MALATTIE INFETTIVE
Prof.Federico
31/10/2006
11:00-13:00
Ieri avevamo cominciato le polmoniti, ora rivediamo rapidamente le diapositive già trattate…
Abbiamo definito le polmoniti come processi infiammatori che interessano il polmone e in particolare
la parte più distale dell’albero bronchiale; le abbiamo poi classificate con criteri anatomo-patologici,
eziologici, epidemiologici.
In base alla distinzione con criteri anatomo-patologici possiamo avere: polmoniti alveolari, polmoniti
interstiziali e polmoniti necrotizzanti. Le polmoniti alveolari interessano gli alveoli, che si riempiono
di liquido, sono prevalentemente batteriche e possono essere distinte in polmoniti lobari, polmoniti
segmentali, broncopolmoniti.
Le forme interstiziali interessano invece gli interstizi tra alveoli e sono abitualmente virali.
Le forme necrotizzanti o ascessi polmonari si sviluppano in genere da polmoniti alveolari, nelle quali
si forma l’ascesso per necrosi della parte infiammata.
Da un punto di vista epidemiologico abbiamo già detto che vengono distinte polmoniti comunitarie e
nosocomiali (ospedaliere); questa ricordate è un a distinzione utile in quanto gli agenti responsabili di
polmoniti nosocomiali sono generalmente selezionati e resistenti a determinati antibiotici.
A seconda della eziologia le polmoniti vengono distinte in polmoniti batteriche, virali, da miceti e da
protozoi. Tra i batteri, l’agente eziologico più frequente è Streptococcus pneumoniae, che avevamo
detto essere anche il maggiore responsabile di meningiti a liquor torbido, sottolineando l’importanza
di questo microrganismo, che è anche agente frequente di otiti e infezioni delle vie aeree superiori e
inferiori.
Di minore importanza sono Staphylococcus aureus, Haemophilus influenzae, Klebsiella pneumoniae.
Le polmoniti interstiziali sono più frequentemente virali e sono causate da: virus respiratorio
sinciziale, virus parainfluenzali, adenovirus, virus influenzali, coxsackievirus, citomegalovirus,
morbillivirus, virus della varicella zoster.
Esistono poi delle polmoniti batteriche date da batteri con particolari caratteristiche, quali
Mycoplasma poneumoniae, Coxsiella burnetii,Chlamydia psittaci.
Finito il breve riassunto della puntata precedente, il prof. inizia la parte nuova..
I FATTORI DI RISCHIO per lo sviluppo delle polmoniti sono tutte cause che influiscono o sui
meccanismi fisici di difesa o sulla difesa immunitaria specifica o aspecifica dell’ospite:
- Infezioni delle prime vie aeree: spesso la polmonite si verifica nel corso di infezioni delle prime
vie aeree (influenza, raffreddore,..) questo perchè le infezioni delle prime vie aeree ledono uno dei
più importanti meccanismi di difesa che è il flusso muco-ciliare.
- Il fumo di sigaretta.
- Le BPCO, broncopneumopatie croniche ostruttive.
- Un’età maggiore di 60 anni.
- L’etilismo, poichè nei pazienti alcolisti c’è un deficit della funzione macrofagica.
- Le immunodeficienze.
- L’IRC, insufficienza renale cronica.
- Il diabete mellito, che è un fattore favorente per tutte le infezioni, che nel paziente diabetico sono
anche più gravi.
- La durata dell’ospedalizzazione, che espone a germi più virulenti quali sono i germi ospedalieri
(spesso resistenti agli antibiotici).
- Il coma: nei pazienti in coma è particolarmente frequente la polmonite ab ingestis, o polmoniti da
aspirazione dei componenti del cibo che possono andare nelle prime vie aeree, causata da germi
anaerobici.
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-
La ventilazione meccanica: nei reparti di terapia intensiva la ventilazione artificiale fa sì che l’aria
venga immessa direttamente negli alveoli o quasi, quindi si superano le difese naturali
dell’organismo.
Manovre invasive.
La terapia con corticosteroidi, che diminuisce i poteri di difesa e espone a tutte le infezioni virali,
batteriche e tubercolari.
