Centro di Ascolto della Parola
LECTIO DIVINA SUL
VANGELO SECONDO MATTEO (7,1-20) (1)
INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO
Invochiamo lo Spirito santo, perché comprendiamo che non vi è
spiritualità, non vi è santità, non vi è vita cristiana senza la sua
presenza e la sua opera in noi. Preghiamo a due cori.
1C Spirito santo,
anima inabitante e spirito vivificante,
nel corpo vivo della Chiesa di Cristo,
la vita divina
dal tuo amore partecipato
fluisce.
2C Tu sei mutuo,
ininterrotto scambio di carità:
circolo mirabile, necessario, fecondo,
di amore paterno che, nel Figlio,
sua onda riversa;
1C e tenero scambio del Figlio
che al Padre – incessante amore eterno vivace rimanda:
clamore e risposta
e volontà, sempre obbediente.
2C Spirito santo,
anima vivificante,
1
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tratto da Giusti S., Bini S. “La verità ci farà liberi” –ed. Paoline
il mondo degli uomini, divisi,
perché senza amore,
a te, supplicando, geme:
1C manda il tuo Spirito,
e sarà comunione di vita;
il vento di tua potenza
estingua il rogo dell'odio incessante;
2C del tuo fuoco le lingue
brucino le aride stoppie dell'umanità,
inaridite nella steppa dell'egoismo.
Spirito santo,
Spirito vivificante,
sterile la terra langue.
1C Il
Il
Il
Il
tuo
tuo
tuo
tuo
fuoco
fuoco
fuoco
fuoco
divampi: sarà fraternità.
bruci: sarà purificazione.
illumini: sarà verità.
rifonda: sarà comunione.
2C Il tuo fuoco rinnovi: sarà giovinezza.
Il tuo fuoco apra la porta blindata del cuore:
sarà anticipata, felice convivenza di cielo.
Vieni, anima inabitante! Amen.
PREGHIAMO CON I SALMI (salmo 4)
1C. Quando ti invoco,
rispondimi, Dio, mia giustizia:
dalle angosce mi hai liberato;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.
2C Fino a quando, o uomini,
sarete duri di cuore?
Perché amate cose vane
e amate la menzogna?
1C Sappiate che il Signore
fa prodigi per il suo fedele;
il Signore mi ascolta
quando lo invoco.
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2C Tremate e non peccate,
sul vostro giaciglio riflettete e placatevi.
Offrite sacrifici di giustizia
e confidate nel Signore.
1C Molti dicono:
«Chi ci farà vedere il bene?».
Risplenda su di noi, o Signore,
la luce del tuo volto.
2C In pace mi corico
e subito mi addormento:
tu solo, o Signore,
al sicuro mi fai riposare.
Segue un momento di silenzio e poi le eventuali risonanze sul testo del
salmo (ognuno rilegge la frase che lo ha colpito di più).
INTRODUZIONE AL BRANO EVANGELICO
«La nostra vocazione è di andare a infiammare il cuore degli
uomini, a fare quello che fece il Figlio di Dio, lui che venne a
portare il fuoco nel mondo per infiammarlo dell'amor suo. È
dunque vero che sono inviato non soltanto ad amare Dio, ma a
farlo amare.
«Non mi basta amare Dio, se anche il mio prossimo non lo
ama. Devo amare il mio prossimo come immagine di Dio e
oggetto dell'amor suo e far di tutto perché a loro volta gli
uomini amino il loro Creatore che li riconosce e li considera
come suoi fratelli, che li ha salvati, e procurare che, con mutua
carità, si amino fra loro per amor di Dio, il quale li ha tanto
amati da abbandonare per essi il proprio Figlio alla morte. È
dunque questo il mio dovere.
«Come daremo la carità agli altri, se non l'abbiamo fra noi?
Osserviamo se vi è, non in generale, ma se ciascuno l'ha in
sé, se vi è al grado dovuto; perché se non è accesa in noi, se
non ci amiamo l'un l'altro come Gesù Cristo ci ha amati e non
facciamo atti simili ai suoi, come potremo sperare di diffondere
tale amore su tutta la terra? Non è possibile dare quello che
non si ha.
