Uno studio Di Sonia Giberna E Crestani Tiziano 2 Introduzione Questa lettera fu scritta da Paolo nel 61 0 62 d. C., quando si trovava in carcere a Roma per la prima volta. In questo stesso periodo scrisse anche ai Colossesi e a Filemone. La chiesa in Filippi. La chiesa a Filippi fu fondata da Paolo durante il suo secondo viaggio missionario, cioè nel periodo dal 51 al 54 d. C., quando era accompagnato da Sila e Timoteo. La nascita della chiesa di Filippi, che segna l’espandersi del Vangelo in Europa, è descritta in Atti 16:6-40. Mentre attraversavano la Frigia e la regione della Galazia, furono impediti dallo Spirito Santo di annunziare la parola in Asia. 7 Giunti ai confini della Misia, essi tentavano di andare in Bitinia, ma lo Spirito non lo permise loro. 8 Così, attraversata la Misia, discesero a Troas. 9 Durante la notte apparve a Paolo una visione. Gli stava davanti un uomo Macedone, che lo supplicava e diceva: "Passa in Macedonia e soccorrici". 10 Dopo che ebbe visto la visione, cercammo subito di passare in Macedonia, persuasi che il Signore ci aveva chiamati là per annunziare loro il vangelo. 11 Perciò, salpando da Troas, ci dirigemmo a Samotracia, e il giorno seguente a Neapolis, 12 e di là a Filippi, che è la prima città di quella parte della Macedonia e una colonia romana; e restammo in quella città diversi giorni. 13 Il giorno di sabato andammo fuori città lungo il fiume, dove era il luogo ordinario della preghiera; e, postici a sedere, parlavamo alle donne che erano là radunate. 14 E una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiatira, che adorava Dio, stava ad ascoltare. E il Signore aprì il suo cuore per dare ascolto alle cose dette da Paolo. 15 Dopo essere stata battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: "Se mi avete giudicata fedele al Signore, entrate e rimanete in casa mia". E ci costrinse ad accettare. 16 Ora, mentre andavamo al luogo della preghiera, ci venne incontro una giovane schiava che aveva uno spirito di divinazione e che, facendo l’indovina, procurava molto guadagno ai suoi padroni. 17 Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava, dicendo: "Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza". 18 Ed essa fece questo per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: "Io ti comando nel nome di Gesù Cristo di uscire da lei". E lo spirito uscì in quell’istante. 19 Ora i padroni di lei, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e Sila e li trascinarono sulla piazza del mercato davanti ai magistrati; 20 e, presentatili ai pretori, dissero: "Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città, 21 e predicano usanze, che a noi che siamo Romani, non è lecito di accettare o di osservare". 22 Allora la folla insorse tutta insieme contro di loro; e i pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero frustati. 23 E, dopo averli battuti con molti colpi, li gettarono in prigione, comandando al carceriere di tenerli al sicuro. 24 Questi, ricevuto un tale ordine, li gettò nella parte più interna della prigione e fissò i loro piedi ai ceppi. 25 Verso la mezzanotte Paolo e Sila pregavano e cantavano inni a Dio; e i prigionieri li udivano. 26 Improvvisamente si fece un gran terremoto tanto che le fondamenta della prigione furono scosse: e in quell’istante tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si sciolsero. 27 Il carceriere, destatosi e viste le porte della prigione spalancate, trasse fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. 28 Ma Paolo gridò ad alta voce: "Non farti alcun male, perché noi siamo tutti qui". 29 E, chiesto un lume, egli corse dentro, e tutto tremante si gettò ai piedi di Paolo e Sila; 30 poi li condusse fuori e disse: "Signori, cosa devo fare per essere salvato?". 31 Ed essi dissero: "Credi nel Signore Gesù Cristo, e sarai salvato tu e la casa tua". 32 Poi essi annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti coloro che erano in casa sua. 33 Ed egli li prese in quella stessa ora della notte e lavò loro le piaghe. E lui e tutti i suoi furono subito battezzati. 34 Condottili quindi in casa sua, apparecchiò loro la tavola e si rallegrava con tutta la sua famiglia di aver creduto in Dio. 35 Fattosi giorno i pretori mandarono i littori a dire al carceriere: "Lascia liberi quegli uomini". 36 E il carceriere riferì a Paolo queste parole: "I pretori hanno mandato a dire che siate lasciati liberi; quindi uscite e andate in pace". 37 Ma Paolo disse loro: "Dopo averci pubblicamente battuti senza essere stati condannati in giudizio, noi che siamo cittadini 3 romani, ci hanno gettati in prigione e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano loro stessi a condurci fuori". 38 I littori riferirono queste parole ai pretori; ed essi, quando udirono che erano cittadini romani, ebbero paura. 39 Or essi vennero e li pregarono di scusarli e, condottili fuori, chiesero loro di lasciare la città. 40 Allora essi, usciti di prigione, entrarono in casa di Lidia e, visti i fratelli, li consolarono; poi partirono. Visto che Paolo non andò in una sinagoga, come era solito fare in tutte le città che visitava, possiamo dedurre che a Filippi non vi era una sinagoga, e questo significava che non vi era il numero minimo di uomini giudei necessari per formarne una, ossia che non ve ne erano dieci. Perciò, la maggior parte degli uomini che Dio salvò in questo luogo non erano giudei. Paolo, allora, avvicinò un gruppo di donne che si riunivano regolarmente per pregare fuori dalla città, sulla riva di un fiume. Indirizzò a loro il proprio messaggio ed una di esse, Lidia, aprì il proprio cuore al Signore. Era una donna benestante proveniente dall’Asia, che li invitò ad essere ospiti in casa sua. La comunità di Filippi amava molto Paolo e lo sosteneva nel suo lavoro per il Signore nelle altre città. La prima volta che inviò soldi fu quando Paolo si trovava a Tessalonica, per aiutarlo nel suo ministerio, ed anche quando si recò a Corinto. Filipp. 4:14-17. Tuttavia avete fatto bene a prendere parte alla mia afflizione. 15 Or sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione dell’evangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di alcuna cosa, per quanto al dare e al ricevere, se non voi soli 16 poiché anche a Tessalonica mi avete mandato, non solo una volta ma due, di che provvedere al mio bisogno. 17 Non già che io ricerchi i doni, ricerco invece il frutto che abbondi a vostro favore. Inviarono anche un sostegno ai credenti in Gerusalemme, i quali si trovavano in bisogno economico: 2 Corinzi 8:1-4. Ora, fratelli, vi facciamo conoscere la grazia di Dio, che è stata data alle chiese della Macedonia, 2 e cioè, che in mezzo a molte prove di afflizione, l’abbondanza della loro gioia e la loro estrema povertà hanno abbondato nelle ricchezze della loro liberalità. 3 Poiché io rendo testimonianza che essi hanno dato volentieri, secondo le loro possibilità e anche al di là dei loro mezzi, 4 pregandoci con molta insistenza di accettare il dono e di partecipare a questa sovvenzione per i santi. La chiesa cercò di sostenere Paolo anche moralmente quando seppe della sua incarcerazione a Roma, occasione in cui gli inviò un regalo tramite Epafròdito. Filipp. 4:18. Adesso ho ricevuto tutto ed abbondo, sono ricolmo, avendo ricevuto da Epafrodito ciò che mi è stato mandato da voi, che è un profumo di odor soave, un sacrificio accettevole, piacevole a Dio. A lui Paolo consegna tale lettera da Roma, nel 62 d.C. Filippesi 2:25-28. Tuttavia ho ritenuto necessario di mandarvi Epafrodito, mio fratello, compagno d’opera e di lotta, vostro apostolo e ministro dei miei bisogni 26 poiché egli desiderava molto vedervi tutti, ed era angosciato perché avevate udito che era stato ammalato. 27 Difatti egli è stato malato e molto vicino alla morte, ma Dio ha avuto pietà di lui, e non solo di lui ma anche di me, perché non avessi tristezza su tristezza. 28 Ve l’ho mandato perciò con tanta premura perché, vedendolo, di nuovo vi possiate rallegrare ed io stesso sia meno contristato. Paolo si recò due volte a Filippi, durante il suo secondo e terzo viaggio (Atti 16:11; Atti 20:1-6). II viaggio. Atti 16:11. Perciò, salpando da Troas, ci dirigemmo a Samotracia, e il giorno seguente a Neapolis, Tale visita avvenne dopo una visione avvenuta a Troas. I primi convertiti furono Lidia e quelli che erano in casa sua. Forse Lidia era una gentile, timorata di Dio. 4 Un’altra conversione avvenne dopo la guarigione di una serva (Atti 16:16-34), che prevedeva il futuro. Anche un carceriere si converte, di fronte alla liberazione di Paolo e Sila dalla prigione. Queste due conversioni sottolineano l’apertura alla salvezza anche verso i gentili. III viaggio. Atti 20:1-6. Dopo che fu cessato il tumulto, Paolo chiamò a sé i discepoli, li abbracciò e partì per andare in Macedonia. 2 E, dopo aver attraversato quelle regioni e aver dato loro molte esortazioni, si recò in Grecia. 3 Dopo aver trascorso colà tre mesi, poiché i Giudei avevano ordito un complotto mentre egli stava salpando per la Siria, decise di far ritorno passando per la Macedonia. 4 Or l’accompagnarono fino in Asia Sopatro di Berea, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio di Derbe e Timoteo, e Tichico e Trofimo, oriundi dell’Asia. 5 Costoro, partiti prima di noi, ci aspettarono a Troas. 6 Ma noi partimmo da Filippi dopo i giorni degli Azzimi e in cinque giorni li raggiungemmo a Troas, dove dimorammo sette giorni. La città di Filippi. Filippi era un’importante città della Macedonia, la cui capitale era Tessalonica, e una colonia romana. Come tale godeva di alcuni privilegi, quali un governo autonomo, l’amministrazione sotto la legge romana e il diritto di cittadinanza. Quest’ultima era molto importante ed ambita dagli uomini, in quanto era la prerogativa di molti privilegi. La storia della città risale a Filippo II di Macedonia, circa nel 360 a.C., il quale le diede il nome e la fortificò. Nel 167 a.C. divenne parte dell’Impero Romano, ma non acquistò importanza se non dopo la battaglia di Anzio del 31 a.C., in cui Ottaviano sconfisse Antonio e Cleopatra. A Filippi si stabilirono alcuni coloni italiani che avevano aiutato Antonio e che erano stati privati delle terre, date ai veterani di Ottaviano. Tra i benefici che derivavano dall’essere colonia romana vi era l’uso della legge, talvolta l’esonero dal pagamento dei tributi e il possesso della cittadinanza. Le tendenze religiose prevalenti a Filippi denotavano l’intolleranza per la moralità e il monoteismo dei giudei, mentre prosperava l’opera degli indovini e la fedeltà all’impero romano. In questa atmosfera corrotta nasce la chiesa cristiana di Filippi, composta prevalentemente da gentili riunitisi in casa di Lidia. Filippi era una piccola Roma. Tanti soldati romani vi vivevano dopo la pensione, come pure tanti cittadini romani. Si parlava il latino e vigeva il culto per l’imperatore. I cittadini di Filippi erano molto fieri di essere cittadini romani. . Luogo di composizione. La lettera ai Filippesi è stata scritta da Roma, nel 61 o 62 d. C., verso la fine della vita di Paolo, mentre egli era in carcere, in attesa di essere giudicato. Infatti, a quel tempo la predicazione del Vangelo costituiva un reato compiuto contro la legge romana, in quanto implicava il fatto di dichiarare Cristo come Signore della propria vita; a quel tempo tale affermazione era considerata sacrilega, in quanto solo l’imperatore era ritenuto una divinità e degno di adorazione. Pertanto, mentre il nemico desiderava schiacciare l’opera di Dio, il Signore si serviva del suo servo più zelante, conducendolo proprio nel cuore dell’impero, affinché la Sua Parola si espandesse con potenza. Infatti al prigioniero vennero concessi gli arresti domiciliari, dei quali si servì per evangelizzare tutti coloro che incontrava. La lettera venne consegnata da Paolo a Epafrodito, un fratello che i Filippesi avevano inviato all’apostolo, quale aiuto e consegnatario di un sostegno in danaro. 5 Una cronologia sulla vita di Paolo. - Paolo incontrò Cristo intorno al 33-36 d. C. Per tre anni visse a Damasco e nel deserto attorno a tale città. Poi andò a Gerusalemme, ma a causa dell’opposizione da parte dei giudei si portò a Tarso, dov’era nato. Barnaba, che lo aveva aiutato a Gerusalemme, lo invitò ad Antiochia, dove restò un anno. - Primo viaggio, con Barnaba: 46-48 d. C. Il viaggio durò 3 anni. - Secondo viaggio, con Sila, dal 51 al 54. Il viaggio dura 3 – 4 anni. - Terzo viaggio, dal 54 al 58. Al termine di questo viaggio venne arrestato a Gerusalemme, e tenuto in carcere a Cesarea per 2 anni. - Nel 60 arrivò a Roma, dove rimase prigioniero per due anni. Il rapporto tra la chiesa in Filippi e Paolo era molto stretto, infatti: - un credente che era a Roma viaggia a Filippi per informare la chiesa che Paolo è in prigione. - I credenti di Filippi raccolgono un’offerta per aiutare Paolo e la inviano per mezzo di Epafrodito. - Questi si ammala gravemente mentre è a Roma. Qualcuno da tale città va a Filippi per informare la chiesa circa tale malattia. - Qualcuno da Filippi va a Roma per trovare Paolo e Epafrodito, poiché la chiesa è preoccupata. - Paolo fa tornare il fratello a casa per tranquillizzarle gli altri. Gli affida una lettera per la chiesa. E’ utile tenere presente tutto questo: Paolo sta scrivendo ad una chiesa dalla quale ha ricevuto amore e cura. Più di qualsiasi altra chiesa, quella di Filippi si era impegnata a provvedere ai bisogni di Paolo. Il rapporto tra loro e lui era molto stretto e positivo. Il messaggio. - La lettera ha inizio con un grande elogio alla comunità, per il fatto che essa ha accolto con grande generosità il vangelo di Cristo, al punto da accettare anche di soffrire una persecuzione a causa di esso. Filippesi 1:29-30. Poiché a voi è stata data la grazia per amore di Cristo, non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, 30 avendo lo stesso combattimento che avete visto in me, e ora udite essere in me. - Non tutto, però, funziona perfettamente, in quanto ci sono liti e discordie che rendono necessario l’invito alla concordia e all’unità. Filippesi 2:2-5. 2 rendete perfetta la mia gioia, avendo uno stesso modo di pensare, uno stesso amore, un solo accordo e una sola mente 3 non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri più di se stesso. 4 Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri. 5 Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesù, Più avanti esorterà Evodia e Sintiche, due donne della comunità, a capirsi tra loro. Filippesi 4:2-3. 2 Esorto Evodia ed esorto ugualmente Sintiche ad avere una sola mente nel Signore. 3 Prego anche te, vero compagno, sovvieni a queste donne, le quali hanno combattuto con me nell’evangelo, insieme con Clemente e gli altri miei compagni d’opera, i cui nomi sono nel libro della vita. - Mette in guardia i Filippesi dai falsi predicatori, i quali cercano di distruggere il lavoro compiuto da Paolo, intaccando la purezza del messaggio evangelico con la proposta della circoncisione e dell’osservanza della legge mosaica. 6 - Incoraggia i cristiani ad aver gioia e fiducia, nonostante le avversità. Tale epistola è stata chiamata “l’epistola della gioia”, in quanto il suo tema chiave è proprio quello di vedere Cristo come nostra gioia e porre in lui la nostra fiducia. 7 Paolo. L’autore di questa lettera, Paolo, prima della sua conversione aveva il nome di “Saulo”, in quanto ebreo. Era uno zelante fariseo, un giudeo che odiava i seguaci di Cristo. Mentre percorreva la via per Damasco, fu salvato da Gesù e mandato a predicare il vangelo tra i gentili, ossia ai non giudei. Acquisì il nome di “Paolo”, in quanto molto più adatto al mondo in cui doveva predicare. Paolo è stato divinamente preparato per il suo ministerio, sia nella sua educazione, nelle scuole che ha frequentato e grazie alle sue capacità. La sua preparazione religiosa. In questo momento noi incontriamo l’apostolo mentre scrive ad una chiesa formata da gentili convertiti a Cristo. Ciò è totalmente contrario a quella che un tempo era la sua mentalità. Infatti, egli era un vero giudeo fra i giudei. Filippesi 3:1-7. Per il resto, fratelli miei, rallegratevi nel Signore; per me certo non è gravoso scrivervi le stesse cose, e per voi è una salvaguardia. 2 Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare. 3 I veri circoncisi infatti siamo noi che serviamo Dio nello Spirito e ci gloriamo in Cristo Gesù senza confidarci nella carne, 4 benché io avessi di che confidare anche nella carne; se qualcuno pensa di avere di che confidare, io ne ho molto di più: 5 sono stato circonciso l’ottavo giorno, sono della nazione d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo di Ebrei quanto alla legge, fariseo, 6 quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile, 7 Ma le cose che mi erano guadagno, le ho ritenute una perdita per Cristo. Cristo ha scelto di salvare un giudeo per eccellenza! Atti 22:1-5. "Fratelli e padri, ascoltate ciò che ora vi dico a mia difesa". 2 Nell’udire che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancor più silenzio. Poi disse: 3 "In verità io sono un Giudeo, nato in Tarso di Cilicia e allevato in questa città ai piedi di Gamaliele, educato nella rigorosa osservanza della legge dei padri, pieno di zelo di Dio, come oggi lo siete voi tutti; 4 io ho perseguitato fino alla morte questa Via, legando e mettendo in prigione uomini e donne, 5 come mi sono testimoni il sommo sacerdote e tutto il sinedrio, degli anziani, dai quali avendo anche ricevuto lettere per i fratelli, mi recavo a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che erano là, perché fossero puniti. E’ stato educato da Gamaliele, il più famoso dottore dei giudei del tempo, per cui ebbe il migliore insegnamento possibile sulla religione giudaica. Nessuno conosceva le tradizioni e la Scrittura come lui, neppure gli altri apostoli. Perciò, quando è stato necessario difendere il vangelo contro gli attacchi dei giudei che cercavano di aggiungere le opere alla grazia per quanto riguarda la salvezza, fu compito di Paolo difendere la fede. Riprese anche Pietro davanti a tutti quando quest’ultimo cominciò a cedere sotto l’influenza dei giudei che erano stati ad Antiochia.(Galati 2). In Colossesi 2 Paolo difende la fede contro i giudei cristiani, perché il loro insegnamento non era veramente da Dio. La sua preparazione culturale. Paolo era molto ben istruito nella cultura greca. Era nato a Tarso di Cilicia, ossia in una delle tre città più erudite e con più cultura greca del mondo, insieme ad Alessandria ed Atene. Più volte cita i poeti e i filosofi greci. Conosceva sicuramente il greco e l’aramaico (Atti 21:37-40). 8 Inoltre era cittadino romano, non per acquisizione ma per nascita. Tale fatto gli fu molto utile durante i suoi anni di ministerio. Il suo vangelo. Nessun uomo ha insegnato a Paolo il vangelo, poiché Cristo stesso gli ha rivelato tutto il Suo piano salvifico. La stessa cosa è accaduta agli altri apostoli e per questo motivo egli è considerato loro pari. Quando Paolo è stato salvato, Dio gli ha donato molteplici doni spirituali, che egli ha utilizzato per il progresso del vangelo; tuttavia l’Eterno si è servito delle capacità e delle esperienze che l’apostolo possedeva fino da prima della conversione. Da ciò comprendiamo che quest’uomo era stato scelto fin dal grembo di sua madre e preparato al servizio che avrebbe svolto anni più tardi. E’ stato Dio a farlo nascere cittadino romano, a provvedere in modo che ricevesse l’educazione giudaica più profonda possibile, e ad operare in modo che avesse anche una cultura greca, poiché essa lo avrebbe reso idoneo a viaggiare in tutto l’impero romano. E’ importante riconoscere che l’opera di Dio ha inizio prima della conversione di una persona e che tutto quello che abbiamo, tutto quello che siamo, è dovuto a Dio. Non possiamo vantarci di nessuna delle nostre capacità. Quindi, ci sono doni spirituali che riceviamo quando siamo salvati, ma abbiamo anche delle capacità pratiche che dobbiamo utilizzare per la gloria di Dio e per il bene della chiesa. Cap. 1 9 Vs. 1-2. Paolo e Timoteo, servi di Gesù Cristo, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi: 2 grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo. e Timoteo: Paolo include Timoteo nel saluto iniziale, però è ovvio che l’autore della lettera è solo Paolo. Tuttavia Timoteo aveva un cuore simile al suo, era totalmente concorde con il contenuto della lettera ed aveva a cuore la chiesa di Filippi. Paolo aveva al suo fianco dei segretari per la composizione delle lettere (forse Timoteo era uno di questi) e comunque aveva tanti collaboratori, dei quali si serviva per promuovere l’opera di Dio. Tanti brani ci fanno capire che egli non era solo e che la sua opera è stata il frutto di una collaborazione. Infatti il Signore si serve di una moltitudine di operai che vogliono darsi da fare senza cercare gloria o riconoscimento, bensì unicamente il progresso dell’opera di Dio. E’ facile notare che Paolo sia stato molto usato da Dio, ma è anche importante comprendere che insieme a lui c’erano tanti altri uomini pronti ad essere mandati ovunque serviva, per promuovere il regno di Dio. Quando ci sono tanti servi, Dio compie molto. Nella maggior parte delle lettere, Paolo inizia i saluti definendosi “apostolo chiamato da Dio” e “servo di Gesù Cristo”, anche se la traduzione corretta per “dulos” è schiavo, più che servo. Nella cultura ebraica, nell’anno del giubileo gli schiavi venivano liberati; tuttavia, se desideravano rimanere al servizio del padrone, ricevevano un anello da apporre all’orecchio e restavano schiavi per tutta la vita. Il termine “dulos” indica proprio lo schiavo che dedica tutta la sua vita al servizio del proprio padrone. Nelle altre lettere si definisce anche “apostolo”, al fine di far capire a coloro che non lo conoscevano di essere un apostolo di Dio, al pari degli altri, e, quindi, di avere una certa autorità. Nella sua forma ebraica, ‘ebed Yahweh, l’espressione viene usata per Mosè e per i profeti. Per Mosè: Esodo 14:31. Israele vide la grande potenza che l’Eterno aveva mostrato contro gli Egiziani, e il popolo temette l’Eterno e credette nell’Eterno e in Mosè suo servo. Numeri 12:7. Ma non così con il mio servo Mosè, che è fedele in tutta la mia casa. Salmi 105:26. Allora egli mandò Mosé, suo servo, e Aaronne che aveva eletto. Per i profeti: Geremia 25:4. L’Eterno vi ha pure mandato tutti i suoi servi, i profeti con urgenza ed insistenza, ma voi non avete ascoltato né prestato l’orecchio per ascoltare. Daniele 9:6-10. 6 Non abbiamo ascoltato i profeti, tuoi servi, che hanno parlato nel tuo nome ai nostri re, ai nostri capi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese. 7 O Signore, a te appartiene la giustizia, ma a noi la confusione della faccia come avviene oggi stesso agli uomini di Giuda, agli abitanti di Gerusalemme e a tutto Israele, a quelli vicini e a quelli lontani, in tutti i paesi in cui li hai dispersi, a motivo delle infedeltà che hanno commesso contro di te. 8 O Signore, a noi la confusione della faccia, ai nostri re, ai nostri capi e ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te. 9 Al Signore nostro DIO appartengono la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui, 10 e non abbiamo ascoltato la voce dell’Eterno, il nostro DIO, per camminare nelle sue leggi, che ci aveva posto davanti per mezzo dei suoi servi, i profeti. Amos 3:7. Poiché il Signore, l’Eterno, non fa nulla, senza rivelare il suo segreto ai suoi servi, i profeti. 