La terapia con antiacidi, che permette la colonizzazione dello stomaco da parte di batteri
normalmente neutralizzati dall’acidità gastrica, batteri che poi possono invadere le vie aeree.
Le neoplasie, specialmente polmonari, associate a polmoniti necrotizzanti, con conseguenze
drammatiche.
Interventi chirurgici.
Le epatopatie croniche.
Per quel che riguarda la SINTOMATOLOGIA DELLE FORME ALVEOLARI (ha dei caratteri
spesso differenti da quella delle forme interstiziali):
- molto spesso hanno un esordio brusco e iniziano con un dolore toracico, a volte invece l’esordio è
preceduto da sintomi di infezione delle prime vi aeree, proprio perché come vi ho detto queste
infezioni, prevalentemente virali, predispongono alle polmoniti a causa del danno anatomico
all’epitelio delle prime vie aeree.
- Il paziente ha febbre elevata e brividi.
- Tosse, in genere produttiva con escreato purulento.
- Dispnea di intensità variabile in rapporto soprattutto all’estensione del processo infettivo
polmonare.
- Dolore toracico puntorio, che quando presente è segno di interessamento pleurico, perché il
parenchima polmonare non è sensibile. Il dolore toracico caratteristicamente si accentua con gli
atti respiratori profondi e questo porta il paziente a compiere atti respiratori superficiali
compromettendo così l’espansione polmonare e la funzionalità respiratoria.
La SINTOMATOLOGIA DELLE FORME INTERSTIZIALI, pur con possibili variazioni a seconda
dell’eziologia, si presenta in genere con:
- sindromi simil-influenzali, perché sono virus (abbiamo detto che generalmente le forme
interstiziali sono di origine virale) che provocano contemporaneamente infezioni delle prime vie
aeree, quindi causano anche tracheite, faringite,etc. Quindi una sindrome simil-influenzale vi deve
far pensare ad una polmonite virale.
- Febbre continua-remittente, in genere meno drammatica delle polmoniti batteriche.
- Tosse secca con scarso espettorato.
- Assenza di segni di insufficienza respiratoria, tranne in alcune forme, come la polmonite da
Pneumocystis carinii.
L’ESAME OBIETTIVO è abbastanza caratteristico, quindi se vi si presenta un paziente con tosse,
dispnea elevata e dolore toracico eventuale, sospettate una polmonite e andate a visitarlo.
Nelle FORME ALVEOLARI troveremo:
- ipomobilità dell’emitorace interessato. La mobilità, ovvero l’espansione del torace, si verifica
semeiologicamente mettendo le mani aperte sulle spalle del paziente e facendogli fare dei grossi
respiri si vedrà che le mani si avvicineranno verso la linea mediana per accompagnare
l’espansione del torace ed entrambe le mani faranno lo stesso movimento; se invece c’è
un’asimmetria, una minor mobilità di una mano appoggiata sul torace, allora vuol dire che quel
lato è interessato dal processo patologico.
- Accentuazione del fremito vocale tattile, il famoso trentatre: se si mette una mano sulla spalla e si
fa dire trentatre si sente il fremito vocale tattile, un importante segno nella semeiotica, perchè ci
sono delle situazioni nelle quali è aumentato e situazioni nelle quali diminuisce. Nella polmonite a
causa di un addensamento del parenchima polmonare la voce si trasmette in maniera più rilevante
sulla mano, come in tutti i casi di addensamento polmonare (cuore polmonare, atelectasia
polmonare..);nelle pleuriti invece il fremito vocale tattile diminuisce, anzi quando c’è una quantità
rilevante di liquido è assente. Con questo sistema si può valutare anche l’estensione
dell’interessamento polmonare: mettendo la mano di taglio in diversi punti si valuta fin dove
arriva l’interessamento polmonare.
- Ipofonesi e ottusità alla percussione: la percussione quindi vi darà un suono pieno al contrario del
suono chiaro che si ascolta in un polmone normale e del timpanismo dello pneumotorace.
