a me stesso, a come
sono a bravo a fare dei passi indietro, da uomo, (ed è quello che mi spiace di più, perché è sul
piano dell'umanità che può avvenire o non può avvenire un incontro). Credo che in questa pagina
siamo chiamati a riconoscerci come chiesa, ascoltando e prendendo in considerazione ciò che
nasce dal basso. A volte invece mi pare che siamo come incapaci di fare questo, e viviamo
un'attitudine contraria a quella di Gesù, che non solo accoglie il poco che dal basso arriva (cinque
pani e due pesci nel vangelo di venerdì) ma addirittura stimola a metterci del nostro, perché quello
preparato solo da Lui si vede che non lo sente completo. Portate un po' del pesce che avete preso
or ora.
Sempre bello il volto di Dio che il vangelo ci propone, un Dio che in Gesù prepara tutta una mensa
a partire dal fuoco, ma che si compiace anche del contributo portato dai discepoli. Inutile dire che
mi piace molto questa idea, quella di una di una chiesa che vive del contributo (dal punto di vista
pastorale e teologico) di tutti i fratelli e sorelle. C'è possibilità di resurrezione, ci dice il vangelo,
fondando la vita sulla parola di Gesù e accettando di ricominciare tutto da capo o addirittura
cambiare strada, avere il coraggio fare tutto diversamente da prima. Certo, esagero con la fantasia,
ma immagino Gesù che dice ai discepoli: No figlio lini (li chiama proprio così, figliolini,
fanciullini...) miei... dovete fare l'opposto, dovete gettare la rete dall'altra parte. Credo sia
importante questo per la chiesa di oggi, stare alla presenza di Gesù, vivere della sua presenza, della
sua Parola e della sua vita donata per noi (Eucaristia), ma anche avere il coraggio di cambiare
qualche cosa.
Bello anche come i discepoli giungono a riconoscere il Signore: cammini diversi ma che dicono
la ricchezza della comunità ecclesiale. Giovanni lo riconosce per primo, intuisce, ha una memoria
precisa di quell'altra notte, in cui non avevano preso nulla e Gesù aveva dato un senso nuovo alle
notti e agli insuccessi. Pietro si fida di Giovanni, si fida dell'amore capace di vedere al di là di
quello che appare; per il resto dei discepoli è decisiva la mensa imbandita, preparata da Gesù come
segno di una vita vissuta amando.
Bello anche il dialogo che avviene tra Gesù e Pietro dopo il pranzo consumato insieme, dopo
l'Eucaristia celebrata dal Signore. E' importante anche questo particolare perché si può
comprendere come si manifesta il Risorto: attraverso il segno della liturgia, nel dono dell'Eucaristia
e la domanda più importante della vita di Pietro (come della vita di ognuno di noi), la domanda
sull'amore, viene dopo la cena. La carità viene così presentata come il frutto dell'Eucaristia: può
amare chi è stato prima nutrito al Signore. (don Giovanni Nicolini). Riscopro qui allora la bellezza
e la forza delle domande decisive sull'amore che, come accennavo tra parentesi, vive ognuno di
noi, all'interno della celebrazione eucaristica dopo essersi nutrito della parola di Dio: ti accolgo,
come mio sposo... ti accolgo, come mia sposa... nel matrimonio oppure con l'aiuto dello Spirito
Santo sì, lo prometto... per quello che riguarda il cammino di chi va verso l'ordinazione sacerdotale.
Una cosa che mi piace molto di questo dialogo e che esce fuori bene dalla traduzione letterale dal
greco (rispettata molto fedelmente in spagnolo) è questa: dopo che Gesù ha chiesto per due volte
a Pietro se lo ama (Simon, hijo de Juan, me amas mas que estos?) e che per due volte Pietro
risponde: ti voglio bene, (Si Señor, tu sabes que te quiero) (amare e voler bene sono due cose
differenti...) alla terza Gesù si mette, per così dire, al suo livello e chiede: mi vuoi bene? Sento qui
un gran rispetto da parte di Gesù, come a non voler schiacciare Pietro, non farlo sentire inadeguato,
non voler rimarcare sempre una mancanza, una insufficienza. Sa bene Gesù che Pietro sarà capace
di fare il contrario di quello che abitualmente capita agli uomini, amanti delle parole e non dei
fatti. Questo amore, che Pietro non riesce tanto a dire con le parole, lo dirà con i fatti, con la sua
vita, donata e crocifissa come quella del suo Signore.
Buona Domenica!!!
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