ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO
Consiglio Provinciale di Napoli
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
CONSULENTI DEL LAVORO
Unione Provinciale di Napoli
Via A. De Gasperi n° 55
80133 – Napoli
Prot. n° 108/2008
Circolare N° 5/2008
Dicembre 2007
A tutti i colleghi
Uno strumento di policy making
La scelta del Dirigente preposto
Chiarimenti circa la natura della conciliazione monocratica
Capita sempre, nell’ultima circolare dell’anno, di avere l’imbarazzo della scelta degli
argomenti da trattare. Già, proprio così! Finanziaria, Pacchetto Welfare, bonus vari. Ma noi
abbiamo precorso i tempi in tutti i sensi. Non solo abbiamo già scritto, in precedenti circolari, delle
ultime novità quanto, nel grande Convegno del 10 Gennaio scorso al Tiberio Palace Hotel di
Napoli, abbiamo ripercorso l’inglorioso ed immeritato (per l’economia nazionale e per la
certezza del diritto) ridimensionamento ideologico del contratto a tempo determinato (con
l’assurda limitazione dei 36 mesi da conteggiarsi anche retroattivamente all’entrata in vigore
della legge!), il DURC, il bonus incapienti, l’aleatorio credito d’imposta.
Cosa scrivere, allora, nell’ultima circolare dell’anno, datata Dicembre ma materialmente
redatta a Gennaio inoltrato? Ci limitiamo, per brevità, ad un pensierino politico, alla nuova figura
del “Dirigente Preposto” e ad alcune sintetiche considerazioni sulla conciliazione monocratica.
Dal punto di vista politico occorre rimarcare (ed essere fieri di ciò) come l’attività dei
Consulenti del Lavoro sia a supporto delle politiche e dei servizi per il
lavoro dell’Amministrazione Regionale della Campania, delle Amministrazioni dell’INPS,
dell’INAIL, dei Centri per l’impiego e….. … chissà perché nessuno se ne accorge!
Essa nasce dalla volontà di potersi avvalere di uno strumento di analisi, studio e
monitoraggio delle dinamiche del mondo del lavoro locale attraverso il lavoro quotidiano e
specializzato di 1315 Consulenti del lavoro iscritti all’Albo provinciale di Napoli, di tanti altri
Consulenti del Lavoro iscritti negli altri quattro Albi provinciali della Regione Campania e di
numerosi iscritti negli Albi degli avvocati, dottori commercialisti e dei ragionieri. Questi
professionisti sovrintendono ad una larghissima fetta del segmento amministrativo afferente
agli adempimenti in materia del lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori
dipendenti dalla quasi totalità delle piccole e medie imprese operanti sul territorio.
Un’operatività che, attraverso i convegni itineranti organizzati dall’Ordine e
dall’Associazione di Napoli, rappresenta uno strumento di policy making (assicurazione
strutturale) volto ad attivare azioni di socializzazione e promozione della partecipazione degli attori
locali alla definizione e attuazione delle scelte strategiche di sviluppo del territorio.
Il mondo del lavoro napoletano, al pari del mercato nazionale e internazionale, in questi
ultimi anni è stato sottoposto a profonde trasformazioni che hanno riguardato l’organizzazione dei
processi lavorativi, l’accentuazione della nascita di molte piccole imprese, particolarmente nel
settore del terziario e dei servizi avanzati, ma che ha segnato anche la fine di tante importanti
realtà imprenditoriali che rappresentavano un sicuro bacino di occupazione territoriale.
Questa metamorfosi strutturale ha comportato una progressiva modifica dei criteri di
selezione e di gestione delle risorse umane e cammina, pari passo, con quella naturale necessità di
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flessibilizzazione che nel nostro miope Paese, viene considerato come il malaticcio gemello
monozigoto, privo di forza di volontà, misantropo, ermetico, infelice, armato di negatività : l'antieroe per eccellenza che dedica tutta la sua vita a cercare di essere il peggiore nemico di se
stesso. Perché non vanno poi dimenticati i cambiamenti intervenuti sul versante delle aspettative dei
lavoratori, in modo particolare delle lavoratrici e dei giovani, conseguente anche all’innalzamento
diffuso dei livelli formativi, che sembra avere come effetto quello di favorire un processo di lenta e
progressiva sostituzione della tradizionale etica del lavoro con orientamenti più attenti alla sua
dimensione espressiva e auto realizzante.
