Prof. Gianfranco Ferraccioli
REUMATOLOGIA
ore 8.30-10.30
giov 11.10.07
Paziente con tumefazione delle articolazioni.
SEGNI E SINTOMI:
 TUMEFAZIONE
 DOLORE
 RIGIDITA’ ARTICOLARE
 LIMITATA FUNZIONE ARTICOLARE
CARATTERISTICHE del DOLORE.
-
Con componente somatica correlata alla
nocicezione e all’entità del danno;
Con componente affettiva (che condiziona
individualmente il sintomo)
Con componente valutativa: l’evoluzione o
l’intensità del dolore sono influenzati da
fattori di tipo sociale e culturale.
MODALITA’ DI INSORGENZA DEL DOLORE.
-
IMPROVVISA
RAPIDA
GRADUALE
da causa meccanica
da processo infiammatorio acuto
da processo infiammatorio cronico
DECORSO DEL DOLORE
Continuo; Intermittente; Remittente; a poussè.
In base al tipo di decorso si può impostare una terapia.
PATOLOGIA SOTTOSTANTE AL DOLORE
-
ulcera vasculitica: dolore urente, puntorio, localizzato
ARTRITE: dolore continuo
Parestesie
Distribuzione del dolore rispetto a quella del nervo leso
CARATTERISTICHE FONDAMENTALI DEL DOLORE ARTICOLARE
-
-
Caratteristiche del dolore infiammatorio: dolore a riposo che si presenta anche
nelle prime ore mattutine, associato a RIGIDITA’ mattutina dell’articolazione
che persiste per un intervallo di tempo >30min.
Caratteristiche del dolore meccanico: compare durante il moto, che comporta un
depauperamento della lubrificazione delle articolazioni, e nel pomeriggio dopo
usura della componente muscolo-scheletrica. La rigidità articolare ha una durata
15min e a riposo la sintomatologia diminuisce.
MALATTIE AUTOIMMUNI
 Forme prevalentemente ARTICOLARI:
-
Localizzate alle articolazioni
Limitazione, dolore, impotenza funzionale
 Forme prevalentemente SISTEMICHE:
-
-
-
-
Astenia, febbricola, malessere, anoressia
Riflessi a livello cutaneo:
 Fotosensibilità (con rash ed eritema a farfalla del volto =
espressione di LES)
 Eritema da UVB: si genera per una flogosi della cute causata da
un’espressione di Ag stipati all’interno dei cheratinociti, contro
cui il Sistema Immunitario si attiva e reagisce. Tale espressione è
conseguenza dell’esposizione ai raggi UV
Interessamento dell’apparato visivo:
o XEROFTALMIA: sensazione di corpo estraneo nella cornea
o Occhio rosso per: congiuntivite, sclerite, episclerite
XEROSTOMIA: minor produzione di saliva. In questi casi si tratta di
malattie autoimmuni che colpiscono ghiandole esocrine salivari e non
(es. sdr. Di Sjögren, malattia multiorganica e sistemica che colpisce le
ghiandole salivari e lacrimali). Possono essere presenti ulcere mucose,
che, se dolenti, sono indice di una componente infiammatoria
marcata; in assenza di dolore si penserà invece ad una componente
infiammatoria ridotta.
SIEROSITE: sfregamenti alla base del polmone con crepitii
POLMONITE INTERSTIZIALE
MANIFESTAZIONI GASTROENTERICHE
MANIFESTAZIONI NEUROLOGICHE
VASCULITE e TROMBOFILIA
CUTE DELLE DITA: lucida, rossa, rigonfia “a salsicciotto” per
infiammazione delle guaine dei tendini estensori e delle articolazioni
interfalangee prossimali.
Tessuto sinoviale tumefatto e proliferante, soprattutto a livello dorsale
e volare, senza interessamento di quello mediale e laterale.
La conseguenza ultima, in assenza di un adeguato trattamento, è
rappresentata dall’atrofia dei mm. interossei con deformità
interfalangee e dell’articolazione trapezio-metacarpale.
MANOVRE SEMEIOLOGICHE DA ESEGUIRE IN CORSO DI ARTRITE
 ISPEZIONE/PALPAZIONE: polpastrelli, per evidenziare tumefazione e calore; per
valutare se tali segni si accompagnino a dolore reattivo del paziente o a limitazioni del moto
per rigidità articolare.
Di solito la flessione del polso si esplica in un range normale di 90º; per un range 90º si
pensa ad una patologia che limita il moto. Tale limitazione è dovuta al fatto che la sinovia
infiammata si comporta come una piccola neoplasia in accrescimento, diffondendosi per
contiguità verso l’interno dell’articolazione, con conseguente aggressione della cartilagine,
ed interessando successivamente l’osso sottocondrale.
Il dolore può essere o meno accompagnato da una componente affettiva (reazione emotiva) e
viene valutato muovendo l’articolazione del paziente, il quale ritrae l’arto per riflesso. Il
paziente inoltre evita di muovere l’articolazione dolente.
 CAPIRE SE SI TRATTA DI FORME MONOOLIGOPOLI-
ARTICOLARI
Il bambino che presenti una sinovite con artrite del ginocchio si presenterà con una dismetria
degli arti inferiori, con conseguenze sul bacino e sul rachide (scoliosi). Ciò avviene perché la
sinovite induce un’iperemia a livello dell’articolazione che porta ad un accrescimento della
cartilagine epifisaria; quindi l’arto interessato risulterà più lungo.
 ARTICOLAZIONE ARROSSATA E TUMEFATTA
o Prima ipotesi = infezione
o Presenza di microcristalli di pirofosfato di Ca2+. Il pirofosfato di Ca2+ è un normale
costituente della matrice ossea. Se l’osso sottocondrale va incontro a polverizzazione
per erosione dell’articolazione, i microcristalli precipitano determinando
l’insorgenza di pseudogotta.
o GOTTA. Si parla in questo caso di cristalli di acido urico precipitati a livello
dell’articolazione. Caratterizzata da esordio repentino e dolore acuto con
sintomatologia simile, per esordio, a quella della colica renale (che può pure essere
presente nella gotta).
