1 Incontro amministratori - politici per consegna ‘Charitas in Veritate’ Seminario Vescovile - venerdì 7 maggio 2010 - ore 21 1. Perché ho desiderato questo incontro. Sento simpatia per coloro che svolgono attività politica; l’impegno di chi vive l’impegno/servizio personale nella amministrazione pubblica e nella politica, è particolarmente gravoso. La società attuale si sviluppa come un tessuto variegato: gruppi diversi per interessi, provenienza, caratteri culturali, appartenenze religiose o marcatamente laiche. Non sono più evidenti alcuni confini che una volta descrivevano le categorie. Si tratta di una società pervasa da conoscenze molto approfondite, quasi specialistiche, talvolta possedute più come pretese che come vere competenze. La nostra società è segnata dalla cultura dell’immediato e dell’emotivamente rilevante, viene infatti descritta come ‘la società liquida’. Basterebbe pensare al passaggio avvenuto dal giudizio positivo dato alla stabilità degli impegni, alla rivedibilità della parola data e delle responsabilità assunte. 2. La responsabilità del Vescovo, che si pone su di un altro piano rispetto alla politica attiva, ma intende essere presente con la sua parola; la componente religiosa maggioritaria porta con sé il richiamo alle radici ideali della nostra cultura e dunque anche alle ragioni ispiratrici delle scelte e delle decisioni dei membri della società. Il tema che si pone il Vescovo quando riflette sulla sua presenza nella città, e sulla presenza della comunità cristiana, è appunto questo: come articolare democraticamente il confronto tra la giustizia degli uomini e la giustizia di Dio. Si tratta forse di un confronto impossibile? Occorre procedere per passi successivi. Il Vescovo non è l’unico o il decisivo custode dell’insegnamento a riguardo dell’etica politica; essa ha fonti filosofiche, ha pensatori riflessivi ed ha trovato sviluppo nel nostro Paese. Inoltre in essa ciascun ‘uomo di buona volontà’ è chiamato a dare la sua testimonianza perché la coscienza illuminata e coltivata sa riconoscere il giusto dall’ingiusto. Il Vescovo parla di argomenti relativi all’etica sociale solo perché si fa portatore della testimonianza di un lungo cammino che ha condotto a formulare la ‘Dottrina sociale della Chiesa’. In particolare, nel caso presente, lo stesso riferimento alla lettera enciclica di Paolo VI, la ‘Popolorum Progressio’, mostra che il pensiero sociale della Chiesa nasce come frutto dell’esperienza dei credenti all’alba della ‘globalizzazione’ o ‘mondializzazione’, esperienza che la comunità cristiana ha sviluppato e la Chiesa propone nella sua Dottrina Sociale. Vale la pena dunque soffermarsi un momento sul senso della ‘dottrina sociale’ - Essa non va considerata come un prontuario a cui attingere singoli punti di contenuto. E’ piuttosto la descrizione della migliore costruzione social possibile nella situazione data; è la proposta della migliore composizione possibile dei rapporti sociali, nelle condizioni precise in cui ci si muove. 2 - Questa somma di esperienze di vita cristiana nel sociale è presentata perché la comunità cristiana possa svolgere con i mezzi suoi propri –dottrina, sacramenti, pratica vita di comunità- un efficace sostegno alla formazione delle coscienze perché il credente sappia amare il suo prossimo, non solo nel caso di rapporti personali, ma anche nel caso dei rapporti mediati attraverso l’esperienza sociale. La CiV , ad esempio, pone al suo centro l’affermazione che l’uomo è fatto per il dono (nr. 19). 