COMUNICATO STAMPA Ipotermia terapeutica nell’arresto cardiaco: un nuovo protocollo permette di abbassare la temperatura corporea del paziente per ridurre il danno neurologico Agire tempestivamente e in modo adeguato in caso di arresto cardiaco richiede competenze specialistiche e lavoro di squadra. Non solo sapere ma saper fare, per salvare una vita ed evitare danni neurologici. Proprio per questo è stato attivato a Siena un protocollo d’intervento con ipotermia terapeutica. Il protocollo è stato messo a punto grazie alla grande collaborazione tra ospedale e territorio, coinvolgendo il Dipartimento di Terapia Intensiva e Anestesia, diretto da Pierpaolo Giomarelli, il Pronto Soccorso, coordinato da Maria Serena Verzuri e la Centrale Operativa Siena 118, diretta da Marco Picciolini. “L’incidenza annuale di arresto cardiocircolatorio improvviso extraospedaliero - spiega il medico rianimatore Lucia Cubattoli - è di 36-128 su 100.000 individui e il danno cerebrale, nei pazienti che non ricevono adeguato trattamento e hanno diffusa ischemia cerebrale, si instaura dopo 4-6 minuti dall’arresto della pompa cardiaca”. Il meccanismo responsabile del danno ischemico cellulare avviene sia durante la fase di arresto che dopo la ripresa del circolo spontaneo, detto anche danno da riperfusione. “Nella nostra Rianimazione – aggiunge Giomarelli - viene utilizzato un protocollo che abbiamo costruito sulla base dell’evidenza scientifica che l’abbassamento controllato della temperatura corporea tra 32 e 34 gradi, mantenuta per almeno 24 ore, agirebbe in questa fase bloccando o almeno riducendo il danno da riperfusione. I risultati che abbiamo ottenuto confermano quelli suggeriti dalla letteratura e mostrano che il 50% dei pazienti che abbiamo trattato con l’ipotermia hanno avuto un risultato neurologico favorevole a 6 mesi”. L’ipotermia deve essere iniziata prima possibile per ottenere i massimi effetti benéfici. “Abbiamo cercato – conclude Giomarelli - di coinvolgere gli operatori del soccorso sul territorio per estendere il protocollo e iniziare, prima possibile, il raffreddamento del paziente critico”.