Ruolo del Papilloma Virus Umano (HPV) nei carcinomi extragenitali della vescica, e della prostata INTRODUZIONE L’aumento di incidenza del cancro alla vescica ed alla prostata osservato negli ultimi anni ha stimolato i ricercatori all’identificazione dei possibili agenti eziologici. In particolare grande interesse ha destato in noi l’ipotesi di un’associazione del Papilloma Virus Umano (HPV) con il carcinoma uroteliale e della prostata, dato il ruolo patogenetico che questo ha nel carcinoma della cervice uterina e nei carcinomi ano-genitali. Sono stati identificati più di cento tipi di virus HPV (trasmesso sessualmente) e tra questi circa 42 sono conosciuti come agenti infettanti il tratto genitale. Studi di epidemiologia molecolare hanno osservato una forte associazione tra tali genotipi ed il tumore della vescica e della prostata . Il tumore della vescica, in costante aumento nei Paesi industrializzati, rappresenta circa il 70 per cento delle forme tumorali a carico dell'apparato urinario e circa il 3 per cento di tutti i tumori. È più comune tra i 60 e i 70 anni, ed è tre volte più frequente negli uomini che nelle donne. La sopravvivenza a cinque anni supera, in Italia, il 70 per cento dei casi. Il tipo più frequente di tumore della vescica è il carcinoma uroteliale a cellule di transizione che costituisce circa il 97 % dei casi. Altri tipi di cancro alla vescica sono rappresentati dall'adenocarcinoma e dal carcinoma squamoso, ma sono decisamente meno frequenti. Quest'ultimo è spesso associato alle infezioni da parassiti. Il carcinoma della prostata è uno dei tumori più frequenti del maschio. Negli U.S.A rappresenta quasi il 30% di tutti i tumori di nuova diagnosi nel sesso maschile (SEER). Il numero assoluto dei nuovi casi di carcinoma prostatico tende ad aumentare in relazione da un lato all'aumento della popolazione ed all'invecchiamento della stessa, e dall'altro ad un aumento dell'incidenza indipendente dall'età. Il carcinoma prostatico è piuttosto comune nel Nord America, particolarmente nell'ambito della popolazione di colore (22 morti per 100.000 uomini neri contro 14 morti per 100.000 bianchi) e nei paesi del Nord Europa: in quelli Scandinavi raggiunge la frequenza di 4050/100.000 abitanti, ed è raro in Giappone o negli altri Paesi Orientali (0,80-2,8/100000 1 abitanti). I tumori della prostata sono in costante aumento e tale aumento sembra essere reale oltre che dovuto all'affinamento della sensibilità diagnostica di cui disponiamo rispetto al passato anche recente. Nei paesi industrializzati questo tipo di neoplasie è, negli uomini sopra i 50 anni, la terza causa di morte per cancro dopo i tumori del polmone e del colon-retto. Nella sola comunità europea i morti ogni anno, sono 35.000; in Italia si stima in una decina di decessi ogni 100.000 abitanti rappresentando la prima causa di morte per tumori dell’apparato urogenitale. Tale neoplasia è tipica dell’età avanzata, ma calcoli statistici proiettivi stimano che un uomo su quattro dopo i 50 anni sia già portatore di tale patologia. E’, infatti, eccezionale la comparsa del carcinoma prostatico prima della cinquantina, mentre i casi diventano soprattutto frequenti al di là dei 65 anni. In questo contesto epidemiologico, l'Italia è posizionata a metà strada tra i paesi a più alta incidenza e quelli a più bassa con valori attorno a 28/100.000 abitanti. Stime relative al 1990 indicavano il tumore prostatico come la quarta causa assoluta di morte per tumore maschile con il 7,2% circa su 85.000 casi ed il quinto posto come frequenza tra i tumori del maschio dopo polmone, colon-retto, vescica e stomaco. I fattori che determinano o che contribuiscono a determinare l'insorgenza di questo tipo di carcinoma non sono ancora