brevi note

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BREVI NOTE
SULLO SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE
“PRINCIPI E LINEE GUIDA IN MATERIA DI
TRASPARENZA DELL’ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA NELLA REGIONE PUGLIA”
Il d.d.l. in oggetto (approvato dalla Giunta regionale, ma non ancora passato al vaglio delle
commissioni e del Consiglio regionale) rappresenta uno dei primi tentativi di disciplinare
organicamente la trasparenza e l’accesso all’informazione amministrativa di livello regionale.
Il testo normativo sarà – brevemente – considerato da quattro punti di vista:
1. il contesto normativo nel quale il d.d.l. si colloca;
2. l’ispirazione del d.d.l.;
3. le disposizioni che specificamente riguardano trasparenza e pretese all’informazione;
4. il significato complessivo della nuova disciplina.
1. Il contesto normativo.
Lo statuto regionale (approvato dal Consiglio regionale, in prima lettura, con delibera n.
155 del 21 ottobre 2003 e confermato, in seconda lettura, con delibera n. 165 del 3-5 febbraio 2004)
si occupa di informazione in due disposizioni.
L’articolo 14 impegna la Regione a riconoscere e garantire il diritto di informazione dei
cittadini sull’attività istituzionale (comma 1) ed il diritto all’informazione ambientale intesa in
senso assai ampio al fine di includere tutti i dati suscettibili di interessare la salute dei cittadini
(comma 2: si tratta del diritto “ad essere informati sulle condizioni e qualità dell’ambiente, sui
rischi per la salute derivanti dall’esercizio di attività economiche o dall’esecuzione di opere
pubbliche o private e, in generale, su ogni situazione di pericolo che possa loro derivare da attività
incidenti sul territorio”). La disciplina dell’esercizio dei diritti di informazione è rimessa ad una
legge regionale (4 comma), che però non è mai venuta alla luce.
L’articolo 51 annovera tra i principi dell’azione amministrativa trasparenza e pubblicità,
rinviando ancora ad una legge regionale per l’individuazione dei criteri e delle modalità di verifica
del rispetto dei principi suddetti.
Ad oggi, tuttavia non esiste una legge regionale in materia di trasparenza ed accesso ai
documenti amministrativi, ma viene applicata integralmente la l. n. 241 del 1990.
2. L’ispirazione del disegno di legge.
Il contesto normativo (o, meglio, l’assenza di un ampio contesto normativo) nel quale il
disegno di legge viene a collocarsi ne spiega alcuni caratteri.
Innanzitutto, si tratta della prima risposta ad una “domanda di diritto”: il legislatore
regionale è mosso dall’esigenza di colmare un vuoto normativo, in tema non solo di trasparenza ed
accesso ai documenti, ma anche di procedimento amministrativo.
Questo profilo spiega perché si tratti di un d.d.l. in un certo qual modo eterogeneo nei
contenuti, che non si occupa solo di trasparenza e nel quale, al tempo stesso, la trasparenza è
strettamente connessa con la partecipazione procedimentale e con la concretizzazione (ancora nel
procedimento) del principio di imparzialità.
In secondo luogo, è evidente l’ispirazione del movimento “Cittadinanza attiva” che,
attraverso una re-interpretazione del principio di sussidiarietà orizzontale mira a costruire un
rapporto attivo e realmente bidirezionale tra amministrazione e cittadini.
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Nel progetto di cittadinanza attiva affiora l’idea della trasparenza come modo di essere
permanente dell’amministrazione che non utilizza lo schermo del segreto per separarsi dalla società,
ma condivide con i cittadini attivi il proprio patrimonio di informazioni, comunicando per
amministrare insieme.
Nella prospettiva della trasparenza, il d.d.l. avvalora la differenza tra le diverse “pretese”
all’informazione amministrativa.