10 In questi contesti, il termine “servo” denota l’autorità data loro da Dio quali messaggeri accreditati dal Signore. L’essere servitore, quindi, evidenzia il fatto di essere uno strumento nelle mani di Dio, il quale si compiace di utilizzarlo. Probabilmente Paolo non adopera il termine “apostolo” in questa lettera indirizzata ai Filippesi, in quanto con loro vi era un profondo legame affettivo ed anche perché tali fratelli non mettevano in alcun dubbio la sua autorità di messaggero di Cristo. Inoltre, in questa epistola non sono presenti delle riprensioni, come ad esempio nel caso dei Corinzi, e per questo non sente la necessità di sottolineare la propria autorità di apostolo, e preferisce definirsi solo “schiavo” di Cristo, Sua proprietà. Se un servo è anche colui che pensa al bene degli altri, Gesù ne è l’esempio per eccellenza, dal momento che ha rinunciato per noi alla sua realtà spirituale e poi alla sua vita. Matteo 20:25-28 fa capire come la vera maturità spirituale sta nell’essere servi. Questo è il vero modo di essere grandi nel regno di Dio. Quando il Signore ci offre i doni spirituali, lo fa per il bene di tutti e perché vengano messi al servizio della comunità. Ringraziamo Dio per Paolo, per Timoteo, per Tichico, per Sila, per Luca e per quanti altri non conosciamo, ieri come oggi, poiché avevano un vero cuore di servo e hanno dato la loro vita, anno dopo anno, per diffondere il vangelo. Tramite loro la Parola è giunta fino a noi. A tutti i santi in Cristo Gesù è un’espressione che indica l’intera comunità cristiana. E’ un termine che nel Nuovo Testamento si trova solo al plurale e si riferisce sempre a tutti i cristiani. “Hagios”, cioè santo, significa separato, nel senso che il cristiano è separato dal male e consacrato al servizio di Dio, separato dal mondo e riservato per un servizio molto speciale. “Santo” vuol dire “riservato per Dio”. Nel Vecchio Testamento, Israele era il popolo santo, proprio in questi due sensi. “Siate santi” è l’esortazione data ai figli di Dio, cioè a coloro che sono in Cristo, chiamati ad essere il suo popolo. La nostra santità può essere solo in Cristo, cioè nell’unione con la sua morte e resurrezione. In lui saremo giustificati anche dal Tribunale Celeste, il quale ci dichiarerà innocenti, grazie al sangue di Gesù. Solo dimorando IN LUI possiamo essere santi, poiché la natura umana è totalmente antitetica alla santità. Essere in Cristo è una responsabilità enorme, oltre che un privilegio, perché chi è realmente in Cristo non rimane nel peccato (oppure: chi rimane nel peccato non è realmente in Cristo). Il dovere dei vescovi (episcopoi) è indicato in Atti 20:28. Badate dunque a voi stessi e a tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata col proprio sangue. I vescovi in Atti 20:17 sono chiamati “gli anziani della chiesa”, i quali hanno il compito di nutrire e proteggere i fedeli. I vescovi vengono chiamati anche “anziani o pastori” ed hanno il compito di aver cura della chiesa locale. Oggi nel mondo cristiano esistono vari tipi di chiese, le quali si servono molteplici modalità organizzative. Tuttavia dobbiamo ricordare che Cristo è il capo della chiesa, la quale non è libera di decidere quale tipo di governo adottare. Gesù, infatti, ci ha dato delle chiare istruzioni per guidarci circa il portare avanti la chiesa. Ha stabilito che la chiesa locale debba essere dotata di due uffici: quello dei diaconi e quello degli anziani. Entrambi devono possedere delle qualifiche, stabilite da Dio, per poter essere riconosciuti idonei per quegli uffici. I diaconi hanno il ruolo di servire, fatto molto importante e di grande responsabilità. 1 Timoteo 3:13. Coloro infatti che hanno svolto bene il servizio si acquistano una buona reputazione e grande franchezza nella fede in Cristo Gesù. I diaconi non hanno autorità nella chiesa, ma devono servire, anche in senso pratico. 11 Il nome diaconoi deriva da coloro che, nel mondo laico, erano responsabili di alcuni compiti sociali nella comunità, come ad es. la distribuzione del cibo. Il diacono aveva anche mansioni amministrative. I vescovi sono gli anziani o pastori. I tre termini sono sinonimi. Come i diaconi, anche i vescovi devono servire la chiesa, però il loro compito è maggiormente spirituale. Infatti, hanno la responsabilità di guidare la chiesa, di sorvegliarla, proteggerla, di insegnare e vegliare sull’insegnamento. Ricevono da Dio stesso l’autorità di guidare la comunità. Vedi: Atti 20:28, 1 Pt 5:1-4, Tito 1:7, 1 Timoteo 3:2, Ebrei 13:17. “Grazia e pace” è un saluto di gioia, che sottolinea l’amore di Dio per tutto il mondo ed il desiderio di pace interiore per ogni uomo, nata da un intimo rapporto con Dio. Se Cristo è il Signore della nostra vita, allora abbiamo pace con Dio. Per questo motivo, anche quando un figliolo di Dio vive un periodo di tribolazioni, riesce ugualmente a trovare sollievo nella pace di Dio e nella certezza della vita eterna. La grazia è la bontà di Dio riversata sull’uomo, non meritata, che trae origine in Dio stesso. Per descrivere la grazia di Dio, i Teologi nei secoli hanno scelto due termini: la grazia naturale e quella particolare. La grazia naturale è quella che Dio dimostra verso tutta la creazione: la vita stessa, il cibo e tutte le benedizioni materiali sono frutto della grazia di Dio. Inoltre, all’uomo ha dato la capacità di pensare, di ragionare, di apprezzare, di creare, di esprimersi e di comunicare. Quindi, tutto quello che siamo e che abbiamo di buono sono espressione della grazia di Dio, che non abbiamo meritato. La grazia particolare è la salvezza, che comporta la redenzione, il perdono, la giustificazione, l’adozione e la santificazione. Al contrario della grazia naturale, quella particolare non giunge a tutti. Per grazia abbiamo il perdono dei peccati e la vita eterna. Dio nostro padre. Ogni persona, ogni peccatore, può avere per padre il Santo Creatore di tutte le cose! Tanti pensano che Dio sia lontano e irraggiungibile e che pertanto non si possa avere un vero rapporto con Lui. Per questo motivo cercano il suo aiuto tramite dei mediatori, pensando di non potersi rivolgere a Lui direttamente. Inoltre, cercano il Suo aiuto, non Dio stesso; non lo amano realmente e non cercano un rapporto con lui. Altri ritengono che Dio sia il padre di tutti e che lo sia a prescindere dai peccati umani e dalla ribellione. Quando tali persone pregano il Signore, non pensano lontanamente ai propri peccati, come se essi non avessero importanza e che Dio non ci desse peso. Lo considerano un padre sempre disponibile, al quale chiedere ogni favore, molto alla buona e non lo rispettano. Non vi è il ricercare un rapporto padre-figlio e, anzi, Dio potrebbe essere sostituito dalla bacchetta magica. In realtà è veramente possibile avere Dio come Padre, però non per tutti, ma solo di quelli che accettano Cristo, pongono in Lui la propria fede e nascono di nuovo. Ogni persona, infatti, inizia la propria vita come figlio dell’ira di Dio. Efesini 2:1-3. Satana è il padre dei non salvati. Giovanni 8:44. Solo chi nasce di nuovo viene adottato come figlio e, in quanto tale, viene accolto, amato, rimproverato, istruito e curato dal Padre. Il Signore Gesù Cristo. L’appellativo “Signore” è la traduzione greca di “Kurios”, termine che viene usato per tradurre due parole ebraiche, ossia Yaweh e Adonai. Nel N.T. viene usato sia per indicare Dio che Gesù, affermandone la piena divinità. Egli è l’unico eterno Dio. Nel N.T. viene usato il termine Kurios quale appellativo di Dio Padre: 12 Matteo 1:20, Matteo 11:25, Luca 4:18. Tuttavia, lo stesso termine viene attribuito anche a Cristo. Non solo, ma nel N.T. vengono citati dei brani dell’A.T. ove si parla di Yaweh, attribuendoli a Gesù: es: Romani 10:13 (Gioele 2:32), Ebrei 1:10-12 (Salmi 102:25-27), 1 Pt 2:3-4 (Salmi 38:8). La parola “Gesù” viene dall’ebraico “Yeshua”, che vuol dire “Gesù salva”. Egli, infatti è il salvatore del mondo. Per capire veramente cosa significa che Gesù è il salvatore, è necessario comprendere di essere una creatura perduta e che ci sarà un giudizio. La maggior parte degli uomini sarà punito in quanto non ha accettato il Messia nella propria vita e sarà respinto eternamente dalla presenza di Dio. E’ impossibile che gli uomini si salvino attraverso le proprie qualità e pertanto tutti sarebbero giustamente condannati, se non esistesse quest’ancora di salvezza che è Gesù. Nessun altro è il salvatore. Nessun uomo può accedere a Dio se non tramite Cristo. “Cristo” traduce la parola ebraica “messia”, che vuol dire “unto”. Egli è colui che è stato annunciato da tutti i profeti. E’ profeta, sacerdote e re. Vs. 3-5. Rendo grazie al mio Dio (=do gloria a Dio) ogni volta che mi ricordo di voi, 4 pregando sempre con gioia per voi tutti in ogni mia orazione, 5 per la vostra collaborazione nell’evangelo dal primo giorno fino ad ora, La chiesa in Filippi era molto fervente, sincera nel servire il Signore. Per questo Paolo li ricorda sempre con gioia. (Ai Corinzi non può dire le medesime cose, anzi deve riprenderli molte volte a causa dei peccati che caratterizzavano quella comunità. Per questo nei loro confronti il ruolo dell’apostolo è quello di colui che riprende, servendosi della propria autorità). Paolo prega con gioia, condotto dallo Spirito Santo. La preghiera è il filo che unisce l’apostolo ai fratelli di tutte le chiese, sebbene sia in carcere; inoltre, è anche il modo che gli uomini possono utilizzare per entrare in comunicazione con Dio. Gesù ci ha mostrato l’importanza della preghiera e ci ha insegnato a pregare. Se seguiamo la sua vita, vediamo che spesso egli si separava dalla folla, si appartava e desiderava comunicare con Dio. Egli, infatti, è colui che conosce l’andamento di tutta la storia e che, meglio di chiunque altro, può indirizzarci nella retta via. Generalmente noi preghiamo e ringraziamo Dio per le benedizioni che elargisce su noi, ossia per la salvezza, per la salute e per la cura che dimostra per i suoi figli. Paolo ringrazia Dio, invece, per il fatto che questi fratelli sono convertiti ed avranno la vita eterna. La salvezza di tali credenti, infatti, per lui è motivo di gioia! Perché a volte noi perdiamo la gioia? Forse perché la cerchiamo nel posto sbagliato e focalizziamo l’attenzione sui problemi, piuttosto che sulle benedizioni che Dio ci dà. Anche noi proviamo gioia per la conversione delle altre persone? E per quelle che sono salvate già da tempo? Paolo aveva ben chiaro il concetto dell’eternità e per questo riusciva a comprendere fino in fondo l’importanza della conversione delle persone. I Filippesi pregavano molto e sostenevano Paolo anche economicamente in quanto missionario. Filippesi 4:15-21. Or sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione dell’evangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di alcuna cosa, per quanto al dare e al ricevere, se non voi soli 16 poiché anche a Tessalonica mi avete mandato, non solo una volta ma due, di che provvedere al mio bisogno. 17 Non già che io ricerchi i doni, ricerco invece il frutto che abbondi a vostro favore. 18 Adesso ho ricevuto tutto ed abbondo, sono ricolmo, avendo ricevuto da Epafrodito ciò che mi è stato mandato da voi, che è un profumo di odor soave, un sacrificio accettevole, piacevole a Dio.19 Ora il 13 mio Dio supplirà ad ogni vostro bisogno secondo le sue ricchezze in gloria, in Cristo Gesù. 20 Ora al mio Dio e Padre nostro sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. 21 Salutate tutti i santi in Cristo Gesù. I FIlippesi hanno inviato a Paolo delle offerte, fin dalla sua partenza da Filippi. Per questo, il frutto del suo ministerio è stato un risultato ottenuto anche grazie a loro. Vs. 6. essendo convinto di questo, che colui che ha cominciato un’opera buona in voi, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Paolo incoraggia i fratelli circa l’opera che Gesù sta compiendo in loro, la quale verrà ultimata senza dubbio alcuno, poiché Dio è fedele. Tale concetto è molto importante per coloro che hanno riposta la propria fede in Cristo, in vista della vita eterna. Il nemico, infatti, è pronto ad accusarci ed a scoraggiarci ad ogni difficoltà, tuttavia la nostra certezza è fondata sulla roccia, che è Cristo Gesù. Se potessimo contare unicamente sulle nostre forze e sulla nostra carnalità, certamente saremmo sconfitti in partenza, poiché esse rappresentano la nostra debolezza. Al contrario, la nostra forza è in Cristo e nell’opera che Egli ha compiuto in noi. In questo è la differenza tra l’essere compunto dallo Spirito Santo e condannato da Satana: mentre il primo vuole farci comprendere l’entità del nostro peccare, al fine di portarci al ravvedimento e alla comunione con Dio, il nemico evidenzia nella nostra coscienza i comportamenti errati al fine di scoraggiarci ed indurci ad abbandonare “il buon combattimento”, allontanandoci da Dio. Questa è la condanna di Satana, che non desidera per noi la comunione con Dio. Cristo, però, ci ha insegnato il perdono, dicendo a Pietro di perdonare 70 volte 7, e facendoci comprendere che allo stesso modo anche Dio è sempre pronto a perdonare noi. Questo concetto non deve indurci a peccare, certi della misericordia di Dio, bensì a comprendere che presso il Padre c’è il nostro avvocato, Gesù Cristo il giusto, il quale intercede per noi. Efesini 1:7-14. in cui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, 8 che egli ha fatto abbondare verso di noi con ogni sapienza e intelligenza, 9 facendoci conoscere il mistero della sua volontà secondo il suo beneplacito che egli aveva determinato in se stesso, 10 per raccogliere nella dispensazione del compimento dei tempi sotto un sol capo, in Cristo, tutte le cose, tanto quelle che sono nei cieli come quelle che sono sulla terra. 11 In lui siamo anche stati scelti per un’eredità, essendo predestinati secondo il proponimento di colui che opera tutte le cose secondo il consiglio della sua volontà, 12 affinché fossimo a lode della sua gloria, noi che prima abbiamo sperato in Cristo. 13 In lui anche voi, dopo aver udita la parola della verità, l’evangelo della vostra salvezza, e aver creduto, siete stati sigillati con lo Spirito Santo della promessa; 14 il quale è la garanzia della nostra eredità, in vista della piena redenzione dell’acquistata proprietà a lode della sua gloria. In Cristo abbiamo un’eredità eterna e lo Spirito Santo che è in noi è la caparra versata da Dio sulla nostra vita, la garanzia che egli tornerà per prenderci. Il Signore, infatti, non compie le opere a metà, bensì onora fino in fondo e con fedeltà le proprie promesse; ogni sua affermazione è “si e amen”, cioè certa e sicura, perché ogni figlio di Dio è una pietra vivente nel Suo tempio. La parola “sigillo” equivale al sigillo regale posto dal re, il quale chiudeva ermeticamente ogni sua missiva, che non poteva essere aperta da nessuno, tranne che dal destinatario, pena la morte. Tale sigillo era garanzia di autenticità. Se apparteniamo a Gesù siamo intoccabili, e nessuno può interrompere il piano che Dio ha attuato nella nostra vita. Nel vecchio testamento era stato profetizzato questo patto. Geremia 31:33-34. 33 "Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo quei giorni" dice l’Eterno: "Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, (un 14 tempo la legge di Dio era scritta nella pietra, ma il Signore dice che un giorno sarà scritta nel cuore dell’uomo e nella vita di ciascuno). e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. 34 Non insegneranno più ciascuno il proprio vicino né ciascuno il proprio fratello, dicendo: Conoscete l’Eterno! perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande", dice l’Eterno. "Poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato". Attraverso il profeta Geremia, Dio afferma di stabilire un nuovo patto con la casa di Israele e con i gentili che hanno creduto in Cristo. Ezechiele 36:24-28. 24 Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da tutti i paesi e vi ricondurrò nel vostro paese. 25 Spanderò quindi su di voi acqua pura e sarete puri (nel nuovo testamento è scritto che saremo lavati con l’acqua pura della Parola) ; vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli. 26 Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. 27 Metterò dentro di voi il mio Spirito e vi farò camminare nei miei statuti, e voi osserverete e metterete in pratica i miei decreti. 28 Abiterete nel paese che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro DIO. Nel nuovo patto che abbiamo in Cristo Gesù, Dio mette in noi il Suo Spirito, che è la garanzia dell’eredità della vita eterna. Quindi Dio afferma “vi farò camminare”, volendo sottolineare il fatto che il nostro vivere sulla retta via è una Sua opera. Molte volte l’uomo fa progetti per avvicinarsi di più al Signore, divenire più santo e piacere maggiormente a Dio; tuttavia ogni sforzo umano non può portare a nulla, poiché solo in Cristo Gesù abbiamo la redenzione e la santità. Giuda 24-25. Or a colui che può salvaguardarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria irreprensibili e con grande gioia, 25 all’unico Dio sapiente, il nostro Salvatore, sia gloria, grandezza dominio e potestà, da ora e per tutte le età. Amen. Dio può salvaguardarci da ogni caduta e farci giungere irreprensibili davanti a Lui. Qui è la differenza tra il Vecchio e il Nuovo patto: prima era l’obbedienza umana che ci portava la benedizione di Dio, mentre ora, grazie al sangue di Gesù, Dio è l’autore di ogni cosa: è lui che ci fa camminare rettamente, che mette in noi la Sua volontà e che ci fa apparire irreprensibili ai Suoi occhi. Paolo proclama tale certezza in quanto conosceva personalmente Gesù Cristo. In un’altra lettera afferma: “Io so in chi ho creduto”, asserendo di conoscere Cristo talmente bene, da aver scelto di affidare a Lui la sua intera vita. Vs. 7-8. Ed è giusto che io senta questo di voi tutti, perché vi ho nel cuore, voi che tanto nelle mie catene come nella difesa e conferma dell’evangelo, siete tutti partecipi con me della grazia. 8 Dio infatti mi è testimone, come io vi ami tutti con affetto sviscerato in Gesù Cristo. Paolo afferma che per lui è naturale gioire per loro perché li ama profondamente, con tutto il suo essere, con passione, come propri figli. Essi sono partecipi con lui sia nella sofferenza delle catene che nella difesa e nella conferma del Vangelo. Inoltre, partecipano alla grazia della salvezza. 9-10. E per questo prego che il vostro amore abbondi sempre di più in conoscenza e in ogni discernimento, 10 affinché discerniate le cose eccellenti e possiate essere puri e senza macchia per il giorno di Cristo Paolo li esorta a crescere nell’amore, nella conoscenza e nel discernimento, in attesa del giorno di Cristo, quando li avrebbe incontrati nuovamente. Conoscenza. Significa comprendere mentalmente le realtà spirituali; la conoscenza di Dio è resa possibile dalla Sua rivelazione di sé ed è ricevuta per fede. Una profonda 15 conoscenza di Dio e delle sue vie permette una maggiore armonia all’interno della comunità e darà ai Filippesi una comprensione più chiara dei loro reciproci rapporti tra fratelli in fede. La conoscenza e il discernimento erano qualità necessarie in una comunità in cui era anche presente la disunione e la critica (Vedi 4:1), fatto che bisognava correggere. Perciò Paolo, prima di ammonire tali fedeli, prega per essi con amore. Il risultato della preghiera sarà che i suoi amici abbiano la capacità di discernere tra il bene e il male, e poi mettere in pratica nella loro vita cristiana le questioni veramente importanti della loro vita comunitaria di credenti Queste cose presuppongono l’armonia e lo spirito fraterno, che sostituiscono i dissidi e i litigi. Conoscenza e discernimento. Solitamente, quando pensiamo all’amore, lo classifichiamo come un sentimento, il quale ha poco a che fare con la conoscenza. Anzi, normalmente si pensa che chi è innamorato non ragiona più. Invece Paolo qui prega affinché l’amore di questi credenti possa abbondare in conoscenza e in ogni discernimento. Quindi, amare veramente è strettamente legato al conoscere veramente. Per amare Dio dobbiamo conoscerlo maggiormente e solo così è possibile obbedire ai suoi comandamenti. Gesù dichiara: Giov. 14:15. "Se mi amate, osservate i miei comandamenti, Giovanni 14:21. Chi ha i miei comandamenti e li osserva, è uno che mi ama, e chi mi ama sarà amato dal Padre mio; e io lo amerò e mi manifesterò a lui". Giovanni 15:10. Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore. Vs. 11. ripieni di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, alla gloria e lode di Dio. Paolo si trova in carcere e soffre in tale situazione. Eppure non chiede preghiere per sé, per uscire, per un cibo migliore, per condizioni più favorevoli, anzi rivolge il suo cuore a loro, perché vivano i frutti della giustizia. Solamente per mezzo di Cristo possiamo ottenere tali risultati, in Lui, grazie al suo sacrificio. Le nostre opere, i nostri sforzi o le nostre preghiere non portano frutti di giustizia, i quali si hanno solo tramite Cristo, unicamente in Lui. Separati da Cristo non abbiamo nulla, perché egli è la vite e noi i tralci che da essa ricevono la vita. Per questo motivo dobbiamo avere fiducia nel fatto che Egli compirà interamente l’opera in noi, operando nella nostra vita, al fine di portarci al traguardo eterno dell’abbondanza, della gioia e della pace in Dio. Come anche nel libro di Efesini, in Filippesi Paolo usa frequentemente i termini “in Cristo”, “nel Signore”, “in Cristo Gesù”, utilizzati in questa epistola 132 volte. Infatti, l’unico tesoro posseduto dai credenti è Cristo, oltre al quale non esiste nulla di prezioso. I frutti di giustizia. Matteo 7:15-20. Riconosceremo gli uomini dai loro frutti. Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci 16 Voi li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie uva dalle spine o fichi dai rovi? 17 Così, ogni albero buono produce frutti buoni; ma l’albero cattivo produce frutti cattivi. 18 Un albero buono non può dare frutti cattivi, né un albero cattivo dare frutti buoni. 19 Ogni albero che non dà buon frutto è tagliato, e gettato nel fuoco. 20 Voi dunque li riconoscerete dai loro frutti. Non giudichiamo gli uomini dalle manifestazioni (miracoli, carismi…), bensì dai frutti. 16 Galati 5:22-24. Ma il frutto dello Spirito è: amore gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo. 23 Contro tali cose non vi è legge. 24 Ora quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze. I frutti dello Spirito sono il segno autentico dell’essere figli di Dio, soprattutto l’amore. Essi sono donati da Cristo quando gli permettiamo di vivere in noi ed allo Spirito di condurre la nostra vita. Giovanni 15:5-8. 5 Io sono la vite, voi siete i tralci; chi dimora in me e io in lui, porta molto frutto, poiché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me è gettato via come il tralcio e si secca; poi questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e sono bruciati. