Circolo Evangelico di Cuneo
Predicazione del 25.11.2009
Lettura biblica: Genesi, cap. 4, versetti 19-24
Lettura biblica: Matteo, cap. 18, versetti 21-22
Lettura biblica: Matteo, cap. 18, versetti 23-35 (23-27) (28-31) (32-35)
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il Tuo Nome, venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà anche in
Terra, come è fatta nel cielo dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimettici i nostri debiti come anche noi li
abbiamo rimessi ai nostri debitori
Care sorelle e cari fratelli,
La quinta supplica che Gesù ci insegna di rivolgere in preghiera al Padre, è quella del “perdono”. Il tema del
“perdono” non è per nulla un tema sconosciuto per coloro che credono in Gesù Cristo. Perché ci è stato già detto e
ripetuto così tante volte, fin dai tempi della scuola domenicale, quale sia tutto il senso del perdono per il cristiano, e
la preghiera che ci ha insegnato Gesù, il “Padre Nostro”, sulla quale stiamo conducendo questo ciclo di
meditazioni, ci ricorda tutti i giorni quanto sia importante il perdono nella vita del credente.
Non di meno, succedere facilmente, purtroppo, che con il logorio degli anni, nel continuo, spesso ripetitivo
trascorre del tempo e delle cose, sbiadisca in noi il senso delle cose che ha detto Gesù sul perdono, e gli
insegnamenti di Gesù rischiano di perdere per noi molto del colore che avevano inizialmente. Una prima “perdita
di colore” del senso del perdono nella nostra fede, è quella di cominciare poco alla volta a pensare che non si tratti
in fondo di un qualcosa di veramente centrale per la nostra fede: altre cose ci appaiono più centrali, come ad
esempio l´annuncio della crocifissione e della risurrezione di Gesù, l´amore per il nostro prossimo, l´impegno
sociale, il battesimo, il non dare scandalo attraverso un comportamento indegno e ingiusto. Rischiamo così, poco
alla volta, di cominciare a pensare, che il saper perdonare sia senz’altro parte di un buon comportamento cristiano,
certamente, ma, …insomma, ci sono anche tante altre cose che uno potrebbe fare per essere un cristiano migliore di
quello che è, e poi, alla fine, non le fa. Tanto di lode a chi, nel corso degli anni della sua fede cristiana, sa
mantenere vivo questo “accessorie” extra, del saper perdonare al prossimo, ma con il tempo si tende a credere che
la fede cristiana, tutto sommato, possa funzionare bene anche senza saper perdonare, perché questo non sarebbe
comunque il vero centro della fede in Gesù Cristo.
Chi pensa questo, non ha capito quale è veramente il centro della nostra fede cristiana. Poichè è fuor di dubbio che
l´annuncio della crocifissione, e della risurrezione del nostro Signore Gesù Cristo è il vero centro della fede
cristiana, sì, ma quale è il motivo per cui Gesù Cristo è venuto qui in Terra a farsi crocifiggere e a risorgere?
Perché mai lo ha fatto? Per quale motivo ha dovuto farsi uomo e ha dovuto necessariamente scendere qui in Terra
da noi? (che non è stata proprio una passeggiata per Lui?) Lo ha fatto per il perdono! Per il perdono dei nostri
peccati. Per il nostro riscatto dal peso delle nostre colpe!
