La legge 23 dicembre 2005, n

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Alessandro Simonato
Sussidiarietà orizzontale e terzo settore: il cinque per mille
Tesi di laurea in Scienze giuridiche
Università di Padova
INDICE
INTRODUZIONE…………………………………….. pag. 3
CAPITOLO PRIMO
SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE: LA PERSONA AL
CENTRO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO
1.1 Storia e problematiche ermeneutiche……………… pag. 5
1.1.1
Sussidiarietà e principi fondamentali della Costituzione…. pag. 9
1.1.2 La portata innovativa dell’art. 118 quarto comma………... pag. 16
1.2 Precisazioni giurisprudenziali……………………... pag. 21
1.3 “Terzo settore” e sovranità del contribuente………. pag. 28
1.3.1 Sussidiarietà fiscale……………………………………….. pag. 33
CAPITOLO SECONDO
IL “CINQUE PER MILLE”: ANALISI E CRITICA
2.1 Il nuovo istituto…………………………………….. pag. 37
2.2 L’ambito soggettivo………………………………... pag. 41
2.2.1 L’insufficiente garanzia dell’interesse generale…………... pag. 45
1
2.3 Le modalità di iscrizione e di riparto……………….. pag. 49
2.3.1 Il ruolo del contribuente e dell’amministrazione pubblica... pag. 52
2.4 La sensibilizzazione dei contribuenti………………. pag. 56
2.4.1 Il “cinque per mille”: un provvedimento di spesa………… pag. 59
CONCLUSIONI………………………………………. pag. 63
BIBLIOGRAFIA……………………………………… pag. 71
SITI CONSULTATI…………………………………... pag. 77
2
INTRODUZIONE
La legge 23 dicembre 2005, n. 266 ha introdotto, in via
sperimentale per l’anno finanziario 2006, la possibilità per il
contribuente di destinare una quota pari al cinque per mille
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a sostegno del
cosiddetto “terzo settore”1, del finanziamento della ricerca
scientifica e sanitaria, delle attività sociali svolte dal comune di
residenza. Tale provvedimento rappresenta una significativa
novità nell’ordinamento giuridico italiano, in quanto si colloca
all’interno di una molteplicità di problematiche che rinviano al
concetto costituzionale di persona, all’idea di sovranità, alle
modalità di perseguimento dell’universalità dei diritti sociali,
fornendo un’applicazione pratica del principio di sussidiarietà
orizzontale in una duplice connotazione: istituzionale,
ovvero
nell’ “accostamento tra istituzioni e cittadini, rispetto la possibilità
di realizzare in concreto l’interesse generale”2, e fiscale, attraverso
1
Sul significato del termine F. TADULLI, La qualificazione degli enti non
profit ed i caratteri distintivi degli enti non commerciali e delle Onlus, in Il
fisco, n.11/2006, p. 1651; vd. pure G. BARBETTA-F. MAGGIO, Nonprofit,
Bologna, 2002, pp. 13 ss.
2
Così G. COTTURRI, Gli argomenti umani. Sinistra e innovazione, in
3
la valorizzazione della sovranità del contribuente nel concorso alla
spesa pubblica3. Nella prima accezione il principio si inserisce
pertanto all’interno del dibattito che vede il nostro legislatore
sempre più attento alle tematiche inerenti il “terzo settore”,4
nell’ottica di un Welfare State che cede progressivamente il passo
ad una Welfare Society5; mentre nella seconda fa riferimento
all’utilizzo della leva fiscale quale strumento di attribuzione al
contribuente di una parziale facoltà di decisione concernente la
destinazione delle proprie risorse, per individuare nuovi
meccanismi
di
democrazia
sostanziale
alternativi
alla
rappresentanza politica6.
L’analisi del cinque per mille non può prescindere da riflessioni
che la inquadrino all’interno di questi temi, in particolar modo al
Il welfare locale, n. 9/2003, a cura del Cespe, pp. 20-26; cfr. pure CERULLI
IRELLI, voce Sussidiarietà (dir. Amm.), in Enciclopedia Giuridica
Treccani, agg. XII, Roma, 2004.
3
L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia,
Milano, 2005, pp.109 ss.
4
L’ultimo decennio si è caratterizzato per il proliferare di provvedimenti
legislativi speciali in materia (unitamente alle molte leggi regionali aventi
per oggetto enti del terzo settore). A titolo esemplificativo: la L. 11 agosto
1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato), la L. 8 novembre 1991, n. 381
(Disciplina delle cooperative sociali), il D. Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460
(Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle
organizzazioni non lucrative di utilità sociale), la L. 8 novembre 2000, n.
328 (Legge quadro per il sistema integrato di interventi e servizi sociali), la
L. 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione
sociale), nonché il recentissimo D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 118 (Disciplina
dell’impresa sociale).
5
Sul concetto di Welfare society vd. ad es. L. ANTONINI, Riforma del
welfare e principio di sussidiarietà fiscale, in Non Profit, n. 2/2002, pp. 189
ss.
6
Così L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia
cit., pp. 109 ss.
4
fine di una più consapevole verifica di come e quanto la previsione
normativa e la successiva applicazione pratica rispondano ai
principi e propositi che hanno sostenuto la sua introduzione.
CAPITOLO PRIMO
SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE:
LA PERSONA AL CENTRO
DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO
SOMMARIO: 1.1 Storia e problematiche ermeneutiche 1.1.1
Sussidiarietà e principi fondamentali della Costituzione 1.1.2 La
portata innovativa dell’art. 118 quarto comma 1.2 Profili
giurisprudenziali 1.3 “Terzo settore” e sovranità del contribuente
1.3.1 Sussidiarietà fiscale
1.1 Storia e problematiche ermeneutiche
Principio di antiche origini, che esprime una concezione globale
dell’uomo e della società, la sussidiarietà è un concetto ricco di
implicazioni pratiche
ma anche di notevoli problematiche
ermeneutiche, che ne rendono necessaria un’indagine storicogiuridica, al fine di individuare un’interpretazione coerente con i
principi della Costituzione che non ne svilisca la portata
innovativa.
5
In relazione alla sua applicazione sociale il principio
sussidiarietà emerge nel pensiero aristotelico7 all’interno delle
riflessioni inerenti il conflitto tra governo e libertà, per poi essere
rielaborato da S. Tommaso quale elemento di una concezione del
bene comune definita come il risultato di una pluralità di apporti
in un contesto solidaristico, all’interno della quale è offerta
possibilità alla personalità umana di svilupparsi8. Nella riflessione
scolastica l’individuo (quale soggetto autonomo) riveste, quindi,
un ruolo centrale nella costruzione del bene comune. L’ individuo
va considerato, però, non come un atomo separato dalla restante
molteplicità di soggetti, ma come persona inscindibile da quei
legami sociali caratterizzanti la tradizione comunitaristica
medievale.
Proprio tale tradizione, nella quale società civile e società
politica rappresentavano un insieme omogeneo dell’ordine
storicamente dato,9 viene progressivamente abbandonata dalla
filosofia politica europea che, a fronte della crisi della connessione
7
Pur non essendo mai definita esplicitamente e compiutamente, è
riscontrabile nelle riflessioni sulla libertà intesa come autonomia
dell’individuo (per cui libero è ciò che è causa di se stesso). Sul concetto di
autonomia vd. F. GENTILE, L’ordinamento giuridico. Tra virtualità e
realtà, Padova, 2001, pp. 64 ss. Sul pensiero di Aristotele, cfr. pure E.
BERTI, voce Società civile – Società politica, in Dizionario delle idee
politiche, Roma, 1993.
8
In merito cfr. ad esempio la ricostruzione delineata in L. ANTONINI,
Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia cit., pp. 63 ss., il quale
rimanda a Summa teologica, I, II, qu. 21, art. 4 e Contra Gentiles, III, ch.
73.
9
Così M. FIORAVANTI, Costituzione e popolo sovrano. La Costituzione
italiana nella storia del costituzionalismo moderno, Bologna, 2004, p. 47 :
«La straordinaria quantità di soggetti che in ambiti territoriali più o meno
6
organica tra “politico e “sociale”, con la graduale emersione e
differenziazione del primo rispetto al secondo, concentra la
propria attenzione sul concetto di sovranità e sulla conseguente
prerogativa assoluta del “politico” nella produzione del diritto.10
La concezione sussidiaria del potere pubblico permane tuttavia
quale corrente sotterranea11, che riemerge con forza nel secolo
XIX all’interno della dottrina sociale della Chiesa, in particolar
modo nell’enciclica Quadragesimo Anno (1931) di Pio XI, nella
quale si afferma esplicitamente che «deve tuttavia restare saldo il
principio importantissimo nella filosofia sociale: che siccome è
illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere così è
ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che
dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme
un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della
società; perché oggetto naturale di qualsiasi intervento della
ampi esercitavano il potere di dire la giustizia, o di esigere le imposte, o di
chiamare alle armi […] non erano infatti legittimati dal fatto di essere
titolari della sovranità ma dalla posizione, ben più concreta, che occupavano
all’interno di un ordine storicamente dato, che era insieme politico e
sociale». Cfr. pure S. GASPARINI, Il Mondo Novo. Diritto e pensiero
giuridico sul continente europeo tra Settecento e Ottocento, Padova, 2003,
pp.13 ss. Sulla storia del pensiero filosofico in relazione al rapporto tra
società civile e società politica vd. E. BERTI, voce Società civile – Società
politica, in Dizionario delle idee politiche, cit.
10
Cfr. M. FIORAVANTI, Costituzione e popolo sovrano. La Costituzione
italiana nella storia del costituzionalismo moderno, cit., pp. 48 ss.; inoltre:
P. GROSSI, Prima lezione di diritto, Roma-Bari, 2003, pp. 15 ss.
11
Ad esempio la riflessione di Johannes Althusius (1557-1638), nella quale
la sovranità pubblica è limitata nei suoi poteri, trovando la sua misura e
limite proprio nell’esistenza del popolo, che rimane realtà viva accanto ad
essa. Vd. M. FIORAVANTI, Costituzione e popolo sovrano. La
Costituzione italiana nella storia del costituzionalismo moderno, cit., p. 50.
7
società stessa è quello di aiutare in maniera supplettiva le
assemblee del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle»12.
Tale formula, probabilmente coniata da G. Gundlach, uno dei
redattori dell’enciclica13, affronta direttamente il problema del
rapporto che intercorre tra Stato e persona, individuando una
ripartizione dei rispettivi ruoli in virtù della quale il gruppo
sociale superiore non deve intervenire qualora gli individui
singoli o associati siano in grado di governarsi da sé, ma deve
invece offrire il proprio intervento ausiliare ( cioè sussidiario,
non sostitutivo) qualora, per la natura o la dimensione del
problema, l’individuo o le comunità a lui più vicine si rivelino
non adeguati al compito da svolgere. In tal senso il principio di
sussidiarietà
non
si
oppone
allo
Stato,
ma
alla
sua
centralizzazione, delineando un quadro d’insieme coerente con la
visione della persona propria del pensiero sociale della Chiesa, in
opposizione tanto all’ideologia liberista14, che minimizza il ruolo
12
Vd. Quadragesimo anno, in Enchiridion delle Encicliche, vol. 5,
Bologna, 1995, § 661. Importante è pure il successivo paragrafo 662:
«Perciò è necessario che l’autorità suprema dello stato rimetta ad
associazioni minori e inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor
momento, dalle quali essa del resto sarebbe più che mai distratta; e allora
essa potrà eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a
lei sola spettano, perché essa sola può compierle: di direzione, cioè di
vigilanza, di incitamento, di repressione a seconda dei casi e delle
necessità».
13
Vd. L. LORENZETTI, voce Sussidiarietà, in Dizionario delle idee
politiche, Roma, 1993.
14
«Quanto al potere civile, Leone XIII, superando arditamente i limiti
segnati dal liberalismo, insegna coraggiosamente che esso non è meramente
guardiano dell’ordine e del diritto, ma deve adoperarsi in modo che “con
tutto il complesso delle leggi e delle politiche istituzioni […] ordinando e
8
dell’autorità pubblica (la quale ha invece il dovere di subsidium
afferre ai gruppi minori e agli individui), quanto all’ideologia
collettivista, che vanifica ogni forma di intervento e d’iniziativa
sia della singola persona che delle formazioni sociali.15
1.1.1 Sussidiarietà e principi fondamentali della Costituzione
Avendo riguardo al piano più strettamente giuridico, la
sussidiarietà viene normalmente declinata in due diverse
accezioni: quale criterio ordinatore dei rapporti tra individui,
formazioni sociali e Stato (sussidiarietà orizzontale), ma pure
come criterio di allocazione delle competenze tra Stato e
autonomie locali (sussidiarietà verticale), in virtù del quale
l’intervento del livello di governo superiore è ammesso solo
qualora comporti un incremento della qualità dei risultati nel
perseguimento dell’interesse pubblico.
Tralasciando
quest’ultima
accezione
e
limitando
la
considerazione della sussidiarietà alla sua prima valenza, che ne
costituisce peraltro il significato originario, è necessario prendere
atto di come tale dimensione del principio sia suscettibile di
amministrando lo stato, ne risulti naturalmente la pubblica e privata
prosperità”». Vd. Quadragesimo anno, cit., § 606.
15
Così L. LORENZETTI, voce Sussidiarietà, cit. Inoltre, Quadragesimo
anno, cit., § 669: «l’uomo ha libertà non solo di formare queste associazioni
che sono di ordine e di diritto privato, ma anche di introdurvi
quell’ordinamento e quelle leggi che si giudichino le meglio conducenti a tal
fine. E la stessa libertà si ha da rivendicare per le fondazioni di associazioni
che sorpassino i limiti delle singole parti».
9
assumere una pluralità di significati, risultando ambigua
se
isolata dal contesto normativo all’interno del quale si colloca.
Di tale diversità di configurazioni semantiche è testimonianza il
dibattito sviluppatosi all’interno della Commissione bicamerale
per le riforme costituzionali della XIII legislatura a proposito
della formulazione dell’art. 56, durante il quale emersero
sostanzialmente tre diverse interpretazioni del principio, così
come rilevato dal sen. D’Onofrio16:«vi è chi ritiene che l’attività
dei privati, delle persone, delle formazioni sociali non possa mai
costituire limite ontologico alle funzioni pubbliche (questa è la
cultura della potenziale totalità del pubblico rispetto al privato),
chi sostiene che esistano funzioni private ontologicamente e
autonomamente decise rispetto al pubblico ed è favorevole ad
una radicale separazione, e infine chi ritiene che il rapporto tra
pubblico e privato sul principio di sussidiarietà vada individuato
nella naturale elasticità, e quindi storicità, dei rapporti tra l’una e
l’altra attività».17
Vd. D’Onofrio, sed. 24/9/1997, 2352, in P. COSTANZO-G. FLORIDIAR. ROMBOLI-S. SICARDI, La commissione bicamerale per le riforme
costituzionali, Padova, 1998, p. 119 e ss.
