Jerome Bruner, The Culture of Education, Harvard

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Elisabetta NIGRIS -a cura di-, Educazione Interculturale
(1996)
Collana “Testi e Pretesti” Bruno Mondadori, Milano.
460 pp.
Recensione di Juliana Raffaghelli- Giugno 2007
Abstract
The intercultural education, as defined by the editor of this book, doesn't mean only -and most of all- a
concern on individual behaviour, but implies to rethinking in a general way the educational and
institutional culture in Italy, which is also to say educational services. Those services are bound to
comunications and relationships, as much as the organizational and curricolar planning issues within the
school. 'The book's starting point is the analysis of migrations in the several countries of Europe, paying
particular attention to the ethnic groups that are in the middle of these migrational flows. Successively
the book takes account for the research results in different discipline fields, that have examined the
question in a trans-cultural and interdisciplinar sense, to deepen into the several problems linked to the
insertion of immigrates in the italian school.
In a general, this book raises the necessity of look at the phenomenon of interculturality through the
several disciplines, with a dinamic approach of cross fertilization between cultures. A concept that is
retained to be richer than those of multiculturality, which is static and regards only the question of
different cultures “conviving” ---but not exchanging.
L'educazione interculturale, come viene definita dalla curatrice di quest'opera, non significa solo e
soprattutto preoccuparsi dei comportamenti individuali, ma implica un ripensamento generale relativo
alla cultura educativa e istituzionale che investe i servizi educativi in Italia e ne determina il quadro
comunicativo e relazionale, così come quello organizzativo e curricolare. Il libro parte da un'analisi del
fenomeno migratorio nei diversi paesi europei e dei gruppo etnico-culturali che ne sono protagonisti, per
poi prendere in esame i risultati raggiunti nei vari campi disciplinari e di ricerca che hanno proceduto in
senso trans-culturale e interdisciplinare, approfondendo le varie problematiche legate all'inserimento
degli stranieri nella scuola italiana.
Nella visione d'insieme, il libro propone di guardare il fenomeno dell'Interculturalità attraverso le diverse
discipline, con un approccio dinamico, di mutua fecondazione tra le culture. Un concetto più ricco di
implicazioni rispetto a quello di multiculturalità che è statico e sta a designare la convivenza -ma non lo
scambio- fra diverse culture .
Recensione
Dice Susanna Mantovani, studiosa della metodologia della ricerca qualitativa in
ambito educativo, nella prefazione a questo libro “...Il panorama di testi sulla
multiculturalità e sull'educazione interculturale è estremamente aallargata a livello
internazionale e, anche nel nostro paese, l'ultimo decennio ha visto comparire
importanti e numerosi contributi e riflessioni teoriche su questo tema...” (Nigris,
1996:XIII) Non accaso la Mantovani adopera indistintamente i termini multicultural,
che fa netto riferimento agli sviluppi anglosassoni di qui in Italia arriva
principalmente il lavoro di Lynch, e interculturale che riguarda una tradizione di
ricerca francofona presente attraverso le discussioni europee sulla problematica
dell'immigrazione. Italia arriva quando il dibattito è già iniziato, e cerca, attraverso i
tanti contributi che la Prof. Mantovani segnala, di inquadrare sia dal punto di vista
metodologico che epistemologico il lavoro che, fondato sulla base pragmatica
dell'affronto quotidiano dell'educazione in un contesto multiculturale, reclama la
costruzione di una vera disciplina con un corpus di data proprio e percorsi di
riflessione che riescano a riproporla come parte componente delle scienze e
pratiche dell'educazione.
1
Il volume della Nigris va senz'altro in questa direzione: non essendo la sola in che
in questi anni prende in mano tale impresa, le ricerche introdotte e la rielaborazione
teorica dello stato dell'arte all'interno della tematica, dimostra un rigore che
distacca il contributo del libro alla costruzione degli assetti teorico-metodologici
dell'educazione interculturale.
L'autrice fa questo lavoro di ricostruzione a partire della riflessione sulla propria
professionalità degli operatori dell'educazione (siano essi degli ambiti formali o
informali) e la critica aperta al curricolo quanto all'organizzazione scolastica.
