Carissimi, A quest`ora avremmo dovuto essere tutti nella cattedrale

Carissimi,
A quest’ora avremmo dovuto essere tutti nella cattedrale di Melfi per celebrare il
25° anniversario di ordinazione episcopale di Mons. Vincenzo Cozzi, che io saluto
affettuosamente e ringrazio per essere accanto a noi sempre, non solo nei momenti
di gioia ma anche di dolore e di sofferenza.
Saluto anche Mons. Agostino Superbo, Arcivescovo Metropolita di Potenza –
Muro Lucano – Marsiconuovo, in rappresentanza anche degli altri vescovi della
Regione Basilicata che non hanno potuto essere presenti a questa celebrazione,
ma ci accompagnano nella preghiera.
Mons. Talucci, Arcivescovo di Brindisi, confratello nel sacerdozio ed amico da
sempre di Don Michele e Don Peppino, per impegni pastorali che non ha potuto
rimandare, ci assicura la sua preghiera e la sua fraterna solidarietà.
Alla celebrazione nella Cattedrale di Melfi ci sarebbero stati anche Don Peppino e
Don Michele, per lunghissimi anni suoi stretti collaboratori di Mons. Cozzi, il
primo come Cancelliere dal 1985 al 2003 ed il secondo come Economo diocesano
dal 1990 al 2003.
Avremmo celebrato insieme il nostro ringraziamento al Signore per il dono del
suo ministero episcopale alla nostra chiesa particolare, che per oltre un ventennio
ha guidato con grande amore paterno, con umiltà, e soprattutto con la
testimonianza di vita e la ricchezza del suo magistero.
Insieme avremmo celebrato la bellezza del sacerdozio di Cristo a cui tutti i fedeli
partecipano in virtù del loro battesimo, in particolar modo i presbiteri ed i vescovi,
che, attraverso il sacramento dell’Ordine, diventano dispensatori della ricchezza
della grazia che emana da essi.
Ed invece siamo tutti qui, a rendere il nostro estremo saluto a questi due
confratelli presbiteri morti tragicamente giovedì sera.
Come è possibile che la stessa celebrazione, con la stessa Parola di Dio che
abbiamo appena ascoltato, possa adattarsi a circostanze così diverse tra loro: l’una
di grande gioia e questa, invece, pervasa da tanto dolore e sofferenza?
La risposta sta nella bellezza del mistero della nostra fede: la proclameremo fra
poco, subito dopo la consacrazione, quando tutti canteremo: “Annunciamo la tua
morte, Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell’attesa della tua venuta”.
Tutta la nostra vita, con i suoi momenti lieti o tristi, innestata nel mistero di Cristo,
è sempre proclamazione del dono dell’amore di Dio, attraverso la passione, la
morte e la risurrezione di Gesù, e quindi dono prezioso sempre, anche nella
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sofferenza. Dal giorno del battesimo veniamo inseriti in questo mistero pasquale,
mistero di vita e di morte.
“Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte,
perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così
anche noi possiamo camminare in una vita nuova.” Rom 6, 3-9
E’ facile capire la bellezza di questo mistero nei momenti di gioia: la nascita di
una nuova creatura ed il suo ingresso alla vita della grazia attraverso il battesimo;
il primo incontro con Gesù nell’Eucaristia; la santificazione dell’amore coniugale
il giorno delle nozze ; ma quanta fatica facciamo per comprendere la bellezza di
questo mistero nei momenti di grande dolore e sconforto come questi che stiamo
vivendo, da quando sono arrivate le prime agghiaccianti notizie dell’incidente, in
cui sono stati coinvolti anche altri due sacerdoti amici di Don Peppino e Don
Michele: Don Francesco Labriola della Diocesi di Andria e Don Giovanni
D’Aulerio della Diocesi di Termoli-Larino.
Non avrebbero mai immaginato che il loro sacerdozio potesse avere una
conclusione così cruenta.