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto, 8 In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli, Dio desidera che portiamo molto frutto, i frutti dello Spirito, alla Sua gloria. Tale opera viene compiuta totalmente da Cristo, senza le nostre deludenti forze. I frutti dello Spirito hanno come conseguenza molti altri frutti: la conversione delle anime, la crescita della chiesa, il suo diffondersi…perché la pace che è nel cristiano attira anche altre anime. Fino a questo momento Paolo ha incoraggiato i Filippesi per l’opera che Dio stava svolgendo nella loro vita e che certamente avrebbe portato a termine. E’ grato a Dio per questi fratelli. Ora non rivolge più il suo sguardo a loro ma all’opera che Dio sta portando avanti attraverso di lui nel carcere. Non vedendo Paolo da 4 anni, i Filippesi inviano da lui Epafrodito con una lettera, in quanto preoccupati per la sua situazione di carcerato. Lo amano profondamente e collaborano con lui alla diffusione del Vangelo, soprattutto attraverso le offerte. Paolo cerca di rassicurarli, affermando il controllo di Dio sulla sua vita. Afferma che la Sua opera prosegue, e ciò per lui è importante, anzi primaria rispetto alla sua vita stessa. Vs. 12. Ora, fratelli, voglio che sappiate che le cose che mi sono accadute sono risultate ad un più grande avanzamento dell’evangelo, Paolo ritiene positivo il fatto di essere in carcere, in quanto gli permette di diffondere il Vangelo anche in quella circostanza. Un principio che vediamo espresso in questo brano è che Dio trasforma il male in bene. In Romani 8:28 affermerà che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio e sono chiamati secondo i suoi proponimenti: è un concetto valido anche per noi oggi, grazie al quale possiamo affermare che ogni circostanza della nostra vita, anche la più sfavorevole, verrà utilizzata dal Signore per il bene. L’arresto di Paolo e i maltrattamenti da lui subiti hanno contribuito all’avanzamento del regno, in quanto gli hanno permesso di predicare anche a Roma ed incoraggiare con il suo esempio i fratelli di ogni chiesa. L’apostolo vuole far comprendere ai Filippesi che ogni cosa è sotto il controllo di Dio, anche la sua carcerazione, perché il Signore stesso desidera per lui tale situazione, per l’avanzamento della Sua Parola. Dio ha delle modalità per raggiungere i propri obiettivi che non sono le nostre. Un esempio in tal senso è la storia di Giuseppe e, ancor di più, la crocifissione di Gesù. In quest’ultimo caso, i discepoli firono dispersi e dal punto di vista umano tutto era perduto. Invece, Dio trasformò quella situazione nella vittoria più grande possibile. Paolo sente una profonda pace dentro si sé in quanto l’unico suo desiderio è quello di fare la volontà di Dio e vedere l’avanzamento del Vangelo. Per raggiungere tale scopo è disposto anche a soffrire; riconosce nella sua vicenda l’agire della mano di Dio e per questo motivo non è affatto scoraggiato. 17 Giacomo 1-3. Giacomo scrive alle 12 tribù, fuggite a causa della persecuzione. Anche questo fatto è stato un mezzo efficace utilizzato da Dio per portare il Vangelo in ogni parte del mondo; infatti, prima di tali avvenimenti, la chiesa era statica, non si muoveva, la Parola non veniva predicata e non si diffondeva. In seguito, invece, la chiesa si è moltiplicata. Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono disperse nel mondo: salute. 2 Considerate una grande gioia, fratelli miei, quando vi trovate di fronte a prove di vario genere, 3 sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. In Atti 21 Paolo sta predicando a Gerusalemme e una grande folla si raduna attorno a lui, accusandolo e aggredendolo fisicamente. Un soldato romano, allora, lo salva dalle mani degli ebrei. Quindi è arrestato, trattenuto a Gerusalemme, poi inviato per mare a Roma. Quando vi giunge, viene trattato come un criminale e arrestato in attesa dell’incontro con Cesare. Tutti questi fatti gli erano stati profetizzati già prima che accadessero, ma egli non si è lasciato scoraggiare; ora, ecco il risultato della sua dedizione al Vangelo. Vs. 13. tanto che è noto a tutto il pretorio (era costituito da 12.000 uomini e rappresentava l’esercito di Cesare, il quale aveva lo scopo di difenderlo) e a tutti gli altri che io sono in catene per Cristo; Il termine “praitorion” indica la residenza del governatore di una provincia (la residenza di Pilato, procuratore romano a Gerusalemme, il palazzo di Erode a Cesarea), il palazzo dell’imperatore sul colle Palatino a Roma, oppure le guardie pretoriane. In questo caso si riferisce alla terza interpretazione. Nel libro di Atti, quando Paolo incontra Gesù per la prima volta, lungo la via per Damasco, gli viene detto da Cristo che egli avrebbe compiuto tre cose: - portare la parola ai gentili, - ai figli di Israele - ai re. Fino a questo momento della sua vita ha predicato ai gentili e ai giudei; ora è giunto il momento di andare da Nerone, il re. Essendo molto difficile condurre i politici in chiesa, Cristo ha portato a loro la Parola tramite Paolo. Il pretorio era costituito da soldati, posti per la protezione del re Nerone ed per la sorveglianza dei prigionieri. Essi a turno restavano per 4 ore incatenati ai detenuti, giorno e notte, ogni giorno. Pertanto, molti soldati si sono succeduti accanto a Paolo e ognuno di essi ha ascoltato il Vangelo. La Bibbia non ci dice se essi si siano convertiti o meno, ma certamente asserisce che hanno ascoltato il messaggio. Questo è il compito del cristiano, ossia di diffondere la Parola, non tramite la nostra intelligenza, bensì grazie allo Spirito Santo. 1 Corinzi 1:17-24. Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad evangelizzare, non però con sapienza di parola, affinché la croce di Cristo non sia resa vana. 18 Infatti il messaggio della croce è follia per quelli che periscono, ma per noi che siamo salvati è potenza di Dio. 19 Sta scritto infatti: "Io farò perire la sapienza dei savi e annullerò l’intelligenza degli intelligenti". 20 Dov’è il savio? Dov’è lo scriba? Dov’è il disputatore di questa età? Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? 21 Infatti, poiché nella sapienza di Dio il mondo non ha conosciuto Dio per mezzo della propria sapienza, è piaciuto a Dio di salvare quelli che credono mediante la follia della predicazione 22 poiché i Giudei chiedono un segno e i Greci cercano sapienza, 23 ma noi predichiamo Cristo 18 crocifisso, che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci; 24 ma a quelli che sono chiamati, sia Giudei che Greci, noi predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; Il messaggio della croce di Cristo per molti è una pietra di inciampo, per altri è follia. Molti non comprendono che sia sufficiente affidarci a Cristo per ottenere la salvezza e ritengono che l’uomo debba aggiungere qualcosa di proprio. Ma questo è il messaggio del Vangelo: bisogna accettare Cristo quale personale salvatore ed affidarci totalmente a Lui. Vs. 14. e la maggior parte dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno preso maggiore ardire nel proclamare la parola di Dio senza paura. Un altro aspetto positivo derivante dalle catene di Paolo è il fatto che i fratelli hanno tratto coraggio da questa situazione. A quel tempo, infatti, predicare il Vangelo poteva voler dire essere incarcerato, anche per tutta la vita, oppure essere condannato a morte. La situazione di Paolo, pertanto, era un esempio di fedeltà a Cristo, a qualunque costo. Egli era strettamente legato a Gesù e solo di lui si interessava. Non desiderava parlare ai Filippesi delle proprie difficoltà, perché con le sofferenze si avvicinava a Dio. Chi si avvicina al Padre ne acquisisce il cuore e predica con franchezza nel suo testimoniare. Inoltre, vedendosi usato dal Signore, moltiplica la propria fede e compie ulteriori passi. I credenti, infatti, avevano visto che nonostante Paolo fosse in prigione a causa del vangelo, Dio aveva operato sovranamente per promuovere la Parola tramite questo servo, anche se in catene. Pertanto, vedere la potenza di dio li incoraggiava ad andare avanti. Il Dio di Paolo è anche il nostro e se ha potuto usare le catene per il progresso del vangelo, può anche servirsi dei nostri problemi per portare a termine il medesimo scopo. Oggi i cristiani non corrono i pericoli di allora e, nel peggiore dei casi, possono essere derisi e considerati strani. Anche noi, come Paolo, viviamo a contatto con persone non cristiane, alle quali, secondo il volere di Dio, dobbiamo predicare il Vangelo. Vs. 15-17. Alcuni invero predicano Cristo anche per invidia e contesa, ma vi sono anche altri che lo predicano di buon animo. 16 Quelli certo annunziano Cristo per contesa, non puramente, pensando di aggiungere afflizione alle mie catene, 17 ma questi lo fanno per amore, sapendo che sono stabilito alla difesa dell’evangelo. E’ difficile pensare che qualcuno possa predicare il Vangelo per gelosia, eppure alcuni hanno ritenuto di sostituire Paolo nel suo ruolo evangelico ed acquisirne il successo, dal momento che egli si trovava in carcere a Roma. La motivazione che deve spingere l’uomo nel servire il Signore non può essere l’assumere ruoli di primo piano, divenire popolari, ricevere le lodi umane: l’unico scopo deve essere la gloria di Gesù. Vs. 18. Che importa? Comunque sia, o per pretesto o sinceramente, Cristo è annunziato; e di questo mi rallegro, anzi me ne rallegrerò anche per l’avvenire. Nel vs. 15 Paolo afferma che alcuni fratelli predicano “per invidia e contesa”, forse perché, ritenendolo fuori gioco, desideravano innalzare se stessi e veder aumentare il prestigio della propria persona. Tuttavia Paolo afferma che, sebbene la motivazione di fondo non sia quella più corretta, anche il lavoro di questi predicatori contribuisce all’avanzamento del Vangelo. Non importa, quindi, chi riceve la gloria, l’importante è che Cristo venga predicato e diffuso, affinché le anime umane vengano a Gesù. Quando Paolo ha incontrato Cristo, la sua vita è cambiata e da quel momento la sua mente ha camminato parallelamente a quella del Signore, assumendone totalmente la volontà. 1 Corinzi 3:3-9. Infatti, poiché fra voi vi è invidia, dispute e divisioni, non siete voi carnali e non camminate secondo l’uomo? 4 Quando uno dice: "Io sono di Paolo", e un altro: "Io sono di Apollo", non siete voi carnali? 5 Chi è dunque Paolo e chi è Apollo, se non ministri 19 per mezzo dei quali voi avete creduto, e ciò secondo che il Signore ha dato a ciascuno? 6 Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere. 7 Ora né chi pianta né chi annaffia è cosa alcuna, ma è Dio che fa crescere. 8 Così colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa, ma ciascuno riceverà il proprio premio a secondo la sua fatica. 9 Noi siamo infatti collaboratori di Dio; voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio. Noi siamo solamente collaboratori di Dio: Egli ci ha affidato un compito, tuttavia l’esito di tale incarico non dipende da noi, bensì dall’opera di Dio. Molte persone accettano il Signore grazie alla predicazione di alcuni, che svolgono tale compito spinti da desideri di gloria. Anche attraverso di essi, infatti, prosegue l’opera di Dio e i nuovi credenti verranno poi guidati nella chiesa a loro più consona. Vs. 19-21. So infatti che questo riuscirà a mia salvezza, mediante la vostra preghiera e l’aiuto dello Spirito di Gesù Cristo, secondo la mia fervida attesa e speranza, che non sarò svergognato in cosa alcuna, ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà magnificato nel mio corpo, o per vita o per morte. 21 Per me infatti il vivere è Cristo, e il morire guadagno. Paolo afferma di essere sereno in quanto può contare su due tipi di aiuto: le preghiere dei fedeli e l’assistenza dello Spirito Santo. Egli, infatti, chiede costantemente di fedeli di pregare per lui: Romani 15:30. Or vi esorto, fratelli, per il Signor nostro Gesù Cristo e per l’amore dello Spirito, a combattere con me presso Dio per me nelle vostre preghiere, 2 Corinzi 1:11. mentre voi stessi vi unite a noi per aiutarci in preghiera, affinché siano rese grazie per noi da parte di molti, per il beneficio che ci sarà accordato tramite la preghiera di molte persone. Colossesi 4:3. Pregando nel medesimo tempo anche per noi, affinché Dio apra anche a noi la porta della parola, per annunziare il mistero di Cristo, a motivo del quale sono anche prigioniero, Sottolinea anche la sua dipendenza dall’opera dello Spirito santo, che abitò in pienezza in Cristo. Atti 16:7. Giunti ai confini della Misia, essi tentavano di andare in Bitinia, ma lo Spirito non lo permise loro. Paolo è prigioniero, eppure è fiducioso, tranquillo e sereno. Tra breve tempo dovrà presentarsi davanti ad un tribunale e, invece di essere nervoso e preoccupato, si sente sereno, certo di non venire svergognato. Infatti, tante volte era stato lapidato, frustato o incarcerato, tuttavia egli era sereno in quanto certo di essere al centro della volontà di Dio. 1 Pietro 2:12-21. Comportatevi bene fra i gentili affinché, là dove vi accusano di essere dei malfattori, a motivo delle buone opere che osservano in voi, possano glorificare Dio nel giorno della visitazione. Ogni nostro comportamento buono o gentile porta dei frutti in coloro che ne sono oggetto, poiché Cristo li visiterà ed essi glorificheranno il Suo nome. Se mettiamo al primo posto l’avanzamento del regno di Dio, analogamente a Paolo, possiamo comprendere l’importanza della predicazione, indipendentemente dalle intenzioni del predicatore. Tutti gli uomini gemono ed hanno bisogno di Gesù, pertanto la diffusione della Parola può cambiare una vita e salvare un’anima. Questa è stata la molla che ha portato avanti l’agire di Paolo, la medesima che ha fatto muovere Gesù, fino al punto di donare la propria vita. 13 Sottomettetevi dunque per amore del Signore ad ogni autorità costituita: sia al re come al sovrano, Il fatto di sottomettersi alle leggi dello stato fa sì che nessuno abbia nulla da ridire circa il nostro operare. 20 14 sia ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per lodare quelli che fanno il bene, 15 perché questa è la volontà di Dio, che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti. 16 Comportatevi come uomini liberi, non facendo uso della libertà come di un pretesto per coprire la malvagità, ma come servi di Dio. 17 Onorate tutti, amate la fratellanza, temete Dio, rendete onore al re. 18 Servi, siate con ogni timore sottomessi ai vostri padroni, non solo ai buoni e giusti, ma anche agli ingiusti, 19 perché è cosa lodevole se uno, per motivo di coscienza davanti a Dio, sopporta afflizioni soffrendo ingiustamente. 20 Che gloria sarebbe infatti se sopportate pazientemente delle battiture, quando siete colpevoli? Ma se sopportate pazientemente delle battiture quando agite bene, questa è cosa gradita a Dio. 21 A questo infatti siete stati chiamati, perché Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio, affinché seguitate le sue orme. Vs. 22-24. Ma non so se il vivere nella carne sia per me un lavoro fruttuoso, né posso dire che cosa dovrei scegliere, 23 perché sono stretto da due lati: avendo il desiderio di partire a da questa tenda e di essere con Cristo, il che mi sarebbe di gran lunga migliore, 24 ma il rimanere nella carne è più necessario per voi. Paolo, che ha fatto una vera esperienza con il Signore, ritiene che per lui la morte sarebbe un guadagno, in quanto lo riunirebbe a Cristo. Nell’attimo in cui ha incontrato Gesù lungo la via per Damasco, l’apostolo è realmente morto a se stesso e la sua vita è radicalmente cambiata. Paradossalmente egli è morto anche agli occhi dei giudei, i quali da alleato lo hanno visto come nemico. Egli è cambiato, è passato dalla parte di coloro che perseguitava, e quindi doveva essere eliminato. Come Cristo prima della sua morte, anche Paolo era stanco di portare il peso di una vita di persecuzione e sofferenza, e perciò desiderava partire da questa terra e riunirsi a Cristo. Tuttavia, comprendeva che il proprio compito non era ancora giunto al termine, perciò, per il bene dei fedeli, accettava di vivere ancora sulla terra per continuare il suo ministerio. Vs. 25-26. Questo so sicuramente, che rimarrò e dimorerò presso di voi tutti per il vostro avanzamento e per la gioia della vostra fede, 26 affinché il vostro vanto per me abbondi in Cristo Gesù, per la mia presenza di nuovo tra voi. Paolo esprime la volontà di raggiungere di nuovo i Filippesi, tuttavia la storia dichiara che non porterà mai a termine tale desiderio, in quanto proprio a Roma sarà ucciso. Afferma di sentirsi dilaniato da due sentimenti contrastanti, ossia quello di morire, al fine di raggiungere il Signore e vivere totalmente alla Sua presenza, e quello di continuare a vivere, al fine di essere ancora utile ai fratelli. Cristo, infatti, desidera riunirsi alla chiesa, la sua sposa, e ci ha promesso di preparare il luogo in cui dimoreremo nella piena comunione per l’eternità. Ha dichiarato di essere un Dio geloso, che brama di gelosia per ognuno di noi e desidera solo il momento di venirci a prendere. Efesini 1 afferma che noi abbiamo la caparra nello Spirito Santo, ossia la garanzia che Cristo tornerà a prenderci per portare a termine il piano che ha cominciato in noi. Allora vivremo sempre in comunione con Lui, nella pienezza della gloria, che oggi non possiamo neanche immaginare. Paolo in 2 Corinzi afferma che ciò che ha visto in cielo non è neanche lecito raccontare, perché non esistono parole umane che ne descrivano la bellezza. Anche noi dovremmo chiederci se abbiamo questo conflitto in noi e quali siano le motivazioni che spingono avanti la nostra vita. Ebrei 11, parlando degli uomini di Dio del passato, afferma che essi riconoscevano di considerarsi dei pellegrini su questa terra, ritenendo che la propria casa fosse il cielo, assieme al Signore. Egli è l’unica cosa per cui vivere e la vita stessa. Vs. 27-30. Soltanto, comportatevi in modo degno dell’evangelo di Cristo, affinché, sia che venga e vi veda, o che sia assente, oda nei vostri riguardi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo insieme con un medesimo animo per la fede 21 dell’evangelo, 28 senza lasciarvi spaventare in alcuna cosa dagli avversari; questo è per loro una prova di perdizione, ma di salvezza per voi, e ciò da parte di Dio. 29 Poiché a voi è stata data la grazia per amore di Cristo, non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, 30 avendo lo stesso combattimento che avete visto in me, e ora udite essere in me. Paolo esorta la chiesa all’unità, in un medesimo spirito, amore, animo per l’avanzamento dell’evangelo. Le divisioni danneggiano l’opera di Dio e per questo vanno evitate. L’apostolo incoraggia i fedeli a non lasciarsi spaventare dalle avversità e dagli attacchi dei nemici, poiché queste verranno certamente e cercheranno di distruggere il campo del Signore. Il nemico vuole la spaccatura della chiesa e pertanto i credenti devono rimanere uniti, al fine di essere più forti nelle avversità. Coloro che soffrono per l’evangelo non devono scoraggiarsi, poiché Dio è con loro e li sostiene; infatti, Paolo era in carcere, eppure l’opera di Dio progrediva grandemente. Romani 8:28-39. Or noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento. 29 Poiché quelli che egli ha preconosciuti, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli. 30 E quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati, quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati. 31 Che diremo dunque circa queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? 32 Certamente colui che non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà anche tutte le cose con lui? 33 Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. 34 Chi è colui che li condannerà? Cristo è colui che è morto, e inoltre è anche risuscitato; egli è alla destra di Dio, ed anche intercede per noi, 35 Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà l’afflizione, o la distretta, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada? 36 Come sta scritto: "Per amor tuo siamo tutto il giorno messi a morte; siamo stati reputati come pecore da macello". 37 Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori in virtù di colui che ci ha amati. 38 Infatti io sono persuaso che né morte né vita né angeli né principati né potenze né cose presenti né cose future, 39 né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore. Forse nella chiesa di Filippi erano sorte delle rivalità circa i doni spirituali, e allora Paolo desidera correggere tale comportamento, ricordando che lo Spirito è colui che elargisce i doni per grazia. Pertanto non è opportuno essere gelosi degli altri, con i quali, al contrario, bisogna legare saldamente al fine di contrastare il nemico. Cap. 2 Paolo inizia il capitolo ponendo ai credenti alcune domande, allo scopo di indurli a riflettere. Tale metodo è usato frequentemente dall’apostolo. In questo caso esorta i credenti ad adottare un comportamento degno e giusto per una persona che ha ricevuto la grazia di Dio. 22 Al vs. 1 vengono elencate alcune benedizioni che abbiamo ricevuto grazie a Cristo, in base alle quali dal vs. 2-4 veniamo esortati ad assumere un comportamento accettevole a Dio. Vs. 1. Se dunque vi è qualche consolazione in Cristo, qualche conforto d’amore, qualche comunione di Spirito, qualche tenerezza e compassione, Paolo afferma che se questi credenti hanno compreso l’amore che ha spinto Cristo a divenire uomo, se provano gioia e conforto in Lui, allora rendano felice Paolo, loro padre spirituale, comportandosi con amore reciproco, eliminando tutte le divisioni e le contese. Questo è anche il sentimento di Cristo, il quale afferma che ogni azione compiuta verso i suoi fratelli è fatta a lui. Analogamente, rivolgendosi a Saulo, persecutore della chiesa, Gesù gli chiede perché perseguita Lui, in quanto le azioni malvagie rivolte ai credenti sono anche indirizzate al Signore. Anche il dolore provocato ad un fratello è diretto al Signore, per il quale siamo come le pupille del proprio occhio. Per Dio è molto importante l’unità della Chiesa (=Koinonia), ad opera dell’amore. E’ anche il punto di attacco preferito da Satana, e per questo va salvaguardato con gelosia. L’opera che Cristo ha compiuto per ogni uomo, riesce ad unire anche le persone più diverse per età, cultura, nazionalità, le quali si scoprono affini per la fede in Gesù e membri di un’unica famiglia. L’amore e l’unione sono quelle caratteristiche che vengono notate dalle persone del mondo, le quali non riconoscono certamente i cristiani dai miracoli che compiono, o da eventuali segni o prodigi, bensì dall’amore che nutrono gli uni per gli altri. Paolo, prima di parlare delle nostre responsabilità, ricorda alcuni dei meravigliosi benefici che abbiamo avuto in Cristo. Infatti, Dio agisce sempre per primo e solo in un secondo momento chiese all’uomo la giusta risposta. Tutte le altre religioni umane, invece, vedono l’uomo agire per primo, nel tentativo di piacere al loro dio tramite sacrifici o altre iniziative; in cambio, tale divinità può rispondere in modo positivo o negativo, oppure non rispondere affatto. La Bibbia è l’unico libro che ci mostra un Dio di grazia, il quale provvede per l’uomo, lo ricolma di benedizioni e solo successivamente chiede in cambio un comportamento corretto. Il vs. 1 ci dice che Dio ci consola nelle sofferenze, ci conforta col suo amore, è in comunione con noi tramite lo Spirito, agisce per amore verso di noi. Tutte queste premesse portano ad una conclusione logica: perciò bisogna camminare in unità e in accordo. Vs. 2. rendete perfetta la mia gioia, avendo uno stesso modo di pensare, uno stesso amore, un solo accordo e una sola mente Paolo chiede che la concordia dei Filippesi si verifichi a tre livelli: a livello di pensiero, a livello di cuore e volontà, a livello di sentimento. Il Signore conosce le nostre diversità personali, tuttavia ci chiede un accordo circa gli obiettivi da raggiungere spiritualmente, secondo la volontà di Dio. Nessuna divisione deve albergare tra noi, anzi ognuno deve abbandonare la superbia e stimare gli altri più di se stesso. Il Signore desidera che in noi ci sia una gioia perfetta: Giovanni 15:11 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto, 8 In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli, 9 Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi; dimorate nel mio amore. 