Corso Cum – America Latina
Settembre 2007
Antropologia indigena
Approccio alle culture indigene dell’AleC.
Memoria della dominazione e attualità del pensiero coloniale
L’incontro con altre culture è solo apparentemente facile. L’elemento relazionale, la simpatia,
l’amicizia è sicuramente un canale fondamentale. Ma non sempre si “entra” nella cultura-modo-divedere-il-mondo dell’amico. L’approccio, vissuto, alle culture indigene registra normalmente
l’emergere spontaneo in “loro” della memoria tragica della conquista-dominazione che porta alla
diffidenza, e il manifestarsi in “noi” del pensiero colonialista che si esprime in atteggiamenti di
superiorità paternomaternaliste.
Nei popoli originari-indigeni, anche quelli che vivono a contatto con le società nazionali (popoli
andini) non è avvenuta, come per i meticci, l’acculturazione e l’assimilazione armonica di diverse
visioni del mondo, che convivono in loro in forma parallela. Più specificamente l’incontro vangeloculture è ancora all’inizio del processo di inculturazione.
L’offesa della conquista, non attenuata dall’azione di validissimi missionari, sensibili alla difesa
delle persone e meno delle loro culture-religioni, è tuttora viva e da non sottovalutare. Prudenza e
rispetto. Ma anche il nostro colonialismo non è morto. Fare attenzione e non accettarlo per pigrizia.
Decolonizzare il pensiero e l’azione, accorgersi che molta della nostra efficacia è legata al potere, di
vario genere. Sembra scontato che ci sia solo la forma occidentale di economia (neoliberismo), di
politica (democrazia partitica), di religione (cristianesimo), di sapere (razionalità scientifica)…
Necessità dello spostamento del “luogo sociale” , faticosa conversione, nuovo battesimo in cui la
rinascita è proporzionale alla morte del nostro protagonismo.
L’esperienza delle visite in Al dice che siamo ancora molto lenti su questi aspetti, in modo
particolare riguardo all’inculturazione.
Presenza dei popoli originari in America Latina.
Secondo le stime di diversi organismi gli indigeni che vivono in AleC sarebbero 50-60, il 10%
della popolazione totale di circa 560 milioni. Si registra una crescita della popolazione indigena del
3% dovuta all’incremento demografico e ad un recupero dell’identità, per cui persone che al
momento del censimento si erano dichiarate meticcie, riconoscono ora di essere indigene.
Accenniamo ad alcune delle moltissime nazioni indigene presenti in AleC:
Messico: Mixtecos – Zapotecos – Taraumara...
Guatemala: Quichè; Q’eqchi’; Garifunas..
Nicaragua: Garifunas; Miskitas...
Panamà: Kuna; Emberà...
Colombia: Emberà...
Venezuela: Yanomami; Pemon; Warao...
Surinam: Caribe..
Ecuador: Shuar; Achuar; Quichua...
Perù: Quichua; Aimarà; Machiguengas..
Bolivia: Aimarà; Quichuas; Ayoreo; Chiquitanos...
Brasile: Macuxì; Xavante; Karajà; Yanomami; Guarnì…
Paraguay: Nivaclè; Pai; Guaranì; Tupi…
Argentina: Kolla; Mapuche; Pilagà
Chile: Mapuche
Considerazioni generali
In tutto il mondo i popoli indigeni continuano a vivere al margine della società, sono più poveri,
hanno un livello di scolarità minore degli altri, hanno meno speranza di vita, e in generale hanno
meno servizi di attenzione sanitaria, sono visti più come problema che come risorsa, hanno un ruolo
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Antropologia indigena
marginale nelle politiche degli stati, hanno un’identità minacciata da tanti fattori deculturalizzanti,
in molte regioni sono costretti a migrazioni interne o verso l’estero….
Anche se questo è vero ci mettiamo in un’altra prospettiva, mettendo in evidenza la vitalità dei
popoli indigeni in America Latina. Sono culture vive, che “ci sono” e di cui il mondo ha bisogno.
