L’ATTIVITÀ SOCIALE DELLA CHIESA E LA LITURGIA P. István Ivancso 1. La triplice attività della Chiesa: la liturgia, la martyria e la diakonia si ricollegano con un intimo rapporto. La liturgia contiene i primi due fattori, infatti, quando la Chiesa celebra la liturgia, sempre dà testimonianza di Gesù Cristo, del Risorto, e nello stesso tempo si associa al Suo servizio di Sommo sacerdote. Questo servizio non è altro che la glorificazione di Dio e la santificazione dell’uomo. La Chiesa la ricapitola in Gesù Cristo il Capo, e questo si rivela specialmente nella celebrazione della liturgia, di cui celebrante principale è sempre Lui, sia della liturgia eucaristica, che di qualsiasi altra ufficiatura, che è ufficiale celebrazione della Chiesa. La Chiesa nel nome del Cristo vivente, nella sua deputazione svolge il suo servizio, la triplice attività. Nella diakonia che è, dunque, inseparabile dalla liturgia, si rivela in modo più importante l’attività sociale della Chiesa. Non basta che predichi il vangelo, ma deve lavorare per l’aiuto del prossimo e per lo svolgimento della sorte del mondo (cfr. Mt 7,21). Ma il risultato è più grande e più sicuro si effettua, se la diakonia e la martyria si ricollegano alla preghiera della Chiesa, alla liturgia. I. La liturgia è glorificazione di Dio e santificazione dell’uomo 2. Il mondo rispecchia la gloria di Dio (cfr. Ps 19,1; Rm 1,19-20). La Chiesa, quando celebra la liturgia, glorifica l’Iddio. Dalla glorificazione di Dio, nello stesso tempo però, scaturisce anche la santificazione dell’uomo. Infatti, la liturgia della Chiesa costituisce il grado più elevato del legame con Dio, la vera koinonia, quando ne trabocca la divina grazia. 3. Si può glorificare Dio in molti diversi modi. Rimanendo però nel seno della Chiesa, pensando puramente soltanto la comune glorificazione di Dio, ora prendiamo in considerazione soltanto due aspetti. L’uno: la liturgia scritta con minuscola, è che contiene i sacri uffici, le celebrazioni dei sacramenti e delle sacramentalie. Questo può avere molte e diverse forme. L’atro: la Liturgia scritta con maiuscola, cioè la liturgia eucaristica, che significa la cima e sorgente della vita della Chiesa e dell’uomo (SC 10). Dalle ambedue delle glorificazioni di Dio scaturisce la santificazione dell’uomo, anche se non nello stesso modo. Infatti, la prima regala all’uomo grazia efficace, l’altra invece gli dà la grazia santificante. 4. L’uomo, nella liturgia, può vivere il suo legame con Dio. Con Dio che gli regalò il mondo creato. Quando Egli glielo ha regalato, nello stesso tempo gli ha affidato un compito: curare e coltivare il mondo (cfr. Gen 1,28), e non distruggerlo e sfruttarlo. Così, l’uomo deve lavorare anche per il bene del suo prossimo. Con questa attività aumenta la gloria di Dio nel mondo, e nello stesso tempo ne rifluisce la santificazione. 5. Dio è il padrone della creatura chi ne ha cura. L’ha regalato in commissione all’uomo, che può essere buon proprietario del mondo, ma può essere anche cattivo proprietario. Ma, in ultima analisi, il padrone principale è Dio, e questo sicuro fatto significa la speranza all’uomo per la formazione della sorte del mondo e dell’umanità: andrà in compimento l’arrivo del nuovo mondo (cfr. Ap 21,5), dove tutti gli uomini e tutte le cose partecipano alla liturgia celeste, perfetta (cfr. Ap 21,24-27). II. La filantropia di Dio nella Liturgia 6. È sorprendente quanto spesso, quasi continuamente, incontriamo nei testi della liturgia il tema della filantropia di Dio, cioè di Dio amico degli uomini. Nello stesso tempo almeno in questa misura è sorprendente che nella Sacra Scrittura, il termine filantropia è presente soltanto quattro volte. Nei tre brani veterotestamentari – naturalmente – non si può 1 esigere che il testo parli della filantropia di Dio. Qui si presenta il termine filantropia piuttosto sotto l’aspetto umano, ossia inteso come compassione. Nel Nuovo Testamento – anche se in un solo caso – il termine filantropia, riferisce il concetto a Dio: “Si sono