 REUMATISMO PALINDROMICO
Dolore articolare con una presentazione ricorrente ( in va e vieni)
 EPIDEMIOLOGIA
 45aa : Spondiloartriti e Artriti Infettive con maggior frequenza (manifestazioni
muscolo-scheletriche)
 >45aa : Artriti Croniche Primarie e Microartriti Cristalline
 >60aa : Malattie degenerative (infiammazione molecolare) e forme
paraneoplastiche
 PAZIENTE CON ARTRITE. Esame clinico


Localizzazione del dolore
Qualora vi sia una Entesite, più frequentemente l’infiammazione è a carico del Tendine
di Achille.
- Manifestazione della tendinite acuta: il tendine è nettamente aumentato di
volume, alla palpazione si ravvisa un crepitio,dovuto all’accumulo di liquido
all’interno della guaina tendinea del tendine di Achille che si inserisce a livello
del calcagno.
 Può essere associata anche una calcaneite, da interessamento del periostio del calcagno.
L’ entesite può manifestarsi anche in altre sedi (tendine degli adduttori, inserzione della fascia
plantare, a livello della spalla…).
Nel momento in cui si ha un’entesite, il paziente ha con tutta probabilità una malattia che si
chiama SPONDILOARTRITE. Risulta in questo caso importante andare a riscontrare un
interessamento della porzione sacroiliaca, altra localizzazione frequentissima in pazienti che
hanno artrosi.
Per vedere se un paziente presenta una artrosi infiammatoria, che di solito compare
insieme con una Entesite, si fanno dei test di mobilitazione della colonna.
Quello più usato è il test di Schober: si traccia una linea orizzontale a partire dalle due
spine iliache posteriori. Nel punto medio di tale linea si traccia una linea verticale di 10 cm e
poi si invita il pz a flettersi in avanti. Se non c’è nessun interessamento infiammatorio dei
tendini e delle articolazioni, l’escursione supera abbondantemente i 4 cm ( test di Schober
negativo), quando invece l’allungamento è ≤ 3cm, vuol dire che è presente una
infiammazione del rachide. Il test di Schober può essere effettuato in qualsiasi ambulatorio
per capire in maniera rapida se è presente una infiammazione della colonna vertebrale.
Per valutare la presenza di dolorabilità a livello dell’articolazione sacroiliaca
(SACROILEITE), occorre anzitutto ricordare che questa articolazione risulta essere di
natura sinoviale nel terzo inferiore e di natura prettamente cartilaginea nei 2/3 superiori. La
componente infiammatoria sarà quindi particolarmente dimostrabile nel terzo inferiore. Dal
punto di vista semeiologico, per “stressare” l’articolazione sacroiliaca, esistono una serie di
manovre: pz in posizione supina, si sottopongono a stress le due ali iliache anteriori
(alternativamente a dx e a sn) in modo tale da schiacciare l’articolazione sacroiliaca da un
lato e dall’altro, per vedere se si evoca dolore; test di Gaisle (non sono certa del nome…):
pz con una gamba penzoloni dal lettino e con una gamba flessa verso l’alto; in questo modo
si induce uno stress sul versante dell’articolazione dove il ginocchio è penzolante;
compressione diretta del terzo inferiore dell’articolazione per evocare dolore.
Mettendo insieme il test di Schober e la pressione sulle articolazioni sacroiliache si possono
ottenere informazioni importanti per diagnosticare la presenza o meno di una sacroileite. La
presenza della sacroileite in un paziente che già si presenta con Entesite, risulta già
sostanzialmente diagnostica di una spondiloartrite.
Nell’algoritmo diagnostico di pz con artrite si può eseguire un esame del liquido sinoviale,
un esame istologico della membrana sinoviale ( laddove vi sia interessamento di
articolazioni importanti come quella del ginocchio); si ricercano eventuali cause scatenanti
di tipo infettivo, le quali presentano molto spesso alla base un’infezione dell’apparato
Urogenitale o Gastroenterico ( tampone faringeo, esame urine e tampone uretrale, tampone
congiuntivale, esame delle feci).
Nel momento in cui si va a diagnosticare la presenza di manifestazioni artritiche, si va
anzitutto a ricercarne i segni nelle sedi classiche:
POLSO:
-
tumefazioni a livello della articolazione trapezio-metacarpale
tumefazione a livello delle metacarpo-falangee e delle interfalangee prossimali
- alterazione del letto ungueale
queste osservazioni sono estremamente importanti. Si prenda ad esempio la psoriasi,
malattia estremamente frequente nella popolazione, che si manifesta nel 25% dei casi con
un’ artrite di tipo progressivo cronico autoimmune, associata alla presenza di distrofie
ungueali. Nel momento in cui si riscontrano distrofie ungueali bisogna avere la certezza che
queste siano o meno legate alla psoriasi. La psoriasi è una delle patologie che più
frequentemente induce la comparsa di mono o poli artrite.
Tali manifestazioni possono anche essere inizialmente anche estremamente localizzate (si
parte da una singola sede con una successiva infiammazione di altre sedi) per cui l’esame
semeiologico deve essere estremamente accurato.
Il professore mostra l’immagine del “dito a salsicciotto”, altra manifestazione delle
spondiloartriti. “Dito a salsicciotto”, insieme con monoartriti localizzate in alcuni segmenti
ed entesiti, costituiscono le manifestazioni proprie delle forme di spondiloartriti.