Sono aspetti etico- economici questi da non sottovalutare; variabili che contribuiscono
non solo a rendere più opaco e meno prevedibile il mercato del lavoro, ma che rendono anche
più difficile il compito di chi è alla ricerca di personale con determinate caratteristiche e
competenze. Il rovescio della medaglia è coniato dalla stessa difficoltà di quanti devono entrare o
spostarsi nel mondo del lavoro, cercando un impiego soddisfacente per sé e per il proprio posto
nella società.
Sin dall’inizio della sua istituzione, il Centro Studi “O. Baroncelli” si è posto, assieme
all’ANCL ed Ordine dei Consulenti del Lavoro di Napoli, l’obiettivo di rilevare, approfondire,
commentare e criticare, laddove necessario, le norme del cambiamento, nonché denunciare quella
mancata riflessività in riferimento ad aspetti e problematiche che vengono giorno per giorno
rilevate dai colleghi all’interno del mercato del lavoro partenopeo ma che da Napoli si estendono
all’intera comunità nazionale. Ciò promuovendo nell’intera comunità professionale dei
Consulenti del Lavoro la capacità di auto-osservarsi e di mettere a sistema l’insieme di esperienze,
competenze e risorse disponibili. Animazione professionale e superamento della
frammentazione degli interventi costituiscono la modalità di azione che caratterizza
l’operatività del nostro Ordine provinciale e del nostro Centro Studi. Questa la sfida che si
intende assumere per promuovere una più solida e condivisa razionalità locale nel tentativo di
incidere sulla realtà attraverso la ricerca e la riflessione condivisa.
E quale miglior contributo potrebbero ricevere le Istituzioni locali se solo s’accorgessero
della pleonastica attività di ricerca e di monitoraggio che viene svolta, sia con l'utilizzo di
metodologie tradizionali, sia con la realizzazione di percorsi telematici, dalla nostra categoria
professionale? Basterebbe spingere lo sguardo un palmo più lontano della punta del naso per
raffigurasi quale potrebbe essere il coinvolgimento e l'attivazione degli attori sociali presenti nel
nostro territorio. Verrebbe a svilupparsi un modello di ricerca-azione partecipata e di animazione
territoriale, finalizzate, in termini generali, a valorizzare i soggetti nella produzione di conoscenza e
nella individuazione di soluzioni ai problemi. Quale migliore prospettiva di analisi diacronica
realizzabile attraverso la fornitura di quelle cornici statistico-descrittive, sempre aggiornate, dei
singoli aspetti tematici posti in osservazione. Una miniera di potenzialità informativo- conoscitive
custodite nell’archivio storico della più giovane ma delle più sociali e dinamiche delle professioni.
Tutto ciò mentre si sta perpetrando un efferato attacco alle diverse professioni nell’ambito della più
ampia riforma di tutti gli Ordini professionali italiani. S’accorgeranno in tempo dell’errore?
Spetta a noi il compito di doverlo evitare. Per il bene del Paese.
La scelta del Dirigente preposto
Nel nostro diritto societario viene introdotta, con la riforma del risparmio, la figura del
“dirigente preposto”, al quale vanno attribuite specifiche funzioni di controllo contabile.
Trattasi di un obbligo che interessa tutte le società quotate in Borsa, che adesso si trovano
ad affrontare nodi piuttosto intricati come quello relativo agli adeguamenti statutari, alle modalità di
attribuzione dell’incarico, ai requisiti necessari, a competenze e mezzi. Senza alcuna ambizione di
costituire un punto di riferimento obbligato, per permettere un’applicazione uniforme da parte di
tutti i colleghi che assistono le società obbligate, riteniamo che, in assenza di specifiche
precisazioni da parte del Testo unico della finanza, la procedura di nomina che quella di
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revoca amministrativo appartenga al Consiglio di Amministrazione, considerato che
statutariamente è il soggetto con competenza sull’assetto organizzativo della società. L’atto
dovrebbe restare di tipo collegiale, visto che, in una visione sistematica della disciplina di
governance, la legge dispone che è il consiglio di amministrazione in forma collegiale ad approvare
il bilancio e ad esserne responsabile. Un doppio profilo di responsabilità che si può configurare sia
sul versante civile, per risarcimento danni, sia su quello penale.