del tutto chiare. Sicuramente è coinvolto nel suo sviluppo il fattore ormonale, come dimostrato da Huggins, premio Nobel per aver scoperto che gli ormoni maschili (androgeni) possono accelerare la crescita del tumore prostatico, mentre la loro eliminazione porta a un rallentamento nella progressione dello stesso. E’ stato inoltre osservato come gli eunuchi non sviluppino il carcinoma prostatico mentre, un eccesso di androgeni alla pubertà rappresenti un fattore favorente. Diversi studi, poi, sottolineano la componente familiare di questo tumore, tant’è che la neoplasia è stata riscontrata più frequentemente nei familiari di pazienti affetti da tumore prostatico. Uomini con parenti di primo grado affetti da tumore prostatico hanno un rischio doppio di sviluppare la malattia. Sull’alimentazione troppo ricca di grassi ci sono solo sospetti, si è visto come con diete ricche di vegetali l’incidenza della malattia sia ridotta, mentre aumenterebbe con una dieta ricca di grassi e proteine animali. Anche i fattori sessuali sono stati oggetti di studio per un loro eventuale ruolo nello sviluppo della malattia. Si è potuto constatare che il tumore è spesso associato a trasmissioni di malattie virali (virus della famiglia dei papovavirus, citomegalovirus, virus herpetico), come anche ad un comportamento sessuale non regolare, o troppo scarso o troppo abbondante. Una correlazione fra tumore prostatico e fumo non è stata provata mentre, si è visto come l’esposizione a sostanze chimiche tipo ossido di cadmio, tipico dei lavoratori della gomma, 2 possa favorire lo sviluppo di tale neoplasia. Il carcinoma prostatico viene considerato come un tumore essenzialmente imprevedibile, in quanto possiamo avere sviluppo di metastasi indipendentemente dall’accrescimento del tumore, come pure una progressione del tumore e delle metastasi che vanno di pari passo. La stragrande maggioranza dei tumori maligni (il 95 per cento dei casi) appartiene a un tipo noto come adenocarcinoma, ma esistono anche tumori cosiddetti a piccole cellule. Studi condotti dalla “University of Queensland, Diamantina Institute for Cancer, Immunology and Metabolic Medicine, Princess Alexandra Hospital, Brisbane, QLD, 4102, Australia” hanno dimostrato una associazione tra l’HPV e il cancro alla prostata. Lo scopo di questo studio era di determinare la prevalenza del Papilloma Virus Umano (HPV) nel tessuto e di anticorpi HPV nella malattia prostatica. Campioni di tessuto prostatico sono stati prelevati da 51 pazienti con diagnosi di adenocarcinoma e 11 con iperplasia prostatica benigna (BPH). Tutti i campioni di tessuto sono stati confermati dall’esame istologico. I campioni di plasma sono stati prelevati da 52 pazienti con cancro alla prostata. Hanno studiato la prevalenza di HPV DNA mediante PCR, ed i campioni PCR positivi sono stati sequenziati. Nei campioni di plasma è stata valutata la prevalenza di anticorpi contro le 27 proteine HPV. La prevalenza di HPV DNA nei campioni di tessuto è stato del 14% (7 / 51) per i campioni di cancro alla prostata e il 27% (3 / 11) per BPHs. HPV-18 era l'unico tipo rilevato nei campioni di tessuto (10/62). Non è stata trovata nessuna significativa differenza nella prevalenza dell’HPV tra il cancro della prostata ed i campioni con BPH. Cellule HPV-positive sono state individuate in otto su tredici campioni di tessuto prostatico (3 / 3 BPH e 5 / 10 adenocarcinoma) tramite ibridazione in situ, e cellule positive sono stati trovate in cellule epiteliali ed in cellule di sangue periferico. I dati di sierologia non hanno dimostrato alcun aumento significativo nei livelli di anticorpi contro una delle proteine di HPV-18 testate per i pazienti con malattia prostatica. Anticorpi contro l'HPV-1, HPV-4, HPV-6 e HPV-11 erano significativamente più alti nel gruppo dei maschi con disturbi della prostata. 