Per cercare di capire se la malattia è o meno aggressiva, è importante poter identificare la
presenza a livello di questi segmenti articolari del tessuto sinoviale: la quantità di tessuto
sinoviale infiammatorio proliferante è l’espressione dell’aggressività della malattia
Questo vale ovviamente per tutte le articolazioni (metacarpo-falangee, tibio-tarsica…).
La semeiotica è importante perché in base alla localizzazione si può già effettuare una
diagnostica differenziale.
OSTEOARTRITE:
 articolazione trapezio-metacarpale
 articolazioni interfalangee prossimali e distali
ARTRITE REUMATOIDE:




art. trapezio-metacarpale
art. metacarpo falangee
art. interfalangee prossimali
raramente art. interfalangee distali
PSEUDOGOTTA
 art. trapezio-metacarpale
 art. metacarpo-falangee
Sulla base dell’obbiettività documentata nel nostro paziente, si ha già un primo indizio su quella che
può essere la patologia di base.
Un altro grande capitolo da considerare è quello della SIMMETRICITA’ delle manifestazioni.
Asimmetrica è una patologia nella quale sono interessati compartimenti anatomici diversi, ad es. da
un lato si ha interessamento infiammatorio delle articolazioni metacarpo-falangee e dall’altro lato
interessamento dell’articolazione radio-carpica.
Se sono invece interessati gli stessi compartimenti da ambo i lati si parla di malattia simmetrica.
Una malattia simmetrica deve far pensare al 99% all’artrite reumatoide. Una malattia asimmetrica
può invece far pensare ad un’artrite reattiva, ad un’artrite psoriasica, a spondiloartrite a pseudogotta
etc. quindi anche il riscontro di simmetricità consente di avere un indirizzo di tipo diagnostico.
Considerando il passaggio tra forma infettiva, forma reattiva e forma autoimmune, in alcuni
soggetti geneticamente predisposti, l’innesco dell’immunità innata finisce per portare ad un
reclutamento progressivo dell’immunità adattativa e quindi al passaggio da una forma
autolimitante ad una forma automantenentesi. Nel momento in cui si ha l’indicazione di
una malattia che finisce per essere persistente, si deve pensare per forza di cose ad una malattia
autoimmune. Dal punto di vista clinico, il sospetto della presenza di una patologia automantenentesi
nasce dalla persistenza dei sintomi del paziente per un periodo superiore alle 6settimane. A questo
punto può essere effettuato uno screening per la comparsa o meno di autoimmunità.
Quando si va a ricercare l’autoimmunità si è, nella stragrande maggioranza dei casi, in netto ritardo.
Infatti la documentazione della presenza di un autoanticorpo sta a significare che la perdita della
tolleranza nel soggetto è iniziata molto tempo prima dell’inizio dei sintomi clinici(mesi-anni prima):
la presenza di manifestazioni muscolo-scheletriche, miositi, vasculiti, artrite, con documentazione
della presenza di un autoanticorpo indica una diagnosi tardiva nell’identificazione della malattia
autoimmune. Purtroppo non ci sono altri modi per “screenare” i pz affetti da malattia autoimmuni.
In alcune patologie gli autoanticorpi possono comparire dai 5 ai 10 anni prima dell’inizio dei
sintomi, ciò fa capire come la perdita della tolleranza si instauri in periodi ante-clinici.
L’inquadramento delle malattie autoimmuni si basa sul riscontro o meno di autoanticorpi.
Nonostante si conoscano un gran numero di autoanticorpi, vi sono ancora molte malattie
autoimmuni per le quali ancora non si riesce ad identificarne uno.
Riassumendo in breve tutti gli aspetti semeiologici:
- grande importanza va data al sintomo del DOLORE, cercando di caratterizzarlo
attraverso strumenti semplici che permettano di capire “quanto” dolore prova il paziente;
strumenti di questo tipo sono dati dall’indice di gradazione del dolore di RITCHIE, o
dall’esame della SCALA ANALOGICA VISIVA (VAS) (utilizzata soprattutto per il
follow up) tramite cui si chiede al paziente di tracciare su una linea orizzontale di 10cm
un punto di collocazione di dolore, da un punto di “assenza” del dolore ad un punto che
rappresenta un dolore di intensità tale da impedire le normali attività quotidiane. Si
ottiene in questo modo una raffigurazione di quella che è l’intensità dolorosa vissuta dal
soggetto. A grandi linee, un valore di VAS dolore superiore a 6 esprime di solito una
importante sintomatologia dolorosa del paziente, di tipo infiammatorio o comunque di
tipo affettivo (questo perché vi sono anche alcuni pz con moderata infiammazione e
moltissimo dolore e pazienti con grande infiammazione senza intenso dolore). La scala
analogica visiva viene espressa in linea orizzontale e non verticale in quanto una linea
verticale potrebbe indurre il paziente a tracciare lungo la linea non un punto indicante
l’intensità del dolore, bensì una indicazione dell’altezza di localizzazione del dolore
[riporto anche queste sottigliezze…]. Altro indice, utilizzato particolarmente in
oncologia, si basa sull’utilizzo di fogli sui quali siano disegnate delle particolari facies
esprimenti diversi stati d’animo: facendo indicare al paziente una delle diverse facce
presentate, si può avere un’idea circa la componente affettiva del dolore. Il parametro
affettivo permette di valutare la parte di componente dolorosa che è prettamente di tipo
emozionale e che non può essere controllata con la semplice analgesia periferica. In
questi soggetti sarà quindi necessario utilizzare farmaci che vadano ad agire anche sul
sistema nervoso centrale ( es. antidepressivi).
- Altro aspetto da considerare è la COMPONENTE FUNZIONALE, verificando se vi è
una compromissione della vita di tutti i giorni. Si chiede al paziente come effettua le
varie attività quotidiane e se è in grado di effettuarle da solo, in modo tale da costruire
uno score che permetta non solo una più corretta valutazione del paziente ma anche una
quantificazione di eventuali miglioramenti nelle fasi successive di follow up.
