Traduzione dal sito http://www.perseus.tufts.edu/Olympics/index.html Il contesto dei giochi e lo spirito olimpico Oggi i giochi olimpici sono il più grande spettacolo al mondo di abilità atletica e di spirito competitivo. Ma sono anche manifestazione di nazionalismo, commercio e politica. Questi due aspetti delle olimpiadi non sono un’invenzione moderna: il conflitto tra gli alti ideali del movimento olimpico e le scelte commerciali o politiche, che accompagnano i Giochi, è stato notato fin dai tempi antichi. Secondo gli organizzatori delle Olimpiadi di Atlanta, 10.700 atleti provenienti da 197 nazioni hanno partecipato all’edizione del 1996, e oltre 2 milioni di spettatori le hanno viste sul posto. Gli spettatori televisivi sono stati stimati intorno ai 3,5 miliardi. Con una tale risonanza, il più grande evento internazionale del mondo è il terreno adatto per ospitare controversie. I Giochi antichi, che erano parte di una più grande festa religiosa in onore di Zeus, costituivano l’evento più importante del mondo di allora, quindi erano l’occasione per esprimere rivalità politiche tra popoli di parti diverse della Grecia ed il luogo ideale per litigi, vanterie, annunci ed umiliazioni pubbliche. Le città-stato della Grecia e le feste religiose Una differenza tra i Giochi Olimpici antichi e moderni è che quelli antichi si tenevano nel contesto di una festa religiosa. I Giochi venivano disputati in onore di Zeus, re degli dei, al quale venivano sacrificati 100 buoi nel giorno centrale della festa. Gli atleti pregavano gli dei per la vittoria ed offrivano in dono animali, prodotti, piccoli dolci, quale ringraziamento per il loro successo. Secondo la leggenda, l’altare di Zeus si ergeva nel punto colpito dal fulmine, che era stato scagliato dal dio, seduto sul suo trono sulla cima del Monte Olimpo, dove gli dei si riunivano. Alcune monete riportavano l’immagine di un fulmine sul retro, proprio in ricordo di tale leggenda. Col passare del tempo i Giochi si affermarono sempre più e Olimpia divenne il luogo principale del culto di Zeus. Singoli e comunità donarono costruzioni, statue, altari e altre dediche al dio. La visione più spettacolare a Olimpia fu la statua d’oro e avorio di Zeus seduto sul trono, fatta dallo scultore Fidia e collocata nel tempio (vedi fig.). La statua era una delle 7 meraviglie del mondo antico ed era alta 42 piedi. Una scala a spirale portava i visitatori al piano superiore del tempio per vedere meglio la statua. Solo i Greci potevano gareggiare nei giochi, e gli atleti giungevano dalle colonie delle città stato viaggiando per centinaia di miglia, praticamente dalle regioni che oggi sono la Spagna, l’Italia, la Libia, l’Egitto, l’Ucraina e la Turchia. 1 Una città-stato, la cosiddetta polis, possedeva una cittadella fortificata e difendibile al centro del territorio, e poteva includere altri villaggi. Ad esempio, la polis dell’Attica era Atene e la parte fortificata era l’Acropoli. Le città-stato cominciarono a fondare delle colonie dalla metà dell’ottavo secolo. Dopo il 200 d.C. l’impero romano portò ancora più atleti ai Giochi olimpici, ma le differenze regionali diedero sempre alle Olimpiadi un sapore internazionale. Eccellenza e spirito di competizione Gli antichi atleti gareggiavano individualmente, e non come squadre nazionali (come nei giochi moderni). Il desiderio di affermazione in competizioni pubbliche aveva a che fare con l’ideale greco di “eccellenza”, chiamato aretè. Coloro che raggiungevano questo ideale, attraverso i loro discorsi rilevanti o le loro imprese, avevano eterna gloria e fama. Coloro che non si dimostravano all’altezza di questo codice di eccellenza temevano la pubblica infamia e la disgrazia. Non tutti gli atleti si attenevano al codice di eccellenza. Coloro che venivano scoperti a barare erano multati, ed il denaro veniva usato per fare statue di bronzo a Zeus, che venivano erette sulla strada che portava allo stadio. Le statue portavano iscrizioni che descrivevano le colpe, per dissuadere gli altri dal commettere analoghi imbrogli, e ricordavano agli atleti che il successo andava guadagnato con l’abilità e non col denaro, ed enfatizzavano lo spirito olimpico del rispetto verso gli dei e della competizione leale. Il più antico imbroglione di cui si ha testimonianza fu Eupolo dalla Tessaglia, che corruppe i pugili nella 98esima Olimpiade. Calippo di Atene comprò i suoi avversari nel pentathlon durante la 112esima edizione. Due pugili egiziani, Didas e Sarapammon, furono multati per aver concordato il risultato del loro incontro nella 226esima edizione. Tutti questi uomini furono immortalati come imbroglioni nella “Guida alla Grecia” dello scrittore Pausania nel 200 d.C.: egli descrive le statue a Olimpia e racconta i misfatti dei protagonisti. La tregua delle Olimpiadi Una tregua (in greco, ekecheirìa, che letteralmente significa “avere la mano tesa per prendere”) veniva annunciata prima e durante ciascuna festa olimpica, per permettere ai visitatori di viaggiare in sicurezza fino a Olimpia. Un’iscrizione che descriveva la tregua era incisa su un disco di bronzo che veniva esposto a Olimpia. Durante la tregua, le guerre venivano sospese, le armi non dovevano entrare nell’Elide o costituire una minaccia per i Giochi, ed erano proibite le dispute legali e le esecuzioni delle pene di morte. La tregua olimpica veniva, di solito, rispettata fedelmente, sebbene lo storico Tucidide racconti che ai Lacedemoni fu proibito di partecipare ai giochi, dopo che attaccarono la fortezza di Lepreo, una città dell’Elide, durante la tregua. I Lacedemoni lamentarono che la tregua non era stata ancora annunciata al momento del loro attacco. Ma gli abitanti dell’Elide li multarono di 2000 mine, 2 per ogni soldato, secondo quanto stabilito dalla legge. Una mina equivaleva a 100 dracme, e una dracma era il compenso giornaliero medio di un lavoratore, o il costo di una pecora. Perciò la multa fu davvero pesante, corrispondendo a 200.000 dracme. Un’altra tregua internazionale era imposta durante i Misteri annuali, un rito religioso che si teneva nel maggior santuario di Eleusi. Le tregue di Olimpia e di Eleusi non solo permettevano a fedeli e atleti di viaggiare più sicuri, ma offrivano anche ai Greci una base comune per la pace. Lisistrata, personaggio di una commedia di Aristofane, usa questo argomento quando tenta di convincere Ateniesi e Spartani a porre fine alla loro guerra. L’atleta antico: dilettante o professionista? L’allenamento sportivo era parte dell’educazione di ogni ragazzo greco e ogni ragazzo che eccelleva nello sport poteva mettersi in mostra gareggiando nelle Olimpiadi. Le gare olimpiche comprendevano delle qualificazioni per selezionare gli atleti migliori per la competizione finale. Gli scrittori antichi raccontano storie di atleti che svolgevano i loro normali lavori e non trascorrevano tutto il loro tempo negli allenamenti. Per esempio, uno dei corrieri di Alessandro il 2 Grande, Filonide, che veniva da Creta, una volta vinse il pentathlon, che comprendeva disco, giavellotto, salto in lungo e wrestling, così come la corsa. Tuttavia, come nelle Olimpiadi moderne, un atleta antico necessitava di dedizione mentale, di preparazione ottimale e di notevole abilità atletica per riuscire. Inoltre la fiducia in se stessi era un vantaggio. Un atleta della Libia, Eubota, era così sicuro della sua vittoria nella corsa che si fece fare la statua di vincitore prima ancora che si svolgessero i Giochi. Quando vinse, potè offrire la sua statua immediatamente, in quello stesso giorno. Molti atleti assumevano degli allenatori professionisti che li seguivano, e si sottoponevano ad allenamenti e diete alimentari proprio come gli atleti di oggi. I Greci discutevano sui metodi più adeguati per l’allenamento. Aristotele scrisse che si doveva evitare un iperallenamento, affermando che se i ragazzi si allenano quando sono troppo giovani, finiscono col minare le fondamenta della loro forza. Egli pensava che dopo la pubertà i giovani avrebbero dovuto studiare per tre anni e solo dopo dedicarsi agli esercizi sportivi, in quanto lo sviluppo del fisico e della mente non avvengono nello stesso tempo. Gli atleti vittoriosi erano professionisti nel senso che vivevano per sempre grazie alla gloria ottenuta con la loro impresa. La loro città poteva ricompensarli con pasti gratuiti per il resto della vita, con denaro, esenzione di tasse, cariche onorarie, o incarichi di potere nella comunità. I vincitori erano immortalati in statue ed anche in odi commissionate a famosi poeti. Che rapporto esisteva tra i giochi antichi e i politici? I politici furono presenti nelle Olimpiadi antiche in varie maniere. Nel 365 a.C., gli Arcadi e i Pisani conquistarono l’Altis (la zona sacra di Olimpia), e presiedettero l’anno dopo la 104esima Olimpiade. Quando gli Elei finalmente ripresero il controllo di Olimpia, dichiararono che la 104esima edizione non era valida. Alcune straordinarie imprese politiche furono registrate a Olimpia. Un’iscrizione su una statua della vittoria rendeva onore a Pantarco dell’Elide, non solo per la vittoria nella corsa coi cavalli, ma anche per la mediazione nella pace tra Achei ed Elei e la negoziazione per il rilascio da entrambe le parti dei prigionieri di guerra. Mentre si celebravano i