Se è vero, come sostiene Elisabetta Nigris nella sua introduzione, che la
“...presenza nella scuola di alunni stranieri e la riflessione sui problemi che essi si
trovano ad affrontare può rappresentare un'occasione per gli insegnanti e per tutta
la scuola per rivedere il loro ruolo e le loro finalità, in funzione di un maggiore
contributo a una società più giusta ed egalitaria” è vero anche che le varie fasi fin
qui percorse, e descritte nel testo, e cioè le strategie compensative per gli stranieri,
l'approccio interrelazionale e quello del “gruppo singolo” (vale a dire per
l'incoraggiamento di iniziative specifiche e autonome per singoli gruppi etnicoculturali), sono ciascuna unilaterale e insufficiente quando non ingenua e che questi
approcci devono evolversi in una più complessa pedagogia culturale che metta in
discussione i contenuti e le tecniche e di scamdire e scegliere le conoscenze, è
altresì vero che questo processo non è “indolore” non è privo di difficoltà, e
rappresenta una proposta della cui radicalità molti degli approcci a tutt'oggi
proposti non arrivano a tenere conto, sommersi nel pragmaticismo di “risolvere” la
questione immigrazione. In effetti, la Nigris apre il dibattito già dal primo capitolo
con la ridefinizione dei diversi “razzismi”, che non sono soltanto, cioè, razzismi
evidenti, espliciti, ma razzismi inciti nella cultura, nelle istituzioni, aldilà di ciò che
l'autrice indica nel primo capitolo come “razzismo individuale”, quello più noto
secolarmente.
Per la Nigris, “...Occuparsi di educazione mutliculturale e
interculturale, infatti, non significa solo e soprattutto preoccuparsi dei
comportamenti individuali (...) ma implica innanzitutto un ripensamento generale
relativo alla cultura educativa e istituzionale che più p meno apertamente investe i
nostri servizi educativi, e ne determina il quadro comunicativo e relazionale, così
come quello organizzativo e curricolare.” (ibid., 1996:XIX-XX)
In questo senso, faccendo riferimento ad un necessario inquadramento della
problematica, sin dall'inizio nell'opera si accenna agli “errori” commessi da sistemi
educativi dei paesi con maggiore tradizione di immigrazione (nord-europei), i quali
avrebbero percorso una serie di fasi o tappe che li hanno portato ad un approccio
oggi più compiuto e critico. Le tappe che la Nigris cita (seguendo gli studi di Banks,
Lynch, Demetrio, Nigris, Tassinari) sono:
a) Teaching the Exepcional and the Culturally Different -approccio basato in
strategie compensative per insegnare la lingua del paese ospitante il più in fretta
possibile e colmare così lo scarto fra abilità/competenze per un'assimilazione della
cultura ospitante; con il rischio di riduzionismo e visione ingenua -monoculturale ed
etnocentrica, sebbene orientata all'accoglienza- dello straniero.
b) The Human Relationship Approach, ossia la fase dell'approccio interrelazionale,
che ha perseguito l'obiettivo di promuovere sentimenti di tolleranza e
collaborazione fra le persone di etnie/culture/religioni differenti all'interno delle
istituzioni socio-educative, riducendo gli stereotipi e i pregiudizi del gruppo
dominante da un lato e la percezione autosvalutativa delle minoranze dall'altro; il
limite di questo approccio risiede nel non tener conto di questioni di ordine sociale e
strutturale, oltre che delle questioni organizzativo-istituzionali, che rischiamo di
vanificare queste attività/strategie interpersonali, poiché il problema viene
comunque spostato sull'aggiustamento dell'immigrato.
c) The “Single Group Approach”, ovvero l'approccio mirante a proporre/concedere
spazi-scuole-esperienze-attività pedagogico didattiche esclusive ai singoli gruppi di
minoranza, allo scopo di ridurre la pressione psicologica sui membri delle etnie
2
minoritarie e valorizzare appieno le diverse culture, rendendone fiero chi ne fa
parte. Secondo alcuni studiosi, quest'impostazione rischia di favorire sentimenti di
separatismo e segregazionismo che non facilitano gli scambi comunicativi, culturali
e umani in genere, con un atteggiamento di tipo celebrativo/folcloristico che tende
a caricaturare le culture altre.