Don Michele, presbitero da 41 anni, aveva esercitato il suo ministero nella
Cattedrale di Melfi, nelle parrocchie di S. Nicola e Leonessa, a Foggiano dal 1988
al 1996, poi a Gaudiano, e dal 1996 nella parrocchia S. Mauro a Lavello.
Don Peppino Fensore, ordinato da Papa Paolo VI a Roma nel 1970, è rimasto a
Rapolla dai giorni dell’ordinazione fino al 1985, poi a Ginestra per dieci anni,
amministratore del Santuario di Pierno dal 1990 al 1995, parroco a Rionero nella
Parrocchia SS.mo Sacramento per circa nove anni, e dal 2004 parroco a
Foggiano.
Sono stati validi e stretti collaboratori di Mons. Cozzi nel servizio di Curia: Don
Michele, economo per circa 14 anni; Don Peppino Cancelliere per 19 anni,
incaricato anche dell’Ufficio Scuola per 12 anni, ed insegnante di Religione nelle
scuole superiori.
Due personalità diverse: preciso e metodico Don Michele, esuberante ed
impulsivo Don Peppino. Ambedue di piacevole compagnia. L’aver lavorato
insieme in Curia per tanti anni li portava anche a trascorrere insieme le vacanze,
oppure a viaggiare insieme, specialmente dopo l’apertura dell’Ufficio Diocesano
dell’Opera Romana Pellegrinaggi.
A volte, scherzando, familiari ed amici dicevamo loro che erano sempre in
viaggio. Chi è stato con loro in pellegrinaggio ha apprezzato il significato che essi
davano al pellegrinaggio: non turismo religioso, semplice pausa di riposo o di
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svago, ma un vero incontro con il Signore, nei luoghi dove la fede si rinnovava ed
irrobustiva.
Molti possono testimoniare il ruolo che Don Michele e Don Peppino hanno avuto
nel farli riavvicinare al Signore, ed essere stati suoi strumenti nella riscoperta della
bellezza della fede e nella loro crescita spirituale. Senza dimenticare il legame di
amicizia che Don Michele riusciva a stabilire con i pellegrini, e la sincera ed
ardente devozione alla Madonna, che don Peppino trasmetteva.
Adesso che il loro pellegrinaggio terreno si è concluso, lasciano nel cuore di molti
tanto dolore e sconforto, ma anche tanto bene e preziosi insegnamenti, frutto del
loro ministero sacerdotale, vissuto sempre nella gioia e nella fedeltà a Cristo ed
alla Chiesa.
E di tutto ciò rendiamo grazie a Dio, che non ha paura di affidare alla fragilità
umana la preziosità dei suoi doni, che la morte, come l’oro nel crogiuolo, libera
dalle scorie del peccato, e fa rifulgere in tutta la loro bellezza.
La morte ci permette così di apprezzare le loro qualità e soprattutto di vedere ciò
che il Signore ha visto sempre nei loro cuori, chiamandoli ad essere suoi ministri.
Permettetemi di ringraziare sinceramente quanti, appena saputa la terribile notizia,
mi hanno fermato per strada, hanno inviato telegrammi o messaggi di posta
elettronica, oppure telefonato, per esprimere il loro vivo cordoglio e la loro
vicinanza di preghiera, per questa grande perdita non solo per i familiari dei
sacerdoti ma per la nostra chiesa diocesana che, improvvisamente, perde due
validi sostegni.
Pochi minuti fa, prima di lasciare Melfi, mi ha chiamata la mamma di un
sacerdote qui presente, che, piangendo, mi ha espresso il suo dolore per la
scomparsa di Don Peppino e Don Michele che considerava suoi figli.
Non dimentichiamo che alla loro perdita si aggiunge quella di altri tre nostri
confratelli nel giro ci poco più di un anno (Don Peppino Gentile, Don Emanuele
Laconca e Don Luca Garritoli, meno di un mese fa) che, nonostante l’età
avanzata, lasciano un vuoto incolmabile.