Giochi Olimpici, Alessandro proclamò in Olimpia che tutti gli esuli avrebbero potuto tornare nelle loro città, tranne quelli che si erano macchiati di sacrilegio o assassinio. Egli scelse i più vecchi dei suoi soldati macedoni e li esonerò dal servizio; ce n’erano ben 10.000. Scoprì che molti di essi avevano dei debiti ed in un solo giorno li estinse per loro. Olimpia fu anche un luogo per annunciare alleanze politiche. Tucidide descrive un patto militare tra gli abitanti di Atene, Argo, Mantinea e gli Elei, che fu registrato come iscrizione pubblica su colonne di pietra nelle prime tre città e su una colonna di bronzo ad Olimpia. Il tiranno di Atene Pisistrato mandò in esilio Cimone, un ricco aristocratico, accusandolo di disastro militare e politico. "Mentre era in esilio Cimone vinse il premio olimpico nella corsa coi carri a 4 cavalli. Nei successivi giochi vinse con gli stessi cavalli, ma acconsentì che fosse Pisistrato ad essere proclamato vincitore, e così potè tornare dall’esilio alle sue proprietà” (Erodoto). Spettatori ai Giochi Le Olimpiadi portavano un enorme numero di visitatori a Olimpia. La maggior parte dormiva all’aperto, sotto le gradinate, anche se i ricchi ed i membri delle delegazioni ufficiali montavano tende e padiglioni elaborati. Mercanti, artigiani, e venditori di cibo arrivavano per vendere le loro merci. La lista degli eventi comprendeva cerimonie religiose con sacrifici; arringhe di filosofi molto famosi; recite di poesie; parate; banchetti; e le celebrazioni dei vincitori. I ricchi cercavano di superarsi l’un l’altro nel mettersi in mostra. Il tiranno di Siracusa Dionisio spedì squadre di carri da corsa molto costose, tende magnificamente decorate, ed attori professionisti per recitare poesie che egli stesso aveva scritto. Dapprima la gente guardò con ammirazione e, quando la recita cominciò, i presenti furono incantati dalle amabili voci. Ma quando si accorsero di quanto miseri fossero i versi di Dionisio, cominciarono a ridere sprezzantemente, ed alcuni osarono persino saccheggiare le tende. Altre figure politiche furono accolte più 3 calorosamente dalle folle, proprio come noi oggi amiamo individuare delle celebrità negli eventi sportivi. Cultura e Giochi Le Olimpiadi non solo celebrarono l’eccellenza degli atleti. Offrirono ai Greci anche l’occasione per produrre elementi culturali duraturi in architettura, matematica, scultura e poesia. Gli antichi Greci furono degli innovatori nell’architettura. Il tempio di Zeus, disegnato dall’architetto Libone, fu uno dei più grandi templi dorici costruiti in Grecia. Libone provò a costruire il tempio secondo un sistema ideale di proporzioni, per cui la distanza tra le colonne era in armonia con la loro altezza, e gli altri elementi architettonici erano ugualmente ben dimensionati. Il matematico greco Euclide espresse questo rapporto ideale nei suoi Elementi, un testo di geometria che è considerato il secondo libro più famoso di tutti i tempi dopo la Bibbia. Olympia: Model of sanctuary, showing Temple of Zeus, from SE Photograph copyright the British Museum, London Gli scultori greci studiarono nuove pose per mostrare l’energia del movimento e rappresentarono in modo naturale muscoli e forma del corpo. Molti scolpirono figure di atleti, come la famosa statua del Discobolo di Mirone. Conosciamo il nome di alcuni scultori grazie ad alcuni scrittori antichi come Luciano, autore di satire. L’evento culturale più direttamente legato alle Olimpiadi furono le poesie commissionate in onore dei vincitori. Questi poemi, chiamati Epinìci, furono composti dai più famosi poeti del tempo, come Pindaro, Bacchilide, Simonide e divennero molto popolari. Una prova di ciò è che il commediografo Aristofane descrive un ateniese comune, non propriamente un letterato, che chiede a suo figlio di recitare un certo poema epinicio, composto da Simonide quarant’anni prima. L’opera e l’atleta sopravvivono nella memoria della gente per lungo tempo dopo il giorno della vittoria. Gli epinici furono scritti per immortalare le vittorie degli atleti e durarono più a lungo di molte statue e iscrizioni fatte per lo stesso scopo. Antiche gare olimpiche Le Olimpiadi antiche erano piuttosto diverse da quelle moderne. C’era un numero minore di eventi e solo gli uomini liberi che parlavano il greco potevano competere, anzichè atleti da qualsiasi paese come oggi. Inoltre, si tenevano sempre a Olimpia anzichè spostarsi ogni volta in sedi differenti. Come nelle nostre Olimpiadi, però, i vincitori erano degli eroi che facevano onore alla loro città. Un giovane nobiluomo ateniese difese la sua reputazione politica ricordando come avesse iscritto 7 carri nella corsa delle Olimpiadi. Il gran numero di iscrizioni era servito a far apparire sia l’aristocratico, sia Atene, molto ricchi e potenti. Segue la descrizione degli sport. 