Alessandro Simonato Sussidiarietà orizzontale e terzo settore: il cinque per mille Tesi di laurea in Scienze giuridiche Università di Padova INDICE INTRODUZIONE…………………………………….. pag. 3 CAPITOLO PRIMO SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE: LA PERSONA AL CENTRO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO 1.1 Storia e problematiche ermeneutiche……………… pag. 5 1.1.1 Sussidiarietà e principi fondamentali della Costituzione…. pag. 9 1.1.2 La portata innovativa dell’art. 118 quarto comma………... pag. 16 1.2 Precisazioni giurisprudenziali……………………... pag. 21 1.3 “Terzo settore” e sovranità del contribuente………. pag. 28 1.3.1 Sussidiarietà fiscale……………………………………….. pag. 33 CAPITOLO SECONDO IL “CINQUE PER MILLE”: ANALISI E CRITICA 2.1 Il nuovo istituto…………………………………….. pag. 37 2.2 L’ambito soggettivo………………………………... pag. 41 2.2.1 L’insufficiente garanzia dell’interesse generale…………... pag. 45 1 2.3 Le modalità di iscrizione e di riparto……………….. pag. 49 2.3.1 Il ruolo del contribuente e dell’amministrazione pubblica... pag. 52 2.4 La sensibilizzazione dei contribuenti………………. pag. 56 2.4.1 Il “cinque per mille”: un provvedimento di spesa………… pag. 59 CONCLUSIONI………………………………………. pag. 63 BIBLIOGRAFIA……………………………………… pag. 71 SITI CONSULTATI…………………………………... pag. 77 2 INTRODUZIONE La legge 23 dicembre 2005, n. 266 ha introdotto, in via sperimentale per l’anno finanziario 2006, la possibilità per il contribuente di destinare una quota pari al cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a sostegno del cosiddetto “terzo settore”1, del finanziamento della ricerca scientifica e sanitaria, delle attività sociali svolte dal comune di residenza. Tale provvedimento rappresenta una significativa novità nell’ordinamento giuridico italiano, in quanto si colloca all’interno di una molteplicità di problematiche che rinviano al concetto costituzionale di persona, all’idea di sovranità, alle modalità di perseguimento dell’universalità dei diritti sociali, fornendo un’applicazione pratica del principio di sussidiarietà orizzontale in una duplice connotazione: istituzionale, ovvero nell’ “accostamento tra istituzioni e cittadini, rispetto la possibilità di realizzare in concreto l’interesse generale”2, e fiscale, attraverso 1 Sul significato del termine F. TADULLI, La qualificazione degli enti non profit ed i caratteri distintivi degli enti non commerciali e delle Onlus, in Il fisco, n.11/2006, p. 1651; vd. pure G. BARBETTA-F. MAGGIO, Nonprofit, Bologna, 2002, pp. 13 ss. 2 Così G. COTTURRI, Gli argomenti umani. Sinistra e innovazione, in 3 la valorizzazione della sovranità del contribuente nel concorso alla spesa pubblica3. Nella prima accezione il principio si inserisce pertanto all’interno del dibattito che vede il nostro legislatore sempre più attento alle tematiche inerenti il “terzo settore”,4 nell’ottica di un Welfare State che cede progressivamente il passo ad una Welfare Society5; mentre nella seconda fa riferimento all’utilizzo della leva fiscale quale strumento di attribuzione al contribuente di una parziale facoltà di decisione concernente la destinazione delle proprie risorse, per individuare nuovi meccanismi di democrazia sostanziale alternativi alla rappresentanza politica6. L’analisi del cinque per mille non può prescindere da riflessioni che la inquadrino all’interno di questi temi, in particolar modo al Il welfare locale, n. 9/2003, a cura del Cespe, pp. 20-26; cfr. pure CERULLI IRELLI, voce Sussidiarietà (dir. Amm.), in Enciclopedia Giuridica Treccani, agg. XII, Roma, 2004. 3 L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia, Milano, 2005, pp.109 ss. 4 L’ultimo decennio si è caratterizzato per il proliferare di provvedimenti legislativi speciali in materia (unitamente alle molte leggi regionali aventi per oggetto enti del terzo settore). A titolo esemplificativo: la L. 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato), la L. 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), il D. Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460 (Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale), la L. 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per il sistema integrato di interventi e servizi sociali), la L. 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale), nonché il recentissimo D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 118 (Disciplina dell’impresa sociale). 5 Sul concetto di Welfare society vd. ad es. L. ANTONINI, Riforma del welfare e principio di sussidiarietà fiscale, in Non Profit, n. 2/2002, pp. 189 ss. 6 Così L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia cit., pp. 109 ss. 4 fine di una più consapevole verifica di come e quanto la previsione normativa e la successiva applicazione pratica rispondano ai principi e propositi che hanno sostenuto la sua introduzione. CAPITOLO PRIMO SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE: LA PERSONA AL CENTRO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO SOMMARIO: 1.1 Storia e problematiche ermeneutiche 1.1.1 Sussidiarietà e principi fondamentali della Costituzione 1.1.2 La portata innovativa dell’art. 118 quarto comma 1.2 Profili giurisprudenziali 1.3 “Terzo settore” e sovranità del contribuente 1.3.1 Sussidiarietà fiscale 1.1 Storia e problematiche ermeneutiche Principio di antiche origini, che esprime una concezione globale dell’uomo e della società, la sussidiarietà è un concetto ricco di implicazioni pratiche ma anche di notevoli problematiche ermeneutiche, che ne rendono necessaria un’indagine storicogiuridica, al fine di individuare un’interpretazione coerente con i principi della Costituzione che non ne svilisca la portata innovativa. 5 In relazione alla sua applicazione sociale il principio sussidiarietà emerge nel pensiero aristotelico7 all’interno delle riflessioni inerenti il conflitto tra governo e libertà, per poi essere rielaborato da S. Tommaso quale elemento di una concezione del bene comune definita come il risultato di una pluralità di apporti in un contesto solidaristico, all’interno della quale è offerta possibilità alla personalità umana di svilupparsi8. Nella riflessione scolastica l’individuo (quale soggetto autonomo) riveste, quindi, un ruolo centrale nella costruzione del bene comune. L’ individuo va considerato, però, non come un atomo separato dalla restante molteplicità di soggetti, ma come persona inscindibile da quei legami sociali caratterizzanti la tradizione comunitaristica medievale. Proprio tale tradizione, nella quale società civile e società politica rappresentavano un insieme omogeneo dell’ordine storicamente dato,9 viene progressivamente abbandonata dalla filosofia politica europea che, a fronte della crisi della connessione 7 Pur non essendo mai definita esplicitamente e compiutamente, è riscontrabile nelle riflessioni sulla libertà intesa come autonomia dell’individuo (per cui libero è ciò che è causa di se stesso). Sul concetto di autonomia vd. F. GENTILE, L’ordinamento giuridico. Tra virtualità e realtà, Padova, 2001, pp. 64 ss. Sul pensiero di Aristotele, cfr. pure E. BERTI, voce Società civile – Società politica, in Dizionario delle idee politiche, Roma, 1993. 8 In merito cfr. ad esempio la ricostruzione delineata in L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia cit., pp. 63 ss., il quale rimanda a Summa teologica, I, II, qu. 21, art. 4 e Contra Gentiles, III, ch. 73. 9 Così M. FIORAVANTI, Costituzione e popolo sovrano. La Costituzione italiana nella storia del costituzionalismo moderno, Bologna, 2004, p. 47 : «La straordinaria quantità di soggetti che in ambiti territoriali più o meno 6 organica tra “politico e “sociale”, con la graduale emersione e differenziazione del primo rispetto al secondo, concentra la propria attenzione sul concetto di sovranità e sulla conseguente prerogativa assoluta del “politico” nella produzione del diritto.10 La concezione sussidiaria del potere pubblico permane tuttavia quale corrente sotterranea11, che riemerge con forza nel secolo XIX all’interno della dottrina sociale della Chiesa, in particolar modo nell’enciclica Quadragesimo Anno (1931) di Pio XI, nella quale si afferma esplicitamente che «deve tuttavia restare saldo il principio importantissimo nella filosofia sociale: che siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché oggetto naturale di qualsiasi intervento della ampi esercitavano il potere di dire la giustizia, o di esigere le imposte, o di chiamare alle armi […] non erano infatti legittimati dal fatto di essere titolari della sovranità ma dalla posizione, ben più concreta, che occupavano all’interno di un ordine storicamente dato, che era insieme politico e sociale». Cfr. pure S. GASPARINI, Il Mondo Novo. Diritto e pensiero giuridico sul continente europeo tra Settecento e Ottocento, Padova, 2003, pp.13 ss. Sulla storia del pensiero filosofico in relazione al rapporto tra società civile e società politica vd. E. BERTI, voce Società civile – Società politica, in Dizionario delle idee politiche, cit. 10 Cfr. M. FIORAVANTI, Costituzione e popolo sovrano. La Costituzione italiana nella storia del costituzionalismo moderno, cit., pp. 48 ss.; inoltre: P. GROSSI, Prima lezione di diritto, Roma-Bari, 2003, pp. 15 ss. 11 Ad esempio la riflessione di Johannes Althusius (1557-1638), nella quale la sovranità pubblica è limitata nei suoi poteri, trovando la sua misura e limite proprio nell’esistenza del popolo, che rimane realtà viva accanto ad essa. Vd. M. FIORAVANTI, Costituzione e popolo sovrano. La Costituzione italiana nella storia del costituzionalismo moderno, cit., p. 50. 7 società stessa è quello di aiutare in maniera supplettiva le assemblee del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle»12. Tale formula, probabilmente coniata da G. Gundlach, uno dei redattori dell’enciclica13, affronta direttamente il problema del rapporto che intercorre tra Stato e persona, individuando una ripartizione dei rispettivi ruoli in virtù della quale il gruppo sociale superiore non deve intervenire qualora gli individui singoli o associati siano in grado di governarsi da sé, ma deve invece offrire il proprio intervento ausiliare ( cioè sussidiario, non sostitutivo) qualora, per la natura o la dimensione del problema, l’individuo o le comunità a lui più vicine si rivelino non adeguati al compito da svolgere. In tal senso il principio di sussidiarietà non si oppone allo Stato, ma alla sua centralizzazione, delineando un quadro d’insieme coerente con la visione della persona propria del pensiero sociale della Chiesa, in opposizione tanto all’ideologia liberista14, che minimizza il ruolo 12 Vd. Quadragesimo anno, in Enchiridion delle Encicliche, vol. 5, Bologna, 1995, § 661. Importante è pure il successivo paragrafo 662: «Perciò è necessario che l’autorità suprema dello stato rimetta ad associazioni minori e inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor momento, dalle quali essa del resto sarebbe più che mai distratta; e allora essa potrà eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei sola spettano, perché essa sola può compierle: di direzione, cioè di vigilanza, di incitamento, di repressione a seconda dei casi e delle necessità». 13 Vd. L. LORENZETTI, voce Sussidiarietà, in Dizionario delle idee politiche, Roma, 1993. 14 «Quanto al potere civile, Leone XIII, superando arditamente i limiti segnati dal liberalismo, insegna coraggiosamente che esso non è meramente guardiano dell’ordine e del diritto, ma deve adoperarsi in modo che “con tutto il complesso delle leggi e delle politiche istituzioni […] ordinando e 8 dell’autorità pubblica (la quale ha invece il dovere di subsidium afferre ai gruppi minori e agli individui), quanto all’ideologia collettivista, che vanifica ogni forma di intervento e d’iniziativa sia della singola persona che delle formazioni sociali.15 1.1.1 Sussidiarietà e principi fondamentali della Costituzione Avendo riguardo al piano più strettamente giuridico, la sussidiarietà viene normalmente declinata in due diverse accezioni: quale criterio ordinatore dei rapporti tra individui, formazioni sociali e Stato (sussidiarietà orizzontale), ma pure come criterio di allocazione delle competenze tra Stato e autonomie locali (sussidiarietà verticale), in virtù del quale l’intervento del livello di governo superiore è ammesso solo qualora comporti un incremento della qualità dei risultati nel perseguimento dell’interesse pubblico. Tralasciando quest’ultima accezione e limitando la considerazione della sussidiarietà alla sua prima valenza, che ne costituisce peraltro il significato originario, è necessario prendere atto di come tale dimensione del principio sia suscettibile di amministrando lo stato, ne risulti naturalmente la pubblica e privata prosperità”». Vd. Quadragesimo anno, cit., § 606. 15 Così L. LORENZETTI, voce Sussidiarietà, cit. Inoltre, Quadragesimo anno, cit., § 669: «l’uomo ha libertà non solo di formare queste associazioni che sono di ordine e di diritto privato, ma anche di introdurvi quell’ordinamento e quelle leggi che si giudichino le meglio conducenti a tal fine. E la stessa libertà si ha da rivendicare per le fondazioni di associazioni che sorpassino i limiti delle singole parti». 