Anche sui requisiti in forza dei quali può essere attribuito l’incarico la legge non fa
alcuna precisazione, salvo il fatto che al preposto debba essere attribuita la qualifica di
Dirigente. Un dipendente che dovrà, dunque, essere collocato al livello più elevato della gerarchia
aziendale, alle dipendenze dirette dell’organo amministrativo o dell’amministratore delegato. Un
bel rompicapo! In linea teorica resta possibile il cumulo di funzioni tra amministratore e
dirigente preposto. Si tratta, però, di un’opportunità che andrà valutata caso per caso, soprattutto
quando al “nostro” amministratore siano attribuite deleghe operative o particolari altri
poteri.
Sarà lo stesso statuto societario a prevedere i requisiti di professionalità, mentre per quelli
di onorabilità, pur se non esplicitamente previsti, si è dell’opinione che si debba ricorrere a
ricostruirne l’opportunità in via interpretativa. Ovviamente la responsabilità del Dirigente
preposto non è alternativa all’onere che fa carico agli amministratori, che riguarda
l’integralità dell’intero processo di bilancio e non singoli documenti, e si può configurare sia
sul piano civile sia su quello penale. Sul primo versante, la responsabilità (per risarcimento
danni) è possibile nei confronti della società, dei creditori sociali o del singolo socio; mentre
sul piano penale, il dirigente può essere chiamato in causa per reati come il falso in bilancio,
l’infedeltà o l’ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità di vigilanza con possibilità di
condanna a pene detentive, pecuniarie e accessorie. Ciò visto ci domandiamo, e non tanto per
scherzo, quale dovrebbe essere la retribuzione a fronte di cotanta attività e responsabilità.
Chiarimenti circa la natura della conciliazione monocratica
Proprio recentemente abbiamo risposto al quesito di un collega di Napoli in materia di
conciliazione monocratica ed in particolare sulla modalità di determinazione dell’imponibile
contributivo e sull’aspetto sanzionatorio sulle somme versate.
Abbiamo ripercorso, così, il contenuto della circolare n. 6 del 9 Gennaio 2007 diramata
dalla Direzione Centrale delle Entrate Contributive, Direzione Centrale Vigilanza sulle Entrate ed
Economia Sommersa dell’INPS, che ha trattato l’istituto della conciliazione monocratica. Essa,
infatti, ha fornito alcuni chiarimenti circa la natura, il campo di applicazione della conciliazione
monocratica e la qualificazione dell’omissione ai fini dell’addebito delle sanzioni.
Riteniamo di farvene partecipi tutti anche perché l’argomento non è puramente teorico
essendo stato disciplinato dal legislatore quale presupposto deflativo del procedimento ispettivo
nella duplice versione di conciliazione monocratica preventiva e contestuale.
In quanto alla natura ed al campo di applicazione della conciliazione monocratica giova
ricordare che l’art. 11 del decreto legislativo n. 124 del 23 aprile 2004, al comma 4, così dispone: “I
versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi, da determinarsi secondo le norme in vigore,
riferiti alle somme concordate in sede conciliativa, in relazione al periodo lavorativo riconosciuto
dalle parti, nonché il pagamento delle somme dovute al lavoratore, estinguono il procedimento
ispettivo. Al fine di verificare l’avvenuto versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, le
direzioni provinciali del lavoro trasmettono agli enti previdenziali interessati la relativa
documentazione”.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con circolare n. 24 del 24 giugno 2004, ha
precisato che se sussiste accordo tra le parti, il verbale sottoscritto dal funzionario acquisisce
piena efficacia ed estingue il procedimento ispettivo, a condizione che il datore di lavoro
provveda al pagamento integrale, nel termine stabilito dal verbale di accordo, sia delle somme
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dovute a qualsiasi titolo al lavoratore, sia al versamento totale dei contributi previdenziali e dei
premi assicurativi determinati in base alla legislazione vigente con riferimento alle somme
concordate in sede di conciliazione. A tal proposito l’INPS, con circolare n. 132 del 20 settembre
2004, ha precisato che il riferimento alle norme vigenti per la determinazione della
contribuzione da versare deve intendersi anche con riguardo ai rispetto dei minimali contributivi
vigenti nel periodo cui l’omissione si riferisce. Nel rispetto di tale indirizzo, qualora in sede di
conciliazione monocratica l’accordo si determini su parametri retributivi che si collocano al disotto
dei minimali, ai fini previdenziali il computo degli oneri contributivi va comunque operato con
riferimento ai minimali stessi.
Ai fini della quantificazione della contribuzione e dell’accredito sulle posizioni individuali,
le somme conciliate devono essere ripartite ad anno, come di consueto avviene per le
regolarizzazioni di lungo periodo.