17
Significativo, in quanto rappresentativo delle divisioni in merito al
significato da attribuire alla sussidiarietà, è il cammino dell’art. 56 in seno
alla Bicamerale, che nella proposta approvata il 30 giugno 1997 prevedeva
al primo comma che:«Le funzioni che non possono essere più
adeguatamente svolte dalla autonomia dei privati sono ripartite tra le
Comunità locali, organizzate in Comuni e Province, le Regioni e lo Stato, in
base al principio di sussidiarietà e di differenziazione, nel rispetto delle
autonomie funzionali, riconosciute dalla legge […]», per poi mutare
formulazione nella proposta del 4 novembre 1997, la quale prevedeva,
sempre al primo comma, che: «nel rispetto delle attività che possono essere
adeguatamente svolte dall’autonoma iniziativa dei cittadini, anche attraverso
16
10
Nonostante (e pur permanendo) le divergenze, la sussidiarietà
orizzontale è stata successivamente introdotta nel nuovo Titolo
V18 della Costituzione, che nell’articolo 118 ultimo comma
prevede che: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e
Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e
associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla
base del principio di sussidiarietà”.
Tale norma trova il proprio precedente logico nell’art. 4, terzo
comma, lett. a), della L. 15 marzo 1997, n. 59 (“legge
Bassanini”), il quale dispone che il conferimento di funzioni agli
enti territoriali deve tutelare il rispetto del «principio di
sussidiarietà […], attribuendo le responsabilità pubbliche, anche
al fine di favorire l’assolvimento di funzioni e di compiti di
rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità,
alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai
cittadini interessati» e nel successivo art. 3 quinto comma del
Testo unico sugli enti locali (D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), il
quale prevede che «i Comuni e le Province svolgono le loro
funzioni anche attraverso le attività che possono essere
adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e
delle loro formazioni sociali».
le formazioni sociali, le funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni,
Province, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà e
differenziazione». Sui lavori della Bicamerale, vd. G. LUPONE, Le riforme
costituzionali, Napoli, 1998.
18
Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
11
Gli individui e le formazioni sociali vengono pertanto individuate
non solo quali portatrici di bisogni ma anche di capacità che è
possibile vengano messe a disposizione della comunità per
contribuire a dare soluzione, insieme con le amministrazioni
pubbliche, ai problemi di interesse generale. Proprio tale portata
del principio risulta innovativa tanto se riferita al piano
istituzionale che fiscale, rappresentando il perno di una
trasformazione che individua un diverso modo di amministrare i
beni comuni, modificando il tradizionale schema bipolare che
vede i soggetti pubblici ( o la “società politica”) quali unici
titolari del diritto ad occuparsi dell’interesse generale.
Tale quadro normativo, come già anticipato, necessita tuttavia di
essere integrato con un’interpretazione coerente con il dettato
costituzionale ed in particolar modo con i principi fondamentali.
Un primo importantissimo legame è individuabile innanzitutto
con l’art. 2 Cost., in ordine tanto al principio personalistico19 che
al principio di solidarietà20. La persona, considerata non solo
nella sua individualità, ma anche nella sua essenziale dimensione
intersoggettiva, rappresenta difatti sia il fulcro della forma di
Stato individuata dalla Costituzione del ‘4821, sia il fine al quale
sono indirizzati i doveri di solidarietà, da interpretarsi pertanto
19
L. PALADIN, Diritto costituzionale, Padova, 1998, p. 562.
Rispetto al quale è pure fondamentale la sussidiarietà orizzontale
declinata in senso fiscale (della quale il “cinque per mille” rappresenta
appunto un’applicazione pratica), quale forma di dovere di solidarietà
economica attuata nelle forme della democrazia diretta anziché della
rappresentanza politica.
21
Così L. PALADIN, Diritto costituzionale, cit., p. 562.
20
12
non «in funzione restrittiva delle libertà della persona […] ma in
una prospettiva tale da consentirne il pieno ed armonico
sviluppo»22. Sempre in tale prospettiva vengono riconosciute e
garantite (appunto nella misura in cui consentano e favoriscano il
libero sviluppo della persona23) pure le formazioni sociali, il
riferimento alle quali non ha la mera funzione negativa di
garanzia dei diritti inviolabili del singolo dalla possibile
oppressione24 anziché valorizzazione di questi da parte delle
“comunità intermedie”, quanto piuttosto di elevare le stesse a
soggetti di diritto costituzionale25. Uno Stato pertanto strutturato
in funzione della persona e non viceversa26.
22
A. BARBERA, Art. 2, in Commentario alla Costituzione, a cura di G.
Branca, Bologna-Roma, 1975.
23
Vd. L. PALADIN, Diritto costituzionale, cit., p. 566.
24
Vd. ad es. U. DE SIERVO, voce Formazioni sociali, in Dizionario delle
idee politiche, Roma, 1993, p. 344.
25
In tal senso vedasi CRISAFULLI–PALADIN, Commentario breve alla
Costituzione, Padova, 1990, p. 9, ma pure G. LA PIRA, Relazione sui principi
relativi ai rapporti civili, in sede di I Sottocomissione (reperibile in
http://legislature.camera.it ) nella quale il deputato afferma che:«[…] il
sistema integrale dei diritti della persona esige, per essere davvero integrale,
che vengano riconosciuti e protetti non solo i tradizionali diritti individuali di
libertà civile e politica affermati nel 1789; non solo i diritti sociali affermati
nelle nuove Carte costituzionali; ma anche i diritti essenziali delle comunità
naturali attraverso le quali gradualmente si svolge la personalità umana: i
diritti del singolo vanno integrati con quelli della famiglia, della comunità
professionale, religiosa, locale e così via».
26
«Lo Stato per la persona e non la persona per lo Stato: ecco la premessa
ineliminabile di uno Stato essenzialmente democratico». Così G. LA PIRA,
Relazione sui principi relativi ai rapporti civili, cit. Ma in tal senso è
opportuno pure richiamare una riflessione più ampia sulla natura e funzione
stessa del diritto, nato con l’uomo e per l’uomo, (cosicché sue caratteristiche
ineliminabili sono tanto la dimensione di umanità che di socialità), quale
espressione della società e non semplicemente e unicamente dello Stato.
Così P. GROSSI, Prima lezione di diritto, cit., pp. 10 e ss.
13
In tale quadro il principio di sussidiarietà realizza un ulteriore
valorizzazione della persona stessa, se considerato però
complementariamente a quello di solidarietà. Infatti «la
solidarietà senza sussidiarietà può degenerare facilmente in
assistenzialismo, mentre la sussidiarietà senza solidarietà rischia
di alimentare forme di localismo egoistico»27. In tal senso vi è
pertanto il rifiuto di una declinazione del principio tanto nel
senso di una mera dismissione di attività statali in favore dei
privati, nell’idea di un bene comune quale mera addizione di
interessi particolari, quanto nell’idea di uno Stato che riconosca i
privati e le autonomie solo qualora ciò sia necessario ad integrare
i servizi pubblici, negando loro il ruolo di protagonisti e
destinatari dell’azione pubblica.
Tale interpretazione è confortata sul piano strettamente
giuridico da quanto disposto dall’art. 3 secondo comma della
Costituzione, il quale affida una precisa missione (la rimozione
degli ostacoli limitativi della libertà e dell’uguaglianza dei
cittadini, che impediscono tanto l’effettiva partecipazione
all’organizzazione politica economica e sociale del Paese quanto
appunto il pieno sviluppo della persona) ai soggetti pubblici28,
27
Vd. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Città del Vaticano,
2004, p. 192. Per un’analisi che ripercorre la dottrina sociale della Chiesa
sottolineando il ruolo fondamentale del solidarismo vd. P. PECORARI, Il
solidarismo possibile, Torino, 1996.
28
Intendendo con “Repubblica”, nell’accezione utilizzata dal Costituente,
l’insieme della pluralità delle persone giuridiche pubbliche. Così L.
PALADIN, Diritto Costituzionale, cit., p. 12. A seguito della riforma
costituzionale del 2001, in virtù del nuovo art. 114 (che al primo comma
14
che per ottemperare i propri compiti istituzionali potranno
pertanto ampliare la gamma delle modalità per perseguirli29, ma
non rinunciarvi.
Significativa è in tal senso la proposta su “lo Stato come
ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti”
presentata
dal deputato Dossetti all’interno della prima
sottocommissione dell’Assemblea Costituente, proposta che
all’art. 1 affermava:«lo Stato protegge, favorisce, coordina e,
dove occorra, integra le attività dei singoli, delle famiglie, degli
enti territoriali e delle altre forme sociali», aggiungendo poi che
«l’articolo definisce il compito e la funzione giuridica e politica
dello Stato, statuendo il principio che esso ha autorità per
esercitare il controllo e la coordinazione delle attività dei singoli
e delle varie forme sociali e che esso ha il diritto-dovere di
intervenire là dove ogni altra iniziativa si riveli insufficiente30».
dichiara:«La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato»), è necessario sottolineare la
pari ordinazione di Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni
nella collaborazione al fine del perseguimento degli interessi generali della
Res Publica. Così S. BARTOLE-R. BIN-G. FALCON-R. TOSI, Diritto
regionale, Bologna, 2005, p. 222.
29
In tal senso vd. sia B. SORRENTINO-M. RAGAZZO, La sussidiarietà
orizzontale e i diritti costituzionali dei cittadini: problematiche esegetiche
ed opportunità per gli enti non profit, in www.nonprofitonline.it, pp. 4 ss.,
sia L. VIOLINI, Associazioni non profit, diritti sociali e processo
costituente europeo. Riflessioni de constitutione ferenda, in C. CATTANEO
(a cura di), Terzo settore, nuova statualità e solidarietà sociale, Milano,
2001, pp. 89 ss.
30
Tale proposta è riportata integralmente in http://legislature.camera.it.
15
Nonostante nella Costituzione del 1948 il principio di
sussidiarietà non risulti espressamente menzionato, i suoi
presupposti e le sue potenzialità non sono quindi ignorate31.
1.1.2 La portata innovativa dell’art. 118 quarto comma
La previsione dell’art. 118 come modificato dalla riforma del
2001, se interpretata in senso non restrittivo, segna tuttavia un
importante passo in avanti: è infatti il perno di una
trasformazione istituzionale che sancisce esplicitamente il ruolo
positivo che i cittadini possono assumere nella cura dei beni
comuni, aggiungendo inoltre che le autorità devono favorire la
loro opera. Fondamentale è che l’iniziativa sia finalizzata
all’interesse generale, avendo in tal caso riguardo alle attività
concretamente poste in essere, non esistendo categorie di soggetti
“sussidiari” per definizione32. La missione prevista dall’art. 3
della Costituzione33 può essere pertanto adempiuta tanto dai
poteri pubblici34, direttamente o attraverso un rapporto di
31
Così pure G. VECCHIO, Libertà di iniziativa assistenziale e formazione
del concetto di “sussidiarietà orizzontale” nella giurisprudenza della corte
Costituzionale, in www.labsus.org, che ritiene espressivi del principio di
sussidiarietà gli artt. 2, 3, 4, 18, 29, 30, 31, 33, 38, 39, 41, 42, 43, 44, 45
della Costituzione del ’48.
32
Vd. B. SORRENTINO–M. RAGAZZO, La sussidiarietà orizzontale e i
diritti costituzionali dei cittadini: problematiche esegetiche ed opportunità
per gli enti non profit, cit., p. 6.
33
Da interpretarsi quindi alla luce del combinato disposto tra art. 118 quarto
comma e art. 3 secondo comma.
34
Da non considerarsi quindi attori solitari, secondo l’idea di parte della
cultura italiana, che vede nei soggetti pubblici gli unici titolari del diritto ad
occuparsi dei beni comuni, “schiacciando il pubblico sul collettivo”. Sul
16
strumentalità con agenti privati35 (considerando quindi i cittadini
unicamente nel loro ruolo di utenti), quanto dai cittadini stessi,
considerati non solo nella dimensione di portatori di interessi
limitati e corporativi, ma nella loro attitudine al perseguimento
del bene comune36.
Tale ruolo attivo conferito al cittadino trova un ulteriore
legame costituzionale con quanto previsto dal secondo comma
dell’art. 4 della Costituzione37, il quale prevede il dovere del
cittadino di concorrere al progresso della società.
Le istituzioni pubbliche sono quindi tenute a sostenere
(letteralmente, a “favorire”) le iniziative previste dall’art. 118
punto, vd. COTTURRI, Gli argomenti umani. Sinistra e innovazione , cit.,
p. 20.
35
Nei due casi la genesi del rapporto tra cittadini e amministrazione è
differente. Nel primo caso, la necessità dell’intervento è frutto di una scelta
politica, che si avvale dell’apporto privato nella fase gestionale; nel secondo
caso l’iniziativa di interesse generale ha una genesi civica. In tal senso vd.
N. POLITO, Articolo 118 u.c. della Costituzione. Un approfondimento sul
“favoriscono”, contributo presentato al Seminario del Laboratorio per la
Sussidiarietà, Roma, 24 marzo 2006. Sugli effetti negativi della
commistione tra Stato e organizzazioni sociali all’interno della tradizionale
concezione dell’interesse generale come prerogativa dei soggetti pubblici,
con conseguente rifeudalizzazione e frammentazione dello Stato stesso, vd.
invece S. CASSESE, Lo stato introvabile. Modernità e arretratezza delle
istituzioni italiane, Roma, 1998.
36
In tal senso emblematico è l’art. 1 della L. 8 novembre 1991, n. 381
(“Disciplina delle cooperative sociali”), che così dispone:«le cooperative
sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla
promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini».
37
In tal senso vd. B. SORRENTINO- M. RAGAZZO, La sussidiarietà
orizzontale e i diritti costituzionali dei cittadini: problematiche esegetiche
ed opportunità per gli enti non profit, cit., p. 4. Inoltre: G. VECCHIO,
Libertà di iniziativa assistenziale e formazione del concetto di
“sussidiarietà orizzontale” nella giurisprudenza della corte Costituzionale,
cit.