Ogni agente di pastorale che voglia lavorare in ambiente indigena dovrebbe partire da questa
convinzione.Non sono reperti archeologici.
“Siamo convinti che la nuova presenza indigena nelle società e nelle chiese di America Latina è
come un’oasi di fede e di spiritualità che può dare umidità al mondo nella siccità strutturale che si
afferma sempre di più. Abbiamo dimostrato al mondo che noi indigeni non siamo il problema ma
una base per la soluzione dei problemi attuali” (Domingo Llanque, aymara: Conclusioni del Terzo
incontro di Teologia india, Cochabamba, Bolivia, 1997).
I gruppi alternativi al modello di sviluppo dominante guardano le culture indigene come un
riferimento e possibile modello per costruire possibilità nuove in economia, politica, ecologia…Le
utopie indigene possono servire da riserva, da sostegno all’impegno per un futuro diverso.
Lo slogan del zapatismo “mai più un Mexico senza noi”, può ampliarsi: mai più un mondo, una
Chiesa senza noi!
Il dossier 2005 del Consiglio Nazionale di Intelligence degli Usa riferisce sulle tendenze mondiali
che nei prossimi 15 anni avranno incidenza nella sicurezza del continente americano. Riguardo a
AL si segnala l’ “indigenismo militante” come uno dei maggiori fattori di destabilizzazione della
pace nell’area: EZLN-zapatismo in Messico, la Conaie in Ecuador, fenomeno del Mas di Evo
Morales in Bolivia; l’opposizione di molte Organizzazioni indigene allo sfruttamento delle risorse
naturali nei loro territori (minerarie, petrolio, gas, legname..) considerato un ostacolo all’economia
mondiale.. Per alcuni lo spostamento verso “sinistra” di molti paesi sudamericani sarebbepiù
propriamente (almeno per Morales, Chavez e Correa) una “svolta decolonizzatrice”.
Maggiore forza nelle nazioni andine che in quelle amazzoniche. Come nel passato: Aztechi, Maya,
Incas…..
Processo di ricupero dell’identità etnica (lingua, tradizioni….premio nobel a Rigoberta Menchù
1992) e riconoscimento progressivo da parte della società. L’irruzione sullo scenario mondiale delle
organizzazioni indigene conclude un lungo periodo di secoli di clandestinità e resistenza, durante i
quali, nonostante le umiliazioni ed i rifiuti, molti gruppi hanno mantenuto la loro identità.Ci sono
anche segni di difficoltà: le perplessità che suscita Chavez, Morales, la perdita di consensi attorno a
Rigoberta Menchù..
Dal punto di vista legislativo c’è stato uno progressivo riconoscimento dei diritti dei popoli
indigeni nelle Costituzioni dei singoli paesi, nel Convenio 169 della Oit, documenti dell’Onu..
anche se l’esperienza dei singoli popoli è di frustrazione per la negazione pratica di quanto si
afferma a livello ufficiale. L’Onu ha dichiarato un Secondo decennio internazionale dei Popoli
indigeni (2005-2014) e sta preparando una Dichiarazione dei diritti degli indigeni in relazione agli
Stati, su autodeterminazione, terre, territori e risorse… C’è opposizione di Nuova Zelanda,
Australia e Usa.
In campo religioso. Un esempio di vitalità è la Teologia india: riflessione sull’esperienza di Dio
promossa dagli stessi indigeni dell’area mesoamericana che ha coinvolto la maggioranza dei paesi
la. Attenzione del Celam a questa riflessione che tocca l’ambito dell’inculturazione del vangelo per
le teologie indio-cristiane e del dialogo con le diverse religioni per quelle ricerche di riflessione su
Dio fatte senza riferimento al cristianesimo.
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Antropologia indigena
La chiesa in AL. è molto più chiara dell’importanza della presenza dei popoli indigeni e della
ricchezza multiculturale del continente.
Nel documento di Puebla (1979) pur riconoscendo la presenza di profonde diversità culturali si
tende a cogliere in AL una cultura latinoamericana con un “reale sustrato cattolico” (n.412).