3 Materiali e Metodi L'obiettivo della ricerca è stato quello della ricerca molecolare del virus HPV negli istotipi del carcinoma uroteliale e prostatico, e dei relativi “tessuti controllo”, su fette di tessuti paraffinati su vetrino. Abbiamo preso in considerazione 95 campioni di tessuto vescicale patologico e 50 campioni di tessuto prostatico patologico. Dopo sparaffinazione l’ibridazione dell’amplificato marcato su di un supporto in cui sono adese sonde specifiche (Ibridazione allele/specifica) ha consentito di distinguere i diversi genotipi virali. Pertanto sono stati sottoposti ad estrazione del DNA, ed all’identificazione del HPV con tecnica real time PCR, mediane amplificazione della regione genica codificante la proteina L1. Estrazione del DNA Sono state allestite n° 8 fette di 10 micron montate su porta vetrini per ogni campione preso in esame, sparaffinate a caldo come da metodica istologica, raschiati e raccolti su eppendorf. L’estrazione è stata eseguita con appositi Kit commerciali. La metodica prevede di risospendere il pellet in 180 µl di Soluzione di Lisi per Tessuti. Si aggiungono 20 µl di Proteinasi K. Quindi si incuba a 56°C overnight e si procede con la metodica delle colonnine. Real-Time PCR La tecnologia Real Time PCR rappresenta un avanzamento della tecnica di base; rende possibile la misurazione del numero di molecole di DNA amplificate durante la fase esponenziale della reazione stessa. Il monitoraggio degli ampliconi si basa essenzialmente sulla marcatura di prime e probe o degli stessi ampliconi con molecole fluorescenti. Il Kit REALQUALITY RI-HPV STAR ha permesso l’identificazione del Papilloma Virus Umano mediane amplificazione della regione genica codificante la proteina L1. Il Kit consente di valutare la presenza nell’estratto di inibitori della reazione e di monitorare il processo di estrazione, mediante l’amplificazione del gene β-globina (controllo di amplificabilità). L’amplificazione del gene della β-globinanviene condotta separatamente da quella dell’HPV poiché vi sono evidenze sperimentali che dimostrano che in campioni a bassa carica virale vi può essere una competizione tra i due target, che talvolta finisce per svantaggiare pesantemente quello virale, con la possibilità di ottenere 4 falsi negativi. Per l’allestimento della reazione di amplificazione viene fornita una mastermix pronta all’uso contenente tutti i reagenti necessari, e in particolare: - Agente intercalante specifico per applicazioni di real-time e di high-solution DNA melting curve analysis (HRM). E’ in grado di intercalarsi nelle molecole di DNA senza inibire la reazione di PCR e risulta estremamente stabile sia termicamente che idroliticamente. Essendo completamente impermeabile alle membrane cellulari non risulta essere né mutagenico né citotossico; - ROXTM, un colorante inerte la fluorescenza non subisce cambiamenti durante la reazione di amplificazione; consente di normalizzare eventuali differenze tra pozzetto e pozzetto dovute ad artefatti quali errori di pipettamentoo limitazioni strumentali; - Il sistema dUTP/UNG che permette di prevenire le contaminazioni da precedenti amplificati, essendo i grado di rimuovere residui di uracile incorporati in molecole di DNA a singola elica o doppia elica. L’oligomix include i primer per l’amplificazione. Tipizzazione dell’HPV La successiva ibridazione dell’amplificato marcato su di un supporto in cui sono adese sonde specifiche (Ibridazione allele/specifica) ha consentito di distinguere i diversi genotipi virali. La tecnica di ibridazione allele/specifica è una tecnica di amplificazione su fase solida e rappresenta il