David Ricardo, Sui principi dell`economia politica e della tassazione

David Ricardo, Sui principi dell’economia politica e della tassazione, Isedi 1976, Milano,
capitolo XXXI Delle macchine pp. 294-296.
Nella terza edizione dei Principi (1821) David Ricardo aggiunge un capitolo sull'influenza
delle macchine sugli interessi delle diverse classi della società modificando le opinioni
esposte nelle precedenti edizioni dei Principi.
«Fin da quando ho rivolto la mia attenzione all'economia politica, sono stato dell'avviso che l'uso di macchine
che fanno risparmiare lavoro in un ramo di produzione fosse un bene per tutti, accompagnato soltanto dagli
inconvenienti che conseguono al trasferimento del capitale e del lavoro da un impiego all'altro. Mi sembrava
che i proprietari terrieri, finché ricevessero le stesse rendite, si sarebbero avvantaggiati della riduzione nei
prezzi delle merci in cui venivano spese quelle rendite. Il capitalista, pensavo, alla lunga avrà lo stesso
vantaggio. L'inventore della macchina, o chi per primo l'avesse utilmente impiegata, verrebbe a godere un
vantaggio supplementare, realizzando per un certo tempo profitti ingenti; ma se la macchina diventasse di
uso generale, il prezzo della merce prodotta, per effetto della concorrenza, scenderebbe al suo costo di
produzione. Il capitalista otterrebbe allora gli stessi profitti di prima, e parteciperebbe al vantaggio generale
solo in qualità di consumatore, venendo messo in grado di disporre, con lo stesso reddito, di una quantità
supplementare di agi e di godimenti. Anche la classe dei lavoratori, pensavo, verrebbe avvantaggiata
dall'impiego delle macchine, poiché con gli stessi salari potrebbe comprare più merci e non subirebbe alcuna
riduzione di salari, poiché il capitalista avrebbe i mezzi per impiegare la stessa quantità di lavoro di prima,
eventualmente nella produzione di una nuova merce.
Se, con le macchine perfezionate, la quantità di calze prodotte con la stessa quantità di lavoro venisse
quadruplicata, mentre la domanda di calze risultasse solo raddoppiata, alcuni lavoratori verrebbero licenziati
dalla manifattura delle calze; ma poiché il capitale che dava loro impiego esisterebbe ancora e sarebbe
interesse dei suoi possessori impiegarlo produttivamente, mi sembrava che tale capitale dovesse essere
impiegato nella produzione di qualche merce utile alla società, per cui la domanda non potesse mancare.
Poiché mi sembrava che si dovesse avere la stessa domanda di prima, e che i salari non dovessero essere
più bassi, pensavo che anche la classe lavoratrice dovesse partecipare al vantaggio derivante dal buon
mercato delle merci dovuto all'impiego delle macchine. Queste erano le mie opinioni, che mantengo per
quanto riguarda il proprietario terriero e il capitalista; ma ora sono convinto che la sostituzione delle
macchine al lavoro umano sia spesso dannosa agli interessi della classe dei lavoratori. Il mio errore nasceva
dal supporre che quando aumenta il reddito netto di una società aumenta anche il suo reddito lordo; ora però
ritengo che il fondo da cui i proprietari terrieri e i capitalisti traggono il loro reddito può aumentare, mentre
può diminuire l'altro fondo, da cui dipende la classe lavoratrice: così che la stessa causa che può aumentare
il reddito netto del paese, può nello stesso tempo rendere esuberante la popolazione e peggiorare le
condizioni dei lavoratori».