17
attraverso incentivi economici38, promovendo il senso di
responsabilità39 della cittadinanza attiva40, valorizzando la
partecipazione dei cittadini ai processi decisionali: in mancanza
di questo sostegno il principio di sussidiarietà orizzontale non
può dirsi pienamente attuato.
Il nucleo fondamentale del principio si muove in definitiva
attorno due direttrici: da un lato il ruolo centrale della persona
umana all’interno dell’ordinamento giuridico, dall’altro il
rapporto relazionale e dinamico tra società politica e civile nel
perseguimento del bene comune. Relativamente alla prima
connotazione, la sussidiarietà si manifesta nella sua carica
Il cinque per mille si colloca in tale prospettiva. In tal senso e’ utile
precisare e sottolineare come l’art. 118 preveda che l’intervento dello Stato
sia subordinato alla finalizzazione all’interesse generale dell’attività privata.
Il testo del recente progetto di riforma costituzionale, rifiutato con
referendum, recante titolo “Modifiche alla Parte II della Costituzione”
(G.U. 18 novembre 2005, n. 269), prevedeva all’art. 118 sesto comma:
«Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato riconoscono e
favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà, anche attraverso misure fiscali. Essi riconoscono e
favoriscono altresì l’autonoma iniziativa degli enti di autonomia funzionale
per le medesime attività sulla base del medesimo principio […]».
39
La diretta assunzione di responsabilità – non mera partecipazione – in
attività di interesse generale assurgerebbe in virtù dell’art. 118 a “valore
costituzionale”. In questo senso, G. RAZZANO, La sussidiarietà
orizzontale fra programma e realtà, Relazione al seminario di Lapsus
(Laboratorio per la sussidiarietà), su “Sussidiarietà orizzontale e Regioni”,
svoltosi a Roma il 2 dicembre 2005, p. 2.
40
Oggi non tenuta in debita considerazione, cosicché anche «la cittadinanza
amministrativa è debole: l’individuo è cittadino nell’ambito
costituzionalmente garantito, ma rimane suddito nei confronti
dell’amministrazione, che esercita la più ampia discrezionalità nel fare o
non fare, e nel fare oggi o domani»: S. CASSESE, Lo stato introvabile.
Modernità e arretratezza delle istituzioni italiane, cit., p. 60.
38
18
assiologia, mettendo in luce la necessaria dimensione umana e
sociale del diritto: l’uomo, quale individuo e al contempo legame
relazionale, è così protagonista e destinatario dell’azione
pubblica (volta alla valorizzazione della persona umana: è questa
la dimensione personalista del principio)41.
La seconda connotazione mette invece in discussione la ormai
secolare separazione e opposizione costitutiva tra società politica
e società civile, individuando una nuova nozione partecipata di
interesse pubblico e una conseguente relazione dinamica42 tra le
due componenti sociali nel perseguimento dello stesso.
Due sono quindi i corollari principali di tale configurazione,
entrambi di fondamentale rilevanza: da un lato il riconoscimento
che pure l’iniziativa civica possa integrare l’interesse generale;
dall’altro lato l’inesistenza di una presunzione di corrispondenza
a interessi generali tanto dell’azione politico-amministrativa
quanto di quella della società civile, con la conseguente necessità
per entrambe di dimostrare nel concreto tale rispondenza (il
perseguimento dell’interesse generale deve essere pertanto
41
La dimensione personalista è evidenziata nella Relazione di G. LIMONE,
Le basi filosofiche della sussidiarietà, al Convegno “Sussidiarietà e diritti”,
Cassino, 16 dicembre 2005. Si viene in tal modo a delineare un ordinamento
giuridico come rete policentrica che permette e valorizza l’autonomia della
persona (quale nodo della rete), così come precisato in U. PAGALLO, Alle
fonti del diritto, Torino, 2002.
42
G. Cotturri, ex presidente nazionale di Cittadinanzattiva, parla in tal senso
di “circolarità del potere sussidiario”, ponendo l’accento sulla necessaria
collaborazione e reciproco aiuto tra società politica e civile. Così in G.
COTTURRI, Gli argomenti umani. Sinistra e innovazione, cit., p. 22.
19
pubblicamente rendicontabile43) e la sussistenza quindi di una
responsabilità pubblica condivisa da cittadini e amministrazioni.
In tal modo viene precisata con chiarezza una diversa forma di
Stato, che pone al centro dell’ordinamento giuridico la persona
umana, valorizzando la democrazia diretta quale modalità di
esercizio della sovranità popolare.
L’importanza di tale rilievo è fondamentale, se, facendo proprie
le parole di E. Casetta, si può affermare che «oggi più di ieri la
garanzia del cittadino non è data dalla elencazione dei suoi diritti,
ma dalla organizzazione globale dello Stato, nella quale il
conflitto o, se si vuole, la dialettica di libertà e di autorità non si
plachi con il sacrificio di uno dei due termini, ma in un
equilibrio, certo arduo da raggiungere, nel quale le opposte
esigenze trovino la loro soddisfazione, non potendo il soggetto
vivere avulso dalla comunità che lo circonda, e la comunità, in
In tal senso si colloca il progressivo emergere dell’importanza del
bilancio sociale, anche per quanto concerne le amministrazioni pubbliche
(vd. ad esempio la recentissima G.U. Serie generale n. 63 del 16 marzo
2006, recante titolo Direttiva del ministro della funzione pubblica sulla
rendicontazione sociale nelle amministrazioni pubbliche, consultabile in
www.funzionepubblica.it, nonchè le Linee guida per la redazione del
bilancio sociale specifiche per il settore pubblico in www.labsus.org). Il
bilancio sociale è definito come «il documento, da realizzare con cadenza
periodica, nel quale l’amministrazione riferisce, a beneficio di tutti i suoi
interlocutori pubblici e privati, le scelte operate, le attività svolte e i servizi
resi, dando conto delle risorse a tal fine utilizzate, descrivendo i suoi
processi decisionali e operativi». Sul punto L. CORBELLA, Bilanci sociali,
ecco le linee guida, in Non Profit, il Consulente per gli enti non
commerciali, 26 settembre 2006, p. 5.
43
20
tutte le sue enucleazioni, non potendo alla lunga prosperare sulla
mortificazione delle individualità che la compongono»44.
1.2 Precisazioni giurisprudenzali
Il principio di sussidiarietà orizzontale, oltre ad essere oggetto
della speculazione filosofica e dottrinale, è stato recentemente
affrontato in alcuni interventi della Corte Costituzionale (seppur
perlopiù indiretti) e del Consiglio di Stato45, volti a definire la
rilevanza dell’azione autonoma dei soggetti privati in chiave
solidaristica e sociale e a ri-attribuire quindi a questa un preciso
spazio all’interno del quadro costituzionale.
Una prima importante sentenza della Corte Costituzionale in tal
senso è la n. 396/1988 in tema di libertà di assistenza privata,
nella quale la Corte si sofferma a riscontrare la sostanziale natura
privata delle IPAB, in quanto «organizzazioni espressive
dell’autonomia dei privati che hanno conservato caratteri propri
44
E. CASETTA, voce Diritti pubblici subbiettivi, in Enciclopedia giuridica
del diritto, volume XII, Varese, 1964.
45
Le sentenze della Corte Costituzionale riportate sono reperibili in
www.cortecostituzionale.it, i pareri del Consiglio di Stato in www.giustiziaamministrativa.it. Nelle righe seguenti si riprende l’analisi di G. VECCHIO,
Libertà di iniziativa assistenziale e formazione del concetto di “sussidiarietà
orizzontale”
nella
giurisprudenza della corte Costituzionale, in
www.labsus.org e G. RAZZANO, Il Consiglio di Stato, il principio di
sussidiarietà
orizzontale
e
le
imprese,
in
www.associazionedeicostituzionalisti.it .
21
dell’organizzazione
civile
anche
dopo
la
loro
formale
pubblicizzazione», facendo emergere la necessità di ri-attribuire
ad esse quell’autonomia «imposta dal principio pluralistico che
ispira nel suo complesso la Costituzione repubblicana», in quanto
«non possono ormai non essere assecondate le aspirazioni di
quelle figure soggettive sorte nell’ambito dell’autonomia privata,
di vedersi riconosciuta l’originaria natura». In tale modo viene
pertanto affermata, seppur in relazione ad un ambito particolare,
quale quello dell’assistenza (per il quale fondamentale è quanto
disposto dall’art. 38 quinto comma della Costituzione), la libertà
di perseguimento di finalità di carattere generale anche da parte
di soggetti privati (richiamando pertanto un ruolo che tali
soggetti già detenevano prima della legge Crispi 6972/1890) .
Successivamente la Consulta si sofferma nella sentenza
75/1992, in tema di volontariato, a sottolineare l’importanza della
socialità della persona umana e del suo apporto solidaristico al
perseguimento del bene generale, con espressioni che richiamano
direttamente le radici assiologiche e normative del principio di
sussidiarietà, all’epoca ancora non esplicitamente presente nella
Costituzione. «Quale modello fondamentale dell’azione positiva
e responsabile dell’individuo che effettua spontaneamente e
gratuitamente prestazioni personali a favore di altri individui
ovvero di interessi collettivi degni di tutela da parte della
comunità, il volontariato rappresenta l’espressione più immediata
della
primigenia
vocazione
sociale
dell’uomo,
derivante
22
dall’originaria identificazione del singolo con le formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità e dal conseguente vincolo
di appartenenza attiva che lega l’individuo alla comunità degli
uomini. Esso è, in altre parole, la più diretta realizzazione del
principio di solidarietà sociale, per il quale la persona è chiamata
ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di
un’autorità, ma per libera e spontanea espressione della profonda
socialità che caratterizza la persona stessa. Si tratta di un
principio che, comportando l’originaria connotazione dell’uomo
uti socius, è posto dalla Costituzione tra i valori fondanti
dell’ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente
riconosciuto e garantito, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo,
dall’art. 2 della Carta Costituzionale come base della convivenza
sociale normativamente prefigurata dal Costituente».
Gli interventi più diretti nella definizione giurisprudenziale del
principio di sussidiarietà nella sua declinazione orizzontale sono,
però, sicuramente quelli del Consiglio di Stato, che in più
pronunce ha avuto modo di definire, seppur ancora parzialmente,
i soggetti (quis) da identificare sul piano sostanziale quali
perseguenti l’interesse generale, le attività (quid) a questo
riconducibili, nonché la necessità di ricercare sul piano giuridico
delle forme (modus) che consentano di superare il tradizionale
modello dell’impresa a fini di lucro per individuare un “tipo”
normativo in grado di rappresentare adeguatamente il mondo
23
delle organizzazioni nonprofit, con la necessità di rendere
pubblicamente rendicontabili e trasparenti le finalità perseguite.
Nel parere della Sezione consultiva per gli atti normativi n.
1354 del 2002, in tema di fondazioni bancarie, il Consiglio di
Stato delinea inizialmente la storia istituzionale delle Casse di
risparmio, affermando che la pubblicizzazione sarebbe stata
giustificata dalla considerazione per cui «il patrimonio delle
fondazioni costituisce in qualche modo […] un bene comune che
nasce dall’apporto di una moltitudine di persone che, nel tempo,
con i loro risparmi e/o con la loro attività finanziata dalle casse
hanno consentito agli accorti amministratori di accrescerne la
consistenza».
L’inversione
di
tendenza
rispetto
alla
pubblicizzazione viene argomentato facendo indirettamente
ricorso al principio di sussidiarietà, in quanto si nega che «il
processo di privatizzazione avviato verso la fine del XX secolo
abbia seguito in senso inverso lo stesso percorso, nel senso che
non si è avuto un ritorno alla disciplina civilistica tout court: il
legislatore continua ad assegnare il dovuto rilievo agli aspetti che
sono propri delle attività destinate a soddisfare peculiari interessi
collettivi, pur ritenendoli compatibili con l’abbandono del
regime pubblicistico in favore di una disciplina di diritto
privato». A coronare tale ricostruzione storica dell’evoluzione
giuridica e culturale dei concetti di “pubblico” e “privato” segue
l’importante affermazione per cui «lo Stato e ogni altra autorità
pubblica proteggono e realizzano lo sviluppo della società civile
24
partendo dal basso, dal rispetto e dalla valorizzazione delle
energie individuali, dal modo in cui coloro che ne fanno parte
liberamente interpretano i bisogni collettivi emergenti dal
sociale».
Il tema delle fondazioni bancarie è affrontato pure nella
sentenza 301/2003 della Consulta, nella quale il giudice
costituzionale afferma che tali soggetti non sono in contrasto con
il «principio di sussidiarietà di cui all’art. 118, quarto comma
Cost., che, anzi, risulta del tutto compatibile, oltre che con la
natura privata delle fondazioni, con il riconoscimento che le
stesse svolgono compiti di interesse generale».
Tornando alla giustizia amministrativa, ancor più rilevante è il
successivo parere 1440/03 (Ad. 25-VIII-2003) della Sezione
consultiva per gli atti normativi, nel quale il Consiglio di Stato dà
parere negativo ad uno schema di regolamento ministeriale per la
definizione dei criteri e delle modalità di accesso al fondo per la
tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori, istituito
dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448 (Finanziaria 2002).
In tale parere viene innanzitutto individuata una distinzione tra
ordinamento generale e ordinamenti di base, precisando che in
questi ultimi «lo sviluppo delle relazioni e la scelta dei mezzi per
il conseguimento di un fine giusto e adeguato è rimessa alla
capacità delle organizzazioni societarie - in quanto munite della
relativa cittadinanza - di interpretare e gestire i bisogni della
collettività di riferimento». In tal modo viene fatta propria dalla
25
giurisprudenza amministrativa quella rivoluzione per cui
l’ordinamento giuridico trova il proprio centro nella società civile
e non nello Stato, ridefinendo la stessa nozione di democrazia46.
Il Consiglio di Stato si sofferma poi nella definizione dei
soggetti riconducibili al principio di sussidiarietà orizzontale,
facendo propria la nozione di cittadinanza societaria47 coniata dal
sociologo Pierpaolo Donati48, quale «forma di un complesso di
diritti-doveri delle persone e delle formazioni associative che
articola la vita civica in autonomie universalistiche, […] capaci
di integrare la generalità dei fini con pratiche di autogestione»49,
cioè con relazioni che, seppur private nella loro gestione, non
agiscono in funzione di interessi strumentali propri o altrui, ma in
funzione di uno scopo sociale di solidarietà. Espressioni proprie
di tali cittadinanza societaria sono rappresentate da «soggetti
prevalentemente comunitari», categorie di «soggetti utenti e
agenti nello stesso tempo”, «cittadini operanti nella propria
comunità di base», e più generalmente da «ordinamenti di base
46
Così G. RAZZANO, Il Consiglio di Stato, il principio di sussidiarietà
orizzontale e le imprese, in www.associazionedeicostituzionalisti.it .