Tali aspetti dimostrano come la medicina oggi sia basata in maniera sempre più
determinante sulla raccolta di dati e sulla dimostrazione della qualità dell’intervento
terapeutico. Il medico è tenuto a presentare dati a dimostrazione del fatto che l’impiego di
certi farmaci, l’utilizzo di alcune procedure ed il decorso della malattia sono tutti aspetti
quantizzabili.
CASO CLINICO
Femmina; 49aa; fumatrice; 57Kg; menopausa da 1anno.
1997: Artralgia a carico dei polsi ed impaccio dei movimenti articolari al mattino.
1998: Accentuazione della sintomatologia dolorosa, con tumefazione a livello delle
articolazioni metacarpofalangee ed interfalangee prossimali [riprendendo quanto detto
prima, la contemporanea localizzazione di dolore e tumefazione alle metacarpofalangee ed
interfalangee prossimali è già di per sé diagnostica di artrite reumatoide]
febbraio 1998:
Proteina C Reattiva di 15mg/lt.
Questo è un indice di flogosi lieve (PCR ≤20mg/lt =flogosi lieve; PCR >20mg/lt =flogosi
moderata; PCR>100mg/lt =flogosi severa, indice di un’altissima probabilità di un fatto
infettivo)
VES elevata
Fattore Reumatoide FR (IgM)= 80 U.I/ml
(normalmente il FR ha una positività di circa 15 U.I./ml)
Poliartrite
Radiografia polsi e mani: referto negativo
Abbiamo quindi una paziente che presenta una poliartrite, una flogosi lieve ed
autoimmunità. Questa è quindi una malattia flogistica, sistemica autoimmune.
La paziente intraprende un trattamento con un cortisonico di sintesi ( proposto sul mercato
parecchi anni fa, con una struttura molecolare che risulta meno diabetogena dei cortisonici
normali) e FANS con remissione clinica della patologia.
-
In tal caso è stata fatta una diagnosi tardiva di una malattia infiammatoria,
cronica, autoimmune. Oggi, in tutte le patologie che prevedono una
presentazione con segni e sintomi di questo genere, è auspicabile intervenire con
una diagnosi precisa ed una specifica terapia entro 3, massimo 6mesi, dalla
comparsa dei sintomi clinici
- La signora ha avuto una “apparente” remissione clinica indotta dalla terapia
cortisonica, ma il cortisone ben difficilmente riesce a spegnere definitivamente
qualsiasi malattia di natura infiammatoria, specialmente quelle di matrice
autoimmune. Il cortisonico riduce l’entità dell’infiammazione, comportandosi
come un tampone della patologia infiammatoria cronica autoimmune e non come
un farmaco curativo.
2000: Ripresa della sintomatologia con dolore al mattino associato a rigidità articolare della durata
superiore ad un’ora. Una rigidità che si protragga per più di 30min è indizio di infiammazione
certa.
2001: PCR e FR di valori raddoppiati
- Ciò significa che la ricomparsa della sintomatologia clinica è l’espressione del fatto che
la malattia non era assolutamente controllata dal punto di vista biologico.
-
In un ambiente infiammatorio persistente si ha il potenziamento della risposta
autoimmune: ciò è indicato dai due indici di infiammazione raddoppiata(PCR) e di
espansione dei cloni autoreattivi producenti autoanticorpi (FR).
Radiografia mani e piedi: erosioni, da parte del tessuto infiammatorio, di tipo
MARGINALE, per aggressione progressiva della cartilagine articolare a partire dai margini
dei capi articolari.
Si ha una proliferazione del tessuto, costituito in gran parte di fibroblasti, ma anche di
cellule dell’infiammazione, che erode la cartilagine andando ad intaccare l’osso
sottocondrale dei versanti esterni. Le erosioni marginali sono l’espressione strumentale
del danno anatomico caratteristico delle forme di artrite cronica autoimmune. La membrana
sinoviale si compone di un doppio strato di cellule epiteliali fibroblastiche: durante il
processo infiammatorio il doppio strato va incontro a proliferazione per l’arrivo di cellule,
particolarmente di tipo monocito-macrofagico. Si ha una proliferazione mista di cellule
(fibroblasti e macrofagi) e, con il persistere dell’infiammazione, si genera una intensa
neoangiogenesi (come avviene per i processi neoplastici). La neoangiogenesi favorisce
l’arrivo attraverso il flusso ematico delle cellule immunitarie (linfociti T e B autoreattivi),
che insieme ai fibroblasti e ai monociti-macrofagi, danno vita al tessuto aggressivo sinoviale
che distrugge l’articolazione.
***********************
L’artrite reumatoide (prototipo delle malattie infiammatorie autoimmuni) è
un’artrite infiammatoria cronica autoimmune NON ORGANOSPECIFICA (vale a dire
che aggredisce praticamente tutti gli organi e i tessuti).
È caratterizzata da un processo autoimmune selettivo per le strutture articolari e da un
processo autoimmune sistemico diretto contro antigeni che non sono organospecifici e
che sono coinvolti nell’insorgenza di vasculiti da Immunocomplessi.
 Tutto ciò si verifica innanzi tutto perché c’è una predisposizione genetica del
soggetto all’autoimmunità, con la selezione di cloni di linfociti autoreattivi nei
confronti di costituenti self.
Si riscontra la presenza di anticorpi diretti contro Auto-antigeni.
Il fattore reumatoide è una immunoglobulina che si lega alla componente Fc delle altre
immunoglobuline dello stesso soggetto: per cui si forma un immunocomplesso formato
da un anticorpo diretto contro il frammento Fc delle immunoglobuline normali.