È ben vero, che il centro del Cristianesimo è che Dio ha così tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito
Figliuolo per questo mondo, ma per quale motivo lo ha dato, Suo Figlio? Per il perdono, per il nostro perdono, per
l´affrancamento dei peccati di chiunque creda in Lui mediante il Suo sacrificio in croce. È vero che il centro della
nostra fede è confessare, come ha fatto Pietro, che Gesù è il Cristo, ma cosa vuol dire che Gesù è il Cristo? Vuol
dire che Gesù è il Messia, che è stato mandato da Dio sulla Terra appositamente per il perdono, appositamente per
affrancarci da tutti i nostri peccati mediante il suo sangue. È vero, come dice Lutero, che il centro della nostra fede
è l´aver compreso, come è scritto nella lettera ai Romani, che il giusto vivrà per fede (Romani 1,17), ma per qual
motivo il giusto vive per fede? In forza di che cosa al giusto è concesso di vivere per fede? Unicamente in forza del
fatto che gli sono stati perdonati tutti i suoi peccati mediante il sacrificio di Gesù Cristo in croce! Il perdono,
dunque, nell´evangelo di Cristo, non è un “optional” per il credente che vuole essere più preciso e più diligente di
altri, non è la ciliegina sulla torta nella vita del cristiano, che potrebbe però anche non esserci: il perdono, invece, è
proprio tutto, è Gesù Cristo che è morto in croce per il nostro perdono, è il Padre che ha dato il Figlio a questo
mondo allo scopo del suo perdono, è il giusto vivrà per fede per via del perdono! Il perdono non è un “optional”
per il cristiano, ma è l´altro nome della nostra fede in Gesù Cristo!
Gesù Cristo in persona ci insegna a pregare al Padre: “perdonaci le nostre offese, come noi le abbiamo perdonate
ai nostri debitori”. Attenzione, Gesù non dice: “come noi le perdoniamo ai nostri debitori”, ma: “…come noi le
abbiamo perdonate ai nostri debitori: ho controllato per scrupolo il testo greco. La frase, messa così, è un po`
complicata, ma vuol dire questo: “Padre celeste, siccome noi abbiamo perdonato ai nostri debitori, siccome noi
abbiamo conosciuto in Cristo il Tuo amore verso di noi, e allora abbiamo già perdonato ai nostri debitori, allo
stesso modo perdonaci anche tu i nostri peccati verso di Te”.
Qui, Gesù, in altre parole, non ci dice che il credente, colui che prega Dio, deve saper perdonare ai suoi peccatori,
ma lo da semplicemente già per scontato, lo mette di fatto come precondizione per potersi rivolgere in preghiera a
Dio. Gesù ci costringe a dire nella nostra preghiera, che noi abbiamo già perdonato ai nostri debitori, se davvero
vogliamo pregare il Padre con le parole che Gesù ci ha insegnato.
Per Gesù Cristo, dunque, il perdono non è un consiglio, non è un invito, non è un ordine: per Gesù Cristo il
perdono, in questa preghiera, è una cosa che noi, semplicemente, abbiamo già saputo fare. Ed è proprio questo
però, che adesso ci permette di poter chiedere al Padre di perdonare anche a noi i nostri peccati. Gesù Cristo qui
non afferma esplicitamente che il Padre non ci potrà perdonare se noi non avremo prima saputo perdonare al nostri
debitori, che ci hanno offeso, ma lega comunque in modo chiaro il perdono del Padre verso di noi con il nostro
perdono verso i nostri debitori: in questo modo ci avverte, che noi, quantomeno, mettiamo in gioco la nostra
salvezza davanti a Dio, se non sappiamo perdonare al nostro prossimo.
Allora Pietro, accostatogli, gli disse: Signore ma quante volte, peccando il mio fratello contro di me, io gli devo
perdonare? Fino a sette volte?
Sette è una cifra particolare nell´Antico Testamento, Essa indica che, nel caso di cose che si ripetono e non
dovrebbero ripetersi, anzi, che non avrebbero proprio dovuto succedere, se queste cose si ripetono per sette volte,
non ha più senso pensare che cesseranno di ripetersi. Se uno ripete una cosa che non deve fare per sette volte, o se
comunque succede una cosa che non dovrebbe succedere per sette volte, dopo non ha più senso pensare o sperare
che non si ripeta più. Quindi la domanda di Pietro vuol poi dire in sostanza: Signore, bisogna continare a perdonare
anche quando la logica umana sembrerebbe suggerire che non ha più senso continuare a perdonare? E Gesù gli
risponde di sì, che bisogna continuare a perdonare anche oltre le sette volte, anche quando, cioè, la logica umana
sembrerebbe dirci che non ha più senso continuare a perdonare. E questo perchè è il Signore, lui per primo, che ci
perdona e ci continua a perdonare sempre e nuovamente ogni volta che pecchiamo, anche quando la logica umana
sembrerebbe dirgli che non ha senso continuare a perdere tempo con noi, perchè tanto, comunque, pecchiamo e
peccheremo sempre di nuovo. Gesù, però, non si limita a dire a Pietro soltanto questo, ma gli dice anche una cosa
in più: “Io non ti dico fino a sette volte, ma fino a 70 volte sette”. Noi in genere pensiamo che Gesù, con questo “70
volte sette” abbia voluto soltanto dirci: “Perdonate all´infinito, senza più contare”.