manifestati la bontà di Dio, Salvatore nostro e il suo amore per gli uomini (filantropia)” (Tit 3,4). E proprio per salvarci tramite il battesimo. Non è per caso che la Chiesa bizantina fa leggere questo passo della lettera di Tito proprio nella festa del battesimo del Signore come lettura nella divina Liturgia. Cioè: nella festa che pone al centro “il lavacro della rinascita” e che porta anche il titolo di Epifania (manifestazione del Signore) o Teofania (manifestazione di Dio). È chiaro che la filantropia di Dio apparve “per noi uomini e per la nostra salvezza”. Così dunque mette davanti agli occhi il mistero pasquale di Gesù Cristo che si è incarnato, è vissuto sulla terra, ha patito, è morto ed è risorto affinché ci coinvolga nella sua vita passata per la resurrezione, e la glorificazione. Tutto ciò perché Dio “ha tanto amato il mondo di dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16), ed il Figlio ha accettato e ha portato a fine la sua missione, glorificando il Padre (Gv 17,4) e salvando l’uomo. 7. Per questo motivo la Chiesa non smette di lodare Dio come filantropo e cantare la sua filantropia. Nel testo stesso della divina Liturgia (di San Giovanni Crisostomo) troviamo 12 volte il nostro concetto. La Chiesa, attraverso le sue preghiere liturgiche, vuole insistere che l’uomo non soltanto glorifichi Dio per la sua filantropia, ma, seguendo l’insegnamento del vangelo, anche viva la sua fede, che significa nello stesso tempo anche l’attività sociale della Chiesa. Cioè, la Chiesa prega affinché l’accettazione del verbo di Dio sia feconda in modo più possibile per i fedeli: “Signore, filantropos, fa risplendere nei nostri cuori la pura luce della tua divina conoscenza, e apri gli occhi della nostra mente all’intelligenza dei tuoi insegnamenti evangelici” (67). La preghiera liturgia della Chiesa dà un altro aiuto all’uomo, quando chiede che Cristo guarisca la debolezza umana con la sua filantropia, Egli che gli presenta l’esempio più grande, con il suo sacrificio: “Per l’ineffabile e immensa tua filantropia, ti sei fatto uomo senza alcun mutamento e sei stato costituito nostro sommo sacerdote… Tu infatti, o Cristo Dio nostro, sei l’offerente e l’offerto, sei colui che riceve i doni e che in dono ti dai, e noi ti rendiamo gloria” (83). La preghiera liturgica della Chiesa prega anche la Santissima Trinità di essere aiuto all’uomo nel vivere la carità verso il prossimo: “Per la grazia, la misericordia e la filantropia dell’unigenito tuo Figlio, con il quale sei benedetto insieme con il santissimo, buono e vivificante tuo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli” (125). La Chiesa regala l’aiuto più grande all’uomo con il sacramento della carità, con l’Eucaristia, affinché potesse compiere la sua missione nel mondo. Così, rafforzandosi con il Corpo e Sangue di Cristo, l’uomo sarà capace vivere la carità verso gli altri. E ne riguarda la benedizione finale della liturgia: “La benedizione e la misericordia del Signore scendano su di voi con la sua grazia e la sua filantropia in ogni tempo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli” (147). I fedeli, accettando questa benedizione possono essere partecipi anche della filantropia della Santissima Trinità, e non soltanto in momento liturgico stesso, ma anche per tutta la vita. La Chiesa insegna i suoi membri con saggezza nella preghiera liturgia, di chiedere la retta vita e l’illuminazione spirituale da Dio filantropos: “Ci prostriamo dinanzi a te e ti preghiamo, filantropos… affinché tu… dona… anche a quelli che pregano con noi il progresso nella vita, nella fede e nell’intelligenza spirituale” (81). Se l’uomo compie questo, rivive anche lui stesso la carità fraterna, cioè la filantropia, e così si associa all’attività sociale della Chiesa. 