10 Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore. 11 Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia piena. 12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi, Dio desidera per noi una vita piena e perfetta. La gioia perfetta per Paolo consisteva nel vedere un medesimo modo di pensare all’interno della chiesa in Filippi ed un identico modo di intendere il regno di Dio. L’avanzamento della chiesa, la crescita spirituale personale, l’amore fraterno sono i valori portanti secondo Paolo. 23 Un medesimo pensare. Qualsiasi vera unità che onora Dio ha come base un medesimo pensiero, ossia credere le stesse cose, avere i medesimi traguardi, seguire identiche dottrine. Al contrario, l’ecumenismo oggi cerca di unire chiunque si definisca cristiano, senza tener conto delle differenze di pensiero o di interpretazione della Bibbia. Una dottrina vale l’altra, anche se si contraddicono, poiché l’importante è avere tanto amore. Invece le Scritture fanno capire chiaramente il contrario, ovvero l’importanza di avere un medesimo pensiero ed interpretare correttamente la Parola. Chiaramente dobbiamo ascoltare il volere di Dio, non il parere degli uomini. Circa l’essere concordi: Filipp. 3:15-16, Filipp. 4:2, 1 Pt 3:8, 1 Cor. 1:10. Un medesimo amore. La vera unità chiede di amare Dio e gli altri. Quando la Bibbia parla dell’amore, non si tratta principalmente di un sentimento, ma di un impegno. Dio ama e quell’amore si vede nelle Sue azioni. Gesù dichiara che chi Lo ama obbedisce ai suoi comandamenti. In 1 Giovanni leggiamo che non dobbiamo amare a parole e con la lingua, ma con i fatti e in verità. Un solo animo. Significa che stiamo camminando nella stessa direzione e desideriamo la stessa cosa, ovvero la gloria di Dio. Questa è possibile solamente quando c’è una base di verità biblica, amore per Dio e per gli altri. Allora è importante avere una dottrina sana, vero amore, e non perseguire i propri interessi, altrimenti stiamo camminando in una direzione personale e non comune. Un unico sentimento. Significa “pensare le stesse cose”. Dio vuole che i credenti siano veramente uniti nella verità per compiere grandi opere. Vedi anche: 2 Corinzi 3:11, Romani 15:5. Ovviamente, la nostra tendenza naturale non è questa poiché ogni uomo è tendenzialmente egoista, pensa a se stesso e ai propri interessi. L’idea di impegnarci per un bene comune, di avere un medesimo pensiero ed un unico sentimento non è naturale. Tuttavia, grazie a Dio non siamo più quello che eravamo prima di essere salvati ed abbiamo un nuovo cuore. Siamo in Cristo e perciò Dio ci chiama a vivere a seconda della nuova natura che Egli ci ha dato. Come possiamo incrementare l’unità della chiesa? Vs. 3 non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri più di se stesso. Agire con amore, non cercare la propria gloria, né voler essere più importante degli altri: la motivazione che spinge le azioni deve essere l’amore per i fratelli e per Gesù. Infatti, il Padre celeste, che vede ogni cosa in segreto, benedice apertamente gli umili. Al contrario, il sentimento di vanagloria è tipico di Satana, il quale innalzò se stesso e fin dall’inizio cercò di prendere il posto di Dio. Con tale sentimento tenta di contagiare l’uomo, di stimolare la sua autostima e di renderlo come egli è. Tuttavia, se ricordiamo di essere servi di Cristo, dobbiamo seguire la via da Lui segnata ed agire da servitori degli altri. Diaconi, pastori e servitori in genere, all’interno della chiesa sono dei servi, coloro che lavorano per il diffondersi della Parola, servendo Dio e i fratelli. L’esempio lo ha dato Cristo stesso, il quale ha lavato i piedi agli apostoli, al fine di indicare con chiarezza l’atteggiamento corretto da adottare. Al contrario, nel mondo è usuale farsi strada con prepotenza, cercando di schiacciare gli altri e promuovere la propria ascesa. 24 Nel mondo antico l’umiltà era considerata qualcosa di spregevole e fraintesa, in quanto ritenuta come un abietto atteggiamento di deferenza davanti agli uomini. Grazie a Cristo, tuttavia, essa venne ritenuta successivamente una virtù. Anche la vita degli appartenenti alla comunità di Qumran rappresenta un esempio di predilezione per l’umiltà, vista una virtù, al punto da farne la base dell’unità della vita monastica. Vs. 4. Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Paolo esorta anche a considerare i meriti degli altri ed i loro interessi, al fine di non schiacciare il prossimo pur di raggiungere i propri obiettivi preposti. A questo punto Paolo, per rafforzare il suo dire, compone un bellissimo inno in onore di Cristo, presentato come esempio e modello. Vs.5-6. Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesù dobbiamo imparare di essere così al fine di raggiungere coloro che non conoscono la parola di Dio, avendo la stessa mente di Cristo, 6 il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, Il vs. 6 ha dato adito ad errate interpretazioni. Recita, infatti, “essendo in forma di Dio” ed ha fatto ipotizzare il fatto che Cristo non fosse proprio Dio, ma una creatura simile a Lui (v. Testimoni di Geova). Tuttavia va analizzato l’originale: il quale, essendo( il termine greco indica qualcosa di immutabile) in forma (morfe significa immutabile; schema significa che può cambiare. Riferito all’uomo, morfe è il fatto di essere esseri umani, cosa che non cambierà mai, mentre schema è il nostro apparire, ossia il nostro essere bambini, poi adulti, poi anziani. Nel caso di Cristo, in questo versetto è stata usata la parola morfe, al fine di indicare un Dio immutabile, che resterà sempre Dio). Cristo è Dio. Giovanni 1:1. Nel principio era la Parola e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio. Tutta la Bibbia afferma che Dio Padre, il figlio e lo Spirito Santo sono Dio. Giovanni 1:12. ma a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato l’autorità di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, Ebrei 1:8-9. del Figlio invece dice: "O Dio, il tuo trono è per i secoli dei secoli, lo scettro del tuo regno è scettro di giustizia. 9 Hai amato la giustizia e odiato l’iniquità; perciò Dio, il tuo Dio, ti ha unto con olio di letizia al di sopra dei tuoi compagni". Cristo è pienamente Dio, ma non si è aggrappato alla sua gloria, anzi ha accettato di spogliarsene per divenire come noi, suoi servi, per servirci, non per essere onorato. Siamo chiamati a seguirne l’esempio. Vs. 7. ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; Volontariamente Gesù decide si spogliarsi della propria divinità e diviene uomo, come noi, acquisendo anche i nostri sentimenti. Tutto questo l’ha fatto per noi, la sua sposa, per renderci degni agli occhi di Dio. Sebbene la differenza esistente tra l’essere Dio e l’essere uomo sia abissale, pari alla grandezza dell’universo, Cristo vi ha rinunciato per il nostro bene: la nostra salvezza. Isaia 6:1-3. Isaia ha la visione del trono di Dio: Nell’anno della morte del re Uzziah, io vidi il Signore assiso sopra un trono alto ed elevato, e i lembi del suo manto riempivano il tempio. 2 Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno di essi aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. 3 25 L’uno gridava all’altro e diceva: "Santo, santo, santo è l’Eterno degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria". Giovanni 12:41. dice che colui del quale abbiamo letto in Isaia è Cristo. Egli era presente assieme al Padre ed ha creato la terra. Quando Adamo ha mangiato il frutto vietato, Dio ha detto che “è divenuto come noi” in quanto alla conoscenza, parlando assieme a Gesù. Matteo 27:27-31. Allora i soldati del governatore, avendo condotto Gesù nel pretorio, radunarono attorno a lui tutta la coorte. 28 E, spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto. 29 E, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra; e, inginocchiandosi davanti a lui, lo schernivano dicendo: "Salve, o re dei Giudei!". 30 Poi, sputandogli addosso, presero la canna e con quella lo percotevano sul capo. 31 E dopo averlo schernito, lo spogliarono di quel manto e lo rivestirono delle sue vesti; poi lo condussero via per crocifiggerlo. Per noi Gesù si è spogliato della propria gloria, descritta in Isaia, eppure egli ha scelto di venire sulla terra e di essere condotto in questa sala del trono, dove è stato giudicato. La sua corona, un tempo regale, ora è fatta di spine. Tutto questo è stato fatto per noi. Lo scopo dell’agire di Cristo è quello di poter morire, in quanto creatura, e salvare tutti gli uomini, mentre in quanto Dio non avrebbe potuto affrontare la morte. Salvando gli uomini, invece, sconfigge Satana e torna allo stato iniziale, quando il rapporto con Adamo e Eva era continuo. Si abbassa, si umilia, al fine di farci comprendere il carattere di Dio e il Suo cuore. Vs. 8. e, trovato nell’esteriore simile ad un uomo (viene ribadito il concetto che Cristo si fece uomo in tutto e per tutto), abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce. Per i Romani tale punizione era qualcosa di molto forte, al punto che lo scrittore Cicerone la giudica “orripilante e crudelissima”. Per i giudei, invece, rientrava nella categoria di Deuteronomio 21:23 e significava che la vittima era considerata esclusa dalla comunità di Israele e bandita dal patto di Dio. Per i giudei tale pensiero si dimostrò la pietra di intoppo alla croce (1 Corinzi 1:23 ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci;). Cristo si è umiliato, è stato obbediente a Dio ed ora viene innalzato dal Padre: Vs. 9. Perciò anche Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome, L’obbedienza del figlio è coronata dall’esaltazione, con la quale Dio lo resuscita e lo eleva in una posizione di onore. La resurrezione e la glorificazione, quindi, sono la risposta del Padre per l’obbedienza che condusse il figlio alla croce. Cristo è stato innalzato quando è stato resuscitato dai morti. Prima di lui nessuno aveva ancora ricevuto un corpo glorioso, bensì quello mortale, e perciò doveva morire nuovamente. Cristo, invece, ha ricevuto un corpo glorificato, come primizia della nostra resurrezione ed anteprima di quello che ogni credente avrà alla resurrezione dei morti. Perciò la sua elevazione ha portato beneficio anche a noi. Essendo stato ritenuto giusto, tutti coloro che ripongono in lui la propria vita, in Lui saranno giustificati, poiché Egli ha pagato per intero il prezzo della condanna dei peccati. Il nome di Cristo è importantissimo perché dato da Dio stesso. In altri casi il Signore si è comportato in modo analogo: Abramo, Sara, Isacco, Giacobbe, Giovanni battista. Matteo 1:21. Ed ella partorirà un figlio e tu gli porrai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai loro peccati". Gesù significa “Dio salva”. I cristiani devono compiere ogni cosa nel nome di Gesù, perché è il nome di Dio stesso ed è quello per il quale ogni cosa ci sarà data. Se anticamente il nome di Dio dimorava nel tempio e nel tabernacolo, ora dimora in noi, perché tempio dello Spirito Santo. Il nuovo 26 patto contempla la nuova arca, ossia il sangue di Cristo. Vi è una netta similitudine, infatti, tra l’antico tempio e l’attuale chiesa di Cristo, luogo di dimora dell’arca dell’alleanza. Il nome di Gesù è l’unico che ci salva. Atti 4.12. 12 E in nessun altro vi è la salvezza, poiché non c’è alcun altro nome sotto il cielo che sia dato agli uomini, per mezzo del quale dobbiamo essere salvati". Questo è il risultato dell’elevazione di Cristo: Vs. 10-11. affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature (o cose) celesti, terrestri e sotterranee, 11 e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre. Tutti i concetti qui espressi sono talmente grandi per la mente umana, che non sempre riusciamo a comprenderne ogni parte. Davide nel Salmo 139 afferma che la grandezza, la maestà e l’onnipotenza di Dio sono troppo immensi per la nostra capacità intellettiva, al punto da divenire incomprensibili. Ad es. il concetto di infinito per noi è inafferrabile, poiché la mente umana tende a porre dei limiti che delimitino le cose; il cielo è infinito, quindi non ha fine. Anche l’amore infinito di Dio per noi è incomprensibile, come lo è il fatto che Egli abbia scelto di divenire uomo, pur essendo nettamente superiore ad esso. Cristo si è umiliato perciò Dio lo ha innalzato ed ogni creatura riconoscerà la sua signoria su tutto il creato. Dio è umile, Satana è orgoglioso. Se oggi ci umiliamo davanti a Cristo e riconosciamo la sua sovranità sulla nostra vita, riceveremo la vita eterna. In ogni caso un giorno ci prostreremo davanti a Lui, assieme ad ogni altra creatura, ma sarà troppo tardi; è molto meglio farlo oggi, che siamo ancora in tempo per scegliere. Spesso il mondo si esalta per il risultato di una partita di calcio, ma raramente lo fa per il Signore, l’unico che ha dato la sua vita per ognuno di noi. Tuttavia, un giorno in cielo ogni persona si prostrerà davanti al Re dei Re, un’enorme moltitudine gioirà per Cristo, il Salvatore e farà festa assieme a Lui. In quel momento saremo trasformati in una nuova creatura, simili al Signore, lontani dalla nostra realtà limitata attuale e dalla fragilità del nostro corpo carnale. Perché Cristo si è comportato così? Nel vs 4 viene detto che egli non pensava ai propri desideri, ma al bene degli altri. Comprendendo la necessità del suo intervento, ha deciso di allontanarsi dal Regno di Dio e pagare il prezzo necessario. Nel vs. 11 viene specificato il secondo motivo, ossia la volontà di dare la gloria a Dio Padre. E’ venuto sulla terra, è divenuto come noi, ma conosceva il Padre e l’amore che Egli nutre per gli uomini. Il suo comportamento era diverso da quello degli altri uomini in quanto simile a quello di Dio; infatti, Egli ha detto agli apostoli che vedere lui è come vedere il Padre. Per accettare di morire per noi, Cristo ha compiuto 7 azioni: 1- non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, ovvero non ha tenuto alla sua posizione in cielo in modo egoistico. In questo modo Paolo afferma che Cristo è uguale al Padre, perché nella trinità il Padre, il figlio e lo Spirito Santo sono un’uguale entità divina. Cristo ha scelto di venire nel mondo volontariamente, senza guardare ai propri interessi, bensì ai nostri. Se anche noi avessimo la stessa mentalità di Cristo, certamente avremo molti meno problemi con i fratelli, perché desidereremmo maggiormente i loro interessi, più che i nostri. Per noi tale sentire è estremamente difficile, e per questo abbiamo bisogno di avere molta comunione con Cristo, al fine di assimilarne la personalità, la pace e il perdono. L’atteggiamento opposto è dettato da Satana. Ezechiele 28 descrive Satana, un angelo importante in cielo, uno dei più belli, ma ribelle ed orgoglioso. 27 Molto profonda è la differenza tra lui e Gesù, il quale si è spogliato della propria realtà precedente per salvarci. 2. svuota se stesso, 3. prende la forma di un servo 4. diviene simile agli uomini 5. abbassa se stesso 6. obbedisce a Dio 7. muore in croce. Dietro l’inno stanno numerosi richiami e riferimenti alla figura del “servo di Jahweh” del Vecchio testamento: Filippesi 2:8 e Isaia 53:8-12: Filippesi 2:8. e, trovato nell’esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce. Isaia 53:8-12. Fu portato via dall’oppressione e dal giudizio; e della sua generazione chi rifletté che era strappato dalla terra dei viventi e colpito per le trasgressioni del mio popolo? 9 Gli avevano assegnato la sepoltura con gli empi, ma alla sua morte fu posto col ricco, perché non aveva commesso alcuna violenza e non c’era stato alcun inganno nella sua bocca, 10 Ma piacque all’Eterno di percuoterlo, di farlo soffrire. Offrendo la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una progenie, prolungherà i suoi giorni, e la volontà dell’Eterno prospererà nelle sue mani. 11 Egli vedrà il frutto del travaglio della sua anima e ne sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il giusto, il mio servo renderà giusti molti, perché si caricherà delle loro iniquità. 12 Perciò gli darò la sua parte fra i grandi, ed egli dividerà il bottino con i potenti, perché ha versato la sua vita fino a morire ed è stato annoverato fra i malfattori; egli ha portato il peccato di molti e ha interceduto per i trasgressori. Filippesi 2.9 e Isaia 53:12. Filippesi 2.9. Perciò anche Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome. Isaia 53:12. Perciò gli darò la sua parte fra i grandi, ed egli dividerà il bottino con i potenti, perché ha versato la sua vita fino a morire ed è stato annoverato fra i malfattori; egli ha portato il peccato di molti e ha interceduto per i trasgressori. Filippesi 2.9 e Isaia 52:13. Isaia 52:13. Ecco, il mio servo prospererà e sarà innalzato, elevato e grandemente esaltato. Dunque: il quale (= Cristo), essendo in forma di Dio,: cioè di natura divina; secondo il greco significa: esistendo nella “morfè” di Dio, cioè possedendo quella gloria e quella somma di attributi che manifestano al di fuori l’essenza e la natura di Dio. non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio,: non considerò lo stato di uguaglianza con Dio e la somma di tali attributi come un “arpagmòn”, cioè una preda da non mollare o da afferrare avidamente; quindi, non considerò il diritto di assumere una natura umana gloriosa e dotata di tutti gli attributi e le prerogative tipiche di Dio, che all’esterno avessero manifestato la sua natura divina, come una preda e un tesoro geloso avidamente da esigere. 7. ma svuotò se stesso,: letteralmente significa “si svuotò di se stesso”, “ekènosen”, rinunciò alla gloria divina, che gli sarebbe spettata di diritto e che possedeva nella sua preesistenza. 28 prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini: assunse un’umanità identica alla nostra e soggetta ai nostri limiti e alle nostre debolezze, fuorchè il peccato. 8 e, trovato nell’esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte: si sottolinea l’obbedienza di Cristo al Padre, che fece della sua morte in croce un’oblazione volontaria e quindi un gesto di salvezza per tutti. e alla morte di croce: sottolinea che l’abbassamento di Cristo ha raggiunto il limite massimo. 9 Perciò: a causa di questo abbassarsi Cristo fu innalzato. Infatti, c’è un nesso profondo tra umiliazione e innalzamento, al punto che l’umiltà è la condizione necessaria perché Dio possa intervenire e agire con gloria. Esempio: Luca 1:48. perché egli ha avuto riguardo alla bassezza della sua serva, poiché ecco d’ora in poi tutte le generazioni mi proclameranno beata, anche Dio lo ha sovranamente innalzato: Dio interviene, innalza e glorifica. L’uomo non può glorificare se stesso e neanche Cristo, in quanto uomo. Il compito dell’uomo è quello di vivere umilmente e in obbedienza davanti a Dio, lasciando al Signore il compito di glorificarlo. e gli ha dato un nome: per gli ebrei il nome significa la dignità, la sostanza, la consistenza di una persona. Dio gli ha dato “il” nome, ossia la dignità suprema. “Gli ha dato” in greco significa “gli ha fatto dono”, “charìsato”, ossia è stato benevolo e gratuitamente gli ha donato. Analogamente, gratuito e frutto di dono è stata anche l’obbedienza di Cristo sulla croce verso Dio. che è al di sopra di ogni nome: nessun’altra creatura è così gloriosa come il Cristo glorificato dal Padre. 10. affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature (o cose) celesti, terrestri e sotterranee, 11 e ogni lingua confessi: Cristo viene proclamato Re e posto sul trono. Tutto il cosmo, l’umanità, gli esseri celesti e spirituali proclamano il primato e la supremazia di Cristo. Queste espressioni richiamano da vicino Isaia 45:23, ove si proclama la signoria e la regalità di Jawheh. Applicati a Cristo, tali vocaboli ne sottolineano la dignità divina ed il suo titolo di “Signore”, al pari del Padre. che Gesù Cristo è il Signore: proclama la Signoria di Cristo, “kyrios”, Signore di ogni cosa. alla gloria di Dio Padre: ogni cosa è finalizzata alla gloria di Dio. Fin qui Paolo ha esortato i Filippesi a cambiare la propria vita, se in essa vi è realmente la presenza di Dio. Certamente la salvezza non viene dalle opere, ma solamente dal sacrificio di Cristo, perché nulla possiamo aggiungere a questa azione accettata da Dio per la nostra redenzione. Tuttavia, se abbiamo sperimentato la grazia del Signore, se veramente lo abbiamo incontrato nel nostro cammino, allora la nostra vita deve cambiare e mostrare i segni di tale incontro. Anche se siamo salvati e nati di nuovo, esiste ancora 29 una trasformazione da compiere in noi, ad opera dello Spirito Santo, al fine di essere conformi all’immagine di Cristo. Vs. 12. Perciò, miei cari, come mi avete sempre ubbidito non solo quando ero presente, ma molto più ora che sono assente, compite la vostra salvezza (= collaborate con lo Spirito Santo nell’opera che sta compiendo in noi verso la salvezza) con timore e tremore, Nel momento in cui conosciamo il Signore, la nostra salvezza non può ridursi a qualcosa di apparente, a una facciata, e poi assumere atteggiamenti antitetici quando siamo lontani dalla chiesa. Quindi, Paolo esorta i credenti ad essere santi e consacrati, obbedienti al Signore al pari di Cristo, anche quando egli, fondatore della chiesa, è assente, poiché la vita di un cristiano deve essere sempre coerente. La scelta compiuta da Cristo è stata molto difficile, al punto che egli ha chiesto al Padre di allontanare da lui tale prova così dura, se fosse stato possibile. Anche la vita del cristiano è costellata di prove, e per questo motivo Paolo chiede ai Filippesi di essere obbedienti alla Parola e maturi nella fede anche se egli non è presente per vedere il loro comportamento. Il cammino col Signore è personale, a tu per tu, e non include la presenza di una moltitudine o comunque di un sorvegliante. Dalla nostra conversione in avanti, lo Spirito Santo porta avanti in noi un lavoro di perfezionamento, in vista della glorificazione eterna. Efesini 4:20-24. Voi però non è così che avete conosciuto Cristo, 21 se pure gli avete dato ascolto e siete stati ammaestrati in lui secondo la verità che è in Gesù 22 per spogliarvi, per quanto riguarda la condotta di prima, dell’uomo vecchio che si corrompe per mezzo delle concupiscenze della seduzione, 23 per essere rinnovati nello spirito della vostra mente, 24 e per essere rivestiti dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità. Paolo parla di “rivestirci dell’uomo nuovo” e dichiara chiaramente che ogni giorno può scegliere tra il camminare secondo la carne, rivestendosi dell’uomo vecchio, oppure di quello nuovo, nato dallo Spirito: mentre noi operiamo una scelta, lo Spirito Santo ci guida al fine di portarci alla salvezza. Colui che ha cominciato tale opera è Dio, il quale da sempre ha voluto un rapporto eterno con l’uomo. Vs. 13. poiché Dio è colui che opera in voi il volere e l’operare, per il suo beneplacito. Dio ha promesso nel libro di Geremia 31:33: "Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo quei giorni" dice l’Eterno: "Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Stabilisce un nuovo patto con gli israeliti, nel tempo in cui essi avrebbero visto il Messia. Dio ha messo la Sua legge nei nostri cuori e, grazie a Lui, desideriamo compiere la Sua volontà, in quanto il Suo volere diviene il nostro. La salvezza viene dall’operare dell’uomo, ma l’autore di ogni cosa è Dio. A lui va l’onore e la gloria. L’uomo collabora in questa trasformazione, ma il volere dell’uomo gli è dato da Dio, così come il suo agire verso la salvezza. Ezechiele 36:26. Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. L’uomo per sua natura non vuole Dio, non vuole obbedirGli, né sottomettersi, né dare a Lui tutta la gloria. Se agiamo diversamente dalla nostra natura, il merito è unicamente nell’opera che il Padre sta compiendo in noi. 30 Vs. 14. Fate ogni cosa senza mormorare e senza dispute, Le motivazioni del nostro cuore circa le azioni che svolgiamo devono essere analoghe al cuore di Cristo; così anche i nostri atteggiamenti devono essere corretti, non per la nostra gloria, ma per Dio. Paolo afferma tali cose in quanto conosce le tendenze umane, soprattutto la nostra inclinazione al lamento e alla scontentezza. Eppure, ogni responsabilità ricevuta è un segno di stima, di fiducia e, inoltre, è qualcosa che viene compiuto per Cristo: per questi motivi va portata a termine con gioia ed entusiasmo, alla gloria di Dio. Tuttavia, bisogna notare che il lamentarsi è stato un peccato che ha macchiato la purezza del popolo di Dio fin dal tempo antico. Esodo 16:7. e al mattino vedrete la gloria dell’Eterno, poiché egli ha udito le vostre mormorazioni contro l’Eterno; ma noi che cosa siamo perché mormoriate contro di noi?”. Numeri 11:1. Or il popolo si lamentò e questo dispiacque agli orecchi dell’Eterno; come l’Eterno li udì, la sua ira si accese, e il fuoco dell’Eterno divampò fra di loro, e divorò l’estremità dell’accampamento. Non solo si lamentarono contro Mosè, ma, cosa ancor più seria, si ribellarono contro Dio stesso. Nel caso dei Filippesi, comunque, il parallelo non è strettamente pertinente, in quanto essi volsero le proprie dispute l’uno verso l’altro, non contro Dio. Vs. 15. affinché siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo ad una generazione ingiusta e perversa, fra la quale risplendete come luminari nel mondo, tenendo alta la parola della vita, I bambini sono generalmente entusiasti nel compiere egli incarichi a loro assegnati, e vogliono mostrare agli adulti le loro capacità: analogamente dovrebbero essere i credenti nei confronti di Dio, svolgendo i compiti ricevuti con gioia. I non credenti devono vedere in noi questo atteggiamento, in mezzo ad una generazione “ingiusta e perversa”. Paolo afferma che i credenti sono dei “luminari”, ossia la luce (v. Genesi 1) che illumina il cielo di giorno e di notte, basata sulla santità e sulla giustizia di Dio. La luce illumina le tenebre, mostra ciò che il buio nasconde, illumina la via, al fine di indicare la giusta direzione. Esteticamente, ciò che nasce al buio, ad esempio in una grotta (es. funghi) non è bello da vedere, mentre ciò che trae vita alla luce è colorato e accattivante; analogamente, una splendente giornata di sole fa apparire ai nostri occhi il creato in tutta la sua bellezza. Ecco le parole di Cristo in Matteo 5:14-16. 14 Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può essere nascosta. 15 Similmente, non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candeliere, perché faccia luce a tutti coloro che sono in casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli". Anche se apparentemente i non credenti dimostrano di non apprezzare la luce, certamente dentro di loro hanno fame di ciò che vedono nella vita di chi ha Cristo in sé; ciò che li tiene lontani da Dio è l’orgoglio umano, lo stesso che li spinge a deridere i cristiani. Cosa ci serve per vivere senza mormorii e dispute? La fede e l’umiltà sufficiente per capire che Dio è colui che ci permette la vita ed ogni altra cosa. I risultati di tale vita sono l’essere: - irreprensibili e integri, - figli di dio senza biasimo, - risplendenti come astri nel mondo, - coloro che tengono alta la Parola della vita. 31 Vs. 16-18. affinché nel giorno di Cristo abbia di che gloriarmi, per non aver corso invano né invano faticato. 17 Ma anche se sono versato in sacrificio e servizio della vostra fede, ne gioisco e ne godo con tutti voi. 18 Similmente gioitene anche voi e rallegratevi con me. In tutte le lettere di Paolo è presente la sua gioia, indirizzata verso due cose: coloro che vengono a Cristo e coloro che crescono in Cristo. Questo era il suo desiderio per i credenti a Filippi (e per tutti i cristiani in genere): che al termine della sua vita, guardando la terra dal cielo, possa comprendere come la sua esistenza abbia avuto un significato e che il suo agire non sia stato vano. Infatti, la gloria di Dio e la salvezza dell’anima umana sono cose che dureranno in eterno. Sfidiamo noi stessi chiedendoci se siamo una luce, se serviamo Dio con l’animo giusto o lamentandoci, e cerchiamo di capire cosa conti realmente per noi, se un nostro regno o il regno di Dio. Tutti noi un giorno dovremo guardare la nostra vita e allora capiremo se abbiamo combattuto “il buon combattimento”, per la gloria di Dio, al fine di sentirci dire:”Ben fatto, servo fedele”. Vs. 12-18. Perciò, miei cari, come mi avete sempre ubbidito non solo quando ero presente, ma molto più ora che sono assente, compite la vostra salvezza (= collaborate con lo Spirito Santo nell’opera che sta compiendo in noi verso la salvezza) con timore e tremore, 13 poiché Dio è colui che opera in voi il volere e l’operare, per il suo beneplacito (per il suo disegno benevole-versione Luzzi). 14 Fate ogni cosa senza mormorare e senza dispute, 15 affinché siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo ad una generazione ingiusta e perversa, fra la quale risplendete come luminari nel mondo, tenendo alta la parola della vita, 16 affinché nel giorno di Cristo abbia di che gloriarmi, per non aver corso invano né invano faticato. 17 Ma anche se sono versato in sacrificio e servizio della vostra fede, ne gioisco e ne godo con tutti voi. 18 Similmente gioitene anche voi e rallegratevi con me. Questi versetti mostrano 5 segni identificanti l’avvenuta salvezza nel cristiano: - che la vita dell’individuo è cambiata, altrimenti non siamo nati di nuovo e non abbiamo la vita eterna. La salvezza si ottiene attraverso la fede in Cristo, tuttavia Giacomo afferma di dimostrare la fede nelle opere, le quali devono necessariamente essere lo specchio di una vita cambiata. La Bibbia narra la storia di alcune persone, le quali, pur avendo incontrato il Signore e gustato la Sua grazia, tuttavia non si sono convertite (es. i 10 lebbrosi sanati, le persone che seguivano Cristo e che poi erano tra la folla che ne voleva la crocifissione). - Che abbiamo timore e tremore di Dio, non dettato dalla paura verso un padrone malvagio. Nei Vangeli, infatti, è stato delineato in Cristo il carattere di Dio, il quale si è mostrato a noi nel suo essere amorevole e pronto al perdono (es. verso la donna adultera). Il timore che proviamo deve nascere dalla paura di perdere il Signore nella nostra vita e tutti i privilegi che l’essere vicino a Lui comportano. Se ci troviamo presso Dio, godiamo della Sua protezione e della Sua cura nella nostra vita. Questo è il sentimento dell’umile, il quale riconosce la propria debolezza e, di conseguenza, la necessità di dipendere dal Padre. Al contrario, l’orgoglioso ritiene di essere autosufficiente e, quindi, di potersi permettere l’allontanamento. Di fronte ai fatti che si verificano nel mondo (terremoti, epidemie…), dobbiamo guardare verso l’alto, poiché Cristo ci ha detto che essi sono solamente i segni che annunciano il Suo ritorno imminente. Pertanto, questo è proprio il momento di stringerci fortemente a Lui, poiché la fine è vicina. Un altro timore che dobbiamo 32 provare è quello di portare scandalo al nome di Cristo, di offendere, attraverso il nostro comportamento, colui che ci ha tanto amato. Ovviamente, dal momento che la nostra natura è peccaminosa, non possiamo certo pretendere di non sbagliare più; tuttavia non possiamo fare del peccato il nostro stile di vita abituale, in quanto lo Spirito di Dio modifica il nostro volere. Il passo successivo è l’operare, ossia il mettere in pratica i desideri che lo Spirito innesta nel nostro cuore. L’opera è solamente di Dio, mentre il nostro compito è unicamente quello di lasciarci condurre. Giovanni 6:26-29. Gesù rispose loro e disse: "In verità, in verità vi dico che voi mi cercate non perché avete visto segni, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati. 27 Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna, che il Figlio dell’uomo vi darà, perché su di lui il Padre, cioè Dio, ha posto il suo sigillo". 28 Gli chiesero allora: "Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?". 29 Gesù rispose e disse loro: "Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato". - - - L’unico compito che dobbiamo assolvere è quello di credere in Cristo, alla Sua Parola e ringraziarlo per l’opera che Egli ha iniziato nella nostra vita, essendo l’unico autore della nostra salvezza. In Galati, Paolo afferma che Dio lo aveva separato dal mondo già nel grembo di sua madre: anche se per una parte della sua vita egli è stato un persecutore dei cristiani, tuttavia il Signore era già all’opera e lo stava forgiando affinché diventasse un Suo servo fedele. Analogamente, se crediamo in Lui, Dio farà un’opera anche nella nostra vita e la porterà a termine. la pace e la gioia interiore che hanno i cristiani: i figli di Dio sono tranquilli, per cui non hanno bisogno di mormorare e discutere. I figli di Israele si lamentavano sempre di Mosè e, di conseguenza, dell’operato di Dio; per questo motivo il Signore non ha permesso loro di entrare nella terra promessa. Quando i rappresentanti delle 12 tribù sono andati in avanscoperta nel paese promesso da Dio ai figli di Israele, 10 di loro ne hanno colto solo gli aspetti negativi, e in questo senso hanno cercato di influenzare i fratelli, mentre 2 (Joshua e Caleb) hanno osservato i fatti attraverso gli occhi della fede, ed hanno pensato che, grazie all’aiuto di Dio, tutto sarebbe stato possibile. Chi possiede questa attitudine, vive serenamente anche i momenti difficili, in quanto si affida nelle mani di Dio. La vita di un figlio di Dio è irreprensibile agli occhi degli altri e vive una vita in modo integro. Agli occhi di Dio appare senza macchia, in quanto il sangue di Cristo purifica da ogni peccato. In questo modo possiamo brillare come le stelle del cielo. Tenere alta la parola della vita significa mettere la Parola di Dio al primo posto nella nostra vita, ossia studiarla quotidianamente. 1Pietro 2:2-3 : come bambini appena nati, desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza,3 se davvero avete gustato che il Signore è buono. Chi vuole crescere come credente deve studiare la Parola di Dio, perché solo in questo modo essa penetrerà all’interno dell’animo umano. Frutto di questo lavoro è la crescita individuale, lenta ma costante, in quanto la Bibbia è il pane quotidiano del cristiano. 1 Giovanni 1:1. Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita Cristo è la parola della vita, per cui chi legge la Bibbia conosce il Signore e tiene Cristo innalzato nella propria vita. Egli è la Parola, è divenuto carne e ha dimorato in mezzo a noi. Per questo il Signore deve occupare il primo posto nella nostra vita. Ora Paolo parla di due fratelli, Timoteo e Epafrodito, servi fedeli di Cristo. 33 Anche altre volte vengono citati nella Bibbia dei fedeli, ricordati sia per le loro buone opere, sia per il servizio malvagio che hanno svolto. Ad esempio, Dema viene citato per aver abbandonato l’opera di Dio e seguito i desideri della carne. Al contrario, Cristo afferma che in ogni tempo e luogo le persone ricorderanno la donna che lo ha cosparso di incenso, proprio grazie al gesto d’amore che ella ha compiuto. Timoteo e Epafrodito vengono ricordati quali esempi da seguire, ed anche oggi, dopo molti secoli, sono nominati nelle chiese dai cristiani di tutto il mondo. Di Timoteo possiamo leggere in numerose parti del N.T. Vs. 19-20. Ora spero nel Signore Gesù di mandarvi presto Timoteo, affinché anch’io sia incoraggiato nel conoscere le vostre condizioni, 20 perché non ho alcuno d’animo uguale al suo e che abbia sinceramente cura delle vostre cose. Paolo è a Roma, in carcere. Durante la sua vita ha viaggiato moltissimo, conoscendo migliaia di credenti e convertendo una moltitudine di persone. Ha lavorato per Cristo assieme a molti fratelli, eppure, al termine della propria vita, afferma che solo Timoteo è un uomo che ha la sua stessa anima e analoga visione. Più volte egli è stato il rappresentante personale di Paolo presso le chiese: 1 Corinzi 4:17. Per questa ragione vi ho mandato Timoteo, che è mio figlio diletto e fedele nel Signore, che vi ricorderà quali sono le mie vie in Cristo e come insegno dappertutto in ogni chiesa. 1 Corinzi 16:10. Ora, se viene Timoteo, fate in modo che rimanga con voi senza timore, perché si adopera nell’opera del Signore, come faccio io stesso. 1 Tessalonicesi 3:2. e mandammo Timoteo, nostro fratello e ministro di Dio, e nostro compagno d’opera nell’evangelo di Cristo, per confermarvi e confortarvi nella vostra fede, Timoteo si interesserà sinceramente dei Filippesi e avrà a cuore la loro comunità. Figlio spirituale di Paolo, ha assorbito lo spirito dell’apostolo ed ogni suo atteggiamento pastorale. Egli non ricercava gli interessi personali, bensì la crescita spirituale dei credenti ed il progredire della chiesa di Cristo. Aveva dato buona prova di sé servendo la causa del Vangelo ed agendo con il cuore. Egli trascurava se stesso e le proprie esigenze per impegnarsi nell’evangelizzazione. Era un servo del Signore. Altre persone, contrariamente a quanto compiuto da Timoteo o da Epafrodito, agivano per il proprio interesse: vs. 21. Tutti infatti cercano i loro propri interessi e non le cose di Cristo Gesù. E’ veramente raro trovare un uomo come Timoteo, desideroso di lavorare per il benessere degli altri ed offrirsi per un viaggio sfibrante, pur di porre fine alle liti in corso tra i fedeli in Filippi. Trattasi di un problema delicato, che richiede tatto, saggezza e pazienza. Il compito affidato a Timoteo era certamente poco invidiabile, specialmente per un uomo giovane (1 Timoteo 4:12. Nessuno disprezzi la tua giovinezza, ma divieni esempio ai fedeli nella parola, nella condotta, nell’amore, nello Spirito, nella fede e nella castità.), debole fisicamente (1 Timoteo 5:23. Non bere più soltanto acqua, ma fa’ uso di un po’ di vino a causa del tuo stomaco e per le tue frequenti infermità.) e riservato di carattere (1 Corinzi 16:10. Ora, se viene Timoteo, fate in modo che rimanga con voi senza timore, perché si adopera nell’opera del Signore, come faccio io stesso.) Vs. 22 Ma voi conoscete la sua prova come ha servito con me nell’evangelo, come un figlio serve al padre. I Filippesi conoscevano Timoteo fin dai tempi della predicazione da parte di Paolo e ne avevano provata la rettitudine e il carattere integro. A lui l’apostolo affiderà tutte le chiese, al termine della propria vita. Vs. 23-24. Spero dunque di mandarvelo non appena avrò sistemato completamente le mie cose. 24 Ora ho fiducia nel Signore che io pure verrò presto. 34 Ora Paolo elogia Epafrodito e lo raccomanda alla chiesa in Filippi. Egli è membro di tale chiesa, incaricato dai fratelli di portare a Paolo un aiuto economico e di assisterlo. Qui si è ammalato gravemente e Paolo ha preferito inviarlo nuovamente a casa, al fine di tranquillizzare i fratelli. A lui affida questa lettera. L’apostolo lo descrive come un suo “compagno di lotta e di lavoro”, ossia una persona che si dedica totalmente all’opera di Cristo. Lavorare e lottare con Paolo significava impegnarsi grandemente, dedicandosi alla causa del vangelo anziché alle proprie cose. Nel momento della malattia dimostra preoccupazione per i fratelli che lo sapevano in pericolo, quindi un grande cuore per essi, più che per se stesso. Credo sia utile notare quanto Paolo stimasse Epafrodito, sottolineando il fatto che egli aveva letteralmente rischiato la propria vita pur di supplire ai servizi del ministerio. Vs. 25. Tuttavia ho ritenuto necessario di mandarvi Epafrodito, mio fratello, compagno d’opera e di lotta, vostro apostolo e ministro dei miei bisogni A Epafrodito Paolo assegna tre titoli, corrispondenti tre livelli di consacrazione: fratello indica una parentela spirituale ed una medesima figliolanza con Dio. Inoltre sottolinea l’amore che lega gli uni gli altri i membri di una stessa famiglia, sia pure spirituale, e una vicinanza affettiva. Compagno d’opera indica una persona che lavora fianco a fianco con un’altra per il Signore. Era un uomo in grado di cooperare con gli altri e sottomettersi alle altre persone. Di lotta, ossia nella lotta per il Signore, un soldato per Dio. 2 Timoteo 2:1-4. Tu dunque, figlio mio, fortificati nella grazia che è in Cristo Gesù; 2 e le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad altri. 3 Tu dunque sopporta sofferenze, come un buon soldato di Gesù Cristo. 4 Nessuno che presta servizio come soldato s’immischia nelle faccende della vita, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato. Un soldato è colui che è in grado di soffrire, che dona molto più del superfluo, al fine di piacere a Dio. Egli non s’immischia nelle cose che non riguardano il suo Re, ossia le cose di questo mondo. Un soldato è un uomo addestrato, al fine di compiere bene il proprio lavoro, obbediente, pronto al sacrificio della vita. vostro apostolo e ministro dei miei bisogni: Epafrodito era venuto da Paolo quale rappresentante della chiesa, della quale era “messaggero”, ossia “apostolo”, per portargli in dono del danaro. Vs. 26-30. poiché egli desiderava molto vedervi tutti, ed era angosciato perché avevate udito che era stato ammalato. 27 Difatti egli è stato malato e molto vicino alla morte, ma Dio ha avuto pietà di lui, e non solo di lui ma anche di me, perché non avessi tristezza su tristezza. 28 Ve l’ho mandato perciò con tanta premura perché, vedendolo, di nuovo vi possiate rallegrare ed io stesso sia meno contristato. 29 Accoglietelo dunque nel Signore con grande gioia e abbiate stima di persone come lui, 30 perché per l’opera di Cristo egli è stato molto vicino alla morte, avendo esposto a rischio la propria vita, per supplire ai servizi che voi non potevate prestarmi. Alcune correnti di pensiero asseriscono che la malattia sia frutto del peccato, imputabile o alla persona ammalata o a un suo antenato. Pur essendo vero che talvolta il peccare ha come conseguenza la malattia (es. i rapporti occasionali possono far contrarre l’aids), tuttavia è certo che le infermità non sono una punizione divina per il male commesso. In caso contrario, infatti, tutti gli uomini sarebbero malati. 35 Il corpo umano è mortale, quindi soggetto alla malattia e alla morte. Il fatto veramente importante è che l’anima del cristiano sia in salvo, al sicuro presso Dio. Quanto a Epafrodito, egli è un uomo che seppe mettere in gioco la vita per il servizio di Cristo, nell’interesse dell’apostolo e per conto della comunità di Filippi, la quale non poteva dare aiuto in altro modo, essendo distante migliaia di chilometri. Sicuramente ricercava poco le comodità e la sicurezza personale, pur di assumersi le proprie responsabilità. Cap. 3 Vs. 1. Per il resto, fratelli miei, rallegratevi nel Signore; per me certo non è gravoso scrivervi le stesse cose, e per voi è una salvaguardia. “Rallegrarsi nel Signore” vuol dire stringersi a Lui nelle difficoltà, certi del fatto che Egli abbia sotto controllo ogni cosa. Se la nostra vita è fondata su Gesù Cristo, possiamo affrontare qualsiasi problema, affidandoci a Lui, riposando e rifugiandoci in Lui. Molto spesso la vita quotidiana ci mette alla prova, e nelle difficoltà è molto difficile gioire; tuttavia la Parola di Dio ci avverte che le avversità si susseguiranno, ma altresì ci conforta affermando che ogni cosa è posta sotto il controllo di Dio. Proprio nelle persecuzioni la chiesa trova una maggiore crescita e la presenza del Signore si fa tangibile, con prodigi e segni. La meta cui dobbiamo aspirare è la vita eterna, il luogo che Cristo è andato a prepararci, in cui troveremo un tesoro preparato per noi, costituito dalle azioni che abbiamo compiute. Esse non ci daranno la vita eterna, ma certamente produrranno un frutto e saranno vagliate dal fuoco: esso le brucerà, oppure mostrerà che sono d’argento o d’oro. Luca 10:20. Tuttavia non vi rallegrate del fatto che gli spiriti vi sono sottoposti, ma rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli". Romani 12:12. allegri nella speranza, costanti nell’afflizione, perseveranti nella preghiera; Sappiamo che Cristo ha preparato per noi una vita eterna nel cielo e questo ci dà gioia. Paolo dice ai Filippesi di dover ripetere loro alcuni concetti, forse già esposti in un’altra lettera, che non è pervenuta fino a noi oggi. Questo capita perché l’essere umano tende a dimenticare le cose di Dio, e per questo motivo deve studiare continuamente la Bibbia e imprimere nella propria mente gli insegnamenti dati dal Signore. 36 Altro scopo della ripetizione delle verità di Dio è il pericolo, antico e anche attuale, che nelle chiese possano penetrare dottrine distorte, le quali portano confusione, soprattutto nei fratelli giovani nella fede. Vs.2. Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare (= pratica della circoncisione). Paolo dice di fare attenzione a coloro che non operano per Cristo, ma guardare unicamente a Lui e alla Parola. Infatti, esistono cattivi operai, lupi e falsi profeti, che si insinuano nelle chiese per distruggere l’opera di Dio e portare i fedeli nella via errata. Al tempo di Paolo chiamare “cane” una persona era qualcosa di molto negativo, perché con tale termine si intendeva un essere malvagio e aggressivo. In Apocalisse è scritto che “i cani non entreranno nella santa città” proprio a causa della loro malvagità, mentre per gli ebrei tale animale era il più impuro, al punto da identificare i gentili con un “cane”. Paolo avverte i cristiani di guardarsi da coloro che predicano la falsa dottrina della circoncisione, al fine di ottenere la salvezza, affermando che tale credenza è falsa e ingannevole. La vera circoncisione viene dal credere in Cristo e nel servirlo; al contrario, gli ebrei ponevano fede nelle proprie azioni, quali veicoli per ottenere la salvezza: seguire la legge di Mosè, essere circonciso, pagare la decima, fare sacrifici, ecc. Tuttavia questo è un inganno di Satana, in quanto la salvezza si ha solo per grazia e per il sangue dell’Agnello. Paolo non ha mai parlato senza rispetto del rito giudaico della circoncisione, ma ciò che lo faceva infuriare era l’insistenza dei giudaizzanti sul fatto che il rito dovesse essere imposto ai cristiani gentili per renderli “cristiani a tutti gli effetti”. Atti 15:1. Or alcuni, discesi dalla Giudea, insegnavano ai fratelli, dicendo: "Se non siete circoncisi secondo il rito di Mosé, non potete essere salvati". Contro tale falsa dottrina egli scrisse ai Galati in tono molto incisivo, affermando la salvezza per grazia, ad opera del sacrificio di Cristo sulla croce. Romani 4:7-12. "Beati coloro le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. 8 Beato l’uomo a cui il Signore non imputerà il peccato". 9 Ora dunque questa beatitudine vale solo per i circoncisi, o anche per gli incirconcisi? Perché noi diciamo che la fede fu imputata ad Abrahamo come giustizia. 10 In che modo dunque gli fu imputata? Mentre egli era circonciso o incirconciso? Non mentre era circonciso, ma quando era incirconciso. 