3. Terza premessa: perché oggi presentare la CiV? Essa fa compiere alla comunità cristiana un passo interessante: passare dall’era della fede all’era della carità. Nella società del cristianesimo convenzionale la Chiesa parlava a una società cristiana. Oggi la Chiesa parla ad una società pluralista; parliamo di fede ai credenti che hanno scelto di appartenere alla comunità cristiana; il Vescovo parla della carità a tutti i cittadini. Nella parola quasi tecnica ‘carità’, trova espressione la fraternità, la solidarietà, la collaborazione; si tratta di quell’atteggiarsi dell’esperienza umana che è l’attenzione all’altro. Ebbene, l’Enciclica afferma: il dono è costitutivo dell’esperienza umana, in tutti i suoi aspetti. Il nucleo centrale dell’Enciclica è l’affermazione della priorità del dono per costituire una società. Noi diremmo: la pace sociale è possibile quando è data assoluta priorità alla fraternità. Ed essa si attua quando vi è lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini (n. 11). Libertà e uguaglianza sono importanti componenti della esperienza sociale; esse però non sono sufficienti per articolarla correttamente, occorre porre nella società anche il tema e l’esperienza del legame fraterno tra gli uomini. Esso si manifesta nel dono. Come coniugare il dono e la fraternità nelle varie espressioni della vita sociale? E’ la ricca e complessa stesura dell’Enciclica a dare risposta. Qui ci soffermiamo su alcune notazioni iniziali, per aprire la riflessione comune, per rimandare alla lettura personale. Che cosa leggo nell’Enciclica Charitas in Veritate. 1) Una riflessione che tocca il piano legislativo. L’enciclica contiene un capitolo utile agli amministratori pubblici (nr. 34-42). Essi rappresentano coloro che possono identificare scelte concrete in grado di introdurre i principi etici, che l’Enciclica intende richiamare, nel contesto della nostra società. a. Prima e fondamentale sottolineatura: la ricerca del bene comune. Si tratta della realizzazione della missione propria dell’istituzione pubblica (36). Ciò significa tra l’altro operare per prevenire o rimuovere disparità e disuguaglianze (nr. 22), che si trovano non solo tra paesi ricchi e paesi poveri, ma anche tra noi, in quanto nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà (22). b. La emanazione di leggi che favoriscano forme di redistribuzione guidate dalla politica e di opere che rechino impresso lo spirito del dono, di cui pure ha bisogno la vita economica(nr. 37 e 41). L’Enciclica ricorda: il profitto è utile se, in quanto 3 mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrre quanto sul come utilizzarlo (il profitto) (n21). Una seconda caratteristica delle leggi eque in ambito economico è quella di assicurare condizioni di pari opportunità alle imprese che perseguono fini istituzionali diversi (38). Si tratta dell’attenzione alle imprese private orientate al profitto, di imprese pubbliche, di organizzazioni che perseguono fini mutualisti e sociali. Infatti, continua l’enciclica, il binomio esclusivo mercato-Stato corrode la socialità, mentre le forme economiche solidali, che trovano il loro terreno migliore nella società civile senza ridursi ad essa, creano socialità.(39) c. Assumere all’interno delle aziende che fanno parte dell’amministrazione pubblica, criteri di efficienza, imprenditorialità, innovazione (n.25). Mentre l’efficienza fa riferimento al buon uso delle risorse, in mancanza del quale si propongono purtroppo politiche di tagli di spesa sociale, l’imprenditorialità può mostrare anche al pubblico, spirito di iniziativa. Annota l’enciclica: la perdurante prevalenza del binomio mercato-stato ci ha abituati a pensare esclusivamente all’imprenditore privato di tipo capitalistico da un lavo e al dirigente statale dall’altro. In realtà, l’imprenditorialità va intesa in modo articolato. Questa concezione più ampia favorisce lo scambio e la formazione reciproca tra le diverse tipologie di imprenditorialità, con il travaso di competenze dal mondo non profit a quello profit e viceversa, da quello pubblico a quello proprio della società civile, .. (nr. 41). 