In termini generali, è possibile distinguere tra:
a)
La pubblicità (in senso lato), intesa come principio di tutela dell’interesse alla notorietà di
quei dati riconosciuti come socialmente rilevanti dall’ordinamento giuridico, esigenza che
prevale già astrattamente sull’opposto interesse che si configura nella protezione del
segreto o del riserbo. Il dato sottoposto a pubblicità, in quanto tale, perde carattere di
segreto o di riservatezza è può essere conosciuto da qualsiasi soggetto.
b)
Il diritto di informazione a titolarità ristretta, inteso come potere attribuito a soggetti
determinati di chiedere ed avere notizia di quei fatti e dati compresi nella sfera di riserbo
o segreto prevista per i terzi in generale.
Trasponendo questi istituiti nel diritto amministrativo, la trasparenza può intendersi come
principio generale dal quale scaturisce l’obbligo per l’amministrazione di “esporre” (salvo
eccezioni) tutte le informazioni che la riguardano e, correlativamente, un diritto di informazione per
(qualsiasi) privato.
È un principio che può fondarsi sul ruolo complessivamente affidato all’amministrazione dalla
Costituzione, di modo che dal carattere pubblico di un atto (cioè dal suo promanare da una pubblica
amministrazione) deriva una ulteriore sfumatura di pubblicità: il suo essere naturalmente
disponibile per chiunque.
Viceversa, il diritto di accesso è il diritto a quella informazione che sarebbe coperta dal segreto
(in senso ampio), che spetta solo al titolare di una situazione giuridica differenziata, e che sorge per
effetto di un contatto specifico (attuale o anche solo potenziale) tra amministrazione e cittadino. Il
diritto di accesso deve intendersi quindi come strumento alternativo alla pubblicità dei documenti
amministrativi: proprio laddove la conoscenza di un atto non rientra nel possibile patrimonio
informativo di un qualsiasi privato, è necessario predisporre strumenti che consentano di valutare
l’esistenza di un interesse alla conoscenza personale e idoneo a superare il segreto amministrativo.
Da questo punto di vista, il diritto di accesso si muove quindi sul medesimo piano del principio di
segretezza, e non è quindi affatto omogeneo al principio di trasparenza.
Da qui, l’aspirazione del diritto amministrativo deve essere non tanto (o non solo) di
allargare la legittimazione speciale ad accedere a documenti riservati o segreti (in senso lato), ma di
ampliare l’operatività del principio di trasparenza.
E proprio in questa direzione muove il d.d.l. in oggetto.
3. Trasparenza e diritti di informazione nel d.d.l.
Può darsi una lettura tripartita delle disposizioni del d.d.l. in tema di trasparenza ed
informazione amministrativa: alcune prescrizioni dettano principi generali, altre contengono norme
dalla più immediata esigibilità (o, meglio, di più facile applicabilità), altre specificano i principi
enunciati con riguardo a settori materiali definiti.
a) I principi.
L’ispirazione sopra indicata è particolarmente evidente nella prima parte del disegno di legge,
dedicata alle finalità ed alle garanzie fondamentali in materia di trasparenza dell’attività
amministrativa regionale.
In alcuni punti si avverte una certa “programmaticità”, per l’insistenza sui principi generali e per
i verbi utilizzati (“assicurare, favorire, promuovere”) che sembrano riecheggiare il tenore dello
statuto regionale. Considerato anche che la disciplina di dettaglio di molti istituti (ad esempio in
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materia di accesso ai documenti) è rimessa a disposizioni di rango regolamentare, si ha
l’impressione che il legislatore regionale tenda ad “allungare” lo statuto nella legge regionale, e
questa ultima nel successivo regolamento di attuazione.
Nondimeno, la tecnica utilizzata rafforza certamente l’impatto della nuova disciplina, che,
proprio perchè nuova, ha un particolare bisogno del sostegno dei principi.
La finalità del disegno di legge è (art.1) assicurare la trasparenza e la massima conoscibilità
dell’azione amministrativa, la chiarezza e comprensibilità degli atti, ed incentivare la partecipazione
informata dei cittadini (singoli o associati) all’attività politica e amministrativa.
La trasparenza sembra finalizzata alla partecipazione. Questo profilo non rappresenta di per sé
un dato negativo, ma rischia di creare una funzionalizzazione che in parte contrasta col concetto
“puro” di trasparenza, ossia con l’idea della conoscibilità per la conoscibilità: l’apposizione al
diritto di un vincolo di scopo, infatti, è suscettibile di ridurne le potenzialità, rendendolo recessivo
nel bilanciamento con altre istanze.