Osserviamo il Figlio di Dio: non c'è che nostro Signore che
Quanto volete che gli uomini facciano a voi…
sia stato rapito dall'amore per le creature da lasciare il trono
del Padre per venire a prendere un corpo soggetto a infermità.
E perché? Per stabilire fra noi, mediante la sua Parola e il suo
esempio, la carità del prossimo. È questo l'amore che l'ha
crocifisso e ha compiuto l'opera della sua redenzione» (san
Vincenzo de' Paoli).
LETTURA DEL VANGELO SECONDO MATTEO (7,1-20)
Alla proclamazione del Vangelo segue la rilettura personale del testo, in
clima di silenzio, con l’approfondimento delle note, dei passi paralleli e
delle citazioni per capire il contesto, chi agisce, quando, perché, come…
per poi passare a vedere la nostra vita alla luce della Parola.
COMMENTO AL BRANO2
Dicevamo iniziando il commento al discorso del monte, che
Matteo, di fronte agli scribi e ai farisei, di fronte al giudaesimo
che andava delineando la propria ortodossia, si pone un interrogativo: qual è l'originalità cristiana? Il discorso ci ha già
offerto molteplici spunti, tutti importanti per rispondere
all’interrogativo. Ma non si dimentichi che c'è un filo conduttore costante, ed è la carità: «Tutto quanto volete che gli uomini
facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Questa infatti è la Legge
e i profeti» (7, 12). Quest’affermazione - che si può dire
riassuma tutta l'ultima parte del discorso - era già presente, in
termini ancora più radicali, all'inizio: « Amate i vostri nemici e
pregate per i vostri persecutori» (5, 44). L'amore è l'unica cosa
che non delude, è profonda saggezza: come la saggezza
dell'uomo che costruisce la casa sulla roccia. L'amore è
l'originalità cristiana.
Cinque paragoni
Il discorso prosegue servendosi di cinque paragoni, uno più
interessante dell'altro: la pagliuzza e la trave, le perle ai porci,
il pesce e la serpe, la porta stretta, l'albero e i frutti. Sono
paragoni staccati, radunati qui tutti insieme dall'evangelista
perché, in un modo o nell'altro, illustrano il tema del
comportamento del vero discepolo.
2
Tratto da “Il racconto di Matteo” di B. Maggioni, Cittadella Editrice
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C'è il pericolo, quando ti metti a giudicare qualcuno, di
usare due misure, una per te e una per l'altro: vedi la pagliuzza
di chi ti sta davanti e non vedi la trave che sta nel tuo occhio
(7, 1-5). Si può essere nei confronti degli altri più rigidi, più
puntigliosi, più impazienti di Dio stesso. Lo erano alcuni
farisei. Ma lo erano anche le comunità cristiane primitive, se
Paolo si è sentito in dovere di scrivere: « Non giudicate nulla
prima del tempo, finché non sia venuto il Signore, il quale
metterà in luce ciò che le tenebre nascondono e manifesterà i
consigli del cuore » (1 Cor 4, 5). E per lo stesso motivo Matteo
racconterà, più avanti, la parabola dell'erbaccia che cresce in
mezzo al grano: un chiaro invito alla tolleranza. Il giudizio
appartiene a Dio, non a noi.
Ad ogni modo, la rigidità e l'ipocrisia nel giudicare (un
impegno
di
critica
e
discernimento
è,
dopotutto,
indispensabile!) sono difetti che si possono evitare, se si ha
l'accortezza di iniziare la critica da se stessi. La lealtà di
iniziare la critica da se stessi non è solo un fatto di coerenza,
ma molto di più. È la condizione indispensabile per vedere
con chiarezza, e per valutare con equità, le cose che ci
circondano. Le parole di Gesù lo dicono apertamente: « Togli
prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la
pagliuzza dall'occhio del tuo fratello ». Guardare in casa
propria è la prima cosa da fare. È nella conoscenza dei propri
limiti e delle proprie debolezze che si trova la giusta misura
(cioè la tolleranza e la pazienza) per una critica evangelica.