- Riduzione del murmure vescicolare: all’auscultazione di un polmone normale sentiamo murmure
vescicolare, che corrisponde al rumore prodotto dall’aria che penetra negli alveoli che si
estendono, invece nella polmonite alveolare essendo gli alveoli pieni di liquido il murmure viene a
scomparire o ad attenuarsi. La diminuzione fin quasi alla scomparsa del murmure è graduata nel
tempo: in realtà all’inizio della polmonite si sentono dei crepitii (crepitatio indux), come la
sensazione dei capelli strofinati tra le dita, che corrispondono al fatto che l’aria penetra in alveoli
parzialmente pieni di essudato; una volta che gli alveoli si siano riempiti di essudato c’è invece il
silenzio respiratorio; in fase di guarigione, quando gli alveoli si svuotano, ritornano i crepitii e
parliamo allora di crepitatio redux.
- Soffio bronchiale, dovuto al fatto che, essendo gli alveoli pieni di liquidi, l’aria che passa nei
bronchi si trasmette in modo amplificato. Il soffio bronchiale è un segno sicuro di un
addensamento polmonare.
- Rumori umidi. All’interno del torace possiamo ascoltare rumori secchi e rumori umidi: i primi
sono dovuti per lo più a stenosi delle vie respiratorie, mentre i rumori umidi sono dovuti al
passaggio dell’aria inspirata o espirata attraverso dei liquidi. I rumori umidi possono essere
distinti in rantoli a grosse medie e piccole bolle a seconda del calibro dell’albero respiratorio
attraverso cui passano.
L’esame obiettivo delle FORME INTERSTIZIALI è da un punto di vista semeiologico molto meno
ricco d’informazioni. Anzi spesso nella polmonite interstiziale l’obiettività è spesso negativa anche se a
volte possono essere presenti :
- murmure vescicolare aspro e ruvido, mentre di solito è un rumore molto dolce;
- aree circoscritte di ipofonesi;
- fini rantoli crepitanti.
Anche gli ESAMI DI LABORATORIO hanno esiti diversi a seconda che la polmonite sia di natura
alveolare o interstiziale: nel primo caso avremo una leucocitosi neutrofila e la VES aumentata
(ricordate è importantissimo in un paziente con polmonite di sospetta origine batterica fare un
emocromo); nelle forme interstiziali invece i leucociti sono normali o talora leggermente diminuiti e
la VES è normale o di poco aumentata.
Poi ci sono i CARATTERI RADIOLOGICI, anche questi con caratteri differenziali.
Nelle polmoniti ALVEOLARI troviamo:
- una o più aree di opacità omogenea (addensamenti) a varia estensione a seconda dell’estensione
del focolaio polmonare, con broncogramma aereo( ovvero nella opacità radiologica si distinguono
i bronchi, pervi, che appaiono come canali). Il broncogramma è un fattore essenziale per la
diagnosi differenziale da tumore, in cui c’è opacità ma non broncogramma aereo, perché il
processo neoplastico interessa anche i bronchi.
- Nei casi tipici l’addensamento è a limiti lobari.
- I dati radiologici sono corrispondenti a quelli rilevati nell’esame obiettivo, per quanto riguarda la
diagnosi di polmonite e l’estensione del processo patologico.
Nell’esame radiologico delle polmoniti INTERSTIZIALI, il reperto è più sfumato e osserviamo:
- accentuazione diffusa o circoscritta della trama alveolare, perché gli alveoli sono integri, sono gli
interstizi ad essere colpiti dall’infiammazione.
-
Ci può essere infiltrato per-ilare bilaterale.
Quadro reticolo-nodulare diffuso, ovvero si vedono piccolo nodulini, punti di accentuazione della
trama bronco polmonare.
- Tenue addensamento monolaterale, con zone più addensate e zone meno addensate, a differenza
della polmonite alveolare in cui l’addensamento è più evidente.
- Discrepanza tra obiettività (che comunque non è chiara come nelle forme alveolari)e immagini
radiologiche.
- Addensamento piccolo a livello dell’ilo che si estende andando verso la periferia.