Ma ci sono tanti altri neoantigeni all’interno del tessuto sinoviale:
- epitopi del collagene tipo II (collagene che struttura la cartilagine delle
articolazioni)
- antigeni diretti contro peptidi citrullinati ( peptidi per i quali l’arginina è stata
trasformata in citrullina per azione della peptidil deaminasi)
Questi sono tutti neoantigeni contro cui l’organismo, che è geneticamente predisposto,
fornisce la sua risposta di tipo autoimmune.
 In secondo luogo vi sono fattori di tipo ambientale:

Abitudine al fumo. Il fumo aumenta quella che è la predisposizione dei cloni
autoreattivi (in un ambiente geneticamente predisposto) a rispondere, amplificando la
risposta del clone. Favorisce inoltre l’ amplificazione della formazione di neoantigeni
e quindi la risposta autoimmune nei confronti di questi.
Vi sono quindi sia fattori genetici che fattori ambientali all’origine della malattia.
FATTORI DI RISCHIO PER LO SVILUPPO DI ARTRITE REUMATOIDE

Sesso femminile (fattore non modificabile) colpito 4:1 più del sesso maschile.

Positività del fattore reumatoide (titolo > 1/32). Volendo identificare in donatori di
sangue la percentuale di soggetti che presentano già una perdita della tolleranza, si
può constatare come il 5% (se non di +)di questi soggetti presenti già il fattore
reumatoide nel sangue periferico (questi soggetti, specie se fumatori, sono ad alto
rischio di sviluppare artrite reumatoide).

Positività Anti-Citrullina (OR: 37,8). Anticorpi diretti contro peptidi citrullinati, cioè
peptidi sottoposti alla deaminazione dell’aminoacido arginina ( arginina----citrullina).
Tali anticorpi possono precedere addirittura di 15 anni la comparsa della malattia. La
perdita della tolleranza anticipa quindi largamente la comparsa della malattia. Sulla
perdita della tolleranza non possiamo fare nulla se non astenerci dal fumo che è ciò
che favorisce l’espansione dei cloni autoreattivi.

Familiarità per AR ( 60% dell’intera variabilità). Rientra nella componente genetica,
in cui è coinvolto il Sistema Maggiore di Istocompatibilità, e soprattutto alcuni alleli
del MHC di classe II che possono essere considerati come fattori favorevoli alla
comparsa della reazione autoimmune. In presenza di questi alleli vi è quindi una
maggiore reattività dei cloni di linfociti T e B autoreattivi.

Minor rischio in portatori di allergie ( OR: 0,6). Chi è portatore di allergia ha meno
rischio di sviluppare malattia autoimmune e se ne può facilmente comprendere il
motivo: se il sistema immunitario è orientato verso una reazione di tipo primo,
abbastanza difficilmente darà vita ad una reazione di tipo quarto o terzo.
FATTORI DI RISCHIO DI CRONICITA’ nell’AR
Il caso clinico precedentemente riportato è un esempio paradigmatico dei fattori che
possono condizionare la cronicizzazione della patologia.

Obesità (BMI > 30). La signora presentata nel caso clinico è obesa (57kg??). Il
tessuto adiposo favorisce la cronicizzazione di numerose patologie infiammatorie sia
vascolari che non vascolari; può essere quindi considerato come una “fabbrica di
infiammazione”. Mettendo in coltura adipociti e dosando il sovranatante dopo
qualche giorno, si può riscontrare la presenza di allergeni e citochine. Per cui, più gli
adipociti sono numerosi, più producono infiammazione. Chi ha addosso adipe è un
soggetto infiammato.

Fumo

Terapia iniziata tardivamente (> 6 mesi dall’inizio dei sintomi). Altro elemento
caratterizzante del caso clinico mostrato è dato dall’inizio della terapia anni dopo la
comparsa dei sintomi. Una terapia iniziata tardivamente non permette quasi mai di
modificare quello che è il decorso naturale della malattia.
EPIDEMIOLOGIA
Prevalenza 0,5- 1%.
In Italia si parla dello 0,46% della popolazione adulta.
L’artrite reumatoide è una delle malattie che insieme col diabete ha un elevato rischio
cardiovascolare.
Tra i fattori di rischio più importanti troviamo anche i contraccettivi orali ed il basso
livello di scolarità: chi ha un’educazione scolastica ridotta presenta anche elevato rischio
di andare incontro a malattie altamente destruenti quali l’AR. L’educazione del soggetto
ha infatti notevole impatto sull’accesso alle cure.
PATOGENESI DELL’AR
 L’AR prende inizio dall’attivazione di linfociti autoreattivi (T e B). L’attivazione
avviene grazie alla presentazione di antigene da parte di specifiche APC,
all’interno della sinovia, cioè quella membrana che normalmente dovrebbe servire
a nutrire la struttura muscoloscheletrica.
 Queste cellule dell’immunità producono molecole dell’infiammazione che
inducono flogosi. Tutto questo passa attraverso una importante attivazione
endoteliale con conseguente sofferenza dell’endotelio: questo è il motivo per cui
tutte le malattie infiammatorie hanno una importante disfunzione endoteliale che
favorisce l’insorgenza di aterosclerosi accelerata.
 Da parte del tessuto sinoviale si ha l’attrazione (tramite chemochine) dei linfociti T
circolanti.
Il tessuto sinoviale normale è formato da un doppio strato di cellule fibroblastiche
che producono tutto ciò che serve all’articolazione e non presenta linfociti. Con
l’insorgenza della malattia il tessuto richiama linfociti T,B e monociti-macrofagi
che si accumulano all’interno del tessuto sinoviale trasformandolo in tessuto
linfoide ectopico. Vale a dire che all’interno di un tessuto prettamente
mesenchimale si forma una struttura simil-linfonodale.
