La bozza di riforma istituzionale
Francesco Bilancia
Giovedì scorso sul Corriere della sera è stata pubblicata la sintesi della
ennesima proposta di una c.d. "riforma della Costituzione". Dobbiamo
ritenere che nel fraseggio con cui viene presentata quella che appare in
realtà come la minaccia di stravolgimento della idea stessa di Costituzione
ci sia spazio per il ragionamento giuridico, per gli argomenti scientifici, per
un possibile negoziato di politica costituzionale? Possiamo ancora fingere
che la Costituzione italiana sia correttamente considerata dall'attuale
classe politica come il documento fondativo della nostra democrazia e,
quindi, intervenire con propositi emendativi?
E', infatti, ormai evidente che le principali forze politiche oggi presenti in
Parlamento sono pronte a chiudere dietro di sé la porta della democrazia
costituzionale, per sempre. Per istinto antidemocratico lo sono, è noto da
più di quindici anni, le attuali forze di maggioranza.
Per motivi incomprensibili, ma almeno tali da giustificare in parte i propri
continui insuccessi elettorali, sembrerebbe esserlo anche il principale
partito di opposizione. Cosa emerge da quella proposta di così
inquietante? Inutile dirlo, nessuna sorpresa. La traduzione in atto della
scomposta dottrina di politica costituzionale dell'attuale presidente del
consiglio. Illimitata concentrazione del potere, immunità assoluta e morte
dello Stato di diritto, ovvero la fine della democrazia costituzionale.
Vecchie glorie, tipo la concentrazione illimitata di tutto il potere in una
sola persona cui viene asservito anche il Parlamento; nessun riferimento
all'abuso in via esclusiva dei mezzi di comunicazione di massa pubblici e
privati con la conseguente certezza che i risultati elettorali continueranno
ad essere falsati dalla illimitata disponibilità di tali mezzi per uno solo dei
potenziali concorrenti (a quando finestre informative anche durante i
cartoni animati?); ed una novità, già più volte declamata nel dibattito
pubblico: la fine della garanzia della rigidità costituzionale.
La Corte costituzionale, infatti, sarà composta per ben due terzi da giudici
di nomina politica e potrà dichiarare la incostituzionalità di una legge
soltanto con una maggioranza dei due terzi dei suoi componenti. Cos'altro
aggiungere? Il potere assoluto vuole abbattere anche l'ultimo ostacolo
all'instaurazione della dittatura che ne conseguirebbe: il limite giuridico
agli abusi del potere politico. Questa è, infatti, l'essenza di una
Costituzione. Questo è il principale problema del Presidente del consiglio e
delle forze di maggioranza: la legalità costituzionale, vale a dire
l'esistenza di concreti limiti giuridici alla pretesa arbitrarietà del proprio
potere. Dopo la divisione dei poteri si pretende ora di abolire anche la
garanzia dei diritti costituzionali, che come tutte le materie diverranno
oggetto del potere esclusivo della legislazione di maggioranza. Anche il
controllo di costituzionalità delle leggi, infatti, sarà esclusivo appannaggio
di una Corte maggioritaria, della maggioranza di governo, del governo,
quindi del Presidente assoluto.
Fino ad ora non si era arrivati a tanto. Per questo sembra che più che sul
piano del ragionamento giuridico la proposta debba essere valutata sul
piano materiale dei fatti, indicando la via per la instaurazione di un regime
assolutistico, di una dittatura. Basta il consenso elettorale di maggioranza
manipolato dall'abuso della disponibilità in via esclusiva dei mezzi di
informazione? Secondo gli esponenti della maggioranza sì. Neanche
questa è una sorpresa. Come ricordato di recente da Lorenza Carlassare
anche quest'ultimo argomento non è nuovo a guardare la storia del
Novecento europeo.
10/04/2010