4 Boxe Mississippi 1977.3.68 Side B: boxers Photograph by Maria Daniels, courtesy of the University Museums, University of Mississippi La boxe antica aveva meno regole di quella moderna. I pugili combattevano senza interruzioni (non c’era la divisione in round) fino al KO oppure al ritiro di uno dei due. A differenza della boxe moderna, non c’era la regola che impedisse di colpire chi era già a terra. Non c’erano classi di peso all’interno delle categorie uomini e ragazzi; i combattenti erano scelti dal caso. Al posto dei guantoni, i pugili avvolgevano delle cinghie di cuoio attorno alle mani (himantes) e ai polsi, lasciando libere le dita. Sport equestri 1) Corse coi carri C’erano corse di carri a 2 e a 4 cavalli, con corse separate per carri tirati da puledri. Un’altra gara era tra carri tirati da due muli. La corsa consisteva in 12 giri attorno allo stadio (9 miglia). 2) Corse a cavallo La corsa consisteva in 6 giri di stadio (4,5 miglia) e c’erano gare separate per cavalli adulti e puledri. I fantini montavano senza staffe. Solo i ricchi potevano permettersi di pagare allenamento, equipaggiamento e mantenere fantino e cavalli. Come risultato il proprietario riceveva la corona d’ulivo della vittoria al posto del fantino. Pancrazio Questo sport era un misto molto faticoso di boxe e wrestling. I pugni erano ammessi anche se i combattenti non indossavano le cinghie della boxe. Le regole proibivano solo di mordere e di graffiare occhi, naso o bocca dell’avversario. Le mosse tipo calci nell’addome dell’avversario, che oggi sono vietate, erano perfettamente legali. Come la boxe e il wrestling, questo sport aveva categorie separate per adulti e ragazzi. Pentathlon Era una combinazione di 5 discipline: lancio del disco e del giavellotto, salto in lungo, corsa e wrestling (lotta). 1) Lancio del disco I Greci consideravano il ritmo e la precisione del lanciatore del disco importanti come la sua forza. Il disco era fatto di pietra, ferro, bronzo o piombo ed aveva la forma di un disco volante. Le dimensioni variavano poiché non si poteva pretendere che i ragazzi lanciassero lo stesso peso degli adulti. 5 2) Lancio del giavellotto Il giavellotto era un’asta di legno alta come un uomo con un’estremità affilata oppure metallica. Aveva una cinghia al centro per le dita del lanciatore, in modo da aumentare la precisione e la distanza del lancio. 3) Salto in lungo Boston 01.8020 Side A: jumper Photograph courtesy of the Museum of Fine Arts, Boston Gli atleti usavano dei pesi (halteres) per saltare, fatti di piombo o di pietra, a forma di cornetta telefonica, per aumentare la lunghezza del loro salto. Essi venivano tenuti davanti durante l’ascesa e poi spinti con forza all’indietro e lasciati cadere durante la discesa, per portare il corpo ancora più avanti. Durante l’allenamento i pesi da salto venivano anche raddoppiati, proprio come succede negli attrezzi del sollevamento pesi. 4) Corsa C’erano 4 tipi di corse a Olimpia. Lo stadio era la gara più antica dei giochi. I corridori correvano per uno stadio (192 m.), cioè l’intera lunghezza della pista. Le altre gare erano sulla distanza di 2 stadi (384 m.), e sulla lunga distanza da 7 a 24 stadi (da 1,344 m. a 4,608 m.). E se queste gare non erano abbastanza, i Greci ne avevano un’altra particolarmente pesante che a noi manca. C’era anche una corsa da 2 a 4 stadi (da 384 m. a 768 m.) per atleti in armatura. Questa corsa era utile specialmente per allenare alla velocità ed alla resistenza di cui i Greci avevano bisogno durante il servizio militare. Se pensiamo che l’armatura standard dell’oplita (elmo, scudo e gambali) pesava circa 60-80 libbre, è facile immaginare come doveva essere una gara del genere. 5) Wrestling Come nello sport moderno, un atleta doveva buttare a terra il suo avversario, facendolo atterrare su un fianco, sulla spalla o sulla schiena, perchè la caduta fosse considerata valida. Per vincere un incontro erano necessarie tre prese. Non era concesso mordere e neppure era ammesso stringere i genitali. Mosse come la frattura delle dita erano invece consentite. 