9 assumere una pluralità di significati, risultando ambigua se isolata dal contesto normativo all’interno del quale si colloca. Di tale diversità di configurazioni semantiche è testimonianza il dibattito sviluppatosi all’interno della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali della XIII legislatura a proposito della formulazione dell’art. 56, durante il quale emersero sostanzialmente tre diverse interpretazioni del principio, così come rilevato dal sen. D’Onofrio16:«vi è chi ritiene che l’attività dei privati, delle persone, delle formazioni sociali non possa mai costituire limite ontologico alle funzioni pubbliche (questa è la cultura della potenziale totalità del pubblico rispetto al privato), chi sostiene che esistano funzioni private ontologicamente e autonomamente decise rispetto al pubblico ed è favorevole ad una radicale separazione, e infine chi ritiene che il rapporto tra pubblico e privato sul principio di sussidiarietà vada individuato nella naturale elasticità, e quindi storicità, dei rapporti tra l’una e l’altra attività».17 Vd. D’Onofrio, sed. 24/9/1997, 2352, in P. COSTANZO-G. FLORIDIAR. ROMBOLI-S. SICARDI, La commissione bicamerale per le riforme costituzionali, Padova, 1998, p. 119 e ss. 17 Significativo, in quanto rappresentativo delle divisioni in merito al significato da attribuire alla sussidiarietà, è il cammino dell’art. 56 in seno alla Bicamerale, che nella proposta approvata il 30 giugno 1997 prevedeva al primo comma che:«Le funzioni che non possono essere più adeguatamente svolte dalla autonomia dei privati sono ripartite tra le Comunità locali, organizzate in Comuni e Province, le Regioni e lo Stato, in base al principio di sussidiarietà e di differenziazione, nel rispetto delle autonomie funzionali, riconosciute dalla legge […]», per poi mutare formulazione nella proposta del 4 novembre 1997, la quale prevedeva, sempre al primo comma, che: «nel rispetto delle attività che possono essere adeguatamente svolte dall’autonoma iniziativa dei cittadini, anche attraverso 16 10 Nonostante (e pur permanendo) le divergenze, la sussidiarietà orizzontale è stata successivamente introdotta nel nuovo Titolo V18 della Costituzione, che nell’articolo 118 ultimo comma prevede che: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Tale norma trova il proprio precedente logico nell’art. 4, terzo comma, lett. a), della L. 15 marzo 1997, n. 59 (“legge Bassanini”), il quale dispone che il conferimento di funzioni agli enti territoriali deve tutelare il rispetto del «principio di sussidiarietà […], attribuendo le responsabilità pubbliche, anche al fine di favorire l’assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati» e nel successivo art. 3 quinto comma del Testo unico sugli enti locali (D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), il quale prevede che «i Comuni e le Province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali». le formazioni sociali, le funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni, Province, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà e differenziazione». Sui lavori della Bicamerale, vd. G. LUPONE, Le riforme costituzionali, Napoli, 1998. 18 Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 11 Gli individui e le formazioni sociali vengono pertanto individuate non solo quali portatrici di bisogni ma anche di capacità che è possibile vengano messe a disposizione della comunità per contribuire a dare soluzione, insieme con le amministrazioni pubbliche, ai problemi di interesse generale. Proprio tale portata del principio risulta innovativa tanto se riferita al piano istituzionale che fiscale, rappresentando il perno di una trasformazione che individua un diverso modo di amministrare i beni comuni, modificando il tradizionale schema bipolare che vede i soggetti pubblici ( o la “società politica”) quali unici titolari del diritto ad occuparsi dell’interesse generale. Tale quadro normativo, come già anticipato, necessita tuttavia di essere integrato con un’interpretazione coerente con il dettato costituzionale ed in particolar modo con i principi fondamentali. Un primo importantissimo legame è individuabile innanzitutto con l’art. 2 Cost., in ordine tanto al principio personalistico19 che al principio di solidarietà20. La persona, considerata non solo nella sua individualità, ma anche nella sua essenziale dimensione intersoggettiva, rappresenta difatti sia il fulcro della forma di Stato individuata dalla Costituzione del ‘4821, sia il fine al quale sono indirizzati i doveri di solidarietà, da interpretarsi pertanto 19 L. PALADIN, Diritto costituzionale, Padova, 1998, p. 562. Rispetto al quale è pure fondamentale la sussidiarietà orizzontale declinata in senso fiscale (della quale il “cinque per mille” rappresenta appunto un’applicazione pratica), quale forma di dovere di solidarietà economica attuata nelle forme della democrazia diretta anziché della rappresentanza politica. 21 Così L. PALADIN, Diritto costituzionale, cit., p. 562. 20 12 non «in funzione restrittiva delle libertà della persona […] ma in una prospettiva tale da consentirne il pieno ed armonico sviluppo»22. Sempre in tale prospettiva vengono riconosciute e garantite (appunto nella misura in cui consentano e favoriscano il libero sviluppo della persona23) pure le formazioni sociali, il riferimento alle quali non ha la mera funzione negativa di garanzia dei diritti inviolabili del singolo dalla possibile oppressione24 anziché valorizzazione di questi da parte delle “comunità intermedie”, quanto piuttosto di elevare le stesse a soggetti di diritto costituzionale25. Uno Stato pertanto strutturato in funzione della persona e non viceversa26. 22 A. BARBERA, Art. 2, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1975. 23 Vd. L. PALADIN, Diritto costituzionale, cit., p. 566. 24 Vd. ad es. U. DE SIERVO, voce Formazioni sociali, in Dizionario delle idee politiche, Roma, 1993, p. 344. 25 In tal senso vedasi CRISAFULLI–PALADIN, Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990, p. 9, ma pure G. LA PIRA, Relazione sui principi relativi ai rapporti civili, in sede di I Sottocomissione (reperibile in http://legislature.camera.it ) nella quale il deputato afferma che:«[…] il sistema integrale dei diritti della persona esige, per essere davvero integrale, che vengano riconosciuti e protetti non solo i tradizionali diritti individuali di libertà civile e politica affermati nel 1789; non solo i diritti sociali affermati nelle nuove Carte costituzionali; ma anche i diritti essenziali delle comunità naturali attraverso le quali gradualmente si svolge la personalità umana: i diritti del singolo vanno integrati con quelli della famiglia, della comunità professionale, religiosa, locale e così via». 26 «Lo Stato per la persona e non la persona per lo Stato: ecco la premessa ineliminabile di uno Stato essenzialmente democratico». Così G. LA PIRA, Relazione sui principi relativi ai rapporti civili, cit. Ma in tal senso è opportuno pure richiamare una riflessione più ampia sulla natura e funzione stessa del diritto, nato con l’uomo e per l’uomo, (cosicché sue caratteristiche ineliminabili sono tanto la dimensione di umanità che di socialità), quale espressione della società e non semplicemente e unicamente dello Stato. Così P. GROSSI, Prima lezione di diritto, cit., pp. 10 e ss. 13 In tale quadro il principio di sussidiarietà realizza un ulteriore valorizzazione della persona stessa, se considerato però complementariamente a quello di solidarietà. Infatti «la solidarietà senza sussidiarietà può degenerare facilmente in assistenzialismo, mentre la sussidiarietà senza solidarietà rischia di alimentare forme di localismo egoistico»27. In tal senso vi è pertanto il rifiuto di una declinazione del principio tanto nel senso di una mera dismissione di attività statali in favore dei privati, nell’idea di un bene comune quale mera addizione di interessi particolari, quanto nell’idea di uno Stato che riconosca i privati e le autonomie solo qualora ciò sia necessario ad integrare i servizi pubblici, negando loro il ruolo di protagonisti e destinatari dell’azione pubblica. Tale interpretazione è confortata sul piano strettamente giuridico da quanto disposto dall’art. 3 secondo comma della Costituzione, il quale affida una precisa missione (la rimozione degli ostacoli limitativi della libertà e dell’uguaglianza dei cittadini, che impediscono tanto l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica economica e sociale del Paese quanto appunto il pieno sviluppo della persona) ai soggetti pubblici28, 27 Vd. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Città del Vaticano, 2004, p. 192. Per un’analisi che ripercorre la dottrina sociale della Chiesa sottolineando il ruolo fondamentale del solidarismo vd. P. PECORARI, Il solidarismo possibile, Torino, 1996. 28 Intendendo con “Repubblica”, nell’accezione utilizzata dal Costituente, l’insieme della pluralità delle persone giuridiche pubbliche. Così L. PALADIN, Diritto Costituzionale, cit., p. 12. A seguito della riforma costituzionale del 2001, in virtù del nuovo art. 114 (che al primo comma 14 che per ottemperare i propri compiti istituzionali potranno pertanto ampliare la gamma delle modalità per perseguirli29, ma non rinunciarvi. Significativa è in tal senso la proposta su “lo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti” presentata dal deputato Dossetti all’interno della prima sottocommissione dell’Assemblea Costituente, proposta che all’art. 1 affermava:«lo Stato protegge, favorisce, coordina e, dove occorra, integra le attività dei singoli, delle famiglie, degli enti territoriali e delle altre forme sociali», aggiungendo poi che «l’articolo definisce il compito e la funzione giuridica e politica dello Stato, statuendo il principio che esso ha autorità per esercitare il controllo e la coordinazione delle attività dei singoli e delle varie forme sociali e che esso ha il diritto-dovere di intervenire là dove ogni altra iniziativa si riveli insufficiente30». dichiara:«La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato»), è necessario sottolineare la pari ordinazione di Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni nella collaborazione al fine del perseguimento degli interessi generali della Res Publica. Così S. BARTOLE-R. BIN-G. FALCON-R. TOSI, Diritto regionale, Bologna, 2005, p. 222. 29 In tal senso vd. sia B. SORRENTINO-M. RAGAZZO, La sussidiarietà orizzontale e i diritti costituzionali dei cittadini: problematiche esegetiche ed opportunità per gli enti non profit, in www.nonprofitonline.it, pp. 4 ss., sia L. VIOLINI, Associazioni non profit, diritti sociali e processo costituente europeo. Riflessioni de constitutione ferenda, in C. CATTANEO (a cura di), Terzo settore, nuova statualità e solidarietà sociale, Milano, 2001, pp. 89 ss. 30 Tale proposta è riportata integralmente in http://legislature.camera.it. 15 Nonostante nella Costituzione del 1948 il principio di sussidiarietà non risulti espressamente menzionato, i suoi presupposti e le sue potenzialità non sono quindi ignorate31. 1.1.2 La portata innovativa dell’art. 118 quarto comma La previsione dell’art. 118 come modificato dalla riforma del 2001, se interpretata in senso non restrittivo, segna tuttavia un importante passo in avanti: è infatti il perno di una trasformazione istituzionale che sancisce esplicitamente il ruolo positivo che i cittadini possono assumere nella cura dei beni comuni, aggiungendo inoltre che le autorità devono favorire la loro opera. Fondamentale è che l’iniziativa sia finalizzata all’interesse generale, avendo in tal caso riguardo alle attività concretamente poste in essere, non esistendo categorie di soggetti “sussidiari” per definizione32. La missione prevista dall’art. 3 della Costituzione33 può essere pertanto adempiuta tanto dai poteri pubblici34, direttamente o attraverso un rapporto di 31 Così pure G. VECCHIO, Libertà di iniziativa assistenziale e formazione del concetto di “sussidiarietà orizzontale” nella giurisprudenza della corte Costituzionale, in www.labsus.org, che ritiene espressivi del principio di sussidiarietà gli artt. 2, 3, 4, 18, 29, 30, 31, 33, 38, 39, 41, 42, 43, 44, 45 della Costituzione del ’48. 32 Vd. B. SORRENTINO–M. RAGAZZO, La sussidiarietà orizzontale e i diritti costituzionali dei cittadini: problematiche esegetiche ed opportunità per gli enti non profit, cit., p. 6. 33 Da interpretarsi quindi alla luce del combinato disposto tra art. 118 quarto comma e art. 3 secondo comma. 34 Da non considerarsi quindi attori solitari, secondo l’idea di parte della cultura italiana, che vede nei soggetti pubblici gli unici titolari del diritto ad occuparsi dei beni comuni, “schiacciando il pubblico sul collettivo”. Sul 16 strumentalità con agenti privati35 (considerando quindi i cittadini unicamente nel loro ruolo di utenti), quanto dai cittadini stessi, considerati non solo nella dimensione di portatori di interessi limitati e corporativi, ma nella loro attitudine al perseguimento del bene comune36. Tale ruolo attivo conferito al cittadino trova un ulteriore legame costituzionale con quanto previsto dal secondo comma dell’art. 4 della Costituzione37, il quale prevede il dovere del cittadino di concorrere al progresso della società. Le istituzioni pubbliche sono quindi tenute a sostenere (letteralmente, a “favorire”) le iniziative previste dall’art. 118 punto, vd. COTTURRI, Gli argomenti umani. Sinistra e innovazione , cit., p. 20. 35 Nei due casi la genesi del rapporto tra cittadini e amministrazione è differente. Nel primo caso, la necessità dell’intervento è frutto di una scelta politica, che si avvale dell’apporto privato nella fase gestionale; nel secondo caso l’iniziativa di interesse generale ha una genesi civica. In tal senso vd. N. POLITO, Articolo 118 u.c. della Costituzione. Un approfondimento sul “favoriscono”, contributo presentato al Seminario del Laboratorio per la Sussidiarietà, Roma, 24 marzo 2006. Sugli effetti negativi della commistione tra Stato e organizzazioni sociali all’interno della tradizionale concezione dell’interesse generale come prerogativa dei soggetti pubblici, con conseguente rifeudalizzazione e frammentazione dello Stato stesso, vd. invece S. CASSESE, Lo stato introvabile. Modernità e arretratezza delle istituzioni italiane, Roma, 1998. 36 In tal senso emblematico è l’art. 1 della L. 8 novembre 1991, n. 381 (“Disciplina delle cooperative sociali”), che così dispone:«le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini». 