Ritiro di Quaresima 10-03-2002- Istituto Leone XIII - Don Giorgio Pontiggia D.G: Che cos’è questo tempo di Quaresima? Se il Natale è il tempo della presenza di Dio, la Quaresima è il tempo in cui Dio comincia a manifestare le sue pretese sull’uomo. Questo Dio svela, agendo, la natura dell’uomo, svela l’uomo a se stesso (“Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”). Come Dio svela l’uomo a se stesso? Come esigenza di significato, di senso: l’uomo è esigenza di significato. CANTO: POVERA VOCE- “La nostra vita canta con un perché …”D.G: La nostra vita, vile, canta con un perché. Cosa vuol dire essere giovani? Vuol dire avere uno scopo, un perché, aver fiducia in uno scopo che non nasce da un sogno ma nasce da un fatto, da una presenza. Essere giovani è dare del “Tu” a qualcosa di più grande di noi; il “giovane” è chi vive per qualcosa che c’è e che è più grande di lui. La mentalità dominante ci dice che il giovane è il “sognatore”; invece il giovane vive per qualcosa che c’è, mentre il sognatore è un illuso, un disperato. Questo scopo, questo perché, è più grande di noi, di voi, ma voi invece avete sempre davanti a voi i vostri sogni, cioè una proiezione di voi stessi. Questo scopo deve avere due caratteristiche: la prima è che non bisogna accontentarsi di conoscerlo, ma bisogna AMARLO, perché se è soltanto riconosciuto non ci fa uscire da noi stessi, dai nostri sogni. AMARE è la capacità di attaccarsi. La seconda è che non può essere un’idea, ma qualcosa di concreto, di presente. È qui che capiamo la grandezza del cristianesimo: perché infatti Dio si è fatto uomo? Per rendersi compagno, per ottenere questo riconoscimento dall’uomo, perché l’uomo potesse amare lo scopo della sua vita, cioè Dio (“Non vi ho chiamati servi, ma vi ho chiamato amici”). Il problema della vita non è solo ricercare lo scopo, ma dare del “Tu” a questo scopo, a questo Mistero. La giovinezza è dare del “Tu” a qualcosa di più grande di noi; perciò lo scopo è una persona, e amare quella persona è amare se stessi, tant’è vero che quando questo scopo diventa un’idea, ognuno identifica quello che gli piace di più come scopo della sua vita. “Il Cristianesimo, prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è l’”avvenimento” di un incontro”. (Giovanni Paolo II- Messaggio di augurio alla Fraternità di Comunione e Liberazione). Prima cosa: La Quaresima è il diventare grande di Gesù, è lo stupore della grandezza di Dio tra gli uomini; ma come Dio svela tutto questo? Rivelando chi è l’uomo vero, cioè Cristo. Perché Cristo è l’uomo vero? Perché rende possibile dare del “Tu” allo scopo, al destino, all’esigenza dell’uomo di capire il senso di tutto. Non solo Cristo è l’uomo vero perché rende possibile il dare del “Tu” allo scopo e, quindi, l’essere veramente giovane, ma ne è anche un esempio; la vita di Cristo è la vita dell’uomo vero perché è talmente attaccato allo scopo che lo chiama “Padre”. E lo ama talmente tanto che si affida a lui fino alla morte e alla risurrezione. CANTO: “QUI PRESSO A TE, SIGNOR, RESTAR VOGL’ IO”- D.G: Questo canto è l’espressione dell’amore a questo scopo; ma cosa a manca a questo? Manca la risposta nostra, mia, tua; la Quaresima è un aiuto alla mia e alla tua risposta. “Signore mio, Dio mio, perché se il Signore non è mio non è di nessuno” (Don Gius): la Quaresima è il tempo della risposta personale. Nel 3° capitolo della Scuola di Comunità, don Gius dice che “Il Cristianesimo nasce come risposta a questa domanda: Tu chi dici che io sia?”