Anche questo aspetto, tuttavia, è da riferirsi al contesto nel quale la legge si inserisce: il
concetto di partecipazione deve essere inteso in senso ampio, con riferimento non solo e non tanto
alla limitata dimensione del procedimento, ma, appunto, alla cittadinanza attiva.
Il riferimento ai principi di trasparenza e pubblicità torna nell’articolo 3, che impegna tutte
le amministrazioni regionali e locali nell’obiettivo di assicurare il massimo livello di conoscibilità
della loro azione.
La disposizione precisa i destinatari degli obblighi di informazione riferendosi all’attività
amministrativa della regione Puglia, degli enti regionali e locali, delle società ed aziende controllate
a qualsiasi titolo dai menzionati enti pubblici.
Il riferimento alla sola attività amministrativa, se inteso letteralmente (cioè in
contrapposizione all’attività di diritto privato) rischia tuttavia di restringere l’operatività dei principi
di trasparenza. Da un lato con riguardo agli enti pubblici, specie alla luce dell’art. 1, comma 1 bis,
della l. 241/1990, che generalizza l’applicabilità del regime di diritto comune per l’attività non
autoritativa delle pubbliche amministrazioni. Dall’altro, con riguardo ai soggetti di diritto privato,
soprattutto rispetto alla più estesa dizione utilizzata dall’art. 22 della stessa l. 241/1990, il quale
costruisce la legittimazione passiva all’accesso ai documenti con riferimento all’attività di pubblico
interesse.
Un ulteriore riferimento ai principi di informazione (informazione dei cittadini sulle attività
svolte dalla regione; accesso alle informazioni amministrative; pubblicità; conoscibilità dei risultati
dell’azione amministrativa) è contenuto nell’art. 2, dedicato ai diritti di cittadinanza amministrativa.
Letteralmente la disposizione garantisce i diritti di cittadinanza amministrativa attraverso
l’osservanza degli indicati principi, tuttavia sembra doversi ritenere che quei diritti (da intendersi
inevitabilmente come diritti soggettivi) abbiano ad oggetto proprio i principi in questione.
La norma in oggetto, peraltro, sembra intendere la trasparenza in due accezioni distinte: da
un lato come principio di generale conoscibilità dell’organizzazione e dell’attività amministrativa
(in questo senso il riferimento alla pubblicità ed all’accesso all’informazione amministrativa);
dall’altro come principio che impone all’amministrazione di costruire una certa documentazione
che, a sua volta, dovrà essere divulgata. In questa ultima accezione è da intendersi il riferimento alla
conoscibilità dei risultati dell’azione amministrativa (così come altri obblighi di cui agli articoli 13
e ss.). Si tratta di due distinti principi che hanno un diverso contenuto e un diverso fondamento: il
primo, in particolare, rimanda all’amministrazione “casa di vetro” che, per il suo ruolo
costituzionale, è tenuta a non frapporre barriere tra sé ed i cittadini fuori dai casi in cui non sia
consentito dall’ordinamento. Il secondo, invece, obbliga l’amministrazione a predisporre una serie
di contenuti in attuazione dell’imparzialità e del buon andamento, concepiti come disposizioni
immediatamente precettive.
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L’art. 18, riprendendo un’indicazione già contenuta nell’art.1, fonda il principio di chiarezza
degli atti amministrativi, stabilendo che tutti gli atti amministrativi siano redatti con un linguaggio
limpido e comprensibile, salvo il lessico giuridico ed evitando ove possibile, espressioni dal tenore
burocratico. La norma (che rimanda ad un regolamento per l’indicazione delle regole più puntuali) è
funzionale ad assicurare una trasparenza effettiva, avverso il rischio che il cittadino naufraghi in
un’informazione inutile perché sovrabbondante o scarsamente intelligibile.