A Santo Domingo (1992) l’analisi dei vescovi cambia registro, si adotta la dizione “AL e Caraibi”
per un evidente riconoscimento all’elemento afro, e descrive il continente come “ multietnico e
pluriculturale, dove convivono, in termini generali, popolazioni aborigene, afroamericane, meticce e
discendenti di europei ed asiatici, ognuna con la sua specifica cultura che la pone nella rispettiva
identità sociale, secondo la visione del mondo di ciascuno popolo, ma che cercano la propria unità a
partire dall’identità cattolica” (n. 244).
La grande sfida e necessità dell’inculturazione.
Convergenze culturali tra i popoli originari in ALeC
Aree culturali: Mesoamerica, Area andina; area amazzonica.
Si constatano delle sorprendenti similitudini nelle cosmovisioni, forse attribuibili alla sostanziale
omogeneità dell’originaria esperienza culturale dei diversi gruppi che hanno vissuto la migrazione
al Continente americano 35-10 mila anni prima di Cristo: sarebbe quattro migrazioni, dal nord e
sud, le più antiche al tempo della glaciazione, e per mare da est e da ovest, più recentemente.
Molti riconoscono un’affinità a partire dalle strutture profonde dell’umano: archetipi, inconscio
collettivo..Nelle cosmogonie amerindie si rinvengono elementi simbolici comuni presenti nelle
cosmogonie delle culture non amerindie..
Pop Vuh (Maya Quiche’): “Solo c’era immobilità e silenzio nell’oscurità, nella notte. Solo il
creatore….I Progenitori stavano immersi nell’acqua circonfusi di chiarore… Giunse allora la
parola…nell’oscurità, nella notte…così fu disposto nelle tenebre notturne dal Cuore del Cielo. Così
sia fatto. Che il vuoto si riempia. Che l’acqua si ritiri e liberi la terra. Che la terra nasca. Che sia
l’alba e che spunti il giorno in cielo e in terra..”
Approccio prudente per non negare le diversità legate all’ambiente, all’esperienza del gruppo
umano, ai fattori di diversificazione culturale…
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Cosmocentrismo e antropocentrismo comunitario. Sovrapposizione della cosmovisione del
periodo nomade e agricolo. Il ritorno di Quetzalcoatl il serpente piumato, unione di cielo e
terra..
Dualità
Reciprocità e ridistribuzione
Rifondazione della vita: miti e riti. Linguaggio simbolico
Tempo sacro e profano
Culto dei morti
Festa
Nell’ambito strettamente religioso:
 Senso profondo della creazione. La terra è Madre, bene che non si possiede, vicinanza
divina che alimenta e ospita. Riti della semina e del raccolto, concezione ciclica del tempo,
presenza del divino nei luoghi carichi di energia (fonti d’acqua, grotte, cime delle
montagne..) e in tutte le cose. La richiesta del “permesso”.
 L’esperienza religiosa, come legame con Dio e la comunità, genera il comportamento
morale, ritenendo come bene soprattutto la reciprocità, il rispetto e la condivisione.
 Non c’è rottura nella vita. La morte è l’inizio di un nuovo modo di vivere. Gli antenati sono
vivi e vengono consultati.
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Antropologia indigena
In ogni comunità esistono personaggi saggi che hanno l’autorità di orientare, di praticare riti
e cure per ristabilire l’armonia originaria e di consultare con l’al di là: curanderos,
shamanes, iatiris, callahuaya, piasàn, consultori del tempo..
La quasi totalità delle culture di AL sono state contaminate dal cristianesimo, inizialmente
imposto, ed hanno messo in atto processi di resistenza e di assimilazione. Il frutto da
considerare con attenzione e rispetto, come prodotto dell’incontro di vangelo e cultura
prodotto dal popolo è la “religiosità popolare”.
Necessità dello studio delle culture con cui verremo a contatto.
Attenzione metodologica: cogliere i modelli culturali oltre le manifestazioni culturali.
Importanza dell’identità non riducibile alla sola identità culturale. Le persone sono identificate
anche da tanti fattori che determinano la loro originalità. L’incontro è con le persone, connotate da
una cultura, ma non riconducibili solo ad essa.