. Tutta la vita sta in questa risposta. Occorre ritornare a Cristo come verbo di dio incarnato: in questo modo la Fede è un’avventura della conoscenza, perché è un nuovo incontro personale con Cristo. Seguire e amare Cristo dev’ essere la caratteristica principale del nostro cammino. Cos’è per me il Cristianesimo ADESSO? È la risposta che io do alla domanda”Tu, chi dici che io sia?”: vorrei che questa domanda cominci a entrare dentro di voi. Ma che metodo usiamo per rispondere a questa domanda? Il metodo non è più una fantasia o un complicato moralismo (bisogna fare così e cosà, ecc…); il metodo del rapporto con Dio è la semplicità di un riconoscimento. Dio non è più un pensiero, ma un incontro, ossia l’imbattersi con una cosa presente che sentiamo essere buona, corrispondente a noi. Di conseguenza il problema di Cristo non è quello della sua esistenza, che è un fatto storico (nessuno oggi direbbe che Gesù non è mai esistito: cfr. 7Q5), ma della sua Presenza adesso, in questo istante. La sua presenza ADESSO è il segno della sua divinità: è Dio perché è risorto, ed è risorto perché adesso è presente. Se non fosse presente adesso sarebbe un personaggio storico come Napoleone Bonaparte! Dio è una Presenza, è Presente, perché se Dio non è presente adesso, non c’è mai stato. E in tutto questo non c’entra per niente l’intelligenza: infatti davanti al senso della vita il più intelligente è il più semplice: il metodo che ha scelto Dio per farsi incontrare è il fondamento della vera giustizia, perché davanti alla sua Presenza sono tutti uguali e anzi, se c’è uno più favorito, quello è il semplice. Dice Kierkegaard: “La contemporaneità è la condizione della fede, o meglio, è la fede stessa”. Ma cos’è la fede? È semplicemente “aver fede” o “fidarsi”? No, è riconoscere una presenza. Ma questo non è assolutamente ovvio per nessuno, infatti tutta la mentalità dominante tende a ridurre Cristo a una serie di valori, a un fatto del passato. Si può essere convinti di vivere da cristiani trovandosi inseriti in una “truppa cristiana” (quindi anche CL) senza rispondere a questa domanda: “Tu, chi dici che io sia?”. Invece il cristianesimo è proprio la risposta a questa domanda!! Seconda cosa: Cosa ci aiuta in questo (rispondere alla domanda)? La Chiesa. La Quaresima è un segno sacramentale di questa risposta a Lui, attraverso i sacramenti, appunto. La Chiesa è un insieme di momenti, di persone, di gesti, attraverso cui Cristo ci chiama a Lui; e come continua la Chiesa nella vita di tutti i giorni? Con la comunità e con la Scuola di Comunità, che ci aiuta a capire il miracolo della nostra appartenenza a questa compagnia; la verità della nostra vita ci viene data da questa compagnia, che noi invece tendiamo a ridurre a una compagnia qualsiasi. La Quaresima ci fa vedere che il luogo della nostra risposta personale a Dio è proprio la compagnia. Terza cosa (cfr, lettera del don Gius): come si vive questo rapporto con Cristo? Se io rispondo a Cristo, io divento la sua continuazione: ciò che nasce dalla mia risposta a quella domanda è la RESPONSABILITA’ di fronte al mondo. Bisogna che sentiamo questa responsabilità, dato che la moralità (il modo di comportarsi) è definita non da qualcosa di esterno, ma dal compito che hai: la moralità è che tu sia funzionale al compito, a questa responsabilità, perché si vive per l’utilità a Cristo. Questa responsabilità generata dall’incontro con Cristo si gioca nell’ambiente in cui uno vive (quindi, nel nostro caso, a scuola), attraverso la testimonianza; “Testimonianza” vuol dire dimostrare e ridimostrare che quello che noi viviamo rende più bella la vita, più piena (“Renderò nota la Mia potenza attraverso la letizia dei loro volti”). Quella è la nostra responsabilità. Quando si è innamorati, com’è diverso guardare la propria ragazza in questo modo, cioè chiedendosi semplicemente:”Come posso rispondere di più a Gesù in questo affetto?”.