47
«[…] quale relazione che si crea fra gli stessi cittadini in un ambito
territoriale e sociale concreto, peculiare e locale, per soddisfare concreti e
specifici bisogni, senza attendere tendenzialmente nulla dallo Stato e dagli
enti locali»: così G. RAZZANO, La sussidiarietà orizzontale fra
programma e realtà , cit., p. 7. Il Consiglio di Stato la richiama affermando
che «è questa la prova di una riserva originaria di materie […] a soggetti
esponenti del fenomeno della cittadinanza societaria, secondo la definizione
di una recente dottrina sociologica».
48
Il riferimento è a P. DONATI, La cittadinanza societaria, Roma-Bari,
(1993), 2000.
49
P. DONATI, La cittadinanza societaria, cit., p. 300.
26
muniti di una intrinseca capacità di gestione di interessi con
rilievo sociale». Da tali considerazioni il giudice amministrativo
giunge quindi a negare l’accesso diretto, da parte delle imprese
che avessero mostrato coincidenza fra i loro progetti e gli interessi
degli enti locali, al fondo istituito presso il Ministero dell’Interno,
affermando che la sussidiarietà orizzontale è un qualcosa di più e
di diverso della possibilità dei privati di accedere ai fondi pubblici
con l’assenso degli enti locali, evidenziando come l’incentivo
economico, conferito ex ante, fosse più idoneo a favorire
l’iniziativa economica privata che non attività di interesse generale
realizzate da cittadini singoli e associati. La Sezione consultiva
pone da ultimo l’accento pure sulla forma giuridica di tali
fenomeni di cittadinanza societaria, i quali si «esprimono in forme
diverse dall’impresa», e sulle caratteristiche oggettive, le quali
debbono andare a beneficio dell’intera collettività di riferimento.
Il ruolo attribuito ai privati e alle formazioni sociali all’interno
dell’ordinamento sostanziale propaga infine i propri effetti pure
sul piano processuale e procedimentale50. In tal senso è
l’affermazione contenuta nella pronuncia 18 marzo 2004, n. 267
della Sez. I del TAR Liguria, nella quale si constata come il
principio di sussidiarietà orizzontale «induce necessariamente a
dover riconsiderare sotto nuova e più pregnante luce la valenza
della posizione giuridica dei soggetti coinvolti nell’azione
Sul punto si veda l’intervento di M. BARBERO, Sussidiarietà
orizzontale
e
legittimazione
processuale
amministrativa,
in
www.associazionedeicostituzionalisti.it.
50
27
amministrativa. Non v’è dubbio, infatti, che lo specifico ruolo
ordinamentale attribuito ai privati e alle loro formazioni sociali
sul piano sostanziale riverberi i suoi effetti anche sul piano
procedimentale e processuale. Così, per un verso, l’apporto di
questi ultimi nell’ambito del procedimento andrà valorizzato non
solo in termini di mera collaborazione nell’adozione dei
provvedimenti che incidano direttamente la loro sfera giuridica,
ma anche ai più generali fini della gestione stessa della funzione
amministrativa per renderla più adeguata rispetto agli interessi
pubblici perseguiti. Per altro verso, poi, ai singoli e alle loro
formazioni sociali dovrà essere garantita la più ampia possibilità di
sindacare in sede giurisdizionale l’esercizio di detta funzione da
parte degli enti istituzionali a ciò preposti».
1.3 “Terzo settore” e sovranità del contribuente
Le problematiche teoriche che concernono la sussidiarietà
orizzontale, riportate nei paragrafi precedenti, si affiancano alle
applicazioni pratiche del principio, che seguono e sollecitano il
dibattito dottrinale e giurisprudenziale; il “cinque per mille” ne
concerne in particolar modo due: la possibilità per il cittadino di
concorrere diversamente alle spese pubbliche51, selezionando egli
51
Pubbliche, cioè della collettività, e non statali, così come precisato in
L.VIOLINI-A. ZUCCHELLA, Il terzo settore tra cittadinanza dell’impresa
e contesto costituzionale sussidiario, in Non Profit, n. 2/2003, p. 280.
28
stesso la destinazione di una parte delle proprie imposte, e il
concorso diretto al perseguimento dell’interesse generale da parte
di quegli enti rientranti nel cosiddetto “terzo settore”. In entrambi i
casi emerge la portata innovativa del principio di sussidiarietà in
relazione alla forma di Stato che esso delinea, attraverso
l’individuazione di forme di democrazia diretta che si affiancano
alla sovranità del popolo concretizzantesi nei meccanismi della
rappresentanza politica. Tale impostazione del rapporto tra
cittadino e Stato, volta a garantire libertà e autonomia al primo
senza eliminare la necessità e peculiarità di determinate forme di
intervento del secondo (all’interno quindi di una relazione
dinamica tra le due parti), assume rilievo pure quale modalità di
superamento della crisi del Welfare State, senza intaccare la
missione attribuita alla Repubblica dall’art. 3 della Costituzione.
Fondamentale è in tal senso il contributo che il “terzo settore”
può portare nel perseguimento dell’universalità dei diritti sociali.
Seppur principalmente considerato dalla dottrina pubblicistica e
dal legislatore in relazione al trattamento fiscale52, il “terzo
settore” può assumere un ruolo rilevante nell’esercizio delle
politiche sociali, all’interno di una visione d’insieme che però
prevede una ristrutturazione degli istituti del welfare. Tale
considerazione si giustifica in quanto la visione che considera lo
Stato come unico attore delle politiche sociali porta a considerare,
52
Contra, vd. la la L. 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per il sistema
integrato di interventi e servizi sociali) e il recentissimo disegno di legge
delega in materia di servizi pubblici approvato in sede di Consiglio dei
Ministri il 30 giugno 2006, all’art. 1 comma 3.
29
quale necessaria modalità di soluzione delle crisi dovute alla
scarsità di risorse, la pura e semplice riduzione delle risorse
destinate a tali scopi, con ripercussioni pericolose in particolar
modo per quelle classi sociali che il sistema di welfare è
maggiormente tenuto a tutelare53.
La dimensione istituzionale della sussidiarietà orizzontale porta
invece a mettere in luce la possibilità che l’intervento pubblico
sostenga, coordini ed eventualmente sostituisca le componenti
sociali impegnate in ambito solidaristico, ponendo l’accento sulla
persona-utente dei servizi e sulla qualità ed universalità del
servizio stesso più che sul soggetto erogatore. In tal modo
vengono attuate tanto la previsione dell’art. 3 secondo comma che
dell’art. 2, per quanto concerne la piena valorizzazione della
persona nelle formazioni sociali54. Proprio tale articolo, per il
53
Sul punto vd. in particolare L. VIOLINI, Associazioni non profit, diritti
sociali e processo costituente europeo. Riflessioni de constitutione ferenda,
in C. CATTANEO (a cura di), Terzo settore, nuova statualità e solidarietà
sociale, Milano, 2001, pp. 89 ss. Ma pure S. ZAMAGNI, Governance del
territorio e organizzazioni della società civile, in P. VENTURI-N.
MONTANARI (a cura di), Modelli e forme organizzative del
decentramento: ruolo e sviluppo del Terzo settore, Forlì, 2005, nel quale
l’autore afferma che:«se si pensa di far dipendere il soddisfacimento dei
bisogni di welfare dei cittadini di una società che progredisce dalle risorse
che l’ente pubblico riesce a mettere in campo con la tassazione – sia pure
fortemente progressiva- l’esito finale non potrà che essere l’abbandono
dell’universalismo, in favore di programmi di tipo selettivistico».
54
Sull’universalità dei diritti sociali vd. M. MAZZIOTTI, voce Diritti
sociali, in Enciclopedia giuridica del diritto, volume XII, Varese, 1964, il
quale afferma che:«L’azione sociale dello Stato, così come essa si esprime
non solo nell’amministrazione e nella legislazione, ma anche nelle stesse
norme costituzionali che la regolano, ha come scopo non l’attuazione
dell’eguaglianza di fatto, ma dell’eguaglianza giuridica, cioè dell’eguale
possibilità per tutti i consociati di godere di quei diritti fondamentali che la
30
quale si rimanda a quanto già considerato nel secondo paragrafo,
giustifica un ruolo non meramente residuale del “terzo settore”,
quale soggetto da prendere in considerazione al solo fine di
integrare o sussidiare le prestazione dei servizi pubblici in
relazione alla maggiore efficacia, efficienza o ai minori costi, così
come sembrano affermare parte della dottrina giuridica55 ed
economica56.
Le peculiarità del “terzo settore”, in virtù delle quali
l’attribuzione di un ruolo meramente supplettivo è frutto di una
visione parziale e limitante dello stesso, sono individuate nelle
riflessioni degli economisti, che lo analizzano quale soggetto del
sistema economico attraverso il confronto con gli altri due attori
del sistema: lo Stato e l’impresa for profit (o il Mercato). Il quadro
complessivo, per cui al Mercato Capitalistico viene affidata la
produzione di beni privati e il compito di rendere praticabile il
costituzione considera connessi con il pieno sviluppo della personalità
umana». Espressione del ruolo del “terzo settore” in tale contesto è l’art. 1
della L. 7 dicembre 2000, n. 383, nel quale il legislatore dichiara che:«La
Repubblica riconosce il valore sociale dell’associazionismo liberamente
costituito e delle sue molteplici attività come espressione di partecipazione,
solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo in tutte le sue
articolazioni territoriali, nella salvaguardia della sua autonomia, favorisce il
suo apporto originale al conseguimento di finalità di carattere sociale, civile,
culturale e di ricerca etica e spirituale».
55
Vd. G. RAZZANO, Il Consiglio di Stato, il principio di sussidiarietà
orizzontale e le imprese, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, che
rimanda a G.U. RESCIGNO, Principio di sussidiarietà orizzontale e diritti
sociali, in Dir. Pubbl., 2002, pp. 6 ss.
56
Fra tutti si veda H. HANSMANN, La proprietà dell’impresa, Bologna,
2005, pp. 227 ss., nel quale l’autore si sofferma ad analizzare l’esperienza
del mondo nonprofit statunitense, quale forma alternativa di organizzazione
aziendale all’interno del sistema economico nord americano.
31
principio di libertà (di scambio e d’impresa) mentre allo Stato la
produzione di beni pubblici e la garanzia di attuazione del
principio
di
uguaglianza (formale
e
sostanziale),
risulta
incompleto e parziale. In tale contesto difatti al “terzo settore”
spetta un ruolo meramente residuale, per cui lo spazio lasciato al
suo intervento è rappresentato da quei bisogni a cui gli altri due
attori non sono in grado di fornire risposte adeguate (fallimenti del
Mercato e dello Stato).
Fondamentale, invece, è il riconoscimento dell’autonomia e
indipendenza sia strutturale, sia culturale e finanziaria, del nuovo
attore, all’interno di una visione che non consideri il sistema
economico come caratterizzato da rapporti di scambio, bensì di
relazioni. In tal senso al centro dell’agire economico e sociale
viene posta la persona, non l’homo oeconomicus dell’economia
classica, ed il principio organizzativo che presiede alle interazioni
tra i diversi attori è appunto la sussidiarietà, la quale mette in luce
le peculiarità degli stessi in funzione della persona, all’interno
quindi di una relazione dinamica tra i diversi soggetti. All’interno
di un contesto così delineato, il “terzo settore” si caratterizza per il
suo “social capital”57, o meglio per la produzione di beni
57
Cioè di quella «rete di relazioni instauratesi tra i membri di una certa
collettività» che «costituisce un patrimonio immateriale, del cui
deterioramento le usuali valutazioni contabili non riescono a tenere conto, in
modo analogo a quanto avviene per i beni ambientali»: così B. GUI,
Economia e fioritura umana, in S. ZAMAGNI (a cura di), Economia,
democrazia, istituzioni in una società in trasformazione, Bologna, 1997, pp.
53-80.
32
relazionali
58
(tipicamente immateriali, come la fiducia, la
dedizione, ecc., quali risposte a bisogni umani non traducibili in
diritti civili e politici), in un contesto nel quale il principio di
reciprocità come dono presiede alle relazioni che gli enti
appartenenti a tale settore intrattengono tanto nei rapporti interni
che con l’esterno. Questa ricchezza intrinseca è considerata da
parte della dottrina59 come un quid pluris da mettere in risalto
affinché contamini l’intero sistema economico, nelle sue logiche
capitalistiche e stataliste.
In ogni caso, ciò che preme sottolineare è il ruolo che il “terzo
settore” può assumere tanto nel perseguimento degli obiettivi
sanciti dall’art. 3 della Costituzione, quanto nella piena
valorizzazione della persona umana attraverso le formazioni
sociali prevista dall’art. 2 Costituzione, con l’accentuazione del
valore della relazione umana. A ciò, si aggiunga il valore
intrinseco rappresentato dalla partecipazione diretta dei cittadini
allo sviluppo sociale, quale forma di esercizio della sovranità.
1.3.1 Sussidiarietà fiscale
Sul punto si veda B. GUI, Oggetti di valore che l’economia rischia di
trascurare: relazioni interpersonali e significati intrinseci, in Nuova
Umanità 31 (6), nov.-dic. 1999, pp. 713-730 e B. GUI, Oltre il dono,
relazioni capaci di gratuità, relazione al Convegno “Oltre i diritti il dono”,
Roma, 28-29 marzo 2000.
59
Tra gli altri vd. S. ZAMAGNI, Governance del territorio e organizzazioni
della società civile, cit., p.12, e L.VIOLINI-A. ZUCCHELLA, Il terzo
settore tra cittadinanza dell’impresa e contesto costituzionale sussidiario,
cit., pp. 266 e ss.
58
33
In tal contesto si inserisce pure la sussidiarietà orizzontale
considerata nella sua declinazione fiscale. Essa infatti delinea
nuove forme di democrazia sostanziale da aggiungersi al processo
di rappresentanza politica, nell’idea che questo non esaurisca più il
principio di democraticità stesso. L’analisi di tale principio risulta
agevole attraverso la diagnosi del problema (mancanza di
effettività del principio no taxation without representation, crisi
del Welfare State) e l’individuazione di una possibile soluzione
nelle forme della sussidiarietà orizzontale.