d) La quarta fase propone l'approccio detto “Multicultural Education Approach”:
ovvero del pluralismo interculturale. Il modello propugnato nella fase storica in cui
nasce e si sviluppa il pluralismo culturale concentra le istanze di cambiamento e gli
sforzi innovativi verso una riforma complessiva del sistema scolastico, piuttosto che
in singole iniziative a sé stanti rivolte alle etnie minoritarie: l'attenzione non viene
dunque posta al “diverso” che, a seconda dei modelli, va omogeneizzato, tollerato,
tutelato, rinforzato, ma a differenti riforme scolastiche che mirano a valorizzare
ogni specificità umana e cercano di promuovere uguali opportunità per tutti,
attraverso l'esplorazione di metodi e strumenti didattici molteplici, che questionano
l'approccio didattico stesso. Come afferma Demetrio, infatti, “L'integrazione
interculturale, in mancanza di progetti culturali, sociali e pedagogici, pur
compiendosi -perchè anche lo straniero più restio a integrarsi nel paese di
riferimento ne subisce comunque l'influenza, proprio perchè l'educazione è
intrinseca nell'esperienza di tutti giorni) resterà lettera morta. Oppure darà luogo a
forme di “sopravvivenza” interculturale: alimentando più la distanza, e iol sospetto
tra le culture, piuttosto che il loro incontro...” 1
Così la Nigris posiziona gli sviluppi introdotte attraverso il presente volume in
questa quarta fase, tentando di passare dalle pratiche educative ad una concezione
dell'educazione con alla base una pedagogia interculturale, per contrivuire alla
costruizione di una dimensione teorico-culturale che orienti una progettualità con
maggiori ambizioni di precisione in quanto a terminologie, tassonomie, e pratiche.
Nel secondo e terzo capitolo, in effetti, vengono studiate e messe in evidenza quelle
metodologie della ricerca che scelgono i suoi campioni solo fra gruppi che fanno
riferimento alla cultura dei paesi industrializzati nord-occidentali, con lo scopo di
delineare leggi universali valide per tutto il genere umano, nasconde essa stessa
forme latenti di razzismo culturale e istituzionale.
In questa direzione, nel primo capitolo, l'intento della Nigris è quello di render conto
della complessa articolazione del fenomeno migratorio nei diversi paesi europei, e
dei gruppi etnico-culturali che ne sono protagonisti, mettendo in luce, per contro,
l'estrema genericità e semplificazione con cui esso viene considerato dalla maggior
parte degli autoctoni, come risulta dall'analisi dei termini utilizzati per definire
fenomeni e gruppi etnico-culturali. Per l'autrice del capitolo, suffragata dalle
interessanti esposizioni dei colleghi autori dei capitoli successivi, il modo con il
quale viene definito un gruppo sociale (culturale, etnico, religioso), o un individuo,
parla della rappresentazione mentale che di quel fenomeno, gruppo, o persona
detiene chi esterna una certa definizione denominazione (cfr, Cap. 1, p. 3)
E' proprio procedendo all'analisi del concetto di “cultura” e alla ricerca della
rappresentazione pedagogica delle differenze culturali che il secondo capitolo,
curato da Letizia Caronia, ripercorre le varie fasi attraversate dal sapere
antropologico dalla nascita della disciplina. Esse rappresentano un punto di
riferimento irrinunciabile per la pedagogia e costituiscono un fondamento teorico su
cui costruire un modello di educazione interculturale che corrisponda ai canoni
sopra illustrate per le fasi più avanzate del contatto interculturale. Dice la Caronia,
“Ciò che all'antropologia si può ragionevolmente chiedere da un punto di vista
pedagogico è il suo essere un esempio di costruzione di conoscenza a partire
dell'interazione . A questo proposito l'antropologia ci consegna una speranza
fondata: che si può accedre a una comprensione negoziata dell'altro -specifica e
situazionale- attraverso procedure dialogiche e un affinamento continuo di pratiche
1
Demetrio, D, 1990, “I colori dell'infanzia”, Guerini e Associati, Milano: p.99.
3
di traduzione. In altre parole ciò che del sapere degli antropologi è pertinente
rispetto a un punto di vista pedagogico è il come di quel sapere non il cosa.