metodo più conveniente per la rivelazione degli ibridi degli acidi nucleici. L’ibridazione su filtro prevede alcuni passaggi principali: 1. Denaturazione: l’amplificato marcato viene denaturato mediante denaturazione chimica o termica; 2. Ibridazione: la membrana (strip) è fatta incubare, in specifiche condizioni di temperatura, agitazione e pH con la soluzione contenente l’amplificato marcato e denaturato; 3. Lavaggi: per rimuovere l’eccesso di amplificato marcato e quindi per definire la “stringenza” dell’ibridazione: 4. Rivelazione: viene visualizzato l’ibrido che si è formato in base al tipo di sonda marcata utilizzata. Il Kit si basa sul principio dell’ibridazione inversa di sonde specifiche adese a strisce di nylon con la regione virale amplificata marcata con biotina. La metodica di questo kit permette l’identificazione dei seguenti genotipi virali a basso rischio oncogeno: HPV 6, 11, 5 40, 42, 43, 44, 54, 61, 70, 72, 81, e ad alto rischio oncogeno: HPV 16, 18, 26, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 53, 56, 59, 66, 68, 73, 82. Nella strip è presente inoltre una Sequenza Universale HPV a cui risultano positivi anche i genotipi sopra non elencati. Sequenziamento DNA I campioni positivi vengono sottoposti a sequenziamento diretto. Il protocollo di reazione prevede una reazione costituita con una mix di ddNTPs coniugati con quattro fluorocromi diversi e il primer reverse specifico, il prodotto di reazione viene purificato tramite l’impiego di colonnine che permettono la rimozione delle molecole residue. Il purificato è stato denaturato analizzato con il sequenziatore Applied BioSystem che separa i prodotti di reazione tramite elettroforesi capillare e ne consente la rivelazione mediante analisi di fluorescenza. I diversi frammenti di amplificato vengono separati tra loro ed i fluorocromi dei ddNTPs incorporati in ciascun frammento vengono eccitati da laser del sequenziatore con emissione di luminescenza a lunghezze d’onda specifiche per ciascun ddNTP. I dati vengono elaborati e rappresentati tramite un elettroferogramma costituito da picchi colorati, ognuno dei quali corrisponde ad un nucleotide. La sequenza fornita dallo strumento viene confrontata con le sequenze HPV note e contenute nelle banche dati che permette di identificare il tipo di HPV presente. Risultati Questo studio ha analizzato i campioni di carcinoma di vescica e prostata utilizzando le suddescritte metodiche e ottenendo i seguenti risultati: Vescica: 20/30 casi di carcinoma della vescica con stadio G1 presentano l'HPV 16; 12/25 casi di carcinoma della vescica con stadio G2 presentano L'HPV 16; 22/30 casi di carcinoma della vescica con stadio G3 presentano l'HPV 16; 6/10 casi di flogosi presentano l'HPV 16. Prostata: 9/20 pazienti con adenocarcinoma score di Gleason > 7 sono risultati positivi all’HPV e sono in corso di tipizzazione; 8/20 pazienti con adenocarcinoma score di Gleason ≤ 7 sono risultati positivi all’HPV e sono in corso di tipizzazione; 6 4/10 pazienti con flogosi cronica sono risultati positivi all’HPV e sono in corso di tipizzazione. Questo studio ha dimostrato di individuare una positività significativa per l’HPV nel cancro della vescica, della prostata e nelle relative flogosi, aprendo nuovi scenari etiopatogenetici ed epidemiologici per un più appropriato controllo di queste malattie. Melchiorre Fidelbo*,S.Sciacca*,S.Sciacchitano*, G.Benedetto*, E.Vasquez*** *Registro Tumori Integrato CT-ME-SR-EN,Dipartimento GF Ingrassia,Università di Catania Giuseppe Grasso**, Roberta Siciliano**, (** Anatomia Patologica Az. Ospedaliera “Cannizzaro”, Catania) ***Dipartimento GF Ingrassia , Università di Catania, Cattedra Anatomia Patologica Via S.Sofia 87- Catania. Tl 095 3782111 7