In realtà, non è soltanto questo. Se guardiamo più approfonditamente, invece, in questa risposta di Gesù, c´è, sì, la
necessità di non smettere mai di perdonare, ma c`è anche qualcosa più. Perchè questa faccenda del “70 volte 7”
Gesù non la dice per caso, poichè essa la troviamo già un´altra volta nella Bibbia, e cioè nella Genesì al cap.4, v.
24, dove Lamec (che era il padre di Noè) ad un certo punto ha subito delle offese e annuncia allora che lui farà
vendetta “70 volte sette”.
( Alcune traduzioni riportano “77 volte”, ma l´Antico Testamento nella versione cosiddetta “dei 70” – per via del
numero dei loro traduttori – quella che conosceva Gesù e conoscevano gli apostoli che hanno scritto il Nuovo
Testamento, traduce, appunto, “70 volte 7” )
Per essere ancora più precisi, Lamec usa proprio le stesse parole, in senso rovesciato, di Gesù – o meglio, Gesù usa
ora, rovesciandole, proprio le stesse parole di Lamec – perché Lamec dice proprio testualmente: “Io farò vendetta
non sette volte, ma 70 volte sette”. Ed è per questo che Gesù, nel rispondere a Pietro dice, proprio allo stesso modo:
“Tu non perdonerai sette volte, ma 70 volte sette”. Dunque, Gesù, qui, parlando volutamente in questo modo, non
dice soltanto che non c`è limite numerico al nostro perdono, ma parafrasando Lamec, rovesciandone però il senso,
ci dice anche che il perdono è il contrario della vendetta, il perdono esclude radicalmente la vedetta, esclude
radicalmente, 70 volte 7, la voglia di “fargliela pagare” all´altro, la voglia di vincere sull´altro, o comunque la
voglia di prendersi la rivincita sull´altro! Non c`è perdono vero, non c´è perdono autentico, non c´è perdono che
sia tale, che sia valido agli occhi di Cristo, dove permanga la voglia, anche incoffessata, di vendicarsi, o comunque
di prendersi alla prima occasione la rivincita.
E, care sorelle e cari fratelli, la voglia di vincere sugli altri, su chi ci ha fatto dei torti, c´è purtroppo, ed è
diffusissima nel mondo e spesso la si trova purtroppo anche tra i credenti stessi. Oppure c`è la voglia della
rivincita, (che è poi la voglia di vendetta, detta in parole più soft): “Sì, va bene, adesso ti perdono, ma alla prima
occasione che mi capita, te la faccio pagare”. Tutte queste “voglie” sono voglie di Satana. Il vero amore, lo si
riconosce perché sa perdonare e basta, senza voler vincere. Il vero amore, lo si riconosce perché sa perdonare,
senza dettare le condizioni per il perdono. Il vero amore perdona autenticamente, senza tendere dopo l´agguato per
prendersi la rivincita. Amare, portare amore, vivere con sincerità l´amore di Gesù Cristo, vuol dire saper
autenticamente perdonare come il nostro Signore Gesù Cristo ci ha saputo perdonare, senza imporre condizioni,
senza preparare le rivincite.
Subito dopo la risposta data a Pietro, nell´ultima lettura biblica di stamattina Gesù prosegue raccontandoci una
delle parabole più toccanti dell´Evangelo.