Prendere coscienza della propria identità personale che è il punto di partenza delle relazioni e di
ogni esperienza. Dato sicuro e fluido al tempo stesso. Teorema di Fuchs sulla coscienza del
condizionamento culturale di tutta la visione del mondo.
Problematica dell’inculturazione
Dichiarazione degli antropologi a Barbados (’71) che proponevano una sospensione dell’attività
missionaria e risposta del convegno di Manaus l’anno dopo. Nuovo stile di missione.
La decisione di abbandonare la presenza missionaria tra gli indigeni sarebbe stato un atto arbitrario,
deciso ancora in forma coloniale, constatando che molte comunità indigena di fatto erano difese e
sostenute dalla chiesa cattolica e che nella cosmovisione erano entrati in maniera vitale elementi
cristiani.
La Chiesa, lungo la storia e con sensibilità diverse, ha dato importanza pratica all’inculturazione,
ma solo negli ultimi decenni ha preso coscienza che “si trova davanti a una sfida gigantesca per
una Nuova Evangelizzazione, e ad essa si propone di rispondere con lo sforzo dell’inculturazione
del Vangelo” (Santo Domingo 230)
“Non fare nessun sforzo, né usare argomenti che favoriscano l’obbligo di un popolo a cambiare i
suoi costumi e le sue tradizioni, qualora non si oppongano chiaramente alla religione e alla
moralità. Cosa potrebbe essere più assurdo che importare la Francia, la Spagna, l’Italia o
qualsiasi altro paese d’Europa in Cina?” (Sacra Congregazione de Propaganda fide, anno 1622)
I documenti ufficiali, anche Santo Domingo (1992), sull’inculturazione si riferiscono al punto di
partenza determinato dalla Redentoris Missio (52).
Da discutere: Il soggetto dell’inculturazione; la dialettica “inculturazione del vangelo” “evangelizzazione della cultura”; i tempi e i modi della “purificazione”; la chiesa autoctona..
La prospettiva finale: “La Chiesa è cattolica anche perché sa presentare in ogni contesto umano la
verità rivelata, da essa custodita intatta nel suo contenuto divino, in modo tale da farla incontrare
con i pensieri elevati e le giuste attese di ogni uomo e di ogni popolo. Del resto, l'intero patrimonio
di bene, che ogni generazione trasmette ai posteri insieme con l'inestimabile dono della vita,
costituisce come una variopinta ed immensa quantità di tessere che compongono il vivo mosaico
del Pantocrátor, il quale si manifesterà nel suo totale splendore solo al momento della parusia”
(Slavorum apostoli, 18).
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Inculturazione del missionario
L’inculturazione è un processo di avvicinamento al mondo dell’altro che coinvolge il messaggero
ed il messaggio. In questo avvicinamento il messaggero non cerca un’identificazione con l’altro,
che eliminerebbe la sua alterità e la sua libertà. Pur rimanendo se stesso, inizia un cammino di
conversione, di cambiamento del proprio luogo sociale, di condivisione dello stesso progetto e della
stessa speranza, della causa e della storia dell’altro. Nuova esperienza di Battesimo-immersione,
morte-risurrezione.
 Coscienza della propria identità culturale. Né arroccamenti entocentrici né illusioni di
identificazione.
 Coscienza chiara che il soggetto dell’inculturazione mistica, liturgica, ministeriale,
strutturale, etico-morale e teologica sono le comunità locali e i popoli che accolgono il
messaggio e non noi. Siamo facilitatori del processo ma non gli attori.
 Conoscenza sempre più approfondita e vissuta dei due elementi dinamici
dell’inculturazione: il vangelo e le culture. Approfondimento della nostra fede e conoscenza
della lingua, riferimenti simbolici e problematiche delle comunità dove prestiamo il nostro
servizio.
 Scelta dei tempi lunghi e della pazienza storica.
 Rispetto ed assunzione del progetto della chiesa autoctona e collaborazione con gli agenti di
pastorali propri. Conflitto di interessi.
 Umiltà e provvisorietà del nostro servizio.