37 In tal senso vd. B. SORRENTINO- M. RAGAZZO, La sussidiarietà orizzontale e i diritti costituzionali dei cittadini: problematiche esegetiche ed opportunità per gli enti non profit, cit., p. 4. Inoltre: G. VECCHIO, Libertà di iniziativa assistenziale e formazione del concetto di “sussidiarietà orizzontale” nella giurisprudenza della corte Costituzionale, cit. 17 attraverso incentivi economici38, promovendo il senso di responsabilità39 della cittadinanza attiva40, valorizzando la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali: in mancanza di questo sostegno il principio di sussidiarietà orizzontale non può dirsi pienamente attuato. Il nucleo fondamentale del principio si muove in definitiva attorno due direttrici: da un lato il ruolo centrale della persona umana all’interno dell’ordinamento giuridico, dall’altro il rapporto relazionale e dinamico tra società politica e civile nel perseguimento del bene comune. Relativamente alla prima connotazione, la sussidiarietà si manifesta nella sua carica Il cinque per mille si colloca in tale prospettiva. In tal senso e’ utile precisare e sottolineare come l’art. 118 preveda che l’intervento dello Stato sia subordinato alla finalizzazione all’interesse generale dell’attività privata. Il testo del recente progetto di riforma costituzionale, rifiutato con referendum, recante titolo “Modifiche alla Parte II della Costituzione” (G.U. 18 novembre 2005, n. 269), prevedeva all’art. 118 sesto comma: «Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato riconoscono e favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà, anche attraverso misure fiscali. Essi riconoscono e favoriscono altresì l’autonoma iniziativa degli enti di autonomia funzionale per le medesime attività sulla base del medesimo principio […]». 39 La diretta assunzione di responsabilità – non mera partecipazione – in attività di interesse generale assurgerebbe in virtù dell’art. 118 a “valore costituzionale”. In questo senso, G. RAZZANO, La sussidiarietà orizzontale fra programma e realtà, Relazione al seminario di Lapsus (Laboratorio per la sussidiarietà), su “Sussidiarietà orizzontale e Regioni”, svoltosi a Roma il 2 dicembre 2005, p. 2. 40 Oggi non tenuta in debita considerazione, cosicché anche «la cittadinanza amministrativa è debole: l’individuo è cittadino nell’ambito costituzionalmente garantito, ma rimane suddito nei confronti dell’amministrazione, che esercita la più ampia discrezionalità nel fare o non fare, e nel fare oggi o domani»: S. CASSESE, Lo stato introvabile. Modernità e arretratezza delle istituzioni italiane, cit., p. 60. 38 18 assiologia, mettendo in luce la necessaria dimensione umana e sociale del diritto: l’uomo, quale individuo e al contempo legame relazionale, è così protagonista e destinatario dell’azione pubblica (volta alla valorizzazione della persona umana: è questa la dimensione personalista del principio)41. La seconda connotazione mette invece in discussione la ormai secolare separazione e opposizione costitutiva tra società politica e società civile, individuando una nuova nozione partecipata di interesse pubblico e una conseguente relazione dinamica42 tra le due componenti sociali nel perseguimento dello stesso. Due sono quindi i corollari principali di tale configurazione, entrambi di fondamentale rilevanza: da un lato il riconoscimento che pure l’iniziativa civica possa integrare l’interesse generale; dall’altro lato l’inesistenza di una presunzione di corrispondenza a interessi generali tanto dell’azione politico-amministrativa quanto di quella della società civile, con la conseguente necessità per entrambe di dimostrare nel concreto tale rispondenza (il perseguimento dell’interesse generale deve essere pertanto 41 La dimensione personalista è evidenziata nella Relazione di G. LIMONE, Le basi filosofiche della sussidiarietà, al Convegno “Sussidiarietà e diritti”, Cassino, 16 dicembre 2005. Si viene in tal modo a delineare un ordinamento giuridico come rete policentrica che permette e valorizza l’autonomia della persona (quale nodo della rete), così come precisato in U. PAGALLO, Alle fonti del diritto, Torino, 2002. 42 G. Cotturri, ex presidente nazionale di Cittadinanzattiva, parla in tal senso di “circolarità del potere sussidiario”, ponendo l’accento sulla necessaria collaborazione e reciproco aiuto tra società politica e civile. Così in G. COTTURRI, Gli argomenti umani. Sinistra e innovazione, cit., p. 22. 19 pubblicamente rendicontabile43) e la sussistenza quindi di una responsabilità pubblica condivisa da cittadini e amministrazioni. In tal modo viene precisata con chiarezza una diversa forma di Stato, che pone al centro dell’ordinamento giuridico la persona umana, valorizzando la democrazia diretta quale modalità di esercizio della sovranità popolare. L’importanza di tale rilievo è fondamentale, se, facendo proprie le parole di E. Casetta, si può affermare che «oggi più di ieri la garanzia del cittadino non è data dalla elencazione dei suoi diritti, ma dalla organizzazione globale dello Stato, nella quale il conflitto o, se si vuole, la dialettica di libertà e di autorità non si plachi con il sacrificio di uno dei due termini, ma in un equilibrio, certo arduo da raggiungere, nel quale le opposte esigenze trovino la loro soddisfazione, non potendo il soggetto vivere avulso dalla comunità che lo circonda, e la comunità, in In tal senso si colloca il progressivo emergere dell’importanza del bilancio sociale, anche per quanto concerne le amministrazioni pubbliche (vd. ad esempio la recentissima G.U. Serie generale n. 63 del 16 marzo 2006, recante titolo Direttiva del ministro della funzione pubblica sulla rendicontazione sociale nelle amministrazioni pubbliche, consultabile in www.funzionepubblica.it, nonchè le Linee guida per la redazione del bilancio sociale specifiche per il settore pubblico in www.labsus.org). Il bilancio sociale è definito come «il documento, da realizzare con cadenza periodica, nel quale l’amministrazione riferisce, a beneficio di tutti i suoi interlocutori pubblici e privati, le scelte operate, le attività svolte e i servizi resi, dando conto delle risorse a tal fine utilizzate, descrivendo i suoi processi decisionali e operativi». Sul punto L. CORBELLA, Bilanci sociali, ecco le linee guida, in Non Profit, il Consulente per gli enti non commerciali, 26 settembre 2006, p. 5. 43 20 tutte le sue enucleazioni, non potendo alla lunga prosperare sulla mortificazione delle individualità che la compongono»44. 1.2 Precisazioni giurisprudenzali Il principio di sussidiarietà orizzontale, oltre ad essere oggetto della speculazione filosofica e dottrinale, è stato recentemente affrontato in alcuni interventi della Corte Costituzionale (seppur perlopiù indiretti) e del Consiglio di Stato45, volti a definire la rilevanza dell’azione autonoma dei soggetti privati in chiave solidaristica e sociale e a ri-attribuire quindi a questa un preciso spazio all’interno del quadro costituzionale. Una prima importante sentenza della Corte Costituzionale in tal senso è la n. 396/1988 in tema di libertà di assistenza privata, nella quale la Corte si sofferma a riscontrare la sostanziale natura privata delle IPAB, in quanto «organizzazioni espressive dell’autonomia dei privati che hanno conservato caratteri propri 44 E. CASETTA, voce Diritti pubblici subbiettivi, in Enciclopedia giuridica del diritto, volume XII, Varese, 1964. 45 Le sentenze della Corte Costituzionale riportate sono reperibili in www.cortecostituzionale.it, i pareri del Consiglio di Stato in www.giustiziaamministrativa.it. Nelle righe seguenti si riprende l’analisi di G. VECCHIO, Libertà di iniziativa assistenziale e formazione del concetto di “sussidiarietà orizzontale” nella giurisprudenza della corte Costituzionale, in www.labsus.org e G. RAZZANO, Il Consiglio di Stato, il principio di sussidiarietà orizzontale e le imprese, in www.associazionedeicostituzionalisti.it . 21 dell’organizzazione civile anche dopo la loro formale pubblicizzazione», facendo emergere la necessità di ri-attribuire ad esse quell’autonomia «imposta dal principio pluralistico che ispira nel suo complesso la Costituzione repubblicana», in quanto «non possono ormai non essere assecondate le aspirazioni di quelle figure soggettive sorte nell’ambito dell’autonomia privata, di vedersi riconosciuta l’originaria natura». In tale modo viene pertanto affermata, seppur in relazione ad un ambito particolare, quale quello dell’assistenza (per il quale fondamentale è quanto disposto dall’art. 38 quinto comma della Costituzione), la libertà di perseguimento di finalità di carattere generale anche da parte di soggetti privati (richiamando pertanto un ruolo che tali soggetti già detenevano prima della legge Crispi 6972/1890) . Successivamente la Consulta si sofferma nella sentenza 75/1992, in tema di volontariato, a sottolineare l’importanza della socialità della persona umana e del suo apporto solidaristico al perseguimento del bene generale, con espressioni che richiamano direttamente le radici assiologiche e normative del principio di sussidiarietà, all’epoca ancora non esplicitamente presente nella Costituzione. «Quale modello fondamentale dell’azione positiva e responsabile dell’individuo che effettua spontaneamente e gratuitamente prestazioni personali a favore di altri individui ovvero di interessi collettivi degni di tutela da parte della comunità, il volontariato rappresenta l’espressione più immediata della primigenia vocazione sociale dell’uomo, derivante 22 dall’originaria identificazione del singolo con le formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e dal conseguente vincolo di appartenenza attiva che lega l’individuo alla comunità degli uomini. Esso è, in altre parole, la più diretta realizzazione del principio di solidarietà sociale, per il quale la persona è chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un’autorità, ma per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa. Si tratta di un principio che, comportando l’originaria connotazione dell’uomo uti socius, è posto dalla Costituzione tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente riconosciuto e garantito, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, dall’art. 2 della Carta Costituzionale come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente». Gli interventi più diretti nella definizione giurisprudenziale del principio di sussidiarietà nella sua declinazione orizzontale sono, però, sicuramente quelli del Consiglio di Stato, che in più pronunce ha avuto modo di definire, seppur ancora parzialmente, i soggetti (quis) da identificare sul piano sostanziale quali perseguenti l’interesse generale, le attività (quid) a questo riconducibili, nonché la necessità di ricercare sul piano giuridico delle forme (modus) che consentano di superare il tradizionale modello dell’impresa a fini di lucro per individuare un “tipo” normativo in grado di rappresentare adeguatamente il mondo 23 delle organizzazioni nonprofit, con la necessità di rendere pubblicamente rendicontabili e trasparenti le finalità perseguite. Nel parere della Sezione consultiva per gli atti normativi n. 1354 del 2002, in tema di fondazioni bancarie, il Consiglio di Stato delinea inizialmente la storia istituzionale delle Casse di risparmio, affermando che la pubblicizzazione sarebbe stata giustificata dalla considerazione per cui «il patrimonio delle fondazioni costituisce in qualche modo […] un bene comune che nasce dall’apporto di una moltitudine di persone che, nel tempo, con i loro risparmi e/o con la loro attività finanziata dalle casse hanno consentito agli accorti amministratori di accrescerne la consistenza». L’inversione di tendenza rispetto alla pubblicizzazione viene argomentato facendo indirettamente ricorso al principio di sussidiarietà, in quanto si nega che «il processo di privatizzazione avviato verso la fine del XX secolo abbia seguito in senso inverso lo stesso percorso, nel senso che non si è avuto un ritorno alla disciplina civilistica tout court: il legislatore continua ad assegnare il dovuto rilievo agli aspetti che sono propri delle attività destinate a soddisfare peculiari interessi collettivi, pur ritenendoli compatibili con l’abbandono del regime pubblicistico in favore di una disciplina di diritto privato». A coronare tale ricostruzione storica dell’evoluzione giuridica e culturale dei concetti di “pubblico” e “privato” segue l’importante affermazione per cui «lo Stato e ogni altra autorità pubblica proteggono e realizzano lo sviluppo della società civile 24 partendo dal basso, dal rispetto e dalla valorizzazione delle energie individuali, dal modo in cui coloro che ne fanno parte liberamente interpretano i bisogni collettivi emergenti dal sociale». Il tema delle fondazioni bancarie è affrontato pure nella sentenza 301/2003 della Consulta, nella quale il giudice costituzionale afferma che tali soggetti non sono in contrasto con il «principio di sussidiarietà di cui all’art. 118, quarto comma Cost., che, anzi, risulta del tutto compatibile, oltre che con la natura privata delle fondazioni, con il riconoscimento che le stesse svolgono compiti di interesse generale». Tornando alla giustizia amministrativa, ancor più rilevante è il successivo parere 1440/03 (Ad. 25-VIII-2003) della Sezione consultiva per gli atti normativi, nel quale il Consiglio di Stato dà parere negativo ad uno schema di regolamento ministeriale per la definizione dei criteri e delle modalità di accesso al fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori, istituito dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448 (Finanziaria 2002). In tale parere viene innanzitutto individuata una distinzione tra ordinamento generale e ordinamenti di base, precisando che in questi ultimi «lo sviluppo delle relazioni e la scelta dei mezzi per il conseguimento di un fine giusto e adeguato è rimessa alla capacità delle organizzazioni societarie - in quanto munite della relativa cittadinanza - di interpretare e gestire i bisogni della collettività di riferimento». In tal modo viene fatta propria dalla 25 giurisprudenza amministrativa quella rivoluzione per cui l’ordinamento giuridico trova il proprio centro nella società civile e non nello Stato, ridefinendo la stessa nozione di democrazia46. Il Consiglio di Stato si sofferma poi nella definizione dei soggetti riconducibili al principio di sussidiarietà orizzontale, facendo propria la nozione di cittadinanza societaria47 coniata dal sociologo Pierpaolo Donati48, quale «forma di un complesso di diritti-doveri delle persone e delle formazioni associative che articola la vita civica in autonomie universalistiche, […] capaci di integrare la generalità dei fini con pratiche di autogestione»49, cioè con relazioni che, seppur private nella loro gestione, non agiscono in funzione di interessi strumentali propri o altrui, ma in funzione di uno scopo sociale di solidarietà. Espressioni proprie di tali cittadinanza societaria sono rappresentate da «soggetti prevalentemente comunitari», categorie di «soggetti utenti e agenti nello stesso tempo”, «cittadini operanti nella propria comunità di base», e più generalmente da «ordinamenti di base 46 Così G. RAZZANO, Il Consiglio di Stato, il principio di sussidiarietà orizzontale e le imprese, in www.associazionedeicostituzionalisti.it . 