8. Dio rivela la sua filantropia nella storia, e la si può sperimentare e vivere specialmente durante la celebrazione liturgica della Chiesa. Però, a questa filantropia di Dio si deve rispondere. E l’uomo, nella liturgia, può fare proprio questo. Dio è colui che sempre sorpassa, con il suo amore, l’uomo. Da Lui si riceve ogni dono e regalo: “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre” (Giac 1,17). La via della preghiera – e 2 soprattutto quella liturgica – secondo l’insegnamento patristico è chiara. La preghiera si dirige “verso al Padre, tramite il Figlio, nello Spirito”. Il dono di Dio invece – che precede anche la richiesta dell’uomo – trapassa la stessa via, ma in modo rovesciato: “dal Padre, tramite il Figlio, nello Spirito”. E in che cosa consiste la risposta dell’uomo alla filantropia di Dio? Non è altro che rappresentare nel mondo il Suo amore, la filantropia, anche da parte sua. È la via dell’attività sociale, per cui l’uomo possa prendere forza dalla preghiera liturgica. III. La Liturgia eucaristica 9. La liturgia eucaristica è il “sacramento della carità”. Contiene il sacrificio redentore di Gesù Cristo scaturito dalla carità, e nello stesso tempo significa anche il centro del servizio del prossimo dell’uomo. La Chiesa rappresenta proprio questo fatto nella sua liturgia. I membri della Chiesa formano un solo corpo in Gesù Cristo, e i membri più deboli, da qualsiasi motivo, hanno bisogno di cura dei più forti membri. 10. La liturgia eucaristica contiene la totalità dell’economia della salvezza, e la rappresenta. La Chiesa fa memoria del tutto che Gesù Cristo ha compiuto “per noi, uomini, e per la nostra salvezza” (Credo). La liturgia bizantina lo esprime in modo seguente: “Memori dunque di questo precetto del Salvatore e di tutto ciò che è stato compiuto per noi: della croce, della sepoltura, della resurrezione al terzo giorno, dell’ascensione ai cieli, della sua presenza alla destra del Padre, della seconda e gloriosa venuta” (107). E in un altro luogo: “Tu dal nulla ci hai tratti all’esistenza e, caduti, ci hai rialzati; e nulla hai tralasciato di fare fino a ricondurci al cielo e a donarci il frutto del tuo regno” (103). Dunque, nella liturgia eucaristica si presenta la totalità dell’economia della salvezza (oikonomia) che dà all’uomo buona speranza. Infatti, Gesù Cristo ha offerto la sua vita al Padre per la vita e salvezza del tutto il mondo, perché “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16), che significa che Egli ha amato non soltanto l’uomo, ma tutto il mondo, e voleva salvare tutto il mondo stesso. Egli vuole restaurarlo già qui, sulla terra, nell’edificare del Regno di Dio presente in mezzo a noi (cfr. Lc 17,21), e allo stesso modo anche nella liturgia celeste (Ap 21,24). 11. Anche la cura agli uomini è presente nella liturgia eucaristica. Oltre la infinita glorificazione di Dio proprio questo significa l’altro asse della liturgia. La liturgia della Chiesa bizantina lo esprime in modo seguente: “Ricordati, o Signore, dei naviganti, dei viandanti, dei malati, dei sofferenti, dei prigionieri e della loro salvezza. Ricordati, Signore, di coloro che presentano offerte e si adoperano per il bene delle tue sante Chiese e di quanti si ricordano dei poveri, e largisci su noi tutti la tua misericordia” (117). 12. Prima della santa comunione nella liturgia si presenta la premura filantropica di Gesù, in una preghiera del sacerdote: “Tu dunque, o Signore, per il bene di noi tutti appiana il cammino di nostra vita secondo la necessità di ciascuno: naviga con i naviganti, accompagna i viandanti, risana i malati, tu medico delle anime e dei corpi nostri” (125). Egli vuole guidare l’uomo al suo scopo principale: alla theosis, alla deificazione; cioè in uno stato, in cui non esiste nessuna malattia, povertà, ingiustizia sociale. IV. La responsabilità dell’uomo verso gli altri, espressa nella liturgia 13. La comunione dell’Eucaristia è con-passione con il Patente, con-crocifissione con il Crocifisso, con-sepoltura con il Sepolto e con-risurrezione con il Risorto. La liturgia è consapevole che soltanto da Dio si può attenere tutta la guarigione, tutta la consolazione, tutta la soppressione o mitigamento delle necessità e miserie, siano dei guai spirituali