Infine, l’ultima tra le disposizioni di principio (art. 4, comma 1-3) impegna la Regione a
promuovere e favorire la partecipazione attraverso la circolazione, la diffusione, la conoscibilità e
l’accesso alle informazioni detenute o elaborate dall’amministrazione, anche mediante la diffusione
delle nuove tecnologie e l’utilizzo di portali elettronici, con un monito particolare a rimuovere e
prevenire situazioni di digital divide.
b) Le disposizioni di (più) immediata applicabilità.
A partire dall’ultimo comma dell’articolo 4, il “tono” del d.d.l. viene a mutare, attraverso
l’introduzione di prescrizioni più dettagliate e applicabili con maggiore immediatezza.
In particolare, gli articoli 4 ult. comma, 6 e 7, costruiscono la preannunciata distinzione tra
principio (generale) di pubblicità e diritto (particolare) di accesso ai documenti amministrativi, che
è probabilmente l’aspetto più interessante dell’intero schema di legge.
Per quanto attiene alla disciplina dell’accesso ai documenti, l’articolo 4, comma 4, rimanda
ad un regolamento che disciplini i modi, i tempi ed i limiti all’accesso agli atti amministrativi
regionali.
Gli articoli 6 e 7, tuttavia, lasciano intendere che l’accesso (a legittimazione particolare) ai
documenti amministrativi abbia carattere marginale rispetto alla regola della pubblicità degli atti
amministrativi. Infatti, i soggetti già individuati supra (articolo 3) sono obbligati a pubblicare in via
telematica tutti gli atti amministrativi adottati, salvo il rispetto dei principi di riservatezza.
Questi dati costituiscono un patrimonio informativo comune alle attività istituzionali svolte
da qualsiasi soggetto (pubblico o privato) per finalità di pubblico interesse.
Al tempo stesso, però, sono anche destinati a confluire nel portale unico della regione (che
deve rispettare le prescrizioni sul contenuto e le caratteristiche dei siti previste dal codice
dell’amministrazione digitale): tutte le informazioni contenute nel portale sono fruibili da chiunque,
gratuitamente e senza necessità di autenticazione informatica.
L’unico interesse suscettibile di limitare la generalizzata pubblicità dei documenti
amministrativi è rappresentato dalla riservatezza dei terzi: sembrerebbe quindi che gli altri interessi
che possono ostare alla pubblicità di (taluni) atti siano sempre recessivi rispetto al principio di
trasparenza.
Residua la possibilità di porre ulteriori limiti con il regolamento in tema di accesso, tuttavia
sarebbe più opportuno che siffatte limitazioni siano espresse da una fonte di rango legislativo.
Altre disposizioni di dettaglio si occupano di organizzazione dei “servizi” di informazione.
È prevista l’istituzione di una Commissione regionale per la trasparenza (articolo 5), con
funzioni prevalentemente consultive, propulsive, propositive (raccomandazioni e proposte di legge
o regolamento), referenti, di studio, ricerca e vigilanza (sull’applicazione della legge e dei
successivi regolamenti). Non sembra invece che ad essa possano rivolgersi direttamente i cittadini.
Permane l’Ufficio per le relazioni con il pubblico (articolo 9), per lo svolgimento delle
consolidate funzioni in materia di informazione e garanzia dei diritti di accesso.
È istituita la figura del referente della comunicazione in ogni settore dell’amministrazione
regionale (articolo 10), ed è disposta l’assegnazione di personale individuato e formato per lo
svolgimento delle attività di informazione e comunicazione (articolo 12).
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L’articolo 10 prevede altresì la possibilità di utilizzare ogni mezzo di trasmissione idoneo
all’informazione ed alla comunicazione istituzionale (sulla cui finalità vedasi l’articolo 8 che
riprende i principi della legge statale 150/2000).
c) Le disposizioni “speciali”.
Il d.d.l. contiene infine una serie di disposizioni a tutela della trasparenza in settori materiali
individuati.
Rispetto alla diffusione delle informazioni amministrative prevista in via generale nell’articolo
6, le prescrizioni di dettaglio tendono a rafforzare l’operatività del principio di pubblicità in settori
più delicati: si tratta quindi di indicazioni esemplificative che in alcun modo possono intendersi
come tassative.
