La felicit sostenibile - sintesi incontro Maurizio Pallante a Bu

LA FELICITA’ SOSTENIBILE – Maurizio Pallante, Bure, 29 aprile 2010
“Ci hanno fatto credere che la crescita economica avrebbe portato ricchezza e felicità per tutti, ma la qualità
della vita e la felicità non dipendono dal PIL (Prodotto Interno Lordo). Il PIL misura la produzione e il
consumo di merci, che non sono beni. Se vai in automobile da casa al lavoro consumi carburante. Quindi fai
crescere il PIL. Se lungo il tragitto trovi code e intasamenti, ci metti più tempo, ti stressi ma consumi più
carburante, quindi fai crescere di più il PIL. Se credi che il PIL misuri il benessere non puoi arrabbiarti. Devi
essere contento e sorridere, perché stai contribuendo ad accrescere il benessere collettivo e quindi anche il
tuo. Se ti capita un incidente, il costo di riparazione dell’auto lo farà crescere ancora di più. E se ti portano in
ospedale, rallegrati, perché i costi del ricovero e delle cure comportano un’ulteriore impennata del PIL”. E’
stato questo l’ironico esordio di Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, in
occasione della presentazione del suo libro “La felicità sostenibile”, organizzata lo scorso 29 aprile dal
circolo Noi nell’affollatissimo teatro di Bure. “La ricchezza di un Paese – ha spiegato l’autore - non si può
misurare con il PIL, che è un indicatore monetario e misura solo le merci e i servizi scambiati con denaro.
Siamo convinti che, al contrario, la ricchezza di un Paese consista nei beni che vengono prodotti e nei servizi
che vengono forniti. Spesso si confonde il concetto di merce con quello di bene, che il PIL non misura.
Quindi dovremmo uscire dalla logica del PIL e rincorrere una decrescita felice. Dove per decrescita si
intende una riduzione volontaria della produzione di alcuni tipi di merci inutili e/o dannose”. La decrescita
felice presuppone una valutazione qualitativa di ciò che si ritiene utile produrre, di quanto si ritiene utile
produrre e di come lo si produce. Invece l’economia fondata sulla crescita del PIL capovolge il rapporto tra
produzione e consumo: non si produce per rispondere ad un bisogno, ma si deve consumare per poter
continuare a produrre e vendere merci il cui consumo viene stimolato attraverso la pubblicità. Si produce per
vendere e ottenere il reddito necessario a consumare. Oggi l’offerta di merci supera di gran lunga la
domanda, da qui la necessità di continui incentivi al consumo. Ma, se l’offerta supera la domanda, vuol dire
che produciamo molte cose che non servono. “La pubblicità attua quel processo che Pasolini definì una
mutazione antropologica, fondata su uno stato di insoddisfazione permanente, di competizione esasperata, di
nevrosi generalizzata. La crescita del PIL comporta il dominio delle cose sugli esseri umani. Al contrario, se
noi popoli ricchi ci accontentassimo di consumare un po’ meno, saremmo meno nevrotici e ne
guadagneremmo in salute, l’inquinamento si ridurrebbe e ci sarebbero più risorse per i popoli poveri”. E
allora? Dobbiamo decrescere per vivere meglio e per uscire dalla crisi: “La decrescita del PIL come libera
scelta può essere ottenuta agendo su tre fattori che hanno pari importanza e quindi vanno perseguiti
contestualmente: sviluppo delle tecnologie della decrescita, ossia di innovazioni tecnologiche finalizzate a
ridurre progressivamente il consumo di risorse, l’inquinamento ambientale e la produzione di rifiuti; la
diffusione di nuovi stili di vita fondati sulla ricerca del benessere e non del tanto avere; una politica
economica e una politica amministrativa che favoriscano l’adozione delle tecnologie della decrescita e di
questi nuovi stili di vita. Un esempio? Chi cura un orto e autoproduce frutta e verdura. Quella persona
mangerà in modo più sano, eviterà lunghe code per arrivare all’ipermercato, risparmierà, non inquinerà. Ci
guadagnerà in salute. Contribuirà alla decrescita del PIL. Infatti, saltando l’intermediazione monetaria, i beni
autoprodotti non possono essere contabilizzati nel Prodotto Interno Lordo e quindi non lo faranno crescere”.