47 «[…] quale relazione che si crea fra gli stessi cittadini in un ambito territoriale e sociale concreto, peculiare e locale, per soddisfare concreti e specifici bisogni, senza attendere tendenzialmente nulla dallo Stato e dagli enti locali»: così G. RAZZANO, La sussidiarietà orizzontale fra programma e realtà , cit., p. 7. Il Consiglio di Stato la richiama affermando che «è questa la prova di una riserva originaria di materie […] a soggetti esponenti del fenomeno della cittadinanza societaria, secondo la definizione di una recente dottrina sociologica». 48 Il riferimento è a P. DONATI, La cittadinanza societaria, Roma-Bari, (1993), 2000. 49 P. DONATI, La cittadinanza societaria, cit., p. 300. 26 muniti di una intrinseca capacità di gestione di interessi con rilievo sociale». Da tali considerazioni il giudice amministrativo giunge quindi a negare l’accesso diretto, da parte delle imprese che avessero mostrato coincidenza fra i loro progetti e gli interessi degli enti locali, al fondo istituito presso il Ministero dell’Interno, affermando che la sussidiarietà orizzontale è un qualcosa di più e di diverso della possibilità dei privati di accedere ai fondi pubblici con l’assenso degli enti locali, evidenziando come l’incentivo economico, conferito ex ante, fosse più idoneo a favorire l’iniziativa economica privata che non attività di interesse generale realizzate da cittadini singoli e associati. La Sezione consultiva pone da ultimo l’accento pure sulla forma giuridica di tali fenomeni di cittadinanza societaria, i quali si «esprimono in forme diverse dall’impresa», e sulle caratteristiche oggettive, le quali debbono andare a beneficio dell’intera collettività di riferimento. Il ruolo attribuito ai privati e alle formazioni sociali all’interno dell’ordinamento sostanziale propaga infine i propri effetti pure sul piano processuale e procedimentale50. In tal senso è l’affermazione contenuta nella pronuncia 18 marzo 2004, n. 267 della Sez. I del TAR Liguria, nella quale si constata come il principio di sussidiarietà orizzontale «induce necessariamente a dover riconsiderare sotto nuova e più pregnante luce la valenza della posizione giuridica dei soggetti coinvolti nell’azione Sul punto si veda l’intervento di M. BARBERO, Sussidiarietà orizzontale e legittimazione processuale amministrativa, in www.associazionedeicostituzionalisti.it. 50 27 amministrativa. Non v’è dubbio, infatti, che lo specifico ruolo ordinamentale attribuito ai privati e alle loro formazioni sociali sul piano sostanziale riverberi i suoi effetti anche sul piano procedimentale e processuale. Così, per un verso, l’apporto di questi ultimi nell’ambito del procedimento andrà valorizzato non solo in termini di mera collaborazione nell’adozione dei provvedimenti che incidano direttamente la loro sfera giuridica, ma anche ai più generali fini della gestione stessa della funzione amministrativa per renderla più adeguata rispetto agli interessi pubblici perseguiti. Per altro verso, poi, ai singoli e alle loro formazioni sociali dovrà essere garantita la più ampia possibilità di sindacare in sede giurisdizionale l’esercizio di detta funzione da parte degli enti istituzionali a ciò preposti». 1.3 “Terzo settore” e sovranità del contribuente Le problematiche teoriche che concernono la sussidiarietà orizzontale, riportate nei paragrafi precedenti, si affiancano alle applicazioni pratiche del principio, che seguono e sollecitano il dibattito dottrinale e giurisprudenziale; il “cinque per mille” ne concerne in particolar modo due: la possibilità per il cittadino di concorrere diversamente alle spese pubbliche51, selezionando egli 51 Pubbliche, cioè della collettività, e non statali, così come precisato in L.VIOLINI-A. ZUCCHELLA, Il terzo settore tra cittadinanza dell’impresa e contesto costituzionale sussidiario, in Non Profit, n. 2/2003, p. 280. 28 stesso la destinazione di una parte delle proprie imposte, e il concorso diretto al perseguimento dell’interesse generale da parte di quegli enti rientranti nel cosiddetto “terzo settore”. In entrambi i casi emerge la portata innovativa del principio di sussidiarietà in relazione alla forma di Stato che esso delinea, attraverso l’individuazione di forme di democrazia diretta che si affiancano alla sovranità del popolo concretizzantesi nei meccanismi della rappresentanza politica. Tale impostazione del rapporto tra cittadino e Stato, volta a garantire libertà e autonomia al primo senza eliminare la necessità e peculiarità di determinate forme di intervento del secondo (all’interno quindi di una relazione dinamica tra le due parti), assume rilievo pure quale modalità di superamento della crisi del Welfare State, senza intaccare la missione attribuita alla Repubblica dall’art. 3 della Costituzione. Fondamentale è in tal senso il contributo che il “terzo settore” può portare nel perseguimento dell’universalità dei diritti sociali. Seppur principalmente considerato dalla dottrina pubblicistica e dal legislatore in relazione al trattamento fiscale52, il “terzo settore” può assumere un ruolo rilevante nell’esercizio delle politiche sociali, all’interno di una visione d’insieme che però prevede una ristrutturazione degli istituti del welfare. Tale considerazione si giustifica in quanto la visione che considera lo Stato come unico attore delle politiche sociali porta a considerare, 52 Contra, vd. la la L. 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per il sistema integrato di interventi e servizi sociali) e il recentissimo disegno di legge delega in materia di servizi pubblici approvato in sede di Consiglio dei Ministri il 30 giugno 2006, all’art. 1 comma 3. 29 quale necessaria modalità di soluzione delle crisi dovute alla scarsità di risorse, la pura e semplice riduzione delle risorse destinate a tali scopi, con ripercussioni pericolose in particolar modo per quelle classi sociali che il sistema di welfare è maggiormente tenuto a tutelare53. La dimensione istituzionale della sussidiarietà orizzontale porta invece a mettere in luce la possibilità che l’intervento pubblico sostenga, coordini ed eventualmente sostituisca le componenti sociali impegnate in ambito solidaristico, ponendo l’accento sulla persona-utente dei servizi e sulla qualità ed universalità del servizio stesso più che sul soggetto erogatore. In tal modo vengono attuate tanto la previsione dell’art. 3 secondo comma che dell’art. 2, per quanto concerne la piena valorizzazione della persona nelle formazioni sociali54. Proprio tale articolo, per il 53 Sul punto vd. in particolare L. VIOLINI, Associazioni non profit, diritti sociali e processo costituente europeo. Riflessioni de constitutione ferenda, in C. CATTANEO (a cura di), Terzo settore, nuova statualità e solidarietà sociale, Milano, 2001, pp. 89 ss. Ma pure S. ZAMAGNI, Governance del territorio e organizzazioni della società civile, in P. VENTURI-N. MONTANARI (a cura di), Modelli e forme organizzative del decentramento: ruolo e sviluppo del Terzo settore, Forlì, 2005, nel quale l’autore afferma che:«se si pensa di far dipendere il soddisfacimento dei bisogni di welfare dei cittadini di una società che progredisce dalle risorse che l’ente pubblico riesce a mettere in campo con la tassazione – sia pure fortemente progressiva- l’esito finale non potrà che essere l’abbandono dell’universalismo, in favore di programmi di tipo selettivistico». 54 Sull’universalità dei diritti sociali vd. M. MAZZIOTTI, voce Diritti sociali, in Enciclopedia giuridica del diritto, volume XII, Varese, 1964, il quale afferma che:«L’azione sociale dello Stato, così come essa si esprime non solo nell’amministrazione e nella legislazione, ma anche nelle stesse norme costituzionali che la regolano, ha come scopo non l’attuazione dell’eguaglianza di fatto, ma dell’eguaglianza giuridica, cioè dell’eguale possibilità per tutti i consociati di godere di quei diritti fondamentali che la 30 quale si rimanda a quanto già considerato nel secondo paragrafo, giustifica un ruolo non meramente residuale del “terzo settore”, quale soggetto da prendere in considerazione al solo fine di integrare o sussidiare le prestazione dei servizi pubblici in relazione alla maggiore efficacia, efficienza o ai minori costi, così come sembrano affermare parte della dottrina giuridica55 ed economica56. Le peculiarità del “terzo settore”, in virtù delle quali l’attribuzione di un ruolo meramente supplettivo è frutto di una visione parziale e limitante dello stesso, sono individuate nelle riflessioni degli economisti, che lo analizzano quale soggetto del sistema economico attraverso il confronto con gli altri due attori del sistema: lo Stato e l’impresa for profit (o il Mercato). Il quadro complessivo, per cui al Mercato Capitalistico viene affidata la produzione di beni privati e il compito di rendere praticabile il costituzione considera connessi con il pieno sviluppo della personalità umana». Espressione del ruolo del “terzo settore” in tale contesto è l’art. 1 della L. 7 dicembre 2000, n. 383, nel quale il legislatore dichiara che:«La Repubblica riconosce il valore sociale dell’associazionismo liberamente costituito e delle sue molteplici attività come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo in tutte le sue articolazioni territoriali, nella salvaguardia della sua autonomia, favorisce il suo apporto originale al conseguimento di finalità di carattere sociale, civile, culturale e di ricerca etica e spirituale». 55 Vd. G. RAZZANO, Il Consiglio di Stato, il principio di sussidiarietà orizzontale e le imprese, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, che rimanda a G.U. RESCIGNO, Principio di sussidiarietà orizzontale e diritti sociali, in Dir. Pubbl., 2002, pp. 6 ss. 56 Fra tutti si veda H. HANSMANN, La proprietà dell’impresa, Bologna, 2005, pp. 227 ss., nel quale l’autore si sofferma ad analizzare l’esperienza del mondo nonprofit statunitense, quale forma alternativa di organizzazione aziendale all’interno del sistema economico nord americano. 31 principio di libertà (di scambio e d’impresa) mentre allo Stato la produzione di beni pubblici e la garanzia di attuazione del principio di uguaglianza (formale e sostanziale), risulta incompleto e parziale. In tale contesto difatti al “terzo settore” spetta un ruolo meramente residuale, per cui lo spazio lasciato al suo intervento è rappresentato da quei bisogni a cui gli altri due attori non sono in grado di fornire risposte adeguate (fallimenti del Mercato e dello Stato). Fondamentale, invece, è il riconoscimento dell’autonomia e indipendenza sia strutturale, sia culturale e finanziaria, del nuovo attore, all’interno di una visione che non consideri il sistema economico come caratterizzato da rapporti di scambio, bensì di relazioni. In tal senso al centro dell’agire economico e sociale viene posta la persona, non l’homo oeconomicus dell’economia classica, ed il principio organizzativo che presiede alle interazioni tra i diversi attori è appunto la sussidiarietà, la quale mette in luce le peculiarità degli stessi in funzione della persona, all’interno quindi di una relazione dinamica tra i diversi soggetti. All’interno di un contesto così delineato, il “terzo settore” si caratterizza per il suo “social capital”57, o meglio per la produzione di beni 57 Cioè di quella «rete di relazioni instauratesi tra i membri di una certa collettività» che «costituisce un patrimonio immateriale, del cui deterioramento le usuali valutazioni contabili non riescono a tenere conto, in modo analogo a quanto avviene per i beni ambientali»: così B. GUI, Economia e fioritura umana, in S. ZAMAGNI (a cura di), Economia, democrazia, istituzioni in una società in trasformazione, Bologna, 1997, pp. 53-80. 32 relazionali 58 (tipicamente immateriali, come la fiducia, la dedizione, ecc., quali risposte a bisogni umani non traducibili in diritti civili e politici), in un contesto nel quale il principio di reciprocità come dono presiede alle relazioni che gli enti appartenenti a tale settore intrattengono tanto nei rapporti interni che con l’esterno. Questa ricchezza intrinseca è considerata da parte della dottrina59 come un quid pluris da mettere in risalto affinché contamini l’intero sistema economico, nelle sue logiche capitalistiche e stataliste. In ogni caso, ciò che preme sottolineare è il ruolo che il “terzo settore” può assumere tanto nel perseguimento degli obiettivi sanciti dall’art. 3 della Costituzione, quanto nella piena valorizzazione della persona umana attraverso le formazioni sociali prevista dall’art. 2 Costituzione, con l’accentuazione del valore della relazione umana. A ciò, si aggiunga il valore intrinseco rappresentato dalla partecipazione diretta dei cittadini allo sviluppo sociale, quale forma di esercizio della sovranità. 1.3.1 Sussidiarietà fiscale Sul punto si veda B. GUI, Oggetti di valore che l’economia rischia di trascurare: relazioni interpersonali e significati intrinseci, in Nuova Umanità 31 (6), nov.-dic. 1999, pp. 713-730 e B. GUI, Oltre il dono, relazioni capaci di gratuità, relazione al Convegno “Oltre i diritti il dono”, Roma, 28-29 marzo 2000. 