11 Poi ricevette il segno della circoncisione, come sigillo della giustizia della fede che aveva avuto mentre era ancora incirconciso, affinché fosse il padre di tutti quelli che credono anche se incirconcisi, affinché anche a loro sia imputata la giustizia, 12 e fosse il padre dei veri circoncisi, di quelli cioè che non solo sono circoncisi ma che seguono anche le orme della fede del nostro padre Abrahamo, che egli ebbe mentre era incirconciso. Abramo è padre degli incirconcisi, in quanto egli ricevette le promesse di Dio prima della circoncisione; successivamente fu circonciso, al fine di essere padre anche dei giudei. Colossesi 2:11. nel quale siete anche stati circoncisi di una circoncisione, fatta senza mano d’uomo, ma della circoncisione di Cristo, mediante lo spogliamento del corpo dei peccati della carne: La nostra circoncisione riguarda il cuore, in quanto siamo stati spogliati dei desideri carnali. Ora camminiamo nello Spirito, non più nella carne. Dopo aver duramente criticato questi falsi insegnanti, Paolo spiega ai credenti che in realtà i veri circoncisi sono coloro che credono in Cristo Gesù e che la vera circoncisione non si verifica nella carne, bensì nel cuore. Essa consiste in un’opera che compie Dio, spiritualmente, nel momento in cui una persona crede veramente nel Signore. 37 Vs. 3-4. I veri circoncisi infatti siamo noi che serviamo Dio nello Spirito e ci gloriamo in Cristo Gesù senza confidarci nella carne, 4 benché io avessi di che confidare anche nella carne; se qualcuno pensa di avere di che confidare, io ne ho molto di più: La tendenza a fidarsi della carne è innata nella persona religiosa, la quale ritiene di potersi presentare davanti a Dio grazie ai propri sforzi, ottenendo per essi la Sua approvazione. Da qui nascono i riti di culto, i quali dovrebbero essere in grado di conferire alla persona la benedizione divina che essa desidera. Tuttavia questo non è il vero vangelo. Anche altrove si parla della vera circoncisione, ad es. in Colossesi 2:10-13. E voi siete ripieni in lui, che è il capo d’ogni principato, e podestà.11 nel quale siete anche stati circoncisi di una circoncisione, fatta senza mano d’uomo, ma della circoncisione di Cristo, mediante lo spogliamento del corpo dei peccati della carne: 12 essendo stati sepolti con lui nel battesimo, in lui siete anche stati insieme risuscitati, mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti. 13 E con lui Dio ha vivificato voi, che eravate morti nei peccati e nell’incirconcisione della carne, perdonandovi tutti i peccati. Anche il V.T. parla della circoncisione spirituale: Deut. 10:16. Circonciderete perciò il prepuzio del vostro cuore e non indurite più il vostro collo; Deut. 30:6. L’Eterno, il tuo DIO, circonciderà il tuo cuore e il cuore dei tuoi discendenti, affinché tu ami l’Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e così tu viva. Leggendo questi versetti potremmo pensare che non hanno nulla a che fare con noi poiché è estremamente difficile che dei giudei vengano a dirci di seguire la legge di Mosè. Tuttavia il principio è ancora molto valido dal momento che anche oggi ci sono persone che si presentano come cristiani ed insegnano dottrine in cui si pone la fede nella carne. Per esempio, quando una religione afferma che la salvezza avviene attraverso la fede unita a riti religiosi e sacramenti, essa è il frutto di un falso insegnamento. Ora Paolo elenca tutti i suoi requisiti, derivanti dalla sua nazionalità ebraica: Vs. 5-7. 5 sono stato circonciso l’ottavo giorno (come ogni altro primogenito), sono della nazione d’Israele, della tribù di Beniamino(figlio prediletto di Giacobbe, come Giuseppe. La tribù di Beniamino, inoltre, insieme a quella di Giuda rimase fedele all’adorazione del Tempio, quando il regno fu diviso. Gerusalemme si trovava in Beniamino.), Ebreo di Ebrei (la parola “ebreo” compare la prima volta con Abramo, definito “l’ebreo”. L’origine del nome sembra sia in “Eber”, antenato di Abramo, il cui nome significa “attraversamento di un fiume”, cosa che fece Abramo quando partì da Ur dei Caldei. Essere ebreo non significa appartenere ad una razza, ma ad una religione, grazie alla quale viene accettato il Dio d’Israele quale Dio della propria vita, divenendone figlio. Al tempo di Paolo vi erano degli ebrei di nazionalità, i quali non credevano in Dio, ed affermavano di non essere ebrei, ma di tendenza ellenistica, essendo cresciuti seguendo la cultura greca. Tanti addirittura parlavano solo il greco e non conoscevano l’ebraico, altri avevano un genitore greco e l’altro ebraico. Invece, Paolo era ebreo e figlio di ebrei, conosceva l’ebraico ed era cresciuto secondo le usanze del suo popolo.), quanto alla legge, fariseo (i farisei erano i più fanatici e fiscali, irreprensibili circa l’adempimento della legge di Dio. Stranamente Paolo non si vanta del fatto di essere anche cittadino romano), 6 quanto allo zelo, persecutore della chiesa (Paolo era molto zelante e tale qualità è stata portata dal Signore a proprio favore. Tutto ciò che egli ha compiuto prima della conversione derivava dalla sua volontà umana; poi Dio gli ha cambiato il carattere e 38 convertito il cuore, mantenendo tutte le caratteristiche che egli possedeva prima, ma modificandole per i propri scopi. E’ stato frustato varie volte, lapidato quasi fino alla morte, è naufragato, tuttavia non ha recesso di un passo pur di servire Dio); quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile. 7 Ma le cose che mi erano guadagno, le ho ritenute una perdita per Cristo. Paolo elenca tutte quelle qualifiche che lo caratterizzano come ebreo, affermando, tuttavia, che esse non hanno alcuna importanza per Cristo. Egli fu un grande peccatore, un persecutore dei credenti, un omicida, ed afferma che certamente Dio lo ha salvato perché fosse un esempio vivente della misericordia divina. Vs. 8. Anzi, ritengo anche tutte queste cose essere una perdita di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù mio Signore, per il quale ho perso tutte queste cose e le ritengo come tanta spazzatura (=sterco) per guadagnare Cristo, L’unica certezza in possesso degli esseri umani è il fatto di aver conosciuto Cristo ed averlo quale personale salvatore. Coloro i quali hanno questa certezza, sono coscienti del fatto di essere stati perdonati e di avere la vita eterna, ma solo grazie a ciò che ha fatto Cristo. Tutti gli sforzi umani sono dei rifiuti per Dio, senza valore e inutili, perché conta solo l’operare di Gesù. Chi mette da parte la religiosità guadagna Cristo nella propria vita, essendo trovato “in lui”. Paolo è una persona particolare, unica, scelta da Dio per il suo carattere deciso. Altri personaggi vengono scelti tra i disadattati. Ad es. la scelta degli apostoli narrata da Luca, avvenuta dopo una notte di preghiera: Pietro, colui che lo avrebbe tradito, un ignorante, al pari di Giacomo e Giovanni, che diverranno suoi collaboratori, Matteo, un pubblicano e traditore dei fratelli israeliti, e tutti gli altri, gente semplice, priva di attributi speciali. Da questo possiamo capire che tutti possono servire nell’opera di Dio, perché non è importante quello che siamo, bensì il nostro saperci arrendere a Dio, mettersi nelle sue mani e permettergli si usarci a Suo piacere. In tutto ciò si comprende come Paolo sia stato un caso raro, ossia una persona totalmente diversa dagli apostoli, dotta e appartenente alla buona società; eppure egli si è spogliato di tutti i suoi attributi per seguire la via indicata da Dio e divenire servo degli altri. Per questo motivo il vangelo viene accettato facilmente dalle persone umili, in quanto esse non hanno grandi difficoltà a lasciar demolire da Dio il nulla della loro vita. Un personaggio come Paolo, invece, deve distruggere tutto il proprio essere, cambiare il modo di pensare e tutto se stesso. Eppure egli l’ha fatto. Tutte le sue conoscenze bibliche sono state un valido tesoro, in quanto gli hanno permesso di conoscere Cristo, annunciato in ogni punto del Vecchio Testamento. Esso era come l’ombra, la quale riproduce l’oggetto, sia pure in modo poco chiaro. L’oggetto dotato di luce è il Nuovo testamento, che rende comprendibile ciò che prima era confuso. Ad esempio le profezie su Gesù, come il Salmo 22: 1 <<Al maestro del coro. Sul motivo: "La cerva dell’aurora". Salmo di Davide>> Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Perché sei così lontano e non vieni a liberarmi, dando ascolto alle parole del mio gemito? 2 O DIO mio, io grido di giorno, ma tu non rispondi, e anche di notte non sto in silenzio….. 13 essi aprono la loro gola contro di me come un leone rapace e ruggente. 14 Sono versato come acqua, e tutte le mie ossa sono slogate il mio cuore è come cera che si scioglie in mezzo alle mie viscere. ….17 posso contare tutte le mie ossa; essi mi guardano e mi osservano. 18 Spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica. Davide non ha mai vissuto tali afflizioni, pertanto le parole riportate sono chiaramente una profezia su Gesù. Fino a quando tali cose non si sono verificate, il loro significato è rimasto oscuro, quali ombre di cose future. Quindi, la Bibbia è il libro che riporta la Parola di Dio nella sua interezza, in quanto ogni punto si è realizzato con estrema precisione. 39 Circa le persone scelte da Dio quali suoi servitori: 1 Corinzi 1:23-31. ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci; 24 ma a quelli che sono chiamati, sia Giudei che Greci, noi predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; 25 poiché la follia di Dio è più savia degli uomini e la debolezza di Dio più forte degli uomini. 26 Riguardate infatti la vostra vocazione, fratelli, poiché non ci sono tra di voi molti savi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili, 27 ma Dio ha scelto le cose stolte del mondo per svergognare le savie; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; 28 e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose spregevoli e le cose che non sono per ridurre al niente quelle che sono, 29 affinché nessuna carne si glori alla sua presenza. 30 Ora grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, 31 affinché, come sta scritto: "Chi si gloria, si glori nel Signore". Dio sceglie i più umili, coloro che si trovano nelle difficoltà, perché è scritto che “colui al quale è stato molto perdonato, ama molto”: chi non ha più nulla da perdere è il servo ideale, in quanto disposto a rinascere assieme a Cristo; al contrario, chi ha una vita ben strutturata e serena, stenta a seguire Gesù, se ciò comporta lasciare la casa, la famiglia, il lavoro e le persone che conosce: tutti questi sono impedimenti, che limitano il seguire il Signore. Tuttavia, come nel caso di Paolo, non esiste cosa alcuna per la quale gloriarsi davanti a Cristo; l’unica cosa che conta è l’amore con il quale ci ha onorato e la bontà che ha rivolto a noi. I cristiani sono santi, ossia “separati dal mondo” da Dio e ciò avviane perché Gesù è santo e noi siamo custoditi nei luoghi celesti “in” Lui. Dio ci vede tramite la santità di suo figlio, che ci copre, e attraverso il suo sacrificio, che ci dà la salvezza. Pertanto, l’opera è totalmente di Dio, mentre il nostro compito è unicamente quello di accettarla. Vs.9. e per essere trovato in lui (= dentro Gesù, il quale ci ricopre), avendo non già la mia giustizia che deriva dalla legge, ma quella che deriva dalla fede di Cristo: giustizia che proviene da Dio mediante la fede, Anche per noi oggi il segreto sta nell’abbandonare tutte quelle azioni umane che ci sembrava potessero essere gradite a Dio, ed andare verso Gesù Cristo, protesi verso di Lui. Ogni persona ha dei difetti, ma se protendiamo verso Cristo, camminiamo verso di lui e verso la salvezza. Teniamo gli occhi fissi su Gesù ed avremo davanti l’esempio perfetto. La salvezza viene da Cristo, non dalle nostre opere “perché nessuno si glori”, afferma Efesini. Romani 10:4-13. Giustizia della legge e giustizia della fede. perché il fine della legge è Cristo, per la giustificazione di ognuno che crede. 5 Mosé infatti descrive così la giustizia che proviene dalla legge: "L’uomo che fa quelle cose, vivrà per esse". 6 Ma la giustizia che proviene dalla fede dice così: "Non dire in cuor tuo: Chi salirà in Cielo?". Questo significa farne discendere Cristo. 7 Ovvero: "Chi scenderà nell’abisso?". Questo significa far risalire Cristo dai morti. 8 Ma che dice essa? "La parola è presso di te, nella tua bocca e nel tuo cuore". Questa è la parola della fede, che noi predichiamo; 9 poiché se confessi con la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato. 10 Col cuore infatti si crede per ottenere giustizia e con la bocca si fa confessione, per ottenere salvezza,. 11 perché la Scrittura dice: "Chiunque crede in lui non sarà svergognato". 12 Poiché non c’è distinzione fra il Giudeo e il Greco, perché uno stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. 13 Infatti: "Chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato". Lo spirito del Signore è dentro il cristiano, gli insegna la Parola e gli dice ciò che la sua bocca deve pronunciare. E’ colui che ci riprende e ci fa camminare rettamente. Cristo dev’essere confessato pubblicamente con le parole e con il battesimo. 40 Vs. 10. per conoscere lui, Cristo la potenza della sua risurrezione e la comunione delle sue sofferenze, essendo reso conforme alla sua morte, Cosa significa “conoscere Gesù”? Nel greco il termine “conoscere” indica qualcosa di intimo e profondo; equivale al significato ebraico di “Abramo conobbe Sara”. Quando Paolo scrive tale frase, era convertito ormai da moltissimi anni e da tempo immemorabile seguiva la via di Cristo. Eppure, ciò che egli esprime è il proprio desiderio di conoscere Gesù sempre più a fondo e tuffarsi nella sua profondità, perché ritiene che la via che porta al Salvatore sia infinita. Egli era innamorato di Gesù, consumato dal desiderio di fare la sua volontà e per amor suo aveva predicato la Parola in tutto il mondo. Cristo, infatti, è il dono che Dio ha inviato per noi, la sua primizia, il suo unico figlio, affinché tramite lui potessimo ottenere in dono la vita eterna e il perdono dei peccati. 1 Pietro 4:13-14. Le sofferenze di Cristo. 13 Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella manifestazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. 14 Se siete vituperati per il nome di Cristo, beati voi, poiché lo Spirito di gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi; da parte loro egli è bestemmiato, ma da parte vostra egli è glorificato. Chi è vituperato a causa del nome di Gesù, deve considerarsi beato, perché ciò avviene per il Signore. Paolo ha vissuto una stretta affinità con Cristo, in quanto, dalla sua conversione in poi, molte volte ha sofferto per il suo Signore. Essere IN CRISTO significa conoscerlo personalmente ed essere da lui reso giusto. Il cristiano sperimenta la potenza della resurrezione, incredibile manifestazione della potenza di Dio. In quel momento Cristo vinse la morte, il peccato e Satana, e anche noi, che per nostra natura siamo morti nel peccato, grazie alla resurrezione di Cristo riceviamo la vita in eterno. Per fede oggi siamo già seduti in cielo assieme a Cristo. Nella vita quotidiana il cristiano è spesso vittima di sofferenze e di derisioni da parte di coloro che non credono in Dio. Paolo, che ha vissuto in un tempo di vera persecuzione, è felice di partecipare alla sofferenza di Cristo per essere simile a Lui il più possibile. Ancora: il cristiano deve mettere a morte la propria vita carnale giorno dopo giorno e soprattutto il peccato. La morte non è una cosa né bella né piacevole; quella di Cristo fu terribile, però egli l’accettò poiché i suoi occhi erano fissi sulla gioia che ne sarebbe seguita. Similmente, morire al peccato è difficile, poiché esso fa parte di noi, tuttavia un aiuto ci viene dall’alzare gli occhi al cielo per guardare la gloria che sta davanti a noi. Il risultato sarà la vita eterna con Cristo. Alla fine dei tempi ci sarà la resurrezione dei morti, quando i corpi dei cristiani saranno trasformati e riuniti alle loro anime, che con la morte sono andate con Cristo. Vs. 11. se in qualche modo possa giungere alla risurrezione dai morti. Apocalisse afferma che ci sarà la resurrezione dei giusti, quindi il regno milleniare, poi l’ultima ribellione, la seconda resurrezione e il giudizio finale. Pertanto Paolo sta affermando che desidera avere una giustizia tale da ottenere la resurrezione dei giusti, ossia la prima. Vs.12. Non che io abbia già ottenuto il premio, o sia già arrivato al compimento (=alla perfezione), ma proseguo per poter afferrare (=conquistare) il premio, poiché anch’io sono stato afferrato (=conquistato) da Gesù Cristo. Paolo parla della tensione esistente tra ciò che ha conseguito nel presente e ciò che aspira per il futuro. Egli è stato un credente eccezionale, scelto da Cristo come apostolo. Gesù stesso gli è apparso molte volte, ispirando tutti gli insegnamenti di Paolo. Questi aveva più zelo di tutti gli altri perciò, se ci fosse stato un uomo in grado di arrivare alla perfezione, questo sarebbe stato lui. Invece, egli dichiara di non aver ottenuto il traguardo 41 finale, per cui prosegue nel cammino, sempre per quella via, senza abbandonarla e senza fermarsi. L’unico scopo della sua vita è quello di afferrare Cristo. Il segreto della vita di Paolo è il suo essere stato totalmente proprietà di Cristo, al quale ha dato tutto se stesso, consacrandosi completamente. Questa è la chiave di lettura di tutta la sua vita e delle sue lettere. Paolo era un grande uomo di Dio, ma non riteneva di essere giunto al capolinea della propria opera: tanta era la strada da percorrere prima di arrivare al traguardo della sua vita. Se questo era il sentimento di Paolo, tanto più dovrebbe essere il nostro. Se il Signore si serve di noi per compiere qualcosa di buono, non dobbiamo gonfiarci e elogiare noi stessi, bensì comprendere che ogni cosa viene compiuta per opera di Dio. Giobbe 17:9. Tuttavia il giusto rimane saldamente attaccato alla sua via, e chi ha le mani pure si fortifica sempre di più. Giobbe è stato un uomo che ha attraversato numerose difficoltà, eppure è rimasto saldamente ancorato a Dio, per seguire la giusta via. Analogamente è accaduto a Paolo, il quale era unicamente interessato a Cristo e solo a Lui rimaneva ancorato. 1 Timoteo 6:12. Combatti il buon combattimento della fede, afferra la vita eterna, alla quale sei stato chiamato e per cui hai fatto la buona confessione di fede davanti a molti testimoni. Paolo afferma di voler afferrare la vita eterna, la quale è stata già donata da Cristo. Salmo 138: 8. L’Eterno compirà l’opera sua in me; o Eterno la tua benignità dura per sempre; non abbandonare le opere delle tue mani. Anche qui viene affermato che l’opera è sempre compiuta da Dio, mentre l’uomo ha il compito di accettarla. Paradossalmente ciò viene affermato in una parte della Bibbia che generalmente esalta il legalismo e lo sforzo umano. Ebrei 13:21. vi perfezioni in ogni buona opera, per fare la sua volontà, operando in voi ciò che è gradito davanti a lui per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Dio ha fatto qualcosa, e allo stesso modo anche noi dobbiamo agire, anche se in realtà è Dio stesso ad operare dentro di noi. Vs. 13-14. Fratelli, non ritengo di avere già ottenuto il premio, ma faccio una cosa: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso le cose che stanno davanti, 14 proseguo il corso verso la méta, verso il premio della suprema vocazione di Dio in Cristo Gesù. Paolo non guardava mai indietro, ripensando all’opera compiuta; al contrario, egli fissava Gesù Cristo, comprendendo che solo Lui poteva essere l’autore di tutte le straordinarie meraviglie realizzate. Era un uomo umile, non orgoglioso, e per questo motivo veniva usato da Dio. L’obiettivo finale per il cristiano è la resurrezione dei giusti, data da Gesù come premio. Gli uomini importanti che hanno avuto una vita integra davanti a Dio hanno avuto la capacità di guardare avanti. Es. Abramo ha creduto alle promesse di Dio, nonostante la veneranda età, e quando gli è stato chiesto di sacrificare Isacco, si è mostrato pronto a farlo; Mosè, pur avendo una famiglia ed una vita nuova, ha accettato di tornare in Egitto in soccorso degli Ebrei perché credeva alla ricompensa data da Dio; Geremia ha vissuto numerose sofferenze e difficoltà, eppure ha avuto la forza di guardare all’obiettivo finale in Dio. 42 Questa determinazione è la stessa che troviamo in Paolo: nonostante i fatti accaduti, che tu sia o meno un uomo di successo (Mosè, Abramo o Giuseppe), bisogna guardare avanti, verso la meta e il premio finale. 2 Corinzi 4:17. Infatti la nostra leggera afflizione, che è solo per un momento, produce per noi uno smisurato, eccellente peso eterno di gloria; Proprio Paolo, che ha vissuto moltissime vicissitudini, è in grado di affermare che l’afflizione umana sulla terra è leggera e che dura solo un momento, mentre come contraltare vi è la gloria eterna, immensa, non misurabile ed eccellente in qualità. Questa era l’ottica di Paolo, la quale l’ha accompagnato lungo tutta la vita. Vs.15. Quanti siamo perfetti, abbiamo dunque questi pensieri; e se voi pensate altrimenti in qualche cosa, Dio vi rivelerà anche questo. La Bibbia, sia per quanto riguarda la salvezza che la perfezione, si esprime con tre tempi diversi: “siamo stati salvati”, che riguarda il nostro essere spirituale, “siamo salvati”, che si riferisce al rinnovamento della mente, “saremo salvati”, inerente alla resurrezione del nostro corpo. Noi siamo sulla via della salvezza, lungo la quale nulla di negativo può accaderci in quanto siamo con Cristo. Per la perfezione, la Bibbia afferma che siamo stati creati perfetti, ma anche che siamo perfetti e lo saremo anche in futuro. Questo è il processo di perfezionamento, che avviene nella chiesa attraverso i ministeri. In questo versetto, quindi, Paolo non sta innalzando se stesso, bensì sta affermando che l’essere umano è stato creato perfetto da Dio. Anche Gesù nella preghiera sacerdotale, in Giovanni 17:23: Io sono in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me. afferma che nell’unità è possibile essere perfetti anche qui sulla terra. Paolo per fede asserisce che siamo stati resi perfetti e che, quindi, lo siamo; pertanto dobbiamo avere questi pensieri, ossia sapere cosa ci aspetta e camminare in quella direzione, certi di ottenere il premio della gloria. Molte volte l’apostolo lega la perfezione all’amore; in Colossesi asserisce che l’amore è il vincolo della perfezione, ossia che è in grado di rendere perfetto l’uomo nella vita cristiana. Per dimostrare che la perfezione è sia un dato di fatto che un processo, perfino Cristo è passato attraverso questo divenire, essendo stato reso perfetto dalle sofferenze; egli ha accettato di soffrire per amore dell’uomo, in quanto questo sentimento è il vincolo che ci unisce a Lui e ci rende perfetti. Vs. 16. Ma al punto in cui siamo arrivati, camminiamo secondo la stessa regola di condotta in pieno accordo. Paolo insiste qui nell’essere uniti, stretti assieme dal vincolo dell’amore. In Apocalisse, Cristo rimprovera alla chiesa di Efeso, dopo un elenco di elogi, di aver dimenticato il primo amore; li esorta, poi, al ravvedimento. Vs. 17. Siate miei imitatori, fratelli, e considerate coloro che camminano così, secondo l’esempio che avete in noi. In questi versetti Paolo mette in evidenza il fatto che la chiesa sia composta da persone molto diverse, e per tale motivo chiede di essere imitato, in quanto maturo nella fede, come pure lo devono essere coloro che si comportano con maturità e rettitudine. Anche 43 nelle chiese attuali può avvenire questo, sebbene Cristo sia il modello per antonomasia; infatti, ci sono fratelli che hanno raggiunto un tale grado di maturità, da poter essere la guida spirituale per molti altri. Paolo non era un uomo che si limitava ad insegnare con le sole parole, anzi, al contrario, la sua stessa vita era un esempio. Egli, che un tempo era stato un fervente religioso, una volta conosciuto Cristo è divenuto un coerente cristiano, ossia ha vissuto ogni giorno le cose che predicava. Vs. 18-19. Poiché molti, dei quali vi ho spesse volte parlato, e anche al presente ve lo dico piangendo, camminano da nemici della croce di Cristo, 19 la cui fine è la perdizione, il cui dio è il ventre e la cui gloria è a loro vergogna; essi hanno la mente rivolta alle cose della terra. Al contrario, esistono persone che predicano una cosa e ne vivono un’altra: essi non devono essere imitati e Cristo ci dice di diffidare: Matteo 23: 1-39. Allora Gesù parlò alle folle e ai suoi discepoli, 2 dicendo: "Gli scribi, e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. 