6 Storie di atleti delle Olimpiadi antiche Come i loro colleghi moderni, gli atleti antichi trovavano il modo di sollecitare l’immaginazione del pubblico. Molti antichi autori come Pindaro, Pausania, Strabone, raccontano le imprese notevoli di alcuni dei più famosi vincitori delle Olimpiadi antiche. Milone di Crotone lottatore sei volte campione olimpico: o vinse la prima volta nella categoria ragazzi, nella 60esima edizione nel 540 a.C. o campione per 5 volte dalla 62esima alla 66esima edizione (dal 532 al 516 a.C. Uno dei più leggendari atleti del tempo antico, Milone di Crotone, vinse per sei volte la corona a Olimpia. Nato nell’Italia meridionale, dove i Greci fondarono molte colonie, vinse la prima volta nella categoria ragazzi. Tornò otto anni dopo a vincere il primo di 5 titoli consecutivi nel wrestling, un’impresa che sembra incredibile per gli standard moderni. Raramente infatti nelle Olimpiadi moderne si partecipa più di due o tre volte nel corso della carriera. Milone resistette prima di ritirarsi più del pugile George Foreman: al tempo della 67esima Olimpiade del 512 a.C., Milone aveva probabilmente 40 o più anni, ma gareggiò comunque. Lo sfidante non vinse Milone sopraffacendolo, ma scansando il lottatore più anziano e stancandolo. Secondo antiche fonti, Milone si divertiva ad esibire la sua forza insuperabile. Per esempio, teneva una melagrana in mano mentre gli avversari tentavano di strappargliela. Anche se la stringeva così forte che nessuno riusciva a prenderla, egli non rovinava mai il frutto. Talvolta stava in piedi su un disco di ferro spalmato di grasso e sfidava l’avversario a spingerlo fuori di esso. Un’altra delle sue esibizioni preferite era avvolgere una corda attorno alla fronte, trattenere il respiro e rompere la corda gonfiando le vene. Altre volte il lottatore stava dritto col braccio destro lungo il fianco, il gomito indietro, e porgeva la mano con il pollice in su e le dita aperte. Nessuno riusciva a piegargli neppure il mignolo. Milone eccelleva anche nella guerra. Quando una città vicina attaccò Crotone, Milone entrò in battaglia indossando le sue corone olimpiche e vestito come Eracle, con una pelle di leone, e brandendo una clava: portò i suoi compagni alla vittoria. Seguace del famoso filosofo Pitagora, Milone una volta salvò i suoi amici. Accadde che il tetto dell’atrio in cui si trovavano riuniti i pitagorici cominciò a crollare. Milone scattò in piedi e sostenne la colonna centrale fino a quando gli altri furono in salvo e poi uscì, salvandosi anche lui. Alla fine, tuttavia, tutta questa fama e forza non evitarono a Milone una morte ingloriosa. Mentre vagava nella foresta, trovò il tronco di un vecchio albero nel quale erano inseriti dei cunei. Nel tentativo di provare la sua forza, pose le mani e forse i piedi nella spaccatura del tronco e tentò di spaccare il legno. Riuscì ad estrarre i cunei, che finirono fuori, ma il tronco si chiuse sulle sue mani, intrappolandolo. Così, secondo la leggenda, cadde in preda a bestie feroci. Theagenes of Thasos Pugile, pancratista e corridore Vincitore nella boxe nella 75 esima edizione, 480 a.C. Vincitore nel pancrazio nella 76esima edizione, 476 a.C. Alla giovane età di 9 anni, Teagene di Taso divenne famoso in tutta la Grecia. Pare che stesse tornando a casa da scuola, quando notò una statua di bronzo di un dio nella zona del mercato. Per qualche strana ragione, probabilmente perché gli piaceva, Teagene staccò la statua dalla sua base e se la portò a casa. Questo episodio indignò i cittadini, che lo accusarono di irriverenza, e discussero se punire o meno il fanciullo per il suo gesto. Un anziano suggerì che il ragazzo dovesse 7 riportare la statua al suo posto. Teagene lo fece, ebbe salva la vita e il racconto di questo episodio fece il giro della Grecia. Alla 75esima Olimpiade Teagene vinse nella boxe. Dopo aver battuto il pugile Eutimo, Teagene era troppo stanco per vincere una seconda corona nel pancrazio. Curiosamente i giudici multarono Teagene accusandolo di aver partecipato alla gara di boxe solo per far dispetto ad Eutimo. Pausania afferma che questa fu quella che noi oggi definiremmo una conduzione poco sportiva. Teagene non prese parte alla gara di boxe nella successiva edizione, ma vinse nel pancrazio. Oltre a queste due vittorie, nella boxe e nel pancrazio, Teagene vinse in altri giochi. Quando andò a Ftia, patria del leggendario eroe dell’Iliade, il piè veloce Achille, Teagene decise di gareggiare nella corsa e naturalmente vinse. Dopo la sua morte, gli abitanti di Taso ricordarono Teagene con una statua di bronzo. Un tale, che non aveva mai vinto un incontro con Teagene, si recava ogni notte davanti alla statua e la colpiva; finchè, una notte, la statua si staccò, cadde sull’avversario e lo uccise. I figli denunciarono la statua per assassinio, un’azione assolutamente normale per la legge della Grecia. (I Greci sostenevano che tutti gli assassini dovevano essere puniti, persone, animali o anche oggetti che fossero!). Gli