L'educazione interculturale in contesti multietnici e plurilinguistici condivide infatti
con l'esperienza dell'antropologo sul campo una domanda decisiva che possiamo
formulare così: come conoscere l'altro a partire dall'interazione con esso? (...) Più
che del sapere degli antropologi, un educatore necessita del loro
mestiere.(ibid, 1996:68-69)
Il sapere antropologico, d'altronde, costituisce il substrato teorico-epistemologico su
cui si fondano la ricerca psico-pedagogica trans-culturale contemporanea, come la
stessa Nigris ce lo dimostra attraverso il capitolo terzo, dove mette in luce i limiti e
le contraddizioni di molti studi occidentali degli ultimi due secoli (da quelli freudiani
a quelli piagetiani) che propongono, come teorie universali, lavori condotti su
specifici gruppi culturali (quasi sempre europei e statunitensi) e secondo
l'impostazione epistemologica e metodologica occidentale.
Nel terzo capitolo, perciò vengono analizzati i problemi metodologici della ricerca
psico-pedagogica transculturale e le principali linee di intervento messe a punto dai
più illustri studiosi in tale ambito: sono inoltre illustrati i risultati di queste ricerche.
La ricerca psico-pedagogica cross-cultural delinea dunque una netta distinzione fra
processi/competenze psicocognitive da un lato, e comportamenti psico-cognitivi
dall'altro: alcuni processi/competenze psico-cognitive accomunano il genere umano,
mentre le specificità/diversità riscontrabili dei diversi gruppi etnico-culturali si
riscontrano nei comportamenti psico-cognitivi che vengono prodotti dai diversi
sistemi educativi e/o scolastici (informali e formali; tradizionali e occidentali).
Questo richiederà, a chi opera in contesti educativi multiculturali, metodi di analisi e
di riconoscimento dei diversi stili conoscitivi nei singoli bambini, in grado di
indirizzare scelte metodologico-didattiche mirate a integrare nel rispetto di tali
diversità.
D'altro canto la specificità e la varietà degli approcci e dei copmortamenti psicocognitivi caratterizza anche le esperienze formative e di apprendimento degli adulti.
Ogni discorso relativo all'educazione interculturale non può prescindere da una
riflessione relativa alla formazione degli adulti; infatti, Duccio Demetrio dedica
all'interno di questo volume un intero capitolo ricco di riflessioni e spunti per
pensare la formazione interculturale degli adulti, elemento assai originale quando si
pensa che l'80% dei contributi in questo ambito proviene dagli studi ed esperienze
nella scuola primaria. Come dichiara questo autore, “...ogni considerazione che
attenga ai fenomeni dell'immigrazione (...) non può prescindere sia dalla questione
educazionale che da quella formativa (...) L'intenzionalità educativa infatti non
appartiene, per consolidata convenzione, soltanto alla formazione e alla scuola:
altre intenzioni, specie rispetto al mondo adulto e non soltanto immigrato, vanno
disseminate per garantire al contempo sviluppo permanente dell'apprendimento per
scopi funzionali alla riuscita adulta -come lavoratori, genitori, cittadini- e per scopi
funzionali alla qualità dei contatti umani e delle reciproche trasformazioni:
all'interno e all'esterno del proprio gruppo di appartenenza.” (ibid, 1996:368)
La diversità di comportamenti psico-cognitivi acquisiti nei diversi sistemi socioeducativi (da adulti o bambini), sono d'altra parte legati ai processi di
apprendimento delle singole lingue madri. Questi processi vengono presi in esame e
discussi da Marina Chini nel settimo capitolo, dove l'autrice, dopo aver passato in
rassegna i diversi paradigmi teorici relativi all'acquisizione della seconda lingua,
illustra i fattori che ne permettono l'apprendimento, così come i problemi che lo
ostacolano, presentando in ultimo le strategie e le metodologie didattiche risultate
più efficaci secondo le ricerche più recenti al momento di stesura del capitolo.
L'autrice del capitolo s'impegna in dimostrare come i problemi relativi
all'apprendimento dei bambini e adulti stranieri e del loro inserimento nella nostra
società siano strettamente collegati a difficoltà della comunicazione interetnica e
interculturale, e alle sue valenze valoriali, storico-culturali e psicologiche.
4
Le stesse tematiche vengono riprese nel capitolo a cura di Agnese Infantino, che si
concentra però negli aspetti comunicativi: i diversi paradigmi di studio della
comunicazione, e la competenza comunicativa interculturale aldilà della competenza
linguistica. L'analisi delle strategie comunicative diventano per la Infantino il
nocciolo duro d'inserimento dei bambini stranieri nel contesto scolastico.