3 Osservate dunque e fate tutte le cose che vi dicono di osservare; ma non fate come essi fanno, poiché dicono ma non fanno. 4 Legano infatti pesi pesanti e difficili da portare, e li mettono sulle spalle degli uomini; ma essi non li vogliono smuovere neppure con un dito. 5 Fanno tutte le loro opere per essere ammirati dagli uomini; allargano le loro filatterie (erano delle scatole nere che venivano legate sulla fronte per essere visti da tutti) , e allungano le frange dei loro vestiti, 6 Amano i posti d’onore nei conviti e i primi posti nelle sinagoghe, 7 e anche i saluti nelle piazze, e di sentirsi chiamare dagli uomini rabbi, rabbi. 8 Ma voi non fatevi chiamare maestro, perché uno solo è il vostro maestro: Il Cristo, e voi siete tutti fratelli. 9 E non chiamate alcuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è vostro Padre, colui che è nei cieli. 10 Né fatevi chiamare guida, perché uno solo è la vostra guida: Il Cristo. 11 E il maggiore di voi sia vostro servo, 12 Or chiunque si innalzerà sarà abbassato; e chiunque si abbasserà sarà innalzato, 13 Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; poiché né entrate voi né lasciate entrare coloro che stanno per entrarvi. 14 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché divorate le case delle vedove e per pretesto fate lunghe preghiere; per questo subirete una condanna più severa. 15 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché scorrete il mare e la terra, per fare un proselito e, quando lo è diventato, ne fate un figlio della Geenna il doppio di voi. 16 Guai a voi, guide cieche, che dite: "se uno ha giurato per il tempio, non è nulla; ma se ha giurato per l’oro del tempio è obbligato". 17 Stolti e ciechi! Perché, cosa è più grande, l’oro o il tempio che santifica l’oro? 18 "E: se uno ha giurato per l’altare, non è nulla; ma se ha giurato per l’offerta che vi è sopra è obbligato". 19 Stolti e ciechi! Poiché, cosa è più grande, l’offerta o l’altare che santifica l’offerta? 20 Chi dunque giura per l’altare, giura per esso e per quanto vi è sopra. 21 Chi giura per il tempio, giura per esso e per colui che l’abita. 22 E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per colui che vi è assiso. 23 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché calcolate la decima della menta dell’aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia e la fede, queste cose bisogna praticare senza trascurare le altre. 24 Guide cieche, che colate il moscerino e inghiottite il cammello. 25 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché pulite l’esterno della coppa e del piatto, mentre l’interno è pieno di rapina e d’intemperanza. 26 Fariseo cieco! Pulisci prima l’interno della coppa e del piatto, affinché anche l’esterno sia pulito. 27 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché rassomigliate a sepolcri imbiancati, i quali di fuori appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putredine. 28 Così anche voi di fuori apparite giusti davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità. 29 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché edificate i sepolcri dei profeti e ornate i monumenti dei giusti 30 e dite: "Se noi fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro nell’uccisione dei profeti. 31 Così dicendo, voi testimoniate contro voi stessi, che siete figli di coloro che uccisero i profeti. 32 Voi superate la misura dei vostri padri! 33 Serpenti, razza di vipere! Come sfuggirete al giudizio della Geenna? 34 Perciò, ecco io vi mando dei profeti, dei savi e degli scribi; di loro ne ucciderete e crocifiggerete alcuni, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città, 35 affinché ricada su di voi tutto il sangue giusto sparso 44 sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia che uccideste fra il tempio e l’altare. 36 In verità vi dico che tutte queste cose ricadranno su questa generazione. 37 Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati! Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! 38 Ecco, la vostra casa vi è lasciata deserta. 39 Poiché io vi dico, che da ora in avanti non mi vedrete più, finché non direte: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!"". Certamente comprendiamo come Gesù fosse un uomo che non temeva di offendere nessuno, e a tutti diceva chiaramente in faccia la verità. Tale comportamento non era dettato dal desiderio di veder soffrire le persone, bensì dall’amore per ognuno di essi, il quale lo induceva a dire il vero al fine di metterli in guardia dalla certa rovina della loro anima. "In verità, in verità io vi dico: Chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, quello è un ladro e un brigante; 2 ma chi entra per la porta è il pastore delle pecore. 3 A lui apre il portinaio; le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. A noi il Signore ci ha chiamato per nome, per salvarci e portarci nel suo ovile. 4.E, quando ha fatto uscire le sue pecore, va davanti a loro; e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Seguiamo Gesù Cristo, il nostro maestro. 5 Non seguiranno però alcun estraneo ma fuggiranno lontano da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". 6 Gesù disse loro questa similitudine ma essi non capirono di che cosa stesse loro parlando. 7 Perciò Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Cristo è la porta che conduce a Dio, nessun’altra. 8 Tutti quelli che sono venuti prima di me sono stati ladri e briganti, ma le pecore non li hanno ascoltati. 9 Io sono la porta; se uno entra per mezzo di me sarà salvato; entrerà, uscirà e troverà pascolo. 10 Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; ma io sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Gesù vuole dare una vita abbondante e libera ad ogni uomo. Egli Giovanni 10:1 è la porta che conduce alla salvezza. Esistono persone che si convertono, crescono nella fede, e poi cambiano, al punto di divenire nemici della croce di Cristo. Il Signore afferma che, quando il terreno viene seminato, la semente cade sopra molteplici tipi di terreno, producendo frutti diversi, oppure non portandone affatto. Tutto dipende dalla volontà o meno dell’uomo a porre Cristo quale Signore della propria vita. Matteo 6:24-34. Nessuno può servire a due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro; oppure sarà fedele all’uno e disprezzerà l’altro; voi non potete servire a Dio e a mammona. 25 Perciò io vi dico: Non siate con ansietà solleciti per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di che vi vestirete. La vita non vale più del cibo e il corpo più del vestito? 26 Osservate gli uccelli del cielo: essi non seminano non mietono e non raccolgono in granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? 27 E chi di voi, con la sua sollecitudine, può aggiungere alla sua statura un solo cubito? 28 Perché siete in ansietà intorno al vestire? Considerate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; 29 eppure io vi dico, che Salomone stesso, con tutta la sua gloria, non fu vestito come uno di loro. 30 Ora se Dio riveste in questa maniera l’erba dei campi, che oggi è e domani è gettata nel forno, quanto più vestirà voi o uomini di poca fede? 31 Non siate dunque in ansietà, dicendo: "Che mangeremo, o che berremo, o di che ci vestiremo? 32 Poiché sono i gentili quelli che cercano tutte queste cose, il Padre vostro celeste, infatti, sa che avete bisogno di tutte queste cose. 33 Ma cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte. 34 Non siate dunque in ansietà del domani, perché il domani si prenderà cura per conto suo. Basta a ciascun giorno il suo affanno". Gesù ci dà una prima spiegazione: l’ansia per le cose terrene e il programmare la propria vita sono caratteristiche umane; tuttavia, se le ansietà ci fanno perdere di vista le priorità, 45 allora esse diventano qualcosa che inquina il nostro cuore e ci portano sulla via sbagliata. L’apostolo Paolo è un esempio di cristiano che non ha mai perso di vista l’obiettivo finale, nonostante le vicissitudini della vita. Un altro aspetto è l’amore eccessivo per il danaro: 1 Timoteo 6:3-10. Se uno insegna una dottrina diversa e non si attiene alle sane parole, quelle del Signor nostro Gesù Cristo e alla dottrina che è secondo pietà, 4 è gonfio e non conosce nulla, ma ha un interesse morboso in questioni e dispute di parole, da cui nascono invidia, litigi, maldicenze, cattivi sospetti, 5 vane dispute di uomini corrotti nella mente e privi della verità che stimano la pietà essere fonte di guadagno, da costoro separati. 6 Ora la pietà è un mezzo di grande guadagno, quando uno è contento del proprio stato. 7 Non abbiamo infatti portato nulla nel mondo, ed è chiaro che non possiamo portarne via nulla, 8 ma quando abbiamo di che mangiare e di che coprirci, saremo di questo contenti. 9 Ma coloro che vogliono arricchirsi cadono nella tentazione, nel laccio e in molte passioni insensate e nocive, che fanno sprofondare gli uomini nella rovina e nella distruzione. 10 L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali e, per averlo grandemente desiderato, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti dolori. Coloro che desiderano arricchirsi, non si accontentano del proprio stato e divengono nemici di Cristo. La loro fine è la perdizione, in quanto la loro mente è lontana dalla Parola di Dio, ma vicina alle cose terrene. Vs. 20. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli, da dove aspettiamo pure il Salvatore, il Signor Gesù Cristo, La nostra mente dev’essere finalizzata al destino eterno, che sarà con Dio. Grazie al processo di perfezionamento che il Padre sta compiendo in noi, Cristo afferma che per fede noi siamo già seduti nei luoghi celesti. Infatti, la Bibbia fa una distinzione tra “i figli di Dio” e “i figli degli uomini”: i primi hanno una cittadinanza celeste, i secondi una cittadinanza terrena. I credenti vivono nel mondo, ma non vi appartengono, poiché la loro cittadinanza è nei cieli. La terra è un luogo pieno di dolore e peccato, già sottoposta al giudizio. Per questo motivo è meraviglioso sapere che non vi apparteniamo. Da questa condizione di forestieri, i cristiani attendono il ritorno di Cristo, nel senso che non si limitano a sapere che tale fatto si realizzerà, ma attivamente non vedono l’ora che ciò accada. Vs. 21. il quale trasformerà il nostro umile corpo, affinché sia reso conforme al suo corpo glorioso, secondo la sua potenza che lo mette in grado di sottoporre a sé tutte le cose. Paolo afferma che la nostra cittadinanza è nei cieli. Il termine “cittadinanza” è “polìteuma”, che indicava una comunità di cittadini di uno stato, residenti all’estero, in una città straniera, ma che conservavano tutti i diritti e le prerogative della patria, primo fra tutti il diritto di farvi ritorno. Intanto, però, essi vivevano all’estero con le leggi e con gli usi propri della loro patri d’origine. Dunque, i cristiani sono quelle persone che vivono da stranieri sulla terra, essendo cittadini del regno di Dio; essi vivono secondo le leggi del loro luogo di origine e con il diritto di ritornarvi al tempo stabilito da Dio Padre. Apocalisse 1:17-18. Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli mise la sua mano destra su di me, dicendomi: "Non temere! Io sono il primo e l’ultimo, 18 e il vivente; io fui morto, ma ecco sono vivente per i secoli dei secoli amen; e ho le chiavi della morte e dell’Ades. Cristo ha sottoposto a sé tutte le cose, grazie alla sua immensa potenza. 46 Filippi era una colonia romana, ma pochi avevano la cittadinanza romana, che era una cosa molto preziosa a quei tempi. I soldati romani non erano necessariamente cittadini romani, anche se nascevano nella città, e tale privilegio dovevano guadagnarlo, servendo fedelmente Cesare per 21 anni. In questo caso Paolo ricorda che la loro cittadinanza è in un luogo molto più prestigioso di Roma: infatti, oggi tale città imperiale non esiste più, ed anche il suo immenso territorio è sparito. In questo modo è opportuno comprendere come le cose legate alla terra possono anche dissolversi, in quanto non sono dei beni eterni. Tali sono solamente quelli donatici da Dio. Per tali cose dobbiamo rallegrarci nel Signore, guardare verso il cielo ed attendere la redenzione. Se investiamo nell’opera di Dio, possiamo essere certi che nessuno al mondo potrà mai toccarli, mentre se investiamo nelle cose umane, possiamo ritenere con sicurezza che tali cose sono effimere e, probabilmente, verranno meno. Gesù ha detto che “dov’è il nostro tesoro, lì è il nostro cuore”. Riassumendo, esistono alcuni aspetti che devono divenire dei capisaldi per i cristiani: - l’amore e l’ammirazione di Paolo per Cristo (consacrazione, dipendenza), - la sua determinazione ad essere come Cristo, comprendendo la sua posizione come figlio di Dio, - la resurrezione dei giusti, che non porta il cristiano al giudizio. Un giorno ci uniremo completamente a Cristo e lo conosceremo pienamente. 47 Cap. 4. Pur vivendo una situazione di prigionia, Paolo in questa lettera esprime tutta la gioia che sente in Gesù, essendo contento in ogni situazione che deve vivere, pur di vedere l’espansione del Vangelo. Vs. 1. Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, gioia e corona mia, state fermi in questa maniera nel Signore, o carissimi. Comincia il capitolo con la parola “perciò”, la quale introduce una conseguenza rispetto al pensiero precedentemente esposto, ossia il fatto di vedere in lui un esempio da seguire. Infatti, dalla conversione in poi, la sua vita è stata integra e completamente diversa da quella di un tempo. La Parola di Dio deve portare un cambiamento nella vita del credente, se egli l’ha veramente accettata. Anche in questo versetto parla con calore dei suoi amici di Filippi, usando un linguaggio pieno di termini affettuosi, simile solamente a quello utilizzato nella lettera ai Tessalonicesi. Amava moltissimo i fratelli di Filippi, al punto da considerarli come un premio, una corona, il gruppo per il quale aveva pianto e pregato. Con il termine “desideratissimi” certamente vuole sottolineare ancora una volta il desiderio di rivederli presto. “Allegrezza e corona” sono termini affettuosi. “Corona”, “stephanos”, era anche comunemente usata per indicare una ghirlanda festiva, indossata come segno di contentezza, oppure la corona assegnata al vincitore di una gara sportiva. Se qui va considerato il suo significato metaforico, vorrebbe indicare il fatto che i Filippesi sono identificati con il suo premio ed il sigillo del suo apostolato, e la dimostrazione che la sua fatica per il Signore non era stata vana. Perciò i Filippesi vengono incoraggiati a rimanere saldamente uniti al Signore, nonostante gli attacchi esterni e l’invasione di false dottrine nella loro vita di chiesa. Matteo 6:19. "Non vi fate tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine guastano, e dove i ladri sfondano e rubano, anzi fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non sfondano e non rubano. Gesù afferma di ammucchiare dei tesori in cielo, costituiti dalle anime dei salvati, perché il cuore delle persone si trova là dov’è il loro tesoro. Questo accade esattamente in Paolo, il quale aveva dedicato interamente il proprio cuore a Cristo, e tutto ciò che faceva, lo realizzava per Lui, investendo tutta la sua vita per l’avanzamento del Regno. Toccare una vita tramite la Parola di Dio significa influire sull’esistenza di molte persone, analogamente ai cerchi concentrici che si formano nell’acqua quando cade un sasso. Infatti, una vita trasformata porta la pace nell’intera famiglia e rappresenta un esempio per i figli e per il coniuge. Vs. 2. Esorto Evodia ed esorto ugualmente Sintiche ad avere una sola mente nel Signore. Paolo esorta due sorelle della chiesa a superare il loro disaccordo, trovare concordia nel Signore e riconciliarsi con amore, poiché ciò pone il bene della chiesa al di sopra degli interessi personali; rispecchia il sentimento che fu di Cristo, il quale desidera che venga assorbito anche dai cristiani. Essere concordi nel Signore significa avere un medesimo sentimento ed uno stesso pensiero, in quanto siamo accordati con il pensare di Cristo. Se non siamo d’accordo con gli altri dobbiamo leggere la Parola per comprendere cosa sia gradito a Dio. Egli, inoltre, ci chiede di imparare l’uno dall’altro, insegnando ed esortando il fratello, ma anche ammonendolo, al momento necessario. (Romani 15:14, Coloss. 3:16). 48 Paolo esorta Evodia e poi esorta Sintiche, ossia individualmente sia l’una che l’altra. Qui vediamo un principio molto importante: quando non siamo concordi con qualcuno, non importa chi sia più colpevole o chi abbia ragione: entrambi sono esortati a prendere l’iniziativa per essere concordi. Non dobbiamo mai pensare che debba essere l’altra persona a fare il primo passo, anzi dobbiamo essere noi a prendere l’iniziativa, soprattutto nel matrimonio. Perché non facciamo sempre così? A causa del nostro orgoglio, che ci fa desiderare che sia l’altra persona a farsi avanti per prima. Efesini 4:2-3. con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri nell’amore, 3 studiandovi di conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della pace. Lo Spirito Santo crea l’unità nel corpo di Cristo, la quale va preservata dai fedeli attraverso la pace. Essendo la natura umana tendente al disaccordo, è necessario l’intervento dello Spirito Santo, il quale unge la chiesa e la indirizza lungo la retta via. Tutti i membri della chiesa sono unici, diversi l’uno dall’altro, pertanto devono trovare un accordo nel Signore, mettendo da parte le opinioni personali. In Gesù è possibile trovare un’armonia poiché la sua mente è una. Pertanto, se siamo sottomessi a Cristo, riusciamo a trovare un accordo in quanto siamo posti sotto la Sua volontà. Analogamente accade nel matrimonio, dove i due sposi devono chiedere a Gesù quale sia la Sua volontà in ogni circostanza. Vs. 3. Prego anche te, vero compagno, sovvieni a queste donne, le quali hanno combattuto con me nell’evangelo, insieme con Clemente e gli altri miei compagni d’opera, i cui nomi sono nel libro della vita. Paolo esorta un fratello della chiesa, affinché aiuti queste due donne nella riconciliazione. Non si sa chi sia questo compagno, tuttavia vediamo che Paolo lo chiama per essere un mediatore. Questo è un ruolo importante per ogni membro di una qualunque chiesa: quando gli incendi cominciano a bruciare, è necessario che qualcuno vada a spegnerli, perché Gesù ha detto: “Beati coloro che fanno la pace”. Anche quando le voci sono veritiere, l’amore deve coprire i peccati e salvaguardare il corpo di Cristo. Clemente è il nome di un cristiano filippese, molto comune a quel tempo e perciò non identificabile. Anche il nome di molti altri collaboratori non è riconducibile con esattezza alla persona menzionata da Paolo nelle molteplici citazioni, ma sappiamo che essi sono nel “libro della vita”, in cui sono segnati i nomi di tutti i figli di Dio. Per questo dobbiamo rallegrarci. Nel mondo possono accadere cose belle o brutte, ma ciò che è veramente importante è avere il proprio nome nel libro della vita in cielo. Questo è un meraviglioso motivo per rallegrarci nel Signore, poiché solo tramite Lui questo fatto può accadere. Vs. 4. Rallegratevi del continuo nel Signore lo ripeto ancora: Rallegratevi. Non siamo sempre in grado di rallegrarci in ogni momento della nostra vita, poiché l’unico che può garantirci la gioia è Cristo. Egli non ci dice di far finta che i problemi non esistano, bensì ci chiede di trovare gioia in tutto ciò che riguarda Dio. Nel Signore abbiamo l’allegria, la gioia di una vita trasformata; un esempio è costituito da Paolo e Sila, i quali, pur essendo in carcere, cantavano inni di gioia al Signore. Le loro sofferenze in quel momento erano molto grandi, essendo stati frustati con corde composte da 7 fili, intrecciate con vetri taglienti, ed essendo stati posti in un carcere maleodorante, buio, umido, e con le ferite aperte sulla schiena. Eppure essi cantavano a Dio, avendo scoperto in Lui la loro gioia e il fondamento della loro esistenza. 49 Vs. 5. La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini; Qui Paolo parla dei rapporti che intercorrono tra i cristiani e le persone fuori della chiesa ed afferma che queste ultime devono notare la mansuetudine nei credenti, e l’attitudine al perdono. Tutto ciò che è gentile, appare bello agli occhi umani, poiché riflette l’animo di Cristo, il quale era mansueto, gentile, amorevole. Le persone mansuete brillano per l’amore che hanno dentro. “Mansuetudine” vuol dire anche controllare le proprie passioni, ad esempio il tenere a freno la rabbia quando qualcuno ci tratta male. In altre parole, non dovremmo avere alcun eccesso nella nostra vita. Volta dopo volta, nella Bibbia Dio ci chiama a vivere in modo che il nostro comportamento sia notato da tutti e possa portare gloria a Dio. il Signore è vicino. L’appello alla benevolenza è sottolineato dall’avvertimento che il Signore è vicino, in comunione con i fedeli. Questo fatto ci aiuta a vivere in umiltà, in attesa del Suo ritorno, che può avvenire in qualunque momento. Chi comprende l’entità della grazia di Dio non può far altro che mettere da parte l’orgoglio umano. Questa è una verità fondamentale da ricordare: Gesù sta per tornare per prendere i suoi e per giudicare il mondo. Ad ogni credente verrà chiesto il resoconto di quanto ha fatto con i talenti che Dio gli ha dato; ogni non credente sarà giudicato e gettato nello stagno di fuoco. Quindi, anche i credenti dovranno presentarsi davanti al tribunale di Cristo, non per la salvezza, che è già stata comprata, ma per il giudizio dei credenti. La nostra ricompensa eterna dipenderà dal nostro comportamento in questa terra dopo la salvezza. Per questo motivo dobbiamo vivere in modo gradevole a Dio. Vs. 6. Non siate in ansietà per cosa alcuna, ma in ogni cosa le vostre richieste siano rese note a Dio mediante preghiera e supplica, con ringraziamento. I credenti non dovrebbero avere ansietà, anche se è molto difficile vivendo su questa terra, poiché mettere ogni cosa nelle mani di Gesù Cristo è il corretto atteggiamento da adottare. Di fronte ai problemi, alle difficoltà, alle ingiustizie e ad ogni sorta di situazione difficile, la Parola ci dice di non angustiarci di nulla, poiché non esiste situazione che non sia sotto il controllo di Dio. Egli ci chiede di pregare e di guardare a lui. E’ altresì fondamentale domandare a Dio in preghiera se la scelta che stiamo ipotizzando sia o meno secondo la Sua volontà, poi attendere la risposta ed infine agire. Ogni aspetto della nostra vita dev’essere messo davanti a Dio, al fine di dimostrare la nostra umiltà nei suoi confronti e la nostra totale dipendenza. Il Padre celeste conosce in anticipo i nostri desideri e i bisogni di ciascuno, eppure desidera che glieli domandiamo in preghiera, poiché in questo modo ci rivolgiamo a Lui, compiamo un atto di fede e dimostriamo di essere dipendenti da Lui. In ogni caso, possiamo avere pace nei nostri cuori, in quanto sappiamo che nostro Padre ha sotto controllo ogni cosa. Un altro aspetto importante nel nostro rapporto verso Dio è il ringraziamento per tutte le benedizioni ricevute. Vs. 7. E la pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. Se siamo obbedienti al Signore, nei nostri cuori ci sarà quella pace che va oltre ogni intelligenza umana. Anche l’idea della morte, ad esempio, è attenuata dalla certezza di andare nel Regno di Dio, nel luogo preparato da Cristo per i suoi fratelli. Gesù ci ha detto che sarà un luogo molto più bello della terra, nel quale non esiste né dolore né sofferenza alcuna; pertanto non dobbiamo temere la morte. In tutti questi versetti è stato sottolineato il fatto che in Gesù abbiamo ogni cosa, poiché egli è il segreto dell’esistenza umana, colui che ci dà la vita in abbondanza, e noi siamo completi in Lui. 50 Ora Paolo parla della nostra realtà spirituale, affermando che in ogni momento siamo in lotta contro il nemico, il quale cerca di attaccarci per farci del male. Il campo di battaglia principale è la nostra mente, tant’è vero che la Bibbia parla molto dei nostri pensieri. Romani 12:1-2. 