abitanti di Taso gettarono la statua di Teagene nell’oceano, pensando di liquidare la faccenda. Più tardi carestia e peste colpirono Taso, e i cittadini interpellarono l’oracolo, che consigliò agli isolani di richiamare in patria tutti gli esiliati. Essi obbedirono, ma i raccolti nei campi non aumentavano ancora. Nuovamente si rivolsero all’oracolo per chiedere assistenza ed egli rispose che avevano dimenticato il grande Teagene. La statua dell’atleta, recuperata da alcuni pescatori, fu rimessa al suo posto e i cittadini le offrirono dei sacrifici come ad un dio salvatore. Diagora di Rodi Pugile Vincitore nella 79esima edizione, 464 a.C. Il pugile Diagora di Rodi incarnò tutte le qualità del nobile atleta antico. Immortalato in una delle odi più famose del poeta Pindaro, Diagora fu vincitore non solo nei Giochi Olimpici, ma in tutte le altre maggiori manifestazioni sportive della Grecia. La quantità dei suoi successi ha certamente contribuito a renderlo famoso, ma le virtù del suo carattere furono per gli antichi Greci importanti quanto la sua abilità nella boxe. Sappiamo che la famiglia di Diagora apparteneva alla classe nobile di Rodi, e che i Rodiani sostenevano che l’atleta fosse figlio del dio Ermete. Tali leggende servivano a spiegare come degli uomini mortali potessero compiere imprese sportive da superuomini. Nella sua ode per Diagora, Olympian 7, Pindaro elogia il pugile come un combattente leale ed un grande uomo. Inoltre dice che "cammina in linea retta su una strada che odia l’arroganza." Oltre alla vittoria olimpica, Diagora vinse 4 volte ai giochi istmici, 2 volte a Nemea, e in altri giochi a Rodi, ad Atene, e un po’ dovunque in Grecia. Non possediamo una registrazione esatta della sua carriera, ma è chiaro che ai suoi tempi fu una leggenda. Diagora visse abbastanza per vedere le vittorie alle Olimpiadi dei suoi due figli, Damagete e Acusilao. Alla 83esima edizione nel 448 a.C., Damagete vinse il secondo dei suoi due titoli nel pancrazio e Acusilao vinse nella boxe. I figli si caricarono il padre in spalla, mentre la folla in delirio li copriva di fiori e si congratulava con Diagora. Un altro figlio, Dorieo, vinse tre titoli successivi nel pancrazio, oltre a 8 vittorie nei giochi istmici e 7 a Nemea. Anche due nipoti di Diagora furono campioni olimpionici di boxe. Olimpia incoronò tre generazioni della famiglia di Diagora, incrementando la fama che il pugile si era guadagnato a buon diritto e alimentando altre leggende sulle origini immortali della sua famiglia. 8 Polydamas of Skotoussa pancratista vincitore nella 93esima edizione, 408 a.C. Sappiamo poco sul vincitore olimpico Polidama (o Pulidama) di Scotussa, una città nella Tessaglia. I suoi precedenti, la vita in famiglia, e persino i dettagli del suo trionfo olimpico sono avvolti nel mistero. A parte il fatto che la statua di Polidama era straordinariamente alta, non abbiamo alcuna informazione sul suo aspetto. Come molti atleti moderni, il pancratista Polydama fu tanto famoso per le sue gesta non atletiche quanto per la sua impresa nei giochi. Gli autori antichi tendono a paragonare le sue imprese a quelle del leggendario eroe greco Eracle. Una volta Polidama uccise un leone a mani nude sul monte Olimpo per imitare Eracle, che aveva ucciso il leone di Nemea. Pausania aggiunge che Polidama “...andò in mezzo ad una mandria di bestie, afferrò il toro più grosso e selvatico per una delle zampe posteriori, tenendo fermo lo zoccolo nonostante i salti e gli sforzi del toro, finchè alla fine quello tirò fuori tutta la sua forza e scappò, lasciando lo zoccolo nella presa di Polydama.” Un’altra volta Polidama fermò un carro in corsa e gli impedì di proseguire. Queste imprese giunsero alle orecchie dei Persiani, e il re Dario mandò a chiamare Polidama. Là l’atleta sfidò tre Persiani, chiamati “gli immortali”, a combattere contro di lui, tre contro uno, e li vinse. Alla fine tuttavia la forza di Polidama non lo preservò dalla morte. Un’estate Polidama e i suoi amici stavano riposando in una cava, quando il soffitto cominciò a franare su di loro. Confidando nella sua forza, Polidama tese le mani verso il soffitto, tentando di sostenerlo, mentre le rocce crollavano su di lui. I suoi amici scapparono e si misero in salvo, ma il pancratista morì. Melankomas of Caria Pugile Vincitore nella 207esima edizione, 49 d.C. Il pugile Melancoma era di Caria, una regione di quella che i Greci chiamavano Asia Minore ed è ora nota come Turchia. Nato da un padre importante, Melancoma fu famoso per l’avvenenza delle sue fattezze fisiche. L’atleta era tanto bello quanto coraggioso. Desiderando dimostrare il suo