Elemento di partenza della riflessione è dato dalla constatazione
dell’attuale crisi dell’alleanza tra Stato ed economia di mercato,
che nel secondo dopoguerra aveva garantito la possibilità di
delineare un sistema protettivo di garanzie sociali, all’interno di
una filosofia di stampo “paternalistico”60. Si possono individuare
tre cause di tale crisi. La prima è data dal corto circuito teleologico
del sistema di Welfare State dovuto alla globalizzazione (con la
possibilità per le grandi ricchezze di migrare ove la pressione
fiscale è meno elevata). In tale contesto, difatti, il mantenimento
del welfare statale necessita di una pressione fiscale perlopiù
gravante sulle ricchezze poco mobili e quindi su quelle stesse
classi deboli che si propone di tutelare. La seconda causa è data
dalla conseguente negazione della libertà in nome della protezione
sociale, in quanto la necessità di reperire risorse pubbliche
60
Si fa propria in queste righe la ricostruzione del problema delineata in L.
ANTONINI, Verso diritti sociali fondati sulla sussidiarietà: ovvero verso
diritti sociali come libertà da, in www.magna-carta.it, ed in L. ANTONINI,
Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia, cit., pp. 109 ss.
34
attraverso la tassazione determina la non piena deducibilità di
spese inevitabili (mediche, familiari, ecc.) e l’esenzione dei
minimi personali. Questo si verifica proprio perché il sistema di
welfare è
sostanzialmente strutturato in
una prospettiva
centralistica, che necessita delle risorse pubbliche per il proprio
funzionamento. In tal modo però viene trasformato in “assistito”
pure il soggetto che, in un ordinamento tributario garante
dell’autonomia degli individui, sarebbe in grado di provvedere da
sé ad alcuni dei bisogni tutelati dal Welfare State. Un terzo
problema consiste nel venir meno della coincidenza tra elettore,
contribuente e beneficiario della spesa pubblica, a seguito del
crescente peso degli esecutivi nazionali nelle decisioni fiscali61,
ma soprattutto per la sempre maggiore ingerenza di organismi
internazionali (Unione Europea, WTO, ecc.). Conseguenza di tale
situazione è la perdita di efficacia del principio no taxation
without representation, in virtù del quale l’elettore è oggi solo in
parte padrone dell’imposta.
Il quadro così tracciato fa emergere perciò la necessità di
individuare nuove forme di espressione della sovranità del
contribuente,
attraverso
l’applicazione
di
meccanismi
di
sussidiarietà fiscale funzionali a correggere il tradizionale modello
61
Vd. pure O. SEPE, voce Spese dello Stato, in Enciclopedia giuridica del
diritto, volume XLIII, Varese, 1990:«in tale situazione si è persa traccia di
finalizzazione delle entrate alla spesa; la rappresentanza parlamentare non
esprime più un ruolo primario di controllo della spesa attraverso il consenso
all’entrata, ma il diverso ruolo di espressione delle istanze politiche
economiche e sociali della collettività nella sua interezza quindi, in sintesi,
della spesa stessa».
35
“burocratico-impositivo”. Alcuni di tali correttivi sono stati
enunciati recentemente dall’Alta Commissione di studio per la
definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale62, la
quale ha previsto, ad esempio, l’uso della leva fiscale per
agevolare l’effettuazione di certe attività a carattere sociale da
parte di strutture private e semiprivate attraverso la deducibilità
diretta in sede di IRE, l’individuazione di differenti forme di
bonus a favore delle famiglie (per la scuola, anziani, disabili), la
riconduzione all’interno della fiscalità dei trasferimenti alle
imprese (ad esempio per mezzo di incentivi strutturati come
riduzioni dell’Irap).
In tale prospettiva si inserisce pure la libertà di selezione diretta
dei servizi meritori da finanziare attraverso le risorse pubbliche,
con l’attribuzione al contribuente della possibilità di scegliere il
soggetto a cui destinare parte della propria IRE; previsione questa,
che garantisce il conferimento al cittadino di una, seppur limitata,
sovranità.
Tali meccanismi, inoltre, realizzano non solo una forma
alternativa di concorso alla spesa pubblica (ex artt. 2 e 53 della
Costituzione), ma pure una valorizzazione della dignità umana,
attraverso l’individuazione di un limite alla pressione fiscale e al
contempo la responsabilizzazione del cittadino. Ancora una volta,
quindi, al centro delle realizzazioni ispirate alla sussidiarietà c’è la
persona.
I lavori dell’Alta commissione presi in considerazione sono consultabili
in www.governo.it/Presidenza/AcoFF/index.html .
62
36
CAPITOLO SECONDO
IL “CINQUE PER MILLE”:
ANALISI E CRITICA
SOMMARIO: 2.1 Introduzione al nuovo istituto 2.2 Ambito
soggettivo 2.2.1 L’insufficiente garanzia dell’interesse generale
2.3 Le modalità di iscrizione e di riparto 2.3.1 Il ruolo del
contribuente e dell’amministrazione pubblica 2.4 La
sensibilizzazione dei contribuenti 2.4.1 Il “cinque per mille”: un
provvedimento di spesa
2.1 Introduzione al nuovo istituto
Un’applicazione pratica della sussidiarietà orizzontale fiscale,
nelle sue più innovative implicazioni, è rappresentata dal novello
istituto del “cinque per mille”. Proposto dall’on. Tremonti quale
37
“un altro otto per mille” a favore del terzo settore e della ricerca
scientifica1, viene così presentato nella relazione al d.d.l.:
«dare di più, attivando un “otto per mille” a favore del “Terzo
settore”, non sarebbe un costo, ma un investimento. Non una
spesa, ma all’opposto un risparmio. […] Oggi il disegno del
circuito politico-finanziario è essenzialmente centrale. Si assume
infatti che tutto il sociale sia pubblico, che tutto il pubblico si
finanzi via bilancio pubblico, che su tutto il bilancio pubblico
possa decidere solo la politica. […] E’ politicamente strategico un
crescente e più diretto coinvolgimento della società nelle scelte di
destinazione e di gestione delle risorse pubbliche. […] Dentro uno
scenario politico destinato a farsi in futuro sempre più complesso,
la coerenza politica, tra sacrificio fiscale e consenso democratico,
può essere dato proprio da questo schema. Dallo schema del
cittadino che gradualmente diventa padrone della destinazione
dell’imposta. Il nuovo “otto per mille” è coerente con questo
schema politico. Il contribuente viene messo nelle condizioni di
effettuare una libera scelta in ordine ai soggetti che intende
finanziare, perché ha conoscenza, diretta o indiretta, della loro
capacità di svolgere efficacemente servizi sociali meritori».2
Tale proposta si è successivamente concretizzata con la
previsione del “cinque per mille” nei commi dal 337 al 340
dell’art. 1 (articolo unico) della Legge Finanziaria per l’anno
1
In tal senso vd. R. BONACCINA, La svolta di Giulio, in Vita, Non Profit
Magazine, 18 febbraio 2005, p. 7.
2
Relazione al d.d.l.
38
20063, in seguito integrati con due decreti di natura non
regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri,
rispettivamente il DPCM 20 gennaio 20064, e il DPCM 5 aprile
2006, n. 80, che definiscono tempistica e modalità di destinazione
della quota (così come previsto dal comma 340 della Finanziaria).
Il meccanismo prevede che il contribuente possa vincolare la
destinazione di una quota pari al cinque per mille della propria
imposta sul reddito delle persone fisiche (IRE), utilizzando il
modello integrativo CUD 2006, il modello 730/1-bis redditi 2005,
ovvero il modello unico persone fisiche 20065, a sostegno di
quattro diverse finalità (corrispondenti a quattro diversi appositi
riquadri nei modelli ex art. 3 DPCM 20 gennaio 2006). Queste
ultime sono precisate nel comma 337 della legge finanziaria, che
le individua come di seguito:
a) sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non
lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del decreto
legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive
modificazioni, nonché delle associazioni di promozione
sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali
previsti dall’articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7
dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni
riconosciute che operano nei settori di cui all’articolo 10,
3
Legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale come n. 22 del
27/01/2006.
5
Così dispone l’ art. 3 del DPCM 20 gennaio 2006.
4
39
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre
1997, n. 460;
b) finanziamento della ricerca scientifica e dell’università;
c) finanziamento della ricerca sanitaria;
d) attività sociali svolte dal comune di residenza del
contribuente.
Importanti sono ulteriori precisazioni contenute nella legge 266
e successive integrazioni: innanzitutto l’ambito temporale di
applicazione del “cinque per mille”. Il comma 337 prevede difatti
che tale previsione ha effetto «per l’anno finanziario 2006»,
locuzione che aveva indotto taluni6 a ritenere che il meccanismo si
riferisse ai redditi e all’IRE relativi al 2006, dovendo quindi la
scelta del contribuente effettuarsi in sede di dichiarazione dei
redditi da presentarsi nel 2007. A risolvere tale problema
d’interpretazione è intervenuto il successivo decreto legge 30
dicembre 2006, n. 273 chiarendo all’art. 31 secondo comma che
«la disposizione di cui al comma 337 […] è specificata nel senso
che la stessa si applica al periodo di imposta 2005».
Tale istituto è poi previsto a titolo iniziale e sperimentale
(comma 337). Questa previsione sancisce la presa di coscienza di
un percorso ancora in nuce di sostegno fiscale al terzo settore e
alla ricerca (che segue altre misure da poco introdotte, qual è ad
esempio il cosiddetto “Più dai, meno versi”, contenuto nel decreto
legge n. 80 del 2005, ma pure la “contemporanea” – e in
6
Vd. ad esempio L. GANDULLIA, Un 5 per mille da spendere in
volontariato e ricerca, in www.lavoce.info .
40
controtendenza - inattuazione della De tax7 e la revoca delle
agevolazioni alle fondazioni bancarie8) con l’intervento diretto del
contribuente, ed anche la perfettibilità del sistema delineato9.
Nonostante la disomogeneità delle finalità previste, il contribuente
può esprimere una sola scelta di destinazione10.
Il successivo comma 338 chiarisce infine che, con la previsione
del “cinque per mille”, non viene inficiato il meccanismo dell’8
per mille di cui alle legge 20 maggio 1985, n. 22211.
L’analisi del provvedimento, così come appena delineato nelle
sue linee principali, lascia però trasparire talune problematiche in
relazione alla sua applicazione pratica e reale efficacia, in
particolar modo con riguardo alla platea dei soggetti beneficiari,
alla modalità di scelta degli stessi da parte del contribuente, alla
promozione della responsabilità dello stesso e alle modalità di
ripartizione della quota.
2.2 L’ambito soggettivo
Misura prevista nell’ art. 5 della L. n. 80 del 2003, tutt’oggi inattuata.
Disposta dall’art. 2 del decreto legge n. 168 del 2004 (Interventi urgenti
per il contenimento della spesa pubblica).
9
Come successivamente dichiarato dallo stesso proponente, vd. al proposito
R. BONACCINA, Il non profit ha detto si. Giulio Tremonti traccia un
primo bilancio del 5 per mille, in Vita, Non Profit Magazine, 3 marzo 2006,
p. 7.
10
Vd. a proposito l’ art. 4 primo comma del DPCM 20 gennaio 2006.
11
La non alternatività tra le due previsioni viene confermata dall’art. 4
terzo comma del DPCM 20 gennaio 2006.
7
8
41
Primo problema importante sollevato dal provvedimento è
appunto dato dalla configurazione dei possibili beneficiari. Le
finalità individuate dalle lettere b) e c) non pongono particolari
difficoltà in tal senso12, essendo posta (negli artt. 2 e 3 del DPCM
20 gennaio 2006) a carico del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca e del Ministro della Salute
l’individuazione dei soggetti e la conseguente comunicazione in
via telematica all’Agenzia delle entrate dell’elenco. Sorgono
invece perplessità con riguardo a quanto previsto dalla lettera a)
del comma 337, il quale annovera tra i destinatari tre diverse
categorie di soggetti :
1- le Onlus di cui all’art. 10 del D. Lgs. 4 dicembre 1997, n.
460, comprendendo in tale categoria anche le cosiddette
Onlus di diritto, cioè quelle specifiche tipologie di enti per
le quali è sancita l’automatica qualifica di Onlus:
 le organizzazioni di volontariato di cui alla L. 11 agosto
1991, n. 266, iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle
province autonome di Trento e Bolzano;
 le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai
sensi della L. 26 febbraio 1987, n. 49;
 le cooperative sociali di cui alla L. 8 novembre 1991, n.
381;
12
Anche se in merito alle scelte concretamente effettuate in relazione a tali
soggetti si sono sollevate alcuni voci critiche, vd. ad esempio in
www.divulgazionescientifica.it sui soggetti di cui alla lettera b).
42
 i consorzi di cui all’articolo 8 della L. 8 novembre 1991, n.
381, che abbiano la base sociale formata per il cento per
cento da cooperative sociali;
nonchè le Onlus parziali previste al comma 9, art. 10,
del D. Lgs. 460/1997 , cioè:
 enti ecclesiastici delle confessioni religiose con cui lo Stato
abbia stipulato patti, accordi o intese;
 le associazioni di promozione sociale le cui finalità
assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno ai
sensi della L. 25 agosto 1991, n. 287, limitatamente
all’esercizio delle attività elencate nel comma 1 dell’art. 10
del D. Lgs. n. 460/1997.
2- le Associazioni di promozione sociale, di cui alla legge 7
dicembre 2000, n. 383, iscritte nei registri nazionali,
regionali o provinciali ai sensi di quanto disposto dall’art. 7
della stessa;
3- Associazioni e fondazioni riconosciute (ai sensi del D.P.R.
2000, n. 361) che operano nei settori di cui all’articolo 10,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre
1997, n. 460.
Sono quindi esclusi gli enti pubblici e le società commerciali
diverse da quelle cooperative13.
I soggetti di cui ai punti 1) e 2) non pongono dubbi in merito alla
loro identificazione, mentre invece problemi sorgono circa
13
Così come sono esclusi pure dal regime fiscale delle Onlus ai sensi della
L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 189, lett. a).
43
l’individuazione degli enti ricompresi nella definizione del punto
3) in relazione tanto all’ambito soggettivo che oggettivo.