Piccolo inciso del professore: in una radiografia come si fa a vedere la destra e la sinistra? Dalla bolla
gastrica e dal bottone aortico, che si trovano a sinistra.
Aspetti radiologici particolari sono per esempio quelli della polmonite da Pseudomonas aureginosa,
in cui si vedono bene i focolai, oppure la polmonite da Klebsiella pneumoniae, in cui si vede il lobo
interessato gonfio che comprime il lobo confinante.
La DIAGNOSI EZIOLOGICA si fa attraverso:
- L’esame microbiologico batterioscopico e colturale dell’espottarato o del BAL ( lavaggio bronco
alveolare), tenendo presente che perché un espettorato possa essere valido deve esser di buona
qualità, cioè denso e purulento, e se per esempio ci trovo un solo pneumococco non è diagnostico.
Inoltre dobbiamo ricordare che molti batteri presenti nelle prime vie aeree non sono
necessariamente patogeni, per cui l’isolamento di un germe non autorizza la diagnosi, e deve
essere valutato di volta in volta.
- Le emocolture, positive in oltre il 30 % delle polmoniti pneumococciche. Quando l’emocoltura è
positiva è diagnostica con specificità assoluta.
- Le indagini sierologiche, che hanno un maggior valore diagnostico nelle infezioni virali.
Analizziamo singolarmente le polmoniti più importanti.
Per le polmoniti alveolari vediamo la POLMONITE DA STREPTOCOCCUS PNEUMONIAE.
Abbiamo detto che è una delle più frequenti, e ciò vuol dire che nella terapia empirica va inserito un
antibiotico che agisca contro questo batterio.
Da un punto di vista epidemiologico:
- lo pneumococco è un costituente della normale flora orofaringea, essendo presente dal 5 al 60%
della popolazione sana. La polmonite pneumococcica è quindi abitualmente un’infezione
endogena e come tale non contagiosa, quindi non c’è bisogno di isolare il malato.
- Il batterio è responsabile del 70-90% delle polmoniti alveolari, che si verificano soprattutto nelle
stagioni freddo-umide (inverno).
- Fattori predisponenti sono:
- infezioni virali delle vie aeree superiori, come l’influenza o qualsiasi infezione che causi
un danno delle prime vie aeree. Ad esempio nella pandemia del 18-20 della spagnola la gran parte dei
soggetti morì per polmonite da sovrainfezione batterica
- ogni condizione in grado di compromettere i meccanismi di resistenza superficiale e
l’attività dei macrofagi alveolari; esempio nei soggetti splenectomizzati, nei soggetti con astenia
funzionale, nelle intubazioni.
Per quanto riguarda la parte clinica:
- l’esordio è brusco, con improvvisa comparsa di febbre elevata, brividi, tachicardia;
- c’è un dolore puntorio al torace (di origine pleurica) e tachipnea di significato antalgico;
- c’è dispnea se il focolaio ha estensione lobare o sublocare;
- c’è un espettorato mucoso, classicamente descritto come rugginoso perché connesso ad una certa
quantità di sangue
-
-
-
un’associazione frequente è quella con l’herpes labiale, che evidentemente non ha un rapporto
diretto però va associato ad una polmonite con eziologia pneumococcica e compare verso la 5°-7°
giornata;
altri sintomi non polmonari sono: sub-ittero, nausea, vomito, dolori addominali e artromialgia;
il quadro clinico si risolve in 7-10 giorni;
l’evoluzione sfavorevole si può avere per terapia antibiotica ritardata o scorretta, malattie
concomitanti come cardiopatie, compromissioni immunitarie, pneumopatie o età avanzata. È
possibile la generalizzazione dell’infezione con sepsi e localizzazioni metastatiche (meningite,
endocardite). Tenete presente che invece se ben trattata la polmonite pneumococcica si avvia
tranquillamente a guarigione dopo 2 o 3 giorni (clinicamente, perché invece ricordatevi che il
quadro radiologico si normalizza successivamente), non è più come prima in cui di polmonite i
giovani morivano, anche se purtroppo lo pneumococco sta acquisendo delle resistenze alla
penicillina, in Italia poco, solo il 10%, ma in Spagna c’è un 30-40% di ceppi resistenti:
attenzione!!!Tornando alle (rare) complicanze possiamo quindi avere: ascesso lobare, pleurite
metapneumatica (5% casi), localizzazioni metastatiche.