coraggio, Melancoma scelse l’atletica poiché era considerata onorevole e molto impegnativa. Evidentemente alcuni pensavano che l’allenamento che un soldato poteva sopportare fosse meno duro di quello di un atleta, in particolare di quello di un pugile. Abbastanza sorprendentemente, Melancoma rimase imbattuto durante tutta la sua carriera senza aver mai subìto colpi dagli avversari, né averli colpiti lui stesso. Infatti il suo stile consisteva nel difendersi dai colpi dell’avversario e nell’evitare di colpirlo. Invariabilmente l’avversario ne usciva frustrato e perdeva la calma. Egli poteva combattere per tutto il giorno, anche d’estate, e si rifiutava di colpire l’avversario anche quando sapeva che, facendolo, avrebbe finito prima l’incontro e si sarebbe assicurato una facile vittoria. Non c’è dubbio che il suo successo fu dovuto in gran parte al suo rigoroso allenamento. Melancoma continuò a praticare la boxe più a lungo degli altri atleti. Una storia racconta che il pugile andò in giro per due giorni con le braccia alzate, senza abbassarle nè riposarsi neppure una volta. Sfortunatamente Melankoma morì giovane. Il pugile, steso sul suo letto funebre, chiedeva sempre ad un amico quanti giorni di gare erano rimasti. Non sarebbe vissuto per gareggiare ancora, ma il suo nome sopravvisse grazie alla sua eccezionale abilità pugilistica. 9 Informazioni ricavate dalle domande più frequenti che riguardano le Olimpiadi. 1. Qual è l’origine delle Olimpiadi? Esistono parecchie storie sull’origine delle Olimpiadi. Un mito racconta che Zeus stesso inventò i Giochi per celebrare la sua vittoria sul padre Crono per il controllo del mondo. Un altro racconta che furono istituiti dall’eroe greco Pelope dopo aver vinto una corsa coi carri contro il re Onomeo per sposare sua figlia Ippodamia. Fino dalle origini della cultura greca antica i giochi sportivi furono una parte importante delle feste religiose. Achille nell’Iliade organizza dei giochi all’interno delle cerimonie funebri del suo migliore amico Patroclo: essi comprendevano una corsa coi carri, una corsa a piedi, il lancio del disco, la boxe e la lotta. La corsa a piedi fu l’unica gara nelle prime 13 Olimpiadi; poi furono aggiunte delle corse su distanze diverse e altre gare. Il pentathlon e il wrestling furono introdotti a partire dalla 18esima Olimpiade. 2. Perché le Olimpiadi si svolgevano ad Olimpia? Olimpia era uno dei centri religiosi più antichi della Grecia. Poiché lo sport era uno dei modi per onorare gli dei, era logico che un evento sportivo ricorrente si tenesse dove sorgeva uno dei templi maggiori. Inoltre Olimpia era comoda da raggiungere via mare. Per consentire agli atleti di viaggiare in sicurezza, veniva dichiarata una tregua internazionale un mese prima dell’evento. I giudici avevano il potere di multare le città e di escludere dalle gare gli atleti che non avessero rispettato tale tregua. Una volta gli Spartani invasero l’Elide dopo la dichiarazione della tregua. Gli Eleni comminarono loro una multa in base al numero di soldati ed esclusero dalla competizione tutti gli atleti spartani. 3. C’erano altri Giochi oltre alle Olimpiadi? C’erano altri Giochi che si tenevano ogni 2 o 4 anni: i Giochi Istmici a Corinto, i Giochi Pitici a Delfi e i Giochi Nemei a Nemea. Ma quelli Olimpici, nati 200 anni prima, rimasero sempre i più famosi del mondo greco antico. Molti atleti partecipavano a vari giochi: lo sappiamo dalle iscrizioni sulle statue della vittoria di Olimpia che accennano ai vari successi degli atleti. La descrizione di Olimpia scritta da Pausania include un elenco delle statue più famose e un sommario delle loro iscrizioni. 4. Chi poteva gareggiare alle Olimpiadi? Potevano gareggiare tutti i Greci nati liberi. C’erano categorie separate per i giovani e gli adulti. Le donne erano escluse dalle gare, però potevano “partecipare” agli sport equestri come proprietarie dei cavalli e quindi ricevere il premio in caso di vittoria. Da Pausania sappiamo che il vincitore della prima corsa con le bighe fu una donna macedone. 5. E le donne? Le donne non potevano competere direttamente; quelle sposate non potevano nemmeno assistere alle Olimpiadi (rischiavano la pena di morte!), invece quelle nubili sì. Pausania racconta la storia di una donna che, per assistere alla gara del figlio, si travestì da uomo, facendosi passare per un istruttore: ma quando gioì per la sua vittoria, venne scoperta. Tuttavia non fu punita, per rispetto verso suo padre, i suoi fratelli e suo figlio, che aveva vinto. Ma da allora fu stabilito che gli istruttori, prima di entrare, si dovessero denudare. Esistevano comunque delle gare femminili, sempre solo per le donne nubili: la più famosa era una corsa a piedi in onore della dea Era che si svolgeva nello stadio olimpico. C’erano tre corse separate per bambine, adolescenti e adulte. La distanza da percorrere era più breve di quella maschile (5/6 dello stadio, circa 160 metri, anziché l’intera lunghezza di 192 metri). Le vincitrici ricevevano la corona di ulivo proprio come alle Olimpiadi. 