59 Tra gli altri vd. S. ZAMAGNI, Governance del territorio e organizzazioni della società civile, cit., p.12, e L.VIOLINI-A. ZUCCHELLA, Il terzo settore tra cittadinanza dell’impresa e contesto costituzionale sussidiario, cit., pp. 266 e ss. 58 33 In tal contesto si inserisce pure la sussidiarietà orizzontale considerata nella sua declinazione fiscale. Essa infatti delinea nuove forme di democrazia sostanziale da aggiungersi al processo di rappresentanza politica, nell’idea che questo non esaurisca più il principio di democraticità stesso. L’analisi di tale principio risulta agevole attraverso la diagnosi del problema (mancanza di effettività del principio no taxation without representation, crisi del Welfare State) e l’individuazione di una possibile soluzione nelle forme della sussidiarietà orizzontale. Elemento di partenza della riflessione è dato dalla constatazione dell’attuale crisi dell’alleanza tra Stato ed economia di mercato, che nel secondo dopoguerra aveva garantito la possibilità di delineare un sistema protettivo di garanzie sociali, all’interno di una filosofia di stampo “paternalistico”60. Si possono individuare tre cause di tale crisi. La prima è data dal corto circuito teleologico del sistema di Welfare State dovuto alla globalizzazione (con la possibilità per le grandi ricchezze di migrare ove la pressione fiscale è meno elevata). In tale contesto, difatti, il mantenimento del welfare statale necessita di una pressione fiscale perlopiù gravante sulle ricchezze poco mobili e quindi su quelle stesse classi deboli che si propone di tutelare. La seconda causa è data dalla conseguente negazione della libertà in nome della protezione sociale, in quanto la necessità di reperire risorse pubbliche 60 Si fa propria in queste righe la ricostruzione del problema delineata in L. ANTONINI, Verso diritti sociali fondati sulla sussidiarietà: ovvero verso diritti sociali come libertà da, in www.magna-carta.it, ed in L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia, cit., pp. 109 ss. 34 attraverso la tassazione determina la non piena deducibilità di spese inevitabili (mediche, familiari, ecc.) e l’esenzione dei minimi personali. Questo si verifica proprio perché il sistema di welfare è sostanzialmente strutturato in una prospettiva centralistica, che necessita delle risorse pubbliche per il proprio funzionamento. In tal modo però viene trasformato in “assistito” pure il soggetto che, in un ordinamento tributario garante dell’autonomia degli individui, sarebbe in grado di provvedere da sé ad alcuni dei bisogni tutelati dal Welfare State. Un terzo problema consiste nel venir meno della coincidenza tra elettore, contribuente e beneficiario della spesa pubblica, a seguito del crescente peso degli esecutivi nazionali nelle decisioni fiscali61, ma soprattutto per la sempre maggiore ingerenza di organismi internazionali (Unione Europea, WTO, ecc.). Conseguenza di tale situazione è la perdita di efficacia del principio no taxation without representation, in virtù del quale l’elettore è oggi solo in parte padrone dell’imposta. Il quadro così tracciato fa emergere perciò la necessità di individuare nuove forme di espressione della sovranità del contribuente, attraverso l’applicazione di meccanismi di sussidiarietà fiscale funzionali a correggere il tradizionale modello 61 Vd. pure O. SEPE, voce Spese dello Stato, in Enciclopedia giuridica del diritto, volume XLIII, Varese, 1990:«in tale situazione si è persa traccia di finalizzazione delle entrate alla spesa; la rappresentanza parlamentare non esprime più un ruolo primario di controllo della spesa attraverso il consenso all’entrata, ma il diverso ruolo di espressione delle istanze politiche economiche e sociali della collettività nella sua interezza quindi, in sintesi, della spesa stessa». 35 “burocratico-impositivo”. Alcuni di tali correttivi sono stati enunciati recentemente dall’Alta Commissione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale62, la quale ha previsto, ad esempio, l’uso della leva fiscale per agevolare l’effettuazione di certe attività a carattere sociale da parte di strutture private e semiprivate attraverso la deducibilità diretta in sede di IRE, l’individuazione di differenti forme di bonus a favore delle famiglie (per la scuola, anziani, disabili), la riconduzione all’interno della fiscalità dei trasferimenti alle imprese (ad esempio per mezzo di incentivi strutturati come riduzioni dell’Irap). In tale prospettiva si inserisce pure la libertà di selezione diretta dei servizi meritori da finanziare attraverso le risorse pubbliche, con l’attribuzione al contribuente della possibilità di scegliere il soggetto a cui destinare parte della propria IRE; previsione questa, che garantisce il conferimento al cittadino di una, seppur limitata, sovranità. Tali meccanismi, inoltre, realizzano non solo una forma alternativa di concorso alla spesa pubblica (ex artt. 2 e 53 della Costituzione), ma pure una valorizzazione della dignità umana, attraverso l’individuazione di un limite alla pressione fiscale e al contempo la responsabilizzazione del cittadino. Ancora una volta, quindi, al centro delle realizzazioni ispirate alla sussidiarietà c’è la persona. I lavori dell’Alta commissione presi in considerazione sono consultabili in www.governo.it/Presidenza/AcoFF/index.html . 62 36 CAPITOLO SECONDO IL “CINQUE PER MILLE”: ANALISI E CRITICA SOMMARIO: 2.1 Introduzione al nuovo istituto 2.2 Ambito soggettivo 2.2.1 L’insufficiente garanzia dell’interesse generale 2.3 Le modalità di iscrizione e di riparto 2.3.1 Il ruolo del contribuente e dell’amministrazione pubblica 2.4 La sensibilizzazione dei contribuenti 2.4.1 Il “cinque per mille”: un provvedimento di spesa 2.1 Introduzione al nuovo istituto Un’applicazione pratica della sussidiarietà orizzontale fiscale, nelle sue più innovative implicazioni, è rappresentata dal novello istituto del “cinque per mille”. Proposto dall’on. Tremonti quale 37 “un altro otto per mille” a favore del terzo settore e della ricerca scientifica1, viene così presentato nella relazione al d.d.l.: «dare di più, attivando un “otto per mille” a favore del “Terzo settore”, non sarebbe un costo, ma un investimento. Non una spesa, ma all’opposto un risparmio. […] Oggi il disegno del circuito politico-finanziario è essenzialmente centrale. Si assume infatti che tutto il sociale sia pubblico, che tutto il pubblico si finanzi via bilancio pubblico, che su tutto il bilancio pubblico possa decidere solo la politica. […] E’ politicamente strategico un crescente e più diretto coinvolgimento della società nelle scelte di destinazione e di gestione delle risorse pubbliche. […] Dentro uno scenario politico destinato a farsi in futuro sempre più complesso, la coerenza politica, tra sacrificio fiscale e consenso democratico, può essere dato proprio da questo schema. Dallo schema del cittadino che gradualmente diventa padrone della destinazione dell’imposta. Il nuovo “otto per mille” è coerente con questo schema politico. Il contribuente viene messo nelle condizioni di effettuare una libera scelta in ordine ai soggetti che intende finanziare, perché ha conoscenza, diretta o indiretta, della loro capacità di svolgere efficacemente servizi sociali meritori».2 Tale proposta si è successivamente concretizzata con la previsione del “cinque per mille” nei commi dal 337 al 340 dell’art. 1 (articolo unico) della Legge Finanziaria per l’anno 1 In tal senso vd. R. BONACCINA, La svolta di Giulio, in Vita, Non Profit Magazine, 18 febbraio 2005, p. 7. 2 Relazione al d.d.l. 38 20063, in seguito integrati con due decreti di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, rispettivamente il DPCM 20 gennaio 20064, e il DPCM 5 aprile 2006, n. 80, che definiscono tempistica e modalità di destinazione della quota (così come previsto dal comma 340 della Finanziaria). Il meccanismo prevede che il contribuente possa vincolare la destinazione di una quota pari al cinque per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche (IRE), utilizzando il modello integrativo CUD 2006, il modello 730/1-bis redditi 2005, ovvero il modello unico persone fisiche 20065, a sostegno di quattro diverse finalità (corrispondenti a quattro diversi appositi riquadri nei modelli ex art. 3 DPCM 20 gennaio 2006). Queste ultime sono precisate nel comma 337 della legge finanziaria, che le individua come di seguito: a) sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall’articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’articolo 10, 3 Legge 23 dicembre 2005, n. 266. Successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale come n. 22 del 27/01/2006. 5 Così dispone l’ art. 3 del DPCM 20 gennaio 2006. 4 39 comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; b) finanziamento della ricerca scientifica e dell’università; c) finanziamento della ricerca sanitaria; d) attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente. Importanti sono ulteriori precisazioni contenute nella legge 266 e successive integrazioni: innanzitutto l’ambito temporale di applicazione del “cinque per mille”. Il comma 337 prevede difatti che tale previsione ha effetto «per l’anno finanziario 2006», locuzione che aveva indotto taluni6 a ritenere che il meccanismo si riferisse ai redditi e all’IRE relativi al 2006, dovendo quindi la scelta del contribuente effettuarsi in sede di dichiarazione dei redditi da presentarsi nel 2007. A risolvere tale problema d’interpretazione è intervenuto il successivo decreto legge 30 dicembre 2006, n. 273 chiarendo all’art. 31 secondo comma che «la disposizione di cui al comma 337 […] è specificata nel senso che la stessa si applica al periodo di imposta 2005». Tale istituto è poi previsto a titolo iniziale e sperimentale (comma 337). Questa previsione sancisce la presa di coscienza di un percorso ancora in nuce di sostegno fiscale al terzo settore e alla ricerca (che segue altre misure da poco introdotte, qual è ad esempio il cosiddetto “Più dai, meno versi”, contenuto nel decreto legge n. 80 del 2005, ma pure la “contemporanea” – e in 6 Vd. ad esempio L. GANDULLIA, Un 5 per mille da spendere in volontariato e ricerca, in www.lavoce.info . 40 controtendenza - inattuazione della De tax7 e la revoca delle agevolazioni alle fondazioni bancarie8) con l’intervento diretto del contribuente, ed anche la perfettibilità del sistema delineato9. Nonostante la disomogeneità delle finalità previste, il contribuente può esprimere una sola scelta di destinazione10. Il successivo comma 338 chiarisce infine che, con la previsione del “cinque per mille”, non viene inficiato il meccanismo dell’8 per mille di cui alle legge 20 maggio 1985, n. 22211. L’analisi del provvedimento, così come appena delineato nelle sue linee principali, lascia però trasparire talune problematiche in relazione alla sua applicazione pratica e reale efficacia, in particolar modo con riguardo alla platea dei soggetti beneficiari, alla modalità di scelta degli stessi da parte del contribuente, alla promozione della responsabilità dello stesso e alle modalità di ripartizione della quota. 2.2 L’ambito soggettivo Misura prevista nell’ art. 5 della L. n. 80 del 2003, tutt’oggi inattuata. Disposta dall’art. 2 del decreto legge n. 168 del 2004 (Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica). 9 Come successivamente dichiarato dallo stesso proponente, vd. al proposito R. BONACCINA, Il non profit ha detto si. Giulio Tremonti traccia un primo bilancio del 5 per mille, in Vita, Non Profit Magazine, 3 marzo 2006, p. 7. 10 Vd. a proposito l’ art. 4 primo comma del DPCM 20 gennaio 2006. 11 La non alternatività tra le due previsioni viene confermata dall’art. 4 terzo comma del DPCM 20 gennaio 2006. 7 8 41 Primo problema importante sollevato dal provvedimento è appunto dato dalla configurazione dei possibili beneficiari. Le finalità individuate dalle lettere b) e c) non pongono particolari difficoltà in tal senso12, essendo posta (negli artt. 2 e 3 del DPCM 20 gennaio 2006) a carico del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro della Salute l’individuazione dei soggetti e la conseguente comunicazione in via telematica all’Agenzia delle entrate dell’elenco. Sorgono invece perplessità con riguardo a quanto previsto dalla lettera a) del comma 337, il quale annovera tra i destinatari tre diverse categorie di soggetti : 1- le Onlus di cui all’art. 10 del D. Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, comprendendo in tale categoria anche le cosiddette Onlus di diritto, cioè quelle specifiche tipologie di enti per le quali è sancita l’automatica qualifica di Onlus: le organizzazioni di volontariato di cui alla L. 11 agosto 1991, n. 266, iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano; le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della L. 26 febbraio 1987, n. 49; le cooperative sociali di cui alla L. 8 novembre 1991, n. 381; 12 Anche se in merito alle scelte concretamente effettuate in relazione a tali soggetti si sono sollevate alcuni voci critiche, vd. ad esempio in www.divulgazionescientifica.it sui soggetti di cui alla lettera b). 42 i consorzi di cui all’articolo 8 della L. 8 novembre 1991, n. 381, che abbiano la base sociale formata per il cento per cento da cooperative sociali; nonchè le Onlus parziali previste al comma 9, art. 10, del D. Lgs. 460/1997 , cioè: enti ecclesiastici delle confessioni religiose con cui lo Stato abbia stipulato patti, accordi o intese; le associazioni di promozione sociale le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno ai sensi della L. 25 agosto 1991, n. 287, limitatamente all’esercizio delle attività elencate nel comma 1 dell’art. 10 del D. Lgs. n. 460/1997. 2- le Associazioni di promozione sociale, di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, iscritte nei registri nazionali, regionali o provinciali ai sensi di quanto disposto dall’art. 7 della stessa; 3- Associazioni e fondazioni riconosciute (ai sensi del D.P.R. 2000, n. 361) che operano nei settori di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. Sono quindi esclusi gli enti pubblici e le società commerciali diverse da quelle cooperative13. I soggetti di cui ai punti 1) e 2) non pongono dubbi in merito alla loro identificazione, mentre invece problemi sorgono circa 13 Così come sono esclusi pure dal regime fiscale delle Onlus ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 189, lett. a). 