2) Un rimando ad alcune conseguenze per ciò che riguarda le scelte amministrative sul territorio. a. Sulle spalle dei giganti. La nostra società, e in particolare la nostra città, è erede di un significativo patrimonio artistico, storico, architettonico preparato da noi, come dono, dalle generazioni che ci hanno preceduto. L’Enciclica ci invita a prendere coscienza della stupefacente esperienza del dono (34). Fiducioso o lungimirante sguardo della amministrazione verso il futuro. Ricordo la pungente annotazione del poeta Thomas S. Eliot: che cosa troveranno di noi i nostri posteri? Palline da golf dimenticate nella piega del terreno…! b. Le relazioni politiche possono essere il luogo della gratuità? Il collegamento tra amministratori locali ed operatori economici e sociali, sia improntato a gratuità. Ma la politica non implica il collegamento con le forze sociali per una competizione che conquisti il potere? La gratuità non può implicare la rinuncia al modello di città o di territorio che si intende costruire, ma piuttosto al perseguimento di tale progetto nel rispetto della legge e del pluralismo democratico. Soltanto dove l’impegno politico è svolto in spirito di reale gratuità, pur nella diversità delle idee e dei progetti, si affermano trasparenza, stima reciproca, condivisione di un comune sentire che travalica le differenze ideali e anzi permette che tali differenze si confrontino in modo civile e proficuo per la comunità locale. c. Scelte politiche in cui appare lo spirito del dono. 4 L’Enciclica richiama l’importanza che le opere rechino impresso lo spirito del dono (nr. 37). Qualche esempio. Il primo riguarda tutte quelle dirette a beneficiare i più bisognosi nella città: i disabili, gli anziani, i poveri, gli immigrati. Le politiche e le opere in loro favore recano impresso lo spirito del dono, indubbiamente, tutte le volte che le istituzioni locali intervengono oltre i diritti stabiliti dalle leggi. Nel nostro Paese tradizionalmente si sono fatte carico del settore dei servizi alla persona le amministrazioni locali, con grande responsabilità e immensi oneri, ma con vantaggi, in termini di depotenziamento dei conflitti sociali e di risoluzione delle gravi problematiche sociali legate alle diverse povertà, che tornano a beneficio di tutta la società. Nella stessa linea va posta l’attenzione alla famiglia e alla piccola impresa. Un secondo esempio: quelle politiche e opere che osano chiedere alle nostre comunità gesti e scelte per uomini e donne che vivono oltre i nostri confini. E’ vero che compito istituzionale delle amministrazioni pubbliche è badare agli interessi legittimi della propria comunità; tuttavia occorre evitare che le nostre comunità si ripieghino su di sé. Far sentire presente in mezzo a noi l’umanità intera, attutisce i nostri egoismi e particolarismi, e introduce segni, quantunque piccoli, di una uguaglianza tra i popoli che ci aiuta a uscire dalla nostra autoreferenzialità. d. Volontariato e terzo settore. Oggi associazioni, gruppi, formazioni sociali, esprimono sul territorio una capacità di gratuità. Pensiamo ad associazioni di volontariato e ad organizzazioni di no profit che operano nel privato sociale. L’Amministrazione pubblica può puntare sulla valorizzazione di queste realtà sia quando operano nei settori dei servizi alla persona, ma anche in altri settori, quali l’istruzione, la vita, la famiglia, la cultura, lo sport, l’intrattenimento. E’ facile vedere come la gratuità che costituisce l’elemento caratteristico di tali associazioni, nasce da relazioni forti e significative, ma genera pure legami personali e sociali che possono divenire un efficace antidoto alla dispersione sociale di cui abbiamo parlato all’inizio. La ‘Caritas in Veritate’ riconosce questo aspetto positivo, che commenta così: occorre che nel mercato si aprano spazi per attività economiche realizzate da soggetti che liberamente scelgono di informare il proprio agire a principi diversi da quelli del puro profitto, senza per ciò stesso rinunciare a produrre valore economico (nr. 37). E’ questo lo spazio nel quale le amministrazioni pubbliche possono dare sostegno alle cooperative sociali e alle organizzazioni che, pur svolgendo attività economica, hanno finalità sociali che recano il segno della gratuità (Il Convoglio?). Conclusione. Lo sviluppo è legato alla dignità della persona. Perseguirla dà stabilità alla società e fiducia ai singoli cittadini (nr. 30). Essere uomini di speranza.