Alcune prescrizioni, peraltro, sembrano applicative più del principio di imparzialità che di
quello di trasparenza in senso stretto (ad esempio in tema di motivazione, prezzi, termini, nomina di
esperti, meccanismi di selezione), ma è lo stesso oggetto della legge che, per le ragioni già indicate,
tende a superare la trasparenza.
Ciò premesso, le disposizioni di dettaglio riguardano:
a) Gli appalti pubblici, art. 13: oltre alle forme di pubblicità previste dalle leggi nazionali e dalle
direttive europee, tutti gli avvisi ed i bandi di gara per l’esecuzione di appalti di qualsiasi
importo, sono pubblicati sul Portale Unico della Regione; ogni singolo atto della sequenza
procedimentale, finalizzata all’affidamento di un appalto pubblico, deve essere
immediatamente pubblicato in via telematica nel Portale Unico della Regione Puglia, affinché
chiunque vi abbia interesse sia in grado di seguire e monitorare l’iter del procedimento, nel
rispetto dei limiti stabiliti in proposito dalla normativa vigente in materia di tutela della
riservatezza.
b) Procedure concorsuali e selettive per il personale della Regione, art. 14: pubblicità delle
selezioni e delle modalità di svolgimento delle stesse.
c) Conferimento di incarichi professionali e di consulenza esterni, art. 15: l’elenco degli incarichi
esterni deve essere pubblicato sul Portale Unico della Regione, con indicazione dell’oggetto
dell’incarico, del soggetto incaricato, degli estremi del provvedimento di affidamento ed i
corrispettivi previsti; tale elenco deve essere consultabile per materia, per nominativo e per
ordine cronologico.
d) Attività dei dipendenti della Regione, art. 16: gli elenchi completi dei collaudi, delle
consulenze e di ogni altro tipo di incarico esterno conferito ai dipendenti regionali sono resi
pubblici mediante inserimento sul Portale Unico della Regione.
e) Ambiente, art. 17: un apposito regolamento stabilisce forme e modi atti ad assicurare la
massima trasparenza in materia ambientale; è altresì garantito a chiunque ne faccia richiesta e
senza che questi debba dichiarare il proprio interesse, il diritto di accesso all’informazione
ambientale.
4. Brevi osservazioni conclusive: il significato complessivo della nuova disciplina.
Il disegno di legge in oggetto contribuisce alla costruzione del sistema delle pretese
all’informazione amministrativa, componendo in un unico quadro disposizioni di principio e di
dettaglio.
In termini generali, rappresenta un utile punto di appoggio per fondare due distinzioni
assolutamente decisive in tema di trasparenza amministrativa.
Innanzitutto, consente di distingue il diritto civico all’informazione (spettante a qualsiasi
privato in forza del principio generale di pubblicità avente ad oggetto – salvo eccezioni – tutti i
documenti detenuti dalla p.a.), dal diritto di accesso ai documenti amministrativi (spettante ai
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soggetti legittimati dalla titolarità di una situazione soggettiva qualificata e differenziata). La
mancata consapevolezza della alterità esistente tra le indicate posizioni giuridiche rischia di
determinare un vulnus delle possibilità conoscitive del privato, generando la convinzione che il
diritto di accesso sia necessario e sufficiente alla attuazione del principio di trasparenza e
distogliendo quindi l’attenzione dalla trasparenza in sé.
In secondo luogo, tende a differenziare due dimensioni della trasparenza che solo parzialmente
vengono a sovrapporsi: il principio di trasparenza – pubblicità, inteso come condizione di
permanente conoscibilità dell’amministrazione (dal quale scaturisce il diritto civico
all’informazione); ed il principio che potrebbe dirsi di trasparente produzione di informazione, dal
quale (in applicazione dei canoni costituzionali di imparzialità e, in parte, di buon andamento)
deriva l’obbligo per l’amministrazione di creare dati a loro volta destinati alla pubblicità.
Anche in questo caso, la comprensione della differenza tra i due principi assume un’importanza
decisiva al fine di precisarne l’estensione ed i contenuti che sono esigibili dai soggetti privati,
contribuendo a rendere effettiva l’attribuzione di diritti (soggettivi) di informazione nei confronti
delle pubbliche amministrazioni.
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