Nonostante l’esiguo numero di presbiteri in diocesi, ultimamente il Signore ci ha
chiesto di guardare a chi ha più bisogno di noi, in questo momento. E non ci siamo
tirati indietro. Abbiamo risposto alla necessità del Seminario Regionale di
Basilicata offrendo la disponibilità di Don Vincenzo D’Amato come Padre
Spirituale dei futuri sacerdoti della Regione, e quella di Don Ferdinando, che nelle
prossime settimane partirà per andare in missione in Honduras, presbitero “fidei
donum”.
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Abbiamo ascoltato la parola di Dio che, presentandoci l’esempio di generosità di
due vedove, ci invita, nonostante la grave perdita subita, a rinnovare la nostra
fiducia al Signore, a non aver paura a dare dalla nostra povertà.
A tutti noi il Signore oggi ci chiede di non affidarci ai calcoli, alle nostre
sicurezze, anche se riguardano il Suo Regno. Ci chiede una fiducia illimitata nella
sua bontà e generosità, che senz’altro sarà ripagata, come quella della vedova di
Zarepta che, privandosi dell’ultimo boccone di pane, vide moltiplicarsi, per il
resto della sua vita, quel po’di farina e le poche gocce d’olio che le erano rimaste.
La morte inaspettata di Don Michele e Don Peppino, cari fratelli e sorelle,
diventano oggi per noi il piccolo obolo della vedova di cui parla Gesù nel
Vangelo. Dando dalla nostra povertà e dalla nostra sofferenza, desideriamo anche
noi gettare nel tesoro dell’amore infinito di Cristo, ogni preoccupazione ed
affanno, ma soprattutto il dolore, che accompagna sempre la nostra vita.
Senz’altro il sacerdozio di Don Michele e Don Peppino, come del resto quello di
Don Francesco e Don Giovanni accomunati dalla stessa sorte, è stato molto
fecondo. Lo testimoniano i racconti di coloro che sono stati “toccati” dalla grazia
di Dio, attraverso la loro parola, i loro gesti, il loro ministero pastorale. Credo però
che anche la loro morte, avvenuta così tragicamente ed inaspettata per tutti, sarà
fonte di beneficio spirituale per tutti, se sapremo vivere con grande fede e
speranza questi difficili momenti
Tra poco, dopo aver offerto il pane ed il vino, segno di tutte le gioie e le
sofferenze della vita, nell’inno di ringraziamento al Signore, canteremo:“Se ci
rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità
futura”.
E’ proprio la certezza di ritrovare i nostri fratelli in paradiso che alimenta in noi
“la speranza che non delude, perché – ci ricorda San Paolo nella lettera ai Romani
- l'amore di Dio è stato riservato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo
che ci è stato dato.” Rom. 5, 5
Abbiamo appena celebrato il Convegno Ecclesiale di Verona. Ancora una volta è
stata lanciata a tutti i cristiani la sfida di essere “testimoni di Cristo risorto,
speranza del mondo”. La morte tragica dei nostri confratelli sacerdoti è un invito a
vivere con speranza questi momenti di grande sconforto per tutti, a stringerci,
come ci ricorda l’apostolo Pietro, a Cristo, pietra viva, su cui deve poggiare ogni
nostra certezza nella vita eterna, perché “siamo convinti - ci ricorda San Paolo che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci
porrà accanto a lui insieme con voi.” 2 Cor. 4, 14.
Con immensa gratitudine, eleviamo il nostro filiale ringraziamento a Dio Padre,
per il dono di Don Michele e Don Peppino alla nostra chiesa.
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Attraverso la loro morte, ancora una volta, ci ha svelato il mistero del Suo amore
misericordioso, dandoci nel Suo Figlio Gesù Cristo la certezza che un giorno li
ritroveremo in Paradiso assieme a tutti i nostri cari.
“Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande
misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai
morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si
macchia e non marcisce” (1Pt 1, 3-4)
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