Per quanto riguarda l’ambito soggettivo, taluni14 si chiedono se
rientrino tra i soggetti beneficiari pure le Fondazioni e le
Associazioni riconosciute che, pur operando nei settori indicati,
abbiano perso la qualifica di ente non commerciale ai sensi
dell’art. 149 del Tuir15. Poiché la norma non sembra porre alcuna
limitazione, la risposta sembra non possa essere che positiva16.
In merito invece all’ambito oggettivo (cioè ai requisiti inerenti
a organizzazione e attività), il legislatore ritiene determinante
unicamente il settore di attività nel quale l’ente colloca in
concreto la propria mission, richiedendo l’effettivo svolgimento
della stessa (appunto, associazioni e fondazioni riconosciute “che
operano”), ma non prevedendo alcun ulteriore requisito formale o
sostanziale. Non sono pertanto richiesti né l’indicazione di tali
attività nello Statuto17, né l’esclusività o la prevalenza di queste
qualora l’ente svolga una pluralità di attività, né ulteriori requisiti
formali quali ad esempio quelli richiesti per le Onlus, cioè il
vincolo di Non-Distribuition Constraint (cioè il divieto di
14
Cfr. D. ZAZZERON, 5 per mille al terzo settore, in
www.nonprofitonline.it , p. 4.
15
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il quale prevede all’art. 149 primo
comma che «l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora
eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo
d’imposta».
16
In tal senso D. ZAZZERON, 5 per mille al terzo settore, cit., p. 4.
17
La verifica dei requisiti per la partecipazione alla ripartizione della quota
dovrà comunque necessariamente valutare l’appartenenza ai settori
sopraindicati attraverso l’analisi dello Statuto.
44
distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione
nonchè fondi, riserve, o capitale e l’obbligo di impiegare
eventuali utili o avanzi di gestione per la realizzazione delle
attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse), il
sistema di governance democratico, la finalità di solidarietà
sociale (con la quale si intende la necessità che le cessioni di beni
e le prestazioni di servizi siano dirette ad arrecare benefici a
persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche,
economiche, sociali o familiari o a componenti di collettività
estere, limitatamente agli aiuti umanitari18).
2.2.1 L’insufficiente garanzia dell’interesse generale
La mancanza di una qualsiasi forma di ulteriore vincolo o
requisito ha allargato notevolmente la schiera dei possibili
beneficiari, ponendo seri interrogativi sull’idoneità degli enti
rientranti in tale categoria a poter rappresentare in ogni caso una
forma di contributo della società civile all’interesse generale
(nella prima parte dedicata al principio di sussidiarietà
orizzontale si è chiarito come non si possano individuare soggetti
a priori “sussidiari” in relazione al semplice settore di attività
svolto oppure ad altri criteri formali, ma solo con riguardo a
La finalità di solidarietà sociale di cui all’art. 10 comma 1, lett. b) del D.
Lgs. n. 460/1997 è meglio precisata nella circolare n. 168/E del 26 giugno
1998, paragrafo 1.4.
18
45
quanto
svolto
concretamente19)
e
sulla
possibilità
di
intromissione all’interno dei meccanismi del “cinque per mille”
di soggetti estranei20 alle finalità a cui aspira il novello istituto.
Se le spese dello Stato sono preposte al raggiungimento dei fini
propri della collettività attraverso l’uso di parte della ricchezza
della collettività stessa21, il finanziamento di soggetti che si
adoperano solo parzialmente (se non per nulla) per l’interesse
comune comporta il venir meno del collegamento tra bisogni
collettivi-prelievo fiscale-spesa pubblica.
E’ questa una delle critiche più dure mosse al provvedimento,
che nel complesso delineerebbe un quadro “a maglie larghe”22.
19
In tal senso vd. sia G. COTTURRI Gli argomenti umani. Sinistra e
innovazione, in Il welfare locale, n. 9, settembre 2003, a cura del Cespe, pp.
20-26, sia B. SORRENTINO-M. RAGAZZO, La sussidiarietà orizzontale e
i diritti costituzionali dei cittadini: problematiche esegetiche ed opportunità
per gli enti non profit, in www.nonprofitonline.it.
Tale rilievo è comunque sollevabile, all’interno di un ordinamento fondato
sul principio di sussidiarietà, pure all’amministrazione pubblica. Sulla
necessità di riforma dell’amministrazione nel senso di un’effettiva
corrispondenza all’interesse generale delle sue articolazioni al fine di
eliminare sprechi nell’utilizzo delle risorse pubbliche, vd. ad es. i recenti
interventi di P. ICHINO, Il sindacato e i nullafacenti, in Corriere della
Sera, 30 agosto 2006 e F. GIAVAZZI, Una questione d’urgenza, in
Corriere della Sera, 23 agosto 2006.
20
Come sembra sottolineare V. MELIS, Cinque per mille, ricerca &
fantasia, in Il Sole 24 ore, 20 febbraio 2006, nel quale si rileva la presenza
di circoli di scacchi, associazioni bocciofile e golf club, così come pure G.
TROVATI, I “furbetti” del cinque per mille, in Il Sole 24 ore, 20 marzo
2006, nel quale riscontra la presenza di fitness center, nonché di istituti
candidati agli aiuti a prescindere dall’esercizio attuale di un’attività di
interesse generale.
21
Sul punto, O. SEPE, voce Spese dello Stato, in Enciclopedia giuridica del
diritto, volume XLIII, Varese, 1990.
22
Sul punto tra le diverse opinioni critiche, vd. ad esempio l’intervista a P.
Beni, pubblicata in R. BAGNATO, L’ARCI: occhio a non chiudersi nel
46
De iure condendo una soluzione potrebbe essere data
dall’individuazione di tali enti non solo in base a criteri formali e
sostanziali così come delineati dalla Finanziaria e successive
integrazioni, ma attraverso l’individuazione di specifici progetti
concreti da finanziare, così come già avviene per l’utilizzazione
della quota dell’otto per mille dell’IRE devoluta alla gestione
statale, come previsto da ultimo nella circolare della Presidenza
del Consiglio dei Ministri 24 gennaio 2006, n. 19, che stabilisce
criteri e procedure per la presentazione delle domande da parte
degli enti nonprofit interessati.
Nonostante il provvedimento abbia poi quale finalità il
finanziamento di soggetti capaci
di svolgere efficacemente
servizi sociali meritori, è da segnalare l’assenza di interventi del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali ( Ministero del
Welfare, quindi direttamente interessato al provvedimento in
questione) nell’individuazione dei soggetti o nella verifica dei
requisiti.
Ulteriore elemento di perplessità è dato dall’assenza di
previsioni esplicite di controlli in merito alla sussistenza e alla
persistenza dei requisiti indicati nella legge Finanziaria per poter
accedere al finanziamento23 (in particolar modo con riguardo alla
palazzo, in Vita, Non Profit Magazine, 24 febbraio 2006, p. 5, così come
l’opinione di Luigi Bobba riportata in V. MELIS, Cinque per mille, ricerca
& fantasia , cit. Inoltre: G. TROVATI, I “furbetti” del cinque per mille, cit.
23
I controlli sono quindi interamente assegnati all’Agenzia delle Entrate,
che ha comunque acceso da tempo i riflettori sugli enti nonprofit, in
particolar modo con riguardo alle Onlus (categoria questa comunque già
individuata da precisi e stringenti requisiti formali e sostanziali. Può
47
categoria più “vulnerabile”, ovvero quella delle associazioni e
fondazioni riconosciute) oltrechè di sanzioni in presenza di
violazioni della normativa, a fronte ad esempio di norme
estremamente severe contenute nella legge 14 maggio 2005, n.
80, che introduce nell’ordinamento il meccanismo del “più dai,
meno versi”24.
Sempre con riguardo all’ambito dei soggetti beneficiari altra
critica che è possibile muovere al provvedimento è data
dall’eccessiva sovrabbondanza di opzioni tra le quali il
contribuente è destinato a scegliere esprimendo un’unica
preferenza: non soltanto quattro diverse finalità, tra le quali si
può individuare una eventuale competizione solo tra gli enti di
cui alla lettera a) e le attività sociali svolte dal Comune di
residenza, ma pure diversi ambiti di operatività degli enti così
individuati (il contribuente dovrà pertanto decidere all’interno di
una medesima finalità se privilegiare enti la cui attività si esplica
in un piano internazionale-nazionale, regionale, oppure locale).
Infine, all’interno di un quadro normativo confuso e non
all’altezza del possibile nuovo ruolo istituzionale del nonprofit,
pertanto risultare irragionevole una tale disparità nel trattamento rispetto le
altre categorie beneficiarie). Vd. ad es. la circolare 16 maggio 2005, n. 22/E,
la quale recepisce le indicazioni individuate dal decreto del Ministero
dell’Economia e delle Finanze 18 luglio 2003, n. 266, in ordine alle
modalità di esercizio del controllo relativo alla sussistenza dei requisiti
formali stabiliti dal decreto legislativo 460/1997. Cfr. pure da ultimo la
circolare 6 marzo 2006, n. 9 (Prevenzione e contrasto all’evasione – anno
2006 – primi indirizzi operativi).
24
Sanzioni precisate dalla Circolare 19 agosto 2005, n. 39, dell’Agenzia
delle Entrate.
48
per cui risulta auspicabile de iure condendo una riforma organica
dell’intero terzo settore25, vengono accostate entità diverse
accomunate dall’appartenenza al cosiddetto terzo settore ma
caratterizzate
da
elementi
peculiari
che
non
vengono
sufficientemente messi in rilievo (il database predisposto
dall’Agenzia delle Entrate individua ad esempio i differenti enti
sulla base della loro denominazione, città, provincia, indirizzo,
codice fiscale, ma non in virtù della loro diversa qualificazione
giuridica26).
2.3 Le modalità di iscrizione e di riparto
Un altro punto critico del provvedimento in questione è dato
dalle modalità individuate dal DPCM 27 gennaio 2006, n. 2227
per l’iscrizione dei soggetti interessati a beneficiare del “cinque
per mille”. L’art. 1 prevede difatti una serie di adempimenti così
sintetizzabili:
25
Condivisa da più parti. Vd. ad es. i vari interventi contenuti in C.
CATTANEO (a cura di), Terzo settore, nuova statualità e solidarietà
sociale, Milano, 2001. Ma così pure L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la
frontiera della democrazia, Milano, 2005, pp. 119-120, e G. RAZZANO, Il
Consiglio di Stato, il principio di sussidiarietà orizzontale e le imprese, in
www.associazionedeicostituzionalisti.it. Tale necessità è inoltre avvertita
dallo stesso “terzo settore”, vd. R. BONACCINA, Al governo che verrà. Le
proposte del non profit a chi governerà, in Vita, Non Profit Magazine, 14
aprile 2006, p. 7.
26
Come avviene invece ad esempio nel database predisposto da www.vita.it
o da www.5-per-mille.it .
27
Che ottempera in tal modo a quanto previsto dal comma 340 della legge
Finanziaria
49
 iscrizione in via telematica in un apposito elenco tenuto
dall’Agenzia delle Entrate entro il 10 febbraio 2006
(termine così prorogato dal successivo DPCM 22 marzo
2006, n. 80) e contestuale presentazione di domanda
conforme a facsimile e recante una autodichiarazione
relativa al possesso dei requisiti che qualificano il soggetto
richiedente fra quelli ammessi al riparto;
 intervento
del
legale
rappresentante
del
soggetto
richiedente, o di un suo delegato, presso la Direzione
regionale all’Agenzia delle entrate nel cui ambito
territoriale si trova il domicilio fiscale del soggetto
medesimo al fine di rilevare eventuali errori di iscrizione
nell’elenco, entro e non oltre il 1 marzo 2006;
 spedizione con raccomandata a. r. alla Direzione regionale
dell’Agenzia
delle
Entrate,
rappresentanti
del
soggetto
da
parte
richiedente,
dei
di
legali
una
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (ai sensi del
D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) relativa alla persistenza
dei requisiti che qualificano il soggetto richiedente tra
quelli ammessi a partecipare al riparto.
Tale sequenza di adempimenti ha destato alcune perplessità28,
in relazione a due punti: il termine perentorio di iscrizione
28
Sul punto vd. B. VERRINI, Il 5 per mille, per 10 mila, in Vita, Non Profit
Magazine, 17 febbraio 2006, p. 13.
50
eccessivamente ravvicinato29 (tanto da dover essere prorogato)
alla data di pubblicazione del DPCM 20 gennaio 2006 (avvenuta
in Gazzetta Ufficiale il 27 gennaio) che indicava le modalità di
partecipazione30; l’iscrizione per via telematica (non di semplice
effettuazione per gli enti che non avevano mai fatto trasmissioni
telematiche
al
Fisco31).
Così
come
altri
elementi
del
provvedimento, tali disposizioni sembrano difatti agevolare le
associazioni e gli
enti di maggiori dimensioni comportando
quindi un’indebita disparità tra gli enti rientranti nei requisiti
previsti, in ordine alle capacità organizzative e disponibilità
finanziarie, nella possibilità di iscrizione e successivamente nella
competizione per ottenere la firma dei contribuenti al fine di
ottenere un maggior finanziamento.
Quest’ultima problematica attiene più precisamente al riparto
del “cinque per mille”, disciplinato dall’art. 5 del DPCM 27
gennaio 2006, n. 22, il quale dispone che:
 ai soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 337
dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 spettano le quote
29
Con, ad esempio, conseguente impossibilità di reperire intermediari
disponibili ad evadere la pratica d’iscrizione appena pochi giorni dopo la
pubblicazione del DPCM 20 gennaio 2006. Così B. VERRINI, Il 5 per
mille, per 10 mila, cit., p. 13.
30
Vd. al proposito www.cast-ong.org, nel quale tale previsione viene
criticata in quanto incoerente con la volontà di agevolare il nonprofit, le cui
procedure e modalità operative sono solitamente collettive e pertanto
richiedenti tempi deliberativi più lunghi.
31
Per la tutela delle associazioni di volontariato più piccole sono dovuti
pertanto intervenire i Centri di Servizio al Volontariato al fine di fornire
consulenza e assistenza tecnica (vd. www.csv.net ); sul punto, B. VERRINI,
Il 5 per mille, per 10 mila, cit., p. 13.
51
direttamente
destinate
dai
contribuenti
(è
diretta
destinazione quella esercitata dal contribuente che ha
apposto la firma in uno dei quattro appositi riquadri che
figurano nei diversi modelli e indicato pure il codice
fiscale del soggetto specifico che intendeva finanziare);
 ai Comuni spettano le quote dei contribuenti che in essi
risiedono e che hanno apposto la loro firma nel riquadro
corrispondente alla finalità di cui alla lettera d) del comma
337 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005.