Va innanzitutto detto che si tratta di una parabola del Regno: una di quelle parabole, cioè, dove Gesù incomincia
dicendo: “il Regno dei Cieli è simile a ecc. ecc.” Pietro gli aveva posto una domanda sul piano etico, Gesù invece
gli da una risposta sul piano teologico, non risponde cioè a Pietro parlando di educazione o di buon
comportamento, ma citando per prima cosa il Regno di Dio.
Il perdono, per Gesù Cristo, non è dunque un fatto di comportamento o di educazione, tipo: “Guarda quello là: sua
madre non gli ha insegnato l´educazione, e così lui adesso non mi ha perdonato, è un maleducato”. No, il perdono
non ha a che fare con la nostra educazione, ma ha a che fare con il rapporto che noi abbiamo o vogliamo avere con
Dio. Anche leggendo questa pagina dell´Evangelo ci accorgiamo, dunque, che anche qui, come nella preghiera del
Padre Nostro, il saper perdonare non è una dunque libertà dell´uomo, o una sua conquista culturale, ma è un dovere
per chi vuole vivere nella dimensione del Regno di Dio. La parabola, dicevo, è molto toccante. Gesù descrive un
qualche regno terreno dove un re un giorno vuole controllare i conti dei suoi ministri (non lasciamoci trarre in
inganno dalla parola “servo”: questa persona, che ha la possibilità di rubare al suo signore 10.000 talenti, non è uno
che pela le patate in cucina). 10.000 talenti, secondo i commentari, equivalgono grossomodo al salario di un anno
di lavoro di 20.000 braccianti. È una cifra spaventosamente enorme: come dire, 250 milioni di Euro: Dunque, tanto
per capire a che dimensioni Gesù sta alludendo, Gesù dice nella sua parabola, che un giorno un ministro è stato
scoperto che avava rubato alle casse del regno 250 milioni di Euro! …Non c´è riuscito nemmeno Craxi, che è
riuscito a portasi via solo l´equivalente di 18 milioni di Euro! Il re lo condanna allora ad una pena molto, molto
brutta: essere venduto in schiavitù, lui, sua moglie e i suoi figli, cosa che spesso comportava, oltre al resto, anche
abusi sessuali. Quel servo allora gli si getta ai piedi e gli chiede pietà e gli dice che gli pagherà tutto, (cosa che,
comunque, a quei livelli di capitale, chiaramente non è possibile). Allora il re si commuove e lo affranca da tutto il
suo debito, gli abbuona interamente 250 milioni di Euro e lo lascia andare libero. Quel ministro, appena uscito
dalla corte di udienza del re, appena fatti i primi passi da uomo liberato, affrancato da quell´enorme, indescrivibile
debito, incontra un suo “conservo” (attenzione, non un suo proprio servo, ma un altro servo come lui dello stesso
re, un suo “conservo”), trova dicevamo, questo suo collega che gli doveva 100 denari (più o meno, tradotto oggi,
5.000 Euro). Anche il suo collega gli chiede pietà, ma lui non ne ha: lo fa mettere in prigione per tenercelo finchè
non avrà pagato fino all´ultimo centesimo.“ Servitore malvagio – gli dice allora il re – io t´ho rimesso tutto quel
debito enorme, io ti ho rimesso tutti quei miliardi che tu mi hai rubato, perché tu me lo supplicasti, non dovevi
anche tu aver pietà del tuo conservo, com´ebbi anch´io pietà di te?”
Gesù, con questa parabola, veramente molto forte, e anche molto crudele nei suoi vari episodi, ci vuole far molto
ben intendere, che i peccati di cui Dio ci ha liberati e ci ha riscattati, sono un´enormità, sono 250 milioni di euro:
per rendercene conto è già sufficiente confrontare per un solo momento tutto il lusso di cui noi godiamo qui, in
confronto alla miseria in cui vive la piú gran parter del resto del mondo, per permetterci di vivere noi in questo
lusso: i peccati che Dio ci ha perdonato, a ciascuno di noi, sono un´enormità senza fine rispetto ai peccati e ai
peccatini molto, ma molto, ma molto più piccoli, infinitamente più piccoli, che i nostri debitori possono aver
commesso contro di noi, e che noi siamo dei servitori malvagi se non li vogliamo perdonare.
Amen