Il secondo paragone (7, 6) è molto vivace, ma non è di facile
comprensione. È come incompiuto. Come nessuno getta le
cose sacre ai cani e le perle ai porci, così ... Ma la seconda parte
del paragone manca. La sapienza d'Israele aveva coniato un
proverbio (Prv 23, 9): «Non parlare alle orecchie dello stolto,
perché disprezza i discorsi assennati ». E un altro (Sir 22, 7-8):
«Istruire uno stolto è come incollare dei cocci: non serve!
Ragionare con uno stupido è come parlare a uno che dorme:
appena finito, ti chiede: di che si tratta? ». Ci sono situazioni
in cui le proprie cose preziose vanno tenute nascoste, non
date: sarebbero altrimenti sprecate. E ci sono persone alle
quali non vale la pena di svelare certe cose (la parola di Dio? la
propria esperienza di fede? i propri ideali?): non le capirebbero.
Quanto volete che gli uomini facciano a voi…
Il terzo paragone (7, 7-11) - il pane e la pietra, il pesce e la
serpe - illustra l'efficacia della preghiera. Gesù annuncia che
la preghiera è efficace, ma questo non significa che Dio
conceda sempre quello che l'uomo gli chiede. Dio, ti ascolta,
ma a modo suo. I paragoni che Gesù utilizza sono un po'
strani (il pane e la pietra, il pesce e la serpe), ma il pensiero è
chiaro. Un padre non dà al figlio tutto ciò che questi gli chiede,
gli dà soltanto ciò che sa essergli utile. Così è Dio.
La porta che conduce alla salvezza è stretta e pochi sono
quelli che vi entrano (7, 13-14); la porta che conduce alla
perdizione è invece larga e molti sono quelli che la percorrono.
Con queste parole Gesù non vuol dirci che sono molto più
numerosi i dannati all'inferno che i giusti in cielo. I teologi del
suo tempo (e anche dopo) si chiedevano se i salvati sarebbero
stati molti o pochi. Luca ci ricorda che a un simile
interrogativo Gesù non ha risposto (13, 23).
Se tanti o pochi è un segreto di Dio, e in ogni caso non è
questo il punto. Dicendo che la porta è « stretta » Gesù vuole
ricordarci che la strada della vita è faticosa e dolorosa. Più avanti si capirà che è la via della croce. E dicendo che pochi
sono quelli che vi entrano, Gesù ci preavvisa che la sua strada
non è quella del mondo, quella del senso comune, della cultura
dominante: è sempre una via all'opposizione, una via
minoritaria.
Un albero lo si conosce dai suoi frutti, e allo stesso modo il
profeta. Questo dell'albero e dei frutti (7, 15-2O) è un paragone
suggestivo, che però - come accade spesso quando si parla per
immagini - non chiude il discorso in una sola direzione, ma lo
mantiene aperto in più direzioni. Sembra dire: non giudicate
l'uomo secondo le apparenze (queste sono spesso ingannevoli),
ma da quello che fa. Non le parole né le intenzioni, ma la
prassi. Se le parole e le intenzioni vanno in un modo, e la
prassi in un altro, è questa seconda che rivela il cuore dell'uomo, le sue scelte di fondo, i suoi veri interessi. Parole e
intenzioni sono spesso una copertura, un inganno (per sé e per
gli altri). Ma il paragone può essere inteso anche in un secondo
modo. Ci sono semi che quando li vedi, ti sembrano innocui, ci
sono alberi che quando li vedi ti sembrano affascinanti: soltanto se hai la pazienza (e l'accortezza) di aspettare i frutti, ti
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accorgi come siano veramente. È così che si smentiscono i falsi
profeti, non dalle molte parole che dicono (parole spesso
affascinanti), né dai singoli gesti che compiono: devi valutarli in
base a quei frutti che le loro parole e i loro gesti non
tarderanno a produrre.
Il messaggio
Metterci alla sequela di Gesù non è certo cosa facile; il
Signore ci propone un cammino scomodo, improntato a un
serio impegno di continuo sforzo personale su noi stessi e di
sacrificio.
La vita del cristiano è un percorso di «conversione», cioè di
ritorno a Dio, che implica, a causa della nostra fragilità e
debolezza, una lotta tenace non soltanto contro le avversità
esterne che vorrebbero minare la nostra pace interiore, ma
soprattutto contro noi stessi e le nostre passioni.