Importante è inoltre quanto disposto dal secondo comma
dell’art. 5:
«Fuori dei casi di cui al comma 1, ovvero nei casi di cui al
comma 1 relativamente ai quali l’indicazione del codice fiscale
risulta errata, le somme corrispondenti al complesso delle quote
del 5 per mille destinate dai contribuenti, con la loro firma, ad
una delle finalità di cui alle lettere a), b) e c) del comma 337
dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 sono ripartite, nell’ambito
delle medesime finalità, in proporzione al numero complessivo
delle destinazioni dirette, espresse mediante apposizione del
codice fiscale, conseguite da ciascuno dei soggetti di cui alle
medesime lettere a), b) e c) ».
2.3.1 Il ruolo del contribuente e dell’amministrazione pubblica
52
Tre le indicazioni principali che derivano dalla lettura dell’
articolo riportato. Innanzitutto, a differenza di quanto previsto
per l’8 per mille ai sensi della legge 20 maggio 1985, n. 222 ,
l’ammontare complessivo del gettito IRE da destinarsi al “cinque
per mille” non è predeterminato, ma subordinato nel quantum al
numero di adesioni. La scelta del singolo contribuente incide,
pertanto, sia sull’ammontare delle risorse vincolate alle finalità
individuate dal comma 337 della Legge Finanziaria, sia sulla loro
distribuzione.
In mancanza di una sensibilizzazione adeguata, quindi, i 660
milioni che rappresentano il cinque per mille dell’intero gettito
IRE potrebbero ridursi fino a 270 milioni (previsti nella relazione
tecnica della Finanziaria, nella presunzione che aderisca il 41%
dei contribuenti così come per l’”8 per mille”) o meno, risultando
quindi un gettito “irrisorio” sia per finanziare adeguatamente la
molteplicità dei soggetti concorrenti32 che per livellare le
sperequazioni
dovute
alla
diversa
capacità
fiscale
dei
contribuenti33.
Inoltre, in virtù di quanto disposto dall’art. 5 secondo comma,
il contribuente che decide di indicare una finalità da lui ritenuta
Sulla possibilità di estendere la quota all’intero gettito così come già
avviene per l’otto per mille in virtù della L. 20 maggio 1985, n. 222 vd. sia
R. BONACCINA, Il non profit ha detto si. Giulio Tremonti traccia un
primo bilancio del 5 per mille, in Vita, Non Profit Magazine, 3 marzo 2006,
p. 7, sia E. COLOMBO, Libro giallo, dove eravamo rimasti. Il non profit
nel documento dell’Unione, in Vita, Non Profit Magazine, 24 febbraio 2006,
p. 4.
33
In tal senso vd. www.anci.it/5xmille.cfm .
32
53
meritevole di sovvenzione senza indicare il preciso ente, impone
il vincolo di destinazione della propria quota dell’IRE ma opera
una sorta di delega per la libera scelta in ordine ai soggetti che
intende finanziare in favore dei contribuenti che hanno invece
esercitato la diretta destinazione (con abdicazione pertanto della
possibilità di selezionare direttamente la spesa sociale efficiente).
Infine
sono
da
rilevare
alcune
problematiche
nella
corresponsione della quota: non sono difatti individuati alcuna
forma di controllo ex post dell’utilizzo delle somme devolute, né
alcun vincolo di destinazione, non sono previsti alcun “tetto
massimo” di finanziamenti ricevibili da un singolo ente, nè
meccanismi
di
coordinamento
ad
esempio
per
evitare
sperequazioni sulla base della differente capacità fiscale.
Il ruolo esercitato dal potere pubblico nel meccanismo così
delineato è quindi di controllo ex ante dei requisiti (attestati
attraverso autocertificazione, al fine di evitare un’eccessiva
burocrazia del sistema) e di gestione della corresponsione delle
somme34 (in tal caso senza alcun peculiare controllo); non è
prevista pertanto alcuna funzione di coordinamento35, mentre
quella di garanzia36 è esclusivamente iniziale.
34
Ex art. 6 del DPCM 20 gennaio 2006.
Fondamentale per alcuni, vd. ad esempio B. SORRENTINO-M.
RAGAZZO, La sussidiarietà orizzontale e i diritti costituzionali dei
cittadini: problematiche esegetiche ed opportunità per gli enti non profit, in
www.nonprofitonline.it, pp. 4 ss., che se da un lato sottolineano l’assenza di
riferimenti a poteri istituzionali di indirizzo nell’art. 118 quarto comma,
dall’altro affermano che:«la valutazione circa il sostegno da fornire ai
cittadini che si attivano per realizzare il principio di sussidiarietà sulla base
35
54
Tale previsione desta alcune perplessità in quanto, qualora anche
fossero meglio individuati i requisiti per poter concorrere alla
quota del cinque per mille al fine di ridurre possibili abusi (o
garantiti controlli adeguati), il ruolo di garanzia ex post37 e
dell’art. 118, u. c., dovrà essere comunque svolta dai soggetti pubblici
interlocutori di tali soggetti, tenendo conto in ciascun caso delle
caratteristiche oggettive dell’iniziativa che si intende realizzare, della sua
reale capacità di realizzare in quel caso specifico l’interesse generale, delle
risorse e delle capacità dei cittadini che si attivano».
36
Sul punto vd. ad esempio quanto scritto sulla contribuzione etica in L.
ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia, cit., p.
144: «Il completamento del quadro avrebbe richiesto di intervenire anche
nell’ambito dei metodi di controllo. Nel nostro Paese un simile compito
avrebbe potuto essere svolto dalla neonata Autorità del Non Profit,
debitamente potenziata […]. Nel lungo periodo, invece, sarebbe stato
opportuno sviluppare, per ogni settore coinvolto, un adeguato sistema di
valutazione della qualità […]. Opportuna sarebbe stata anche la
predisposizione di sistemi di accreditamento preventivo, costantemente
verificati, degli agenti capaci di pubblica utilità, funzionali a facilitare il
superamento delle asimmetrie informative […]».
37
La prevenzione di illeciti nella gestione di finanziamenti pubblici,
oltrechè nella già citata legge 80/2005 in relazione al meccanismo del “più
dai, meno versi”, trova una parziale disciplina anche nell’art. 1 comma 82
della L. 2004, n. 311 (Finanziaria 2005), il quale prevede un sistema di
controllo interno agli enti stessi disponendo che:«per il contrasto e la
prevenzione del rischio di utilizzazione illecita di finanziamenti pubblici
tutti gli enti e le società che usufruiscono di finanziamenti pubblici a carico
di bilanci pubblici o dell’Unione europea, anche sotto forma di esenzioni,
incentivi o agevolazioni fiscali, in materia di avviamento, aggiornamento e
formazione professionale, utilizzazione di lavoratori, sgravi contributivi per
personale addetto all’attività produttiva, devono dotarsi entro il 31 ottobre
2005 di specifiche misure organizzative e di funzionamento idonee a
prevenire il rischio del compimento di illeciti nel loro interesse o a loro
vantaggio». Per una critica a tale sistema, in quanto delineerebbe una
“tassazione indiretta” a carico anche degli enti nonprofit vd. S. RICCI,
Contributi pubblici, garanzie o nuova tassa?, in Non Profit, il Consulente
per gli enti non commerciali, 22 febbraio 2005. Sulla necessità di adeguati
controlli, peraltro già sottolineata nelle riflessioni relative all’ambito
soggettivo, vd. pure S. PETTINATO, Il “doppio gioco” sul non profit, in
Guida alle Donazioni 2006, Milano, 2006.
55
coordinamento, propri del potere pubblico38, risultano comunque
ridotti.
Il principio di sussidiarietà orizzontale, che trova pertanto
applicazione nella connotazione istituzionale attraverso la
possibilità per la società civile di finanziare attraverso il bilancio
pubblico la propria attività di interesse generale e nella
connotazione fiscale con l’attribuzione del potere di scelta diretta
della destinazione al contribuente, pone in tal caso degli
interrogativi su quale sia il ruolo da attribuire concretamente al
potere pubblico all’interno di tale contesto.
In particolar modo con riguardo alle scelte inerenti il
finanziamento delle attività sociali svolte dal comune di
residenza del contribuente, la differente capacità fiscale dei
contribuenti è, ad esempio, assai rilevante, in quanto porterà i
Comuni più ricchi ad avere maggiori introiti e viceversa, senza
alcun meccanismo di perequazione o coordinamento39.
2.4 La sensibilizzazione dei contribuenti
38
Vd. ad es. L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera della
democrazia, cit., p. 113: «Esistono funzioni statali che non possono essere
devolute né alla società civile, né alle realtà sub statali, perlomeno
garantendo la stessa efficacia: ad esempio, una funzione ultima di
programmazione degli interventi diretta a focalizzare un quadro
complessivo di riferimento e di controlli sul sistema dei servizi sociali non
può essere dimessa dagli enti pubblici in senso stretto».
39
In tal senso vd. www.anci.it/5xmille.cfm, nel quale tra l’altro il
provvedimento viene considerato una forma di compensazione per il taglio
del 50% del Fondo per le politiche sociali attuato nella Finanziaria 2005.
56
Le problematiche appena affrontate sono strettamente connesse
ad uno degli aspetti pratici più rilevanti del provvedimento: la
sensibilizzazione del contribuente40. Anche dall’analisi di tale
aspetto è possibile muovere alcuni rilievi al meccanismo del
“cinque per mille”, in relazione al suo essere applicazione del
principio di sussidiarietà orizzontale, sempre per quanto riguarda
il ruolo delle istituzioni pubbliche. Se tale principio, così come
enunciato dall’art. 118 quarto comma della Costituzione, prevede
difatti che «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e
Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini», il
comportamento tenuto dall’amministrazione, nella promozione e
nell’ adeguata informazione del contribuente sulla novità
introdotta con la Finanziaria, può difatti essere verificato, in
relazione alla corrispondenza al disposto costituzionale. A fronte
della previsione del “cinque per mille”, la quale individua una
concreta forma di favor nei confronti dell’iniziativa autonoma dei
cittadini singoli e associati nell’interesse generale (il “favorire”
opera qui sul piano genetico, cioè della previsione normativa), è
da registrare l’assenza di un conseguente impegno pubblico nella
fase di promozione (cioè nel “favorire” considerato sul piano
funzionale) al fine di agevolare i meccanismi responsabilizzanti e
di selezione della spesa efficiente voluti dai promotori
dell’istituto.
Sui problemi degli enti relativi alla promozione del “cinque per mille”,
vd. B. VERRINI, Il 5 per mille, per 10 mila, cit., p. 13.
40
57
Dall’assenza di una promozione coordinata e centrale è discesa
sicuramente una necessaria responsabilizzazione tanto dei
contribuenti quanto degli enti iscritti presso l’Agenzia delle
Entrate, sui quali si è interamente riversato l’onere da un lato
della raccolta di informazioni per l’effettuazione di una scelta
consapevole di destinazione41, dall’altro della promozione
pubblicitaria del “cinque per mille” a proprio favore42.
A sostegno del contribuente sono intervenute le diverse
iniziative43 promozionali della nuova misura attraverso la
predisposizione di appositi database, più o meno completi, ai
quali i possibili beneficiari del “cinque per mille” potevano
iscriversi per dare impulso alla propria iniziativa. Attraverso
questa modalità si è offerto pure agli enti concorrenti per la
ripartizione della quota uno strumento di visibilità che esulasse
dalla predisposizione di depliant, spot radiofonici ecc. che, in
quanto ricadenti sul bilancio dell’ente, potevano generare
Per la quale si deve segnalare l’iniziativa di www.contribuenti.it che, al
fine di favorire la scelta responsabile dei contribuenti, ha dapprima invitato
gli enti iscritti presso l’Agenzia delle Entrate a inviare il proprio bilancio
sociale nonché la descrizione dell’ambito di attività e i progetti in concreto
realizzati, per poi individuare tra quelli che hanno risposto all’appello un
elenco dei 10 enti ritenuti più meritevoli. Analoga l’iniziativa di
www.vita.it, che ha poi indicato i soggetti ritenuti più meritevoli in: Guida
alle donazioni 2006, Milano, 2006.
42
Fatta eccezione per gli enti di cui al comma 337 lettera c) della L. 23
dicembre 2005, n. 266 in virtù della campagna di promozione intrapresa dal
Ministero della salute, vd. www.ministerosalute.it .
43
Vd. ad esempio www.vita.it , www.contribuenti.it , www.5-per-mille.it.
41
58
discriminazioni sulla base delle differenti capacità economiche
(le quali peraltro non sono state eliminate44).
Nonostante ciò, se il fine
del provvedimento è quello di
realizzare un concorso alle spese pubbliche nelle forme della
democrazia sostanziale e una gestione dell’interesse pubblico al
quale partecipano enti privati dimostratisi efficienti nella gestione
dei beni comuni, tali finalità sono inevitabilmente compresse
dall’inadeguatezza delle informazioni in capo al contribuente (se
non con riguardo alle realtà locali, peraltro penalizzate dalle
modalità di iscrizione così come sopra descritte, in relazione alle
quali il contribuente può vantare l’esperienza diretta) per
effettuare una scelta consapevole, come anche dalla difficoltà per
gli enti di minori dimensioni nel far conoscere l’eventuale loro
efficienza in concorrenza con gli enti economicamente più dotati
(o sostenuti da un maggiore impatto comunicativo). In tal modo,
più che l’efficienza sociale è premiata la capacità di promozione.
2.4.1 Il “cinque per mille”: un provvedimento di spesa
A tal proposito è rilevante pure un’ ulteriore precisazione.
Pur riguardando l’imposta sul reddito, il “cinque per mille”
rappresenta un provvedimento di spesa (inquadrabile come tale
In tal senso ad esempio la critica al “cinque per mille” in S. ARDUINI, La
politica? Sbaglia chi si chiama fuori, in Vita, Non Profit Magazine, 10
marzo 2006.
44
59
all’interno delle decisioni inerenti il bilancio dello Stato), in
quanto vincola una somma di denaro al perseguimento di
determinate finalità. Il
quantum della stessa, nonché la
destinazione effettiva, è demandato alla volontà dei contribuenti
(e non al normale meccanismo della rappresentanza politica).