Il hidden curriculum, ovvero i contenuti e assetti educativi dietro la normativa
scolastica vengono accuratamente analizzati da Agostino Frigerio, che presenta la
normativa scolastica relativa all'inserimento degli alunni stranieri a scuola.
L'ultimo capitolo, scritto dalla Nigris accompagnata da Patrick Johnson -esperto in
cooperazione educativa internazionale- riflette giustamente sui principali significati
assegnati ai termini, allo scopo di chiarire ruoli, funzioni e compiti del mediatore
culturale. Il capitolo si concentra dunque nella descrizione di un profilo
professionale per l'intervento in temi di interculturalità a scuola e non solo. Come lo
esprimono gli autori, “...al di là della mediazione (queste figure professionali),
debbono dimostrare di possedere competenze specifiche -nonchè i titoli e la
professionalità necessari per metterle in atto-; inoltre la presenza di figure di
mediazione non può esimere gli operatori della scuola così come i legislatori o i
teorici del campo educativo, a ripensare il nostro sistema scolastico nel suo
complesso, a porsi nella direzione di una riforma più completa che valorizzi il
pluralismo degli approcci cognitivi e comunicativi, così come dell'impostazione
metodologico-didattica in senso più ampio” (ibid, 1996:402)
La proposta di Elisabetta Nigris, attraverso questa lettura intelligente di teoria e
pratica colloca se stessa in fase di evoluzione, per puntare ad una quinta fase di
sviluppo dell'approccio in educazione interculturale: quello definito come “Education
that is Multicultural and Social Reconstructionist”. Questo approccio, in effetti,
affida alla scuola il compito di richiamare l'attenzione e di promuovere l'azione
sociale vera e propria: in altre parole, la presenza nella scuola di alunni stranieri e
la riflessione sui problemi che essi si trovano ad affrontare può rappresentare
un'occasione per gli insegnanti e per tutta la scuola per rivedere il loro ruolo e le
loro finalità, in funzione di un maggiore contributo per una società giusta e
egualitaria.
Indice
Prefazione. Introduzione. 1) La questione dei termini; 1.1. I diversi gruppi
migratori, 1.2. Complessità sociale e semplificazione definitoria; 2) Pedagogia e
differenze culturali: risorse e dilemmi del sapere degli antropologi; 2.1.
Educazione interculturale e pensiero antropologico: le ragioni di un dialogo, 2.2.
L'evoluzionismo ottocentesco: una forma di universalismo, 2.3. Il particolarismo
storico: le radici del relativismo culturale, 2.4. Claude Lévy-Strauss. Un
universalismo non etnocentrico, 2.5. Il paradigma positivista in antropologia, 2.6. Il
paradigma interpretativo in antropologia: la proposta di Clifford Geertz, 2.7.
Dall'antropologia interpretativa all'antropologia dialogica, 2.8. L'educazione
interculturale e il sapere degli antropologi, 2.9. Pensare l'uguaglianza attraverso la
differenza: quale risposta per l'educazione?; 3) La prospettiva “globale” negli
studi psicopedagogici; 3.1. Le basi antropologiche degli studi psicologici, 3.2.
Dall'approccio monoculturale alla prospettiva globale in psicologia, 3.3. Metodologia
della ricerca psicologica trans-culturale: problemi e soluzioni, 3.4. La psicologia
dello sviluppo, 3.5. Le ricerche psico-cognitive e i diversi modi di trasmettere il
sapere, 3.6. Alcuni cenni di etnopsichiatria, 3.7. Verso una pedagogia e una
didattica interculturale: alcune riflessioni conclusive. 4. Costruire le differenze.
Immagini di straniero e situazioni educative; 4.1. I contesti educativi
multiculturali tra dimensione oggettiva e significati soggettivi, 4.2. Lo straniero
5
come costruzione culturale, 4.3. La categorizzazione sociale: processo di
interpretazione della realtà, 4.4. Lo stereotipo come processo cognitivo, 4.5. Il
pregiudizio come atteggiamento, 4.6. Teoria dei prototipi e processi di
particolarizzazione: la non neutralità della stereotipizzazione sociale, 4.7. Stereotipi
e pregiudizi come produzioni discorsive. Un nuovo approccio allo studio del mondo
sociale, 4.8. I nomi e le cose: la costruzione sociale della realtà, 4.9. Educazione e
strategie di nominazione: verso la costruzione dell'etnicità, 4.10. Dalla
classificazione della realtà alla prassi educativa, 4.11. L'azione educative come
costruzione di realtà, 4.12. L'educatore come attivo interprete della situazione. 5.