6. Come si allenavano gli atleti? Lo sport faceva parte dell’educazione generale perché si pensava che lo sviluppo del corpo fosse importante quanto quello della mente, per una buona salute globale. Inoltre l’esercizio fisico era indispensabile per una società in cui gli uomini erano tenuti a fare il servizio militare. Perciò i giovani greci frequentavano la palestra sia che fossero atleti dei Giochi sia che non lo fossero. La 10 palestra (= scuola di wrestling) era uno dei luoghi d’incontro più popolari tra gli uomini. I giovani si allenavano con gli istruttori, che avevano dei lunghi bastoni per correggere le posizioni sbagliate del corpo e altri errori; inoltre si faceva attenzione a bilanciare l’esercizio fisico con una dieta corretta. Spesso gli esercizi venivano eseguiti al suono del flauto, perché si dava importanza anche all’armoniosità dei movimenti. Dopo l’allenamento si massaggiavano il corpo con olio e poi si ripulivano con uno speciale strumento chiamato strigilo (vedi fig). Coloro che gareggiavano alle Olimpiadi, dovevano arrivare un mese prima dell’inizio, proprio come gli atleti di oggi che risiedono nel Villaggio Olimpico. 7. Che premi si vincevano alle Olimpiadi? Il vincitore riceveva una corona di foglie di ulivo e gli veniva eretta una statua a Olimpia. Anche se non riceveva del denaro, il vincitore veniva trattato dalla sua città come una celebrità, perché aveva contribuito ad aumentare la fama e la reputazione della comunità. Spesso veniva ricompensato con dei benefici, come pasti gratis, posto riservato a teatro o in altre manifestazioni pubbliche. Una città costruì persino una palestra privata dove il suo campione di wrestling potesse allenarsi. Quando un vincitore olimpico di Crotone partecipò nuovamente ai Giochi come nativo di Siracusa (per ingraziarsi il governatore di Siracusa) e vinse, gli abitanti di Crotone si arrabbiarono così tanto, per essere stati “derubati” dell’onore delle sue vittorie, che abbatterono la statua che gli avevano costruito e trasformarono la sua casa in una prigione. 8. Chi erano i giudici alle Olimpiadi? A differenza delle Olimpiadi moderne, i giudici non provenivano da tutta la Grecia, ma solo dall’Elide, regione in cui sorge Olimpia. Il numero di giudici salì a 10 quando vennero inserite più gare nel programma. Anche se i giudici erano tutti del posto, gli atleti eleni potevano ugualmente partecipare. Gli Eleni avevano una tale fama di onestà che un imbroglio da parte loro sarebbe stato uno shock per gli altri Greci. 9. Come venivano puniti gli imbrogli? Chiunque violasse le regole era multato dai giudici e il denaro veniva usato per costruire statue a Zeus, il patrono dei Giochi. Un imbroglio era corrompere col denaro; oppure evitare gli allenamenti, a Olimpia, che precedevano i Giochi. Un atleta si giustificò per non essere arrivato in tempo dicendo che la sua nave era stata trattenuta da venti contrari, ma più tardi si scoprì che aveva trascorso quel periodo spostandosi per la Grecia e vincendo premi in denaro in varie competizioni. Un altro atleta, spaventato all’idea di affrontare i suoi avversari, abbandonò i Giochi il giorno prima della sua gara e venne multato per codardia. 10. Qual è l’origine della maratona? La maratona non fu mai corsa nelle Olimpiadi antiche, anche se le sue origini risalgono ad un episodio della storia dell’antica Grecia. Nel 5° secolo a.C. i Persiani invasero la Grecia, approdando a Maratona, una piccola cittadina a circa 26 miglia da Atene. L’esercito ateniese era numericamente inferiore all’armata persiana, così gli Ateniesi chiesero aiuto a tutte le città della Grecia. La tradizione fa derivare l’origine della maratona dalla corsa che un messaggero, Fidippide, fece da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria dei Greci; dopodichè, sfinito dallo sforzo, cadde a terra e morì. In realtà, Fidippide fu inviato a Sparta per chiedere aiuto; un altro uomo, un certo Eucle, portò la notizia ad Atene e morì. Fonti successive confusero la storia di Fidippide, anche chiamato 11 Filippide, con quella di Eucle. Anche se molti autori non la confermano, questa leggenda si è conservata e su di essa si basa l’attuale maratona, che è lunga circa 26 miglia e dura oltre 2 ore. 12