Tale spesa, che nella relazione tecnica viene stimata in 270
milioni di euro, assumendo una percentuale di adesioni del 41 per
cento, necessita pertanto di essere integrata all’interno della più
complessa decisione sul bilancio generale dello Stato nella
ripartizione delle risorse, e in tal senso si pone il problema di
quale sia la modalità di tale integrazione. Il “cinque per mille”
rappresenterà difatti una spesa ulteriore (nel senso che i fondi che
essa sottrae dal gettito IRE ad altre finalità andranno recuperate
con altre entrate) in favore dello sviluppo45, oppure non influirà
sulla spesa complessiva rendendo modificabili ex post le
decisioni di bilancio in relazione alle preferenze espresse ex ante
dai contribuenti46 (riducendo ad es. la spesa sanitaria complessiva
proporzionalmente alle adesioni dei contribuenti al “cinque per
mille” in favore della ricerca sanitaria)? Come gestire poi la
ripartizione delle risorse attraverso il bilancio dello Stato, a
fronte di finanziamenti attuati attraverso il “cinque per mille”, a
Riprendendo in tal senso l’opinione dell’on. Tremonti, quale espressa in
R. BONACCINA, La svolta di Giulio, cit., p. 7. Ma si vedano pure le
considerazioni sulle peculiarità del “terzo settore” analizzate nel paragrafo
1.3.
46
Tale dubbio è sollevato da L. GANDULLIA, Un 5 per mille da spendere
in volontariato e ricerca, cit.
45
60
finalità disomogenee e ambiti operativi (nazionale, regionale,
locale) differenti (in tal senso quale effetto può avere la scelta del
contribuente di attribuire la propria quota ai servizi sociali del
Comune di residenza) ?
Qualunque sia la risposta47 (che sarà verificabile solo nelle
leggi Finanziarie successive), tale riflessione induce a rendere
necessaria la chiarificazione della natura di spesa del “cinque per
mille” nella promozione di tale istituto. Il contribuente, per il
quale il provvedimento è “a costo zero” non comportando alcun
esborso ulteriore nell’IRE, potrà difatti effettuare una scelta più
oculata se consapevole delle conseguenze nel bilancio dello
Stato48: in tal modo è favorita la responsabilità del cittadino
nell’esercizio della selezione della spesa sociale efficiente nelle
forme della democrazia sostanziale.
In tale ottica, anche il meccanismo per cui la quota del
contribuente che non effettua la scelta non rientra nella somma
47
Sul punto, vd. pure L. ANTONINI, Sussidiarietà fiscale, la frontiera
della democrazia, cit., p. 120: «Tuttavia, altrettante inevitabili esigenze di
contenimento della spesa pubblica rendono improbabile la sostenibilità di un
modello dove, al finanziamento della spesa prodotta dagli attori pubblici
tradizionali, semplicemente si aggiunga il finanziamento di nuovi attori,
individuati in base al principio di sussidiarietà orizzontale. Non è sostenibile
l’ipotesi di addizionare alle vecchie forme di spesa nuove forme di spesa. Ci
deve essere, invece, un meccanismo di sostituzione, che rimetta al centro la
spesa efficace intaccando le rendite e le inefficienze».
48
In tal senso la scelta assumerebbe un significato più pregnante della mera
intenzione di finanziare uno specifico ente semplicemente senza dover
ricorrere a donazioni. Il “cinque per mille” individua difatti non solo una
nuova modalità di finanziamento del “terzo settore”, ma anche una nuova
articolazione delle modalità di perseguimento dell’attuazione dei diritti
sociali.
61
da ripartirsi in proporzione delle diverse finalità individuate dal
provvedimento49 ma rimane disponibile per le decisioni di spesa
adottate attraverso il consueto circuito della rappresentanza
politica, può rappresentare la scelta consapevole di voler
demandare la finalizzazione dell’intero proprio gettito IRE al
Parlamento e al Governo.
49
Vd. l’art. 5 del DPCM 20 gennaio 2006.
62
CONCLUSIONI
Accolto con entusiasmo da una larga parte del mondo del
nonprofit, che considera il nuovo istituto (così come altre
agevolazioni e interventi a favore del “terzo settore”) un “punto
di non ritorno” del legislatore50, il novello “cinque per mille” non
si sottrae ad una serie di possibili critiche, come delineato nelle
pagine precedenti.
Punto di osservazione privilegiato per l’analisi della disciplina
legislativa è stato il principio di sussidiarietà orizzontale,
principio dalla portata fortemente innovativa a lungo dibattuto in
50
In tal senso, R. BONACCINA, Al governo che verrà. Le proposte del non
profit a chi governerà, cit., p.7.
63
dottrina e fatto proprio tanto dal legislatore costituzionale e
ordinario
che
dalla
giurisprudenza
costituzionale
e
amministrativa. Avendo riguardo proprio a tale principio, che
nell’accezione fatta propria in queste pagine, attraverso il
confronto con gli altri principi costituzionali, delinea una
relazione dinamica tra amministrazione pubblica e soggetti
privati nel perseguimento dell’interesse generale, il nuovo istituto
presenta i suoi lati deboli nella mancata individuazione e
precisazione di quelle che sono le caratteristiche proprie del
potere pubblico, ovvero il ruolo di garanzia e coordinamento,
nonché il compito di “favorire” le autonome iniziative dei
cittadini previsto dal disposto costituzionale. L’assegnazione di
un preciso ruolo al potere pubblico in tale ambito non è da
intendersi come un tentativo di soffocare le potenzialità e
peculiarità proprie del “terzo settore” (con il suo quid pluris dato
dall’emersione del principio di reciprocità, attraverso lo scambio
di beni relazionali, e dall’effettiva valorizzazione della persona
umana), con il rischio di trasformarlo in un mero duplicato
dell’amministrazione pubblica51, e del principio di sussidiarietà
51
Nonostante parte della dottrina sottolinea la necessità di affrontare tale
dibattito anche alla luce dei principi costituzionali in materia di pubblica
amministrazione, al fine di verificare la loro estensione ai soggetti da
“favorire” ex art. 118 quarto comma. Al proposito vd. CERULLI IRELLI,
voce Sussidiarietà (dir. Amm.) , in Enc. Giur. Treccani , agg. XII, Roma,
2004; G ARENA, Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’art. 118, u.c.
della Costituzione, in Studi in onore di Giorgio Berti, Jovene, 2005, I, pp.
179-221; N. POLITO, Articolo 118 u.c. della Costituzione. Un
approfondimento sul “favoriscono”, contributo presentato al Seminario del
Laboratorio per la Sussidiarietà, Roma, 24 marzo 2006.
64
fiscale orizzontale, ma di dare ordine ad un sistema (il quale, se
debitamente corretto, può essere esteso a quote più elevate del
gettito
IRE)
che
nella
previsione
attuale
non
appare
sufficientemente connotato dalla capacità di evitare squilibri,
comportamenti inefficienti
se non addirittura dinamiche in
aperto contrasto con i fini che il provvedimento intende
perseguire (cioè predisposizione di nuove modalità di concorso
alle spese pubbliche e individuazione di nuovi attori abilitati a
perseguire l’interesse generale).
Al fine di ripercorrere brevemente i punti critici del sistema
delineato dalla Finanziaria 2006 e di individuare possibili
modifiche, è pertanto utile considerare il “cinque per mille”
proprio in relazione alle tre caratteristiche del potere pubblico
sopra elencate.
Per quanto riguarda il ruolo di garanzia, tale funzione è
essenzialmente volta a individuare “quali” soggetti privati
agiscano concretamente nell’interesse generale, al fine di favorire
la loro opera. La necessità di una scelta razionale che non lasci
spazio a comportamenti contrari al principio di sussidiarietà è
data dal combinato disposto degli articoli 3, 53, 97, 118 quarto
comma della Costituzione, in virtù del quale l’amministrazione
deve individuare “imparzialmente” i soggetti privati efficienti, i
quali concorrono con la Repubblica all’attuazione della missione
imposta dal secondo comma dell’articolo 3, nel perseguimento di
65
quell’interesse generale che, come tale, è finanziabile attraverso
le entrate pubbliche. Il quadro delineato dalla Finanziaria
individua un controllo ex ante che si sostanzia nella previsione di
requisiti
soggettivi
da
parte
del
legislatore
e
nell’autocertificazione degli stessi da parte degli enti beneficiari,
un controllo ex post demandato agli ordinari meccanismi delle
amministrazioni fiscali. Le critiche all’insufficienza del sistema
(“a maglie larghe”) di garanzia così congegnato sono già state
riportate nelle pagine precedenti. Poiché il “cinque per mille”
prevede anche la diretta responsabilità del contribuente nel
finanziamento dei soggetti privati, de iure condendo la garanzia
potrebbe articolarsi in tre direzioni:
 la previsione di progetti specifici, non enti, da finanziare;
in caso contrario la previsione da parte del legislatore tanto
di
requisiti
formali
e
sostanziali
che
assicurino
maggiormente la rispondenza all’interesse generale, in
particolar modo con riguardo all’attività svolta in concreto
dall’ente beneficiario, quanto di meccanismi il più
possibile efficienti di
verifica della sussistenza e
persistenza dei requisiti individuati;
 la partecipazione di un’Authority ad hoc, quale potrebbe
essere l’Agenzia per le Onlus debitamente potenziata, nel
compito così delineato di controllo, al fine di assicurare la
presenza di un soggetto pubblico garante delle peculiarità
del terzo settore;
66
 l’incentivo alla diffusione di meccanismi di certificazione
di qualità52 dell’attività degli enti beneficiari, al fine di
agevolare tanto l’amministrazione pubblica quanto il
contribuente nella selezione dei soggetti efficienti.
Il ruolo di coordinamento è totalmente disatteso dalla
previsione legislativa. In tal senso può essere innanzitutto
opportuno estendere il “cinque per mille” al gettito complessivo
(al fine di garantire maggiori risorse da suddividere e di
perequare le differenti capacità fiscali) così come avviene per
l’”otto per mille”; in caso contrario dovrebbero essere
l’individuati meccanismi alternativi di perequazione delle risorse
(al fine di evitare discriminazioni sulla base delle differenti
capacità fiscali, per cui Comuni ed enti appartenenti a zone
economicamente più povere possono ambire a finanziamenti ben
più modesti rispetto Comuni ed enti di zone economicamente più
benestanti).
Ulteriori misure di coordinamento (da introdurre singolarmente o
cumulativamente) possono essere la previsione di tetti massimi
di quote ottenibili da un singolo ente, la migliore definizione dei
soggetti che si intendono finanziare attraverso il “cinque per
mille” (al fine di evitare l’ingiustificata concorrenza tra ambiti
territoriali e operativi fortemente disomogenei, che riduce anche
Qual è, ad esempio, il marchio di qualità messo a punto dall’Istituto
Italiano della Donazione, socio di Icfo (International comittee on
fundraising organizations). Sul punto vd. A. DI TURI, Non profit, un
marchio di qualità per far decollare il <<fundraising>>, in Non Profit, il
Consulente per gli enti non commerciali, 27 giugno 2006.
52
67
la sicurezza degli enti beneficiari nella continuità degli apporti
finanziari), la precisazione del rapporto tra la scelta dei
contribuenti e la successiva predisposizione del bilancio statale
nei consueti meccanismi della rappresentanza politica, al fine di
evitare dispersione di risorse pubbliche.
Infine, per quanto concerne il compito di “favorire”, si è già
sottolineato come tale dovere non si possa esaurire nella semplice
previsione dell’istituto ma debba poi proseguire nella fase di
attuazione, nel garantire un’imparziale possibilità d’accesso
all’iscrizione ai differenti enti e nella promozione dei
comportamenti
efficienti,
ad
esempio
attraverso
la
predisposizione di adeguati database ( in grado di valorizzare la
selezione della spesa efficiente, permettendo al contribuente di
reperire le informazioni relative al bilancio sociale, alla
qualificazione giuridica dell’ente beneficiario e della sua struttura
operativa, ai progetti concreti finanziati attraverso le somme
percepite) e nella corretta e completa informazione sulle finalità
dell’istituto (in tal senso la previsione di un’adesione pari al 41%
dei contribuenti così come per l’istituto dell’8 per mille è
fuorviante, in quanto, mentre quest’ultimo si inserisce all’interno
di problematiche attinenti alla libertà di culto, l’istituto del
“cinque per mille” delinea invece una nuova modalità di
esercizio della democrazia sostanziale e come tale dovrebbe
essere promosso al fine di un’adesione ben più larga).
68
Le problematiche che attraversano l’attuazione del principio di
sussidiarietà orizzontale, così come tratteggiate anche nella
precedente analisi, non si prestano facilmente ad interventi
unidirezionali, ma necessitano di provvedimenti riformatori
multidirezionali, che ad esempio intervengano sincronicamente
sulla semplificazione delle amministrazioni pubbliche attraverso
l’individuazione delle loro caratteristiche inalienabili, sulla
individuazione di adeguate forme giuridiche civilistiche per il
“terzo settore”, la promozione della cittadinanza attiva. Se il
diritto rappresenta quell’«ethos ampio e aperto che suol
chiamarsi costume e che riesce a caratterizzare un ethnos53»,
fondamentale è pure il dibattito culturale che solleciti il
recepimento da parte del legislatore di manifestazioni sociali già
presenti nella realtà nazionale, nonché il confronto sociale su tali
tematiche al fine di una maggiore consapevolezza dei problemi e
delle potenzialità connessi al tema della sussidiarietà.
Un quadro sistematico caratterizzato dall’interazione dinamica
tra cittadini e amministrazioni pubbliche non può che valorizzare
la democrazia, la sovranità del popolo, più in generale
l’attenzione per la persona quale fulcro dell’ordinamento
giuridico. In questo modo, il diritto si affaccia sulla realtà nel suo
nucleo ineliminabile, quale espressione dell’incontro fra esseri
umani; non si riduce quindi a mera tecnica, ma nel suo legame
inscindibile con l’uomo ne esprime il valore, la realtà “radicale”,
53
Così P. GROSSI, Prima lezione di diritto, Roma-Bari, 2003, p. 21.
69
e si manifesta come l’immagine più significativa «che ha una
comunità di vivere la propria storia»54.
54
P. GROSSI, Prima lezione di diritto, cit., p. 22.
70
BIBLIOGRAFIA
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fiscale, in Non Profit, n. 2/2002.
L.
ANTONINI,
Sussidiarietà
fiscale,
la
frontiera
della
democrazia, Milano, 2005.
L. ANTONINI, Verso diritti sociali fondati sulla sussidiarietà:
ovvero
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come
libertà
da,
in
www.magnacarta.it.
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