43 l’individuazione degli enti ricompresi nella definizione del punto 3) in relazione tanto all’ambito soggettivo che oggettivo. Per quanto riguarda l’ambito soggettivo, taluni14 si chiedono se rientrino tra i soggetti beneficiari pure le Fondazioni e le Associazioni riconosciute che, pur operando nei settori indicati, abbiano perso la qualifica di ente non commerciale ai sensi dell’art. 149 del Tuir15. Poiché la norma non sembra porre alcuna limitazione, la risposta sembra non possa essere che positiva16. In merito invece all’ambito oggettivo (cioè ai requisiti inerenti a organizzazione e attività), il legislatore ritiene determinante unicamente il settore di attività nel quale l’ente colloca in concreto la propria mission, richiedendo l’effettivo svolgimento della stessa (appunto, associazioni e fondazioni riconosciute “che operano”), ma non prevedendo alcun ulteriore requisito formale o sostanziale. Non sono pertanto richiesti né l’indicazione di tali attività nello Statuto17, né l’esclusività o la prevalenza di queste qualora l’ente svolga una pluralità di attività, né ulteriori requisiti formali quali ad esempio quelli richiesti per le Onlus, cioè il vincolo di Non-Distribuition Constraint (cioè il divieto di 14 Cfr. D. ZAZZERON, 5 per mille al terzo settore, in www.nonprofitonline.it , p. 4. 15 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il quale prevede all’art. 149 primo comma che «l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta». 16 In tal senso D. ZAZZERON, 5 per mille al terzo settore, cit., p. 4. 17 La verifica dei requisiti per la partecipazione alla ripartizione della quota dovrà comunque necessariamente valutare l’appartenenza ai settori sopraindicati attraverso l’analisi dello Statuto. 44 distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonchè fondi, riserve, o capitale e l’obbligo di impiegare eventuali utili o avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse), il sistema di governance democratico, la finalità di solidarietà sociale (con la quale si intende la necessità che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano dirette ad arrecare benefici a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari o a componenti di collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari18). 2.2.1 L’insufficiente garanzia dell’interesse generale La mancanza di una qualsiasi forma di ulteriore vincolo o requisito ha allargato notevolmente la schiera dei possibili beneficiari, ponendo seri interrogativi sull’idoneità degli enti rientranti in tale categoria a poter rappresentare in ogni caso una forma di contributo della società civile all’interesse generale (nella prima parte dedicata al principio di sussidiarietà orizzontale si è chiarito come non si possano individuare soggetti a priori “sussidiari” in relazione al semplice settore di attività svolto oppure ad altri criteri formali, ma solo con riguardo a La finalità di solidarietà sociale di cui all’art. 10 comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 460/1997 è meglio precisata nella circolare n. 168/E del 26 giugno 1998, paragrafo 1.4. 18 45 quanto svolto concretamente19) e sulla possibilità di intromissione all’interno dei meccanismi del “cinque per mille” di soggetti estranei20 alle finalità a cui aspira il novello istituto. Se le spese dello Stato sono preposte al raggiungimento dei fini propri della collettività attraverso l’uso di parte della ricchezza della collettività stessa21, il finanziamento di soggetti che si adoperano solo parzialmente (se non per nulla) per l’interesse comune comporta il venir meno del collegamento tra bisogni collettivi-prelievo fiscale-spesa pubblica. E’ questa una delle critiche più dure mosse al provvedimento, che nel complesso delineerebbe un quadro “a maglie larghe”22. 19 In tal senso vd. sia G. COTTURRI Gli argomenti umani. Sinistra e innovazione, in Il welfare locale, n. 9, settembre 2003, a cura del Cespe, pp. 20-26, sia B. SORRENTINO-M. RAGAZZO, La sussidiarietà orizzontale e i diritti costituzionali dei cittadini: problematiche esegetiche ed opportunità per gli enti non profit, in www.nonprofitonline.it. Tale rilievo è comunque sollevabile, all’interno di un ordinamento fondato sul principio di sussidiarietà, pure all’amministrazione pubblica. Sulla necessità di riforma dell’amministrazione nel senso di un’effettiva corrispondenza all’interesse generale delle sue articolazioni al fine di eliminare sprechi nell’utilizzo delle risorse pubbliche, vd. ad es. i recenti interventi di P. ICHINO, Il sindacato e i nullafacenti, in Corriere della Sera, 30 agosto 2006 e F. GIAVAZZI, Una questione d’urgenza, in Corriere della Sera, 23 agosto 2006. 20 Come sembra sottolineare V. MELIS, Cinque per mille, ricerca & fantasia, in Il Sole 24 ore, 20 febbraio 2006, nel quale si rileva la presenza di circoli di scacchi, associazioni bocciofile e golf club, così come pure G. TROVATI, I “furbetti” del cinque per mille, in Il Sole 24 ore, 20 marzo 2006, nel quale riscontra la presenza di fitness center, nonché di istituti candidati agli aiuti a prescindere dall’esercizio attuale di un’attività di interesse generale. 21 Sul punto, O. SEPE, voce Spese dello Stato, in Enciclopedia giuridica del diritto, volume XLIII, Varese, 1990. 22 Sul punto tra le diverse opinioni critiche, vd. ad esempio l’intervista a P. Beni, pubblicata in R. BAGNATO, L’ARCI: occhio a non chiudersi nel 46 De iure condendo una soluzione potrebbe essere data dall’individuazione di tali enti non solo in base a criteri formali e sostanziali così come delineati dalla Finanziaria e successive integrazioni, ma attraverso l’individuazione di specifici progetti concreti da finanziare, così come già avviene per l’utilizzazione della quota dell’otto per mille dell’IRE devoluta alla gestione statale, come previsto da ultimo nella circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 24 gennaio 2006, n. 19, che stabilisce criteri e procedure per la presentazione delle domande da parte degli enti nonprofit interessati. Nonostante il provvedimento abbia poi quale finalità il finanziamento di soggetti capaci di svolgere efficacemente servizi sociali meritori, è da segnalare l’assenza di interventi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ( Ministero del Welfare, quindi direttamente interessato al provvedimento in questione) nell’individuazione dei soggetti o nella verifica dei requisiti. Ulteriore elemento di perplessità è dato dall’assenza di previsioni esplicite di controlli in merito alla sussistenza e alla persistenza dei requisiti indicati nella legge Finanziaria per poter accedere al finanziamento23 (in particolar modo con riguardo alla palazzo, in Vita, Non Profit Magazine, 24 febbraio 2006, p. 5, così come l’opinione di Luigi Bobba riportata in V. MELIS, Cinque per mille, ricerca & fantasia , cit. Inoltre: G. TROVATI, I “furbetti” del cinque per mille, cit. 23 I controlli sono quindi interamente assegnati all’Agenzia delle Entrate, che ha comunque acceso da tempo i riflettori sugli enti nonprofit, in particolar modo con riguardo alle Onlus (categoria questa comunque già individuata da precisi e stringenti requisiti formali e sostanziali. Può 47 categoria più “vulnerabile”, ovvero quella delle associazioni e fondazioni riconosciute) oltrechè di sanzioni in presenza di violazioni della normativa, a fronte ad esempio di norme estremamente severe contenute nella legge 14 maggio 2005, n. 80, che introduce nell’ordinamento il meccanismo del “più dai, meno versi”24. Sempre con riguardo all’ambito dei soggetti beneficiari altra critica che è possibile muovere al provvedimento è data dall’eccessiva sovrabbondanza di opzioni tra le quali il contribuente è destinato a scegliere esprimendo un’unica preferenza: non soltanto quattro diverse finalità, tra le quali si può individuare una eventuale competizione solo tra gli enti di cui alla lettera a) e le attività sociali svolte dal Comune di residenza, ma pure diversi ambiti di operatività degli enti così individuati (il contribuente dovrà pertanto decidere all’interno di una medesima finalità se privilegiare enti la cui attività si esplica in un piano internazionale-nazionale, regionale, oppure locale). Infine, all’interno di un quadro normativo confuso e non all’altezza del possibile nuovo ruolo istituzionale del nonprofit, pertanto risultare irragionevole una tale disparità nel trattamento rispetto le altre categorie beneficiarie). Vd. ad es. la circolare 16 maggio 2005, n. 22/E, la quale recepisce le indicazioni individuate dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 18 luglio 2003, n. 266, in ordine alle modalità di esercizio del controllo relativo alla sussistenza dei requisiti formali stabiliti dal decreto legislativo 460/1997. Cfr. pure da ultimo la circolare 6 marzo 2006, n. 9 (Prevenzione e contrasto all’evasione – anno 2006 – primi indirizzi operativi). 24 Sanzioni precisate dalla Circolare 19 agosto 2005, n. 39, dell’Agenzia delle Entrate. 48 per cui risulta auspicabile de iure condendo una riforma organica dell’intero terzo settore25, vengono accostate entità diverse accomunate dall’appartenenza al cosiddetto terzo settore ma caratterizzate da elementi peculiari che non vengono sufficientemente messi in rilievo (il database predisposto dall’Agenzia delle Entrate individua ad esempio i differenti enti sulla base della loro denominazione, città, provincia, indirizzo, codice fiscale, ma non in virtù della loro diversa qualificazione giuridica26). 2.3 Le modalità di iscrizione e di riparto Un altro punto critico del provvedimento in questione è dato dalle modalità individuate dal DPCM 27 gennaio 2006, n. 2227 per l’iscrizione dei soggetti interessati a beneficiare del “cinque per mille”. L’art. 1 prevede difatti una serie di adempimenti così sintetizzabili: 25 Condivisa da più parti. Vd. ad es. i vari interventi contenuti in C. CATTANEO (a cura di), Terzo settore, nuova statualità e solidarietà sociale, Milano, 2001. Ma così pure L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia, Milano, 2005, pp. 119-120, e G. RAZZANO, Il Consiglio di Stato, il principio di sussidiarietà orizzontale e le imprese, in www.associazionedeicostituzionalisti.it. Tale necessità è inoltre avvertita dallo stesso “terzo settore”, vd. R. BONACCINA, Al governo che verrà. Le proposte del non profit a chi governerà, in Vita, Non Profit Magazine, 14 aprile 2006, p. 7. 26 Come avviene invece ad esempio nel database predisposto da www.vita.it o da www.5-per-mille.it . 27 Che ottempera in tal modo a quanto previsto dal comma 340 della legge Finanziaria 49 iscrizione in via telematica in un apposito elenco tenuto dall’Agenzia delle Entrate entro il 10 febbraio 2006 (termine così prorogato dal successivo DPCM 22 marzo 2006, n. 80) e contestuale presentazione di domanda conforme a facsimile e recante una autodichiarazione relativa al possesso dei requisiti che qualificano il soggetto richiedente fra quelli ammessi al riparto; intervento del legale rappresentante del soggetto richiedente, o di un suo delegato, presso la Direzione regionale all’Agenzia delle entrate nel cui ambito territoriale si trova il domicilio fiscale del soggetto medesimo al fine di rilevare eventuali errori di iscrizione nell’elenco, entro e non oltre il 1 marzo 2006; spedizione con raccomandata a. r. alla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, rappresentanti del soggetto da parte richiedente, dei di legali una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) relativa alla persistenza dei requisiti che qualificano il soggetto richiedente tra quelli ammessi a partecipare al riparto. Tale sequenza di adempimenti ha destato alcune perplessità28, in relazione a due punti: il termine perentorio di iscrizione 28 Sul punto vd. B. VERRINI, Il 5 per mille, per 10 mila, in Vita, Non Profit Magazine, 17 febbraio 2006, p. 13. 50 eccessivamente ravvicinato29 (tanto da dover essere prorogato) alla data di pubblicazione del DPCM 20 gennaio 2006 (avvenuta in Gazzetta Ufficiale il 27 gennaio) che indicava le modalità di partecipazione30; l’iscrizione per via telematica (non di semplice effettuazione per gli enti che non avevano mai fatto trasmissioni telematiche al Fisco31). Così come altri elementi del provvedimento, tali disposizioni sembrano difatti agevolare le associazioni e gli enti di maggiori dimensioni comportando quindi un’indebita disparità tra gli enti rientranti nei requisiti previsti, in ordine alle capacità organizzative e disponibilità finanziarie, nella possibilità di iscrizione e successivamente nella competizione per ottenere la firma dei contribuenti al fine di ottenere un maggior finanziamento. Quest’ultima problematica attiene più precisamente al riparto del “cinque per mille”, disciplinato dall’art. 5 del DPCM 27 gennaio 2006, n. 22, il quale dispone che: ai soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 337 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 spettano le quote 29 Con, ad esempio, conseguente impossibilità di reperire intermediari disponibili ad evadere la pratica d’iscrizione appena pochi giorni dopo la pubblicazione del DPCM 20 gennaio 2006. Così B. VERRINI, Il 5 per mille, per 10 mila, cit., p. 13. 30 Vd. al proposito www.cast-ong.org, nel quale tale previsione viene criticata in quanto incoerente con la volontà di agevolare il nonprofit, le cui procedure e modalità operative sono solitamente collettive e pertanto richiedenti tempi deliberativi più lunghi. 31 Per la tutela delle associazioni di volontariato più piccole sono dovuti pertanto intervenire i Centri di Servizio al Volontariato al fine di fornire consulenza e assistenza tecnica (vd. www.csv.net ); sul punto, B. VERRINI, Il 5 per mille, per 10 mila, cit., p. 13. 51 direttamente destinate dai contribuenti (è diretta destinazione quella esercitata dal contribuente che ha apposto la firma in uno dei quattro appositi riquadri che figurano nei diversi modelli e indicato pure il codice fiscale del soggetto specifico che intendeva finanziare); ai Comuni spettano le quote dei contribuenti che in essi risiedono e che hanno apposto la loro firma nel riquadro corrispondente alla finalità di cui alla lettera d) del comma 337 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005. Importante è inoltre quanto disposto dal secondo comma dell’art. 5: «Fuori dei casi di cui al comma 1, ovvero nei casi di cui al comma 1 relativamente ai quali l’indicazione del codice fiscale risulta errata, le somme corrispondenti al complesso delle quote del 5 per mille destinate dai contribuenti, con la loro firma, ad una delle finalità di cui alle lettere a), b) e c) del comma 337 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 sono ripartite, nell’ambito delle medesime finalità, in proporzione al numero complessivo delle destinazioni dirette, espresse mediante apposizione del codice fiscale, conseguite da ciascuno dei soggetti di cui alle medesime lettere a), b) e c) ». 