Quanto al termine di pagamento, si ribadisce che deve essere rispettata la data inserita nel
verbale e che un’eventuale sospensione del termine stesso può derivare solo dalla pendenza di
un ricorso sull’esistenza o sulla qualificazione del rapporto di lavoro presso il competente
Comitato Regionale per i rapporti di lavoro istituito dall’art. 17 del D.Lgs n124 del 23 aprile 2004,
come chiarito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con circolare n. 10/2006.
La ricordata circolare tratta, come detto, anche l’aspetto della qualificazione
dell’omissione ai fini dell’addebito delle sanzioni. Ciò in quanto alcune Sedi dell’Istituto
avevano prospettato il problema se rispetto alla contribuzione previdenziale e assistenziale
calcolata “secondo le norme in vigore” debbansi procedere o meno all’addebito delle somme
aggiuntive in applicazione del regime sanzionatorio previsto dalla legge 23 dicembre 2000 n.
388 ed, in caso affermativo stabilire a quale fattispecie (evasione od omissione) ricondurre le
situazioni concluse con il verbale di conciliazione monocratica.
In proposito la Direzione Generale per l’attività ispettiva del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali, rispondendo ad un interpello dell’ordine dei consulenti del Lavoro di Prato,
proprio sul tema dell’applicabilità delle sanzioni civili, ha espresso l’avviso che la conciliazione
monocratica configuri il caso previsto dall’art. 116 c. 8 lettera b), ultimo periodo della legge
388/2000, consistente nella denuncia spontanea di un’omissione contributiva effettuata prima
di contestazioni o di richieste da parte degli enti impositori e finalizzata alla regolarizzazione.
Di conseguenza il datore di lavoro è obbligato non solo a versare la contribuzione
commisurata alla somma oggetto di conciliazione o ai minimali di legge, se quella conciliata fosse
inferiore, ma anche a pagare le somme aggiuntive nella misura prevista per le omissioni
contributive non avendo il Ministero ritenuto configurabile la fattispecie più onerosa
dell’evasione.
La determinazione dell’importo dovuto a titolo di somma aggiuntiva va effettuata
applicando alla contribuzione dovuta il tasso vigente alla data di pagamento, per il tempo
intercorrente tra la scadenza dei singoli periodi di paga fino al termine fissato con il verbale di
conciliazione.
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Prima di salutarvi desideriamo augurarvi buon proseguimento di lavoro per l’anno in corso e
raccomandarvi di avvisare i lavoratori dipendenti delle Aziende da Voi assistite di proteggersi dal
freddo. Si, poiché leggevamo un simpatico comunicato della Camera di Commercio di Milano che
indica il costo sostenuto dalle imprese a causa dell’influenza. Ci ha sorpreso soprattutto la creatività
dei solerti ricercatori camerali padano -lombardi, che hanno infatti quantificato il costo in giornate
di lavoro perse, con riferimento a 12 settimane, dal 15 ottobre al 6 gennaio. Il “termometro” ha
segnato oltre i 60 milioni di euro, che corrispondono a oltre 900 mila giorni di lavoro perse. Il
dato considera gli occupati italiani costretti a letto (sia imprenditori che lavoratori) dal virus
influenzale per una media di tre giorni di convalescenza a testa. Verrebbe la voglia di chiedere agli
stessi ricercatori quanto costano alle imprese i lavoratori presenti in azienda che non collaborano
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attivamente con l’imprenditore per il conseguimento dell’oggetto sociale. Non intendiamo
ovviamente parlare di ostracismo ma…. un coccio di terracotta ai datori di lavoro, dove poter
scrivere il nome di chi vorrebbe esiliare, dovremmo pur darcelo…!!! E, dulcis in fundo, vorremmo
che i ricercatori ex austro-ungarici facessero anche una rilevazione circa il costo (id: sperpero)
aziendale correlato ai tre giorni di malattia (non causati dall’influenza) che intervallano
durante l’anno le prestazioni dei lavoratori. Altro che 60 milioni di euro.
Ordine Provinciale
Consulenti del Lavoro di Napoli
il Presidente
F.to Dott. Edmondo Duraccio
A.N.C.L. U.P. NAPOLI
il Presidente
F.to Rag. Gennaro Ragosta
A.N.C.L. U.P. di Napoli
Centro Studi “O. Baroncelli”
il Coordinatore
F.to Dott. Vincenzo Balzano
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