o corporali. Soltanto per Gesù Cristo diviene questo possibile, chi Egli stesso ha vinto le necessità, la miseria e la morte. La Chiesa vuole dare questa consolazione e questa speranza alla comunità 3 dei fedeli – quando celebra la Liturgia eucaristica in fondo all’istituzione divina – e soprattutto a coloro che soffrono in bisogno. Così qui si rivela anche il legame tra la liturgia, la comunione in carità e le azioni di carità. L’Eucaristia, il sacramento dell’unità con Dio, influisce sul comportamento dei fedeli verso gli uni gli altri, e riceve un carattere sociale nella preghiera per gli uni gli altri, e innanzitutto nelle preghiere per coloro che si trovano in situazione bisognosa. La conseguenza di tale implorazione è l’attività pratica in favore per i malati, poveri, perseguitati, oppressi, e in favore di tutti che si trovano in situazione bisognosa. 14. La diakonia non può essere un fattore individuale: non è un’istituzione che svolge una veloce cura sintomatica, nemmeno un profano lavoro sociale vinto dallo spirito del secolo. La cura degli bisognosi piuttosto è una delle note caratteristiche dell’opera redentrice di Cristo. La caritas della comunità è la continuazione della Sua attività per i bisognosi, naturalmente con mezzi umani e tra le circostanze e possibilità del mondo. La caritas di Cristo è un modello, un indicatore e una misura per il nostro affettuoso, misericordioso e sacro servizio verso gli altri, attraverso il quale però, si deve far vedere anche la sorveglianza di Dio verso tutti i bisognosi. 15. In questo senso il servizio caritativo è un servizio sacramentale. Infatti, qualsiasi distaccamento dai sacri uffici e dal servizio degli uomini, conduce ad un tragico danneggiamento del servizio sociale, come ad una ufficiatura unilaterale. Infatti, tutta la liturgia si muove in uno spazio vuoto, unamichevole, se perde il suo indirizzarsi agli uomini; ma le opere della carità agli altri senza l’Eucaristia mancano l’indirizzarsi spirituale; divengono attività sociale fatte per se stesso. L’attività sociale diviene caritas soltanto tramite il suo legame con la liturgia, e la comunità degli uomini così diviene comunità cristiana. La celebrazione del dono di Dio regalato agli uomini significa la sorgente per il dono dell’uomo dato a Dio. E lo stesso vale, quando l’uomo regala se stesso a Dio. Proprio qui si distinguono i cristiani con loro altruismo, compiacenza, bontà, premura, attività spontanea, umiltà e carità. Per questo motivo si inizia il canone (o anafora) della Liturgia in modo seguente: “Amiamoci gli uni gli, affinché in unità di spirito, professiamo la nostra fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo: Trinità consustanziale e indivisibile”. V. Speranza 16. Dio regalò tutta la creatura all’uomo, affinché egli ne facesse cura, la sorvegliasse e coltivasse. Piantò anche nel cuore dell’uomo la carità degli altri, la quale è stata rafforzata da Gesù Cristo attraverso il comandamento della carità. Quando divenne necessario per la colpa dell’uomo, Gesù Cristo ha compiuto l’economia della salvezza. Regalò la sua vita per tutti gli uomini, anzi, per tutto il mondo, offrendola al Padre celeste, affinché procurasse loro la salvezza, e unificasse in un’unità coloro che si associano a Lui. La liturgia eucaristica celebra questo fatto, quando rappresenta il sacrificio redentore di Gesù Cristo, dal quale possono tutti prendere forza, per poter curare e prestare agli altri, perché con quest’attività anche glorificano Dio. 17. Il cristiano può rallegrarsi in comunità del compimento della salvezza, dell’economia di Dio, e della sua rappresentazione nella liturgia, infatti Gesù Cristo ha già slavato il mondo intero: “O Cristo Dio nostro, tu che… hai compiuto tutta la missione ricevuta dal Padre, riempi di gioia e di felicità i nostri cuori, ora e sempre, e nei secoli dei secoli” (146-147). Ma non si deve nemmeno dimenticare che l’uomo ha un compito nel mondo: continuando il servizio di Cristo, essere nel servizio degli altri. 4