La comunicazione interculturale; 5.1. A proposito di comunicazione
interculturale, 5.2. Comunicazione e contesto interculturale, 5.3. Lo sviluppo della
competenza comunicativa nel bambino, 5.4. Competenza comunicativa e
prospettiva interculturale, 5.5. La comunicazione interculturale a scuola, 5.6.
Modelli educativi e comunicativi a confronto, 5.7. Comunicazione tra insegnanti e
genitori stranieri, 5.8. La comunicazione istituzionale, 5.9. Tempo e tempi della
comunicazione, 5.10 Quale comunicazione? 6. L'inserimento scolastico degli
stranieri. Il quadro normativo; 6.1. I documenti internazionali, 6.2. Le direttive
del Consiglio d'Europa, 6.3. L'Ordinamento nel nostro paese. 7. Apprendere una
seconda lingua: principi, fattori, strategie e problemi; 7.1. L'acquisizione di
una seconda lingua: alcuni paradigmi teorici, 7.2. Fattori che incidono
sull'acquisizione linguistica; 7.3. Problemi e strategie nell'acquisizione di L2; 7.4. Il
caso dell'italiano L2: principali esiti della ricerca, 7.5. Didattica dell'italiano L2:
spunti di metodo ed esperienze in atto, 7.6. Conclusione. 8. La formazione degli
adulti: apprendimento e progettualità interculturale; 8.1. La formazione in
età adulta come momento delle politiche di integrazione, 8.2. Il contributo della
formazione alla riorganizzazione dell'identità, 8.3. Le esperienze formative luogo
implicito ed esplicito di educazione interculturale, 8.4. Il metodo autobiografico per
la ricerca e la formazione con immigrati, 8.5. Altri luoghi di socializzazione
educativa. 9. Le figure della mediazione culturale in contesti educativi; 9.1. I
bisogni di mediazione e le sue funzioni, 9.2. La mediazione in atto: fra advocacy e
empowerment, 9.3. Il mediatore culturale: caratteristiche e competenze, 9.4. La
mediazione nei contesti educativi. Bibliografia. Indice dei nomi.
L'Autore
Elisabetta Nigris è docente di Didattica generale presso la Facoltà di Scienze della
Formazione dell'Università di Milano Bicocca. Collabora con Università europee e
statunitensi ed è coordinatrice nazionale del Progetto Dilemi, sulla didattica
interculturale. Inoltre si occupa di formazione degli insegnanti e degli operatori dei
servizi socio-assistenziali nel campo dell’educazione interculturale.
Bibliografia essenziale dell'autore
Nigris, E. 1991, Scienze Cognitive ed educazione alla pace, Cuem, Milano
---------- 1995, Un nuovo rapporto fra ricerca e innovazione: la ricerca-azione, in
Susanna Mantovani (a cura di) “La ricerca sul campo in educazione”, Bruno
Mondadori, Milano.
---------- 1996, -a cura di-, Ecologia della differenza, Junior Editrice, Bergamo.
----------, Ricci, A., 1996, -a cura di-, Bambini zingari a scuola, Junior Editrice,
Bergamo
----------, 1996, La situazione inglese, in R. Massa “ Imparare Errando”, Cuem,
Milano.
----------, 2002, I conflitti a scuola. La mediazione pedagogico-didattica, Mondadori
Bruno, Roma.
6
---------, 2006, Didattica Generale, Mondadori Bruno, Roma.
Sitografia
http://www.lavoce.info/news/download.php?cms_pk=1035
[ Articolo nel giornale di divulgazione in temi di politica, società ed educazione
“quanti maestri per una classe?” sollevando la questione della necessità di figure
esperte per trattare in classe la problematica dell’interculturalità]
http://www.lombardiacultura.it/lib/2015/EST_workshopMNST_seminario120207.pdf
[ Sito del Progetto EST: Educare alla Scienza e la Tecnologia in paesi dell’Est
Europeo ]
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