2.3.1 Il ruolo del contribuente e dell’amministrazione pubblica 52 Tre le indicazioni principali che derivano dalla lettura dell’ articolo riportato. Innanzitutto, a differenza di quanto previsto per l’8 per mille ai sensi della legge 20 maggio 1985, n. 222 , l’ammontare complessivo del gettito IRE da destinarsi al “cinque per mille” non è predeterminato, ma subordinato nel quantum al numero di adesioni. La scelta del singolo contribuente incide, pertanto, sia sull’ammontare delle risorse vincolate alle finalità individuate dal comma 337 della Legge Finanziaria, sia sulla loro distribuzione. In mancanza di una sensibilizzazione adeguata, quindi, i 660 milioni che rappresentano il cinque per mille dell’intero gettito IRE potrebbero ridursi fino a 270 milioni (previsti nella relazione tecnica della Finanziaria, nella presunzione che aderisca il 41% dei contribuenti così come per l’”8 per mille”) o meno, risultando quindi un gettito “irrisorio” sia per finanziare adeguatamente la molteplicità dei soggetti concorrenti32 che per livellare le sperequazioni dovute alla diversa capacità fiscale dei contribuenti33. Inoltre, in virtù di quanto disposto dall’art. 5 secondo comma, il contribuente che decide di indicare una finalità da lui ritenuta Sulla possibilità di estendere la quota all’intero gettito così come già avviene per l’otto per mille in virtù della L. 20 maggio 1985, n. 222 vd. sia R. BONACCINA, Il non profit ha detto si. Giulio Tremonti traccia un primo bilancio del 5 per mille, in Vita, Non Profit Magazine, 3 marzo 2006, p. 7, sia E. COLOMBO, Libro giallo, dove eravamo rimasti. Il non profit nel documento dell’Unione, in Vita, Non Profit Magazine, 24 febbraio 2006, p. 4. 33 In tal senso vd. www.anci.it/5xmille.cfm . 32 53 meritevole di sovvenzione senza indicare il preciso ente, impone il vincolo di destinazione della propria quota dell’IRE ma opera una sorta di delega per la libera scelta in ordine ai soggetti che intende finanziare in favore dei contribuenti che hanno invece esercitato la diretta destinazione (con abdicazione pertanto della possibilità di selezionare direttamente la spesa sociale efficiente). Infine sono da rilevare alcune problematiche nella corresponsione della quota: non sono difatti individuati alcuna forma di controllo ex post dell’utilizzo delle somme devolute, né alcun vincolo di destinazione, non sono previsti alcun “tetto massimo” di finanziamenti ricevibili da un singolo ente, nè meccanismi di coordinamento ad esempio per evitare sperequazioni sulla base della differente capacità fiscale. Il ruolo esercitato dal potere pubblico nel meccanismo così delineato è quindi di controllo ex ante dei requisiti (attestati attraverso autocertificazione, al fine di evitare un’eccessiva burocrazia del sistema) e di gestione della corresponsione delle somme34 (in tal caso senza alcun peculiare controllo); non è prevista pertanto alcuna funzione di coordinamento35, mentre quella di garanzia36 è esclusivamente iniziale. 34 Ex art. 6 del DPCM 20 gennaio 2006. Fondamentale per alcuni, vd. ad esempio B. SORRENTINO-M. RAGAZZO, La sussidiarietà orizzontale e i diritti costituzionali dei cittadini: problematiche esegetiche ed opportunità per gli enti non profit, in www.nonprofitonline.it, pp. 4 ss., che se da un lato sottolineano l’assenza di riferimenti a poteri istituzionali di indirizzo nell’art. 118 quarto comma, dall’altro affermano che:«la valutazione circa il sostegno da fornire ai cittadini che si attivano per realizzare il principio di sussidiarietà sulla base 35 54 Tale previsione desta alcune perplessità in quanto, qualora anche fossero meglio individuati i requisiti per poter concorrere alla quota del cinque per mille al fine di ridurre possibili abusi (o garantiti controlli adeguati), il ruolo di garanzia ex post37 e dell’art. 118, u. c., dovrà essere comunque svolta dai soggetti pubblici interlocutori di tali soggetti, tenendo conto in ciascun caso delle caratteristiche oggettive dell’iniziativa che si intende realizzare, della sua reale capacità di realizzare in quel caso specifico l’interesse generale, delle risorse e delle capacità dei cittadini che si attivano». 36 Sul punto vd. ad esempio quanto scritto sulla contribuzione etica in L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia, cit., p. 144: «Il completamento del quadro avrebbe richiesto di intervenire anche nell’ambito dei metodi di controllo. Nel nostro Paese un simile compito avrebbe potuto essere svolto dalla neonata Autorità del Non Profit, debitamente potenziata […]. Nel lungo periodo, invece, sarebbe stato opportuno sviluppare, per ogni settore coinvolto, un adeguato sistema di valutazione della qualità […]. Opportuna sarebbe stata anche la predisposizione di sistemi di accreditamento preventivo, costantemente verificati, degli agenti capaci di pubblica utilità, funzionali a facilitare il superamento delle asimmetrie informative […]». 37 La prevenzione di illeciti nella gestione di finanziamenti pubblici, oltrechè nella già citata legge 80/2005 in relazione al meccanismo del “più dai, meno versi”, trova una parziale disciplina anche nell’art. 1 comma 82 della L. 2004, n. 311 (Finanziaria 2005), il quale prevede un sistema di controllo interno agli enti stessi disponendo che:«per il contrasto e la prevenzione del rischio di utilizzazione illecita di finanziamenti pubblici tutti gli enti e le società che usufruiscono di finanziamenti pubblici a carico di bilanci pubblici o dell’Unione europea, anche sotto forma di esenzioni, incentivi o agevolazioni fiscali, in materia di avviamento, aggiornamento e formazione professionale, utilizzazione di lavoratori, sgravi contributivi per personale addetto all’attività produttiva, devono dotarsi entro il 31 ottobre 2005 di specifiche misure organizzative e di funzionamento idonee a prevenire il rischio del compimento di illeciti nel loro interesse o a loro vantaggio». Per una critica a tale sistema, in quanto delineerebbe una “tassazione indiretta” a carico anche degli enti nonprofit vd. S. RICCI, Contributi pubblici, garanzie o nuova tassa?, in Non Profit, il Consulente per gli enti non commerciali, 22 febbraio 2005. Sulla necessità di adeguati controlli, peraltro già sottolineata nelle riflessioni relative all’ambito soggettivo, vd. pure S. PETTINATO, Il “doppio gioco” sul non profit, in Guida alle Donazioni 2006, Milano, 2006. 55 coordinamento, propri del potere pubblico38, risultano comunque ridotti. Il principio di sussidiarietà orizzontale, che trova pertanto applicazione nella connotazione istituzionale attraverso la possibilità per la società civile di finanziare attraverso il bilancio pubblico la propria attività di interesse generale e nella connotazione fiscale con l’attribuzione del potere di scelta diretta della destinazione al contribuente, pone in tal caso degli interrogativi su quale sia il ruolo da attribuire concretamente al potere pubblico all’interno di tale contesto. In particolar modo con riguardo alle scelte inerenti il finanziamento delle attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente, la differente capacità fiscale dei contribuenti è, ad esempio, assai rilevante, in quanto porterà i Comuni più ricchi ad avere maggiori introiti e viceversa, senza alcun meccanismo di perequazione o coordinamento39. 2.4 La sensibilizzazione dei contribuenti 38 Vd. ad es. L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia, cit., p. 113: «Esistono funzioni statali che non possono essere devolute né alla società civile, né alle realtà sub statali, perlomeno garantendo la stessa efficacia: ad esempio, una funzione ultima di programmazione degli interventi diretta a focalizzare un quadro complessivo di riferimento e di controlli sul sistema dei servizi sociali non può essere dimessa dagli enti pubblici in senso stretto». 39 In tal senso vd. www.anci.it/5xmille.cfm, nel quale tra l’altro il provvedimento viene considerato una forma di compensazione per il taglio del 50% del Fondo per le politiche sociali attuato nella Finanziaria 2005. 56 Le problematiche appena affrontate sono strettamente connesse ad uno degli aspetti pratici più rilevanti del provvedimento: la sensibilizzazione del contribuente40. Anche dall’analisi di tale aspetto è possibile muovere alcuni rilievi al meccanismo del “cinque per mille”, in relazione al suo essere applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale, sempre per quanto riguarda il ruolo delle istituzioni pubbliche. Se tale principio, così come enunciato dall’art. 118 quarto comma della Costituzione, prevede difatti che «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini», il comportamento tenuto dall’amministrazione, nella promozione e nell’ adeguata informazione del contribuente sulla novità introdotta con la Finanziaria, può difatti essere verificato, in relazione alla corrispondenza al disposto costituzionale. A fronte della previsione del “cinque per mille”, la quale individua una concreta forma di favor nei confronti dell’iniziativa autonoma dei cittadini singoli e associati nell’interesse generale (il “favorire” opera qui sul piano genetico, cioè della previsione normativa), è da registrare l’assenza di un conseguente impegno pubblico nella fase di promozione (cioè nel “favorire” considerato sul piano funzionale) al fine di agevolare i meccanismi responsabilizzanti e di selezione della spesa efficiente voluti dai promotori dell’istituto. Sui problemi degli enti relativi alla promozione del “cinque per mille”, vd. B. VERRINI, Il 5 per mille, per 10 mila, cit., p. 13. 40 57 Dall’assenza di una promozione coordinata e centrale è discesa sicuramente una necessaria responsabilizzazione tanto dei contribuenti quanto degli enti iscritti presso l’Agenzia delle Entrate, sui quali si è interamente riversato l’onere da un lato della raccolta di informazioni per l’effettuazione di una scelta consapevole di destinazione41, dall’altro della promozione pubblicitaria del “cinque per mille” a proprio favore42. A sostegno del contribuente sono intervenute le diverse iniziative43 promozionali della nuova misura attraverso la predisposizione di appositi database, più o meno completi, ai quali i possibili beneficiari del “cinque per mille” potevano iscriversi per dare impulso alla propria iniziativa. Attraverso questa modalità si è offerto pure agli enti concorrenti per la ripartizione della quota uno strumento di visibilità che esulasse dalla predisposizione di depliant, spot radiofonici ecc. che, in quanto ricadenti sul bilancio dell’ente, potevano generare Per la quale si deve segnalare l’iniziativa di www.contribuenti.it che, al fine di favorire la scelta responsabile dei contribuenti, ha dapprima invitato gli enti iscritti presso l’Agenzia delle Entrate a inviare il proprio bilancio sociale nonché la descrizione dell’ambito di attività e i progetti in concreto realizzati, per poi individuare tra quelli che hanno risposto all’appello un elenco dei 10 enti ritenuti più meritevoli. Analoga l’iniziativa di www.vita.it, che ha poi indicato i soggetti ritenuti più meritevoli in: Guida alle donazioni 2006, Milano, 2006. 42 Fatta eccezione per gli enti di cui al comma 337 lettera c) della L. 23 dicembre 2005, n. 266 in virtù della campagna di promozione intrapresa dal Ministero della salute, vd. www.ministerosalute.it . 43 Vd. ad esempio www.vita.it , www.contribuenti.it , www.5-per-mille.it. 41 58 discriminazioni sulla base delle differenti capacità economiche (le quali peraltro non sono state eliminate44). Nonostante ciò, se il fine del provvedimento è quello di realizzare un concorso alle spese pubbliche nelle forme della democrazia sostanziale e una gestione dell’interesse pubblico al quale partecipano enti privati dimostratisi efficienti nella gestione dei beni comuni, tali finalità sono inevitabilmente compresse dall’inadeguatezza delle informazioni in capo al contribuente (se non con riguardo alle realtà locali, peraltro penalizzate dalle modalità di iscrizione così come sopra descritte, in relazione alle quali il contribuente può vantare l’esperienza diretta) per effettuare una scelta consapevole, come anche dalla difficoltà per gli enti di minori dimensioni nel far conoscere l’eventuale loro efficienza in concorrenza con gli enti economicamente più dotati (o sostenuti da un maggiore impatto comunicativo). In tal modo, più che l’efficienza sociale è premiata la capacità di promozione. 2.4.1 Il “cinque per mille”: un provvedimento di spesa A tal proposito è rilevante pure un’ ulteriore precisazione. Pur riguardando l’imposta sul reddito, il “cinque per mille” rappresenta un provvedimento di spesa (inquadrabile come tale In tal senso ad esempio la critica al “cinque per mille” in S. ARDUINI, La politica? Sbaglia chi si chiama fuori, in Vita, Non Profit Magazine, 10 marzo 2006. 44 59 all’interno delle decisioni inerenti il bilancio dello Stato), in quanto vincola una somma di denaro al perseguimento di determinate finalità. Il quantum della stessa, nonché la destinazione effettiva, è demandato alla volontà dei contribuenti (e non al normale meccanismo della rappresentanza politica). Tale spesa, che nella relazione tecnica viene stimata in 270 milioni di euro, assumendo una percentuale di adesioni del 41 per cento, necessita pertanto di essere integrata all’interno della più complessa decisione sul bilancio generale dello Stato nella ripartizione delle risorse, e in tal senso si pone il problema di quale sia la modalità di tale integrazione. Il “cinque per mille” rappresenterà difatti una spesa ulteriore (nel senso che i fondi che essa sottrae dal gettito IRE ad altre finalità andranno recuperate con altre entrate) in favore dello sviluppo45, oppure non influirà sulla spesa complessiva rendendo modificabili ex post le decisioni di bilancio in relazione alle preferenze espresse ex ante dai contribuenti46 (riducendo ad es. la spesa sanitaria complessiva proporzionalmente alle adesioni dei contribuenti al “cinque per mille” in favore della ricerca sanitaria)? Come gestire poi la ripartizione delle risorse attraverso il bilancio dello Stato, a fronte di finanziamenti attuati attraverso il “cinque per mille”, a Riprendendo in tal senso l’opinione dell’on. Tremonti, quale espressa in R. BONACCINA, La svolta di Giulio, cit., p. 7. Ma si vedano pure le considerazioni sulle peculiarità del “terzo settore” analizzate nel paragrafo 1.3. 