Nel momento in cui tale struttura si organizza con centri germinativi, si inizia ad
avere una efficacissima presentazione di qualsiasi neoantigene con l’innescarsi
della risposta autoimmune. Il ruolo esercitato dai monociti-macrofagi è
evidentemente sostanziale: non esiste ancora un farmaco in grado di bloccare la
presentazione dell’antigene da parte dei macrofagi, che sono le prime cellule
coinvolte nella risposta infiammatoria. Lo steroide è in grado di ridurre quella che
è l’efficace presentazione dell’antigene, ma volendo utilizzare gli steroidi alle dosi
che servirebbero per ottenere un effetto immunosoppressivo, si finisce per privare
il sistema immunitario di una delle cellule più importanti nella difesa dalle
infezioni, favorendo così la comparsa di fatti infettivi.
Altra cellula importante nella presentazione dell’antigene è la cellula B (che può
fungere da APC),per la quale oggi si ha una terapia efficace, attraverso farmaci di
tipo biologico che vanno a depletare la cellula B.
 Nel momento in cui l’APC attiva la Tcellula, si ha la produzione di citochine,
responsabili di un ulteriore proliferazione di fibroblasti, i quali continuano a
richiamare altre cellule infiammatorie nel tessuto, con conseguente disfunzione del
tessuto stesso.
Come si spiega la presenza di cellule autoreattive all’interno di un tessuto?
Le cellule autoreattive hanno un potenziale apoptotico nettamente inferiore rispetto alle
cellule non autoreattive.
Avremo quindi da un lato un tessuto che richiama cellule infiammatorie, dall’altro cellule
autoreattive che non muoiono; l’amplificazione è evidentemente intrinseca alla malattia
stessa.
Nell’ordine quindi si ha:
- infiammazione
- richiamo di cellule con proliferazione sinoviale
 Alla fine si ha quello che è il corrispettivo clinico che andremo a documentare dal
punto di vista ispettivo-semeiologico, vale a dire il tessuto proliferante all’interno
dell’articolazione, definito PANNO SINOVIALE. Il panno sinoviale è dato
dall’accumulo di cellule all’interno dell’articolazione. Tali cellule producono citochine
e metalloproteinasi che portano alla distruzione della cartilagine e all’anchilosi.
 Se la malattia ha una grossa componente autoimmune, cioè con produzione di
autoanticorpi, si può riscontrare la formazione di veri e propri granulomi in quelle sedi
oggetto di processi vasculitici causati da immunocomplessi. Tali granulomi sono
chiamati NODULI REUMATOIDI e sono una delle caratteristiche più importanti
della malattia infiammatoria cronica.Si vengono a creare a partire dal danno a carico
dei vasi, con conseguenti vasculite e necrosi fibrinoide, attorno alla quale si costruisce
poi la reazione granulomatosa.
Le molecole dell’infiammazione responsabili della comparsa di una reazione
granulomatosa sono due: TNF e INFγ. Bloccando l’una o l’altra molecola si blocca la
formazione del granuloma: lo steroide è uno dei farmaci che riesce in qualche modo a
sopprimere la produzione di queste molecole. Se quindi il granuloma è di tipo
infiammatorio, l’effetto dello steroide sarà prevalentemente positivo, ma se vi fosse un
agente infettivo ( aspergilo, micobatterio) l’induzione del granuloma, che avrebbe come
finalità la circoscrizione di quest’ultimo, sarebbe impedita dall’utilizzo dello steroide.
Prima di partire con l’intervento terapeutico è necessario quindi verificare le basi
biologiche, cellulari e molecolari all’interno del tessuto per una corretta diagnosi.
PATOGENESI
RUOLO DEL FATTORE REUMATOIDE
-
In una percentuale che va dal 60 al 75% dei casi si assiste alla presenza di autoanticorpi
chiamati FATTORE REUMATOIDE.
Sono delle immunoglobuline leganti il frammento Fc delle immunoglobuline normali.
Nella maggioranza dei casi sono IgM, ma possono essere rappresentati da tutti gli isotipi
anticorpali (IgA-G-D-E).
Il legame alla componente Fc delle immunoglobuline induce la formazione di
immunocomplessi.
I portatori di alti titoli di Fattore Reumatoide hanno elevate probabilità di sviluppare
granulomi (noduli reumatoidi).
La produzione di autoanticorpi deve essere giustificata dalla presenza di una popolazione
di linfociti B nel tessuto sinoviale. Nel tessuto sinoviale, nelle malattie più aggressive, è
presente una componente di linfociti B attivati. Questi sono per lo più CD5+. Tale
fenotipo giustifica il fatto che anche soggetti normali possono produrre, sotto appropriato
stimolo, fattore reumatoide. I linfociti B CD5+ sono infatti cellule naturalmente in grado
di produrre anticorpi diretti contro immunoglobuline. Il fattore reumatoide
rappresenterebbe una risposta naturale nei confronti di quello che è un antigene
abbondantemente presente nel nostro organismo. La stragrande maggioranza di cellule
producenti altri autoanticorpi diversi dal fattore reumatoide è rappresentata da cellule non
CD5+.

La presenza di questi autoanticorpi favorisce l’espansione dell’infiammazione
attraverso l’attivazione del complemento e la chemotassi indotta da alcune
componenti del complemento.



Il fattore reumatoide non è diagnostico di malattia. Questo è spiegato dal fatto che,
come suddetto, i linfociti CD5+ sono presenti anche in individui normali e, sotto
opportuno stimolo, sono in grado di produrre fattore reumatoide. La presenza del
fattore reumatoide è quindi unicamente espressione dell’espansione clonale dei
linfociti in grado di produrre tale autoanticorpo. Il fattore reumatoide è presente in
moltissime condizioni morbose, non come espressione della presenza di AR, bensì
come espressione di una predisposizione autoimmune.