Ma quanti sacrifici richiede questa inversione di rotta? “La decrescita del PIL non richiede rinunce e
migliora la qualità della vita. Offre un benessere non altrimenti ottenibile. Non è questione di sobrietà o di
moderazione, è semplicemente questione di intelligenza e buon senso. Che senso ha costruire case come le
nostre che consumano mediamente 20 litri di gasolio per metro quadrato per anno, quando in Alto Adige
una legge regionale vieta la costruzione di case che ne consumano più di 7? La tecnologia attuale permette
addirittura di costruire case che consumano solo 1,5 litri di gasolio per metro quadrato per anno! Le nostre
case sono come dei secchi bucati, per scaldarle non serve mettere dentro più acqua ma bisogna prima
chiudere i buchi, cioè migliorare l’efficienza energetica. Una casa che consuma meno fa decrescere il PIL.
Ma io risparmio denaro, immetto meno CO2 nell’atmosfera e sono più felice perché la bolletta è più
leggera”. Ma se produciamo meno, rischiamo di perdere posti di lavoro? “Le tecnologie della decrescita
permettono di creare molti nuovi posti di lavoro di qualità e, inoltre, ridanno un senso al lavoro, perché non
lo indirizzano a produrre quantità sempre maggiori di merci da buttare sempre più in fretta per produrne
altre senza preoccuparsi della loro utilità e/o dei danni che creano, ma a produrre con un sempre minore
impatto ambientale merci con una utilità specifica. A produrre merci che siano beni per chi le utilizza e che
non siano un male per la Terra. Riducendo il consumo di merci che non sono beni, il denaro risparmiato può
essere utilizzato per pagare stipendi e profitti di chi produce, commercializza, installa, gestisce e fa
manutenzione delle tecnologie che riducono il consumo di merci che non sono beni. Le tecnologie della
decrescita sono quindi in grado di ri-avviare un circolo virtuoso dell’economia, oltre ad avere conseguenze
positive sugli ambienti e sulla vita degli esseri umani. E’ una pericolosa illusione ipotizzare che si possa
uscire dalla recessione continuando a fare quello che si è sempre fatto”. A questo punto Pallante non ha
mancato di fare un accenno anche alle problematiche locali: ”Qui a Verona sento parlare di trafori,
autodromi, inceneritori e cementifici che potrebbero diventare co-inceneritori. Si ipotizza addirittura di
costruire una centrale nucleare in Veneto. Ma il risparmio energetico e le fonti rinnovabili possono garantirci
tutta l’energia che ci serve! E’ sconsolante, girando per l’Italia sento sempre le stesse cose, le stesse ricette
figlie della vecchia logica del PIL. Non c’è fantasia, occorre aprire una fase nuova, esplorare una nuova
frontiera e fare scelte economiche realmente capaci di futuro. La scelta della decrescita non può arrivare
dall’alto, dalla politica (destra e sinistra sono entrambe accomunate dal pensiero unico della crescita) ma
deve necessariamente partire dal basso, dalla società civile”. Tra i consigli per spendere meno e vivere
meglio, Pallante suggerisce di ridurre i rifiuti, i consumi di energia, l’uso dell’automobile, il consumo del
territorio. Non costruire nuove case ma ristrutturare tutte quelle che esistono secondo criteri di efficienza
energetica. Il paradigma del futuro, se vogliamo avere un futuro per noi e i nostri figli, dovrà essere “meno e
meglio”. La società della decrescita sarà una società in cui tutti saranno più “ricchi” e più felici.
Il circolo locale MDF di Verona
www.decrescitafelice.it