La letalità è bassa, si parla di un 5% dei casi.
La DIAGNOSI si effettua con:
- Rx del torace, che evidenzia un’opacità omogenea di tipo lobare;
- emocromo con VES elevata e leucocitosi neutrofila;
- esame batterioscopico e colturale dell’espettorato;
- emocoltura positiva nel 25% casi, per una batteriemia transitoria (anche in assenza di segni di
generalizzazione dell’infezione). L’emocoltura ha valore diagnostico se positiva.
Dopo un esempio di polmonite alveolare facciamo un esempio di polmonite interstiziale con la
POLMONITE DA MYCOPLASMA PNEUMONIAE.
Da un punto di vista epidemiologico possiamo dire che:
- è l’agente eziologico più frequente di polmoniti interstiziali (10-20% dei casi);
- l’infezione è ubiquitaria;
- l’unico portatore è l’uomo;
- viene trasmesso per via aerea;
- la contagiosità è bassa ed è più alta in collettività chiuse;
- le epidemie si verificano in tardo inverno-primavera;
- una caratteristica è che colpisce adolescenti e giovani adulti, in cui va sospettata come prima
causa;
- la polmonite si manifesta nel 3-10% dei soggetti infettati, ma possiamo avere anche solo
un’infezione della prime vie aeree.
Per quanto riguarda la clinica:
- l’incubazione va da 5 a 10 giorni;
- l’esordio tipico è caratterizzato da un quadro simil-influenzale con astenia, malessere, cefalea,
artromialgia, congestione nasale, rinorrea, faringodinia;
- c’è febbre continuo-remittente;
- tosse secca o scarsamente produttiva;
- il decorso è benigno nella maggior parte dei casi;
- raramente in soggetti più anziani possono insorgere complicanze in altri organi, alcune dovute alla
presenza di agglutinine a frigore (caratteristiche della polmonite da mycoplasma tanto da poter
avere un significato diagnostico), altre a localizzazioni inconsuete del mycoplasma. Le
complicanze sono generalmente: anemie emolitiche e miringiti (flogosi della membrana
timpanica), pericardite, miocardite, meningoencefalite, epatite, mielopatie periferiche, eritema
multiforme.
La DIAGNOSI:
- l’rx del torace mostra la presenza di infiltrati parenchimali tenui e disomogenei;
- negli esami di laboratorio vi è assenza di leucocitosi neutrofila e lieve aumento della VES;
- le indagini sieriologiche aspecifiche mostrano la comparsa di agglutinine a frigore, che sono un
utile elemento diagnostico;
- le indagini sieriologiche specifiche, con la ricerca di IgM, rappresentano il vero metodo
diagnostico di polmonite da mycoplasma.
È possibile effettuare anche la diagnosi con l’esame delle secrezioni nasofaringee e la ricerca degli
antigeni specifici del mycoplasma mediante immunofluorescenza indiretta.
Vediamo adesso le POLMONITI NECROTIZZANTI. La maggior parte degli agenti eziologici,
batterici e micotici, che causano polmoniti alveolari possono eccezionalmente essere responsabili di
polmoniti necrotizzanti, con evoluzioni verso gli ascessi polmonari e l’eczema pleurico. Gli agenti
eziologici sono molteplici:
- in molti casi sono batteri anaerobi, generalmente ubicati nella flora orofaringea, che sono patogeni
opportunisti, per cui possiamo per esempio avere polmoniti necrotizzanti in soggetti intubati;
- Stafilococcus aureus;
- Klebsiella pneumonite;
- Pseudomonas aureginosa;
in minor misura :
- Streptococcus pyogenes;
- Nocardia spp.;
- Actinomyces spp.;
FATTORI DI RISCHIO per la polmonite necrotizzante sono :
- perdita di coscienza;
- malattie periodontali perché sono causa di presenza di geni anaerobi nel nostro cavo orale;
- alterazioni del transito esofageo, quindi possibili inalazioni di materiale;
- carcinoma broncogeno;
- bronchiectasia;
- inalazione di corpi estranei;
- atelectasia;
- condizioni predisponenti sistemiche come: diabete mellito, terapie immunosoppressive, terapie
antibiotiche e neoplasie.