Accettare di entrare per la porta stretta significa assumersi
una forte responsabilità di fronte a Dio e a se stessi e
intraprendere un cammino di liberazione interiore, spesso
difficile e doloroso, ma certamente possibile e fruttuoso se
confortato dalla preghiera e dall'abbandono fiducioso nella
bontà e nella grazia del Signore.
Il comandamento dell'amore porta a considerare non
soltanto i propri bisogni, ma anche quelli degli altri: occorre
capire le loro necessità, accogliere i loro doni e al contempo i
loro limiti. Allora i buoni frutti matureranno, secondo quella
che è la volontà del Signore per il nostro bene.
Seguono le risonanze e le riflessioni sulla Parola che alimentano il
dialogo di fede fra i membri del gruppo, e poi uno spazio di silenzio per
disporre il cuore alla preghiera.
INTERCESSIONI
La nostra carità sarà autentica quando riusciremo a liberarci di
noi stessi, a morire alla nostra volontà e ai nostri desideri, al
punto tale da lasciarci portare, condurre anche dove non
vorremmo. Chiediamo allo Spirito di Dio che ci istruisca per
imparare ad agire, a pregare, a respirare, a vivere alla presenza
del Signore. Ripetiamo a ogni invocazione: Spirito di Dio, donaci
Quanto volete che gli uomini facciano a voi…
la tua carità.

Signore, aiutaci a combattere le nostre tentazioni e ad
abbattere i molti idoli per riguadagnarci la nostra libertà, al
di sopra di ogni presunzione, servilismo, doppiezza,
superficialità, faciloneria, vanagloria e autoesaltazione.
Preghiamo.

Signore, la testimonianza della tua missione sulla terra ci
fa capire che per seguirti occorre essere dotati di un'umiltà
forte e coraggiosa. Fa' che anche la nostra vita consista
nell'annuncio che tu sei fra noi e che noi, che vogliamo
seguirti, diventiamo «voce» per testimoniare la tua « Parola»,
con fermezza e con lealtà. Preghiamo.

Signore, fa' che la nostra vita conosca un sì di abbandono e
di fiducia, accettando le insicurezze, i limiti, le pochezze, le
infedeltà del nostro io. Preghiamo.

Signore, aiutaci con il tuo santo Spirito, affinché sappiamo
perseverare e attendere attraverso la preghiera, la costanza
e l'offerta di noi stessi, per essere sempre nella tua santa
volontà. Preghiamo.
Seguono eventuali preghiere spontanee. Chi vuole può ricordare la
Parola che si porterà a casa come “perla” dell’incontro.
Uniti dalla preghiera e dallo Spirito del Risorto, diciamo
insieme: Padre nostro...
e mi prometti di esserlo
in proporzione della mia confidenza.
Ma ciò che è meraviglioso è che,
nell'istante in cui mi metti
in questa condizione,
insieme con essa
mi dai questa stessa confidenza.
Che tu possa essere
eternamente lodato e amato
da tutte le cose create, o amabile Signore.
Che cosa diventerei io
se tu non fossi la mia forza?
Tu sei sempre con me e io in te;
dunque in qualsiasi luogo mi trovi,
qualsiasi pericolo o nemico mi minacci,
io ho sempre con me la tua forza.
Mi basta questa certezza per dissipare,
in un attimo,
tutte le mie angustie
e far fronte a certi rigurgiti di natura,
che alle volte si ridesta tanto vigorosa
da non riuscire a fare a meno
di temere per la mia perseveranza
e di sgomentarmi al pensiero della perfezione,
alla quale, Signore, mi hai chiamato. Amen.
CONCLUSIONE CON BENEDIZIONE
CELEBRIAMO LA PAROLA
T.
Sì, mio Dio, tu sarai la mia forza, la mia guida, il mio
direttore, il mio consigliere,
la mia pazienza, la mia scienza,
la mia pace, la mia giustizia, la mia prudenza.
A te ricorrerò nelle tentazioni, nelle aridità,
nelle contrarietà, nei timori.
Non voglio più temere nulla,
né gli inganni e i raggiri del demonio,
né la mia debolezza,
perché tu sarai la mia forza nelle prove;
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