PROGNOSTICO? Quando si rileva la presenza di FR in un paziente già affetto da
artrite, la comparsa dell’anticorpo ha un notevole valore prognostico, indicando
l’entrata del soggetto in una fase della malattia più aggressiva e più difficile da
controllare.
Perché la flogosi persiste all’interno di una malattia autoimmune?
La flogosi diviene autonoma per una progressiva espansione di linfociti autoreattivi che non
vanno incontro alla morte.
Restimolazione da antigene artritogeno. Nella sede della flogosi si continuano a formare dei
neoantigeni con un’amplificazione ulteriore del processo.
Il caso clinico presentato è un esempio di questo tipo di meccanismo: dopo un paio di anni di
malattia il fattore reumatoide ammonta a circa 80U. A distanza di un paio di anni ancora, la
flogosi ha prodotto un clone di 160U.
Oggi sappiamo che esistono almeno due molecole prodotte normalmente, l’interleuchina 6 ed il
Fattore Attivante i Linfociti, in grado di amplificare la risposta autoreattiva, soprattutto
stimolando la produzione di autoanticorpi.
I monociti-macrofagi sono responsabili della produzione di molecole dell’infiammazione, con
un’intensa produzione di metalloproteinasi, responsabili della progressiva distruzione della
cartilagine, della distruzione dell’osso sotto-condrale e del passaggio delle cellule
dell’nfiammazione all’interno del tessuto che è stato danneggiato.
Il tessuto sinoviale è il primo tessuto ad essere colpito (anche se va specificato che questo tipo di
patologie, nello stadio più avanzato, può presentarsi con una manifestazione multiorgano colpendo
polmone, cuore, occhio…).
Il fenomeno inizia a partire dai fibroblasti, che sono le cellule normalmente presenti nella sinovia e
che, una volta attivate, richiamano nell’articolazione i monociti. La produzione di citochine e
chemochine permette quindi di richiamare linfociti T e B.
Linfociti T e B, macrofagi e sinoviociti rappresentano i 4 attori principali di qualsiasi danno di
tipo strutturale all’interno del tessuto.
Nel momento in cui si ha la produzione di autoanticorpi, si formano immunocomplessi, con
conseguente attivazione del complemento, richiamo dei neutrofili e quindi l’amplificazione della
risposta di vasodilatazione, di edema.
Si ha una grossa componente infiammatoria indotta dalle cellule dell’immunità innata e
successivamente una amplificazione del processo.
Le sedi principali in cui è possibile riscontrare i segni di malattia sono rappresentate da:
- radio-carpiche
- metacarpo-falangee
- interfalangee prossimali (molto raramente le distali)
Le manifestazioni della patologia sono tuttavia anche extra-articolari: in alcuni soggetti non si ha
alcuna manifestazione artritica per qualche anno e l’artrite compare successivamente alla comparsa
dei segni e sintomi extra-articolari.
MANIFESTAZIONI EXTRA-ARTICOLARI
-
noduli
Anomalie Ematologiche ( anemia normocitica-normocromica; trombocitosi;
eosinofilia;
leucemia a grandi cellule LGL )
sclerosite
episclerite
vasculite cutanea
neuropatie
neoplasie infiammatorie
nefrite mesangiale
fenomeni di osteoporosi
interessamento polmonare
granulomatosi miocardia
DECORSO
Vi sono almeno tre tipi di decorso:
- Forma MONOCICLICA 20%casi. Malattia ricorrente. Il paziente ha una
fase di attività di malattia, che può durare circa 2 anni, seguita da una fase
di quiescenza a cui fa seguito la ripresa degli attacchi dopo un anno o due.
Rappresenta la forma più benigna. Questi soggetti non hanno una forte
componente di tipo genetico.
- Forma POLICICLICA 70%casi. Malattia oscillante ma costantemente
presente. Il soggetto ha un attacco importante seguito da un attenuarsi della
malattia, ma tuttavia non vi è mai una fase di quiescenza, la malattia è
costantemente presente.
- Forma PROGRESSIVA10-15%casi. Ha la più forte componente di tipo
genetico. In ascesa.
Il tessuto da testare, per comprendere il tipo di infiammazione presente, viene preso attraverso un
intervento di artroscopia ed ha un aspetto simil-tumorale. Dal punto di vista istologico si riscontra
la presenza di veri e propri villi a livello della membrana sinoviale. All’interno del tessuto vi sono
dei vasi: come succede nei tumori, si ha un fenomeno di neoangiogenesi. Attraverso la
neoangiogenesi, si ha il richiamo delle cellule dell’infiammazione, che si organizzano poi in centri
germinativi. Nel momento in cui tali cellule iniziano ad aggredire la cartilagine, si ha l’erosione e la
frammentazione di quest’ultima, con successiva penetrazione del tessuto all’interno dell’osso
sottocondrale e forte attivazione degli osteoclasti.
Gli immunocomplessi, responsabili del mantenimento e dell’amplificazione della patologia,
iniziano a formarsi con la produzione del fattore reumatoide.
Il fattore reumatoide si riscontra nel 60-70% dei pz con artrite reumatoide (USA), in una grossa
percentuale di pz con LES, nella sindrome di Sjögren, nella crioglobulinemia in oltre il 90% dei
casi. Anche in caso di infezione (come quella da stafilococco) si può avere una positività della
reazione per il fattore reumatoide. Una delle malattie infettive nella quale il fattore reumatoide
presenta un ruolo diagnostico importante è rappresentata dalla endocardite.
La produzione del fattore reumatoide è molto spesso l’epifenomeno di quella che è la reazione
autoimmune nel complesso. Le immunoglobuline di tipo IgG, contro le quali si sintetizza il
fattore reumatoide, presentano molto spesso una specificità di tipo autoimmune. Ad esempio,
il collagene di tipoII presenta un epitopo, compreso tra le sequenze 269-281, particolarmente
neoantigenico, che può essere aggredito dalle immunoglobuline sintetizzate nei confronti
dell’ospite. Tale immunocomplesso diviene poi l’antigene contro il quale sono diretti i linfociti
autoreattivi coinvolti nell’artrite reumatode. Si avrà quindi un macro- complesso immune, formato
da fattore reumatoide e dalle IgG dirette contro l’epitopo del collagene, che è in grado di attivare il
complemento con una conseguente infiammazione di tipo vascolare.