1 Vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi, il che è il vostro ragionevole servizio, quale sacrificio vivente, santo e accettevole a Dio. 2 E non vi conformate a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la buona, accettevole e perfetta volontà di Dio. 2 Corinzi 10:4-5. 4 perché le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti in Dio a distruggere le fortezze, 5 affinché distruggiamo le argomentazioni ed ogni altezza che si eleva contro la conoscenza di Dio e rendiamo sottomesso ogni pensiero all’ubbidienza di Cristo, Dio ci insegna come proteggerci dall’attacco contro i nostri pensieri sbagliati e in più avere Dio con noi. Vs. 8. Quanto al rimanente, fratelli, tutte le cose che sono veraci, tutte le cose che sono oneste, tutte le cose che sono giuste, tutte le cose che sono pure, tutte le cose che sono amabili, tutte le cose che sono di buona fama, se vi è qualche virtù e se vi è qualche lode, pensate a queste cose. Paolo sta terminando la lettera ai Filippesi e pertanto desidera lasciare loro un messaggio finale. Allora li stimola a fissare la propria mente nelle cose giuste, oneste, pure, amabili, di buona reputazione, ricche di virtù, che possono essere lodate. Questo dovrebbe essere il timone che guida l’uomo attraverso la vita cristiana. Su che cosa meditiamo giornalmente? Sul successo, su altri valori terreni, oppure su Gesù? Egli è colui che ci guida verso una speranza concreta, basata sulle promesse di Dio, che sono “si e amen”: egli non è un uomo e non ci mentirà mai, e non ha mai deluso gli uomini in tutto il corso della storia umana. Cristo ci ha insegnato a eliminare dalla nostra mente i pensieri negativi e violenti, in quanto il nostro corpo agisce in base ai pensieri: una mente basata sul Signore preserva l’intero uomo dalle cadute spirituali. Questo di Paolo è un imperativo, ossia un comandamento di Dio, non un suggerimento. Come ogni buon padre terreno dà un ordine al proprio figlio per il suo bene, così Dio ci ordina di pensare alle cose vere, giuste, …Il senso del verbo usato non significa di dedicare a tali cose qualche fuggevole pensiero, ma di meditare su di esse diligentemente e di considerarle attentamente. Questo è un versetto sul quale meditare, così come molti altri della Bibbia. Tale libro ha un duplice scopo: quello di far capire all’uomo la storia dell’umanità all’interno del progetto di Dio, passata, presente e futura e quello di permettere al credente di vivere meglio su questa terra. La Parola, pertanto, è ricchissima di esortazioni pratiche. Giacomo scriveva, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, di non essere solamente uditori della Parola, ma anche “facitori”, ossia persone che la mettono in pratica. Essa è una lampada lungo il nostro sentiero e dona all’uomo numerose benedizioni. Le cose veraci. Le cose veraci sono tutte quelle vere, legate a Dio, alla Sua esistenza e a Gesù. Il suo contrario è la menzogna. La Bibbia ci mette in guardia dalle bugie. Levitico 19:11. Non ruberete, non mentirete e non ingannerete l’un l’altro. Il Signore comanda di non rubare, né mentire a danno dell’altro. Oggi molte menzogne vengono tollerate, considerandole “a fin di bene”, ma in effetti esse servono solo per coprire un misfatto ed hanno come padre Satana. Giovanni 8:43-44. Perché non comprendete il mio parlare? Perché non potete ascoltare la mia parola. 44.Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre 51 vostro; egli fu omicida fin dal principio e non è rimasto fermo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, parla del suo perché è bugiardo e padre della menzogna. La Bibbia ci insegna a dire la verità in ogni circostanza, contro i compromessi e le falsità del mondo. Efesini 4:25-26. Perciò, messa da parte la menzogna ciascuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri. 26. Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sul vostro cruccio; Esiste una grande benedizione quando la menzogna viene estromessa dalla vita del cristiano. Isaia 58:9-11. Allora chiamerai e l’Eterno ti risponderà, griderai ed egli dirà: Eccomi! Se tu togli di mezzo a te il giogo, il puntare il dito e il parlare iniquo. 10 Se provvedi ai bisogni dell’affamato e sazi l’anima afflitta, allora la tua luce sorgerà nelle tenebre e la tua oscurità sarà come il mezzogiorno. 11 L’Eterno ti guiderà del continuo sazierà la tua anima nei luoghi aridi e darà vigore alle tue ossa, tu sarai come un giardino annaffiato e come una sorgente d’acqua le cui acque non vengono meno. Le cose oneste. Una persona sincera è onesta. Il contrario di tale virtù è la disonestà, il rubare. Il mondo oggi è pieno di persone che rubano, ma anche il cristiano deve fare attenzione ad essere onesto, da ogni punto di vista. Principalmente bisogna rispettare le leggi dello stato, anche quando non siamo d’accordo, e lavorare onestamente. Efesini 4:28 Chi rubava non rubi più, ma piuttosto si affatichi facendo qualche buona opera con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a chi è nel bisogno. Le cose pure. La purezza ha a che fare con tutto ciò che è santo, con lo Spirito e con i suoi frutti. I cristiani puri vivono all’interno della vita di Gesù, e camminano nelle sue orme, non a fianco ad esse. La Bibbia ci esorta a vivere nella purezza totale: pur essendo vero che siamo stati salvati dal sangue di Cristo, è altresì corretto pensare al fatto che , dal momento in cui siamo stati salvati, abbiamo intrapreso un cammino di santità. Il contrario di purezza è contaminazione e la Bibbia ci mette in guardia contro ciò che in questo mondo ci contamina. Galati 5:16-25. Or io dico: Camminate secondo lo Spirito e non adempirete i desideri della carne, 17 la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; e queste cose sono opposte l’una all’altra, cosicché voi non fate quel che vorreste. 18 Ma se siete condotti dallo Spirito, voi non siete sotto la legge. 19 Ora le opere della carne sono manifeste e sono: adulterio, fornicazione impurità, dissolutezza, 20 idolatria, magia, inimicizie, contese, gelosie, ire, risse, divisioni, sette, 21 invidie, omicidi, ubriachezze, ghiottonerie e cose simili a queste, circa le quali vi prevengo, come vi ho già detto prima, che coloro che fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio, 22 Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo. 23 Contro tali cose non vi è legge. 24 Ora quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze. 25 Se viviamo per lo Spirito, camminiamo altresì per lo Spirito, La carne è scaduta dalla grazia di Dio quando ha scelto di vivere nel peccato, tuttavia può essere sottomessa alla volontà di Dio. Vi sono aspetti positivi, i frutti dello Spirito, che arricchiscono spiritualmente una persona, donandole pensieri nobili e facendo vedere come essa sia stata realmente trasformata da Dio. La chiesa viene chiamata a coltivare i frutti dello Spirito, in quanto essi sono di primaria importanza rispetto a tutti gli altri doni. Frequentemente i cristiani si rendono conto di essere manchevoli rispetto ai doni spirituali, tuttavia il segreto sta proprio nel mettersi nelle mani di Dio e comprendere come solo Lui 52 può guidare la nostra vita in modo corretto, giorno dopo giorno. L’uomo che mette in discussione se stesso, vede le proprie mancanze e chiede a Dio di rimuovere da sé tutti quegli aspetti negativi che contristano lo Spirito Santo. Al contrario, colui che si esalta sulle proprie forze, lascia che l’orgoglio prenda il sopravvento, si allontana da Dio e permette allo Spirito di rimuovere la propria guida su quella persona. Pertanto, è importante non lasciarsi contaminare dalle cose di questo mondo, anche se esse esercitano un grande potere attrattivo, al fine di non dare spazio al potere di Satana nella nostra vita. Giovanni mette in guardia la chiesa riguardo a tali cose: 1 Giovanni 3:14-17. Padri, vi ho scritto perché avete conosciuto colui che è dal principio. Giovani, vi ho scritto perché siete forti e la parola di Dio dimora in voi, e perché avete vinto il maligno. 15 Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. 16 perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. 17 E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno. Le cose amabili. L’opera di Dio è certamente la cosa più amabile, poiché è composta da tutti quei figli che il Signore ha scelto quali dimora dello Spirito Santo. 1 Giovanni 4:7. Carissimi, amiamoci gli uni gli altri poiché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. L’amore è il sentimento che lega i cristiani fra loro e con Cristo, ed è il principale insegnamento di Cristo. Nella chiesa vi sono le virtù che Dio ha voluto donare ai suoi figli ed il ringraziamento degli stessi per i doni ricevuti e per l’amore con il quale il Padre li circonda ogni attimo della loro esistenza. Ogni credente è la testimonianza vivente dell’esistenza di Dio, anche se il mondo cerca in tutti i modi di cancellarlo e rinnegarlo. Per questo motivo a Lui vengono innalzati inni di lode, per ringraziarlo, lodarlo e riconoscerlo quale Signore della vita di ognuno. Il versetto si chiude con l’invito a riflettere su queste cose poiché sono positive, arricchenti spiritualmente e ricche di speranza. Nel mondo, invece, esistono moltissime situazioni negative: guerre, persone torturate, fosse comuni, e se pensiamo a tali cose vediamo che nel mondo non c’è più speranza. La moda ci offre esempi negativi e ricchi di violenza, che le persone assorbono e fanno propria. Ciò accade in quanto l’uomo comune è ingannato e medita sulle cose che non sono pure, bugiarde e ricche di odio: tutto ciò porta dei frutti negativi. Solamente chi ha Gesù vede la vera certezza per il futuro, in quanto egli è onesto, giusto, puro, amabile, di buona reputazione, di virtù, e per questo dev’essere lodato. Quando meditiamo sulle promesse di Dio, siamo pervasi da gioia e pace, poiché Dio è un Dio di pace, e noi possiamo averla in Cristo. La musica di lode ci riempie di gioia e ci induce a lodare il Signore. La meditazione giornaliera della Parola ci avvicina al Padre, ci nutre con amore e ci arricchisce spiritualmente. Colui che si nutre di spazzatura inquina il proprio corpo, mentre chi si ciba della Parola di Dio cresce spiritualmente, e momento dopo momento si avvicina di più alla conoscenza di Dio. A volte siamo attirati dalle situazioni che vivevamo prima della conversione, al punto di esserne tentati o addirittura di ricaderci; tuttavia è evidente che non è possibile vivere nei compromessi, ed è necessario compiere una scelta radicale tra le cose di Dio e quelle del mondo. Anche il frequentare i fratelli nella fede è un aspetto arricchente, nonostante i difetti di ognuno, in quanto le nostre mancanze non devono essere il centro della nostra 53 attenzione, bensì Cristo Gesù, l’unico agnello senza macchia: questa è la medicina migliore per la nostra vita spirituale. Tale concetto non vuol dire che sia necessario essere ciechi ed accettare qualsiasi cosa da ognuno, in quanto l’amore riprende; ciò significa semplicemente guardare gli altri con gli occhi di Gesù, da un’angolazione totalmente diversa. Vs. 9. Quelle cose che avete imparato, ricevuto e udito da me e veduto in me, fatele, e il Dio della pace sarà con voi. Alla chiesa in Filippi, perseguitata come tutte le altre chiese del mondo a quei tempi, Paolo consiglia di seguire il suo esempio. Infatti, per amore di Cristo egli aveva subito moltissime vicissitudini (naufragio, battiture, lapidazioni, incarcerazioni, calunnie…), eppure ha sempre serbato la fede ed ha amato Cristo ancora di più, non fermando il progredire della Sua opera. Egli, pertanto, desidera incoraggiare i fratelli ponendo se stesso come esempio di perseveranza e focalizzando i loro occhi solo sulle cose che riguardano Dio. Sta terminando la lettera ai Filippesi, uno scritto molto ricco e positivo, non contenendo i severi rimproveri rinvenuti in altre circostanze. Ha sottolineato il potere che ha la mente sulla nostra spiritualità, incoraggiando i fratelli a focalizzare i pensieri sulle cose positive e su Gesù Cristo. Se pensiamo all’opera che ha compiuto il nostro Salvatore, non avremo tempo di cercare i difetti negli altri, i quali, al contrario, sono ricchi di doni positivi. L’opera del diavolo è proprio quella di voler inquinare la nostra mente, affinché i pensieri siano negativi, pronti a cogliere ogni minimo cavillo nel comportamento degli altri. Se portiamo ogni problema al Signore in preghiera, la pace di Dio sarà con noi; analogamente, se facciamo tutto ciò che è contenuto nella Parola, il Dio della pace sarà con noi. Vs. 10. Or mi sono grandemente rallegrato nel Signore, perché finalmente le vostre cure per me si sono ravvivate; in realtà già ci pensavate, ma ve ne mancava l’opportunità. Paolo dà gloria a Dio per la maturità che i Filippesi dimostrano circa il danaro, in quanto, grazie alla loro generosità, rendono evidente il loro amore per il Signore. Cristo, infatti, afferma che non è possibile amare in ugual misura Dio e la ricchezza, in quanto sono antitetici. Paolo si trova in prigione, ovvero in una situazione difficile e le cure dei Filippesi per lui sono molto utili. Si comprende come tale fatto fosse accaduto già altre volte. Vs. 11-12. Non lo dico perché sia nel bisogno, poiché ho imparato ad essere contento nello stato in cui mi trovo. 12 So essere abbassato, come anche vivere nell’abbondanza; in tutto e per tutto ho imparato ad essere sazio e ad aver fame, ad abbondare e a soffrire penuria. L’apostolo dichiara di essere contento di trovarsi nello stato in cui vive, sia esso agiato che pieno di restrizioni, in quanto la sua gioia è riposta in Gesù, il Signore. Ha imparato il segreto della pace profonda basata sul distacco dalle circostanze esteriori. In qualsiasi condizione di vita si trovi, egli scopre in essa la volontà di Dio, e ciò lo rincuora. Dichiara di essere distaccato dalle ansietà della vita, in quanto concentrato nelle cose veramente importanti, quelle invisibili ed eterne. In questo modo incita anche noi a provare il medesimo stato d’animo, affermando che esso deriva dal mettere Cristo al primo posto. Vs. 13. Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica. Paolo sta parlando della sofferenza e dell’assenza delle cose materiali; in tale contesto afferma di potere qualsiasi cosa in Cristo, il quale è la forza della sua vita e lo porta avanti. 54 Il suo esistere, quindi, non deriva dall’autosufficienza, ossia dall’affrontare le circostanze grazie ad una disciplina personale, bensì all’opera di Cristo, il quale agisce nella sua vita in prima persona. Vs. 14. Tuttavia avete fatto bene a prendere parte alla mia afflizione. Esprime nuovamente la sua riconoscenza circa la premurosità con cui la chiesa lo ha assistito nell’opera mediante i suoi doni, lodandone la prontezza e la generosità. Vs. 15-17. Or sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione dell’evangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di alcuna cosa, per quanto al dare e al ricevere, se non voi soli 16 poiché anche a Tessalonica mi avete mandato, non solo una volta ma due, di che provvedere al mio bisogno. 17 Non già che io ricerchi i doni, ricerco invece il frutto che abbondi a vostro favore. L’apostolo allude alla prima predicazione della Parola a Filippi, narrata in Atti 16. In 2 Corinzi 11:9 si parla del dono portato più avanti a Paolo, quando era a Corinto, dai “fratelli venuti dalla Macedonia” (Inoltre, quando ero tra di voi e mi trovavo nel bisogno, non sono stato di aggravio ad alcuno, perché supplirono al mio bisogno i fratelli che vennero dalla Macedonia, e in ogni cosa mi sono guardato dall’esservi di aggravio, e anche per l’avvenire me ne guarderò.); in 2 Corinzi 11:8 e 12:13 viene sottolineato l’aiuto da parte di altre chiese, oltre a quella di Filippi. Io ho spogliato altre chiese, ricevendo uno stipendio da loro per servire voi. (2 Corinzi 11:8) In che cosa infatti siete stati da meno delle altre chiese, se non in questo, che io non vi sono stato d’aggravio? Perdonatemi questo torto. (2 Corinzi 12:13) Paolo rifiutò, invece, di accettare doni dalla chiesa di Corinto (1 Corinzi 9:15-27; 2 Corinzi 11:9). 15 Ma io non ho fatto alcun uso di queste cose né ve ne scrivo, affinché si faccia così con me, perché è meglio per me morire, piuttosto che qualcuno renda vano il mio vanto. 16 Infatti, se io predico l’evangelo, non ho nulla da gloriarmi, poiché è una necessità che mi è imposta; e guai a me se non predico l’evangelo! 17 Se perciò lo faccio volontariamente, ne ho ricompensa; ma se lo faccio contro voglia, rimane sempre un incarico che mi è stato affidato. 18 Qual è dunque il mio premio? Questo: che predicando l’evangelo, io posso offrire l’evangelo di Cristo gratuitamente, per non abusare del mio diritto nell’evangelo. 19 Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero. 20 Mi sono così fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; mi sono fatto come uno che è sotto la legge con coloro che sono sotto la legge, per guadagnare quelli che sono sotto la legge; 21 tra quanti sono senza legge, mi sono fatto come se fossi senza la legge (benché non sia senza la legge di Dio, anzi sotto la legge di Cristo), per guadagnare quanti sono senza la legge. 22 Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per poterne salvare in qualche modo alcuni. 23 Or io faccio questo per l’evangelo, affinché ne sia partecipe anch’io. 24 Non sapete voi che quelli che corrono nello stadio, corrono bensì tutti, ma uno solo ne conquista il premio? Correte in modo da conquistarlo. 25 Ora, chiunque compete nelle gare si auto-controlla in ogni cosa; e quei tali fanno ciò per ricevere una corona corruttibile, ma noi dobbiamo farlo per riceverne una incorruttibile. 26 Io dunque corro, ma non in modo incerto; così combatto, ma non come battendo l’aria; 27 anzi disciplino il mio corpo e lo riduco in servitù perché, dopo aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato.(1 Corinzi 9:15-27) Inoltre, quando ero tra di voi e mi trovavo nel bisogno, non sono stato di aggravio ad alcuno, perché supplirono al mio bisogno i fratelli che vennero dalla Macedonia, e in ogni cosa mi sono guardato dall’esservi di aggravio, e anche per l’avvenire me ne guarderò. (2 Corinzi 11:9 ) 55 Per il ministerio dell’apostolo a Tessalonica, si veda Atti 17:1-9. 1 Or dopo essere passati per Anfipoli e per Apollonia, giunsero a Tessalonica, dove c’era la sinagoga dei Giudei. 2 E Paolo, secondo il suo solito, entrò da loro e per tre sabati presentò loro argomenti tratti dalle Scritture, 3 dichiarando e dimostrando loro, che era necessario che il Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti, e dicendo: "Questo Gesù che vi annunzio è il Cristo". 4 Alcuni di loro credettero e si unirono a Paolo e Sila, come pure un gran numero di Greci pii e non poche donne ragguardevoli. 5 Ma i Giudei che non avevano creduto, mossi da invidia, presero con loro certi uomini malvagi tra la gente di piazza e, radunata una plebaglia, misero in subbuglio la città, avendo poi assalita la casa di Giasone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo. 6 Ma, non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni dei fratelli davanti ai capi della città, gridando: "Quelli che hanno messo sottosopra il mondo sono venuti anche qua, 7 e Giasone li ha accolti; tutti costoro agiscono contro gli statuti di Cesare, dicendo che c’è un altro re, cioè Gesù". 8 Così misero in agitazione il popolo e i capi della città, che udivano queste cose. 9 Ma essi, ricevuta una cauzione da Giasone e dagli altri, li lasciarono andare. Vs. 18. Adesso ho ricevuto tutto ed abbondo, sono ricolmo, avendo ricevuto da Epafrodito ciò che mi è stato mandato da voi, che è un profumo di odor soave, un sacrificio accettevole, piacevole a Dio. Paolo afferma di essere ricolmo di doni e di essere soddisfatto in tutte le proprie necessità materiali. Il linguaggio usato per descrivere il dono è “profumo di odor soave”, preso da Genesi 8:21, Esodo 29:18, Levitico 1:9-13 e Ezechiele 20:41: ci ricorda che ogni servizio sincero promuove la causa di Cristo, rafforza la mano dei servi di Dio ed è un atto di adorazione del quale Dio si compiace. E l’Eterno sentì un odore soave; così l’Eterno disse in cuor suo: "Io non maledirò più la terra a motivo dell’uomo, perché i disegni del cuore dell’uomo sono malvagi fin dalla sua fanciullezza; e non colpirò più ogni cosa vivente, come ho fatto. (Genesi 8:21) Farai quindi fumare tutto il montone sull’altare: è un olocausto all’Eterno; è un profumo gradevole, un sacrificio fatto mediante il fuoco all’Eterno. (Esodo 29:18) 9 ma laveranno con acqua gli intestini e le gambe, e il sacerdote farà fumare ogni cosa sull’altare, come un olocausto, un sacrificio fatto col fuoco di odore soave all’Eterno. 10 Se la sua offerta è un olocausto del gregge: pecore o capre, offra un maschio senza difetto. 11 Lo scannerà dal lato nord dell’altare, davanti all’Eterno; e i sacerdoti, figli di Aaronne, ne spargeranno il sangue tutt’intorno all’altare. 12 Poi lo taglierà a pezzi con la sua testa e il suo grasso, e il sacerdote li disporrà sulla legna posta sul fuoco che è sull’altare; 13 ma laverà gli intestini e le gambe con acqua, e il sacerdote presenterà ogni cosa e la farà fumare sull’altare. Questo è un olocausto, un sacrificio fatto col fuoco di odore soave all’Eterno. (Levitico 1:9-13) Io mi compiacerò di voi come di un profumo di odore soave, quando vi avrò fatti uscire di mezzo ai popoli e vi avrò radunati dai paesi nei quali siete stati dispersi; e sarò santificato in voi agli occhi, delle nazioni. (Ezechiele 20:41) Vs. 19-20. Ora il mio Dio supplirà ad ogni vostro bisogno secondo le sue ricchezze in gloria, in Cristo Gesù. 20 Ora al mio Dio e Padre nostro sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Paolo rassicura i fratelli che Dio non mancherà di venire loro incontro circa i bisogni, come essi non hanno mancato di sovvenire ai suoi, cercando in primo luogo il regno di Dio. 56 Vs. 21-23. Salutate tutti i santi in Cristo Gesù. 22 I fratelli che sono con me vi salutano, tutti i santi vi salutano, e soprattutto quelli della casa di Cesare. 23 La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con tutti voi. Amen.