Da un punto di vista clinico abbiamo:
- un esordio subdolo;
- febbricola;
- tosse e dolori toracici;
- anoressia e calo ponderale;
Radiologicamente osserviamo
addensamento infiammatorio:
polmonare che è espressione
posteriori del lobo superiore e
elementi inalati.
la presenza di una o più aree iperdiafane nel contesto di un
voi vedete appunto delle aree simili a buchi nell’addensamento
della polmonite. Sono interessati più frequentemente i segmenti
i segmenti apicali del lobo inferiore,dove si vanno a localizzare gli
La PROGNOSI dipende da:
- la natura della causa predisponente;
- le condizioni generali del soggetto;
- la scelta precoce e mirata della terapia antibiotica.
La TERAPIA nelle forme virali è solo sintomatica, ma la terapia antibiotica va comunque fatta
soprattutto in soggetti a rischio di superinfezioni batteriche, nella primissima infanzia, in soggetti con
broncopneumopatie croniche ostruttive, cardiopatie e immunocompromissioni. Ricordate però che
alcune polmoniti virali sono a volte indistinguibili da alcune forme interstiziali dovute ad esempio a
mycoplasma, quindi la terapia antibiotica la facciamo tutti. Anche se nella sicurezza assoluta, che non
si ha mai, di una forma solo virale, non si dovrebbe fare.
Nelle forme batteriche la terapia antibiotica si fa su base empirica perchè appena arriva il paziente non
si può aspettare l’identificazione dell’agente eziologico e la definizione della sua sensibilità
all’antibiotico, bisogna subito cominciare la terapia sulla base di criteri epidemiologici. Quando poi si
scopre l’agente eziologico, si passa ad una terapia più mirata.
TERAPIA ANTIBIOTICA EMPIRICA
- Verso i 25-60 anni, quando gli agenti eziologici più probabili sono Streptococcus pneumoniae
Haemophilus influenzae e Chlamydia pneumoniae, si attua con la somministrazione di
amoxicillina/clavulanato o amoxicillina/sulbactamo o cefalosporina+fluorochinoloni.
- Nei soggetti con più di 60 anni o nei soggetti a rischio, quando la polmonite è probabilmente
causata da Streptococcus pneumoniae, Legionella pneumophila o batteri Gram negativi, la terapia
si effettua con cefalosporine di II o III generazione o con amoxicillina/clavulanato più un
macrolide o fluorochinoloni, per esempio la levofloxacina o la ciprofloxacina, questo perché il
macrolide è attivo anche contro i mycoplasmi e le chlamydie ed è attivo anche contro la legionella
pneumofila, contro i quali non sono attive le penicilline.
- Nelle forme più gravi si pensa alla stessa eziologia (Streptococcus pneumonite, Legionella o Gram
negativi) , si dà una cefalosporina di III generazione in grado di essere attiva contro i Gram
negativi più un macrolide o un glicopeptide. Il glicopeptide come l’avancomicina si dà nel
sospetto di uno stafilococco penicillino resistente.
- Nelle polmoniti nosocomiali si deve pensare a Gram negativi o Stafilococcus aureus e allora la
terapia si fa con imipenem o meropenem o una cefalosporina di III generazione o piperacillina +
un aminoglicoside ,eventualmente anche vancomicina.
Vi volevo accennare una polmonite attualmente molto diffusa,ovvero quella da Legionella
pneumophila, relativamente recente. Sappiamo che la legionella venne scoperta nel corso di un
epidemia che si sviluppò tra veterani nel corso di un congresso a Philadelphia. Sappiamo che la
legionella sopravvive bene negli impianti di aria condizionata, ma l’abbiamo anche isolata dai
rubinetti delle case, quindi ricordate che è un germe che vive nell’acqua. La polmonite da legionella è
una polmonite grave, alveolare, che colpisce più frequentemente ma non esclusivamente gli anziani
e si associa frequentemente ad altri disturbi come turbe del sensorio, confusione mentale, encefaliti, e
in maniera particolare disturbi di tipo gastroenterico (diarrea,dolori addominali).
