La bella Gigogin
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La bella Gigogin
Artista
[[]]
Autore/i
Paolo Giorza
Genere
Canzone popolare
Stile
Canzone
patriottica
Edito da
Tempo (bpm)
Riferimento
(Real Book)
Esecuzioni
notevoli
Pubblicazione
Incisione
'
Data
1858
Data seconda
pubblicazione
Etichetta
Durata
Note
Campione audio
[[File:|230px|center]]
Tracce
Precedente
–
Successiva
–
La bella Gigogin è un canto patriottico italiano del XIX secolo[1].
Indice
[nascondi]
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1 Origine e storia
2 Testo
3 Avallata dalla storia
d'Italia
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4 Note
5 Collegamenti esterni
Origine e storia [modifica]
Fu scritta nel 1858 dal compositore milanese Paolo Giorza che si ispirò ad alcuni canti popolari
lombardo-piemontesi. Essendo il tema principale del canto, l'invito a Vittorio Emanuele II a fare
avanti un passo, diventò quasi subito una canzone patriottica.
Alludeva al fatto che le truppe italiane dovevano scacciare via quelle austriache e viene usato il
termine polenta perché la bandiera austriaca è gialla come la polenta. Venne scritta in dialetto
perché gli austriaci non ne capissero il significato.
La bella Gigogin ebbe un tale successo che le bande militari austriache avevano imparato a suonarla
e quando a Magenta si trovarono di fronte i francesi, intonarono le note della canzone in segno di
attacco. Il fatto divertente è che i francesi risposero col ritornello Daghela avanti un passo e quindi i
due eserciti si affrontarono al suono della stessa canzone[2].
Secondo l'opinione di Giuseppe Fumagalli, l'autore delle parole può definirsi ignoto e quindi la
canzone fu completata grazie ad un mosaico di strofe di vecchi canti e canzoni popolari di varie
parti d'Italia, visto che la stessa parola Gigogin è un termine piemontese utilizzato come diminutivo
di Teresa. La canzone fu ufficialmente cantata in pubblico il 31 dicembre del 1858 nel Teatro
Carcano di Milano durante un concerto offerto dalla Banda civica diretta dal maestro Gustavo
Rossari[3].
Testo [modifica]
Rataplàn tambur io sento
che mi chiama alla bandiera
oh che gioia oh che contento
io vado a guerreggiar.
Rataplàn non ho paura
delle bombe e dei cannoni
io vado alla ventura
sarà poi quel che sarà.
E la bella Gigogìn col tremille-lerillellera
la va a spass col sò spingìn col tremille-lerillerà.
Di quindici anni facevo all'amore
dàghela avanti un passo
delizia del mio cuore.
A sedici anni ho preso marito
dàghela avanti un passo
delizia del mio cuore.
A diciassette mi sono stradìta
dàghela avanti un passo
delizia del mio cuor.
La vén, la vén, la vén a la finestra
l'è tutta, l'è tutta, l'è tutta inzipriada
la dìs, la dìs, la dìs che l'è malada
per non, per non, per non mangiar polenta
bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza
lassàla, lassàla, lassàla maridàre
bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza
lassàla, lassàla, lassàla maridàr.
Le baciai, le baciai il bel visetto,
cium, cium, cium
La mi disse, la mi disse: oh mio diletto
cium, cium, cium:
là più basso, là più basso, in quel boschetto,
cium, cium cium,
anderemo, anderemo a riposar.
E la bella Gigogìn col tremille-lerillellera
la va a spass col sò spingìn col tremille-lerillerà.
Avallata dalla storia d'Italia [modifica]
L'entusiasmo con il quale la canzone venne accolta raggiunse il delirio, al punto che la banda
dovette eseguirla otto volte, segno premonitore di quello che fu l'entrata delle truppe franco-sarde
nella città di Milano liberata dopo la vittoria nella battaglia di Magenta.[1]
Note [modifica]
1. ^ a b Paolo Ruggeri, La Canzone Italiana, Fabbri, 1994, Vol.I, pag.126-130
2. ^ Attilio Frescura, Giovanni Re, Canzoni popolari milanesi, 1939
3. ^ Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto, Hoepli, Milano
Collegamenti esterni [modifica]
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La bella Gigogin versione corale
Gruppo Agogica - La bella Gigogin