La lingua del Leopardi Già nei primi idilli il linguaggio appare semplice e in parte ricercato, del suo sapere resta la ricerca della chiarezza-musicalità- armonia e l’uso di qualche vocabolo arcaico: entrano a far parte della sua lingua parole correnti dell’uso quotidiano e arcaismi vivi paragonabili a: “quelle frutta che intonavate di cera si conservano per mangiarle fuori stagione e allora si cavano dalla intonacatura vivide, fresche, belle e colorite come se si cogliessero dalla pianta” “La sua lingua quindi non è popolare o realistica, né letteraria o poetica è una lingua nuova capace di parlare all’immaginazione e al cuore” Petronio La prosa, specialmente nelle Operette morali, è più elaborata, letteraria, meno narrativa e colloquiale, e del tutto diversa da quella manzoniana. Prevalgono sostantivi e verbi, gli aggettivi sono scarsi al contrario della tradizione che fa capo al Boccaccia e continua nel Rinascimento. Il L. mira a una prosa razionale e lirica, capace di interessare, convincere e commuovere allo stesso tempo.