Se non curata ha una prognosi riservata, mentre curata con antibiotici adeguati guarisce. Questi
antibiotici sono: i macrolidi, quindi claritromicina o azitromicina, e sembra siano efficaci anche i
fluorochinolonici. La ragione dell’utilizzo di questi farmaci nella terapia empirica è proprio per
coprire le forme da legionella, mycoplasma e altre polmoniti atipiche.
LA RABBIA
È una malattia infettiva causata dal virus rabbico, che appartiene alla famiglia delle rhabdoviridae,
genere Lyssavirus. Il virus colpisce soprattutto gli animali, quindi è una zoonosi. La rabbia è
essenzialmente un’encefalite con mortalità del 100% dei casi.
Da un punto di vista epidemiologico la rabbia :
- è una zoonosi ubiquitaria;
- può interessare tutti gli animali a sangue caldo, ma solo alcune specie sono in grado di trasmettere
il virus;
- sono descritte due forme epidemiologiche :
- la rabbia urbana, trasmessa essenzialmente dal cane, soprattutto randagio;
- la rabbia silvestre, trasmessa da animali selvatici, principalmente volpi, poi tasso,
procione, donnola, coyote, pipistrelli, etc..
- In Italia grazie alla vaccinazione dei cani la rabbia è sostanzialmente scomparsa.
- La forma urbana persiste in alcune aree balcaniche, in Africa, nell’America centro-meridionale e
in Asia.
La forma silvestre è ancora presente in Europa settentrionale e centrale. L’epizoozia che c’è in
Europa è nata nell’immediato dopoguerra da casi di rabbia volpina che si sono verificati in Polonia
inizialmente e poi si sono trasmessi in tutto il nord europa. Alcuni casi si sono verificati anche anni fa
sulle alpi italiane e questo ha destato preoccupazione perché le volpi sono una razza in espansione, si
avvicinano sempre di più ai centri abitati e possono mordere i cani randagi.
Per quel che riguarda la PATOGENESI, l’inoculazione della saliva infetta con la morsicatura o il
leccamento di cute o mucose non integre induce la penetrazione del virus. Una volta penetrato
nell’ospite il virus si replica nei miociti e questo periodo di replicazione corrisponde al periodo
d’incubazione della malattia. Successivamente il virus penetra nelle terminazioni nervose assonali dei
nervi motori e sensitivi non mielinizzati e dal momento in cui penetra nel sistema nervoso la malattia
non è più prevenuta dall’immunizzazione. Lungo il tronco nervoso raggiunge per via retrograda i
neuroni a livello midollare e da li si replica e dissemina in tutto il sistema nervoso centrale, quindi è
una malattia che risale per via retrograda lungo i nervi.
La malattia provoca un’encefalite che come abbiamo detto è mortale in tutti i casi.
Dall’encefalo diffonde a tutto l’organismo lungo i nervi periferici, raggiungendo anche le ghiandole
salivari, dalle quali il virus viene eliminato con la saliva; quindi durante l’infezione rabbica, ad
eccezione dell’uomo che in genere non morde, il cane diventa aggressivo e può iniettare con la saliva
il virus. Non si può escludere una diffusione per via ematica che però è meno importante.
La malattia ha un periodo d’incubazione minore e si manifesta tanto più precocemente quanto più è
vicino il morso al sistema nervoso centrale.
L’incubazione lunga favorisce l’immunizzazione, in quanto permette la vaccinazione anche postesposizione (mentre per tutte le altre malattie dopo l’esposizione si parla di immunoprofilassi
passiva), e va da 15 giorni a 4 mesi anche se sono stati descritti casi con un anno di incubazione ed è
più breve nel bambino anziché nell’adulto. Il periodo di incubazione dipende anche dalla quantità di
virus inoculato.
No comment.
Tersali Alessandra (al posto di Sabino)