Cassazione Civile Sez.I, sentenza n.4397 del 28/02/2006. Impugnazione per nullità del lodo arbitrale. E’ principio consolidato che non può essere contestata a mezzo della impugnazione per nullità del lodo arbitrale la valutazione dei fatti dedotti e delle prove acquisite nel corso del procedimento arbitrale, in quanto tale valutazione è negozialmente rimessa alla competenza isitituzionale degli arbitri (Cass. Sez I, 20.3.2003, n.4078). E’ conseguentemente inammissibile l’impugnazione del lodo senza l’indicazione di alcuna violazione di legge rientrante nei parametri dell’art.829 c.p.c., comma 2, così come l’interpretazione degli arbitri in ordine al contenuto di una clausola contrattuale può essere contestata con l’impugnazione di nullità del lodo solo in relazione alla violazione di regole di diritto e non anche tramite la mera deduzione di erroneità ovvero la prospettazione di una interpretazione diversa, senza la specifica indicazione dei criteri ermeneutici non osservati dagli arbitri (Cass. Sez.I, 27.3.1997, n.2720). L’indicazione, altresì, tra i motivi d’impugnazione del lodo di presunti errori di calcolo, ad esempio nella liquidazione del danno, è inammissibile se non si tratta di veri e propri errori di calcolo, ma di un vero e proprio giudizio compiuto dagli arbitri sulla base di elementi di fatto ritualmente acquisiti. In materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive ai sensi dell’art. 1455 cod.civ., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.