Anti CCP
sensibilità
IgMRF
IgG RF
specificità
Altro neoantigene di particolare
importanza nella AR è rappresentato dal
peptide citrullinato, il quale si forma grazie
all’enzima peptidil deaminasi, in grado di
sostituire l’aminoacido arginina con la
citrullina. Si viene creare così il
neoantigene contro il quale vengono
prodotti anticorpi. Gli anticorpi anticitrullina ( anti CCP) presentano una
specificità diagnostica nettamente
superiore rispetto al fattore reumatoide
IgM ed al fattore reumatoide IgG.
La specificità diagnostica di tali anticorpi
si aggira attorno al 97% ed il loro riscontro
permette di avere certezza di malattia.
Il fattore reumatoide positivo è indice invece di una malattia molto più aggressiva, con una
maggiore disfunzione endoteliale. L’infiammazione rappresenta infatti la principale causa di
disfunzione endoteliale. L’artrite reumatoide è caratterizzata da un importante fenomeno
infiammatorio e, qualora sia presente una genetica particolare di accompagnamento, si arriva ad una
eclatante disfunzione dell’endotelio: i pz con AR hanno un rischio di andare incontro ad eventi
cardiovascolari 2 volte maggiore rispetto alla popolazione normale, sovrapponibile a quello di
soggetti con diabete mellito tipoII.
Il fattore genetico ha un ruolo altrettanto importante. Chi è
portatore di un particolare epitopo condiviso, è favorito nella
comparsa di autoanticorpi. Con una genetica assente, molto
più raramente si ha lo sviluppo della reazione autoimmune
contro le Ig ed i peptidi citrullinati.
In assenza di fattore reumatoide e di anticorpi anti CCP si
può comunque parlare di malattia autoimmune, in quanto
sono presenti altri anticorpi indice di autoimmunità (es. ab
contro il collagene). Fattore reumatoide e anti-CCP
marchiano il soggetto con autoimmunità più forte.
Il soggetto con anti-CCP va incontro ad una erosione
articolare molto più marcata rispetto a soggetti Anti-CCP
negativi. Anticorpi anti-citrullina possono essere presenti
anche 14 anni prima della comparsa dei sintomi.
Nella malattia autoimmune la perdita della tolleranza si ha
quindi molto prima dell’innesco della cascata infiammatoria.
La prevenzione delle malattie autoimmuni dovrebbe avvenire
attraverso una serie di screening effettuati periodicamente per
ricercare anticorpi indice di una perdita di tolleranza.
Reumatoid Arthritis
Shared epitop Anti CCP
DRβ1+
Oltre al sistema maggiore di istocompatibilità esistono altri geni importanti nell’indurre la risposta
autoimmune. Uno di quelli che ha la maggior significatività è rappresentato dal polimorfismo del
gene per la TIROSIN-FOSFATASI, proteina fondamentale nell’attivazione della T cellula.
Chi è portatore del fenotipo di questo allele ha un rischio di circa 2,5volte di andare incontro ad una
malattia reumatoide autoimmune. Questo polimorfismo genico lo si ritrova anche in tante altre
patologie autoimmuni (LES, Sclerodermia, Diabete Mellito tipo I ).
CENNI DI TERAPIA
 Per lenire il dolore si utilizzano farmaci anti-Cox1 e anti-Cox2
 Se nelle prime fasi della malattia l’utilizzo degli antinfiammatori non produce risultati si
ricorre all’utilizzo di piccole dosi di steroidi (che inducono la diminuzione delle citochine
della risposta infiammatoria primaria ( IL1, TNF, IL6).
 Il programma terapeutico deve prevedere il blocco della risposta infiammatoria
autoimmune, mediante l’utilizzo di farmaci in grado di arrestare i linfociti autoreattivi: il
farmaco in uso è il metotrexate, antifolico che agisce sulla doppia componente linfocitaria e
monocito-macrofagica. Nel 70% dei casi i pazienti con artrite reumatoide hanno grandissimi
benefici dalla combinazione di tali presidi terapeutici.
 Il professore dice che ci lascerà i dosaggi del farmaco (DOSAGGI?????): in generale non si
utilizza mai più di 0,1-0,15 mg/Kg di cortisone e mai più di 0,1-0,25 mg/kg di metotrexate.
 Nel momento in cui metotrexate (o i suoi sostituti in caso di intolleranza) non funziona, si
possono utilizzare farmaci biologici ( anticorpi monoclonali sintetizzati con tecniche di
biologia molecolare) che vanno a colpire selettivamente le cellule linfocitarie e le molecole
dell’infiammazione (TNF, IL6).
 Tra i soggetti trattati entro 3-6mesi dall’esordio dei sintomi, il 50% ha una remissione
continua e persistente senza ricomparsa dei sintomi, da qui l’importanza di un trattamento
tempestivo nella cura dell’AR.
DanielaP.
Questa sbob mi è costata immenso lavoro…chiedo scusa per il ritardo di consegna e per la
lunghezza immane dell’argomento trattato (vi sarete accorti comunque che le ripetizioni sono
numerose). Ho cercato di schematizzare il più possibile l’aurum flumen del prof, il più delle volte
senza ottenere risultati gratificanti.
Questa volta nessun ringraziamento……………unica e sola Ida Russo, la maga degli appunti, la
mano più veloce del West, il callo dello scrittore meglio riuscito tra tutti i casi di deformità
falangea………GRAZIE IDA!