46 Tale dubbio è sollevato da L. GANDULLIA, Un 5 per mille da spendere in volontariato e ricerca, cit. 45 60 finalità disomogenee e ambiti operativi (nazionale, regionale, locale) differenti (in tal senso quale effetto può avere la scelta del contribuente di attribuire la propria quota ai servizi sociali del Comune di residenza) ? Qualunque sia la risposta47 (che sarà verificabile solo nelle leggi Finanziarie successive), tale riflessione induce a rendere necessaria la chiarificazione della natura di spesa del “cinque per mille” nella promozione di tale istituto. Il contribuente, per il quale il provvedimento è “a costo zero” non comportando alcun esborso ulteriore nell’IRE, potrà difatti effettuare una scelta più oculata se consapevole delle conseguenze nel bilancio dello Stato48: in tal modo è favorita la responsabilità del cittadino nell’esercizio della selezione della spesa sociale efficiente nelle forme della democrazia sostanziale. In tale ottica, anche il meccanismo per cui la quota del contribuente che non effettua la scelta non rientra nella somma 47 Sul punto, vd. pure L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia, cit., p. 120: «Tuttavia, altrettante inevitabili esigenze di contenimento della spesa pubblica rendono improbabile la sostenibilità di un modello dove, al finanziamento della spesa prodotta dagli attori pubblici tradizionali, semplicemente si aggiunga il finanziamento di nuovi attori, individuati in base al principio di sussidiarietà orizzontale. Non è sostenibile l’ipotesi di addizionare alle vecchie forme di spesa nuove forme di spesa. Ci deve essere, invece, un meccanismo di sostituzione, che rimetta al centro la spesa efficace intaccando le rendite e le inefficienze». 48 In tal senso la scelta assumerebbe un significato più pregnante della mera intenzione di finanziare uno specifico ente semplicemente senza dover ricorrere a donazioni. Il “cinque per mille” individua difatti non solo una nuova modalità di finanziamento del “terzo settore”, ma anche una nuova articolazione delle modalità di perseguimento dell’attuazione dei diritti sociali. 61 da ripartirsi in proporzione delle diverse finalità individuate dal provvedimento49 ma rimane disponibile per le decisioni di spesa adottate attraverso il consueto circuito della rappresentanza politica, può rappresentare la scelta consapevole di voler demandare la finalizzazione dell’intero proprio gettito IRE al Parlamento e al Governo. 49 Vd. l’art. 5 del DPCM 20 gennaio 2006. 62 CONCLUSIONI Accolto con entusiasmo da una larga parte del mondo del nonprofit, che considera il nuovo istituto (così come altre agevolazioni e interventi a favore del “terzo settore”) un “punto di non ritorno” del legislatore50, il novello “cinque per mille” non si sottrae ad una serie di possibili critiche, come delineato nelle pagine precedenti. Punto di osservazione privilegiato per l’analisi della disciplina legislativa è stato il principio di sussidiarietà orizzontale, principio dalla portata fortemente innovativa a lungo dibattuto in 50 In tal senso, R. BONACCINA, Al governo che verrà. Le proposte del non profit a chi governerà, cit., p.7. 63 dottrina e fatto proprio tanto dal legislatore costituzionale e ordinario che dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa. Avendo riguardo proprio a tale principio, che nell’accezione fatta propria in queste pagine, attraverso il confronto con gli altri principi costituzionali, delinea una relazione dinamica tra amministrazione pubblica e soggetti privati nel perseguimento dell’interesse generale, il nuovo istituto presenta i suoi lati deboli nella mancata individuazione e precisazione di quelle che sono le caratteristiche proprie del potere pubblico, ovvero il ruolo di garanzia e coordinamento, nonché il compito di “favorire” le autonome iniziative dei cittadini previsto dal disposto costituzionale. L’assegnazione di un preciso ruolo al potere pubblico in tale ambito non è da intendersi come un tentativo di soffocare le potenzialità e peculiarità proprie del “terzo settore” (con il suo quid pluris dato dall’emersione del principio di reciprocità, attraverso lo scambio di beni relazionali, e dall’effettiva valorizzazione della persona umana), con il rischio di trasformarlo in un mero duplicato dell’amministrazione pubblica51, e del principio di sussidiarietà 51 Nonostante parte della dottrina sottolinea la necessità di affrontare tale dibattito anche alla luce dei principi costituzionali in materia di pubblica amministrazione, al fine di verificare la loro estensione ai soggetti da “favorire” ex art. 118 quarto comma. Al proposito vd. CERULLI IRELLI, voce Sussidiarietà (dir. Amm.) , in Enc. Giur. Treccani , agg. XII, Roma, 2004; G ARENA, Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’art. 118, u.c. della Costituzione, in Studi in onore di Giorgio Berti, Jovene, 2005, I, pp. 179-221; N. POLITO, Articolo 118 u.c. della Costituzione. Un approfondimento sul “favoriscono”, contributo presentato al Seminario del Laboratorio per la Sussidiarietà, Roma, 24 marzo 2006. 64 fiscale orizzontale, ma di dare ordine ad un sistema (il quale, se debitamente corretto, può essere esteso a quote più elevate del gettito IRE) che nella previsione attuale non appare sufficientemente connotato dalla capacità di evitare squilibri, comportamenti inefficienti se non addirittura dinamiche in aperto contrasto con i fini che il provvedimento intende perseguire (cioè predisposizione di nuove modalità di concorso alle spese pubbliche e individuazione di nuovi attori abilitati a perseguire l’interesse generale). Al fine di ripercorrere brevemente i punti critici del sistema delineato dalla Finanziaria 2006 e di individuare possibili modifiche, è pertanto utile considerare il “cinque per mille” proprio in relazione alle tre caratteristiche del potere pubblico sopra elencate. Per quanto riguarda il ruolo di garanzia, tale funzione è essenzialmente volta a individuare “quali” soggetti privati agiscano concretamente nell’interesse generale, al fine di favorire la loro opera. La necessità di una scelta razionale che non lasci spazio a comportamenti contrari al principio di sussidiarietà è data dal combinato disposto degli articoli 3, 53, 97, 118 quarto comma della Costituzione, in virtù del quale l’amministrazione deve individuare “imparzialmente” i soggetti privati efficienti, i quali concorrono con la Repubblica all’attuazione della missione imposta dal secondo comma dell’articolo 3, nel perseguimento di 65 quell’interesse generale che, come tale, è finanziabile attraverso le entrate pubbliche. Il quadro delineato dalla Finanziaria individua un controllo ex ante che si sostanzia nella previsione di requisiti soggettivi da parte del legislatore e nell’autocertificazione degli stessi da parte degli enti beneficiari, un controllo ex post demandato agli ordinari meccanismi delle amministrazioni fiscali. Le critiche all’insufficienza del sistema (“a maglie larghe”) di garanzia così congegnato sono già state riportate nelle pagine precedenti. Poiché il “cinque per mille” prevede anche la diretta responsabilità del contribuente nel finanziamento dei soggetti privati, de iure condendo la garanzia potrebbe articolarsi in tre direzioni: la previsione di progetti specifici, non enti, da finanziare; in caso contrario la previsione da parte del legislatore tanto di requisiti formali e sostanziali che assicurino maggiormente la rispondenza all’interesse generale, in particolar modo con riguardo all’attività svolta in concreto dall’ente beneficiario, quanto di meccanismi il più possibile efficienti di verifica della sussistenza e persistenza dei requisiti individuati; la partecipazione di un’Authority ad hoc, quale potrebbe essere l’Agenzia per le Onlus debitamente potenziata, nel compito così delineato di controllo, al fine di assicurare la presenza di un soggetto pubblico garante delle peculiarità del terzo settore; 66 l’incentivo alla diffusione di meccanismi di certificazione di qualità52 dell’attività degli enti beneficiari, al fine di agevolare tanto l’amministrazione pubblica quanto il contribuente nella selezione dei soggetti efficienti. Il ruolo di coordinamento è totalmente disatteso dalla previsione legislativa. In tal senso può essere innanzitutto opportuno estendere il “cinque per mille” al gettito complessivo (al fine di garantire maggiori risorse da suddividere e di perequare le differenti capacità fiscali) così come avviene per l’”otto per mille”; in caso contrario dovrebbero essere l’individuati meccanismi alternativi di perequazione delle risorse (al fine di evitare discriminazioni sulla base delle differenti capacità fiscali, per cui Comuni ed enti appartenenti a zone economicamente più povere possono ambire a finanziamenti ben più modesti rispetto Comuni ed enti di zone economicamente più benestanti). Ulteriori misure di coordinamento (da introdurre singolarmente o cumulativamente) possono essere la previsione di tetti massimi di quote ottenibili da un singolo ente, la migliore definizione dei soggetti che si intendono finanziare attraverso il “cinque per mille” (al fine di evitare l’ingiustificata concorrenza tra ambiti territoriali e operativi fortemente disomogenei, che riduce anche Qual è, ad esempio, il marchio di qualità messo a punto dall’Istituto Italiano della Donazione, socio di Icfo (International comittee on fundraising organizations). Sul punto vd. A. DI TURI, Non profit, un marchio di qualità per far decollare il <<fundraising>>, in Non Profit, il Consulente per gli enti non commerciali, 27 giugno 2006. 52 67 la sicurezza degli enti beneficiari nella continuità degli apporti finanziari), la precisazione del rapporto tra la scelta dei contribuenti e la successiva predisposizione del bilancio statale nei consueti meccanismi della rappresentanza politica, al fine di evitare dispersione di risorse pubbliche. Infine, per quanto concerne il compito di “favorire”, si è già sottolineato come tale dovere non si possa esaurire nella semplice previsione dell’istituto ma debba poi proseguire nella fase di attuazione, nel garantire un’imparziale possibilità d’accesso all’iscrizione ai differenti enti e nella promozione dei comportamenti efficienti, ad esempio attraverso la predisposizione di adeguati database ( in grado di valorizzare la selezione della spesa efficiente, permettendo al contribuente di reperire le informazioni relative al bilancio sociale, alla qualificazione giuridica dell’ente beneficiario e della sua struttura operativa, ai progetti concreti finanziati attraverso le somme percepite) e nella corretta e completa informazione sulle finalità dell’istituto (in tal senso la previsione di un’adesione pari al 41% dei contribuenti così come per l’istituto dell’8 per mille è fuorviante, in quanto, mentre quest’ultimo si inserisce all’interno di problematiche attinenti alla libertà di culto, l’istituto del “cinque per mille” delinea invece una nuova modalità di esercizio della democrazia sostanziale e come tale dovrebbe essere promosso al fine di un’adesione ben più larga). 68 Le problematiche che attraversano l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, così come tratteggiate anche nella precedente analisi, non si prestano facilmente ad interventi unidirezionali, ma necessitano di provvedimenti riformatori multidirezionali, che ad esempio intervengano sincronicamente sulla semplificazione delle amministrazioni pubbliche attraverso l’individuazione delle loro caratteristiche inalienabili, sulla individuazione di adeguate forme giuridiche civilistiche per il “terzo settore”, la promozione della cittadinanza attiva. Se il diritto rappresenta quell’«ethos ampio e aperto che suol chiamarsi costume e che riesce a caratterizzare un ethnos53», fondamentale è pure il dibattito culturale che solleciti il recepimento da parte del legislatore di manifestazioni sociali già presenti nella realtà nazionale, nonché il confronto sociale su tali tematiche al fine di una maggiore consapevolezza dei problemi e delle potenzialità connessi al tema della sussidiarietà. Un quadro sistematico caratterizzato dall’interazione dinamica tra cittadini e amministrazioni pubbliche non può che valorizzare la democrazia, la sovranità del popolo, più in generale l’attenzione per la persona quale fulcro dell’ordinamento giuridico. In questo modo, il diritto si affaccia sulla realtà nel suo nucleo ineliminabile, quale espressione dell’incontro fra esseri umani; non si riduce quindi a mera tecnica, ma nel suo legame inscindibile con l’uomo ne esprime il valore, la realtà “radicale”, 53 Così P. GROSSI, Prima lezione di diritto, Roma-Bari, 2003, p. 21. 69 e si manifesta come l’immagine più significativa «che ha una comunità di vivere la propria storia»54. 54 P. GROSSI, Prima lezione di diritto, cit., p. 22. 70 BIBLIOGRAFIA L. ANTONINI, Riforma del welfare e principio di sussidiarietà fiscale, in Non Profit, n. 2/2002. L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia, Milano, 2005. L. ANTONINI, Verso diritti sociali fondati sulla sussidiarietà: ovvero verso diritti sociali come libertà da, in www.magnacarta.it. S. ARDUINI, La politica? Sbaglia chi si chiama fuori, in Vita, Non Profit Magazine, 10 marzo 2006. G ARENA, Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’art. 118, u. c. della Costituzione, in Studi in onore di Giorgio Berti, Jovene, 2005. 71 R. BAGNATO, L’ARCI: occhio a non chiudersi nel palazzo, in Vita, Non Profit Magazine, 24 febbraio 2006. A. BARBERA, Art. 2, in G. BRANCA (a cura di), Commentario alla Costituzione, Bologna Roma, 1975. M. 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